IoArch 97 - Dec/Jan 2022

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ioArch

Anno 16 | Dic_Gen 2022 euro 9,00 ISSN 2531-9779 FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano

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ARCHITETTURA ESSENZIALE QUANDO SEMPLICITÀ E CHIAREZZA DEL PROGRAMMA SI CONVERTONO IN SFIDA CREATIVA

DOVE ABITA LA CULTURA SCUOLE MUSEI SPAZI POLIFUNZIONALI

FRANCISCO SERRANO | CARLO RATTI | MARCO PIVA | MVRDV | VITTORIO GRASSI | PAOLA NAVONE GLA | TYPE | DEMOGO | BARRECA & LA VARRA | BALDESSARI E BALDESSARI | SCAU | EMRE AROLAT RENZO PIANO | OTTAVIO DI BLASI | PROGETTO CMR | A25 | ENRICO SCARAMELLINI | ALTERSTUDIO


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58 SOMMARIO ioArch 97

DESIGNCAFÈ 10 Lesley Lokko Curatrice della 18. Biennale

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12 / 134 Libri 14 Le Storie di LPP | IL SEGNO DI LINA BO BARDI

REPORT 16 Architettura d’importazione di Aldo Norsa

FOCUS 20 Superficie metallica tridimensionale | ALMA D 35 I vantaggi del piano aspirante | ELICA

WORK IN PROGRESS 22 Bolzano | BUSSELLI SCHERER, D2 NOI TECHPARK 24 Mandello del Lario | GREG LYNN, HQ MOTO GUZZI

LUOGHI DELLA CULTURA

26 Ravenna | ALFONSO FEMIA, TERMINAL PORTO CORSINI

40 Dietro le quinte di un museo | MVRDV

28 Milano | GLA, CONSOLATO AMERICANO

44 La magia del cinema | RPBW, RENZO PIANO

30 Ruda | POLITECNICA, EX-AMIDERIA

50 La luce dell’Ara Pacis | RICHARD MEIER, NIGEL RYAN

32 Monaco di Baviera | 3XN, SAP GARDEN

54 Mise en scène di una collezione | BALDESSARI E BALDESSARI

34 Francoforte | KSP ENGEL, CENTRAL BUSINESS TOWER

58 La luce nell’allestimento museale di Jacopo Acciaro 64 Un riordino culturale | RENZO PIANO, OTTAVIO DI BLASI

DESIGN & BUILD

72 Cultura e socialità | ALTERSTUDIO PARTNERS

36 Da working space a living place | PROGETTO CMR

74 Come immagini la scuola ideale? | BARRECA & LA VARRA

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Feel the woods

Pavimenti in legno biocompatibili


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SOMMARIO

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RESIDENZE 92 Raumplan biofilico | CARLO RATTI, ITALO ROTA

LPP - ARCHITETTI ITALIANI di Luigi Prestinenza Puglisi

98 Demogo

OSPITALITÀ 110 Sospeso sopra la Storia | EMRE AROLAT 114 Il futuro a 5 stelle del Touring Club | MARCO PIVA 120 Green Style Hotel | VITTORIO GRASSI

ARCHITETTURA ESSENZIALE

124 Commedia terrena | GLA, PAOLA NAVONE-STUDIO OTTO

di Carlo Ezechieli

130 Sbalzi volumetrici | SCAU

79 Pragmatismo poetico 80 Consapevolezza operativa | FRANCISCO SERRANO

ELEMENTS

84 Semplice complessità | ENRICO SCARAMELLINI 86

Il Rifugio del Gelso | A25ARCHITETTI

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Su due fronti | TYPE

a cura di Elena Riolo

135 Ambiente Bagno

135 Serrano Arquitectos y Asociados. Terminal 2 dell’aeroporto internazionale di Città del Messico. (ph. ©Jaime Navarro).

Direttore editoriale Antonio Morlacchi

Contributi Jacopo Acciaro, Luisa Castiglioni Roberto Malfatti, Aldo Norsa Luigi Prestinenza Puglisi, Elena Riolo

Direttore responsabile Sonia Politi

Grafica e impaginazione Alice Ceccherini

Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi

Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it

Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa

Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00 Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386

© Diritti di riproduzione riservati. La responsabilità degli articoli firmati è degli autori. Materiali inviati alla redazione salvo diversi accordi non verranno restituiti.

Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779



› DESIGNCAFÈ I LEGNI CUCITI DI MICHELE DE LUCCHI «Cucire i pezzi di legno mi lascia libero di lavorare intuitivamente – dice Michele De Lucchi – di trattare il materiale nella sua forma originale e costruire oggetti dove è evidente la sensibilità umana insita nelle cose fatte a mano». Undici sculture inedite, insieme a diciotto composizioni di disegni, in mostra fino al 12 febbraio a Milano, presso la Galleria Antonia Jannone disegni di architettura di Corso Garibaldi, raccontano la fascinazione dell’architetto e designer per l’imperfezione del fare a mano, valore cardine dell’artigianato. Ispirato dalla tradizionale cucitura delle canoe Inuit, Michele De Lucchi studia le potenzialità del legno allontanandosi dalle convenzioni tecniche. «Cucire il legno sembra un’idea controintuitiva – prosegue De Lucchi – perché il legno è un materiale che di solito si incolla, si incastra, si intarsia e presuppone una lavorazione meccanica per ottenere delle superfici perfettamente combacianti. Invece cucendo il legno non c’è bisogno di perfezione geometrica, anzi posso collegare strettamente parti disomogenee, che non hanno punti di contatto, in una composizione armoniosa e solida». Dalle casette costruite con la motosega, Michele De Lucchi apre così un nuovo filone che trasforma il legno in materiale duttile come un tessuto per costruire forme senza una precisa identità ma con risultati sorprendenti.

BIENNALE DI ARCHITETTURA DI VENEZIA

LESLEY LOKKO CURATRICE DELLA 18. BIENNALE Nominata nei giorni scorsi dal consiglio di amministrazione della Biennale di Venezia, Lesley Lokko curerà l’edizione 2023 della Mostra Internazionale di Architettura. Nata a Dundee in Scozia e cresciuta fino all’età di 17 anni in Ghana, Lesley Lokko, 57 anni, ha ottenuto il PhD alla University of London e un BSc (Arch) e March alla Bartlett School of Architecture. Negli ultimi trent’anni il suo lavoro nel campo dell’architettura e della letteratura si è rivolto con molta attenzione alla relazione tra ‘razza’, cultura e spazio: primo esito di questa ricerca il saggio ‘White Papers, Black Marks: Race, Space and Architecture’ pubblicato nel 2000 dalla casa editrice dell’Università del Minnesota. Nel 2020, con David Adjaye, ha fondato ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute, scuola di specializzazione in architettura e piattaforma di eventi pubblici che tuttora dirige, così come dirige Folio: Journal of Contemporary African Architecture,

da lei fondato. Per l’insegnamento dell’architettura che ha svolto in tutto il mondo ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Riba Annie Spink Award for Excellence in Education 2020 e l’AR Ada Louise Huxtable Prize for Contributions to Architecture 2021. Lesley Lokko è anche scrittrice: al suo primo romanzo, Il mondo ai miei piedi, pubblicato in Italia da Mondadori nel 2004, sono seguiti altri 11 titoli. Lesley Lokko, già membro della Giuria di quest’anno, ha commentato il nuovo incarico con queste parole: «Dopo due degli anni più difficili e divisivi che la storia ricordi, noi architetti abbiamo un’occasione unica per mostrare al mondo quello che sappiamo fare meglio: proporre idee ambiziose e creative che ci aiutino a immaginare un più equo e ottimistico futuro in comune. Parlando a voi dal più giovane continente del mondo, ringrazio il presidente Cicutto e tutto il team della Biennale per questa scelta audace e coraggiosa».

PINQUA L’ACRONIMO RESILIENTE Nel quadro del Pnrr, il Pinqua (Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare) vale 2,8 miliardi di euro che finanzieranno 159 progetti di rigenerazione urbana, come gli esempi presentati all’ultima edizione di Urbanpromo Progetti per il Paese, la manifestazione nazionale sulla rigenerazione urbana organizzata dall’Istituto Nazionale di Urbanistica e da Urbit che si è svolta lo scorso novembre a Milano. Sul palcoscenico di Urbanpromo i comuni [ 10 ]

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di Fermo, Grosseto, Prato, Imola e Parma con altrettanti progetti che nei prossimi anni – anche attraverso interventi in partnership pubblico-privato – potranno conferire nuova qualità urbana ad aree dismesse, periferiche o degradate. I progetti contemplano interventi di recupero di manufatti esistenti, riqualificazione di complessi residenziali, politiche di housing sociale e strategie di riconnessione urbana con lo sviluppo di parchi lineari e sistemi di mobilità ciclopedonale.



› DESIGNCAFÈ STORIE DI PIANTE ARCHITETTURE E CITTÀ Il viaggio di Mario Cucinella in un passato in parte ancora presente va da Meknès all’Arabia Saudita e poi, ripercorrendo la rotta di Marco Polo, attraversa la Persia, l’India e il Pakistan fino alle città-comunità del Fujian, primo esempio di co-housing con i loro edifici tulou. Già le Allegorie del buono e cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti a Siena spiegavano che non si può avere un buon governo della città senza la cura della campagna, ma – scrive Cucinella nell’introduzione – da tempo l’architettura ha abbandonato questa strada di empatia con il pianeta scegliendo di affidarsi alla tecnologia. Eppure senza energia Palladio aveva già inventato l’aria condizionata, che dopo avere attraversato un sistema di grotte usciva dai rosoni di marmo traforati del pavimento raffrescando gli ambienti della villa di Costozza. Mentre il lavoro di un paesaggista – Harold Peto – ha modificato il microclima dell’isola di Garnish creando le condizioni per accogliere una vegetazione originaria di latitudini tropicali, favorendo le piogge e le riserve idriche per gli edifici che quelle stesse piante riparano dal vento. Lungo il viaggio impariamo le tecniche che, senza uso di energia e sfruttando i principi fisici dello scambio termico, permettevano di produrre l’acqua e financo il ghiaccio in zone desertiche come il Maghreb e la Persia. Di ogni esempio di questo straordinario viaggio tra insediamenti umani dove esiste ancora il rapporto tra costruzione, risorse locali e paesaggio, Cucinella trova l’equivalente – o almeno una possibilità per progettare in maniera più consapevole – nell’architettura contemporanea. Così il Resò di Montreal è l’evoluzione delle città ipogee di Derinkuyu in Cappadocia, che a loro volta si erano sviluppate secondo gli stessi principi delle radici di un albero o degli ambienti di un termitaio; le strade di Gedda sono orientate in modo da incanalare le brezze dominanti e gli alti palazzi di Al-Balad si ombreggiano tra loro. O il denso tessuto urbano di Meknès, fatto di case in terra cruda dello stesso colore del deserto, che precede e ispira il progetto di Tecla, la casa stampata in 3D con la terra del sito di costruzione che Mario Cucinella ha presentato alla Cop26 di Glasgow.

Mario Cucinella Il futuro è un viaggio nel passato. Dieci storie di architettura Quodlibet, Macerata, 2021 116 pp, 14 euro ISBN 978-88-229-0670-0

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COUNTRY LIFE Alla prova dei fatti, l’idea romantica della vita in campagna, a contatto con la natura, per lo più si è tradotta nella lottizzazione di vaste aree di terreni agricoli e ha generato il fenomeno dello sprawl suburbano strettamente legato alla civiltà dell’automobile. Rimane tuttavia un concetto affascinante, legato a un’idea di libertà individuale e ben rappresentato dalle ville di Le Corbusier, di Frank Lloyd Wright e del Movimento Moderno. Un concetto che con la pandemia ha ripreso vigore, anche se nella realtà molti dei 26 progetti illustrati magnificamente in questo volume – anche con nodi e dettagli in scala 1:5 – sono case di vacanza. Ciò che li accomuna, oltre alle

L’ETÀ DEL LEGNO Oggi le normative faticano a stare al passo con l’ingegneria dei materiali e delle strutture, specialmente nel caso del legno, il cui utilizzo anche in combinazione con acciaio e calcestruzzo ha consentito negli ultimi vent’anni di realizzare opere incredibili come i venti progetti ampiamente descritti da Detail in Engineering Nature. Non solo edifici alti come il Mjøstårnet disegnato dallo studio Voll Arkitekter, attualmente con 85 metri l’edificio in legno più alto al mondo, ma ponti, coperture con curvature complesse

Sandra Hofmeister (a cura di) At Home. Architecture for Rural Living Detail, Monaco di Baviera, 2021 304 pp, DE/EN, 59,90 euro ISBN 978-3-95553-554-4

soluzioni architettoniche, è la volontà di minimizzare l’impatto ambientale mediante strategie che il volume riassume per capitoli: concetti spaziali; materiali; inserimento nel contesto; e infine, ciò che consideriamo la strada maestra e quella che meglio si attaglia alla realtà del nostrto Paese, il cui paesaggio è il risultato di secoli di integrazione tra elementi naturali e intervento dell’uomo: la riconversione delle strutture esistenti. Nella foto di Richard John Seymore, la riconversione, operata da Atelier Data nel 2016, di una struttura rurale sulle colline dell’Alentejo, in Portogallo.

Aa. Vv. Engineering Nature Detail, Monaco di Baviera, 2021 224 pp, EN, 54,90 euro ISBN 978-3-95553-552-0

– la prima progettata nel 1975 da Frei Otto per il padiglione del Garden Show di Mannheim – chiese, supermercati e stabilimenti industriali. Sei le tipologie europee di legno duro con caratteristiche fisiche che lo rendono adatto all’uso nel mondo delle costruzioni: frassino, faggio, acero, quercia e pioppo. Tra le qualità del legno, il fatto che si presta particolarmente all’industrializzazione delle componenti edilizie. E soprattutto, il legno è il migliore deposito di CO2 di cui disponiamo.


Solidità che conta

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Baumit. Idee con un futuro.


› DESIGNCAFÈ

Il segno attuale e leggero di LINA BO BARDI di Luigi Prestinenza Puglisi

le storie di lpp

illustrazione di Roberto Malfatti

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Lina Bo, nata a Roma nel 1914, mostra sin da giovane una energia inesauribile. A venticinque anni è tra le poche donne a laurearsi in Architettura alla facoltà di Roma. Si trasferisce a Milano per lavorare con Gio Ponti, un personaggio creativo, ondivago e difficilmente inquadrabile, con il quale conserva per tutta la vita un eccellente rapporto. Lina scrive per diversi periodici generalisti: Tempo, L’Illustrazione Italiana e la rivista femminile Grazia con l’obiettivo di diffondere la cultura dell’abitare promossa dal Movimento Moderno. È, con Carlo Pagani e Bruno Zevi, fondatrice della rivista settimanale A-Cultura della vita. Dove A sta per attualità, architettura, abitazione, arte. Nel dopoguerra emigra con il marito Pietro Maria Bardi, compromesso con il fascismo, in Brasile dove a San Paolo costruisce la Casa de Vidro. La costruzione è ispirata alle case trasparenti: la Farnsworth di Mies, la Glass House di Philip Johnson e le Case Studies houses. Sospesa su pilastrini circolari esilissimi è un ‘quasi nulla’ infinitamente disponibile ad accogliere le tracce della vita familiare proiettandole sulla avvolgente vetrata attraverso la quale guardare il panorama. Non tutta la casa è trasparente, la zona notte e le zone di servizio, racchiuse da muri, rispondono ad altre logiche funzionali. Vi si respira aria di libertà e sembra mancare quel compiacimento estetico, quella concezione dello spazio e del particolare costruttivo che, per esempio, rende la Farnsworth di Mies una costruzione perfetta ma algida e invivibile. Personaggio inesauribile, Lina Bo Bardi prova piante circolari e organiche, affronta la semplicità del

quadrato percorso lungo la diagonale, lavora con i materiali di ogni giorno, sfugge dalla facile trappola dell’estetizzazione dei problemi. Nel 1950 fonda con il marito una rivista dal nome emblematico: Habitat. A testimoniare che, se non si cambia l’ambiente di vita, a poco servono teorie e ragionamenti astratti. Sarà il marito, che ne è il direttore, a coinvolgerla nel progetto per la nuova sede del Museo di Arte Moderna di San Paolo. L’opera – una sinfonia alla libertà secondo John Cage – racchiude le due più importanti innovazioni che saranno il vanto del Beaubourg: la grande piazza libera in cui possono svolgersi le più svariate attività, dagli incontri alle feste, e l’estrema flessibilità dello spazio interno. Al periodo tra il 1977 e il 1986 risale il recupero del centro sociale Sesc-Pompéia a San Paolo. Il problema principale di Lina Bo Bardi è l’autenticità: la possibilità di dare vita a un complesso tagliato sulle esigenze delle persone, senza cadute estetizzanti. Da qui la scelta di un approccio duro, a tratti brutale consistente nel recupero con mezzi spartani della vecchia fabbrica e la realizzazione di tre torri in cemento a faccia vista. «L’architettura – dice – è creata, rinnovata ogni volta che c’è una persona che la sperimenta... È la routine dello spazio pubblico che oggi fa dimenticare all’uomo la bellezza naturale del muoversi liberamente»

Lina Bo Bardi e le sue opere più famose, la Casa de Vidro, il Museu de Arte di San Paolo e il Sesc-Pompéia.



› REPORT

ARCHITETTURA D’IMPORTAZIONE

Minaccia o opportunità? di Aldo Norsa

Dall’inizio del Duemila assistiamo a una forte apertura della committenza italiana (sia privata che pubblica) alla progettazione architettonica dal resto del mondo (soprattutto occidentale, in qualche raro caso asiatica). In genere conseguenza di concorsi per inviti nei quali le società di progettazione straniere prevalgono sulle italiane sia per il prestigio che le accompagna sia per un desiderio di sprovincializzazione (che alla lunga si tramuta in un’esterofilia provinciale anch’essa). Ma anche per un motivo sostanziale (al quale sono sensibili soprattutto i committenti privati): le maggiori garanzie (manageriali, organizzative, patrimoniali) che possono dare società molto più grandi e internazionalizzate delle italiane. Ma quali sono le ricadute di queste importazioni di servizi progettuali sull’economia italiana, vale a dire sulla nostra imprenditoria dell’architettura (e dell’ingegneria)? Un primo bilancio a vent’anni dall’inizio di questa apertura dei confini conferma, anche nel campo dell’architettura, che ‘fare impresa’ in Italia è meno agevole che in altri Paesi. Infatti l’ampia affermazione dei campioni dell’offerta straniera non sembra arricchire come dovrebbe la nostra struttura produttiva. Una prima constatazione è che pochissime società di architettura (come vedremo per quelle di ingegneria il discorso è diverso) approfittano dell’apertura del

Aldo Norsa Già docente in numerose università in Italia e all’estero, Aldo Norsa è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che cura annualmente (dal 2011) il Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e (dal 2019) il Rapporto Classifiche - le Prime 50 Imprese dell’Edilizia Privata. www.guamari.it [ 16 ]

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mercato italiano per installarvi filiali permanenti ma preferiscono operare dai loro uffici esteri appoggiandosi di volta in volta a chi è disponibile al ruolo (non sempre gratificante) di local architect. E questo è tanto più preoccupante quanto più ci si era illusi, in un primo tempo, che la costituzione di filiali italiane diventasse permanente. Invece, stando ai grandi nomi, hanno nel giro di pochi anni chiuso i loro uffici: a Roma Zaha Hadid e Jean Nouvel, a Milano Norman Foster e Daniel Libeskind. Ma in quest’ultimo caso il testimone (anche per seguire i lavori in corso) è passato a Sbga, società costituita dai collaboratori Giuseppe Blengini e Agostino Ghirardelli, che ora si sviluppa in autonomia. L’eccezione che conferma la regola, a Milano, è la fortunata permanenza della filiale di David Chipperfield Architects. Vi sono poi due casi di società ‘non autoriali’: Chapman Taylor e Design International, specializzate in centri commerciali, entrambe a Milano, così come in controtendenza hanno recentemente aperto (piccole) basi: a Roma Mad, a Milano Wilmotte e, ultima arrivata, Populous, già divisione sport di Hok. Questo non toglie che l’attribuzione di importanti incarichi a grandi nomi stranieri non “tiri la volata” anche a società di architettura italiane. Almeno in due modi: o associandole nel vincere concorsi o coinvolgendole nel rendere esecutivi i progetti e/o gestirne la realizzazione. Collaborazioni riuscite sono quelle tra Arata Isozaki e Andrea Maffei,


Da vent’anni, soprattutto attraverso concorsi a inviti la committenza italiana ha aperto la strada all’ingresso di firme internazionali del progetto

SARÀ BIG A COMPLETARE IL COMPLESSO DI CITYLIFE (SOPRA) DOVE HANNO GIÀ OPERATO DANIEL LIBESKIND, ARATA ISOZAKI (CON ANDREA MAFFEI) E ZAHA HADID. A SINISTRA, LE PROCURATIE VECCHIE DI PIAZZA SAN MARCO DOVE DAVID CHIPPERFIELD SU INCARICO DI GENERALI STA OPERANDO UN IMPORTANTE INTERVENTO DI RISTRUTTURAZIONE. A DESTRA LA STAZIONE AV MEDIOPADANA DI REGGIO EMILIA DI SANTIAGO CALATRAVA.

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› REPORT Dopo avere aperto filiali italiane, molti studi di architettura internazionali hanno lasciato il Paese scegliendo di appoggiarsi a local architects. Mentre le società di ingegneria si sono ben radicate nel Paese importando il meglio del saper fare internazionale

Arquitectonica e Paolo Caputo, Bolles+Wilson e Alterstudio Partners, Mario Botta ed Emilio Pizzi, Morphosis e Nemesi, Peter Eisenman e Degli Esposti Architetti, Snøhetta e Park Associati e ... in prospettiva, Diller Scofidio + Renfro con Stefano Boeri. Quanto al coinvolgimento in fase di cantiere si può citare Big con Atelier Verticale, Gmp con cfk architetti, Plp con Tekne, Sanaa con Progetto Cmr. Operano (o hanno operato) invece in maggiore autonomia dalle loro basi fuori dall’Italia società dell’importanza di Tadao Ando, Arep, Gonçalo Byrne Arquitectos, Grafton Architects, Herzog & de Meuron, Kengo Kuma, Kpf, Meier Partners, Miralles Tagliabue, Odile Decq, Oma, Pcf, Ricardo Bofill, Santiago Calatrava, Sauerbruch Hutton, Som e UnStudio. Molto diverso è il quadro dell’offerta di ingegneria, ovviamente quella con destinazione prevalente nell’edilizia: essa ha approfittato più di quella di architettura dell’apertura del nostro mercato ai progettisti esteri, anche perché complementare e non in concorrenza. Il fenomeno più rilevante è l’importanza e la numerosità di filiali di gruppi stranieri che non solo si sono ben radicate in Italia ma vi portano il meglio del saper fare internazionale: nell’ordine di fatturato 2020 (secondo le classifiche di Guamari) alcuni nomi di spicco:

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Jacobs Italia, Arcadis Italia, Artelia Italia (che dal 2015 controlla Intertecno e punta ad altre acquisizioni ), Aecom Urs Italia, Arup Italia, Maffeis Engineering (che appartiene al gruppo mediorientale Dar), Deerns Italia, Drees & Sommer Italia. Esse completano la progettazione architettonica con tutte le specialità ingegneristiche fino alle più avanzate in tema di ambiente, energia, fattibilità, sicurezza, sostenibilità. Ma non vanno dimenticate società di ingegneria italiane a tutti gli effetti che hanno arricchito le loro competenze quando investite di responsabilità nella cosiddetta ‘ingegnerizzazione’ (nonché gestione) di progetti di grandi nomi dell’architettura straniera: basti ricordare, nell’ordine di cui sopra, Manens-Tifs, F&M Ingegneria, Esa Engineering, Bms Progetti, Sce Project, Ariatta, Mpartner, Gae Engineering, J&A Consultants, Ce.A.S., Holzner & Bertagnolli, Redesco. In conclusione il nuovo ottimismo per un mercato italiano dell’architettura/ingegneria, non solo stimolato dai finanziamenti del Pnrr ma sempre più aperto alla concorrenza internazionale, dovrebbe portare grandi realtà della progettazione mondiale a investire stabilmente nel nostro Paese senza limitarsi al ‘mordi e fuggi’.

SOTTO, DA SINISTRA, IL ‘DIAMANTE’ PROGETTATO DA KPF NEL DISTRETTO MILANESE DI PORTA NUOVA E IL COMPLESSO DELLA FONDAZIONE PRADA. QUELLO DI OMA È STATO IL PRIMO DI UNA SERIE DI INTERVENTI CHE STANNO INTERESSANDO L’INTERO QUADRANTE SUD DELLA CITTÀ, CON PROGETTI DI ALTA QUALITÀ ARCHITETTONICA SVILUPPATI DA STUDI ITALIANI TRA CUI ACPV ARCHITECTS, BARRECA & LA VARRA E CARLO RATTI.


DIAMO AI PROGETTI L’ECCELLENZA CHE MERITANO


› FOCUS Il team di Alma D Il progetto e il prototipo Alma D nascono dalla collaborazione di due imprenditori, Lorenz Pichler (project manager di Alpewa, a sinistra nella foto) e Oliver Fielitz, Ceo dell’omonima azienda di Ingolstadt, con l’architetto Alessia Maggio. Alpewa, distributore esclusivo per l’Italia di numerosi brand di rivestimenti metallici e Hpl per l’involucro edilizio, ha deciso di aggiungere alla propria gamma le lamiere tridimensionali Fielitz. Altamente personalizzabili (come dimostra il prototipo Alma D) e sostenibili, i pannelli metallici Fielitz permettono di realizzare facciate a doppia pelle dalla forte valenza estetica e distintivi rivestimenti di interni.

le proprietà di Alma D Design Lunghezza 3633 mm Larghezza 1250 mm Spessore del materiale 2 mm Profondità 70 mm Peso 85 kg Applicazioni A parete, a soffitto, in interni e come rivestimento esterno per pareti ventilate

Alma D Design

La superficie metallica tridimensionale che riproduce la leggerezza del tessuto Talento, competenza e voglia di fare: da questi presupposti nasce Alma D, il nuovo rivestimento metallico per l’involucro edilizio. Da due imprenditori che decidono di investire sul progetto di Alessia Maggio, fondatrice di Amaart Architects (cui Luigi Prestinenza Puglisi ha dedicato un approfondito profilo su IoArch 86). Sono Lorenz Pichler, project manager e membro del Cda di Alpewa, e Oliver Fielitz dell’omonimo marchio tedesco di cui Alpewa è distributore esclusivo in Italia. Alpewa, da sempre legata al tema dei rivestimenti metallici per l’involucro, ha deciso di spingersi oltre lo standard aggiungendo alla propria gamma le lamiere tridimensionali Fielitz. Da oltre 25 anni il marchio tedesco sviluppa strutture e superfici metalliche per

www.alpewa.com www.fielitz.de www.almad0.com

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facciate in 3D, soffitti, rivestimenti murali, stand fieristici ed elementi di design. I materiali Fielitz vanno dall’alluminio all’acciaio, dal rame al bronzo all’ottone e fino al titanio. Ora, dal desiderio di fondere insieme la leggerezza dei tessuti e la forza di materiali come ferro e alluminio, nasce Alma D Design, un nuovo genere di pannelli per l’architettura. Altamente personalizzabili e sostenibili, le lamiere tridimensionali permettono di realizzare facciate a doppia pelle e interni dalla forte valenza estetica emulando l’effetto dell’increspatura del vento sui drappi di tessuto. Alma D è l’espressione di un momento catturato su una superficie, la cui finitura può cambiare, con un’espressione materiale legata alla leggerezza e alla fluidità. Si trasforma secondo i tratta-


› FOCUS

menti del materiale e secondo il motivo impresso sulla superficie in cui si riflette. Il nuovo pannello è stato concepito attraverso modelli parametrici in grado di identificare diverse evoluzioni della simulazione del tessuto: movimenti disegnati a mano libera e successivamente impressi nel disegno 3D e sviluppati come prototipi fino alla forma e alla dimensione finale. La possibilità di trasferire un’immagine all’elemento di rivestimento lo rende scultoreo e artistico. Alma D si caratterizza per funzione, colore, effetto, lucentezza, texture e un limitato impatto ambientale: per la sua realizzazione vengono utilizzate vernici in polvere che riducono le emissioni di CO2 tra il 25 e il 60 per cento rispetto ai rivestimenti convenzionali.

Alma D ha vinto il World Design Award 2021 di The Architecture Community TAC.

Simile a un tessuto leggero mosso dal vento, Alma D sarà realizzata in un’ampia gamma di colori e di effetti. La superficie è facile da lavorare e da pulire. Foto di Moreno Maggi.

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› WORK IN PROGRESS

BOLZANO

BUSSELLI SCHERER ARCHITEKTEN PER L’EDIFICIO D2 DEL NOI TECHPARK Avviata una decina di anni fa, la trasformazione degli oltre 20 ettari del sito ex-Montecatini di Bolzano in parco scientifico-tecnologico dell’Alto Adige è una delle più vaste operazioni di rigenerazione post-industriale d’Europa. Sul lotto denominato D2 del parco sorgerà nel 2023 un nuovo edificio mixed-use di sei livelli progettato dallo studio di architettura Busselli Scherer Architekten. In continuità di scala con gli edifici attigui, il nuovo volume si caratterizza all’esterno per le facciate nord e sud dinamiche, con profili metallici verticali orientati le cui cromie mutano al variare della luce del giorno. Vincolate dal piano di attuazione, le facciate est e ovest saranno invece rifinite con pannelli in alluminio schiumato di colore nero. Il progetto si completa con un’ampia terrazza protetta sul tetto dell’edificio. All’interno l’architettura ruota attorno a due patii trasparenti che incanalano la luce naturale e ospitano due giardini. Questi elementi attraversano l’intero edificio realizzando una connessione visiva tra i diversi livelli. [ 22 ]

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Nel render del D2 si alternano profili metallici verticali per le facciate nord-sud e pannelli neri di alluminio schiumato per quelle est-ovest.Accanto, inquadramento del lotto nel masterplan del NOI Techpark.

