Medico e Bambino

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Poste Italiane SpA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), art. 1, comma 1, LO/MI. Euro 9,00

01 Copertina marzo.qxp_Layout 1 24/03/20 13:53 Pagina 1

Volume 39 numero 3

31 marzo 2020

Rivista fondata da Franco Panizon nel 1982 Rivista di formazione e di aggiornamento professionale del pediatra e del medico di medicina generale, realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri

www.medicoebambino.com

Editoriali

Telemedicina ai tempi del coronavirus Morire a casa, meglio dopo che prima Appunti di Neuropsichiatria

Il graffio

L’Europa al tempo del coronavirus

News box Aggiornamento Problemi speciali Articolo speciale Appunti di Neuropsichiatria L’esperienza che insegna

ISSN 1591-3090

Oltre lo Specchio

PAGINE ELETTRONICHE

Covid-19 e bambini: il punto dalla letteratura al 18 marzo La psoriasi in età pediatrica Gli ascessi retrofaringei L’ambiente familiare di apprendimento (seconda parte) Psicoterapia a indirizzo cognitivo-comportamentale Quando la sindrome di Guillain-Barré è più dolore che ipostenia Il campanile di Codogno

PERFORMANCE DEL QUANTIFERON-TB GOLD IN-TUBE TEST NEI BAMBINI UN’OTORREA INFINITA


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Direttore responsabile Federico Marchetti

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Coordinamento scientifico Egidio Barbi, Irene Berti, Irene Bruno, Sara Lega, Giorgio Longo, Paola Rodari, Giorgio Tamburlini, Alessandro Ventura

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http://www.medicoebambino.com

e-mail: redazione@medicoebambino.com

La Rivista è recensita in EMBASE, Google Scholar e Scopus

Comitato editoriale Antonio Addis Dipartimento Epidemiologia, Servizio Sanitario Regionale del Lazio • Raffaele Badolato Clinica Pediatrica, Università di Brescia • Sara Carucci Clinica di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, AO “G. Brotzu”, Cagliari • Rosario Cavallo Pediatra di famiglia, Salice Salentino (Lecce) • Mario Cutrone Unità Semplice di Dermatologia Pediatrica, Ospedale dell’Angelo, Mestre (Venezia) • Luciano de Seta UOC di Pediatria e Patologia Neonatale, Ospedale San Paolo, Napoli • Massimo Fontana Pediatra, Milano • Fabrizio Fusco Pediatra di famiglia, Vicenza • Luigi Greco Dipartimento di Pediatria, Università Federico II, Napoli • Giuseppe Magazzù Clinica Pediatrica, Università di Messina • Giuseppe Maggiore Dipartimento di Scienze Mediche-Pediatria, Università di Ferrara • Vitalia Murgia Pediatra di famiglia, Mogliano Veneto (Treviso) • Angelo Selicorni UOC di Pediatria, Presidio San Fermo, ASST Lariana, Como • Enrico Valletta UO di Pediatria, AUSL Forlì • Federica Zanetto Presidente ACP, Milano Redazione Emanuela Di Benedetto, Elisa Martecchini, Francesca Strami Abbonamenti Patrizia Pellaschiar Rivista mensile edita da Medico e Bambino sas, via Santa Caterina 3, 34122 Trieste Redazione: via Santa Caterina 3 - Trieste • tel. 040 3728911 • fax 040 7606590 redazione@medicoebambino.com Abbonamenti: via Santa Caterina 3 - Trieste • tel. 040 3726126 • fax 040 7606590 abbonamenti@medicoebambino.com Pubblicità e marketing: Quickline sas, via Santa Caterina 3, Trieste ombretta.bolis@gmail.com • servizioesecutivo@quickline.it Videoimpaginazione: Quickline sas, via Santa Caterina 3, Trieste Stampa: Starprint s.r.l. - via Amilcare Ponchielli, 51 - 24125 Bergamo N. repertorio ROC: 017934 d.d. 7/2/2009 Abbonamento annuale: ordinario: 90,00 euro • soci Ass. Culturale Pediatri: 70,00 euro • specializzandi: 35,00 euro • infermieri: 35,00 euro • estero (Europa): 135,00 euro. Costo di un numero: 9,00 euro • numero arretrato: 11,00 euro. Importo da versarsi sul c/c postale n. 36018893 intestato a Medico e Bambino sas, via Santa Caterina 3, 34122 Trieste • IBAN IT 51 V 07601 02200 000036018893. La fattura viene rilasciata solo su richiesta esplicita all’atto del pagamento. L’IVA è considerata nel prezzo di vendita ed è assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74, comma 1, lettera c, DPR 26/10/1972 n. 633. Abbonamento online: http://www.medicoebambino.com, cliccando su “Abbonati” Registrazione del Tribunale di Milano n. 364 del 3/10/1981 Poste Italiane SpA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46), art. 1, comma 1, LO/MI Resi postali: c/o Ufficio di Milano Roserio - CMP Roserio MI2 Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST - Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica CERTIFICAZIONE EDITORIA SPECIALIZZATA E TECNICA A member of IFABC International Federation of Audit Bureaux of Circulations

Per il periodo 1/1/2019 - 31/12/2019 Periodicità: Mensile Tiratura media: 6000 copie Diffusione media: 5144 copie Certificato CSST n. 2019-3047 del 24/2/2020 Società di revisione: Fausto Vitucci

Informativa I dati sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’Editore “Medico e Bambino” per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medicoscientifico. Ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. 196/2003 è possibile in qualsiasi momento e gratuitamente consultare, modificare e cancellare i dati o semplicemente opporsi al loro utilizzo scrivendo a: Medico e Bambino, via Santa Caterina 3, 34122 Trieste. abbonamenti@medicoebambino.com


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NOVITÀ


141 Sommario marzo.qxp_549 Somm nov 24/03/20 13:33 Pagina 141

Volume 39

numero 3

Editoriali

142 Telemedicina ai tempi del coronavirus

G. Tornese, A. Scaramuzza, R. Schiaffini Lo sviluppo tecnologico a servizio del paziente cronico. Come organizzarsi e come formalizzarlo.

142 Morire a casa, meglio dopo che prima F.M. Risso Il parto a casa ha rischi documentati che possono essere rilevanti.

143 Appunti di Neuropsichiatria

A. Ventura, F. Marchetti Nasce una nuova rubrica che cerca di rispondere in modo semplice ma anche professionale a problematiche emergenti che anche il pediatra deve imparare a conoscere.

144 Quiz di autovalutazione 145 La pagina gialla a cura di Alessandro Ventura Emollienti e dermatite atopica; contaminazioni e celiachia; interruzioni fatali (nelle Terapie Intensive); disforia di genere e soppressione della pubertà; più intelligenti senza tonsille? No; venti piccoli coronavirus.