I concetti alla base della progettazione interna sono l’apertura visiva, l’interscambio conoscitivo, la natura intesa come elemento di vivibilità e ispirazione. Toni caldi e decisi per pavimentazione e rivestimenti delle parti comuni e scelte stilistiche diversificate per conferire identità e riconoscibilità alle diverse funzioni che coabiteranno il D2. Nell’edificio troveranno infatti spazio i laboratori di ricerca del Centro di Sperimentazione Laimburg, uffici modulabili destinati a imprese private, start up e all’Università delle Nazioni Unite e lo spazio ristorazione ‘Student Gastronomy’ riservato a studenti e personale accademico.

Località Bolzano Committente NOI Spa Gruppo di progettazione Busselli Scherer Architekten, Architekturbüro Wolfgang Simmerle, Baubüro, Energytech, Pfeifer Partners Progetto architettonico e degli interni Busselli Scherer Architekten (team Roberto Busselli, Ilario Occhipinti, Mattia Arcaro, Ulrike Gasser) Strutture Baubüro Impianti e efficienza energetica Energytech Coordinamento sicurezza Pfeifer Partners Superficie del lotto D2 2.018 mq Slp 10.100 mq Volumetria 33.400 mc Cronologia 2019-2023


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› WORK IN PROGRESS

MANDELLO DEL LARIO

GREG LYNN RIDISEGNA IL SITO PRODUTTIVO DI MOTO GUZZI Da decenni il cancello rosso dello stabilimento Moto Guzzi a Mandello del Lario è il punto di partenza dei tour che la comunità internazionale dei bikers appassionati del marchio organizza lungo le sponde del lago di Como. Dietro quel cancello sta per sorgere il nuovo complesso progettato da Greg Lynn, l’architetto e filosofo americano che nel 2015 con Michele Colaninno ha fondato a Boston il think tank sulla mobilità sostenibile Piaggio Fast Forward. Concepito come un campus, il nuovo sito produttivo di Moto Guzzi, i cui lavori partiranno già il prossimo anno, riunirà conservazione e futuro in un complesso che prevede anche strutture di ospitalità e nuovi spazi congressuali destinati a eventi [ 24 ]

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aziendali e esterni. Passione e radicamento nel territorio sono le linee guida che hanno ispirato Greg Lynn nello sviluppo di un concept originale e avveniristico. Riordinate nell’organizzazione degli spazi, le funzioni produttive – che rimarranno sempre a Mandello del Lario – si integrano con nuovi spazi fruibili dal pubblico. Una piazza circondata da volumi disegnati come elementi meccanici fuori scala, una scalinata che conduce a una terrazza panoramica semicircolare, ristoranti, punti di incontro e gli spazi del nuovo museo dove esporre in maniera adeguata i circa duecento modelli perfettamente restaurati che hanno fatto la storia del marchio dell’aquila fondato cento anni fa da da Carlo

Guzzi, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli e oggi di proprietà del Gruppo Piaggio. I nuovi edifici saranno realizzati con l’utilizzo delle cubature esistenti, con una scelta di materiali improntata ad una forte attenzione a una efficiente gestione delle risorse energetiche, con impianti fotovoltaici e materiali ecosostenibili.

Nelle foto il modello del masterplan e gli originali render sviluppati da Greg Lynn per visualizzare l’aspetto avveniristico che assumerà il sito di Moto Guzzi a intervento concluso.


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› WORK IN PROGRESS

RAVENNA

FEMIA DISEGNA IL NUOVO TERMINAL DI PORTO CORSINI Sorgerà sull’area balneare di 62mila metri quadrati di Porto Corsini l’edificio del nuovo terminal crocieristico progettato da Atelier(s) Alfonso Femia, in collaborazione con Michelangelo Pugliese e Rina per l’ingegneria e gli aspetti ambientali, su incarico di Royal Caribbean. Il progetto comprende inoltre, nel lotto retrostante di 120mila metri quadrati, la realizzazione, a cura del Comune di Ravenna, del Parco delle Dune e relative strutture turistiche. Obiettivi dell’operazione, per un investimento complessivo di 26 milioni di euro in project financing, la creazione di un terminal crocieristico di qualità in grado di attrarre a Ravenna e verso l’intorno, fino a Bologna e alla Motor Valley emiliana, il mercato turistico americano e internazionale. Requisito indispensabile dello sviluppo un armonico dialogo tra il futuro parco delle Dune e il terminal, che il progetto architettonico affronta stabilendo relazioni con entrambi gli orizzonti, quello del mare e quello del parco. [ 26 ]

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L’edifico sarà organizzato su due piani, caratterizzato da facciate che modulano l’interazione con il contesto conciliando estetica, funzionalità e sicurezza. L’alternanza tra massivo e trasparente risolve la prestazione energetica dell’involucro e insieme garantisce il comfort complessivo, accogliendo la luce naturale e consentendo un dialogo visivo con lo spazio esterno del Parco. Il tetto verde in copertura è composto per metà da specie autosufficienti e per metà da pannelli fotovoltaici. Cuore dell’edificio è la hall, spazio destinato all’accoglienza e all’attesa, affiancata dagli spazi tecnici e di servizio al terminal. In occasione di eventi speciali le grandi sale laterali per il ritiro dei bagagli potranno trasformarsi in vasti ambienti multiuso. Il flusso logistico per chi transita è fluido, simmetrico e intuitivo, con una successione che dall’area check-in porta all’area di attesa e poi all’imbarco, su una passerella trasversale all’edificio la cui

geometria si confronta con la grande scala delle navi. Sul percorso inverso dalla nave si entra nel terminal assialmente e, scorrendo sul fronte mare, si scende.

Località Porto Corsini, Ravenna Committente Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centro settentrionale - porto di Ravenna e Royal Carribean International (operatore) Progetto architettonico, urbanistico e coordinamento Atelier(s) Alfonso Femia Architetti Alfonso Femia, Simonetta Cenci (coordinamento), Carola Picasso (capo progetto) Gruppo di progettazione Stefania Bracco, Fabio Marchiori, Luca Bonsignorio, Francesca Raffaella Pirrello, Alessandro Bellus, Simone Giglio, Alice Cavicchi, Carlo Occhipinti, Sara Massa Ingegneria strutturale, impiantistica e ambientale Rina Consulting Superficie complessiva dell’area 182.000 mq Superficie da edificare 14.752 mq Investimento 22 milioni di euro Cronologia 2021-2024


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› WORK IN PROGRESS

MILANO

AVVIATA LA COSTRUZIONE DEL NUOVO CONSOLATO USA PROGETTO DI SHOP ARCHITECTS E GENIUS LOCI ARCHITETTURA Dopo le prime operazioni di pianificazione, bonifica e messa in sicurezza sono pronti a partire i lavori per trasformare l’ex Tiro a Segno Nazionale della Cagnola di piazzale Accursio (in passato piazza Bersaglio) nella nuova sede del Consolato Usa a Milano. Il progetto è co-firmato dallo studio SHoP Architects di New York e dallo studio GLA - Genius Loci Architettura, che si è occupato in particolare del restauro e della tutela della Palazzina Liberty, costruita nel 1905, che verrà recuperata e utilizzata per ospitare nella sede consolare eventi pubblici, nonché della tettoia a capriate lignee delle linee di tiro. [ 28 ]

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GLA ha curato anche gli iter amministrativi e autorizzativi in dialogo con gli uffici tecnici comunali e con la Sovrintendenza. Caratterizzato da una facciata continua trasparente/opaca formata da pannelli in cemento con un motivo tridimensionale a onde verticali e cellule trasparenti, il volume del nuovo edificio del consolato si eleva per cinque piani sopra un podio a doppia altezza. Ai lati è contornato da specchi d’acqua che dialogano con il tappeto erboso delle parate ufficiali che crea continuità tra gli edifici storici e la costruzione contemporanea. Il progetto di paesaggio porta la firma dello

studio americano Rhodeside & Harwell. Il project management è dell’ufficio tecnico del Dipartimento di Stato americano, che ha assegnato l’incarico per la costruzione del nuovo consolato alla Caddell Construction Company, Alabama (Usa).

Nei render (courtesy GLA), il nuovo edificio visto dalla palazzina liberty dell’ingresso, il complesso a volo d’uccello e uno degli ambienti pubblici che verranno realizzati all’interno dell’edificio storico.


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› WORK IN PROGRESS

Nei render (courtesy Politecnica) la prevista trasformazione del sito dell’ex-complesso industriale, un’area di circa 10mila metri quadrati situata nel piccolo comune di Ruda.

RUDA, UDINE

POLITECNICA CAPOGRUPPO NEL RECUPERO DI UN BENE ARCHEOLOGICO INDUSTRIALE Per molti anni luogo di lavoro al centro dell’economia locale, nel 1989 l’exAmideria Chiozza (produceva amido di riso) nel piccolo comune di Ruda (Udine) venne censita tra le archeologie industriali del sistema informativo del patrimonio culturale del Friuli-Venezia Giulia. Con l’obiettivo di valorizzare la struttura di circa 10mila metri quadrati per inserirla in un percorso turistico culturale in sinergia con i siti Unesco di interesse regionale – come Aquileia, Cividale e Palmanova – l’amministrazione comunale ha affidato a un raggruppamento temporaneo d’impresa formato da Politecnica come capogruppo, [ 30 ]

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Cooprogetti di Pordenone, Studio Associato Pessina-Lanza di Palmanova e la restauratrice Monica Endrizzi l’incarico di progettazione definitiva per la riqualificazione del sito. Il progetto prevede l’individuazione di tre aree distinte ma funzionalmente collegate all’interno del complesso: una zona museale dedicata alla valorizzazione e alla storia dell’edificio, con un percorso espositivo dove saranno ricollocati, restaurati, i macchinari originali tuttora presenti; una zona riservata al settore terziario avanzato e alla divulgazione delle ricerche sull’acqua, risorsa energetica

fondamentale per l’Amideria; e un’area servizi che funzionerà da cerniera tra le nuove funzioni culturali e produttive. Il volume dell’edificio sarà composto da due corpi di fabbrica collegati da corti all’aperto, attraversate da una strada interna completa di aree verdi ripristinate, che inaugurerà un nuovo concetto di spazialità e prospettive di abitabilità dell’area circostante. Nello sviluppo del progetto definitivo sarà applicata la metodologia HBIM (Heritage Bim) che permetterà di ottimizzare la gestione dell’intervento anche in termini di efficacia ed efficienza energetica.



› WORK IN PROGRESS

MONACO DI BAVIERA

IL SAP GARDEN DI 3XN NELL’OLYMPIAPARK Red Bull ha incaricato lo studio danese 3XN di trasformare il velodromo disegnato da Günter Behnisch e Frei Otto per le Olimpiadi di Monaco del 1972 in un palazzetto dello sport che potrà ospitare sia gli incontri di hockey su ghiaccio della Munich Red Bulls sia le partite di basket dell’FC Bayern Monaco. Il progetto prevede anche la realizzazione, nei pressi dell’edificio principale, di tre anelli di hockey coperti per gli allenamenti delle scuole e dei vivai dei club. Pur aggiungendo servizi per i visitatori e nuove attrezzature per lo sport indoor e outdoor, la riconversione segue un approccio rispettoso dell’originaria visione di architettura sportiva organica che ispirò la progettazione dell’Olympiapark. Nel progetto di 3XN l’inserimento dell’ovale nel verde del parco circostante viene accentuato dalla copertura verde e da lamelle verticali bianche che risalgono verticalmente il volume curvandosi alla base per formare tettoie a protezione dei portali di vetro degli ingressi. Con altezze diverse e una forma asimmetrica il progetto si adegua e riflette le ondulazioni del sito così da apparire più [ 32 ]

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come parte stessa del paesaggio che come manufatto edilizio. All’interno, l’area di gioco è disegnata come forma continua che assicura grande visibilità a tutti gli 11.500 possibili spettatori. Oltre al parterre principale, l’interno comprende tre anelli di allenamento, spogliatoi, uffici, un bar al livello superiore e un parcheggio sotterraneo.

Località Monaco di Baviera Committente Red Bull Stadion München GmbH Progetto architettonico 3XN Progetto delle struttura Cl Map Progetto del paesaggio Latz+Partner Superficie 62.500 mq Completamento previsto 2024


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› WORK IN PROGRESS FRANCOFORTE

AL VIA I LAVORI DELLA CENTRAL BUSINESS TOWER DI KSP ENGEL

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Con l’assegnazione dell’incarico all’impresa Ed. Züblin AG, dopo vent’anni dal concorso di progettazione vinto da Ksp Engel partono i lavori di costruzione della Central Business Tower. Alto 205 metri, il nuovo grattacielo per uffici che sorgerà sul bordo settentrionale del centro finanziario di Francoforte si confronterà con la torre della Deutsche Bank e il parco pubblico. Con due core leggermente ruotati tra loro, l’edificio si presenta come due torri gemelle connesse per tutta l’altezza da un volume traslucido ed è caratterizzata da forti sporti che creano quattro sezioni distinte. Alla base, un grande atrio a tutta altezza aperto al pubblico, che oltre alla reception accoglierà servizi commerciali e di ristorazione, è parzialmente innestato in un edificio neoclassico del XIX secolo che sorge sull’angolo della Neue Mainzer Strasse. Conservato e riqualificato per farne un nuovo punto di incontro per la cittadinanza, l’edificio storico vedrà l’aggiunta di un quarto livello, raggiungibile dalla nuova torre, che ospiterà un’estensione del Weltkulturen Museum. La strategia, oltre ad assecondare l’idea progettuale di un tessuto urbano in evoluzione in cui convivono edifici storici e contemporanei, mira altresì a far vivere la zona anche oltre l’orario di chiusura degli uffici. Progettata per essere certificata Leed Gold, le facciate della torre sono rivestite di moduli fotovoltaici e le cellule vetrate che compongono la facciata continua sono provviste di schermature solari e di sistemi individuali di VMC.

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Località Francoforte Committente Helaba Landesbank Hessen-Thüringen Progetto architettonico Ksp Engel Project management OFB Projektentwicklung GmbH Superficie lorda costruita 115.000 mq (di cui 95.000 f.t. Altezza 205 metri, 52 piani f.t. + 5 piani interrati Cronologia 2001 (concorso) - 2022 (inizio lavori) - 2027 (consegna)

Render e planimetria della Central Business Tower, che verrà costruita immediatamente dietro un edificio neoclassico nel quale è parzialmente innestato il podio della nuova torre.


› FOCUS

ELICA

NikolaTesla Fit i vantaggi del piano aspirante anche nelle cucine più compatte IL PIANO A INDUZIONE CON ASPIRAZIONE INTEGRATA IN SOLI 60 CM

Studiato per soddisfare le esigenze di coloro che anche in ambienti piccoli non intendono rinunciare all’eccellenza, Elica presenta NikolaTesla Fit, il piano a induzione con aspirazione integrata disegnato da Fabrizio Crisà che può essere installato nelle basi da 60 cm, con un ingombro in superficie di 60 o 72 cm. Il nuovo arrivato completa la fortunata collezione di piani aspiranti NikolaTesla, di cui riprende lo stile e le migliori tecnologie. Piccolo gioiello dalle elevate performance, con un design essenziale NikolaTesla Fit nasconde il cuore aspirante all’interno del piano a induzione: una piccola pressione sulla parte centrale attiva l’aspirazione. Le dimensioni compatte non sacrificano la libertà di movimento sul piano cottura. La forma della parte aspirante è studiata per lasciare spazio a ogni tipo di pentola. Inoltre, la funzione Bridge consente di unire due zone creando una singola area dedicata alle teglie più grandi, per una temperatura di cottura costante.

La captazione dei vapori è nettamente superiore alla loro velocità di salita. Elevata efficacia nel massimo silenzio. Nella versione filtrante, NikolaTesla Fit può contare sugli speciali filtri long life high performance che assicurano soglie di filtraggio superiori all’80 per cento (la media di mercato è del 60%) e sono rigenerabili fino a cinque anni. Con l’innovativa funzione Autocapture inoltre, NikolaTesla Fit imposterà in completa autonomia la potenza di aspirazione in base a ciò che si sta cucinando. La superficie completamente lineare in materiale vetro ceramico, rende le operazioni di pulizia semplici e veloci, così come la manutenzione del prodotto: tutti i filtri sono accessibili in massima sicurezza dal vano centrale. Se accidentalmente dovesse cadere del liquido nella bocchetta di aspirazione nessun problema: una speciale valvola interna permette lo scarico dell’eventuale liquido versato. www.elica.com

Negli schizzi di progetto di Fabrizio Crisà, Design Center Director Elica, l’integrazione delle funzioni e la semplicità minimale del design senza compromettere l’efficienza. (courtesy Elica)

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› DESIGN & BUILD

L’architettura di Aldo Della Rocca, Ignazio Guidi, Enrico Lenti, Giulio Sterbini edificata tra il 1952 e il 1957 ora aggiornata da Progetto Cmr con serramenti di nuova generazione (ph. ©Andrea Martiradonna).

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› DESIGN & BUILD

UFFICI KPMG, ROMA

DA WORKING SPACE A LIVING PLACE LA NUOVA SEDE ROMANA DI KPMG È LA DIMOSTRAZIONE DI COME SI POSSA TORNARE A UNA NUOVA NORMALITÀ RISPONDENDO ALLE MUTATE ESIGENZE DI CHI LAVORA IN UFFICIO. L’INTERVENTO È FIRMATO DA PROGETTO CMR E PROGETTO DESIGN & BUILD

Iniziato nel maggio del 2019, il progetto di retrofit condotto da Progetto Cmr ha riguardato la sede storica di Federconsorzi e di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) a Roma: un edificio razionalista soggetto a vincoli della Sovrintendenza che occupa un intero isolato nella zona delle ambasciate, poco distante dalla stazione Termini. Il risanamento edilizio è consistito in un intervento conservativo, volto a un aggiornamento funzionale, in primis con la sostituzione dei serramenti che ora presentano performance di nuova generazione. L’ufficio di otto piani si dispone su 15.000 metri quadrati e può ospitare fino a 800 persone, tra personale e clienti della società internazionale di consulenza e servizi alle imprese. Gli interni sono stati allestiti da Progetto Design & Build, la divisione di Progetto Cmr

nata nel 2018 per sviluppare il settore dello space planning. Gli spazi sono stati completamente ridefiniti, a seguito di importanti demolizioni di pareti interne, per supportare la produttività e facilitare la collaborazione in una realtà articolata come Kpmg, partendo dalla qualità dell’esperienza offerta alle persone che vi operano. La planimetria alterna spazi chiusi con postazioni assegnate a open space con postazioni non assegnate, occupate a rotazione e prenotabili via web. Ogni piano ospita aree di supporto per i momenti di condivisione: project room dedicate al lavoro collaborativo, sale riunioni e phone booth per telefonate e videocall. Pensato per testare nuovi metodi di lavoro e di collaborazione, il secondo piano è in parte occupato da un’area di coworking concepita per aumentare la flessibilità per i collaborato-

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› DESIGN & BUILD

Progetto CMR Dal 1994 Progetto Cmr (nella foto Massimo Roj, co-fondatore e amministratore delegato della società) ha maturato una solida esperienza sul mercato nazionale e internazionale perseguendo una crescita costante e rimanendo sempre fedele al credo che pone il cliente e le persone al primo posto. Ancor oggi l’obiettivo primario è progettare in modo flessibile, efficiente e sostenibile partendo da un’approfondita analisi delle esigenze dell’utente finale. L’integrazione dei processi garantisce il costante controllo di costi, tempi e qualità. Lo studio è una società di progettazione internazionale che oggi ha le sue sedi principali a Milano e Pechino, con uffici anche ad Atene, Ho Chi Minh City, Istanbul, Giacarta, Mosca, Praga, Roma, Tianjin. Progetto Cmr ha diffuso in tutto il mondo la propria visione di una architettura sostenibile attraverso un’ampia varietà di lavori: dagli uffici alle residenze, dagli hotel agli spazi per il retail alla pianificazione urbana. www.progettocmr.com

CREDITI Località Roma Sviluppatore DeA Capital Tenant Kpmg Progetto Progetto Cmr, Progetto Design & Build

Verde interno HW Style Pavimenti Interface Arredi Arper, Sedus, Unifor Luci Artemide Superficie 20.000 mq (di cui 15.000 a uffici) Cronologia 2019-2021

Per gli ambienti di lavoro sono stati sviluppati nuovi format spaziali per rispondere a molteplici utilizzi ed esigenze. Gli interni sono stati studiati da Progetto Design & Build nell’ottica dell’efficienza organizzativa e del benessere delle persone (ph ©Andrea Martiradonna).

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ri del network e favorire una gestione seamless della crescita dell’organico. Un intero livello, l’ottavo, è stato poi disegnato come un’unica ampia area destinata ai clienti, per accogliere sessioni di lavoro e incontri di rappresentanza. Sempre all’ottavo piano si trovano inoltre il training center, per la formazione di gruppo, sale riunioni di grandi dimensioni, un’area ristoro per piccoli e grandi eventi, lounge informali e ampie terrazze. L’attenzione alla qualità degli spazi e al benessere si ritrova anche nel ricorso ad ampie vetrate che garantiscono un’illuminazione naturale, nella abbondante presenza di verde, nella creazione di piccole corti interne per facilitare il contatto visivo con elementi naturali, oltre che nel design e nell’ergonomia di tutte le soluzioni di arredo. Come spiega Massimiliano Notarbartolo, co-

fondatore e Ceo di Progetto Design & Build, il progetto dimostra «la lungimirante visione di Kpmg che reputa ancora lo spazio fisico quale luogo deputato a ospitare le nuove modalità di lavoro: attuali, future e sempre in evoluzione». «Questi uffici sono stati un importante campo di sperimentazione del passaggio che stiamo vivendo da working space a living place – ribadisce a sua volta Massimo Roj, amministratore delegato di Progetto Cmr. La società da anni ha sperimentato forme di lavoro ibrido e ha così potuto ripensare, con una vision di lungo respiro, i nuovi spazi in previsione di modi sempre nuovi e in costante evoluzione di vivere gli spazi e gli incontri». È con lo stesso sguardo rivolto al futuro e l’attenzione all’impronta ambientale delle scelte di progetto che l’edificio riceverà la certificazione Leed Platinum per l’elevata sostenibilità ambientale


› DESIGN & BUILD

HW STYLE

INTERFACE INC Fondato nel 1973 da Ray Anderson, il produttore internazionale di pavimentazioni tessili modulari per gli spazi interni è stato tra i primi al mondo, nel 1994, ad assumere l’impegno verso la sostenibilità con un modello di business che oggi identifichiamo come economia circolare. Tutti i prodotti sono a impatto zero per l’intero ciclo di vita, grazie al programma denominato Carbon Neutral Floors. Oltre ad aver ridotto la carbon footprint dei propri pavimenti tessili del 76%, per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di CO2 Interface calcola le emissioni lungo tutto l’intero ciclo di vita, investendo in progetti di compensazione in tutto il mondo. Per il programma Carbon Neutral Floors l’azienda nel 2020 è stata insignita dalle Nazioni Unite del riconoscimento UN Global Climate Action Award, categoria Net Zero Now. Le pavimentazioni utilizzate nella sede romana di Kpmg hanno permesso di compensare emissioni di CO2 per un totale di 95 tonnellate metriche, pari a quelle generate da un’automobile in una percorrenza di oltre 384mila km. I pavimenti scelti per il progetto fanno parte della collezione Composure e della Level Set Collection, la prima linea LVT ideata per essere facilmente combinata con le collezioni tessili. Lo strato superficiale Ceramor UV dà al prodotto una vita più lunga e il sottofondo Sound Choice migliora la riduzione del rumore. È disponibile in due dimensioni: doghe 25x100 cm e quadrotte 50x50 cm.

Sviluppato da Hw Style in collaborazione con Progetto Cmr e il committente, il progetto del verde costituisce parte integrante del fit-out degli uffici romani di Kpmg. L’intervento ha riguardato diversi ambiti, dal verde esterno, con piante di bambù alte 4 metri posate in fioriere di lamiera zincata verniciata, ai lockers che Progetto Cmr ha disegnato integrandovi fioriere per piante da interno selezionate da Hw Style in base ai diversi gradi di luminosità degli ambienti in cui i lockers stessi sono collocati. Tra gli aspetti più significativi del progetto del verde troviamo i giardini d’inverno, con la realizzazione di vasche su misura in lamiera zincata e verniciata, impermeabilizzate e allestite con Strelitzia e Kentia dal portamento slanciato, alte fino a 2 metri, e diverse varietà di Philodendron di varie altezze che donano

movimento alle composizioni. Non mancano pareti e quadri di verde stabilizzato, adatti anche per ambienti privi di luce, che donano movimento e profondità allo spazio. Complessivamente, per il verde interno sono state utilizzate circa 300 piante in idrocoltura, tecnica che permette di avere piante più sane grazie al substrato di argilla espansa (senza l’uso di terriccio) che trasmette l’umidità in modo uniforme e costante, con una migliore gestione e consumo dell’acqua, ottimizzando tempi e qualità della manutenzione. Manutenzione che Hw Style cura costantemente attraverso una business unit dedicata, con interventi programmati che includono la sostituzione delle piante che non si sono adattate all’ambiente. www.hw-style.it

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› LUOGHI DELLA CULTURA

IL PRIMO DEPOSITO DI OPERE D’ARTE APERTO AL PUBBLICO: L’EDIFICIO RIFLETTENTE DI MVRDV OSPITA MIGLIAIA DI OPERE CHE ALTRIMENTI SAREBBERO STIPATE IN MAGAZZINI INACCESSIBILI

Un carattere introverso e mimetico all’esterno, che con i pannelli riflettenti sembra volersi annullare nel contesto del Museumpark, un aspetto da ‘sala macchine’ della collezione museale all’interno, con percorsi articolati, sequenze di scale, rivestimenti e impianti a vista (ph. ©Ossip van Duivenbode).

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DEPOT BOIJMANS VAN BEUNINGEN, ROTTERDAM

DIETRO LE QUINTE DI UN MUSEO Nei suoi oltre 170 anni di vita, la collezione del museo Boijmans è cresciuta fino a includere oltre 151mila opere: dipinti, stampe, disegni, fotografie, film, oggetti di design, opere e sculture d’arte contemporanea. I locali del museo erano in grado di ospitarne soltanto poche migliaia, mentre la maggior parte era stipata in magazzini non accessibili al pubblico. La collezione, che offre un viaggio attraverso la storia dell’arte, dal Medioevo al XXI secolo, è ora ospitata nel Depot Boijmans Van Beuningen, al Museumpark, l’ampio parco del centro di Rotterdam, dove si trovano anche la Kunsthal disegnata da OMA e l’omonimo museo Boijmans, proprietario della collezione, attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione.

Anche se tecnicamente non è un museo, il deposito è il primo luogo al mondo in cui è possibile osservare la collezione di opere che non hanno trovato posto altrove, tra cui vari dipinti di Rembrandt, Van Gogh, Bosch e Kandinsky. Progettato da Mvrdv, il Depot Boijmans è un volume ovoidale alto 39,5 metri ricoperto da 1.664 pannelli di vetro curvo a specchio, che riflettono gli alberi e gli edifici circostanti. L’edificio, robusto e funzionale, stabilisce così un nuovo rapporto con l’intorno. Il deposito deve la sua forma alla volontà di dare all’edificio un ingombro relativamente ridotto. Di conseguenza, occupa meno spazio al piano di sedime e si amplia verso l’al-


› LUOGHI DELLA CULTURA

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› LUOGHI DELLA CULTURA

to come un vaso fuori scala, con uno sbalzo complessivo di 10 metri rispetto all’impronta al suolo, per ospitare tutte le funzioni previste al suo interno: magazzini, studi di restauro, sale per film e presentazioni, oltre al giardino e al ristorante sul tetto. Per gli interni Mvrdv ha collaborato con John Körmeling per l’ingresso e Marieke van Diemen per le teche. Pipilotti Rist ha progettato un’installazione luminosa che anima il deposito durante le ore di buio. Lo studio spiega che il deposito non è stato pensato per diventare un secondo museo Boijmans, ma come «una sala macchine che rivela il mondo che c’è dietro allo stoccaggio e alla conservazione di un numero impressionante di opere d’arte e disegni». Visitare il deposito offre un’esperienza com-

foto di Daria Scagliola

Il deposito è un singolo volume isolato a forma di vaso, con un involucro a specchio e un tetto verde che restituisce in quota gli alberi tagliati per far posto alla costruzione. Le grandi porte d’ingresso si fondono nella facciata e diventano visibili solo durante l’orario di apertura (ph. ©Ossip van Duivenbode).

MVRDV

pletamente nuova rispetto a quella museale: le opere non sono suddivise per periodo storico o movimento artistico, ma secondo le necessità di conservazione. Per questo negli spazi dell’edificio, distribuiti su sei livelli, si incontrano cinque zone climatiche differenti, con temperature e livelli di umidità diversi. Opere antiche e contemporanee sono accostate tra loro, e questo è anche un invito a stabilire nuove connessioni. Il deposito è anche un esperimento per incrementare la percentuale di verde presente in città. Le 75 betulle, le graminacee e i 20 pini piantumati sulla terrazza aiutano a trattenere l’acqua, promuovono la biodiversità e riducono lo stress termico in città, oltre a compensare gli alberi che sono stati abbattuti nel parco per costruire il deposito

Lo studio di architettura olandese è stato fondato a Rotterdam nel 1993: il nome è l’acronimo dei soci fondatori Winy Maas (nella foto), Jacob van Rijs e Nathalie de Vries. La sperimentazione costante è il comune denominatore tra gli oltre 800 progetti realizzati in 65 Paesi. L’approccio orientato alla ricerca è esemplificato da The Why Factory, think tank indipendente e istituto di ricerca di architettura e urbanistica gestito dallo studio insieme alla Delft University of Technology, per immaginare la città del futuro. www.mvrdv.nl

Il pubblico può osservare i processi di conservazione e restauro, il trasporto e l’imballaggio delle opere d’arte (ph. ©Ossip van Duivenbode).