147 Il graffio a cura di Alessandro Ventura L’Europa al tempo del coronavirus.

147 Lettere Screening universale ecografico per la displasia dell’anca (molti dubbi); farsi bambino in modo consapevole e responsabile; un trucco del mestiere: espirio forzato manualmente; se il coronavirus arriva in America; bellissima poesia al tempo del coronavirus. News box a cura di Federico Marchetti

151 Covid-19 e bambini: il punto dalla letteratura al 18 marzo

C. Guiducci, F. Marchetti Dati rassicuranti: i bambini sembrano essere preservati da questo enorme castigo.

31 marzo 2020

Articolo speciale

167 L’ambiente familiare di apprendimento (Seconda parte) G. Tamburlini I programmi che sostengono le competenze genitoriali funzionano. Sosteniamoli dove esistono, promuoviamoli dove non esistono.

Appunti di Neuropsichiatria

177 Psicoterapia a indirizzo cognitivo-comportamentale S. Carucci Una nuova rubrica (vedi editoriale). Da un caso clinico alla conoscenza di un modello strutturato di Psicoterapia che ha basi molto solide. In che consiste? Come va proposta?

L’esperienza che insegna

179 Quando la sindrome di Guillain-Barré è più dolore che ipostenia F. Marchetti, M. Roveran, F. Currò, M. Mainetti, C. Muratori, L. Casadio, P. Ricciardelli Come evitare possibili ritardi nella diagnosi.

Osservatorio

183 Cartoline dalla scienza

a cura del Science Centre Immaginario Scientifico Microscopia crio-elettronica.

184 Cartoline dal mondo: le voci dei bambini a cura di Giorgio Tamburlini Voci sul cambiamento climatico.

185 Casi indimenticabili Sindrome di Guillain-Barré, sindrome di Lemierre e sindrome di Tourette.

188 Pagine elettroniche Una ricerca sulla sensibilità del QuantiFERON nella popolazione pediatrica; un’otorrea infinita (con diagnosi a sorpresa).

191 Dermo quiz a cura di Irene Berti Una dermatite nella zona del pannolino.

Aggiornamento

154 La psoriasi in età pediatrica P. Da Lozzo, L. Calligaris, I. Berti Tutto quello che c'è da sapere: dalla patogenesi, alle caratteristiche cliniche, per arrivare al trattamento.

194 Domande e risposte a cura di Giorgio Longo Esofagite eosinofila, PPI; pubarca ritardato. Oltre lo Specchio

195 Il campanile di Codogno

Problemi speciali

161 Gli ascessi retrofaringei L. Bernardini, L. Serra, E. Calamelli, P. Bottau, D. Silvestrini, A. Pession Tour alla (ri-)scoperta di una patologia rara, ma potenzialmente grave se non tempestivamente riconosciuta.

G. Maccacaro Valori umani assoluti e irrinunciabili (amicizia, solidarietà, affetto) durante e dopo l’epidemia da coronavirus.

201 Bianca BLOB a cura di Paola Rodari L’amore ai tempi del coronavirus.

Pagine elettroniche - www.medicoebambino.com

Ricerca • Performance del QuantiFERON-TB Gold In-Tube test nei bambini (F. Storelli, C. Tersigni, E. Venturini, M. de Martino, L. Galli, E. Chiappini) Casi contributivi • Il difficile caso di una peritonite tubercolare (S. Straziuso, G. Vieni, F. Italiano, A. Ratta, L. Mambelli, F. Marchetti, V. Domenichelli) • Un’otorrea infinita (F. Forte, D. Cifarelli, P. Appio, M. Delvecchio, A. Derosa, C. Di Lucca, T. Faillace, C. Figliuolo, V. Targiani, R. Davanzo) Casi indimenticabili • Un’atassia acuta in una bambina di 15 mesi (G. Zanella, A.M.C. Galimberti) • Sembrava una Kawasaki, era una panarterite nodosa (J. Trombatore, R. Gallizzi) • Tubercolosi al ginocchio (A. Caserta) I poster degli specializzandi • Amenorrea primaria e sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser (F. Corrias) • Un’otite da far girare la testa (E. Conversano) • Intestino corto, alterazione dello stato di coscienza e acidosi (M.V. Mastrolia) • Epatite autoimmune e citopenia (A. Troisi, S. Bertelli, G. Maggiore, R. Burnelli) Striscia... la notizia a cura di M.V. Abate


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Editoriali

Editoriali TELEMEDICINA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS “Le calamità e le pandemie pongono delle sfide uniche rispetto alle prestazioni di assistenza sanitaria”, così chiude la Perspective del New England Journal of Medicine dell’11 marzo intitolata: “Virtualmente perfetta? telemedicina per il Covid-19”. In questo periodo di fuori dall’ordinario, si fermano - tra le altre cose - le visite di follow-up e i controlli programmati, così da agevolare il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, secondo le indicazioni emanate a partire dal cosiddetto “Decreto #iorestoacasa”. La necessità ha portato a riscoprire anche in Italia il cosiddetto lavoro agile (smart working) che prevede, tra le altre cose, l’assenza di vincoli spaziali. In questo ambito rientra la telemedicina, una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso a tecnologie innovative che porta direttamente a casa del paziente il servizio del medico, senza che questo si allontani dal suo studio e senza che il paziente stesso sia costretto a muoversi (si pensi, in tempi ordinari, alle aree remote). Lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni in ambito diabetologico - per esempio - ha portato a un incremento sempre maggiore dell’utilizzo della tecnologia, con la possibilità di visualizzare in remoto gli scarichi dei dati dei sensori glicemici e dei microinfusori che i pazienti fanno comodamente a casa, per un confronto che esula dalle classiche visite trimestrali. Questo porta a una sinergia, a un coinvolgimento del paziente e della sua famiglia, a una condivisione di pratiche che non necessita della presenza fisica (che pure resta fondamentale in alcuni frangenti) e che può essere attuata risparmiando viaggi e attese. L’utilizzo della telemedicina, quindi, offre già regolarmente una modalità per essere vicini ai pazienti anche da lontano. Le linee di indirizzo nazionali sulla telemedicina, sancite dalla Conferenza Stato-Regioni nel febbraio 2014, evidenziano come la cura delle malattie croniche possa “rappresentare un ambito prioritario per la applicazione di modelli di telemedicina” e il telemonitoraggio possa “migliorare la qualità della vita di pazienti cronici attraverso soluzioni di auto-gestione e monitoraggio remoto”. L’intesa tra Stato e Regioni ha rappresentato “un risultato particolarmente rilevante tenuto conto della necessità, non più procrastinabile, di ripensare il modello organizzativo e strutturale del Servizio Sanitario Nazionale del nostro Paese, rispetto alla quale la diffusione sul territorio dei servizi di telemedicina può costituire un importante fattore abilitante”. All’interno dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), è stato peraltro innovato anche il nomenclatore dell’assistenza protesica, introducendo - tra gli altri ausili protesici tecnologicamente avanzati - anche gli “strumenti e software di comunicazione alternativa e aumentativa” tra cui rientrerebbe la telemedicina. In realtà, però, la maggior parte di noi utilizza ancora le tecnologie in una forma di semi-volontariato, che non viene riconosciuta dalle Aziende e che manca di una tracciabilità legalmente valida. È importante precisare, infatti, che l’utilizzo di strumenti tecnologici per il trattamento di informazioni sanitarie o la condivisione on line di dati e/o informazioni sanitarie non costituiscono di per sé servizi di telemedicina, come, per esempio, i social network, i forum e la posta elettronica. Inoltre la telemedicina deve essere oggetto di un sistema di accreditamento che dia garanzia ai pazienti, agli operatori e al soggetto pagante.