CREDITI Progetto architettonico Mvrdv Principal in charge Winy Maas Partner Fokke Moerel Team di progetto Sanne van der Burgh, Arjen Ketting, Gerard Heerink, Jason Slabbynck, Rico van de Gevel, Marjolein Marijnissen, Remco de Haan

Strategia & sviluppo Jan Knikker, Irene Start Contractor BAM Impianto strutturale IMd Raadgevend Ingenieurs Cost engineering BBN Consulenti per le facciate ABT Building Physics Peutz Sostenibilità Breeam Excellent (obiettivo) [ 42 ]

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› LUOGHI DELLA CULTURA

I musei di tutto il mondo di solito espongono solo dal sei al dieci per cento delle loro collezioni; il restante 90 per cento è nascosto nei magazzini.

Sopra, anche le rastrelliere fanno parte dell’allestimento A destra, altre immagini dei cinque livelli interni (ph. © Aad Hoogendoorn e ©Ossip van Duivenbode).

La ristrutturazione del vero museo Boijmans (ad opera di Mecanoo) dovrebbe concludersi entro il 2027. Circa tremila opere torneranno a essere esposte in maniera permanente nella loro sede originale, e le restanti continueranno a rimanere fruibili nel deposito.

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› LUOGHI DELLA CULTURA

RPBW - Renzo Piano Building Workshop Architects La società di progettazione Renzo Piano Building Workshop (Rbpw) è stata fondata da Renzo Piano nel 1981 e ha uffici a Genova e Parigi. Lo studio è guidato da dodici partner, tra cui l’architetto e senatore a vita Renzo Piano, Pritzker Prize 1998. Lo studio impiega circa 120 architetti oltre a 30 collaboratori di supporto. Dalla sua fondazione, la società ha completato oltre 140 progetti in tutto il mondo, la cui qualità è stata premiata da istituzioni come l’American Institute of Architects (AIA) e il Royal Institute of British Architects (RIBA). Tra i principali progetti attualmente in corso: Paddington Square a Londra, il Science Gateway Building del Cern di Ginevra, il Palazzo di Giustizia di Toronto e l’Istanbul Modern Museum. www.rpbw.com

Il complesso dell’Academy Museum si compone dello storico Saban Building, in stile Streamline Moderne, restaurato, e del nuovo Sphere Building, che accoglie una sala da mille posti, al di sopra della quale, protetta da una cupola di vetro, si trova una grande terrazza (ph. © Nic Lehoux).

ACADEMY MUSEUM OF MOTION PICTURES, LOS ANGELES

LA MAGIA DEL CINEMA RESTAURO E AMPLIAMENTO A LOS ANGELES NELL’ULTIMA OPERA DI RENZO PIANO, CON UNA GRANDE SFERA IN PANNELLI CURVI DI CEMENTO CHE CONTIENE IL TEATRO DELLA CERIMONIA DEGLI OSCAR. IL TETTO È UNA TERRAZZA PROTETTA DA UNA CUPOLA MOLTO CINEMATOGRAFICA [ 44 ]

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Curato da Renzo Piano Building Workshop, il nuovo museo dell’Academy di Los Angeles completa il cosiddetto Museum Row, il tratto lungo Wilshire Boulevard che include diverse istituzioni culturali come il Lacma (Los Angeles County Museum of Art), attualmente oggetto di una importante riqualificazione a firma di Peter Zumthor. Esteso su circa 30.000 metri quadrati, il nuovo museo dedicato all’industria cinematografica presenta circa 4700 mq di spazi espositivi adibiti ad accogliere una mostra permanente,

esposizioni temporanee, due cinema e teatri, oltre a programmi educativi e ambienti flessibili per eventi. Il museo si compone di due edifici complementari, uno rivolto al passato, l’altro al futuro, collegati tra loro da due passerelle pedonali, una delle quali con pavimento vetrato. La prima struttura è il risultato della rifunzionalizzazione e dell’ampliamento dell’ex grande magazzino May Company, realizzato nel 1939 su progetto di Albert C. Martin e Samuel A. Marx, successivamente rinominato Saban


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Sezione trasversale e, a sinistra, uno dei primi schizzi di progetto di Renzo Piano dove si prevede il collegamento tra la nuova struttura destinata a ospitare un grande teatro auditorium e la riconversione in museo del Saban Building. Gli edifici sono collegati da due passerelle aeree (courtesy Rpbw).

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Il museo è stato voluto dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l’organizzazione fondata nel 1927 in California per sostenere lo sviluppo dell’industria cinematografica nota soprattutto per la designazione e la cerimonia di consegna dei premi Oscar (ph. ©Nic Lehoux).

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Al centro dello Sphere il David Geffen Theatre da mille posti (ph. ©Nic Lehoux).

CREDITI Building. Riconosciuto come uno dei maggiori esempi di Streamline Moderne e perciò vincolato come monumento storico, l’edificio era originariamente costruito in cemento, acciaio e vetro. Il restauro ha comportato l’eliminazione di tutte le aggiunte e l’apertura degli spazi interni, per riportare alla luce la struttura originaria. Il Saban Building, che nel progetto curatoriale del museo rappresenta il passato, ospita aree espositive, una sala da 300 posti, spazi dedicati alla formazione ed eventi, archivi, un negozio e una caffetteria. Attingendo da un’amplissima collezione in parte concessa dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences – più di 12,5 milioni di fotografie, 237mila pellicole e video, 85mila sceneggiature, 65mila poster – il museo non solo esplora l’arte e la storia del cinema, ma anche la scienza e la tecnologia della produzione cinematografica. L’allestimento che riproduce l’esperienza magica del cinema è curato da Why Architecture Workshop. Lo studio di Renzo Piano ha poi realizzato ex novo lo Sphere Building, una costruzione di cemento sormontata da una terrazza coperta con vista sulle colline di Hollywood. La struttura della sfera raggiunge i 13 metri di altezza e la copertura della terrazza è formata da 1.500 pannelli di vetro laminati a scandole, tagliati in 146 diverse forme. Progettata con un [ 48 ]

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sofisticato sistema di isolamento antisismico, la sfera è bilanciata su quattro plinti in cemento dotati di dissipatori alla base che le consentono di conservare la stabilità strutturale anche nel caso in cui un terremoto muovesse il terreno fino a 80 centimetri in qualsiasi direzione. All’interno dello Sphere Building, che rappresenta il futuro, si trova la sala principale dedicata a proiezioni, anteprime e presentazioni speciali: il David Geffen Theatre dotato di mille sedute realizzate dalla divisione Custom Interiors di Poltrona Frau. Renzo Piano spiega così la convergenza di storia e innovazione, passato e futuro che accomuna il suo progetto e il cinema: «Il museo dell’Accademia ci ha dato l’opportunità di onorare il passato creando un edificio per il futuro, anzi, per la possibilità di molti futuri. Lo storico Saban Building è un meraviglioso esempio di stile Streamline Moderno, che preserva il modo in cui le persone immaginavano il futuro nel 1939. La nuova struttura, lo Sphere Building, ha una forma che sembra sollevarsi da terra in quel perpetuo e immaginario viaggio attraverso lo spazio e il tempo che è il cinema. Collegando queste due esperienze creiamo qualcosa che è di per sé come un film. Si passa di sequenza in sequenza, dalle gallerie espositive al cinema e alla terrazza, con tutto che si fonde in un’unica esperienza»

Località Los Angeles Committente Academy of Motion Picture Arts and Sciences (AMPAS)

Progetto architettonico Renzo Piano Building Workshop in collaborazione con Gensler e SPF:a

Team di progetto M. Carroll, S.Scarabicchi (partners in charge), L. Priano (associate in charge), D. Hammerman, J. Jones K. Joyce, con S. Casarotto, E. Donadel, S. Ishida (partner), M. Matthews, P. Pelanda, T. Perkins, E. Trezzani (partner) e con N. Cheng, G. Dattola, E. Ludwig, B. Ruswick, H. Travers, A. Zambrano; F. Cappellini, I. Corsaro, D. Lange, F. Terranova (modelli)

Progetto esecutivo Gensler Progetto di allestimento wHY architecture Progetto strutture e impianti Buro Happold Progetto delle facciate Knippers Helbig Consulente per il teatro e l’acustica Arup North America

Acustica, audio-video Jaffe Holden Illuminazione Fisher Marantz Stone Prevenzione incendi Exponent, Simpson Gumpertz & Heger

Sostenibilità Atelier Ten, Transsolar Restauro edificio storico Simpson Gumpertz & Heger, John Fidler Preservation Technology

Project manager Paratus Group Cronologia 2012/2015 (progetto) - 2015/2020 (cantiere) - settembre 2021 (inaugurazione)


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Prospetto frontale dello Sphere. Sotto, la copertura in vetro Saint-Gobain della terrazza è retta da una griglia di montanti secondari e rinforzi che poggiano su un telaio strutturale di tubi d’acciaio curvi (ph. ©Nic Lehoux).

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Nigel Ryan (Auckland, 1961, nella foto con Richard Meier) si è laureato all’Università di Auckland. Lighting designer libero professionista, collabora con Meier dal 1993.

LA LUCE DELL’ARA PACIS CONDOTTO SECONDO IL CONCEPT ORIGINALE DI RICHARD MEIER, IL RELAMPING DI ERCO VALORIZZA IL MONUMENTO, CONFERISCE DINAMICITÀ AGLI SPAZI DELLE ESPOSIZIONI TEMPORANEE E RIDUCE DELL’85 PER CENTO IL FABBISOGNO ENERGETICO

Avviato nel 1997 sotto la giunta Rutelli e inaugurato nel 2006 dall’allora sindaco Walter Veltroni, il progetto di Richard Meier per il Museo capitolino dell’Ara Pacis – in sostituzione della ‘teca’ di Vittorio Ballio Morpurgo costruita nel 1938 – fu il primo grande intervento architettonico attuato nel centro storico di Roma dai tempi del fascismo. In vetro, acciaio, travertino e stucco, preceduto da una scenografica fontana che seguendo l’inclinazione del sito crea uno spazio di quiete tra il monumento e il traffico della capitale, il museo contiene e protegge la ricostruzione dell’altare eretto da Augusto nel 9 a.C. alla dea della Pace a suggello delle vittorie militari [ 50 ]

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che diedero vita all’impero romano. La luce naturale proveniente dalle vetrate delle pareti laterali e dal lucernario si concentra sull’altare, al centro dell’ambiente principale alto 12,50 metri, e interagisce – grazie ai sensori e a un controllo tramite Casambi Bluetooth – con il sistema illuminotecnico messo a punto da Erco. Nigel Ryan, lighting designer del progetto originario, ha curato oggi il relamping dell’intero museo. Avviato nel 2019 e condotto in accordo con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, il nuovo intervento conserva il concept iniziale di Meier e di Klaus-Jürgen Maack, lo storico

amministratore delegato di Erco, basato sull’idea di ‘contrasto positivo’: livelli di luminosità diversi per stabilire gerarchie di percezione tra le opere esposte e lo spazio architettonico e uso di temperature di colore diverse per enfatizzare tale contrasto. L’ambiente intorno all’Altare della Pace è dotato di un’illuminazione generale con tonalità di luce bianco caldo, mentre il monumento viene messo nettamente in risalto dall’illuminazione orientata con tonalità di luce bianco neutro. Nello specifico, faretti Parscan (Led 24W), con tonalità di luce bianco caldo e distribuzione della luce spot (16°) si occupano dell’illuminazione generale, mentre l’altare è illuminato


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L’esterno della teca di Meier, dove si svolgono anche esposizioni temporanee, e dettaglio del registro superiore del lato nord del recinto (ph. ©Marcela Schneider Ferreira, courtesy Erco).

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da faretti Parscan (Led 8W) montati su binari con tonalità di luce bianco neutro da 4000K e distribuzione della luce narrow spot (6°). L’illuminazione d’accento orientata dà vita a un gioco pieno di carattere tra luci e ombre sui ricchi rilievi di marmo e dona plasticità e profondità alle figure rappresentate. Prima della sala principale, altri faretti da 8W con distribuzione della luce narrow spot (6°) disegnano fasci luminosi precisi sui busti della dinastia Giulio-Claudia che accompagnano il percorso. L’efficacia delle nuove soluzioni a Led si nota anche nel volume delle scale che conducono al piano di via di Ripetta, dove i reperti archeologici esposti sono illuminati efficacemente da un’altezza di ben 16 metri. Il nuovo intervento – sostenuto finanziariamente da Bulgari – ha reso inoltre più dinamici gli spazi espositivi temporanei, con downlight orientabili su binario che li rendono facilmente adattabili alle diverse esigenze espositive, come si è potuto osservare nell’allestimento di ‘Radici’, la mostra fotografica di Joseph Koudelka dedicata ai siti archeologici del Mediterraneo recentemente conclusa. Complessivamente, la nuova luce del museo dell’Ara Pacis oggi conta 218 corpi illuminanti a Led per una potenza impegnata di soli 8,4 kW, mentre l’impianto precedente raggiungeva i 57 kW, con un risparmio di energia dell’85 per cento

Sopra, vista verso l’ingresso dell’ambiente centrale. A destra dettaglio del soffitto, a oltre 12 metri di altezza. Sotto, lo spazio espositivo al piano di via di Ripetta. A sinistra, la luce illumina i busti della famiglia GiulioClaudia (ph. ©Marcela Schneider Ferreira, courtesy Erco).

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› LUOGHI DELLA CULTURA

CASA MUSEO PALAZZO MAFFEI, VERONA

MISE EN SCÈNE DI UNA COLLEZIONE ARCHITETTURA, ARCHITETTURA D’INTERNI, EXHIBIT DESIGN, ALLESTIMENTO. UN PROGETTO UNITARIO CONDOTTO DALLO STUDIO BALDESSARI E BALDESSARI TRASFORMA UNO DEI PIÙ IMPORTANTI PALAZZI DI VERONA NEL PERCORSO ESPOSITIVO DI UN’ECLETTICA COLLEZIONE D’ARTE, DALL’ANTICHITÀ AI NOSTRI GIORNI

Con un complesso progetto lo studio Baldessari e Baldessari ha trasformato Palazzo Maffei, straordinaria ‘quinta’ scenica di Piazza Erbe nel centro storico di Verona, in un’opera d’arte totale dove architettura e allestimenti espositivi coincidono, adeguando gli ambienti alla narrazione curatoriale – affidata a Gabriella Belli, direttrice del Muve, il sistema dei musei civici di Venezia – del patrimonio della collezione Luigi Carlon che comprende dipinti, sculture, mobili, ceramiche, monili dal Trecento a oggi e che include anche commissioni site specific. All’intervento di restauro, dalle facciate al consolidamento dei solai a volta e dei piani in legno, fino all’adeguamento funzionale degli impianti, ha fatto seguito il progetto di interni, con la riapertura di originari passaggi tra sala e sala per dare vita a un percorso organico ad anello senza soluzione di continuità. Il progetto ha riguardato anche la sostituzione [ 54 ]

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di pavimenti incongrui non originali con nuovi pavimenti, parte in terrazzo alla veneziana e parte in legno di rovere; la realizzazione di rivestimenti parietali con boiserie in gesso, in metallo e in tessuto; la scansione delle tinte e dei colori delle pareti delle varie sale e un accurato progetto illuminotecnico, generale per l’edificio e mirato per le singole sale e opere esposte. Infine, sono stati disegnati e realizzati su misura arredi, complementi e supporti atti ad accogliere i pezzi in esposizione. Il percorso è caratterizzato da una scansione di tinte delle pareti dai colori decisi: blu carta da zucchero intenso per il salone d’ingresso, rosLa facciata di Palazzo Maffei su Piazza Erbe. In alto, contaminazioni di epoche con Omage to the Square di Josef Albers (a sinistra) e un Tondo del 1958 di Antonio Sanflippo a destra (ph. ©Paolo Riolzi).


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Sotto, un bozzetto di studio di Baldessari e Baldessari. A destra, Contrappunto Semplice, opera in acciaio inox di Fausto Melotti, al centro della sala alle cui pareti sono esposte due opere di Alberto Burri e un Concetto Spaziale del 1961 di Lucio Fontana. Sotto, l’effigie in marmo di Marco Aurelio osserva i Gladiatori di Giorgio De Chirico. Tra le due opere intercorrono 16 secoli (ph. ©Luca Rotondo).

so carico per le prime sale, ancora un innesto blu di tonalità calda per il tessuto Rubelli a disegno oro che riveste la stanza salotto. In successione poi, un’eclettica sala dai toni bianco gesso ricca di un impianto decorativo di gusto roccaille alle pareti che accoglie ceramiche di straordinaria fattura e che precede una piccola wunderkammer allestita per un gruppo di sculture policrome in legno. Questa prima successione di sale introduce la seconda manica del piano nobile, che raccogliere il capitolo del Novecento con capolavori del futurismo in dialogo con la metafisica di De Chirico, il realismo magico di Morandi e poi ancora i pezzi di Duchamp, Magritte, Picasso, Vedova, Fontana, Burri, De Dominicis in un dispositivo allestitivo costituito da pareti bianche con inevitabili innesti di fondi neri. Riprendendo la scala elicoidale dell’ingresso si giunge poi alle nove sale del secondo piano dedicate all’arte contemporanea, con opere site

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› LUOGHI DELLA CULTURA

Baldessari e Baldessari Con sedi a Milano e Rovereto, lo studio fondato da Michela, Paolo (nella foto) e Giulio Baldessari opera in architettura, architettura d’interni, industrial e visual design. Pluripremiato, nel 2020 lo studio ha ricevuto una menzione d’onore al XXVI Compasso d’Oro per il progetto di exhibit design della mostra ‘Epoca Fiorucci’ allestita alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia. Oltre alla collaborazione con numerose aziende come Riva 1920, De Castelli, Filippi 1971, cc-tapis e altre, lo studio ha in corso progetti di architettura, di restauro e di interni sia pubblici sia privati. www.baldessariebaldessari.it

CREDITI Località Verona Committente Palazzo Maffei Casa Museo Progetto di restauro, architettonico e allestitivo Baldessari e Baldessari

Direzione artistica Baldessari e Baldessari Lighting Design Interni Claudio Cervelli Direzione Lavori Mosconi Alessandro Ingegnere Curatela museografica Gabriella Belli Pavimenti battuto alla veneziana Laboratorio Morseletto

Pavimenti in legno Fiemme Tremila Pavimenti in resina HD Surface Illuminazione Erco iIluminazione Opere arredo metalliche e serramenti Tomellini Rivestimenti in tessuto e tende Rubelli Cronologia 2017-2021

Accanto, Tempo Globale, 1991, scultura in acciaio di Eliseo Mattiacci. Sopra, pianta del primo piano. In alto, sulla parete di fondo l’olio di Mario Sironi Composizione di Paesaggi (ph. ©Luca Rotondo).

ERCO

Il progetto illuminotecnico Curata dal lighting designer Claudio Cervelli (claudiocervelli.com) e sviluppata in accordo con lo studio Baldessari e Baldessari, l’illuminazione degli interni si basa sull’uso di binari elettrificati bianchi o neri, spesso celati nei controsoffitti o sospesi di 10 cm tra un trave e l’altro negli ambienti con soffitto a trave, su cui corrono faretti a Led Optec 12W di Erco. La temperatura colore scelta – 3500K – è

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adeguata a illuminare sia opere antiche sia moderne. La disponibilità di ottiche intercambiabili e il dimmer interno dei faretti Erco hanno consentito di regolare i gradi di apertura del fascio luminoso realizzando un’illuminazione ‘teatrale’, ben concentrata e con il minimo effetto alone, anche negli ambienti in cui la scarsa altezza avrebbe altrimenti reso difficile illuminare in maniera ottimale le opere.


› LUOGHI DELLA CULTURA

specific e project room frutto di inviti coerenti con il progetto curatoriale. Anche qui è stato sviluppato un impegnativo progetto di exhibit integrato, con una messa in scena costruita sulla scansione di una palette cromatica di tinte decise alle pareti e cambi materici di finiture che dialogano con pavimenti originali in terrazzo alla veneziana e con gli apparati pittorici presenti a parete e soffitto e riportati all’antica bellezza. Celati nell’architettura, climatizzazione, filtrazione dell’aria, controllo di temperatura e

umidità, impianti speciali e di controllo sicurezza gestiti anche da remoto, impianti scenici e illuminotecnici garantiscono un livello di efficienza e comfort altamente prestazionale atto a soddisfare tutti i protocolli internazionali in uso e più attuali. Il piano dispone anche di una sala conferenze che regala magnifiche viste su Piazza Erbe, corso sant’Anastasia e portone Borsari, antico decumano della città. Lo spazio è attrezzato con una zona rialzata a palcoscenico adatta anche per attività teatrali

Pareti nere per la teca che accoglie Cloud, 2016, di Leandro Erlich, e Il saluto dell’amico lontano dipinto un secolo prima da Giorgio De Chirico. Sotto, tre opere degli anni Cinquanta/Sessanta di Alberto Burri (a sinistra), Marino Marini (al centro) e Leoncillo Leonardi a destra (ph. ©Paolo Riolzi).

FIEMME TREMILA I mille metri quadrati dell’esposizione museale al piano nobile di Palazzo Maffei sono stati pavimentati in Rovere Riflesso Fiemme Tremila, senza nodi e spazzolato. Le tavole di grandi dimensioni – 240 mm di larghezza – sono disposte a correre, come era usanza al tempo in cui l’edificio fu costruito. Attraversando le sale si sperimenta una sorta di simbiosi tra il pavimento e le opere. Il legno assorbe le atmosfere e le suggestioni di ogni ambiente e anche la sua apparenza si trasforma camaleonticamente: nelle sale dedicate alla pittura rinascimentale e barocca assume un aspetto patrizio, solenne; in quelle destinate all’arte contemporanea diventa un elemento di design minimale in piena coerenza con lo spirito dell’ambientazione. www.fiemmetremila.it

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› LUCE

Jacopo Acciaro Jacopo Acciaro si laurea in architettura al Politecnico di Milano. Collabora per alcuni anni con Piero Castiglioni prima di fondare Voltaire Lighting Design, uno studio professionale che si occupa di progetti di illuminazione per l’architettura, l’interior e l’urbanistica, oltre a progettare corpi illuminanti custom made. www.voltairedesign.it [ 58 ]

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Come si può immaginare, la progettazione illuminotecnica finalizzata alla percezione dell’opera d’arte è molto complessa e si sviluppa all’interno di un processo in cui l’uomo, con le sue esigenze e caratteristiche, diventa l’elemento di riferimento che viene trasportato in un percorso esperienziale dai molteplici risvolti. Molti studi e ricerche testimoniano come la conoscenza tecnica della materia luce debba essere declinata secondo diverse sfaccettature per garantire la completa sinergia tra architettura, opera e fruitore. A tal riguardo mi piace ricordare la figura di Richard Kelly quale pioniere di un approccio rivolto


› LUCE

LA PROGETTAZIONE ILLUMINOTECNICA SI È SEMPRE INTRECCIATA CON IL MONDO DEGLI ALLESTIMENTI ESPOSITIVI, RICOPRENDO UN RUOLO FONDAMENTALE E DI GRANDE RESPONSABILITÀ. L’AMBITO MUSEALE TROVA NELLA LUCE UNO STRUMENTO PER COMUNICARE LA PROPRIA ESPRESSIONE E LA PROPRIA IDENTITÀ CONSENTENDO DI INSTAURARE UN PRECISO RAPPORTO TRA OPERA E FRUITORE. LA LUCE PUÒ ESSERE CONSIDERATA UN ELEMENTO COMPOSITIVO DELL’OPERA D’ARTE IN GRADO DI GENERARE ESSA STESSA SUGGESTIONI ED EMOZIONI

LA LUCE NELL’ARCHITETTURA DEGLI ALLESTIMENTI MUSEALI di Jacopo Acciaro

alla progettazione illuminotecnica qualitativa declinata secondo le diverse funzioni; le tre definizioni coniugate da Richard Kelly, “luce per vedere - luce per guardare - luce per osservare”, se correttamente bilanciate trovano la loro massima espressione ed efficacia proprio nell’ambito museale. Personalmente trovo che questo segmento dell’architettura sia estremamente interessante in quanto necessita di grandi conoscenze illuminotecniche che devono essere messe al servizio dell’opera per restituirne una lettura al fruitore; inoltre molteplici fattori, quali le caratteristiche dell’opera stessa, l’intento del

curatore, l’architettura che accoglie l’allestimento ne influenzano la lettura rendendo il tema di non facile gestione. Il mio approccio parte da uno studio approfondito dell’opera da illuminare e sfocia nella necessità di mantenere un atteggiamento il più possibile neutro per non alterare l’essenza dell’opera stessa con eventuali interpretazioni. Attualmente la tecnologia a Led è in grado di fornire soluzioni tecniche molto precise e variegate che possono anche offrire differenti interpretazioni dello stesso tema espositivo: le ottiche e la composizione spettrale dell’emissione luminosa

Sopra, la mostra Dentro Caravaggio, Palazzo Reale, 2017/2018, Milano. Progetto espositivo e grafico dell’allestimento: Studio Cerri &Associati. Progetto di illuminazione: Barbara Balestreri Lighting Design, Barbara Balestreri con Lisa Marchesi (ph. ©Pier Paolo Cedaro).

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› LUCE

hanno raggiunto standard molto elevati e soprattutto consentono una quasi infinita quantità di combinazioni. Rimanendo fedele al mio approccio ‘neutro’ spesso sono portato a optare per soluzioni con standard qualitativi assoluti; di conseguenza ricerco l’utilizzo di emissioni luminose orientate a restituire in maniera più fedele possibile i colori, le tonalità e la tridimensionalità dell’opera stessa. Scelgo emissioni luminose il più equilibrate possibile dove tutti i parametri inerenti gli aspetti qualitativi (temperatura colore, indice di resa cromatica CRITM-30, consistenza cromatica Scdm, fattore di danneggiamento, etc.) siano in grado di interagire con i colori dell’opera in maniera sinergica. Laddove l’approccio illuminotecnico prevede una distribuzione della luce proiettiva mi piace sempre pensare a soluzioni molto soft, con i margini luminosi intorno all’opera molto sfumati e leggeri, per trasmettere una sensazione di delicatezza e di rispetto verso l’opera. Un altro aspetto molto importate è il posizionamento dei corpi illuminanti, per definire la provenienza della luce controllando gli abbagliamenti e le luminanze dirette e riflesse. Spesso punto ad assecondare e dare forza alla luce propria dell’opera seguendo con il fascio luminoso la luce stessa del quadro, cercando di far sprigionare luminosità dall’opera e dal suo soggetto: un desiderio di riprendere la maestria dell’artista e di valorizzarne l’interpretazione. Un esempio molto interessante, in sintonia con l’approccio sopra descritto, è rappresentato dal progetto illuminotecnico sviluppato da Barbara Balestreri, una dei lighting designer più brillanti in Italia, scomparsa purtroppo troppo presto,

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e dal suo studio BBLD-Barbara Balestreri Lighting Design, per la mostra Dentro Caravaggio realizzata a Palazzo Reale a Milano. Qui la luce artificiale dà forza alla tridimensionalità messa in mostra dalla maestria del pittore grazie all’uso dei chiaroscuri, cercando sempre di far corrispondere i flussi luminosi con la direzione della luce delle opere e integrandola con ‘aure’ luminose che sembrano espandersi dalla tela proiettando il fruitore nelle atmosfere Caravaggesche in maniera coinvolgente e suggestiva.

Altre immagini del progetto di illuminazione dello studio Barbara Balestreri Lighting Design con Lisa Marchesi per la mostra Dentro Caravaggio (ph. ©Pier Paolo Cedaro).


› LUCE

Trovo questa tecnica, orientata a far emergere la luminosità dell’opera, molto naturale e di grande coinvolgimento anche se non sempre condivisa dai curatori, in quanto i flussi luminosi coinvolgono, oltre alla tela, anche altre superfici dell’allestimento. Esiste una tecnica che controlla le geometrie dei flussi attraverso strumenti di sagomazione che consentono di distribuire la luminosità in maniera precisa sulle dimensioni del quadro. Questa soluzione illumina la tela restituendo la suggestione percettiva che sia l’intera tela stessa ad emettere luce e non il soggetto dell’opera; non sempre però, a mio parere, questa soluzione è efficace in quanto può risultare poco naturale, con una distribuzione dei flussi luminosi uniforme ma piatta. In aggiunta a quanto sopra descritto si possono incontrare nello sviluppo del progetto illuminotecnico alcune variabili che dipendono dalle caratteristiche specifiche delle singole opere (dimensioni del quadro, tipologia materica dell’opera, tridimensionalità delle pennellate, presenza di cornici o superfici di protezione) che aumentano notevolmente la complessità tecnica da affrontare e gestire. All’illuminazione proiettiva e più puntuale dell’opera si contrappongono soluzioni orientate a far lavorare la luce in maniera più uniforme sulle superfici espositive; i flussi luminosi vengono quindi distribuiti al fine di creare sull’intera superfice una base luminosa uniforme nei valori di illuminamento e nelle tonalità di colore. Questo approccio rende l’allestimento molto flessibile e libero da vincoli; l’opera, che sia piccola o grande, risulterà sempre ben illuminata, indipendentemente dal suo posizionamento. Spesso troviamo questa soluzione

abbinata ad allestimenti di arte contemporanea dove le dimensioni e le caratteristiche delle opere, sovente tridimensionali, poco si presterebbero ad un’illuminazione puntuale e precisa. Il progetto illuminotecnico per questi allestimenti prevede una soluzione definita a wall washer (lavaggio di luce di una superficie) con apparecchi caratterizzati da una distribuzione dei flussi luminosi asimmetrica con intensità luminosa massima di 10°-15° rispetto alla verticale. Una soluzione che a volte si accompagna a intere superfici a soffitto retroilluminate, che enfatizzano molto la distribuzione diffusa della luce nell’ambiente espositivo. ‘Luce per vedere’, come suggeriva Richard Kelly, che ricrea la sensazione di trovarsi sotto lucernari aperti verso l’esterno, a simulare una percezione di luce naturale sempre molto suggestiva ed efficace.

In questa pagina, Saatchi Gallery, Duke of York’s Hq, Londra: architettura Alfred Hall Monaghan Morris; lightbox e wall washer Erco (ph. Rudi Meisel, courtesy Erco).