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È tempo, quindi, che - partendo da una situazione straordinaria - il nostro Sistema Sanitario Nazionale e le nostre strutture si abilitino sempre di più, sempre meglio e sempre più in maniera conforme alla telemedicina, analizzando il quadro normativo, identificando i vantaggi del lavoro agile e fornendo l’opportuna sicurezza dei dati. Gianluca Tornese Diabetologia Pediatrica, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste Andrea Scaramuzza Diabetologia Pediatrica, ASST Cremona Riccardo Schiaffini Diabetologia Pediatrica, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma Bibliografia di riferimento • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, 12 gennaio 2017. • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Nuove misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sull’intero territorio nazionale, 9 marzo 2020. • Hollander JE, Carr BG. Virtually perfect? Telemedicine for Covid19. N Engl J Med 2020 Mar 11. • http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua= italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=1510. • Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano sul documento recante “Telemedicina - Linee di indirizzo nazionali”, 20 febbraio 2017. http://www.regioni.it/download.php? id=336748&field=allegato&module=news. • Legge 22 maggio 2017, n. 81. Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. • Ministero della Salute. Telemedicina - Linee di indirizzo nazionali. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2129_allegato. pdf.

MORIRE A CASA, MEGLIO DOPO CHE PRIMA Recentemente anche nel nostro Centro abbiamo avuto il dispiacere di accogliere un neonato, partorito a casa, con grave asfissia e in trattamento ipotermico. Ovviamente la prima difficoltà è stata ricostruire la storia medica perché l’ostetrica che ha gestito il parto si è ben guardata dal palesarsi e spiegare cosa effettivamente fosse accaduto, cosa che se non altro avrebbe aiutato a meglio comprendere le tempistiche. Un evento che rientra nella antipatica disputa del “parto in casa sì - parto in casa no”. Tale argomento è stato trattato di recente e con completezza dalla Società Italiana di Neonatologia (Fabio Mosca, Stefano Martinelli, SIN Informa) concludendo che il parto a casa non favorisce le condizioni ottimali di assistenza neonatale, oltre a costituire, nell’attuale contesto organizzativo italiano dell’evento nascita, una modalità di nascere con dei rischi rilevanti. Personalmente credo che il punto fondamentale da cui partire per una serena discussione sia nell’attuale contesto organizzativo dell’assistenza al parto. Spesso i sostenitori del parto a casa sono soliti fare riferimenti a vari Paesi europei. In realtà gli stessi Paesi precursori del parto in casa stanno facendo marcia indietro; ad esempio in Olanda nel 1990 circa il 40% delle donne partoriva a casa mentre nel 2017 solo il 17% (dati Perined). Secondo l’Associazione olandese dei ginecologi il calo importante dipende da diversi fattori tra cui la disponibilità di informazioni più “chiare e oneste” sul fatto che il parto domiciliare non rappresenti sempre la scelta migliore. Fare dei paral-

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Editoriali

Editoriali

lelismi tra diversi Paesi tuttavia, mai come in questo caso, risulta quasi impossibile; anzi non si potrebbero fare neanche tra regioni e aree geografiche diverse italiane. È infatti comprensibile a tutti il diverso tipo di rischio in caso di evento avverso in aree geografiche montane (difficoltà di raggiungere centri di secondo e terzo livello) rispetto a quelle pianeggianti. Ci sono poi altri aspetti legati alle modalità di assistenza al parto. In molte realtà italiane il parto a basso rischio, identificato nei minimi dettagli, è gestito da ostetriche altamente qualificate e preparate sia nella gestione di eventi avversi materni che neonatali; tuttavia in caso di problematiche neonatali il personale che svolge la rianimazione è sempre costituito da (almeno) due persone. Ci si chiede quindi perché molto spesso il parto in casa sia gestito da una singola ostetrica. Questa persona è adeguatamente preparata e accreditata per la rianimazione neonatale? Ci si domanda inoltre perché in casi come questi non esista quasi mai una pre-allerta da parte del personale che assiste i parti a casa in modo che l’ospedale sappia che è in corso un evento potenzialmente rischioso. Tutte queste domande aperte (ma anche altre) fanno mal pensare. In Italia il personale che assiste i parti in casa non fa parte del sistema sanitario nazionale e quindi non è sottoposto a controllo e a indicatori di esito. Proseguendo con alcuni interrogativi, siamo sicuri che i “naturalisti” del parto a casa siano al di fuori di un conflitto di interessi e sarebbero ugualmente motivati se tale pratica dovesse essere gratuita? Esiste per le madri un consenso dettagliato dove oltre ai benefici si espongono correttamente i rischi, potenzialmente gravissimi? Come mai, almeno nell’esperienza triestina, chi assiste il parto in casa spesso sconsiglia la profilassi con vitamina K e le vaccinazioni? Questo tipo di ritorno alla “natura” mi fa inorridire, e lo dico da ambientalista convinto che si batte a favore delle energie rinnovabili e della macchina elettrica, non certo per il ritorno al calesse. Per concludere mi permetto una riflessione: sempre di più si parla di cure palliative domiciliari anche in fasce di età sempre minori che includano la possibilità di seguire il bambino il più possibile a casa, fino anche alla terminalità. Questo è il vero progresso da inseguire, e credo che questo sia un vero grande atto di civiltà, essendo convinto che sia molto più “moderno” e civile morire a casa piuttosto che nascere. Francesco Maria Risso UOC di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste APPUNTI DI NEUROPSICHIATRIA C’è tanta Neuropsichiatria nell’aria…: nei reparti, nei Pronto Soccorso, negli ambulatori dei pediatri. Così tanta, così drammaticamente pervasiva del nostro lavoro (e così frustrante per quanti casi rimangono sospesi in attesa di una soluzione) che siamo sicuri di fare piacere ai lettori di Medico e Bambino nel proporre con questo numero una nuova rubrica: Appunti di Neuropsichiatria. La Neuropsichiatria è stata fino a ora solo parte minore (e poco valorizzata) della formazione pediatrica, mentre proprio noi pediatri (si tratta di un paradosso cui è urgente porre rimedio concreto) ci troviamo oggi a essere i naturali referenti, la prima linea di impatto dell’epidemia dei disturbi psichiatrici nei bambini e negli adolescenti. Un’epidemia questa che

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ha molte facce, ma che è sempre e comunque caratterizzata dalla sofferenza e dalla perdita di prospettiva esistenziale: si tratti di problemi psico-relazionali nella famiglia o di difficoltà scolastiche, si tratti di una delle tante facce del disturbo somatico dove il sintomo rappresenta un vortice che risucchia tutta l’esistenza del bambino, si tratti di ansia o depressione, si tratti di un disturbo dello sviluppo come l’ADHD o come l’autismo, che ora sappiamo riconoscere bene e tempestivamente, ma la cui cura rimane in mano alla disponibilità (prima ancora che alla competenza) di altri. Intendiamoci subito: la rubrica non ha nessuna velleità di insegnare ai pediatri a fare il mestiere di altri. Ma intende di certo, questo sì, offrire ai lettori uno strumento per sentirsi più adeguati e sicuri nello svolgere il ruolo che sono oggi chiamati a svolgere: nel partecipare alle cure di quel singolo caso, così come, più in generale, nel partecipare (come dovrebbe essere) ai Tavoli in cui vengono definite le priorità e i modi della rete assistenziale dell’età evolutiva. Con la consapevolezza che per essere attori di tutto ciò (per fare bene cioè quello che ci spetta fare…) della (Neuro)psichiatria del bambino dovremmo almeno conoscere le basi e comprendere il linguaggio, sì il linguaggio: senza sentirci a disagio o fuori luogo quando si sente discutere di questo o quell’approccio terapeutico, di questo o quel farmaco. Ci piacerebbe soprattutto pensare che attraverso le pagine degli Appunti di Neuropsichiatria (pagine pratiche e semplici, scritte da specialisti, una specie di glossario sempre esemplificato da casi; ma ci sarà anche qualche pagina di approfondimento su argomenti di interesse generale) si potesse consolidare con i nostri colleghi di area psichiatrica una consapevolezza condivisa della prevalenza e della tipologia dei problemi e dell’urgenza relativa delle soluzioni da adottare: trovando così un modo concreto di “sporcarsi le mani” insieme (qualcuno ha detto di “lavarsele con lo stesso sapone”), di contribuire ognuno con il proprio ruolo e le proprie competenze a mantenere tempestivo, incalzante, e quindi efficace, l’intervento terapeutico. Di certo non sarà facile. Di certo per raggiungere questo obiettivo non basteranno gli Appunti di Neuropsichiatria…. Ma si tratta di un processo imprescindibile per dare un senso, oggi, al diverso operare professionale: quello di noi pediatri, ancora troppo incerti e balbettanti, infragiliti come siamo dalla coda di paglia di un sapere posticcio; quello dei neuropsichiatri, a volte ancora egocentricamente arroccati nella difesa del loro tempo e di un modo asettico di operare: di fatto complici, in questo modo, della deriva che sta portando la Neuropsichiatria a essere un Servizio specialistico prevalentemente fruibile in forma privata, al di fuori dell’offerta del Servizio Sanitario Nazionale. Sono parole dure. E che di certo non si addicono alla maggioranza dei colleghi con cui condividiamo la fatica quotidiana. Ma non si può più ritardare né la denuncia né una presa d’atto consapevole e necessariamente condivisa: in primo luogo per richiamare in maniera efficace le Istituzioni sul bisogno di implementare il numero di specialisti e di Servizi specialistici centrati sull’assistenza psichiatrica al bambino. Ma certamente anche, e ancora di più, per impedire a ognuno di noi di sfuggire al proprio compito (al proprio dovere di... sporcarsi le mani): si tratti della maggiore disponibilità (e piacere) all’interazione che ci si aspetta dai neuropsichiatri, si tratti della maggiore capacità del pediatra di avere ruolo nella rete delle cure psichiatriche piuttosto che rimanere attore di automatiche quanto deleterie deleghe. Alessandro Ventura, Federico Marchetti

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ISTRUZIONI PER GLI AUTORI Gli articoli inediti vanno inviati via e-mail a: redazione@medicoebambino.com Gli Autori si assumono la responsabilità dei contenuti scientifici della pubblicazione e sono tenuti a dichiarare la presenza o meno di qualsiasi forma di conflitto di interesse compilando l’apposito modulo. I contributi vengono sottoposti a un processo di revisione anonimo. Il parere dei Revisori viene comunicato all’Autore assieme alle conclusioni. Il giudizio espresso riguarda l’interesse per il lettore, la leggibilità, la correttezza e l’appropriatezza delle informazioni contenute. S TRUTTURA

DEGLI ARTICOLI

Gli articoli devono avere una dimensione massima di 20.000 battute (3000 parole circa), bibliografia, abstract e box di approfondimento esclusi. Per la rubrica iconografica: 6000 battute al massimo (900 parole circa). Per i casi clinici contributivi: 13.000 battute al massimo (2000 parole circa). Le Lettere vengono, nella maggioranza dei casi, accettate e pubblicate quanto prima. Le dimensioni non devono superare le 3000 battute (500 parole), con al massimo 5 referenze. T UTTI

GLI ARTICOLI DEVONO ESSERE CORREDATI DI :

1. Titolo in italiano e in inglese. 2. Nome per esteso, cognome e qualifica di tutti gli Autori (professione, Istituto di appartenenza). 3. Riassunto/Abstract in italiano e in inglese (al massimo 2000 battute, pari a 300 parole circa). Nelle ricerche e nelle revisioni, l’abstract va strutturato in: Razionale (o Background), Obiettivi, Materiali e Metodi, Risultati, Conclusioni. Per i casi clinici contributivi l’abstract deve avere 1000 battute al massimo (150 parole circa). 4. Parole chiave (da 3 a 5) in italiano e inglese. 5. Indirizzo e-mail per la corrispondenza. 6. Figure e Tabelle se opportune. Per le figure è necessaria la didascalia. Per le tabelle il titolo. Per entrambe il riferimento nel testo e, se opportuno, la fonte. Tutte le figure vanno inviate separate dal testo in formato digitale ad alta risoluzione. Immagini di qualità non idonea possono venir omesse, previa comunicazione all’Autore. Se fosse necessario pubblicare immagini riconoscibili del paziente, l’Autore deve richiedere il consenso informato alla pubblicazione al paziente o alla famiglia compilando l’apposito modulo. 7. Bibliografia: va redatta in ordine di citazione (non alfabetico), secondo numerazione araba (1,2, …). Il numero d’ordine di citazione va indicato in apice nel testo, senza ipertesto e senza parentesi. Gli Autori vanno citati tutti quando non superano il numero di 6. In caso contrario citare i primi 3, seguiti dall’abbreviazione et al. A seguire, nell’ordine, il titolo dell’articolo o del libro, il nome della rivista secondo le abbreviazioni internazionali, l’anno, il volume, la prima e l’ultima pagina del testo. Il font da utilizzare è Times, grandezza 12, interlinea 1,5. Gli articoli non rispondenti ai requisiti verranno restituiti agli Autori prima di essere valutati.