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› LUCE

Un altro aspetto molto affascinante negli allestimenti è l’uso della luce attraverso la proiezione dinamica di immagini, testi o suggestioni. Un concetto di allestimento in cui la luce diventa uno strumento di comunicazione che interagisce con il fruitore guidandolo in una dimensione esperienziale suggestiva e coinvolgente. Ho potuto approfondire questo tema con l’allestimento del Museo del Palladio a Vicenza curato dall’architetto Alessandro Scandurra, in cui le opere del grande architetto rinascimentale vengono disvelate in modo molto efficace attraverso un percorso narrato e illustrato anche con proiezioni di video e testi esplicativi. Un progetto complesso che ha richiesto

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lo sviluppo di differenti temi illuminotecnici quali la valorizzazione del contesto architettonico, la messa in luce di modelli e scritti dello storico e l’uso della luce nella narrazione interattiva e scenografica del percorso espositivo. Nel chiudere questo percorso nel mondo degli allestimenti mi piace citare l’esperienza vissuta per lo spazio espositivo Ca’ Scarpa a Treviso, progettato da Tobia Scarpa in memoria del padre Carlo. Un luogo dove si respira la grande cultura che queste due figure continuano a lasciare al mondo dell’architettura contemporanea; una cultura e un’eredità straordinarie, valorizzate anche dall’elemento luce

Sopra e nelle due immagini in alto e al centro della pagina di destra, museo del Palladio, Vicenza. Progetto espositivo: Scandurra Studio Architettura.Progetto di illuminazione: Voltaire Lighting Design (ph. ©Beppe Raso).


› LUCE

A destra, museo Ca’ Scarpa, Treviso. Progetto espositivo: architetto Tobia Scarpa. Progetto di illuminazione: Voltaire Lighting design (ph. ©Marco Zanta).

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› LUOGHI DELLA CULTURA Alumni del Politecnico Sviluppato da Ottavio Di Blasi, il progetto del nuovo Campus di Architettura nasce da un’idea di Renzo Piano che sei anni fa donò alcuni bozzetti al Politecnico e alla città di Milano. «Con Renzo Piano ci si capisce al volo – ha detto Ottavio Di Blasi il giorno dell’inaugurazione – i molti progetti fatti assieme rendono tutto più facile: parliamo la stessa lingua e bastano poche parole per intendersi. È stato emozionante trovarsi insieme e vedere il lavoro completato esattamente come l’avevamo immaginato» Sia Piano sia Di Blasi si sono laureati qui.

Sezione del laboratorio modelli in uno schizzo di Renzo Piano. A destra, la pensilina fotovoltaica del laboratorio (ph. ©Daniele Domenicali). Sotto, il nuovo parterre (ph. ©Matteo Bergamini).

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› LUOGHI DELLA CULTURA

CAMPUS DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO DI MILANO

UN RIORDINO CULTURALE INAUGURATO A GIUGNO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, IL NUOVO CAMPUS DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO DI MILANO CHE NASCE DA UN’IDEA DI RENZO PIANO CONFERISCE QUALITÀ AMBIENTALE AL COMPLESSO. DAL PROGETTO, SVILUPPATO DA OTTAVIO DI BLASI, TRARRÀ BENEFICIO L’INTERA CITTÀ STUDI

Negli ultimi sessant’anni, con la crescita del numero di iscritti, il complesso della facoltà di architettura del Politecnico di Milano si era sviluppato in maniera disordinata e conservava quell’impostazione estranea alla città – che nel frattempo le era cresciuta attorno – che caratterizzava la fondazione di Città Studi. Edifici di forte impronta autoriale – tra tutti quelli di Vittoriano Viganò e Gio Ponti – erano circondati da spazi e costruzioni occasionali e ‘di servizio’ tipici di ogni complesso in costante evoluzione, privi di qualità ambientale. In altre parole un compound chiuso – tranne che a ovest, verso via Ampère – che il concept di Renzo Piano, trasformato in progetto di architettura e reso esecutivo da Ottavio Di Bla-

si, oggi fa diventare un campus universitario aperto alla città. Prima ancora degli interventi architettonici preme infatti rilevare il valore urbanistico dell’intervento, con la messa a dimora di nuovi alberi, la nascita di una sorta di nuova piazza collegata a via Bonardi e la futura pedonalizzazione della stessa, con il tram che attraverserà il campus. L’architettura, dicevamo: la specificità consiste qui nella concezione unitaria di spazi aperti e ambienti chiusi, tutti – esterno e interni – funzionali alle attività formative. Non già forme iconiche come il ‘trifoglio’, che il progetto libera da quanto era cresciuto loro intorno, valorizzandone la presenza, quanto un ambiente vario e gradevole, con spazi aperti attrezzati,

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› LUOGHI DELLA CULTURA

Ottavio Di Blasi - ODB & Partners Laureato nel 1980 al Politecnico di Milano, tra il 1979 e il 1990 Ottavio Di Blasi è stato uno dei più stretti collaboratori di Renzo Piano e dal 2015 è uno dei tutor del gruppo G124, promosso da Piano nella sua veste di senatore a vita. Dopo l’esperienza dello studio associato fondato nel 1991, dal 2010 opera come Ottavio Di Blasi - ODB & Partners. Caratteristica costante del suo metodo di lavoro è la sintesi tra approccio tecnologico-costruttivo e visione umanistica: ogni progetto è visto come un compendio tra questioni tecniche, economiche e socioculturali. Lo studio opera a livello internazionale alla scala del masterplan, dell’architettura e degli allestimenti espositivi. Professore a contratto alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, nel 2017 Ottavio Di Blasi ha collaborato con l’agenzia della Presidenza del Consiglio “Casa Italia” per la promozione della sicurezza del patrimonio edilizio italiano. www.odb.it

Planimetria e vista a volo d’uccello dell’area di via Bonardi e piazza Leonardo da Vinci. Nella pagina a destra, il nuovo edificio didattico, un volume leggero e trasparente di 4 piani con ballatori esterni e lame frangisole metalliche (ph. ©Daniele Domenicali).

riparati e vivibili dove è possibile sostare e studiare per molti mesi all’anno. Se vogliamo, per usare un termine praticato da Piano, un’operazione di ‘ricucitura’ resa evidente dalla coerenza della griglia e dei materiali adottati. Nel progetto convivono demolizioni – il cosiddetto ‘sottomarino’ e la passerella aerea che conduceva al primo livello del ’trifoglio’ – nuove costruzioni e la riqualificazione, a cura di Aegis e con la direzione lavori dell’area tecnico-edilizia del Politecnico, di due edifici storici. A sud, verso gli edifici della facoltà di ingegneria, l’intera area di intervento si trova al di sotto della quota stradale. Qui è stato costruito il nuovo laboratorio modelli: un edificio leggero, che si protende verso la corte aperta con una grande pensilina vetrata con fotovoltaico integrato e la cui copertura, che si eleva alla quota della strada, dà vita a una nuova piaz[ 66 ]

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L’Università e la città Una cittadella della scienza separata dalla città: così nacque, più di un secolo fa, il distretto milanese di Città Studi. Una separazione smentita nei fatti, dal ruolo attrattivo svolto dalla ricerca che produsse la nascita di Istituti clinici di grande competenza – come l’Istituto dei Tumori e il Neurologico Carlo Besta – e dalla crescita urbana del Novecento. La città, e i servizi direttamente collegati all’attività universitaria, come la casa albergo di Luigi Moretti in via Bassini, sono cresciuti intorno alle palazzine neoclassiche

e agli edifici modernisti con un processo di osmosi che l’imminente trasferimento delle facoltà scientifiche dell’Università Statale nel nuovo distretto di MIND rischiava di arrestare. Anche per questo l’operazione del campus di architettura di via Bonardi possiede un rilievo urbano che va oltre le esigenze didattiche e si propone come paradigma di un nuovo – e in fondo antico: storicamente le università nascono nel cuore della città – sistema di relazioni tra il quartiere, i ricercatori e gli studenti.


› LUOGHI DELLA CULTURA

TECNOMONT SERVICE Tecnomont Service è stata scelta per l’ingegnerizzazione, la fornitura e la posa in opera delle facciate continue e delle pensiline vetrate, complete di fotovoltaico, dei nuovi edifici del campus. Sia per il laboratorio modelli sia per il nuovo edficio didattico pluripiano l’azienda di Paolo Locatelli ha ingegnerizzato un sistema di facciata continua a nastri orizzontali con montanti realizzati ‘custom’ da Schüco, di 42 mm di spessore, sufficienti per sostenere il vetraggio conservando l’uniformità visiva ricercata dal progetto architettonico dell’insieme. Le aule dell’edificio didattico sono dotate – nell’intercapedine della vetrocamera – di un sistema di schermatura della luce a lamelle in alluminio con finitura bassoemissiva ad azionamento motorizzato. L’accesso della luce è mitigato anche dalle lesene verticali in acciaio agganciate ai ballatoi esterni, che conferiscono all’edificio il suo distintivo carattere formale. www.tecnomontservice.com

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› LUOGHI DELLA CULTURA

In queste pagine, altre viste del laboratorio modelli e del parterre alberato (ph. ©Daniele Domenicali). A destra, una vista dell’interno, con i condotti di aspirazione delle polveri della falegnameria.

za aperta su via Bonardi. Proseguendo verso ovest nella corte, punteggiata di alberi, arbusti e panche dove lavorare e studiare all’aperto, si raggiunge il nuovo edificio didattico: un volume vetrato di quattro livelli – è stato concepito volutamente basso, per non sovrastare gli storici edifici autoriali che caratterizzano il campus – che i ballatoi esterni e le lame frangisole metalliche verticali rendono aereo e leggero come il resto degli interventi. Un altro aspetto notevole del progetto risiede nel ruolo assegnato alla tecnologia dei materiali. Nulla è casuale nelle scelte esecutive, così che il termine ‘innovazione’ assume un significato concreto e conferisce qualità architettonica e ambientale all’intervento: travi e colonne del medesimo ridotto spessore, come anche le travi a induzione ‘Inducool’ del siste[ 68 ]

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ma di climatizzazione a soffitto, profili dei serramenti di spessore minimo, solai in X-Lam, pannelli in cemento di spessore ridotto – solo 15 mm – Uhpc Cladia ‘Ductal inside’ (prodotti da Zanette con cemento LafargeHolcim) per i rivestimenti esterni e le scale, pavimentazioni flottanti, un sistema di aspirazione evoluto per il laboratorio modelli. Il progetto degli interni è stato improntato alla massima flessibilità, con un sistema modulare di tavoli di diverse dimensioni aggregabili tra loro per mezzo di giunti magnetici. Disegnati da Ottavio Di Blasi e prodotti da Ares Line, i tavoli su misura ‘Poli’ sono anche ripiegabili. Dal punto di vista ambientale, il progetto del nuovo Campus risponde a una filosofia di integrazione ambientale e energetica globale che punta sull’integrazione degli elementi naturali

più che su una ricerca delle prestazioni energetiche in assoluto. L’illuminazione naturale, gli ombreggiamenti, il rapporto tra il verde e gli spazi di studio sono aspetti fondativi del progetto. L’energia necessaria proviene da un unico circuito di tri-generazione che fornisce calore ed energia all’intero Politecnico: ogni edificio dispone di tre scambiatori di calore Mitsubishi Electric che si appoggiano all’anello di distribuzione. Da notare che in inverno il riscaldamento è un sottoprodotto a costo prossimo allo zero dell’acqua di raffreddamento della turbina dedicata alla produzione di energia elettrica. Nel periodo estivo interviene un sistema basato su pompe di calore geotermiche alimentate da acqua di falda (adottate anche per il riscaldamento nel solo caso del ristrutturato ‘Trifoglio’)


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CREDITI Committente Politecnico di Milano Progettazione architettonica e integrata Ottavio Di Blasi - ODB & Partners

Responsabile della progettazione Ottavio Di Blasi Progetto delle strutture Milan Ingegneria Progetto degli impianti Tekne spa Progetto di paesaggio Studio Giorgetta RUP Riccardo Licari (ATE Politecnico di Milano) Contractor Consorzio Integra Impresa edile generale Cmsa Impianti meccanici Arco Lavori - Gianni Benvenuto Sistema impiantistico teleriscaldamento e geotermia (solo Trifoglio); pompe di calore Mitsubishi Electric a marchio Climaveneta; distribuzione mediante travi a induzione Kiefer

Facciate continue e pensiline Tecnomont Service Serramenti Schüco Pavimentazioni e rivestimenti Zanette Pannelli Uhpc Zanette Pannelli acustici LignoAkustik Carpenterie metalliche Sacif - MAP Arredi Ares Line (tavoli magnetici ‘Poli’ su disegno di Ottavio Di Blasi) - True Design - Infiniti

Illuminazione iGuzzini Nuova superficie costruita 4.200 mq Superficie aree aperte 8.000 mq Nuovi alberi 130 Importo delle opere 15.065.000 euro Cronologia 2018-2021 [ 70 ]

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Sopra, vista Est del campus. La copertura del laboratorio configura una nuova piazza alberata (ph. ©Enrico Cano). Sotto, la nuova aula magna realizzata all’interno dell’edificio di Gio Ponti (ph. courtesy Ares Line).


› LUOGHI DELLA CULTURA

Sopra, il progetto ha previsto la messa a dimora di 130 alberi (ph. ©Matteo Bergamini). Sotto, per le aule Ares Line ha realizzato tavoli su misura disegnati da Ottavio Di Blasi, con agganci magnetici che consentono di riconfigurare rapidamente il layout.

ARES LINE Le aule dell’edificio Trifoglio e quelle polivalenti del nuovo edificio B di Architettura sono gli spazi allestiti da Ares Line per il rinnovato Campus Leonardo del Politecnico di Milano. Le grandi aule a forma di ventaglio sono arredate con Omnia Evolution: un banco studio versatile con tavolo antipanico ribaltabile dotato di canalizzazione per rete elettrica e rete dati. Al primo piano con sedili e schienali in faggio a vista, all’ultimo rivestiti in laminato bianco. Sempre all’ultimo piano, nella grande Aula Magna che prende forma all’occorrenza dall’unione delle aule prospicenti e dell’atrio, sono disposte 300 poltrone Papillon, richiudibili e polifunzionali, in vinile bianco. Per i docenti sono state scelte le sedute Aira, con monoscocca bianca e cuscino rivestito, braccioli e base cromata a 5 razze, e i tavoli ribaltabili Poli, un progetto dell’architetto Di Biasi, con un innovativo sistema di agganci calamitati per composizioni modulari complanari. www.aresline.com

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› LUOGHI DELLA CULTURA

Gli arredi di serie della biblioteca Alda Merini sono di Pedrali. Alle sedie e poltrone Babila, con scocca in polipropilene e struttura in tubo d’acciaio scelte per i tavoli di studio e la sala conferenze del primo piano si affiancano le versioni Comfort della medesima collezione disegnata da Odo Fioravanti. Babila Comfort è caratterizzata da un’ampia scocca imbottita in schiumato poliuretanico. Disposte intorno a tavolini Ypsilon (design Jorge Pensi) creano informali e rilassanti aree di lettura, di incontro e di socializzazione. [ 72 ]

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› LUOGHI DELLA CULTURA Alterstudio Partners Fondata a Milano nel 2006, la società opera nel campo della progettazione architettonica, urbanistica e del verde, utilizzando dove possibile metodologie e strategie di progettazione partecipata. Ai fondatori Marco Muscogiuri e Matteo Schubert si sono associate Micaela Bordin e Camilla Pravettoni. Alterstudio Partners realizza progetti per committenti pubblici e privati approfondendo in special modo i temi inerenti gli edifici per la cultura, gli spazi pubblici e l’edilizia residenziale. Sviluppa inoltre progetti a carattere culturale e di ricerca curandone contenuti, comunicazione e esposizione. www.alterstudiopartners.com

Sopra e a sinistra due immagini del piano terra. A destra lo spazio polivalente. Con arredi custom e di serie, il progetto di interni si è inserito nel fit-out preesistente. Gli impianti sono a vista (ph. ©Andrea Badoni).

CREDITI Committente Comune di Robecchetto con Induno

Sistema bibliotecario Fondazione per Leggere

Progetto distributivo, funzionale e degli arredi Alterstudio Partners Arredi di serie Pedrali Lampade aggiuntive Linea Light Slp 550 mq Importo dell’intervento 92.000 euro

BIBLIOTECA ALDA MERINI, ROBECCHETTO CON INDUNO

CULTURA E SOCIALITÀ FAVORIRE LA CRESCITA CIVILE DELLA COMUNITÀ CON UN BUDGET LIMITATO ATTRAVERSO UN PROGETTO DI ARREDI ACCOGLIENTE E INTELLIGENTE

Tra le finalità dello statuto, il Comune di Robecchetto con Induno – nel Parco del Ticino – cita “la crescita civile della comunità, con particolare riguardo all’infanzia, alla formazione culturale e agli altri bisogni sociali”. Un obiettivo che, pur con le limitate risorse economiche di una piccola amministrazione, si è concretizzato nella biblioteca ‘Alda Merini’. Interni e programma funzionale della biblioteca sono stati elaborati da Alterstudio Partners, studio di architettura milanese che in 26 anni di attività si è specializzato in progetti di spazi culturali. Realizzata nell’edificio di una ex-filanda già ristrutturato dal Comune alcuni anni fa e inutilizzato, la biblioteca si articola in un grande open space distribuito su due piani, per un totale di circa 550 metri quadrati. Al piano terra si trovano i servizi bibliotecari veri e propri, con le aree tematiche, i libri e le

riviste, un pianoforte e spazi di relax e di socializzazione, con sedie e poltroncine Babila e tavolini Ypsilon, tutti di Pedrali. Qui si trova anche un laboratorio di creatività digitale per i giovani attrezzato con workstation, un’area piccolissimi con uno scaffale gioco, nicchie e passaggi segreti, un baule dei travestimenti e una parete lavagna, e una sezione bambini e ragazzi dotata anche di una ‘gaming zone’. Al piano primo vi è uno spazio polivalente utilizzato per conferenze e incontri e varie salette per lo studio, per corsi di formazione e per il tempo libero. Dovendosi confrontare con un budget limitato (92mila euro, ovvero poco più di 160 euro/mq) l’intervento ha modificato il volto dello spazio interno già realizzato con un accurato progetto degli arredi, in gran parte su misura e integrato con tavoli, sedute e poltrone Pedrali e con alcune lampade aggiuntive

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› LUOGHI DELLA CULTURA

L’edificio è un volume improntato alla verticalità generato dalla giustapposizione di due lame con profili differenti, con grandi superfici vetrate e metalliche (ph. ©Carola Merello, ©Ugo De Berti).

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› LUOGHI DELLA CULTURA

SYMBIOSIS ICS MILAN INTERNATIONAL SCHOOL, MILANO

INNESTATA NELL’INNOVAZIONE, LA STRUTTURA SCOLASTICA NASCE DALL’ASCOLTO DEI BAMBINI E DEI RAGAZZI CUI È DESTINATA, CHE HANNO ESPRESSO CHIARAMENTE IL DESIDERIO DI UNA SCUOLA APERTA ALLA CITTÀ, VIVA ANCHE DOPO IL SUONO DELLA CAMPANELLA. PROGETTO DI BARRECA & LA VARRA

COME IMMAGINI LA SCUOLA IDEALE? Il nuovo Campus Symbiosis di ICS Milan International School si colloca nel masterplan di Symbiosis, il business district di Covivio a sud della Fondazione Prada a Milano. Unico tra i grandi interventi di trasformazione in corso a Milano a non fondare il proprio carattere sulla residenza, il distretto raccoglie aziende internazionali delle telecomunicazioni, del biomedicale, dell’ambiente, dell’energia e prossimamente anche della moda. Il campus è un progetto dello studio Barreca & La Varra, che se ne è occupato nella sua totalità: concept, progetto architettonico e direzione artistica, oltre a interior e landscape design. ICS Milan International School è la prima scuola in Italia con una didattica che sviluppa i fondamenti del design in termini di metodo

progettuale e apprendimento collaborativo. Per la definizione dell’interior design e degli spazi esterni, lo studio ha infatti coinvolto anche attuali studenti di diverse sedi dell’istituto scolastico e ragazzi dei licei milanesi che hanno portato a una contaminazione di istanze e di idee. Coerentemente con la didattica, il progetto architettonico concretizza una scuola non tradizionale: all’interno di un involucro molto riconoscibile, propone una densità spaziale diversa e più articolata rispetto alla classica sequenza di piani e di aule. L’edificio è un volume improntato alla verticalità generato dalla giustapposizione di due lame con profili differenti. Grandi superfici vetrate e metalliche lasciano interagire le

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› LUOGHI DELLA CULTURA

ph. ©Hira Grossi

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Barreca & La Varra Lo studio viene aperto nel 2008 a Milano da Gianandrea Barreca (Genova, 1969) e Giovanni La Varra (Milano, 1967), già soci di Boeri Studio dal 1999. Nel corso degli anni lo studio ha acquisito rilievo internazionale nella progettazione urbana e architettonica attraverso la partecipazione a concorsi e lo svolgimento di incarichi pubblici e privati. Tra i numerosi progetti realizzati, oltre al Bosco Verticale con Stefano Boeri e all’ICS Campus Symbiosis, i Siemens Hq, il Cantù/Orefici Building, il polo Rcs Mediagroup, l’edificio 307 in Bicocca per Pirelli RE a Milano, gli Ugolini Hq e il polo culturale ‘La Villa. Centre Régionale de la Méditerranée a Marsiglia. Tra i progetti in cantiere, la Cittadella dello Sport di Tortona, il Nuovo Policlinico di Milano e residenze di social housing a Milano e Genova. Lo studio ha vinto due concorsi internazionali C40 Reinventing Cities: nel 2019 per l’area dello scalo Greco-Breda di Milano con il progetto ‘Innesto’ e nel 2021 per l’ex-Macello di Milano con il progetto ‘Aria’. www.barrecaelavarra.it

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facciate con l’ambiente circostante, reagendo in modo cangiante. La visione del prospetto viene arricchita da un trattamento tridimensionale della facciata vetrata, che è impostata su due differenti piani, interagendo con la luce solare e i riflessi del contesto in modi differenti a seconda della profondità. I materiali scelti per l’intervento sono semplici da pulire e resistenti nel tempo, certificati a livello europeo per la sostenibilità energetica. Per gli interni resina, linoleum, calcestruzzo faccia a vista per la scala. La struttura è mista acciaio/calcestruzzo, ed è stata concepita per ottimizzare le tempistiche di cantiere, tanto più in epoca Covid, prevedendo Sezione BB’

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A sinistra, planimetria, concept e sezioni del progetto. I tre cicli scolastici ospitati, dalle elementari alle superiori, sono organizzati ascensionalmente su differenti livelli, per offrire agli studenti più grandi un orizzonte più ampio e profondo (courtesy Barreca & La Varra).

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zone prefabbricate (auditorium, palestra e solai di piano) e zone realizzate in opera per adattarsi con precisione alla sagoma dell’edificio. I tre cicli scolastici ospitati, dalle elementari alle superiori, sono organizzati ascensionalmente su differenti livelli, per offrire agli studenti più grandi un orizzonte sempre più ampio e profondo. Al piano terra si trovano le attività collettive – mensa, palestra, piscina e auditorium – rivolte verso la città e il grande playground esterno con pista da atletica e campo sportivo polifunzionale. Le spazialità interne permettono di mantenere sempre il contatto visivo tra le attività, attraverso pareti trasparenti che defini-

scono gli ambienti sia interni sia esterni, anche situate ad altezze differenti. La configurazione del piano-tipo è a corpo doppio con distribuzione centrale, lungo la quale si trovano gli accessi a tutti gli ambienti scolastici e ai servizi. Il corridoio non è concepito solo come un collegamento tra differenti aree, ma come un luogo che promuove la socialità tra gli studenti delle diverse classi. Negli spazi terminali dei corridoi sono stati predisposti ambienti speciali, di cui uno circolare attrezzato con librerie, che prendono luce dai tagli sull’involucro e creano ambiti più raccolti e silenziosi utilizzabili anche dai docenti


› LUOGHI DELLA CULTURA

METRA BUILDING Facciate dalla forma iconica e soluzioni tecniche ardite sono le peculiarità del nuovo Campus Symbiosis di ICS Milan International School a Milano. Il progetto architettonico, iniziato nel 2018 e aperto agli studenti a inizio 2021, ha visto Metra Building fondamentale nella progettazione delle facciate continue in alluminio dell’edificio, che ha una volumetria di oltre 60mila metri cubi. Le facciate continue Poliedra 50 S con vetri semiriflettenti conferiscono all’edificio un aspetto fortemente distintivo. Gli oltre 1.500 metri quadrati sono stati realizzati con la tecnologia e l’innovazione propri dei prodotti della linea Poliedra di Metra Building. Le grandi superfici vetrate e i rivestimenti metallici reagiscono in modo cangiante con l’ambiente circostante: la facciata vetrata viene arricchita da un trattamento tridimensionale che, impostato su due differenti piani, interagisce con la luce solare e i riflessi del paesaggio in modi differenti, a seconda della profondità. La scocca, elemento di unione dell’edificio, è realizzata con una lamiera con doppia lavorazione (stiratura e in seconda fase ‘stropicciatura’). Questo comporta, agli occhi dell’osservatore, una variazione dell’aspetto dell’edificio a seconda della distanza: un piano coprente se vista da lontano, un filtro cangiante e brillante se osservata da vicino nella sua interazione con la luce naturale.

Grandi superfici vetrate e metalliche permettono alle facciate di interagire con l’ambiente circostante, reagendo in modo cangiante. I corridoi non sono concepiti solo come un collegamento tra differenti aree, ma come luogo che promuove la socialità ((ph. ©Carola Merello, ©Ugo De Berti).

www.metrabuilding.com

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› LUOGHI DELLA CULTURA

CREDITI Località Milano Committente e project management Covivio Masterplan, progetto architettonico, direzione artistica, interior e landscape design Barreca & La Varra Team Claudio Barborini (project leader) Andrea Ruggieri, Diletta Baiguera, Diletta Rumi, Valentina De Palo, Bruno Carniello, Luigi Tambuscio, Andi Driza

Direzione lavori generale SCE Project Srl Responsabile dei lavori Soc. It. di Ingegneria e Servizi Progetto facciate Maffeis Engineering Spa Direzione lavori facciate Studio di Ingegneria Rigone Progetto e DL strutture Milano Engineering Srl progetto e DL impianti ESA Engineering CSP, CSE Sicurcantieri Co. Imprese affidatarie ATI tra Setten Genesio Spa, Bouygues E&S InTec Italia Spa, Metalsigma Tunesi

Profili e serramenti Metra Building Rivestimenti Marazzi, Artigo, Tarkett, Desso Controsoffitti Rockfon Piscina Coind Piscine Area del lotto 5.778 mq Cronologia 2018-2020 [ 78 ]

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In alto, giovani studenti scendono le scale colorate, realizzate con una pasta cementizia di Mapei. Al piano terra si trovano le attività collettive: mensa (nella foto), palestra, piscina e auditorium, che si aprono alla città e al grande playground esterno con pista da atletica e campo sportivo polifunzionale (ph. ©Ugo De Berti).


› ARCHITETTURA ESSENZIALE

PRAGMATISMO POETICO SOLUZIONI BRILLANTI A PARTIRE DA MATERIALI E TECNOLOGIE DI USO COMUNE. QUANDO CONSAPEVOLEZZA DEI LIMITI, SEMPLICITÀ E CHIAREZZA DEL PROGRAMMA SI CONVERTONO IN SFIDA CREATIVA a cura di Carlo Ezechieli

Abitazione temporanea Pro-tò-ti-po 1:1 di Enrico Scaramellini, ph. ©Marcello Mariana


› ARCHITETTURA ESSENZIALE Francisco Serrano (1937) si è laureato in architettura all’Università Iberoamericana nel 1960 dove ha insegnato fino al 1971 oltre che presso la Universidad Nacional Autónoma de México e l’Universidad La Salle. Molti dei suoi progetti sono stati realizzati in collaborazione con il maestro messicano Teodoro González de León. Nel 2003 è stato insignito del Premio Nazionale per le Arti e le Scienze ed è Honorary Fellow dell’American Institute of Architects. Tra le sue opere principali: le sedi dell’ambasciata messicana in Brasile (con A. Zabludovsky, 1976) e in Germania (con T. Gonzalez de Leon, 2001), il Terminal 2 dell’aereoporto di Città del Messico (2007) e il nuovo Campus dell’Università Iberoamericana (con C. Mijares Bracho).

Semplicemente architettura MALGRADO TECNOLOGIE DI PROGETTAZIONE SEMPRE PIÙ D’AVANGUARDIA, LA REALTÀ DEL MONDO DELLE COSTRUZIONI È FERMA A 50 ANNI FA E LA CAPACITÀ DI ADATTARSI CON POETICO PRAGMATISMO È UNA VIRTÙ CHE SPESSO TROVA FORME DI ESPRESSIONE NOTEVOLI

Gordon Moore, uno dei fondatori dì Intel, il colosso della Silicon Valley, anni fa formulò una legge secondo la quale la complessità di un microcircuito si quadruplica ogni 3 anni, decretando così l’aumento esponenziale e continuativo della capacità di calcolo dei computer. Alla legge di Moore (da non confondere con la più nota legge di Murphy) almeno nel mondo del lavoro, non sfugge nessuno, nemmeno gli architetti, per i quali i sempre più evoluti armamentari hardware e software sono, tra gioie e dolori, una componente che non può essere ignorata. Ma mentre la parametric architecture e la progettazione Bim dilagano, la realtà nella quale si sviluppano le opere di architettura, salvo casi eccezionali, continua ad essere basata sull’utilizzo di materiali e tecniche ordinarie, spesso risalenti a mezzo secolo fa e, soprattutto, vincolate da limiti di spesa che rendono impari il rapporto tra capacità di disegno e di realizzazione. Questa condizione rappresenta un problema? La risposta è no, almeno non quanto lo è l’incapacità di comprendere il contesto produttivo e i suoi limiti. E questo è dimostrato da opere eccezionali, caratterizzate dalla capacità di trovare risposte creative straordinarie nei limiti delle risorse disponibili, secondo criteri di grandissima semplicità, sia nella tecnica che, soprattutto, nel programma. Si tratta di una sorta di pragmatismo poetico, di aderenza alla realtà e di consapevole sospensione delle complicazioni proprie delle nostre società post-industriali e ipertecnologizzate. In fondo l’architettura, più che la risposta tecnica a problemi contingenti – a quello ci pensa già l’edilizia – è una forma di espressione come tante altre. Quello che conta veramente, come sosteneva Oscar Niemeyer, non è tanto l’architettura in sé, ma saper cogliere la molteplicità della vita. Per concludere: se è vero che la felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha, forse anche in architettura si potrebbe per una volta pensare di più all’essenza, sostituendo quella ‘ha’ con una ‘è’. C.E.