Quiz di autovalutazione La lettura di una Rivista medica è apprendimento attivo o passivo? Può essere l’uno o l’altro. PQRST è una ricetta per una lettura attiva. P STA PER PREVIEW (prelettura veloce, uno sguardo d’insieme al testo). Q STA PER QUESTION (cosa so già? cosa vorrei sapere?). R STA PER READ (lettura attenta). S STA PER STATE (bilancio delle conoscenze DOPO la lettura). T STA PER TEST (controllo, quiz). Vi proponiamo di testarvi con questi quiz PRIMA E DOPO. Se rispondete a 9 (70%), siete bravi; se rispondete a tutti, vuol dire che i quiz sono troppo facili, almeno per voi; se, a meno di 7 (50%), sono troppo difficili. Oppure dovete rimettere in discussione le vostre conoscenze. AGGIORNAMENTO - PSORIASI 1. I casi di psoriasi che hanno un esordio in età giovanile (prima dei 15 anni di vita) sono: a) Meno del 5%; b) Meno del 10%; c) Circa un terzo; d) Circa la metà.

a) Topico (cortisonici da soli o in associazione con analoghi della vitamina D); b) Topico, ma obbligatoriamente anche con fototerapia con UVB; c) Topico e con immunosoppressori sistemici per rallentare la progressione clinica.

2. La predisposizione genetica riveste un ruolo chiave nella psoriasi. Che percentuale di casi affetti presenta una familiarità di primo grado? a) 10%; b) 20%; c) 30%; d) 50%.

PROBLEMI SPECIALI ASCESSI RETROFARINGEI 8. Il picco di incidenza degli ascessi retrofaringei è: a) 1-3 anni; b) 2-4 anni; c) 4-7 anni.

3. Quale delle seguenti affermazioni caratterizza la psoriasi guttata? a) Esordio improvviso, comparsa di solito 1-2 settimane dopo una infezione da streptococco beta-emolitico di gruppo A (SBEGA), possibile evoluzione in psoriasi a placche, risoluzione in alcuni mesi; b) Esordio improvviso, comparsa di solito 1-2 settimane dopo una infezione da SBEGA, possibile evoluzione in psoriasi a placche, risoluzione in pochi giorni; c) Esordio molto graduale, comparsa di solito 1-2 settimane dopo una infezione da SBEGA, possibile evoluzione in psoriasi a placche, risoluzione in alcuni mesi.

9. I batteri principalmente responsabili sono: a) Haemophilus influenzae e Streptococcus pneumoniae; b) Streptococco beta-emolitico di gruppo A, Staphylococcus aureus e batteri anaerobi; c) Esclusivamente batteri anaerobi.

4. Quale percentuale di casi con psoriasi sviluppa un interessamento del cuoio capelluto? a) 10-30%; b) 30-50%; c) 50-80%. 5. Quale delle seguenti affermazioni sulla psoriasi è falsa? a) La forma di psoriasi più frequente nell’infanzia è quella a placche; b) La psoriasi guttata è il secondo sottotipo per frequenza; c) La psoriasi dell’area del pannolino ha un alto rischio di evolvere nel tempo in una forma che cronicizza; d) La psoriasi pustolosa può avere raramente un esordio acuto con interessamento generalizzato. 6. Il coinvolgimento ungueale nella psoriasi pediatrica: a) È molto raro; b) È sempre presente in contemporanea alle prime manifestazioni cutanee; c) Può presentarsi contemporaneamente alle lesioni cutanee, ma anche precederle o comparire successivamente. 7. In linea generale, nella maggioranza dei casi di psoriasi pediatrica il trattamento preferibile è:

10. Uno dei sintomi caratterizzanti dell’ascesso retrofaringeo, oltre alla febbre, è la rigidità del collo Vero/Falso 11. Il gold standard per la diagnosi dell’ascesso retrofaringeo è la TC (o in alternativa la RM). Le dimensioni dell’ascesso che vengono comunemente indicate come indicative per un possibile drenaggio chirurgico sono: a) ≥ 1,5 cm; b) ≥ 2,5 cm; c) ≥ 3,5 cm. 12. Un approccio conservativo con terapia antibiotica per via endovenosa è sempre consigliato in caso di stabilità clinica (assenza di distress respiratorio) e di dimensioni contenute dell’ascesso retrofaringeo Vero/Falso ESPERIENZA CHE INSEGNA SINDROME DI GUILLAIN-BARRÉ (SGB) 13. Alcuni studi osservazioni hanno identificato il dolore (agli arti inferiori, alla schiena) come uno dei sintomi di esordio della SGB nel bambino. L’importante componente algica riguarderebbe all’esordio sino al: a) Il 10-30% dei bambini; b) Il 30-50%; c) Il 50-80%. 14. Il bambino più grande (pre-adolescente) e l’adolescente hanno come manifestazione più tipica di esordio della SGB la debolezza agli arti inferiori e le parestesie Vero/Falso

Tutti gli articoli pubblicati sono citabili e sono validi a tutti gli effetti come pubblicazioni. Redazione di Medico e Bambino Via Santa Caterina, 3 - 34122 Trieste Tel 040 3728911 - Fax 040 7606590 redazione@medicoebambino.com

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Risposte

AGGIORNAMENTO 1=c; 2=c; 3=a; 4=c; 5=c; 6=c; 7=a; PROBLEMI SPECIALI 8=b; 9=b; 10=Vero; 11=b; 12=Vero; L’ESPERIENZA CHE INSEGNA 13=c; 14=Vero.

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La pagina gialla a cura di Alessandro Ventura

Emollienti e prevenzione della dermatite atopica: lascia perdere. L’idea di prevenire l’eczema e lo sviluppo di allergie nei bambini a rischio genetico con l’applicazione preventiva, dalla nascita, di emollienti (creme base) nasce da quello che abbiamo imparato solo di recente: che cioè nei bambini con dermatite atopica esiste un difetto della barriera cutanea (difetto di filaggrina) e che è proprio questo difetto a favorire lo sviluppo della dermatite (flogosi in risposta a irritanti come il sapone) e la sensibilizzazione allergica (eccessiva permeabilità cutanea ad antigeni ambientali). Due piccoli studi (uno americano e uno giapponese) avevano di recente dimostrato una minor incidenza di eczema in lattanti a rischio atopico trattati dalla nascita con terapia emolliente topica (Horimukai K, et al. J Allergy Clin Immunol 2014;134:824-30.e6; Kelleher M, et al. J Allergy Clin Immunol 2015;135:93005.e1). Uno studio multicentrico che ha coinvolto 1394 neonati a rischio atopico (metà trattati dalla nascita per un anno con almeno una applicazione al dì di crema base spalmata su tutto il corpo - compliance a 6 mesi 82%, a un anno 74% -, l’altra metà non trattati, nega ora ogni efficacia della terapia emolliente nella prevenzione dell’eczema (incidenza cumulativa 22% e 25% a due anni, rispettivamente nei due gruppi), della sua gravità e dell’allergia IgE-mediata (prick test) alla stessa età (7% e 5% nei due gruppi) (Chalmers JR, et al.; BEEP study team. Lancet 2020 Feb 19 [Epub ahead of print]). Contemporaneamente, un colossale studio svedese su 2397 neonati sottoposti a quattro tipi di intervento (terapia emolliente quotidiana dalla seconda settimana di vita, terapia emolliente quotidiana e introduzione precoce di cibi solidi tra la 16a e la 20a settimana; introduzione precoce dei cibi solidi ma nessuna terapia emolliente; nessun tipo di intervento) ha egualmente negato ogni efficacia preventiva sullo sviluppo della dermatite atopica (follow-up fino a 12 mesi) dell’applicazione di emollienti, negando in aggiunta l’ipotetica efficacia preventiva dello svezzamento precoce (sviluppo di dermatite atopica tra il 5% e 9% nei diversi gruppi) (Skjerven HO, et al. Lancet 2020 Feb 19 [Epub ahead of print]). Cosa dire? Due studi colossali ma altrettanto

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“fessi” a priori? Credo di sì, se solo ci si domandasse quanto intensa dovrebbe essere e quanto intensa può essere effettivamente nella realtà l’applicazione di emollienti per prevenire un danno genticamente indotto della barriera cutanea. E ancora, entrando specificamente nei dati del primo studio: quanto effettivamente a rischio erano i neonati reclutati, visto che la quota di allergie sviluppate è stata comunque molto più bassa di quanto ci si sarebbe aspettato. E quanto senso può avere un intervento, come quello del secondo studio, sulla popolazione generale, in larga misura senza rischio genetico. Va beh, accontentiamoci, per ora, di leggere... quello che succede nel mondo. E, attraverso quello che troviamo rimarcato in premessa di queste letture, di consolidare la conoscenza e la convinzione che il primum movens dell’eczema atopico è il difetto di barriera e che la (frequente) allergizzazione è conseguenza di questa e non causa della malattia come ci eravamo ingannati in passato. Altri studi in cui vengano sperimentati nuovi prodotti o nuove tecniche per ridurre il difetto di barriera cutanea di questi bambini ci diranno (come rimarcano gli Autori) se sia realmente possibile e praticabile un intervento preventivo sull’eczema e sulle conseguenti allergie. Per ora concentriamoci sul curarlo bene questo eczema. Con il “cortisone topico”. Che, al momento, è senz’altro la migliore arma che abbiamo anche per garantire la barriera cutanea più integra possibile. Fatto questo, l’applicazione di un emolliente… non farà male. La coorte di Wakefield. I bambini che nel Regno Unito non si vaccinarono per l’MMR (parotite, morbillo e rosolia) tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2000 a causa del falso e criminoso articolo del dott. Wakefield sulla relazione tra vaccino e autismo stanno ora terminando la scuola secondaria o i primi anni di Università. Tra di loro sta la maggioranza dei 5042 casi di parotite epidemica registrati nel 2019 nel Regno Unito: un numero cinque volte più grande di quello registrato nel 2018. Un numero che, prevedono gli esperti, crescerà ancora nel 2020: a tal punto da far ritenere necessaria e urgente una campagna nazionale affinché que-

sta coorte di giovani adulti si sottoponga ora al vaccino cui erano stati sottratti da bambini. Questo è (Kmietowicz Z. BMJ 2020;368:m619). Contaminazioni. Stiamo parlando di celiachia. E dell’esposizione a (e non necessariamente dell’ingestione di) quelle quantità minime di glutine, teoricamente sufficienti a impedire la normalizzazione della mucosa duodenale o, addirittura, a provocare una recidiva di malattia nel paziente celiaco. La “caccia” alle contaminazioni può diventare un’attività ansiogena e stressante, sia per il genitore che per il bambino, spesso con importante disturbo della qualità della vita. L’abitazione (soprattutto la cucina) e la scuola (attività manuali) sono i terreni dove questa caccia viene soprattutto condotta, per lo più basandosi su evidenze aneddotiche. Di recente è stato pubblicato uno studio americano (Weisbrod VM, et al. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2020;70: 289-94) che cerca di identificare oggettivamente le quantità di glutine potenzialmente associate alle attività manuali svolte a scuola. A questo scopo, a 30 bambini non celiaci (età mediana = 8 anni; range = 2,5-18) viene chiesto di eseguire tutta una serie di attività manuali abitualmente svolte a scuola che comprendano la manipolazione di glutine. Si va dalla lavorazione di Play-Doh (un analogo del “nostro” Didò), alla verniciatura di pasta cotta e cruda (spaghetti Barilla), alla fabbricazione di cartapesta (con farina, acqua e sale) ecc. Successivamente, prima e dopo il lavaggio con soluzioni definite e randomizzate, le mani dei ragazzi e i tavoli dove gli stessi hanno lavorato vengono strofinati con fette di pane senza glutine, sul cui omogenato si misura la concentrazione di glutine; il tutto guidato da protocolli ben definiti (pur se vagamente umoristici: ad esempio, la durata della pulizia di mani e tavoli è misurata dal tempo che il bambino impiega a cantarellare la canzoncina “Happy Birthday…”). Complessivamente, i risultati sono tranquillizzanti e, dopo quasi tutte le attività (lavaggio compreso) non si rilevano concentrazioni di glutine superiori a 20 ppm (parti per milione), (equivalenti a 20 mg/kg, che è la concentrazione massima ammessa dal Codex Alimentarius per-