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CONSAPEVOLEZZA OPERATIVA L’IMPULSO CREATIVO CHE DERIVA DALLA CONSAPEVOLEZZA DEL CONTESTO E DELLE RISORSE IN CUI SI SVILUPPA UN’OPERA DI ARCHITETTURA IN UN’INTERVISTA A FRANCISCO SERRANO, UNO DEI MAESTRI DELL’ARCHITETTURA DEL MESSICO E DELL’AMERICA LATINA

di Carlo Ezechieli

Francisco Serrano Cacho, classe 1937, conosciuto in Italia solo da pochi intenditori, è da molti anni uno dei protagonisti e dei maestri dell’architettura nord e latino-americana. A lui sono dedicati numerosi testi e pubblicazioni – tra queste la monografia di Kenneth Frampton e Miquel Adrià del 2009 – e alcune sue opere, come il Terminal 2 dell’aeroporto Benito Juarez di Città del Messico, hanno saputo dare risposte del tutto inedite e convincenti a temi sui quali gli architetti di tutto il mondo stanno dibattendo ormai da tempo. Questo dopo che da decenni l’architettura degli aeroporti tende a risolversi con riproposizioni in chiave stilistica che oscillano tra esibizionismo internazional-tecnologico e localismo banalizzato. Nel Terminal 2 Serrano ha invece saputo dimostrare un fatto tanto ovvio quanto troppo spesso ignorato: da una consapevolezza profonda dei limiti dettati dal contesto, e in particolare dalle risorse tecnologiche ed economiche disponibili, derivano soluzioni architettonicamente valide e originali. Nel caso specifico, l’utilizzo innovativo di elementi seriali prefabbricati in cemento (di cui il Messico è uno dei principali produttori mondiali) e l’imperativo di contenimento dei costi hanno

avuto come conseguenza la riduzione a elementi essenziali e una notevole pulizia che trova un riflesso coerente nelle forme e negli spazi. L’essenza del ‘muro’, già indicata da Ricardo Legorreta come uno dei tratti essenziali della cultura architettonica messicana, in molte opere di Serrano viene riscoperta sotto forme inedite. In questa intervista Francisco Serrano rivela alcuni dei tratti fondamentali del suo lavoro. Tra questi emergono alcuni dei motivi per cui l’architettura recente dell’America latina, operando nel rispetto di esigenze e condizioni reali, stia in questi anni rivelando un vigore e un’onestà che l’architettura dei paesi industrializzati – che si sviluppa nell’abbondanza di mezzi e nell’ormai affannosa ricerca di un’assurda spettacolarità – sembra avere perso ormai da tempo. Senza dubbio il Messico è depositario di una tradizione in architettura influente a livello internazionale. Quali pensa siano le differenze principali tra fare l’architetto oggi in Messico rispetto al resto del mondo?

Credo che un punto fondamentale risieda nel fatto che in Messico, come immagino nel resto dell’America latina, la figura dell’archi-


› ARCHITETTURA ESSENZIALE

tetto ha ancora un certo riconoscimento e autorità. Può prendere decisioni, come ad esempio fare aggiustamenti in corso d’opera, cosa che in un paese come gli Stati Uniti è del tutto improponibile. Crede insomma che gli architetti abbiano ancora un ruolo nell’evoluzione della cultura, del pensiero e sul modo di fare le cose?

Senza dubbio. L’architetto non è un semplice addetto a mere questioni stilistiche. E forse la condizione in cui il Messico, tutto sommato, si trova ancor oggi permette di sviluppare cose interessanti, badando all’essenziale ed evitando di restare invischiati in una serie di sovrastrutture proprie dei Paesi post-industriali. Molti giovani architetti ad esempio conoscono bene quello che succede all’estero, hanno una formazione di livello internazionale e in patria riescono a ingegnarsi con soluzioni molto brillanti a partire da materiali semplici,

Le facciate perforate del terminal 2 appaiono leggere e trasparenti, con un ottimo controllo della luce solare di giorno e un’interessante definizione dell’involucro la notte (ph. ©Jaime Navarro).

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› ARCHITETTURA ESSENZIALE talvolta poveri. Come nel caso di una facciata che ricordo, secondo me stupenda, fatta con borse di plastica per alimenti con chiusura zip, riempite di acqua colorata. Credo infine che, come messicani, abbiamo la capacità di importare qualcosa da fuori e saperla ‘naturalizzare’ più che assimilare: in breve saperla calare nel luogo e nella cultura locale in modo del tutto originale. E lo stesso succede per gli aspetti teorici, con cui non ci siamo mai granché cimentati ma che in molte occasioni abbiamo saputo rendere concreti. Anche se non bisogna trascurare che agli architetti ci si riferisce ormai volentieri con termini come star e superstar, quasi fossero divi del cinema.

Lo star system ha i suoi meriti e le sue buone ragioni di esistere, ma ha anche limiti notevoli. Il principale è quello che stiamo concentrando tutto sull’individuo e troppo poco sull’opera. Con il risultato che si costruiscono idoli con i piedi d’argilla. Su poche persone si concentrano moltissime opere e il problema è semplice: non è possibile per nessuno, per quanto geniale, tirare fuori dal cappello idee incredibili ogni 24 ore. In realtà sono convinto che l’individuo non dovrebbe mai essere più importante dell’opera. Credo anzi che il lungo e fertile rapporto di collaborazione che ho avuto con Teodoro Gonzalez de León si fondasse proprio su questo. Abbiamo progettato insieme per oltre trent’anni a pari titolo, almeno un’opera all’anno. In totale abbiamo realizzato insieme qualcosa come 80 opere. Sono convinto che la chiave di una collaborazione duratura sia accantonare l’ego e mettere al primo posto l’opera. L’opera deve ad un certo punto acquisire una sorta di identità propria e continuare anche in assenza del maestro. La chiave di tutto è non respingere mai una buona idea solo per affermare la propria autorità. Ovviamente data la presenza di una struttura è implicito che ci sia qualcuno che comanda, ma il fatto di dare spazio alle idee non è una questione di autolimitazione, ma di intelligenza ed equilibrio. Come si svolge il vostro lavoro. Come si sviluppa?

Ovviamente negli ultimi tempi il modo di lavorare è molto cambiato. Quando ho cominciato molti anni fa, continuando l’attività di mio padre, facevo di tutto, dai contratti alle paghe del personale, ai calcoli. Chiaramente le caratteristiche di un’opera si sono andate evolvendo e complicando e ora è praticamente impossibile lavorare se non in équipe. Per prima cosa un’équipe di architetti, collaborando con i colleghi, e poi chiaramente con gli ingegneri, senza i quali ormai non è possibile fare alcunché. Nel corso della mia carriera mi è capitato di avere in un certo momento anche 80 dipendenti. Oggi posso dire che era una situazione oltremodo logorante, sia dal punto di vista organizzativo, sia economico, per via dei costi spaventosi legati al mantenimento di una struttura di quel tipo. Dopo quell’esperienza credo che una quindicina di persone sia la dimensione ideale per mantenere un controllo decente sulla produzione, eventualmente ag[ 82 ]

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gregandosi con altri studi in caso di progetti di maggiore impegno o importanza. Quali crede siano le caratteristiche fondamentali di una buona architettura?

Innanzitutto un buon architetto ha sempre una struttura mentale molto chiara, e non inventa, ma compone e ordina. Questa attitudine porta a sviluppi che consistono in modi nuovi di fare la stessa cosa: come del resto è avvenuto storicamente, come ad esempio nell’evoluzione dal romanico al gotico e così via. Ma queste evoluzioni ‘stilistiche’ non le definirei un’invenzione. Un’automobile è un’invenzione, la bomba atomica, per quanto devastante, è un’invenzione, ma non un’architettura. Poi, ovviamente, la luce solare ha un’importanza notevole, ed è uno strumento per gestire l’emozione. Una delle vostre opere più conosciute è il Terminal 2 dell’aeroporto di Città del Messico. Quali sono le caratteristiche principali di quest’opera?

Tutti gli aeroporti del mondo ormai si assomigliano. Forse questo è un conseguenza di qualcosa che definirei ‘effetto Stansted’. Stansted è un caso riuscitissimo, dove con un’architettura ‘ondulare’ in vetro e acciaio, gli aeroporti hanno trovato un linguaggio che ormai si ripete all’infinito. Il nostro progetto per il Terminal 2 partiva da un concetto fondamentale, che era quello di realizzare un aeroporto che, dati questi precedenti, non sembrasse un aeroporto. Abbiamo utilizzato un sistema di facciate perforate, già da noi sperimentate e collaudate in passato. Pur essendo in cemento armato hanno una trasparenza e leggerezza notevole, permettono un controllo della luce solare durante il giorno e una definizione dell’involucro interessante e mutevole durante la notte. Il viaggio per lei è sempre stato una dimensione importante, conosce il panorama dell’architettura di molti altri Paesi. Qual è la sua stata impressione dell’Italia?

È da non credere che fino a pochi anni in Italia – un Paese con un livello di raffinatezza, di cultura e di storia senza pari nel mondo, con una leadership assoluta nell’industrial design – fosse così difficile vedere architetture interessanti. Ce n’erano ovviamente, ma bisognava letteralmente scovarle. Sembrava ci fosse una specie di lapide storico-culturale tale da reprimere gli impulsi creativi. Ma chiaramente è impossibile che ragazzi che crescono in un ambiente di quel livello non riescano prima o poi a mettere a frutto un tale armamento culturale producendo qualcosa di veramente notevole

Terminal 2 dell’aeroporto Benito Juarez Località Città del Messico Progetto di architettura Serrano Arquitectos y Asociados Architetti J. Francisco Serrano, Susana Garcia, Pablo Serrano e Luis Sanchez

Periodo 2005-07 Superficie 240.000.00 mq


› ARCHITETTURA ESSENZIALE

L’edificio è stato realizzato con un sistema di pannelli prefabbricati in cemento bianco bocciardato, con l’aggiunta di aggregati di marmo, perforati con fori circolari di 30 cm di diametro. La costruzione è stata completata in soli 28 mesi.

Senza ricorrere al solito e costoso modello occidentale di terminal aeroportuale in vetro e acciaio, attraverso i fori nei pannelli di cemento la luce filtra efficacemente all’interno creando effetti suggestivi (ph. ©Jaime Navarro).

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› ARCHITETTURA ESSENZIALE +5.92

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Provenendo da uno specifico ambito culturale – il territorio alpino – lo studio es-arch enricoscaramelliniarchitetto ha affinato la propria sensibilità per gli aspetti paesaggistici con una naturale attenzione per ambiti fragili e delicati. La costruzione di atmosfere, la capacità di indurre stupore e di generare sorpresa attraverso l’utilizzo di materiali consueti è il fine di tutti i progetti. Attualmente Enrico Scaramellini è professore a contratto presso il Politecnico di Milano. Nel 2012 è stato tra i finalisti del Premio Medaglia d’Oro per l’Architettura Italiana della Triennale di Milano. Ha partecipato a numerosi concorsi, convegni e mostre, tra cui nel 2014 la 14. Biennale di Architettura di Venezia nella sezione ‘Un Paesaggio Contemporaneo’ del Padiglione Italia. www.es-arch.it

SEMPLICE COMPLESSITÀ PRO-TÒ-TI-PO È IL MODELLO DI ABITAZIONE TEMPORANEA DI ENRICO SCARAMELLINI: UN ESEMPIO DI CHIAREZZA COSTRUTTIVA E DI VARIABILITÀ NEL MANTENIMENTO DI CARATTERI COSTANTI E IDENTIFICATIVI DEL PAESAGGIO

di Carlo Ezechieli

Indipendentemente dalla sintassi e dall’utilizzo intelligente di tecniche di costruzione offsite che contraddistingue quest’opera – come dice il nome, un prototipo destinato alla produzione in serie – quello che emerge da questo progetto di Enrico Scaramellini è la notevole capacità di interpretare e ricombinare in forma attualizzata alcuni elementi decorativi e fortemente caratterizzanti dell’architettura alpina. Il tutto si sviluppa nel dialogo tra base e coronamento, mantenuti equivalenti, non solo volumetricamente ma anche visualmente. La copertura spicca, le falde si dichiarano e, una volta che questa unità viene ripetuta e collocata sul terreno, costituisce una vera e pro[ 84 ]

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pria matrice, capace di definire configurazioni e identificare paesaggi. Le decorazioni cambiano, identificano, riprendono tratti caratteristici delle costruzioni in legno e, mentre quelle più evidenti si sviluppano nel bordo di copertura, i dettagli nella forma delle aperture, e in particolare la finestra pentagonale in corrispondenza del tavolo, rappresenta un’eccezione e un catalizzatore dell’intera facciata. Il programma di questa abitazione è molto semplice: una zona giorno/pranzo, una zona notte, un piccolo servizio igienico e un soppalco. Spazi pensati per alloggiare temporaneamente quattro persone. Il sistema costruttivo standardizzato si avvale di due

tecniche tipiche delle costruzioni in legno: la parte bassa a blockbau e la parte superiore in X-lam, intese dall’autore come un dialogo tra tecniche costruttive passate e presenti e tra due ordini sovrapposti. L’ordine superiore è capace di variazioni attraverso un doppio sistema colore/texture, lasciando la base invariata.

Progetto ES-arch enricoscaramelliniarchitetto Architetti Enrico Scaramellini e. Daniele Bonetti Periodo 2020-2021 Foto Marcello Mariana


› ARCHITETTURA ESSENZIALE

Sopra, a sinistra i prospetti est e sud dell’abitazione e a destra le possibili variazioni. Sotto, la pianta del piano terra. Il progetto definisce le caratteristiche di una casa tipo, costituita da una zona giorno/pranzo, una zona notte, un piccolo servizio igienico e un soppalco. Qui si immagina inserita in un tipico paesaggio alpino.

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PIANTA PIANO TERRA - 1:50

In questo prototipo sono previste tre varianti fondamentali: un sistema più elementare, dove la parte superiore si differenzia unicamente per il colore più scuro, e due opzioni di maggiore complessità, sovrapposte al colore: una con elementi lignei verticali, e un’altra con elementi diagonali. Il metallo, un materiale tipico dell’architettura dei bivacchi, è poi ciò che caratterizza le aperture e che permette un dialogo con i colori prevalenti (verde, bianco e azzurro) del paesaggio in cui si colloca. Come ulteriore differenziazione, ogni unità è pensata per essere integrata da elementi, veri e propri “plug-in”, posti in modo differente

in base all’orientamento dell’abitazione, alla posizione dell’ingresso e ai rispettivi spazi di pertinenza: una piccola tettoia a forma quadrata con tetto piano e quattro pilastri, e un piccolo armadio esterno portasci/deposito, entrambi in metallo riflettente. L’insieme di questi dispositivi permette di variare il modulo-tipo nella sua percezione esterna e pertanto di ‘costruire’ un paesaggio articolato e che cambia in base alle stagioni e alle condizioni ambientali. Mentre sul piano orizzontale degli elementi innestati, tettoia e armadio, la neve si accumula, la forte pendenza del tetto tende a farla scivolare mettendo in evidenza il materiale

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› ARCHITETTURA ESSENZIALE

Fondato nel 2018 dai fratelli Francesco e Paolo Manzoni, lo studio a25architetti ha sede a Sirtori, ai piedi del crinale collinare di Montevecchia, in alta Brianza.
Le competenze maturate negli anni in ambito architettonico, di arredo, nell’architettura urbana e nella pianificazione territoriale consentono di gestire il progetto nella sua interezza, dalla scala urbana fino a quella architettonica. Al centro della ricerca la capacità di offrire risposte ai temi esistenziali e profondi dell’abitare a partire dalla ricerca delle atmosfere di un luogo o di uno spazio, con la storia e la materia di cui sono formati, valorizzando la cultura e l’identità del territorio. Con il Rifugio del Gelso, nel 2021 Francesco e Paolo Manzoni hanno vinto il Premio ‘Giovane talento dell’Architettura Italiana’ del Cnappc. www.a25architetti.it

IL RIFUGIO DEL GELSO UNA RAFFINATA FRUGALITÀ E LA RICERCA DELL’ESSENZA DELL’ABITARE IN UN’OPERA DI A25ARCHITETTI. CON QUESTO PROGETTO LO STUDIO HA VINTO IL PREMIO GIOVANE TALENTO DELL’ARCHITETTURA ITALIANA 2021

di Carlo Ezechieli

Pensando a un’opera come il Rifugio del Gelso non posso fare a meno di pensare a una vecchia opera, poco conosciuta, di Glenn Murcutt chiamata la Guest Studio. Questo non certo per l’affinità stilistica, le differenze sono evidenti, ma per l’impianto e la filosofia generale di progetto. La Guest Studio, opera di cui ormai si è persa ampiamente traccia, è una tettoia, una combinazione ordinata di pezzi di recupero che includono una singola stanza. Ogni elemento, perfino le bombole del gas, abitualmente nascoste, viene dichiarato e disposto con ordine e precisione. Da questo punto di vista il Rifugio del Gelso, la ristrutturazione di un piccolo fabbricato agricolo immerso nella campagna di Montevecchia, in Brianza, nei pressi di un pianta di gelso – unico testimone di un paesaggio un tempo dedito alla produzione della seta – segue precisamente gli stessi principi. Originariamente l’edificio era una tipica baracca adibita a deposito per gli attrezzi e fienile, peraltro rimaneggiata nel tempo introducendo materiali di recupero estremamente poveri, sia qualitativa[ 86 ]

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mente che formalmente. La struttura di partenza ha tuttavia rivelato agli autori qualità che la ristrutturazione ha messo in risalto. La base in muratura, in cemento, è stata ripulita, la parte superiore rifatta sostituendo le vecchie e incoerenti tamponature con un nuovo paramento murario, l’elemento caratterizzante del progetto, realizzato secondo una trama che riprende, reinterpretandolo radicalmente, il disegno dei tamponamenti con i fori a croce tipici della tradizione lombarda. Il programma è semplice: una parte di deposito/fienile al piano superiore e uno spazio più conviviale, oltre che di ricovero attrezzi, al piano terra per il proprietario: un operaio della Garelli oggi in pensione, che nel tempo ha scoperto un senso in questo luogo. L’interno è un rifugio, semplice, i materiali sono grezzi, assolutamente a vista, con l’unica eccezione della porta di ingresso esistente, riverniciata e impreziosita con un colore dorato. Al piano superiore un deposito, con balle di fieno essiccate, ragion per cui non è necessaria la circolazione d’aria attraverso paramenti forati convenzio-

nalmente presente nei fienili. E al piano terreno la sequenza concatenata delle sedie e del tavolo, piccolo ma elegante, posizionato davanti all’unica finestra inquadrando il paesaggio, è ciò che rende possibile un dialogo privato ma che coinvolge una dimensione indefinitamente estesa nello spazio e nel tempo. Cosa accomuna il Rifugio del Gelso e la Guest Studio? Non l’architettura in sé, quella viene dopo. È innanzitutto la raffinata frugalità e la capacità di cogliere ed esprimere in forma e materia in modo diretto, e possibilmente perfetto, il senso che anche con poco si ha tutto ciò che serve

Località Montevecchia (Lecco) Progetto di architettura a25architetti (Francesco e Paolo Manzoni)

Superficie lotto 3.000 mq Superficie costruita 60 mq su 2 piani Cronologia 2020-2021


› ARCHITETTURA ESSENZIALE

Il Rifugio del Gelso visto nel paesaggio di Montevecchia, in Brianza e dettagli dell’intervento nelle foto di Marcello Mariana.

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› ARCHITETTURA ESSENZIALE

Type è uno studio di architettura con base a Londra fondato nel 2013 da Matt Cooper, Sam Nelson, Tom Powell e Ogi Ristic, che avevano iniziato a collaborare fin dai loro corsi di studio in architettura. Il lavoro dello studio è caratterizzato dalla costante di minimizzare il consumo di risorse, anche attraverso l’utilizzo di materiali di recupero, e di rafforzare il valore sociale dell’architettura che deve corrispondere all’ambiente di riferimento. Type sviluppa progetti sia nel Regno Unito che in Europa. www.typestudio.co.uk

SU DUE FRONTI REDHILL BARN, NEL DEVON, È UN PROGETTO DI RECUPERO DI UNA ROVINA DELL’OTTOCENTO E UN SOLIDO PUNTO DI PARTENZA PER RIQUALIFICARE UN PAESAGGIO CHE CONSERVA ANCORA I TRATTI PIÙ AUTENTICI DI QUESTA REGIONE

di Carlo Ezechieli

Quando nel 2014 il progetto per questo granaio del 1810 ebbe inizio, la sfida poteva sembrare disperata, quasi impossibile. Situato in un luogo relativamente isolato, non servito per lungo tempo da strade carrabili l‘edificio era caduto in disuso, il tetto crollato, lasciando in piedi solamente le spesse e maestose murature in pietra. Rovine post-romantiche all’interno di una proprietà di circa 10 ettari nel Devon, in un paesaggio che ancora conserva i tratti più autentici della campagna di questa regione. Il programma, portato avanti nel corso di sei anni, fondamentalmente un lavoro di autocostruzione, era quello di convertirlo in un’abitazione. Lo studio londinese Type, cogliendo la qualità delle strutture superstiti, è intervenuto conservandole integralmente, anche nell’assetto delle aperture, rimaste del tutto invariate. L’involucro esistente ha ripreso vita diventando un vero e proprio supporto per ogni necessario intervento di adattamento, svolto con tecniche rigorosamente artigianali, e usando il più possibile materiali locali come l’abete Douglas, di provenienza rigorosamente britannica. Le finestre a specchiatura unica vengono mantenute arretrate, i telai seminascosti, mettendo in evidenza il carattere rustico originario. L’unica aggiunta dichiarata all’esterno è la copertura, in alluminio fresato, materiale tecnologico e industriale, volumetricamente e visualmente evidente, anche a distanza, che sta[ 88 ]

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bilisce un dialogo con il basamento in pietra. Il recupero di questo granaio è un esempio particolarmente interessante di come, attraverso semplici e chiari elementi, sia possibile riqualificare edifici di grande valore, del tutto appartenenti al paesaggio, ma che purtroppo vengono spesso sbrigativamente demoliti per essere sostituiti con nuove realizzazioni contemporanee, prive di anima. Un recupero sapiente che nelle intenzioni dei proprietari diventerà un solido punto di partenza per la riqualificazione del paesaggio circostante

A sinistra, particolare dei contrafforti del basamento in pietra dell’edificio. I lavori sono stati portati avanti nel corso di sei anni, fondamentalmente attraverso un’opera di autocostruzione.


› ARCHITETTURA ESSENZIALE

Sopra, l’edificio restaurato visto nel paesaggio ondulato del Devon. Evidente anche da lontano l’unica aggiunta tecnologica e industriale, la copertura in alluminio fresato.

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› ARCHITETTURA ESSENZIALE Il piano terra è caratterizzato dalle colonne interne in pietra del fienile, che forniscono la base per un nuovo pavimento in legno e per la struttura tradizionale del tetto.

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› ARCHITETTURA ESSENZIALE

Nessuna apertura è stata aggiunta. Le finestre sono arretrate con telai seminascosti. Le due camere da letto, il bagno e la cucina sono al piano terra. Al piano superiore un ampio spazio di soggiorno, uno studio e un secondo bagno.

Area 10 ettari Superficie lorda interna 199 mq Progetto architettonico Type Team di progetto Sam Nelson, Ognjen Ristic, Matt Cooper, Tom Powell, Sarah Firth

Sviluppo del progetto Tom Powell; Sarah Firth (Type) Ingegneria delle strutture Pca Consulting Engineers Ingegneria impiantistica Kft Renewables Progetto 2014 Costruzione 2015-2020 Foto Rory Gardiner

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› RESIDENZE NEL PROGETTO DI CARLO RATTI E ITALO ROTA PER LA RICONVERSIONE E AMPLIAMENTO DI UNA TIPICA COSTRUZIONE RURALE NELLA PIANURA PADANA LA LUCE GIOCA UN RUOLO FONDAMENTALE PER GLI ABITANTI E PER LA VITA DEL GRANDE FICUS INTORNO AL QUALE RUOTANO GLI AMBIENTI INTERNI

Una stecca lineare definisce la sequenza dei corpi di fabbrica del complesso: la porzione della casa-serra si trova sulla destra. L’edificio sul retro sarà destinato a uffici (ph. ©DSL Studio).

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› RESIDENZE THE GREENARY, MONTECHIARUGOLO (PARMA)

RAUMPLAN BIOFILICO

NELLA CAMPAGNA PADANA

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› RESIDENZE

CRA-Carlo Ratti Associati

Italo Rota

Con sedi a Torino e New York, lo studio attinge alle ricerche di Carlo Ratti al Massachusetts Institute of Technology per sviluppare progetti ad alto tasso di innovazione. Tra i lavori più recenti il Padiglione italiano all’Expo Dubai 2020 (con Italo Rota), la CapitaSpring Tower a Singapore con Big, il Meet a Milano e il redesign della sede della Fondazione Agnelli a Torino. Nel marzo 2020 CRA ha avviato ‘Cura’ (Connected Units of Respiratory Ailments), iniziativa globale open-source per convertire i container navali in unità di terapia intensiva plug-in per i pazienti Covid-19. I lavori di CRA sono stati inseriti da Time tra le migliori invenzioni dell’anno nel 2007 con il Digital Water Pavilion, nel 2014 per la Copenhagen Wheel e nel 2019 per il robot ‘write&erase’ Scribit. CRA ha promosso anche il lancio della startup Makr Shakr, il primo sistema di bar robotico al mondo. www.carloratti.com

Dopo la laurea in architettura Italo Rota (1953) trascorre più di dieci anni in Francia, durante i quali realizza importanti interventi come il Musée d’Orsay e il Museo d’Arte Moderna al Centre Pompidou (con Gae Aulenti), le nuove sale della Scuola francese alla Cour Carré del Louvre, la ristrutturazione del centro di Nantes. A metà degli anni Novanta apre lo studio a Milano e tra le altre opere progetta la promenade del Foro Italico a Palermo (Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 2006) e il Museo del Novecento di Milano (2010). Tra gli altri progetti il padiglione del Kuwait e il padiglione del vino all’Expo Milano 2015 e, con Carlo Ratti, il Padiglione Italia all’Expo Dubai 2020.

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› RESIDENZE

A sinistra e sotto, il granaio riconvertito per accogliere il grande ficus intorno al quale si sviluppano gli ambienti. L’albero riceve luce da un’alta parete di vetro (ph. ©DSL Studio).

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icavata da una tipica cascina nella campagna tra Parma e Reggio Emilia, l’abitazione denominata Greenary – dal gioco di parole con green-granary – ruota intorno al maestoso ficus australis di 60 anni di nome Alma piantato al centro dello spazio abitativo. L’albero alto 10 metri, proveniente dall’India, è stato acclimatato dopo aver svernato ad Alicante, in Spagna. Per creare l’ambiente ideale per la crescita dell’albero, CRA ha completamente ridisegnato la vecchia fattoria per massimizzare la luce naturale, installando una parete di vetro alta dieci metri rivolta a Sud. Sia le finestre sia il tetto possono essere aperti e chiusi automaticamente per regolare la quantità di luce solare e di aria fresca. Ogni spazio si trova a un livello diverso dell’albero, una sequenza tridimensionale che segue

I due volumi del complesso si sviluppano intorno alla corte di classico impianto rurale. Uno accoglie la casa, l’altro gli uffici (ph. ©DSL Studio).

il principio del Raumplan di Adolf Loos: sette giochi di quote interconnesse intorno al ficus permettono di dialogare con questa presenza viva dall’alto, dal basso, dal centro e da diverse prospettive, dinamizzando la percezione di uno spazio in perenne divenire. Per esempio, la serra dove si trovano il ficus, la zona giorno principale e la cucina è ribassata di circa un metro rispetto al livello zero: qui è collocato un lungo tavolo Kauri di Riva1920 dal quale si percepisce – all’altezza degli occhi – il prato oltre la vetrata. Il progetto risponde all’idea di biofilia, l’ipotesi scientifica proposta dal biologo e docente di Harvard Edward Osborne Wilson, secondo la quale gli esseri umani condividono un desiderio innato di vivere accanto alla natura. Natura qui presente anche in altre forme in tutto lo spazio interno, come nella pavimentazione

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› RESIDENZE

CREDITI realizzata con argilla e bucce d’arancia. La casa è stata costruita su un sito che si estende per oltre 2,5 ettari. Oltre all’unità residenziale principale, CRA ha convertito anche un granaio sul retro della casa in uno spazio di lavoro. Intorno a entrambi gli edifici si trova il giardino, che comprende anche uno specchio d’acqua progettato da Paolo Pejrone che assolve a funzioni di fitodepurazione. La residenza rappresenta il primo tassello del masterplan progettato da CRA che prevede anche una fabbrica e un complesso adibito a mensa e ristorante. [ 96 ]

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«In un paesaggio piatto in cui non ci sono montagne, colline o laghi, ma solo pianure, la natura si esprime attraverso una bella luce che cambia durante il giorno. Aggiunge all’atmosfera una qualità affascinante, quasi cinematografica» dice Italo Rota, direttore di Italo Rota Building Office. «La luce entra nello spazio interno attraverso il muro di mattoni forati, le scale in acciaio corten e i rami degli alberi. Così facendo, si mescola anche con i dettagli architettonici della casa, e lascia sottili sfumature tutto intorno», conclude Andrea Cassi, partner di CRA responsabile del progetto

Località Montechiarugolo (Parma) Progetto architettonico CRA-Carlo Ratti Associati Responsabile creativo Italo Rota Team CRA Carlo Ratti, Andrea Cassi (partner), Francesco Strocchio, Alberto Benetti, Mario Daudo, Serena Giardina, Anna Morani, Gerolamo Gnecchi Ruscone, Giovanni Trogu, Matteo Zerbi

Ingegneria strutturale AI Studio (con Luca Giacosa), Corrado Curti

Consulenti agronomi Flavio Pollano e Paolo Battistel Planning e direzione lavori AU Studio Progetto di paesaggio Paolo Pejrone con Alberto Fusari Realizzazione giardino Arcadia Vivai Impianti


› RESIDENZE Ogni ambiente si trova a un livello diverso dell’albero e ciascun mezzanino sfalsato accoglie una funzione abitativa (ph. ©DSL Studio).