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La pagina gialla ché un prodotto possa definirsi “senza glutine”). Fanno eccezione alcune attività più direttamente connesse all’impiego della farina, tanto che gli Autori ipotizzano che, nelle classi in cui vi è uno studente celiaco, si utilizzi farina senza glutine (tra gli sponsor del lavoro vi è la Dr. Schar, USA…). Eccezioni a parte, emerge dall’interezza del lavoro, la generale inutilità (futilità?) della “caccia alle contaminazioni”. Da ultimo, considerando l’età dei pazienti coinvolti nello studio, potremo tranquillamente dire ai nostri celiaci adolescenti che “sì… dovrai mangiare senza glutine per tutta la vita, però potrai sempre giocare tranquillamente con il Didò …” (a cura di Massimo Fontana). Interruzioni fatali. Il telefonino è entrato nelle nostre vite, personali e di lavoro, in modo irrinunciabile. Le Aziende sanitarie forniscono tra l’altro di telefonino i loro dipendenti sanitari per comunicazioni interne, urgenti e meno urgenti. È stato documentato che l’uso del telefonino durante la guida, si tratti di telefonate o di messaggi, è fortemente correlato a un rischio di incidente. Ma cosa si sa del rischio che una interruzione dovuta all’uso del cellulare (in entrata o in uscita) prima di una prestazione sanitaria produca un danno per il paziente? Uno studio che ha coinvolto 257 infermieri di una Terapia Intensiva pediatrica americana e 3308 bambini da loro assistiti durante il periodo di un anno, ha dimostrato inequivocabilmente che un’interruzione dell’attività dovuta al ricevimento di una chiamata o di un messaggio sul telefonino aziendale dieci minuti prima della somministrazione di una terapia aumenta del 25% il rischio di errore. Le cose vanno peggio se si tratta di un infermiere in servizio da meno di sei mesi, se si tratta di turni notturni e tanto è più alto il rapporto tra il numero di pazienti da assistere e il numero di infermieri (Bonafide CP, et al. JAMA pediatrics 2020; 174:16269). Beh, non ci si può meravigliare poi troppo. Ma sarebbe stato interessante conoscere anche... la natura e i perché delle interruzioni. Disforia di genere e soppressione della pubertà. È stato calcolato che l’1,8% dei giovani americani si percepisce come transgender, non identifica cioè se stesso con il sesso biolo-

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gico che si trova addosso. In questi casi si parla oggi, appunto, di disforia di genere: una definizione tesa a rimarcare la sofferenza psichica associata a questa condizione (disturbo di ansia, depressione, forte tendenza all’ideazione suicidaria). Da tempo si discute se una presa in carico precoce, prima del completamento dello sviluppo puberale, possa favorire una maggiore accettazione familiare del problema e possa aiutare il bambino a non spaventarsi, ad avere il tempo di capirsi meglio senza soffrire troppo: per esempio, bloccando la pubertà con la somministrazione di analoghi delle gonadotropine, prima che appaiano caratteri sessuali irreversibili come lo sviluppo del seno, o lo sviluppo e la conformazione ossea. Non pochi, in effetti, sono i dati di letteratura che evidenziano come questo intervento sia in grado di ridurre i disturbi psicopatologici nei giovani transgender, qualora sia guidato da Centri specialistici capaci anche di dare la dovuta assistenza psicologica al bambino e alla sua famiglia. Un intervento, tra l’altro, assolutamente reversibile e che permette sempre al bambino o alla bambina di ritornare sui propri passi senza conseguenze. Anzi, avendo superato la fase critica con minore sofferenza. A supporto di queste evidenze viene ora anche uno studio retrospettivo di straordinaria numerosità, che ha coinvolto 20.169 adolescenti e giovani adulti transgender. Solo una parte di loro, 3494 (il 16,9%), ha affermato di aver desiderato esplicitamente di ricevere da bambino una terapia bloccante la pubertà, ma solo 89 di questi (il 2,5%) aveva effettivamente ricevuto questa terapia. Dopo un’analisi multifattoriale che ha escluso il peso di fattori come il livello socioeconomico e l’attitudine solidale della famiglia, l’aver ricevuto la terapia bloccante della pubertà (dallo stadio 2 di Tanner) è risultato essere un fattore significativamente protettivo rispetto all’ideazione suicidaria, in confronto ai casi che avrebbero desiderato ricevere questa terapia e ai quali la terapia era stata negata (Turban JL, et al. Pediatrics 2020;145(2):e20191725). E pensate che, in questi ultimi, ideazione suicidaria e tentativo effettivo di suicidio erano presenti rispettivamente nel 90% e 51% dei casi. Se ne parla sempre di più, e crescono i Centri

che offrono aiuto polispecialistico a questi bambini e alle loro famiglie. E, certo e anche doverosamente, ci si pone il dubbio di quanto la terapia bloccante la pubertà possa procurare danni se utilizzata a lungo termine, ben oltre il periodo di “chiarimento dei dubbi” e del superamento della fase disforica acuta (Pang KC, et al. Pediatrics 2020;145:e20191606). Ma bisogna continuare a parlarne, bisogna sapere e saper fare di più in termini professionali (ci riguarda!), uscendo da titubanze e pregiudizi. Ne riparleremo, vedremo come stanno andando le cose e avremo modo di dibattere del problema anche ai Confronti di questo anno. Più intelligenti senza tonsille e adenoidi? No. Parliamo dei bambini che hanno le apnee ostruttive notturne (OSA) e che hanno di conseguenza una indicazione alla tonsillectomia. Nonostante qualche segnalazione della letteratura suggerisse che l’intervento migliorava oltre che il sonno e la qualità della vità diurna anche l’intelligenza, uno studio prospettico su 141 casi di OSA ha dimostrato che non vi è nessuna differenza del QI globale (follow-up un anno) tra quelli operati subito e quelli rimasti in attesa di intervento. Rimane pur vero che la adenotonsillectomia, riducendo il numero delle apnee, migliora significativamente la qualità del sonno e anche il comportamento diurno (meno sonnolenza) (Waters KA, et al. Pediatrics 2020;145:e20191450). Tutto come prima, mi sembra. Ma almeno abbiamo avuto conferma che per ottimizzare lo sviluppo cognitivo del bambino sarà meglio investire su scuola e lettura piuttosto che sull’intervento dei nostri amici e colleghi ORL…. Venti piccoli coronavirus. È stata pubblicata la prima serie pediatrica (20 casi) di infezione da Covid-19 (Xia W, et al. Pediatr Pulmonol 2020; Mar 5 [Epub ahead of print]). A differenza che nell’adulto, nessun morto. E poi, una l’elevatissima frequenza di coinfezione (Influenza A o B, citomegalovirus, Mycoplasma, RSV, per una quota complessiva del 45%) e una frequente positività della procalcitonina e di noduli polmonari con alone ipodenso (“vetro smerigliato”), elementi questi ultimi attribuiti dagli Autori proprio alla coinfezione. Stateve accuorti…

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Lettere Le lettere sono sempre gradite, e vengono sempre pubblicate. Si prega solo una ragionevole concisione, cercando di non superare le 3000 battute. Qualche taglio editoriale e qualche intervento di editing che non alteri il senso della lettera saranno, a volte, inevitabili.