Il corpo originario con la scala sospesa in acciaio corten. Il ficus è il fulcro del soggiorno del nuovo volume intorno al quale ruota il layout compositivo messo a punto da Carlo Ratti e Italo Rota (ph. ©DSL Studio).

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› I PROFILI DI LPP Fondato nel 2007 da Simone Gobbo, Alberto Mottola e Davide De Marchi, Demogo basa il proprio lavoro sul rapporto tra contemporaneità e articolazione spaziale con una forte propensione verso la dimensione evocativa dell’opera di architettura. Nel 2009 lo studio vince il concorso internazionale Europan10 per il municipio di Gembloux e negli anni successivi ottiene importanti riconoscimenti: nel 2011 è nella Top10 di New Italian Blood; nel 2015 è ‘Giovane Talento dell’Architettura Italiana’; nel 2017 vince il Premio DedaloMinosse come migliore opera Under 40; poi riceve il Premio T-Young della Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana con il Bivacco Fanton. Nel 2020, in associazione con Amaa e Angelo Renna per il paesaggio, Demogo vince il concorso di progettazione per il nuovo centro civico Flaminio a Roma. Attualmente è in corso di sviluppo il progetto di Sun Factory, la nuova sede di Gibus. Simone Gobbo (1980), laureato all’Università Iuav di Venezia, dal 2018 è docente a contratto a Genova e a Ferrara. Laureato all’Università Iuav anche Alberto Mottola (1979), mentre Davide De Marchi (1980) ha frequentato la Scuola di Architettura Naturale ed è socio Anab (Associazione Nazionale Architettura Bioecologica).

Sopra, planimetria del complesso per il Comando della Guardia di Finanza in costruzione a Bologna. Sotto, la piazza e il Municipio di Gembloux (ph. ©Pietro Savorelli).

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› I PROFILI DI LPP

DEMOGO

POCO PIÙ DI QUARANT’ANNI E SUPERPREMIATI IN CATEGORIE RISERVATE A ‘GIOVANI ARCHITETTI’. MA L’ARCHITETTURA DI DEMOGO, CHE MANTIENE UNA SCALA VICINA ALLA MISURA UMANA E ESALTA I MATERIALI NELLA LORO CAPACITÀ DI PRODURRE CONFIGURAZIONI ASTRATTE, È FRUTTO DI UNA RICERCA MATURA, CHE PARTE DAL CONTESTO EVITANDO RIGIDE CONTRAPPOSIZIONI TRA ARTIFICIO E NATURA

di Luigi Prestinenza Puglisi

Sopra il titolo, il nuovo Bivacco Fanton, a 2.667 m slm sulla Forcella Marmarole nelle Dolomiti venete (ph. ©Iwan Baan). A sinistra, particolare di Casa AV, Treviso (ph. ©Simone Bossi).

Lo studio Demogo condivide con alcuni dei migliori giovani progettisti di oggi una condizione: la decisa volontà di evitare di cadere nelle forme artefatte di uno stile qualsiasi esso sia e, nello stesso tempo, non accettare di rinunciare ai piaceri dell’architettura. Ciò vuol dire da un lato rifiutare la appariscente retorica del nuovo International Style delle archistar e dall’altro evitare la moda ecologista di nascondere gli edifici all’interno di colline o di caverne o anche dietro coltri di verde. In che modo ce lo racconta un progetto piccolo, ma emblematico nella sua asciutta esattezza: il bivacco Fanton, ad Auronzo di Cadore sulle Dolomiti. Attento al contesto, questo rifugio di montagna non disturba la natura ma, allo stesso tempo, non fa nulla o quasi per imitarla. È una costruzione artificiale, riflettente per essere facilmente individuata. Certo, non è difficile trovare qualche affinità con le forme circostanti, ma solo quello che basta per non farlo diventare un oggetto paesaggisticamente arrogante, un pugno nell’occhio in una natura incontaminata. La forma risponde a regole di buon funzionamento. Ha il tetto inclinato per evitare l’accumulo di neve, è su basse palafitte per impedire il contatto con il terreno, è gradinato all’interno e suddiviso in quattro

piazzole per consentire, pur in ambiente unico, di avere zone funzionali ben individuate. Ma è chiaro che il buon funzionamento è solo il presupposto di una strategia formale che punta insieme alla semplicità e alla complessità. Che l’idea è costituire un telescopio dal cui interno di può avere una vista privilegiata verso la valle. Che, insomma, il problema affrontato da Demogo è come progettare buona architettura che non sia appariscente, che non cada nelle secche dello stile (per esempio il minimalismo), o che abbia paura di mostrarsi. Insomma che il problema è molto più complesso di quello di fare un buon rifugio. È, piuttosto, come muoversi oggi nel mondo delle forme, in particolare quando il contesto pone sfide con le quali non è facile fare i conti. Demogo, come altri studi di architettura oggi operanti in Italia, è ossessionato da due parole: contesto e dettaglio. Per quanto riguarda il primo aspetto, come abbiamo visto, evita rigide contrapposizioni. È il caso anche del municipio a Gembloux in Vallonia dove il corpo edilizio è frammentato in più parti per tenere la scala della costruzione il più vicino possibile alla misura umana e per non aggredire il centro storico della cittadina con un mostro metropoli-

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› I PROFILI DI LPP

Il municipio visto nel contesto della cittadina di Gembloux. Sotto, planimetria e gli edifici visti dalla piazza (ph. ©Pietro Savorelli).

tano. Oppure dei nuovi uffici della Guardia di Finanza a Bologna dove l’edificio è abilmente scalettato, in modo da avere così anche un sistema di terrazze pensili con un minore impatto sul paesaggio, mentre gli interni possono affacciarsi su elementi verdi. Per quanto riguarda il secondo aspetto, basta guardare con attenzione tutte le realizzazioni dello studio per accorgersi del ruolo che gioca il buon accoppiamento dei materiali e quindi del modo in cui questi sono interrelati tra loro. Particolarmente emblematica in proposito mi sembra casa AV, ubicata e Treviso e soprannominata l’Introversa per sottolineare la volontà di realizzare uno spazio che custodisce la dimensione privata di chi la abita. Quindi tutto l’opposto di una miesiana Glass House. Del resto, nella produzione dello studio a prevalere è la muratura. Pur essendoci anche vetrate di dimensioni maggiori delle aperture delle normali finestre, è raro che queste diventino intere pareti. Nella casa AV i materiali sono esaltati nella loro capacità di produrre configurazioni astratte. Si osservi per esempio come i pavimenti si raccordino alle pareti e queste ai gradini della scala, la scelta di balaustre semplici e raffinate, il disegno degli infissi e la tettoia che taglia il volume delle costruzione. La costruzione tuttavia faticherei a classificarla come minimalista, manca e volutamente, come dicevamo in apertura, la volontà di ridurre la costruzione a una formula, a un semplice fatto di stile. L’architettura invece si dà in Demogo come la costruzione di un sistema di micro eventi tra loro articolati e sono questi che evitano di farla precipitare nella banale certezza dei cliché. Un atteggiamento sicuramente coraggioso, perché ogni volta il risultato non è garantito a priori e può generare qualche disappunto, ma lascia alla ricerca architettonica importanti spazi di ricerca e di libertà LPP

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› I PROFILI DI LPP

Località Gembloux (Belgio) Committente Municipalità di Gembloux Progetto architettonico Demogo Architetto operativo Syntaxe Architectes Progetto strutture e impianti Bureau d’Etudes Lamaire I tre volumi interamente rivestiti in rame fanno da quinta alla piazza e al parco. Sotto, dai corpi vetrati che li collegano aprono viste a tutt’altezza sul paesaggio urbano (ph. ©Pietro Savorelli).

Assistenza e controllo BEP di Namur Realizzazione Franki Rivestimento in rame Aurubis Nordic Standard

Partizioni interne e arredo uffici Faram 1957

Superficie 9.770 mq Cronologia 2010 concorso, 2010-2012 progetto, 2013-2015 realizzazione

Municipio di Gembloux

Risonanze Enfatizzando i riferimenti storici di Gembloux – la torre campanaria, l’Église Décanale e la Maison du Bailly – il nuovo municipio di questa cittadina belga di 20mila abitanti s’innesta nel nucleo urbano irregolare della Place de l’Hotel de Ville, creando una ricucitura con il tessuto esistente e dedicando tutto il lato sud al Parc d’Epinal. In questo modo il parco è diventato uno spazio di condivisione, mentre il nuovo municipio una quinta su cui guardare attraverso. Le viste generatrici sui simboli di Gembloux frammentano il nuovo polo amministrativo in parti più piccole in conformità con la scala urbana e creano un programma funzionale diviso in più ambiti. I nuovi ‘frammenti’, interamente rivestiti in rame, si sedimentano ed emergono dalla superficie irregolare del parco sfruttando le variazioni altimetriche e formano una sequenza articolata di spazi pubblici complementari l’uno all’altro. Attraverso la loro giustapposizione, i volumi generano dei diaframmi vitrei, vuoti sospesi all’interno della relazione tra le parti, luoghi di transizione, di movimento e di percezione del paesaggio urbano. Vincitore del concorso internazionale Europan10, il progetto definisce una nuova centralità che dialoga, completa e rivela al di là di sé stessa il carattere di ciò che la circonda. Un’opera che entra in risonanza, anche matericamente, con la voce antica della città, stabilendo un’interazione mutevole nelle differenti condizioni atmosferiche e di luce dello spazio circostante.

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La casa è chiusa verso l’intorno ma in costante dialogo con il giardino esterno, inquadrato da aperture pavimento/ soffitto. In basso, dettagli della scala e due viste esterne (ph. ©Simone Bossi).

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Treviso, casa AV

Terza dimensione

In alto, uno degli ambienti di casa AV e la pianta del piano terra (ph. ©Simone Bossi).

Località Treviso Committente Privato Progetto Architettonico Demogo Progetto strutturale zero4uno ingegneria Progetto impianti Alessio Borgo Impresa Civiero Costruzioni Rivestimenti in metallo Gela Infissi Impronta Pavimentazioni Idealworks Volume 650 mc Cronologia 2018 - 2019

A Treviso, in un contesto residenziale di transizione tra centro storico e periferia, il progetto di casa AV – risultato di una ridefinizione volumetrica con parziale demolizione e ampliamento in verticale di due corpi di fabbrica – delinea un’architettura autonoma, che custodisce lo spazio privato di chi la abita senza rinunciare al rapporto con l’esterno del giardino di proprietà, del paesaggio in lontananza con il campanile della chiesa di San Pio X e del cielo della Marca Trevigiana. All’interno del lotto lo spazio della casa diventa trasparente: al piano terra una pensilina di cemento e grandi vetrate creano continuità e abitabilità tra interno e esterno dando vita a una consapevole zona giorno senza soluzione di continuità con il giardino, dove la piantumazione di arbusti medio-alti su materiale drenante maschera e libera alternativamente la vista ad altezza uomo. La riservatezza dello spazio privato viene invece ribadita in alzato, con le esigue finestre che si interpongono con ritmo apparentemente casuale nei prospetti. Due grandi terrazze senza sporgenze, scolpite nel volume dell’abitazione, contribuiscono alla mutevolezza delle facciate e all’ingresso della luce e partecipano all’attenuato contrasto dello spazio – dilatato e contratto – dell’architettura nel contesto e dell’abitare tra interno e esterno.

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Località Bologna Committente Agenzia del Demanio Progetto architettonico Demogo Progetto strutture e impianti Sinergo Impresa di costruzioni AeC Costruzioni Sistemi di facciata Schüco Pavimenti Marazzi Superficie 2.150 mq Cronologia 2018-2022 [ 104 ]

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Comando della Guardia di Finanza

Trasformazioni urbane

Evidente, dai render e dalla sezione, la scalettatura dei piani del nuovo volume attualmente in costruzione, che ad ogni livello genera terrazze sulle quali si aprono intere pareti vetrate (foto e disegni courtesy demogo).

Il progetto per il nuovo insediamento del Comando della Guardia di Finanza della Regione Emilia Romagna contribuisce alla rigenerazione di un comparto urbano a sud della stazione ferroviaria di Bologna. Conservando ed estendendo l’impronta a stecche regolari dell’attuale caserma, il progetto intrude però una nuova conformazione in alzato e in sezione, con un nuovo volume che si inserisce come un elemento scalettato fondato sulla relazione visiva e spaziale dei singoli piani con il centro della città. Percepibile lungo l’asse ferroviario, il fronte più alto verso ovest si articola con altezze degradanti verso il confine est del lotto. Tale conformazione permette di inserire ad ogni piano una lobby vetrata, generando spazi di lavoro di qualità e stabilendo un’interazione visiva con l’ambiente esterno. Ogni piano dà luogo a una terrazza verde con piantumazioni e arbusti contenuti in grandi vasche. Tali soluzioni miglioreranno la vivibilità degli spazi e l’illuminazione interna dell’edificio. Il volume – composto da facciate in curtain wall – è ulteriormente scandito e ritmato da una seconda pelle formata da lamelle metalliche regolari, collocate per stabilire un ombreggiamento continuo soprattutto lungo il lato sud. La colorazione della pelle esterna è una variante di rosso intonata con le facciate in mattoni degli edifici circostanti. Un sistema di captazione delle acque meteoriche consentirà di conservarle riutilizzandole poi per l’irrigazione delle aree a verde.

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› I PROFILI DI LPP In questa pagina, lo spazio interno interamente in legno è caldo e protettivo anche se la vista sulla vallata può procurare vertigini. A destra, nel contesto della Forcella Marmarole il bivacco appare come un cannocchiale puntato sulla valle. La sezione rende bene il concetto di equilibrio instabile della sua architettura (ph. ©Iwan Baan).

2.667 S.L.M.M

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Bivacco Fanton

Habitat estremo

Località Forcella Marmarole, 2.667 m slm, Auronzo di Cadore (Belluno)

Committente CAI – Sezione Cadorina di Auronzo Progetto architettonico Demogo Progetto strutturale generale Franzoso ingegneria Progetto strutturale guscio

Advanced Mechanical Solutions

Progetto illuminotecnico Nadir Mognato Rivestimento esterno in Rheinzink Alpewa Isolamento Soprema Group Rivestimento interno Dolomwood Serramenti Aldena Opere di fondazione Consorzio Disgaggi Padolese Superficie 30 mq Posti letto 12 Cronologia 2016 (progetto) – 2018-2021 (costruzione)

Impercettibile presenza posata su una forcella a 2.667 metri di quota, nell’impervia catena delle Marmarole, in un contesto fatto di roccia, luce, vento, neve e distanze, il bivacco Fanton si confronta con lo sconfinato ambiente naturale delle Dolomiti come un cannocchiale affacciato sul vuoto. L’architettura in alta quota assume significati estremi e interpreta istanze contraddittorie: il desiderio di esplorare e dominare il paesaggio e il bisogno di rifugio e protezione. Il bivacco sostanzia questo equilibrio instabile con lo spazio interno in legno, caldo e protettivo, e il guscio esterno fatto di strati di fibra di vetro racchiusi da un rivestimento di zinco-titanio. Il rifugio è un’architettura minuta dal profilo fortemente inclinato, con l’asse longitudinale che asseconda l’orografia del luogo e una sezione che mantiene la sua forte valenza nello spazio interno diventandone elemento generatore. L’asse visivo che ne deriva collega il sito alla vallata di Auronzo. Abitarlo procura forti emozioni: perdere sé stessi e la dimensione spaziale, trovare un habitat proprio, resistere, flettersi, ancorarsi, variare percezione, protendersi, inclinarsi, reagire, accumulare dilatazioni e contrazioni, farsi elitrasportare, scomparire nella neve, sentirsi spazzati dal vento, percepire la pressione dell’alta quota, quasi schiacciati – come l’architettura che vi accoglie – dalla grandezza di un paesaggio assoluto.

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› I PROFILI DI LPP

RHEINZINK ALPEWA Gli escursionisti ospiti del bivacco Fanton sono protetti da un guscio formato da strati di fibra di vetro rivestiti con lastre di zinco-titanio Rheinzink prePatina, che assicura una superficie resistente ma leggera (per la costruzione le lastre sono state elitrasportate una ad una) caratterizzata da bassa manutenzione e da una finitura naturale, mutevole e parte integrante della relazione tra l’edificio e l’impervio contesto alpino. Grazie a un processo brevettato di decapaggio, il tipico colore blu-grigio del Rheinzink prePatina proviene dalla stessa lega di cui è composto, senza fare ricorso a verniciature o altro genere di rivestimenti. Un colore che si avvicina molto a quello della patina protettiva che si sviluppa naturalmente man mano che il materiale viene esposto agli agenti atmosferici. Eventuali graffi superficiali che si verificano durante l’installazione scompaiono via via che si sviluppa la patina. www.alpewa.com

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Foto Iwan Baan

Oltre lo standard

Rivestiamo l’architettura Progetto BIVACCO FANTON Studio di architettura Demogo Installatore Piller Cottrer s.n.c. Materiale RheINzINk PRePATINA ChIARO

www.alpewa.com


› OSPITALITÀ

Sospesi tra affacci vetrati e strutture metalliche, si susseguono i moderni spazi dell’hotel, che convive con il museo e il parco archeologico pubblico, uno spazio dedicato all’esposizione di una selezione di oltre 30.000 manufatti storici.

Foto di Cemal Emden

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Foto di Emre Dörter


› OSPITALITÀ

Foto di Engin Gerçek (studiomajo)

THE MUSEUM HOTEL ANTAKYA

SOSPESO SOPRA LA STORIA UN EDIFICIO UNICO AL MONDO: MUSEO, SITO ARCHEOLOGICO E HOTEL CINQUE STELLE. PROGETTO DI EAA-EMRE AROLAT ARCHITECTURE

L’hotel sospeso sui reperti archeologici si trova ad Antiochia, in Turchia, nei pressi della costa mediterranea e del confine con la Siria, la città sull’antica via della Seta che divenne la terza più popolosa dell’Impero romano. Quando nel 2010 iniziarono i lavori per un nuovo albergo commissionato dalla famiglia Asfuroğlu, emerse un patrimonio nascosto nel sottosuolo. A quel punto il ministero per la protezione dei beni culturali e ambientali chiese all’investitore di avviare uno scavo archeologico scientifico. Sotto la supervisione di un comitato di esperti composto da archeologi, storici dell’arte, restauratori e architetti, vennero alla luce notevoli ritrovamenti appartenenti a diverse civiltà rendendo impossibile la costruzione di un edificio convenzionale. Si decise allora di coinvolgere lo studio EAA-

Emre Arolat di Istanbul che propose un nuovo programma integrando l’hotel all’interno di un museo pubblico che avrebbe esposto i manufatti ritrovati e di un parco archelogico al di sotto della linea di calpestio, facilmente accessibile dalla strada principale, che consentisse di visitare i resti delle costruzioni e i mosaici scoperti nel corso della campagna di scavi. In armoniosa coesistenza di pubblico e privato, l’albergo, sorretto da uno scheletro di travi e colonne di acciaio, ‘galleggia’ sopra più di mille metri quadrati di mosaici che sono stati scoperti.

Foto di Emre Dörter

Tra i reperti trovati durante i lavori di scavo anche 1.050 metri quadrati di pavimento di mosaico, la superficie continua mosaicata più ampia mai ritrovata al mondo.

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› OSPITALITÀ

EAA Emre Arolat Architecture

Courtesy EAA archives

Courtesy EAA archives

Il concept dell’architettura, sospesa su grandi pilastri di acciaio. Nello scheletro sono stati poi inseriti i moduli prefabbricati delle camere dell’albergo.

Fondato nel 2004 da Emre Arolat e Gonca Pasolar a Istanbul, lo studio, con sedi a New York, Londra e Istanbul e un team di più di 50 persone, lavora su progetti a varie scale, da piani regolatori urbani e aeroporti, a edifici residenziali e culturali e luoghi di lavoro. L’importanza architettonica di EAA è stata riconosciuta da molti premi, il più notevole dei quali è l’Aga Khan Award nel 2010 per Ipekyol Textile Factory a Edirne. Emre Arolat ha anche una presenza nel mondo accademico con conferenze e lezioni in scuole di architettura come la Yale School of Architecture, il Berlage Institute di Delft, il Pratt Institute di New York, la Rhode Island School of Design di Providence, la Cept University di Ahmedabad. www.emrearolat.com

Il dissotterramento è stato esteso all’intera area di superficie, più di 17mila mq, dando vita al primo scavo organizzato sistematicamente dagli anni Trenta in Turchia. Tra maggio e dicembre 2010, una squadra di 120 scavatori, 35 archeologi, 3 macchine e 10 camion ha lavorato giorno e notte per liberare il sito da più di 100mila metri cubi di terra, rivelando uno dei più stupefacenti ritrovamenti del XXI secolo.

CREDITI Località Antiochia, Turchia Committente e General Contractor ASF Hotel & Tourism Ltd.

Progetto architettonico, interior design EAA-Emre Arolat Architecture

Progetto di landscape DS Architecture Progetto illuminotecnico Studio Lighting Design Sistemi di illuminazione iGuzzini Consulente antincendio Mustafa Ozgunler&Karina Design Services

Consulente per le facciate Axis Façade Istanbul Progetto strutturale Nodus Engineering Consulting Co. Ltd.

Progetto impianti Termomek Eng&Besa; HB Teknik Company (impianti elettrici)

Foto di Cemal Emden

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Consulente acustico Danyal Karagozlugolu Superficie edificata 34.000 mq Investimento $ 120 milioni Area di scavo 17.131 mq


› OSPITALITÀ

Foto di Cemal Emden

Courtesy EAA archives

Foto di Engin Gerçek (studiomajo)

Molti degli ambienti comuni dell’hotel sono stati realizzati in blocchi vetrati costruiti sopra le tettoie di protezione degli scavi, ben visibili al di sotto. Altri blocchi interni, la cui disposizione riflette la struttura a corti interne dell’architettura tradizionale del Paese, contengono piscina, palestra e altre amenities tipiche di qualsiasi cinque stelle. Come una gabbia, il grande scheletro in acciaio dà origine agli alloggiamenti nei quali sono stati inseriti, per essere poi agganciati alle travi, i moduli prefabbricati delle 200 camere. L’adozione della tecnologia di costruzione a secco, con la produzione edilizia offsite e il sucessivo montaggio con gru hanno

consentito di evitare il tradizionale cantiere edile e con esso quella parola: ‘impossibile’, pronunciata all’inizio dalla commissione scientifica. Pochi metri sopra il sito archeologico sono stati realizzati gli ambienti museali, collegati alla rete di circolazione che con passerelle aeree e rampe atraversa fluidamente ogni livello, con una permeabilità visiva verso il sito, i reperti e gli ambienti comuni dell’hotel. Il Museum Hotel Antakaya è stato aperto dopo oltre dieci anni di lavori, diventando uno spazio di intersezione di esperienze e di epoche diverse, un luogo stratificato dove viaggiare nel tempo

Sotto le 200 camere dell’hotel e pochi metri sopra i ritrovamenti è stato realizzato il museo archeologico di Necmi Asfuroğlu, che contiene circa 35.000 reperti archeologici.

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› OSPITALITÀ

L’intervento ha riportato lo storico palazzo all’antico splendore. Arredi e materiali traggono ispirazione dal tema del viaggio. (ph. ©Andrea Martiradonna).

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› OSPITALITÀ

RADISSON COLLECTION HOTEL, PALAZZO TOURING CLUB MILAN

IL FUTURO A CINQUE STELLE DEL TOURING CLUB ITALIANO LO STORICO PALAZZO LIBERTY NEL CUORE DELLA CITTÀ DIVENTA UN HOTEL DI LUSSO FIRMATO DA MARCO PIVA

L’edificio milanese intitolato al geografo e speleologo Luigi Vittorio Bertarelli, tra i fondatori del Touring Club Italiano, è stato interamente restaurato e riqualificato attraverso un’operazione di grande interesse culturale. Studio Marco Piva, per esaltare il patrimonio storico del palazzo, ancora di proprietà del TCI, ha trovato ispirazione nel tema del viaggio che da sempre permea le sue sale. L’intervento ha riportato l’edificio costruito nel 1915, su progetto di Achille Binda, alla sua raffinatezza originaria: l’hotel a 5 stelle di Radisson Collection si propone come riferimento per un turismo evoluto in dialogo con la città in un itinerario senza tempo sospeso fra passato e futuro. Tra le principali aree d’intervento: il recupero della facciata monumentale, la risposta alle nuove esigenze con il cambio di destinazione d’uso e la riconversione degli spazi, mantenendo al tempo stesso un legame con le funzioni preesistenti. Tutto all’insegna di un

progetto curato nei dettagli che coniuga valori storici e moderni. Innanzitutto la facciata. Palazzo Bertarelli si presentava alquanto provato. Un minuzioso lavoro di pulitura ha permesso di riportare alla luce le bugne e di valorizzare i tanti elementi neoclassici che la caratterizzano: dalle lastre di marmo agli elementi in ferro battuto di Alessandro Mazzucotelli, fino alle imponenti cancellate sugli ingressi principali. Il ritmo di facciata è ora scandito da un nuovo sistema illuminotecnico. Le finestre inquadrate da lesene sono affiancate da colonne al primo piano e da paraste al secondo che al terzo lasciano il posto a bifore con archi a tutto sesto. Nella parte centrale svettano eleganti trifore che sovrastano l’ingresso colonnato. All’interno, Studio Marco Piva ha progettato spazi fluidi, che creano una connessione osmotica tra interno ed esterno. Nella hall permane il rivestimento originale con le incisioni su pie-

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› OSPITALITÀ

Studio Marco Piva Fondato dall’architetto Marco Piva nel 1997, lo studio ha sede a Milano e filiali a Dubai, Abu Dhabi, San Pietroburgo, Mosca, Mumbai, Pechino, Shanghai, Doha e Los Angeles. Opera nel campo della progettazione architettonica, del master planning, dell’interior, exhibition e industrial design. È nota l’attività di ricerca dello studio sui caratteri formali e funzionali degli spazi, sulle tecnologie e sui materiali, sviluppate con attenzione all’ambiente e alla continuità progettuale tra architettura e interior design. Nel corso degli anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi. Nel 2002 ha dato vita a Atelier Design, un centro di ricerca e sviluppo per l’industrial design. Marco Piva insegna in diverse facoltà straniere e dal 2016 è docente del master universitario in Interior Design del Politecnico di Milano. Nella sua carriera ha lavorato per le più importanti aziende di arredo del panorama italiano. www.studiomarcopiva.com

CREDITI Località Milano Committente Igefi, Radisson Hotels Progetto architettonico e interior design Studio Marco Piva

Progetto esecutivo e direzione lavori CSA Corrado Serafini Architetti

Progetto strutturale Studio Michaelides Associati Progetto impiantistico ESA engineering Progetto di restauro Coo.Be.C. Società di costruzioni Di Vincenzo Dino & C Climatizzazione Mitsubishi Electric Arredo bagno Caleido, Ideal Standard Arredi Pedrali Luci Penta Forniture bar e cucine Ali Group Superficie costruita 5.400 mq Cronologia 2019-2021 Fotografie Andrea Martiradonna Quella che fu la libreria Touring rivive in uno spazio multifunzionale che ospita la collezione di libri, guide e mappe provenienti dall’archivio del Touring Club.

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› OSPITALITÀ

«Con il mio studio ho un obiettivo: vivere il presente preservando il passato e progettando il futuro. Questa è la prospettiva che ha guidato il restauro di Palazzo Bertarelli, valorizzando ogni aspetto dell’edificio originario, permettendo alla sua anima elegante e sofisticata di viaggiare nel ventunesimo secolo». Marco Piva

Qui gli arredi sono custom, il legno scuro è impreziosito da inserti in metallo e l’illuminazione è radente. Foto di Andrea Martiradonna.

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› OSPITALITÀ tra dei nomi dei soci fondatori del Club; arredi morbidi e confortevoli sono inseriti in un unico grande spazio dedicato all’accoglienza. Su due livelli, gli ambienti del Bistrot Bertarelli 1894 Milano, che originariamente ospitava la storica libreria del TCI, sono ora adibiti a bar, sala colazione, libreria e agenzia viaggi. Il layout garantisce al cliente una condizione inusuale di privacy e al tempo stesso di convivialità. Il percorso che accompagna lungo le camere standard si esprime attraverso un susseguirsi di portali semplici dai dettagli in metallo. Lo sviluppo lineare di boiserie in legno scuro su entrambi i lati dei corridoi evoca il corridoio di un wagon-lit che conduce all’interno della camera. Le stanze dagli alti soffitti sono pavimentate con un parquet in rovere affumicato dalle svariate cromie posato a spina di pesce. La Sala del Consiglio del Touring – collocata al piano primo e al centro dell’edificio – è stata trasformata nella Presidential Suite: un luogo privilegiato la cui balconata affaccia su Corso Italia. La zona notte separata consente di utilizzare la suite anche per piccoli meeting o eventi privati. Le junior suite si contraddistinguono invece per un ampio open space e la collocazione strategica con una splendida vista sulla città. Alcune di esse si ritrovano anche al quarto piano o piano loft – l’ultimo livello di camere – composto da 13 camere suite completamente diverse l’una dall’altra e definite da una particolare texture a parete che corre perimetralmente su tutta la stanza. In questo affresco di storico e contemporaneo insieme, Studio Marco Piva ha disegnato custom la maggior parte degli arredi che, attraverso la scelta dei materiali, le finiture e la cura meticolosa per il dettaglio, rievocano quelli che nell’immaginario comune sono elementi legati al viaggio e alla storia fondativa del Touring Club Italiano. Per esempio il segno del cerchio, presente

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MITSUBISHI ELECTRIC / CLIMAVENETA

Un sistema evoluto

in modo ricorrente in tutto l’albergo come nell’illuminazione decorativa, richiama l’idea del mappamondo, degli assi cartesiani e della ruota della bicicletta (Il TCI venne fondato nel 1894 da un gruppo di velocipedisti, con l’intento di diffondere i valori ideali e pratici del ciclismo e del viaggio). La scelta della pelle per tutte le testate letto rimanda alla configurazione delle sedute nei vagoni dei treni, mentre inserti materici e dettagli di arredo riportano all’iconografia della valigia. Infine, il Touring Table: un tavolo con gambe imponenti, realizzato su disegno di Marco Piva, collocato nella libreria per circa tre metri di lunghezza, concepito per essere un luogo di condivisione e la cornice ideale per la ripartenza del settore hospitality in Italia

La progettazione impiantistica sviluppata da ESA Engineering, come ci spiega l’ingegner Francesco Gori, si basa sulla geotermia a bassa entalpia, attraverso pozzi che prelevano acqua dalla falda successivamente rilasciata in una roggia che corre sotto il manto stradale: al vantaggio energetico – si tratta di tre unità Mitsubishi Electric a marchio Climaveneta Necs-WQ 1104 – si unisce il contributo all’abbassamento del livello della falda acquifera milanese. Tutte le macchine sono state installate ai piani interrati, liberando la copertura. La distribuzione canalizzata a 4 vie può fornire caldo e freddo simultaneamente. Adottato anche il sistema di recupero dei cascami di calore waterloop heat pump che in estate fornisce un contributo sostanziale alle macchine Climaveneta per la produzione di Acs. I gruppi idronici sono gestiti dal sistema centralizzato di controllo Manager 3000 di Mitsubishi Electric che si interfaccia con l’Operation Management System di Radisson.

Oltre agli elementi custom progettati da Marco Piva, le stanze dell’hotel sono arredate con le sedute Nemea di CMP Design di Pedrali, che richiamano il dialogo tra classicità e contemporaneità dell’intero progetto.


› OSPITALITÀ

La cascata di luce che attraversa l’ingresso con la scenografica scala principale ha linee scultoree ottenute con le lampade Yan di Penta di due diverse grandezze. Penta, parte del polo dell’illuminazione Auralis, ha realizzato su disegno di Marco Piva anche il monumentale lampadario collocato sopra il bancone del bar.

All’interno dei bagni delle camere sono stati inseriti 93 radiatori della collezione ICE di Caleido in versione elettrica senza barra portasciugamani, scelti per il design puro ed essenziale e per le alte prestazioni certificate.

IDEAL STANDARD Tutti i bagni dell’Hotel Radisson si differenziano uno dall’altro e promuovono un gioco di contrasti attraverso finiture di grande carattere. I lavabi da appoggio Strada II e i sanitari Tesi sono stati scelti dallo Studio Marco Piva per esaltare lo stile contemporaneo degli ambienti. Firmate da Studio Levien per Ideal Standard, le collezioni si distinguono per le linee morbide, i profili discreti e il delicato minimalismo. Uno stile che conferisce nuova flessibilità a progetti che mirano a coniugare design e performance, due caratteristiche che fanno di Ideal Standard un partner ideale per i progetti contract, dove è centrale l’utilizzo di prodotti che combinino design, prestazioni e durabilità. www.idealstandard.it

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› OSPITALITÀ

In apertura, il ficus al centro della grande scala che collega i tre piani di spazi comuni e sale meeting. A sinistra, dettaglio dei nuovi arredi custom, che fungono al tempo stesso da separazione e unione degli ambienti.

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› OSPITALITÀ

MELIÁ MILANO

GREEN STYLE HOTEL SEGUENDO LE LINEE GUIDA DI ALVARO SANS DIRETTORE ARTISTICO DI MELIÁ, LO STUDIO DI VITTORIO GRASSI HA CURATO IL RESTYLING DELLE PARTI COMUNI DEL BUSINESS HOTEL MELIÀ. PIANTA LIBERA, ELEMENTI VEGETALI E NUOVI MATERIALI PER AMBIENTI APERTI E FUNZIONALI

Della destinazione originaria – progetto di ospitalità nato in occasione dei mondiali di calcio di Italia ’90 – l’hotel di via Masaccio a Milano, non lontano dallo stadio Meazza, ha conservato la vocazione di luogo di incontri e trattative del mondo sportivo anche dopo la sua acquisizione da parte di Meliá Hotel International, che a fine millennio era già intervenuta con un nuovo progetto di interni sviluppato da Alvaro Sans, direttore artistico della catena internazionale. Nel frattempo la città e il quartiere sono cambiati: scomparsa la vicina fiera campionaria, al suo posto è sorta Citylife, con gli uffici che generano occasioni

di incontro; è nato il centro congressi MiCo, altro elemento di attrazione di visitatori internazionali; e in città prosegue la discussione intorno al nuovo stadio di Milan e Inter e alla nuova volumetria residenziale e commerciale prevista dal masterplan. Premesse che, confermando la vocazione di business hotel del Meliá, ne imponevano il restyling per adeguarlo alle aspettative di una composita clientela internazionale. Il risultato è sorprendente: senza modificare di un centimetro le strutture dell’edificio, oggi il Meliá risulta infinitamente più spazioso e ricco di luce. Abolite tutte le aree monouso,

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› OSPITALITÀ

lo spazio congressuale è raddoppiato e il passaggio da un’ambiente all’altro è diventato più fluido, con spazi informali che ruotando intorno a installazioni vegetali concepite come giardini interni si alternano ad altri più strutturati. Arredi su misura, leggeri e permeabili allo sguardo, separano e uniscono allo stesso tempo. Decisivo il ruolo del verde e dei materiali, alcuni dei quali nemmeno esistevano nel 1998, quando venne eseguito il primo restyling. Come il Silestone di Cosentino, con le sue proprietà antibatteriche e una gamma di finiture tra le quali il luminoso Et Marquina nero – scelto per il bancone e il tavolo comune del bar Elyxir e per le washroom – che dialoga con il marmo spagnolo dei pavimenti e dei top dei tavoli del ristorante Mamì, a sua volta arredato con sedute e poltrone Pedrali che gli [ 122 ]

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conferiscono uno stile contemporaneo. La hall, che riceve luce anche dall’alto, grazie alla tripla altezza appare come un’ampia corte coperta al centro della quale si erge un grande ficus. Intorno, una monumentale scala guida gli ospiti verso le ampie sale meeting al primo piano a all’interrato. Al grande ficus centrale si aggiungono numerose essenze vegetali, rigogliosi decori botanici che, nelle intenzioni di Alvaro Sans, richiamano i giardini segreti delle corti milanesi. Un altro degli elementi portanti del progetto è la luce, valorizzata da alti lucernari e sontuosi lampadari di cristallo rimasti inalterati durante il restyling. Dal punto di vista funzionale è stata attuato un attento controllo tecnico per garantire i più elevanti standard in termini di sicurezza, innovazione e sostenibilità.

Più in generale, spiega Vittorio Grassi, fondatore di VGA, «abbiamo attualizzato il concept in un progetto che enfatizzasse la peculiarità di questo gioiello nella città di Milano. Lavorando fianco a fianco con l’architetto Sans, abbiamo reso protagonisti degli interni materiali di origine naturale in grado di restituire a pieno la propria essenza, affiancati a grandi superfici specchiate, conferendo agli spazi un aspetto al contempo elegante e accogliente»

Dall’alto, le sedute Blume con il tavolino Inox nella sala breakfast. Nel ristorante Mamì, le sedute imbottite Jazz e Babila. Tutto Pedrali.


› OSPITALITÀ

Vittorio Grassi Architects Lo studio Vittorio Grassi Architects è composto da un team internazionale di architetti, urbanisti e interior designer, che concepisce e sviluppa progetti alle diverse scale, dalla pianificazione urbana a progetti di edilizia pubblica, complessi residenziali, uffici e spazi commerciali in tutto il mondo. www.vittoriograssi.it

CREDITI Località Milano Committente Meliá Hotel Internationals Concept Alvaro Sans Progetto esecutivo e direzione artistica Vittorio Grassi Architects

Project and construction management Hill International

Arredi di serie Pedrali Rivestimenti Silestone Cosentino Listelli lignei Alpi Porte Lualdi Maniglie Olivari Pareti mobili Oddicini Verde Peverelli Cronologia ottobre 2020 (progetto) febbraio 2021 (inizio lavori) agosto 2021 (consegna).

Cura dei dettagli, attenta ricerca dei materiali e degli accostamenti cromatici per un restyling di gusto decisamente milanese.

Stile e funzionalità Ai materiali naturali – marmo, legno e verde – nel restyling del Meliá si aggiunge la superficie ibrida Silestone di Cosentino, da quest’anno tra l’altro prodotta con la tecnologia HybriQ che prevede un processo produttivo che fa uso al 98% di acqua riciclata e del 100% di energia da fonti rinnovabili. Il nero Et Marquina della collezione Eternal è stato scelto per i piani del bar Elyxir. «La finitura opaca Suede – afferma Vittorio Grassi – regala al tatto una sensazione di comfort unica. Inoltre – prosegue l’architetto milanese – l’estetica, replicando accuratamente le venature e le tonalità di marmi esotici pregiati si abbina particolarmente bene con i marmi spagnoli presenti un po’ ovunque negli ambienti comuni e con lo stile dei tessuti ignifughi Vescom dei tendaggi». Silestone è stato scelto anche per le washroom, ambienti di particolare importanza per un business hotel che in una stessa giornata può ospitare anche tre o quattro diversi meeting e conferenze. «Esatto – conferma Vittorio Grassi – la funzionalità è un elemento fondamentale per la gestione di un hotel e nel caso di un business hotel le aree washroom possono essere molto frequentate. I rivestimenti in Silestone – qui in finitura lucida – ci hanno permesso di mantenere lo stile che volevamo ma con una facilità di manutenzione adeguata agli standard igienici che ci si attende da un cinque stelle». www.cosentino.com

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› OSPITALITÀ

UN PROGETTO-NARRAZIONE ISPIRATO ALLA DIVINA COMMEDIA INTERPRETATA CON TOCCO IRONICO E PROVOCATORIO ALL’INTERNO DI UN COMPLESSO MONUMENTALE RIQUALIFICATO DOPO ANNI DI ABBANDONO. PROGETTO ARCHITETTONICO DI GLA. INTERNI DI PAOLA NAVONE

25HOURS HOTEL SAN PAOLINO, FIRENZE

COMMEDIA TERRENA

NEL CUORE DELLA CITTÀ Da poco inaugurato a Firenze, il 25hours Hotel Piazza San Paolino è il primo in Italia della società, ora parte del gruppo Accor, fondata nel 2005 da Christoph Hoffmann che gestisce 12 strutture in Paesi di lingua tedesca e a Parigi, oltre alle prossime aperture di Dubai, Copenaghen, Sydney e Melbourne. L’albergo si trova a pochi passi da piazza Santa Maria Novella nel complesso dello storico Monte de’ Pegni della Cassa di Risparmio di Firenze, dove si trovava un monastero quattrocentesco poi diventato sede della banca, annesso alla chiesa di San Paolino. L’obiettivo del progetto di recupero architettonico a cura di GLA, Genius Loci Architettura, era duplice: gli importanti lavori di conservazione e recupero degli spazi storici del convento e la realizzazione di una nuova ala residen[ 124 ]

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ziale. Da un lato, la demolizione controllata e il recupero filologico dei 4.500 metri quadrati della porzione antica dove sono collocate 66 camere. Dall’altro, la nuova edificazione che ospita 104 stanze e un piccolo loft-appartamento con giardino privato e piscina oltre a nuove aree comuni, incluso un grande giardino esterno. Di dimensione notevoli per il centro storico di Firenze, l’intervento occupa un intero isolato, centrale eppure poco conosciuto, al confine tra l’elegante strada degli antiquari – via de’ Fossi – e la popolare via Palazzuolo, integrando due aree contigue e molto diverse. Fulcro di questa connessione urbana compiuta da Gla è il nuovo assetto dato alla piazza San Paolino. La realizzazione di un tipico sagrato fiorentino, che si distacca dalla viabilità circostante, ha dato

vita a una isola pedonale dedicata alla chiesa, alla cittadinanza e ovviamente all’hotel. Per l’insegna dell’ospitalità non è una novità sviluppare il potenziale di vuoti urbani e stabilire un saldo legame tra le città e le persone che vi abitano. Era avvenuto per esempio a Berlino, con il 25hours hotels Bikini, che nel 2014 aveva contribuito a rigenerare un’area controversa come quella dello Zoo di Berlino. Il design degli interni, curato da Paola Navo-

Sopra, grandi lampade tonde sospese tra le volte del palazzo. Spazi comuni e camere si sviuppano attorno a due corti (accanto e in alto a sinistra), una delle quali coperta con un grande skylight (ph. ©Dario Garofalo).


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› OSPITALITÀ

GLA Genius Loci Architettura Fondato più di vent’anni fa da Stefano Boninsegna, Andrea Grassi (nella foto) e Enrico Santi, GLA opera come studio di progettazione integrata seguendo il progetto dal concept alla consegna. Con 45 architetti nelle sedi di Milano e Firenze e studi affiliati a Roma e Dubai, lo studio è specializzato nella riconversione a uso direzionale di edifici storici e nella realizzazione di ambienti di lavoro. GLA realizza anche complessi residenziali di nuova costruzione, spazi commerciali, hotel e luoghi di soggiorno. Tra i progetti in corso o completati di recente la riconversione di Palazzo Broggi in piazza Cordusio, il progetto per il nuovo Consolato Americano di Milano (con Shop Architects) nell’area dell’ex poligono di tiro, la trasformazione in edificio residenziale della ex sede della Cassa di Risparmio di Firenze, il nuovo centro Gucci ArtLab. www.gla.it

L’intervento di restauro e ampliamento operato da GLA per il nuovo 25hours assume anche un carattere di riqualificazione urbana: il nuovo assetto conferito a piazza San Paolino (nella foto), con un tipico sagrato fiorentino staccato dalla viabilità circostante, dà vita a un’isola pedonale che integra due zone della città contigue ma molto diverse tra loro.

Il sistema di climatizzazione a 4 tubi (caldo/freddo simultaneamente) del 25 Hours è alimentato da cinque pompe di calore ad aria Climaveneta/ Mitsubishi Electric Necs-Q 0604-1204 collocate in copertura.

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Studio Otto Fondato nel 2000, Studio Otto è uno studio di design multidisciplinare nato dalla visione creativa dell’architetto Paola Navone. Il team di Studio Otto si occupa di interior e product design, alimentando una continua contaminazione creativa, la chiave per raggiungere la visione globale del progetto. Dalla scala architettonica a quella del design del prodotto, fino ai dettagli di stile e decorazione, Studio Otto lavora con un ampio elenco di clienti internazionali attraverso una gamma di progetti di interior design, design di mobili e accessori, grafica, stile e direzione creativa. www.paolanavone.it

Una grande varietà di ambientazioni tra interno e esterno negli spazi comuni disegnati da Paola Navone. Sotto, la Lounge Caminetto. Le camere e suite si ispirano all’Inferno dantesco (ph. ©Dario Garofalo).

Paola Navone, schietta, sognatrice, eclettica: nella sua anima convivono sapori e colori del sud del mondo, conosciuto, amato, frequentato, unite al gusto e alle forme dell’Occidente ricco di tradizioni, aperto, in movimento. Da tutto ciò, la sua inesauribile curiosità alla ricerca di materie, forme e strutture, al presente, passato e futuro. È architetto, designer, art director, interior designer. Moltissime le mostre e gli allestimenti curati in tutto il mondo. Collabora con le firme più importanti dello scenario internazionale e italiano nel mondo del design.

NESITE Tetris Floor è un sistema di pavimento sopraelevato a incastro paragonabile a un massetto proposto nelle dimensioni di 1200x600 e 600x600 mm. Permette la posa a secco grazie ad una speciale lavorazione maschio/femmina sulla costa del pannello. Non necessita dell’impiego di malte o colle in fase di installazione e riduce notevolmente i tempi di costruzione, non essendo soggetto ad asciugatura, oltre a garantire maggiore sostenibilità. I pannelli, realizzati in solfato di calcio con classificazione A1 e resistenza al fuoco REI 30, possono essere sormontati da quasi tipologia di finitura e misura (autoposante o incollata) ed è possibile prevedere solo punti specifici per la realizzazione di eventuali ispezioni. Questo sistema si è rivelato ideale per realizzare la pavimentazione di alcune aree del 25 Hours Hotel di Firenze, in un edificio risalente al Trecento. www.nesite.com

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ne e dal suo studio Otto, prende spunto dalla Divina Commedia di Dante: rossi intensi per le camere e gli ambienti ispirati all’Inferno, colori algidi ed eterei per il Paradiso degli ambienti pubblici, mentre il Purgatorio ha ispirato il decor dei corridoi che collegano le parti pubbliche e le camere. Come nella Divina Commedia, il racconto si svolge attraverso una travolgente esuberanza di particolari, colori, superfici, oggetti iper-espressivi che fanno immaginare di camminare tra i gironi danteschi. Per Paola Navone è stata l’occasione per sperimentare, nel modo eclettico e non convenzionale che le appartiene, un fitto gioco creativo fatto di rimandi simbolici, citazioni, digressioni che attraversano secoli e continenti. Tipica dei 25hours è l’offerta di ampi, diversificati e connotati spazi comuni. L’hotel di piazza San Paolino non fa eccezione, vi sono addirittura un cinema, che non poteva che chiamarsi Cinema Paradiso, e una sala biblioteca con un tavolo da biliardo. Gli ambienti concepiti per essere aperti alla città sono il ristorante San Paolino, la bottega di prodotti tipici Alimentari direttamente sulla piazza, il Nomadic Shop che propone una selezione di oggetti disegnati o selezionati da Paola Navone, la piccola Stanza di Bacco espressamente pensata per la degustazione di vini e il Companion bar, dove il pavimento in basalto rifuso si abbina a piani e dettagli in ottone satinato e in contrasto con il color petrolio delle pareti. Il cuore pulsante dell’hotel, al centro del palazzo, è la corte verde, sotto una grande cupola di vetro che riempie di luce il vasto ambiente ricco di piante vere e di tessuto. Infine, sul lato nord della corte centrale, la Lounge Caminetto è un intimo punto di incontro e testimone della lunga storia del palazzo trecentesco

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Accanto e nella foto piccola altri spazi comuni. Degno di nota l’accurato restauro che ha permesso di recuperare ambienti e materiali antichi (ph. ©Dario Garofalo).


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L’arredo degli spazi assume il carattere di una scenografia cinematografica: nella rilettura creativa che Paola Navone fa della Commedia la decorazione lascia il posto alla rappresentazione (ph. ©Dario Garofalo).

CREDITI Località Firenze Progetto GLA - Genius Loci Architettura Principal Andrea Grassi, Enrico Santi Project architect Niccolò Falleri Team Sara Carotti, Riccardo Lucherini, Francesco Tesi, Filippo Bonini, Stella Sciortino, Beatrice Conforti.

Interior design Studio Otto - Paola Navone Interior project leader Gian Paolo Venier Project management & construction management PMB consulting Due diligence tecnica, project monitoring Lombardini22

Ingegneria strutturale Milan Ingegneria Landscape Design Studio Makia MEP engineering Stimp Progetto illuminotecnico Lumen Opere edili e civili Ediltecno Restauri Impianti meccanici Gianni Benvenuto Climatizzazione Climaveneta/Mitsubishi Electric Serramenti in legno Cipriani Profili skylight Schüco, Mogs Elementi in pietra Casone Group Pavimenti sopraelevati Nesite Resine Gobbetto Carta da parati Vescom Lampadari Slide Arredi outdoor Ethimo Superficie 10.750 mq Cronologia 2017-2021

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A destra la grande piscina dell’hotel. Sopra, il fronte ovest con il ballatotio, aperto e protetto dal sistema frangisole Griesser (ph. ©Moreno Maggi).

SICILIA’S HOTEL, ACI CATENA

SBALZI VOLUMETRICI TRA L’ETNA E LA RIVIERA DEI CICLOPI, UN PROGETTO DI ELEVATA QUALITÀ ARCHITETTONICA E PAESAGGISTICA AMPLIA L’OFFERTA TURISTICA DI UN ALBERGO A QUATTRO STELLE SOSTITUENDO UN EDIFICIO OBSOLETO. PROGETTO DI SCAU STUDIO

Non nuovo alla progettazione di edifici a destinazione turistico-alberghiera in Italia e all’estero, è però questo il primo caso in cui Scau Studio si è trovato ad affrontare il tema della sostituzione edilizia, eliminando un obsoleto edificio residenziale per costruire una nuova struttura che ampliasse l’offerta ricettiva di un quattro stelle esistente sulla collina di Vampolieri, ad Aci Catena. La configurazione del lotto di circa 2mila metri quadrati – che presenta un dislivello di circa 3 metri verso il lato est – ha suggerito di disporre il volume a gradoni, avvalendosi dell’artificio dello slittamento dei piani e distendendo la costruzione lungo l’asse nord-sud. L’edificio lineare che ne risulta, formato dalla sovrapposizione di tre parallelepipedi di diversa lunghezza e caratteristiche, appare così meno invasivo nei confronti del paesaggio circostante e allo stesso tempo ne sfrutta ap-

pieno le peculiarità: con grandi vetrate e logge protette tutte le nuove camere e suite, disposte lungo il fronte est, guardano verso il mare. Pareti di verde verticale formate da elementi di acciaio Cor-ten separano le terrazze delle camere proteggendone l’intimità; al primo piano la sequenza delle terrazze si conclude con una cornice vuota, a doppia altezza, che crea una sorta di portale a segnalare l’ingresso della struttura. Il fronte ovest si apre invece verso gli spazi esterni mediato da un grande portico caratterizzato da pilastri di dimensioni volutamente accentuate. Al di sopra un percorso a ballatoio, aperto e protetto da un sistema frangisole di Griesser, sviluppa la distribuzione verso le camere e si conclude in una passarella che raggiunge una torretta rivestita, come i muri di contenimento, in pietra lavica a spacco e la scala che scen-

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› OSPITALITÀ

Scau Studio

A destra piante del piano terra e del primo piano. Sotto, il grande portico caratterizzato da pilastri di dimensioni volutamente accentuate (ph. ©Moreno Maggi).

Fondato nel 1980 da Angelo Vecchio (1955, laurea in Ingegneria civile a Catania e in Architettura a Reggio Calabria) e Angelo Di Mauro (1953, laurea in Ingegneria civile a Catania) Scau, tra i più dinamici e affermati studi di architettura della Sicilia, sviluppa progetti di architettura e urbanistica alle diverse scale, concentrandosi in particolare sulla tipologia della residenza privata, con un approccio che deriva dalla profonda conoscenza del patrimonio storico e naturale locale. Caratteristica dello studio la mediazione tra elementi costruiti e naturali e la creazione di percorsi fluidi che favoriscono l’interazione tra l’architettura e il paesaggio, nonché l’uso del colore e il dialogo tra forme storiche e geometrie di matrice modernista. Da anni Scau opera anche all’estero, in particolare a Malta e in Medio Oriente, con diversi progetti tuttora in corso. www.scau.it

CREDITI Località Aci Catena Progetto architettonico Scau Studio Team Angelo Vecchio (capo progetto) Angelo Di Mauro, Alfio Cavallaro Andrea Mazzeo, Fabrizio Ciurcina Roberto Nigro

Strutture Carmelo Lanzafame Geologo Alessio D’Urso Consulenti Marcello Coco, Alfio Leonardi, Carmelo Seminara

General contractor Costruzioni Edili Cannavò Pavimenti e rivestimenti Marazzi Decking piscina Novowood Pietra Fratelli Messina Marmi Intonaci e cappotto Saint-Gobain Weber Serramenti Cardillo Frangisole Griesser (forniti da Greco Serramenti) Luci Flos, Linea Light Sistemazioni a verde Vivai Evergreen Superficie lotto 2.000 mq Superficie costruita 1.200 mq [ 132 ]

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de alla piscina, circondata da un decking di Novowood. Sui lati corti i volumi risvoltano a sbalzo, con differenti caratteristiche formali, concludendo i parallelepipedi nell’intento di scandire ulteriormente la continuità dei piani. Il degradare del terreno è reso più evidente dal modo in cui i lati di minore lunghezza si aprono verso il giardino. Un grande solarium in copertura, con vista panoramica sul mare e sull’Etna, completa l’insieme.

Sui lati corti i volumi risvoltano a sbalzo, con differenti caratteristiche formali (ph. ©Moreno Maggi)..

Il sistema strutturale costituito da pilastri, travi e solai in cemento armato, le pareti in blocchi poroton, ulteriormente isolate mediante un sistema a cappotto, l’acciaio Cor-ten utilizzato per diversi componenti, la pietra lavica a vista e i parapetti in vetro caratterizzano l’immagine del complesso, che una passerella aerea di servizio superando il dislivello del lotto collega alla struttura esistente. Come da filosofia progettuale di Scau, anche in questo caso grande cura è stata posta nel progetto di paesaggio

GRIESSER Al primo piano del lato ovest dell’edificio, il corridoio di distribuzione che affaccia sulla piscina è protetto daL sistema frangisole autoportante Solomatic II 80 a cavi di Griesser, in una colorazione speciale simile all’acciaio Corten, scelto per molti dettagli esterni e interni. Con guide a filo posteriori e laterali, il sistema, installato dal locale rivenditore Griesser Greco Serramenti, Solomatic assicura un ombreggiamento ideale per il fronte esposto al caldo del pomeriggio. All’interno, la luce che filtra tra le lamelle ricrea quella sensazione di freschezza e tranquillità che si sperimenta d’estate nelle abitazioni mediterranee. www.griesser.it

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› DESIGNCAFÈ CROCEVIA CULTURALE L’Accademia di architettura di Mendrisio compie 25 anni e questo libro di Mario Botta, che la fondò insieme al compianto Aurelio Galfetti, ne ripercorre la storia. Già il nome, che si richiama alle tradizioni umanistiche, distingue un’offerta didattica volta al dialogo tra discipline diverse e apparentemente lontane dall’architettura, con storici, filosofi, artisti e scienziati che interagiscono con architetti e urbanisti. Nel delineare il profilo ideale dell’architetto “targato Mendrisio” si manifesta la spinta e l’intelligenza progettuale di questa istituzione, che in soli venticinque anni ha guadagnato largo credito tra le scuole di architettura coinvolgendo le maggiori personalità del panorama internazionale. Nel libro Mario Botta approfondisce le ragioni e i felici esiti delle centinaia di collaborazioni, non mancando di rilevare anche il ruolo di cerniera culturale tra il mondo nordico e quello mediterraneo. Con oltre 800 studenti iscritti e docenti di 40 differenti nazionalità oggi Mendrisio è un luogo di scambio culturale unico nel contesto europeo.

MILANO TRA MODERNITÀ E GLOBALISMO Riprende il titolo di un fortunato volume pubblicato nel 1996 e come allora si avvale della collaborazione di Enrico Baleri il libro in cui Fulvio Irace, dopo avere ripercorso con accurata esattezza la storia dell’architettura moderna milanese del dopoguerra, allarga la ricerca alla Milano modernissima dell’oggi. Che non comincia nel 2015 dell’Expo ma trent’anni prima, con la committenza illuminata della Pirelli che promuove un concorso internazionale per i 400mila metri quadrati della Bicocca dismessa, vinto dallo studio Gregotti. In una città diventata oggetto di investimenti dei grandi fondi internazionali che all’architettura chiedono solo di “dispiegare la potenza mediatica delle sue forme”, Irace rintraccia tuttavia esempi (dall’Hangar Bicocca alla Fondazione Prada, dal Memoriale della Shoah – dove non a caso il volume è stato presentato insieme a Mario Botta – alla Fondazione Feltrinelli alla Bocconi delle Grafton e in parte di Sanaa) di un’architettura che non è solo brand e che mantiene viva la singolare e diffusa ‘colta coralità’ di un tessuto urbano plasmato dagli architetti e dai committenti del dopoguerra. Ai testi si alternano fotografie di Gabriele Basilico e reportage commissionati a Marco Introini, Filippo Romano, Paolo Rosselli e Giovanna Silva.

Fulvio Irace Milano Moderna 24 Ore Cultura, Milano, 2021 240 pp, 150 ill., 13 euro ISBN 978-88-6648-577-3

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Mario Botta Tracce di una scuola Electa, Milano, 2021 424 pp, 35 euro ISBN 978-88-9282-127-9

ANNUNCI IMMOBILIARI Per alcuni vivere a Milano è un destino, per altri una scelta ma per molti è un passaggio obbligato. Forse transitorio ma inevitabile: per studio, per lavoro, per curarsi. E la più europea delle città italiane, altrimenti ti tocca andare all’estero, è anche ‘pragmatica’, che in altre parole significa saper trarre il massimo vantaggio dalle circostanze. È il mercato, e anche quello degli affitti – come ‘lo sleep di Autocad’ di cui scrive Cino Zucchi nel saggio che accompagna questo libro – genera mostri. Sono le piante che Alvar Aaltissimo, il nome con cui l’architetto napoletano Fabrizio Esposito si presenta, seguitissimo, sui social, raccoglie in questo libro. Ciascuna correttissima quanto a notazioni grafiche, ciascuna inabitabile come gli appartamenti, le stanze condivise, gli antri e gli altri orrori immobiliari che per cifre salatissime (ecco il terzo superlativo) i pragmatici proprietari milanesi mettono a disposizione degli ospiti. Da leggere dalla prima all’ultima pagina (e da seguire @aaltissimo).

Alvar Aaltissimo Case milanesissime Corraini Edizioni, Mantova, 2021 118 pp, 13 euro ISBN 978-8-87570-971-6


elements Ambiente Bagno a cura di Elena Riolo

Il bidet di Le Corbusier nell’appartamento dell’Immeuble Molitor a Parigi. Ph. Antoine Mercusot, ©Adagp / Fondation le Corbusier

NEGLI ULTIMI DUE ANNI SONO TORNATI DI ATTUALITÀ I PRINCIPI DI IGIENE CHE PORTARONO ALLO SVILUPPO DELL’AMBIENTE BAGNO MODERNO E CHE SEMBRAVANO DIMENTICATI A FAVORE DI UNA TOTALIZZANTE IDEA DI ‘BENESSERE’. CON ESSI, ANCHE GRAZIE ALLA RICERCA DELL’INDUSTRIA DEL SETTORE, TORNANO ATTUALI NELL’ARREDOBAGNO E NELLA RUBINETTERIA FORME SEMPLICI E INTRAMONTABILI. COSÌ A CERSAIE ABBIAMO OSSERVATO COME PULIZIA DELLE LINEE E FUNZIONALITÀ ABBIANO IL SOPRAVVENTO SULLA RICERCA DELLA NOVITÀ, TALVOLTA ANCHE A DISCAPITO DELL’ERGONOMIA. MENTRE I NUOVI MATERIALI OFFRONO UNA LIBERTÀ CREATIVA E COMPOSITIVA UN TEMPO IMPENSABILE.


HANSGROHE AXOR ONE. La tecnologia Select, utilizzata per la collezione completa di 31 miscelatori per il lavabo, la vasca e la doccia della linea Axor One, disegnata da Barber Osgerby, consente un controllo preciso dell’acqua e della temperatura. La linea può essere personalizzata in nero opaco o nella superficie Axor FinishPlus. Parte del Gruppo Hansgrohe, Axor è il marchio di prodotti distintivi per bagni e cucine sviluppati in collaborazione con designer di fama mondiale, tra cui Philippe Starck, Antonio Citterio, Jean-Marie Massaud.

www.axor-design.com

CALEIDO

AGAPE

1000 RIGHE 100 RIGHE. Gabriele e Oscar Buratti sono partiti dalla luce e dai suoi effetti di chiaroscuro per immaginare e progettare il termoarredo che, grazie alla sua texture tridimensionale, genera riflessi, ombre e disegni inaspettati.
 Le due varianti – 1000 righe e 100 righe – danno vita a due texture che interpretano la tecnica dello scavo della superficie piana per comporre scanalature verticali concave: la prima si presenta con un passo più fitto e ripetitivo, la seconda traccia un ritmo più leggero e arioso.

EVO21. Ideato da Giampaolo Benedini, il nuovo programma di contenitori si basa su una struttura architettonica aperta e ridotta agli elementi compositivi essenziali, come risposta alle esigenze di ristrutturazione leggera. Il suo nucleo è costituito da una cassa chiusa su tre lati – i fianchi e la base – e due catene orizzontali che danno stabilità e tenuta. L’assenza di pannello sul retro e il piano su cui si possono inserire senza vincoli di posizione i lavabi permettono una grande flessibilità di collocazione dei contenitori e dei raccordi con gli scarichi.

www.caleido.it

www.agapedesign.it

ACQUABELLA FLOW ZERO. Il nuovo piatto doccia è liscio e minimale, con una consistenza microtexturizzata realizzata in Akron, materiale brevettato dall’azienda spagnola che combina il poliuretano con le cariche minerali. Con proprietà antibatteriche, il materiale viene compattato in massa per ottenere una finitura solida e rinforzata. Flow Zero è disponibile in un’ampia gamma di colori, dai classici Standard alle tonalità Naturally Made, fino a qualsiasi sfumatura della cartella colori RAL/NCS.

www.acquabella.com

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elements_ambiente bagno Roberto Palomba è cofondatore di Palomba Serafi ni Associati e Chief Design Officer di Ideal Standard, ruolo che va oltre la semplice direzione artistica, per indicare le visioni strategiche del nuovo dna aziendale.

RITMONIO TAORMINA. La collezione di miscelatori rivisita in chiave contemporanea elementi classici con linee aggraziate. La linea si declina in una gamma di prodotti completa per i diversi utilizzi: dagli appoggi, agli incassi a parete, fino ai soffioni doccia. Per alcune di queste configurazioni, la portata d’acqua è inferiore ai 6 litri/minuto, in linea con la naturale inclinazione di Ritmonio al design sostenibile. Proposta in 16 finiture, è disponibile con comando senza leva, più pulito ed essenziale, o con leva, per una sempre maggiore personalizzazione dell’ambiente bagno.

www.ritmonio.it

Icone nello scenario del contemporaneo. Ne parliamo con Roberto Palomba Tipo-Z rappresenta la lettura contemporanea di un’icona del passato. Come si integra l’innovazione in forme archetipe e senza tempo?

Credo nei progetti che superano i limiti di quel che è stato creato prima di noi, aff rontando ogni giorno nuove sfide nel design del bagno. Quella in corso con Atelier Collections è un’operazione affettiva che ricuce una storia importante con un futuro emozionante. Non vogliamo attualizzare un’icona né compiere un tributo, ma rileggiamo in modo critico oggetti che hanno alimentato la nostra ispirazione, valorizzando l’incredibile patrimonio di Ideal Standard. Sono quindi oggetti al 100% originali ad alta tecnologia di cui è riconoscibile la matrice di partenza. L’azienda ha chiamato in campo tutte le migliori competenze per sfidare le leggi della ceramica e raggiungere l’eccellenza. Sono stati creati nuovi metodi e nuovi supporti per le varie fasi di lavorazione, è stata abbandonata ogni regola prestabilita per recuperare aspetti legati all’artigianalità e all’intervento umano, permettendo di produrre lavabi davvero unici.

Foto ©Carlo William Rossi+Fabio Mureddu

IDEAL STANDARD TIPO-Z. La moderna lettura firmata da Ludovica+Roberto Palomba del lavabo Zeta creato nel 1954 da Gio Ponti è tra i prodotti più rappresentativi della linea di design Atelier Collections. Grazie all’alta tecnologia applicata, è stato possibile realizzare Tipo-Z in un unico pezzo, una singola struttura completa, dando vita al primo lavabo leggero, resistente e ultra-sottile con colonna e bacino integrati, un risultato che non sarebbe stato tecnicamente ottenibile nel 1954.

www.idealstandard.it

GESSI VENTI20. L’immaginario è chiaro. Con misurate note retrò, senza desideri di repliche nostalgiche, la collezione Venti20, concepita da Gessi con il designer-artista spagnolo Lazaro Rosa Violan, reiterpreta l’essenza giocosa e il senso dello stile tipici degli anni Venti. Dettagli con profili elegantemente decorati si raccordano a linee sobrie e rigorose, evidenziando la grande ricerca estetica e tecnologica che sottende la collezione di miscelatori, accessori e lavabi.

www.gessi.com

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CRISTINA RUBINETTERIE FOIL. La serie monocomando disegnata da Marco Pisati rivisita il rubinetto cilindrico, reinterpretato e attualizzato con un attento studio sulle dinamiche di curvatura. Il corpo e la bocca sono realizzati con due curvature differenti che generano una spinta che si conclude in una morbida raggiatura quasi semiellittica. La gamma è disponibile con numerose finiture: cromo, nero opaco, oro giallo, oro rosa – sia spazzolato sia lucido, entrambe pvd – e cromo nero sia lucido sia spazzolato fino al metallico spazzolato. Foil è stato premiato con l’Archiproducts Design Awards con una menzione speciale per la sostenibilità.

www.cristinarubinetterie.com

NOBILI

CORDIVARI DESIGN

VELIS. Linee pulite ed essenziali per Velis di Nobili, tracciate per esaltare le funzionalità della nuova cartuccia di miscelazione ecologica in Ultem 2200, un polimero solitamente impiegato in ambito chirurgico. La collezione, realizzata in ottone a bassa percentuale di piombo per garantire la massima sicurezza e igiene, comprende miscelatori monocomando da lavabo, a pavimento e a parete, da bidet e i gruppi doccia e vasca.

WINDOW. Il nuovo termoarredo in acciaio colorato, nato dalla collaborazione con l’Università Europea del Design di Pescara, è stato disegnato da Beatrice De Sanctis con linee semplici e pulite. Tra i concept degli studenti, Window è stato selezionato per le sue caratteristiche di innovazione che aggiungono positivi elementi come la modularità, la tridimensionalità, la personalizzazione e l’ergonomia che amplificano il valore del design in relazione alla sua fruibilità.

www.nobili.it

www.cordivaridesign.it

PORCELANOSA GRUPO COLUMN. Ispirata alle colonne doriche dell’antica Grecia, la collezione di lavandini in marmo, creata dal marchio L’AC - L’Antic Colonial - con Yonoh Studio, permette molteplici combinazioni grazie ai suoi 8 moduli personalizzabili. Per il mobile, la cui struttura metallica incorpora una piccola mensola in legno naturale, il cliente può scegliere diverse finiture (pietra e legno) e formati di specchio. Progettata in diverse larghezze, la collezione è composta da un mobile con un lavabo e un piano in pietra naturale, disponibile nei toni bianchi e scuri.

www.anticcolonial.com www.porcelanosa.com

BONOMINI CANALISSIMA. La canalina per lo scarico a filo pavimento per docce è stata ideata separando le parti a vista e quelle a incasso. Quest’ultime sono realizzate per essere durevoli nel tempo e per poter venire incontro alle necessità dell’installatore, con misure che vanno dai 20 ai 120 cm con scarico laterale o centrale, per una migliore adattabilità ai vari sistemi idraulici. Per le parti a vista, l’esigenza di regolare il telaio della griglia al livello delle piastrelle è risolta con un design flessibile: la griglia è infatti reversibile e piastrellabile.

www.bonomini.com

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elements_ambiente bagno

Davide Vercelli, ingegnere di formazione e designer di professione, si occupa da oltre 25 anni del settore bagno.

Una nuova frontiera da percorrere una conversazione con Davide Vercelli Scarabeo, Fima Carlo Frattini, Kbwindow servizi: arredi, sanitari e ora anche una webapp. Cosa sogni di progettare?

Un tempo l’attività di progettazione era conclusa in se stessa e la soddisfazione (e perché no la gioia) era quella di presentare prodotti belli e funzionali che potessero avere il maggior appeal sul mercato. Ora la complessità della cultura progettuale ci pone di fronte a condizioni che modificano radicalmente i modi di pensare al futuro, per definire i bisogni, le abitudini e le attività della popolazione a cui ci riferiamo. Sono alla ricerca di processi che sappiano reinterpretare e costruire, in termini innovativi, coniugando due componenti: quella immateriale che si lega al sapere teorico e quella materiale, propria dei contenuti del fare. Conoscenza del settore e coscienza ambientale ci orientano sui progetti di servizi. Abbiamo ideato Kbwindow, una piattaforma che consente alle aziende di presentare i propri prodotti e un’estensione, una webapp, che permette di realizzare preventivi e gestire il lavoro di professionisti e personale di showroom.

FIMA CARLO FRATTINI SWITCH ON. Evoluzione dell’innovativo sistema Switch, questa serie progettata da Davide Vercelli, si declina in 4 nuove versioni di miscelatore lavabo, un miscelatore bidet, due incassi doccia e un incasso vasca dall’ingombro estremamente ridotto. Il design delle manopole di regolazione temperatura e portata rende facile la fruizione, la loro superficie laterale grazie alla godronatura favorisce un’eventuale presa laterale e le impreziosisce.

www.fimacf.com

SCARABEO ABLE. Sul tavolo-consolle è possibile posizionare oltre 100 tipologie di lavabi delle collezioni di Scarabeo, tutti disponibili in 9 colorazioni. Disegnata da Davide Vercelli, la struttura in metallo nella finitura nero opaco o grigio, addolcita da angoli arrotondati, supporta un piano d’appoggio per il lavabo e una mensola inferiore adatta ad elementi contenitivi. Able è particolarmente indicato per il settore contract che richiede personalità, robustezza e alta fruibilità.

Cosa senti mancare ancora nel mondo del settore bagno?

Il design dei servizi, a cui per la prima volta ci siamo affacciati con Kbwindow. Mi piace pensare che il lavoro del designer possa essere orientato verso la progettazione di servizi oltre che alla produzione di beni materiali e ritengo che in questo ambito vi sia ancora un enorme lavoro da fare.

www.scarabeosrl.com

VISMARAVETRO SUITE + VÈRIO SMART GLASS. Disegnato da Castiglia Associati, il sistema pareti a tenuta d’acqua Suite è ora arricchito con il vetro LCD Vèrio Smart Glass, realizzato in collaborazione con Flexlite. La tecnologia Vèrio che permette di rendere oscurabile il vetro trasparente viene inserita per la prima volta nella cabina doccia, ambiente complesso per la presenza dell’elemento acqua. Le possibilità di personalizzazione del sistema sono pressoché infinite, sia per le dimensioni sia per le possibili combinazioni di vetri e profili.

www.vismaravetro.it

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ARDECO VINTAGE COLLECTION. Firmato dall’art director Enrico Cesana, il nuovo design di una delle collezioni più amate del brand parte del Gruppo Artesi si sviluppa come un contrappunto di geometrie che si intersecano, modellano lo spazio e decorano le superfici. Nell’immagine, l’arredobagno in versione senape opaco con la serigrafia Penta in antracite che decora l’anta del mobile contenitore con doppio cassetto, il nuovo lavabo Tablet in metallo piombo opaco e accessori Mikado coordinati nella stessa finitura.

www.ardeco-it.com

MEGIUS

SPIRE. Elena Salmistraro ha progettato la collezione di lavabi da appoggio richiamandosi al profilo morbido di un elemento naturale come la conchiglia. L’ampio bordo asimmetrico di dimensione variabile caratterizza la forma tonda oppure ovale del lavabo realizzato sia nella versione monocolore sia bicolore con gli inediti accostamenti cromatici tipici della designer.

ZEN IDRO & HAMMAM. La doccia wellness, disponibile ad angolo, a parete o in nicchia con la presenza della porta battente centrale, è dotata di doccia a mano, idrogetti dorsali, ampio soffione multifunzione 20x20 cm, la cascata, tutte le funzioni acqua, oltre alla cromoterapia e al pulsante bagno turco onoff. Il mood stilistico riprende il profilo minimale della doccia Zen, arricchito da mensole fisse portaoggetti, inserite direttamente sul vetro e disponibili in più dimensioni. La seduta integrata è in legno Iroko.

www.ceramicaflaminia.it

www.megius.com

CERAMICA FLAMINIA

JACUZZI ARGA 180 X 90. Particolarmente versatile perché installabile a parete, ad angolo, a incasso, in nicchia o anche centro stanza, per adattarsi a ogni spazio e ambiente, la vasca - progettata in collaborazione con Whynot Design - ha un profilo rigoroso e lineare. Arga, basata sulla tecnologia Swirlpool in grado di generare un costante vortice d’acqua, si veste delle pannellature Gypsum, Cement, Oak, Stone Grey e Neolith; nella foto, con il rivestimento in Neolith Calacatta Gold presentato al Fuorisalone 2021.

www.jacuzzi.com

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COSENTINO SILESTONE ETHEREAL. Prende ispirazione dal marmo la collezione proposta dal marchio Silestone in una serie di nuovi colori su base bianca: Ethereal Dusk, Ethereal Haze, Ethereal Glow e Ethereal Noctis con piccole venature grigie e nere (nell’immagine). Silestone Ethereal è realizzata con HybriQ+, il nuovo processo produttivo messo a punto da Cosentino orientato alla sostenibilità. Nel dettaglio, per la produzione dei prodotti vengono utilizzati il 99% di acqua riciclata, il 100% di energia elettrica rinnovabile e almeno il 20% di materie prime riciclate.

www.cosentino.com www.silestone.com

CERAMICHE KEOPE OMNIA. Si dispiega in 6 proposte dal forte carattere distintivo, la nuova collezione di superfici in grès porcellanato ispirate alle più ricercate tipologie di pietre europee: l’antico travertino di Rapolano, il Bleu de Vix, il Ceppo di Gré, l’Emperador Silver, la Pietra dei Pirenei e il Bianco Venezia. Uno dei plus della serie è la possibilità di giocare con tonalità, sfumature, formati e finiture di superficie più o meno ruvide adatte sia in outdoor sia indoor, per ambienti domestici, commerciali e contract.

www.keope.com

ITALGRANITI CHARM EXPERIENCE. 11 marmi ceramici in grès porcellanato per la nuova collezione di Italgraniti. Scenografici e realistici, sono disponibili nello spessore da 6 o 9 mm. Sono 6 marmi, 4 battuti veneziani, un ceppo che ricreano altrettanti marmi naturali, noti fin dall’antichità e ormai rari. A questi si aggiungono 4 varianti colore di un sofisticato effetto battuto veneziano. Nell’immagine, il Calacatta Black delle pareti è accostato al Charm Black del pavimento.

www.italgranitigroup.com

GRUPPO BONOMI PATTINI KERROCK. Il solid surface prodotto da Kolpa, uno dei principali produttori di attrezzature per il bagno e di superfici del Sud Europa con sede a Metlika in Slovenia, si distingue per la durabilità e per il minimo impatto ambientale. Con una gamma di 92 colori, è molto versatile: viene infatti usato nella realizzazione di alberghi, centri benessere, studi medici, spazi pubblici, negozi, residenze, interni di yacht e camper. La superficie liscia, facile da pulire e sanificare, non richiede manutenzione particolare ed è ideale per cucine e bagni.

www.gruppobonomipattini.com

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GEBERIT ONE. La soluzione integrata composta da lavabo, vaso, bidet, doccia e complementi d’arredo è disegnata da superfici continue senza interruzioni o sporgenze con linee pulite. Il lavabo è disponibile in versione sospesa o con mobile sottolavabo. La rubinetteria a parete dal design organico o geometrico lascia libero il lavabo che risulta facilmente risciacquabile, le superfici ceramiche sono interamente rivestite con lo smalto speciale Geberit KeraTect.

www.geberit.it

CERAMICA CIELO MULTIPLO. Sistema componibile di piani in ceramica, integrati in strutture modulari in acciaio, disegnato da Andrea Parisio e Giuseppe Pezzano. Multiplo si compone di pochi elementi che danno vita a una molteplicità di combinazioni: dal semplice piano in ceramica su cui appoggiare diverse collezioni di ciotole, alla soluzione più completa con vano portaoggetti a vista. Cuore del progetto, sempre la ceramica, caratterizzata da dimensioni, superfici e colori inediti.

www.ceramicacielo.it

CEADESIGN LUTEZIA. Ideata e realizzata per il Grand Luxury Hôtel Palace Lutetia di Parigi, la collezione di rubinetteria e accessori disegnata da Jean-Michel Wilmotte evoca il gusto raffinato della Belle Époque. La linea è realizzata in acciaio inossidabile Aisi316L, disponibile nelle varianti satinato, lucidato e in tutte le finiture speciali CEA ecologiche e biocompatibili: Black Diamond, Rame, Light Gold e Bronzo, nell’immagine. Quest’ultime sono il risultato di un’attenta ricerca tecnologica, iniziata dall’azienda nel 2011.

www.ceadesign.it

TUBES I CHING. Il modulo scaldasalviette è stato disegnato da Elisa Ossino a partire da un lavoro di radicale semplificazione formale. Riducendo al massimo gli ingombri e gli spessori grazie a una ricerca molto complessa dal punto di vista tecnico, una o più linee parallele o in sequenza, disposte in orizzontale o verticale, si inseriscono a parete trasformando l’oggetto scaldante in un artwork. I Ching è stato concepito per essere installato in multipli, per creare diversi componimenti grafici e formali che rimandano agli esagrammi del Libro dei Mutamenti.

www.tubesradiatori.com

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elements_ambiente bagno Ha avviato il suo studio nel 1998 dopo aver collaborato con Gabriele Centazzo e Kristalia. Dal 2012 Monica Graffeo è direttore creativo di Rexa Design. Progetta per molte altre aziende nel settore dell’arredo, dell’ufficio e del design for all.

CERAMICA GLOBO BOB. Il piano di appoggio è realizzato in Dekton da 20 millimetri, materiale di Cosentino composto da porcellana, vetro e quarzo naturale, che garantisce la completa assenza di porosità e quindi facilità di pulizia e la resistenza a ogni tipo di graffio e quindi durabilità illimitata nel tempo. L’ossatura della struttura è costituita da un tondino in acciaio verniciato a polvere che ne delinea la forma a sezione circolare. Può accogliere diversi modelli di lavabi da appoggio ed è possibile aggiungere un cassetto contenitore con sezione a 45°.

www.ceramicaglobo.com

Monica Graffeo ci parla del suo ruolo di direttore creativo di Rexa Design Il progettista deve necessariamente avere una vocazione multidisciplinare e saper osservare in profondità la vita quotidiana e l’ambiente in cui abitiamo. Anche per questo dedico molto tempo e impegno alla ricerca per comprendere necessità e bisogni inespressi a cui il design può dare risposta. Il bagno è un ambiente totalizzante, che deve offrire intimità, sensorialità, benessere, elementi da cogliere in fase di progetto. Ho trovato in Rexa Design le persone con cui condividere questo percorso di ricerca, persone che hanno a cuore la cura del dettaglio, la relazione, il confronto e la volontà di non allinearsi ai diktat e agli standard di mercato. Con la prima collezione realizzata assieme – un prodotto non convenzionale, come Fonte – è nato un dialogo che si è poi mosso al di fuori del singolo progetto. Assieme abbiamo iniziato a concepire visioni comuni attorno alle quali sviluppare collezioni successive, a pensare a come strutturare gli spazi interni dell’azienda, come creare accoglienza, come circondarci di natura e benessere. La passione, il divertimento, la volontà di guardare oltre il già noto ci guidano nel nostro lavoro insieme spingendoci a non lasciare nulla al caso e curando ogni aspetto del processo produttivo in ogni minimo dettaglio.

REXA DESIGN VISION. La nuova collezione sviluppata da Monica Graffeo nel corso di 5 anni di ricerca, è una piccola architettura monolitica e scenografica che propone una nuova interpretazione del mobile contenitore. Lo sviluppo verticale degli elementi contenitivi racchiude, celandola, la parte tecnica e funzionale per far emergere il lavabo sospeso senza piletta e gli oggetti che lo circondano. L’anta a ribalta, solo se aperta, si trasforma in un piano di appoggio allineato con il livello del lavabo.

www.rexadesign.it

DUKA ACQUA 5000 NEW. La cabina doccia più iconica di duka si rinnova nell’estetica e nella tecnologia rivelando un nuovo ed elegante minimalismo. Per esempio il sistema Automatic Close & Stop è stato migliorato e inserito all’interno del profilo di scorrimento orizzontale; dall’esterno le superfici appaiono così uniformi. È possibile personalizzare la cabina con differenti finiture dei profili, Cromo/Argento Lucido, Look Acciaio Inox e Nero, e del vetro con due le nuove varianti: Nubes, un vetro trasparente con una serigrafia sfumata verso l’alto, e Parsol grigio, disponibile con Privé color antracite e serigrafia della stessa tonalità sul bordo superiore.

www.duka.it

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LAPITEC MUSA. Lanciata nel 2019, la collezione rilegge in modo nuovo le venature presenti nella superficie, nello spessore e nel cuore del materiale. Sono tre le declinazioni cromatiche delle lastre, disponibili in finitura Lux, Satin e Lithos tutte su base Bianco Assoluto e con una vena in tono di grigio: Bianco Elettra ha un disegno delle venature con linee dritte e angoli acuti per un effetto contemporaneo; Bianco Vittoria e Bianco Giulia hanno una forma più sinuosa, la prima con una venatura più marcata e la seconda più delicata. Lapitec è indicato per superfici verticali e orrizzontali, anche a contatto diretto con l’acqua.

www.lapitec.com

KREOO TEXO. Il marmo diventa un tessuto a maglie larghe, con elementi che si sovrappongono per creare una texture tridimensionale. Attraverso la particolare lavorazione artigianale, il marmo realizza infatti una trama regolare fatta di sottili fasce perpendicolari tra loro, che può essere utilizzata per rivestimenti verticali. Nel suo gioco di sovrapposizioni, la superficie, disegnata da Enzo Berti, è disponibile in un’unica finitura di marmo o con l’inserimento di un fondo in bronzo effetto oro, rosa o scuro.

www.kreoo.com

BAUMIT

MIRAGE BATHMOOD. Una ricca selezione di lavabi da appoggio o freestanding, piatti doccia, specchi, mobili contenitori e sedute, tutti combinabili tra loro e disponibili in molteplici dimensioni. Un programma flessibile, in continua evoluzione, che prevede un’articolata gamma di colori, effetti e superfici, disponibili in più di 50 finiture differenti. Pavimento, pareti, piatto doccia, lavabi, piani d’appoggio e sedute, tutto può essere personalizzato scegliendo tra 4 tipologie di finiture: a effetto design, marmo, cemento o pietra, ciascuna composta da una selezione ad hoc delle singole collezioni Mirage.

www.mirage.it

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BAUMACOL. La linea di adesivi per la piastrellatura professionale si arricchisce con due nuovi prodotti premium: Baumacol FlexTreme e Baumacol FlexUni Gel. Il primo, studiato per ridurre le sollecitazioni e favorire la resistenza ai carichi statici, è un adesivo sia per esterni sia per interni ideale per l’incollaggio di rivestimenti e pavimenti in ceramica di diversi formati e per tutti i tipi di ceramica e pietre naturali. Il secondo, con innovativa tecnologia gel, garantisce una lavorazione veloce e sicura fino a 35°C su tutti i sottofondi, per interno ed esterno.

www.baumit.it


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PEDRALI CAEMENTUM. Pensato per l’esterno o per spazi in cui sia a diretto contatto con l’acqua come l’area bagno, Caementum è il tavolino monoblocco disegnato da Marco Merendi e Diego Vencato. È un prodotto monomaterico in cemento che, grazie all’aggiunta di additivi selezionati, garantisce ottime prestazioni tecniche, facile pulizia, una maggiore resistenza meccanica e agli sbalzi termici, non assorbe liquidi e non si macchia. Piedino in nylon per non rovinare le superfici, mentre l’interno è cavo, per facilitarne lo spostamento.

www.pedrali.com

Marco Merendi & Diego Vencato si sono conosciuti in Artemide e hanno poi portato avanti spesso e volentieri progetti insieme. Entrambi interessati a approfondire le possibilità di materiali e tecnologie, in equilibrio tra tradizione e contemporaneità.

Geometrie elementari e ripetizione ritmica dei pieni e dei vuoti sono i concetti alla base del progetto di Minimum, una ricerca portata avanti per sottrazione Eliminare il superluo per arrivare all’essenziale. Da qui nasce il processo produttivo e creativo di Minimum, la nuova collezione di piastrelle tridimensionali in cemento che Diego Vencato e Marco Merendi hanno disegnato per Gypsum, realtà per la quale seguono la direzione artistica. La tecnica di lavorazione di questo materiale – ci spiegano – ci ha permesso di ottenere geometrie difficilmente realizzabili altrimenti. È una materia prima eco-friendly, una mescola di acqua e polveri naturali senza inquinanti, realizzata con polimeri e additivi assolutamente privi di emissioni e sostanze dannose, niente solventi e niente che possa far male. Così, procedendo sempre per sottrazione abbiamo pensato di realizzare una collezione incentrata su luce, forma e volume, sulla ripetizione ritmica dei pieni e dei vuoti, per arrivare a qualcosa di primitivo e al contempo emozionante, capace di trasmettere un senso di purezza e naturalità nella materia, nei colori e nel disegno.

GYPSUM MINIMUM. Tonalità naturali, superfici opache trattate con un prodotto impermeabilizzante e antimacchia che mantiene un aspetto naturale e morbido al tatto per Minimum, la nuova linea di piastrelle di Gypsum. Il processo produttivo, interamente artigianale, genera piccole variazioni di dimensione e di colore che sono da considerare caratteristiche integranti e peculiari del prodotto. Minimum è resistente allo sporco e adatta sia per interni, sia per esterni. Oltre al cemento, Gypsum produce manufatti in gesso e polistirolo nobilitato che sono alla base di elementi per l’architettura e di prodotti di design per i settori indoor e outdoor.

www.gypsum-arte.com

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MUTINA MATTONELLE MARGHERITA. Il lavoro sul colore dell’artista Nathalie Du Pasquier ha dato vita a un progetto articolato in cui si intrecciano diversi linguaggi estetici e formali. La collezione è caratterizzata da un’anima duplice: da un lato semplice e minimalista, che si traduce in elementi in tinta unita, dall’altro creativa e decorativa, caratterizzata da un’ampia gamma di grafiche. In totale si compone di 41 pattern disegnati a mano, disponibili in due formati. Gli elementi sono realizzati in grès porcellanato smaltato. Gli accostamenti suggeriti, alcuni dall’estetica essenziale, altri dal carattere più audace, sono adatti a ricoprire intere superfici a pavimento e a rivestimento, o a creare accenti decorativi, come boiserie, zoccoli e portali.

www.mutina.it

CERAMICHE REFIN AFFRESCATI. La collezione propone un’interpretazione della storia e della bellezza degli affreschi murari italiani. La nostra ricca tradizione artistica è stata proiettata nella contemporaneità attraverso superfici materiche, contraddistinte da lievi ondulature, segni di spatolature e un’originale stratificazione cromatica. Le cromie Calce, Ocra, Ombra, Lapis e Terra si rifanno alle tonalità tradizionali delle superfici, per loro natura polverose e vissute.

www.refin.it

PANARIA CERAMICA CERASARDA TINTÙRI. La superficie vetrificata, nata dall’esperienza artigiana della lavorazione ceramica mediterranea unita alla più evoluta tecnologia industriale, si distingue per lo smalto lucido craquelé e per il formato a losanga combinato in 16 temi cromatici composti da abbinamenti a due o più colori, montati su rete, che invitano a sperimentare rivestimenti verticali dagli scenari sorprendenti. La propone il marchio conosciuto come “la ceramica della Costa Smeralda” che dal 2002 fa parte del Gruppo Romani.

www.cerasarda.it

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BLADE. Una seconda pelle effetto metallo studiata sia per interior sia per rivestimenti esterni: la superficie poliedrica con inediti effetti cangianti, disponibile in grandi formati e in spessore ultra sottile (solo 3,5 mm) si presenta come una lama materica adatta a rivestire pareti, pavimenti e volumi come cucine, scrivanie, librerie, oggetti di arredo. La nuova collezione fa parte della linea Protect di Panaria, pavimenti e rivestimenti antibatterici in grès porcellanato, grazie allo scudo agli ioni d’argento incorporato nelle piastrelle, che elimina fino al 99,9% dei batteri dalla superficie.

www.panaria.it


EUROAMBIENTE S.R.L. Via Pratese, 527 | 51100 Pistoia Tel. + 39 0573 4451 - Fax + 39 0573 445190 info@euroamb.it

www.euroamb.it



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