IL GRAFFIO

L’Europa al tempo del coronavirus

C’è un’altra epidemia che avanza, indomabile e mostruosa. L’epidemia degli adolescenti e dei bambini che tentano di togliersi la vita nel famigerato campo profughi di Moria, nell’isola di Lesbo. Dove sono accalcati più di trentamila rifugiati siriani e afgani scampati alle violenze di Assad e spinti dalla brutalità di Erdogˇan, e ora perseguitati dalle squadre fasciste di Alba Dorata e dai militari greci che bruciano gli accampamenti, le strutture assistenziali di emergenza e i rifornimenti alimentari portati dai volontari delle ONG come Medici senza Frontiere. Da lì, dimenticati come sacchi di immondizia tra i sacchi di immondizia, mancanti del minimo per vivere, spesso soli o affettivamente devastati come le loro famiglie, fatti fango dal fango, gli adolescenti, ma anche i bambini, provano a evadere cercando nel suicidio la fine della loro angoscia: i più grandi, più spesso, tentando l’impiccagione; i più piccoli (lo ha fatto un bambino di 9 anni) cercando di fracassarsi la testa contro una roccia o saltando dai dirupi o tagliandosi le vene. L’Europa (quella dei Governi, quella del Parlamento di Bruxelles) umilia gli europei con il suo silenzio e continua a lavarsi le mani pagando per non vedere. Resa ancora più egoista e meschina dal “suo” coronavirus, non si cura del coronavirus e del genocidio dei disperati che, da dentro i suoi confini, le chiedono ospitalità e aiuto. L’Europa, di fatto ora più che mai a immagine e somiglianza di quella invocata da populisti e sovranisti: una misera espressione geografica. Alessandro Ventura

Screening ecografico della lussazione congenita dell’anca? Negli ultimi vent’anni ho visto raccomandare praticamente a tutti i neonati un esame ecografico per diagnosticare precocemente un’eventuale lussazione congenita delle anche (DEA); ho visto fare ecografie al terzo, quarto, quinto mese, con tanta buona volontà ma senza alcuna standardizzazione e organizzazione nell’ambito di percorsi ragionati; sembra che le diagnosi tardive e la migrazione sanitaria non siano diminuite. In compenso ho esperienza di un enorme numero di falsi positivi con tanti bambini sottoposti a 2-3, anche 4, ecografie prima di essere dichiarati “non colpevoli”; a molti è stato proposto qualche trattamento, non so dire quanto appropriato. Immaginabile la ricaduta in termini di ansia/insicurezza e di intasamento dei Servizi

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con abbondante ricorso alla Sanità privata. Poi ho appreso che a giugno 2019 è stato pubblicato un Consensus multidisciplinare (radiologi, chirurghi ortopedici, pediatrici, medici di Medicina generale) sulla DEA, derivato da un incontro di esperti internazionali e fatto proprio in Italia in particolare dalla SIOP ma (si dice) in procinto di essere approvato anche dalle altre società scientifiche, SIP e di essere proposto come vera e propria linea guida (LG). Viene espresso un forte consenso nel ritenere necessario fare un’ecografia (da eseguire nel rigoroso rispetto della tecnica di Graf) subito dopo la nascita quando si riscontri un esame clinico positivo o la presenza di fattori di rischio e comunque non oltre la sesta settimana di vita per tutta la restante popolazione di neonati. Uno screening così condotto viene considerato esente da problemi di trattamento eccessivo e a costo conveniente, in quanto

capace di prevenire i problemi tardivi della displasia; a tal proposito sono riportati i dati del Registro Regionale di Implantologia Protesica Ortopedica della Regione Emilia-Romagna secondo il quale la displasia rappresenta la seconda causa di impianto, con un’incidenza del 10,9% fra il 2000 e il 2011. Unica condizione inderogabile: una standardizzazione assoluta della tecnica, acquisibile con specifici corsi. Rispetto agli interventi anarchici effettuati finora (privi di precisazione della popolazione bersaglio, dell’età di somministrazione, della standardizzazione di esecuzione, lettura, follow-up, intervento) che hanno portato a un indiscriminato fiorire di falsi positivi senza una riduzione delle diagnosi tardive, forse si tratta davvero di un progresso. Ma siamo davvero sicuri di poter garantire un intervento equo e sicuro come uno

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screening DEVE riuscire a essere, nei tempi in cui praticamente tutti gli organici sanitari sono in grave sofferenza e assicurando quella standardizzazione della tecnica che in questi 20 anni è restata pura utopia? Pur condividendo la voglia di prevenire ogni limitazione funzionale in qualche modo prevenibile, faccio fatica a convincermi della sostenibilità di un intervento di massa della qualità e nei tempi proposti, e non mancano i dubbi legati all’imperfetta conoscenza della storia naturale della patologia oltre che rispetto alla effettiva priorità dell’intervento in termini di Salute Pubblica. Il fatto che gli specialisti di settore e diverse Società scientifiche si esprimano in modo così perentorio fa pensare che abbiano ottime motivazioni. Potrebbe però essere utile, PRIMA di elaborare una LG, che impegna tutti anche dal punto di vista medico-legale, almeno approfondire la conoscenza epidemiologica del problema per avere una stima attendibile della sua entità in modo da confrontarla con la complessità organizzativa che viene richiesta per affrontarlo. Rosario Cavallo Pediatra di famiglia, Salice Salentino (Lecce) e-mail: roscavallo58@gmail.com

Si torna a parlare di screening universale ecografico della DEA, che racchiude uno spettro di anomalie anatomiche (anche: displasiche, sublussate, dislocabili e dislocate) caratterizzate da una diversa prevalenza e gravità. Problematica mai risolta, sempre lì, sul tavolo decisionale di ogni neonatologo, pediatria e degli Organi scientifici deputati a estendere (e a cercare di fare applicare) determinate raccomandazioni. Vorrei ricordare che gli Organismi internazionali (l’American Accademy of Pediatrics, AAP, americana, e il National Institute for Health and Care Excellence, NICE, britannico) non consigliano al momento uno screening universale ecografico della DEA, ma semmai basato su determinate condizioni di rischio (la nascita podalica, la familiarità, l’oligoidramnios, la macrosomia, la positività della manovra di Ortolani). Alcuni, tra cui gli estensori della Consensus italiana riferita da Rosario Cavallo per lo screening ecografico universale (Consensus che personalmente non ho trovato pubblicata) ritengono che l’unico rischio oggi, per il trattamento della DEA, sia la mancata diagnosi precoce, che non consentendo di mettere in atto un trattamento semplice quanto efficace, obbliga poi a cure particolarmente aggressive, lunghe e costose, con un risultato mai paragonabile a “restitutio ad integrum”. Non ci resta che richiamare i criteri che dovrebbero consigliare uno screening di po-

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polazione (per intenderci come quello dell’udito o del riflesso rosso alla nascita) e che fanno riferimento alla DEA, riportando alcune delle perplessità che tuttora esistono: • Non si conosce esattamente l’evoluzione spontanea della patologia (a esclusione dei gradi più gravi). • L’esame ecografico, a causa della sua complessità (esecuzione di valutazione morfologica, angolare, prova dinamica da stress), ha una scarsa riproducibilità inter- e intra-operatore con una alta sensibilità ma bassa specificità. • Uno screening ecografico troppo precoce può determinare una sovrastima della patologia e un significativo, quanto inutile, impiego di risorse per il follow-up. La letteratura è concorde nell’eseguire tale esame tra la sesta e l’ottava settimana di vita, poiché il 96% dei rilievi patologici osservati all’ecografia neonatale si risolve spontaneamente entro le prime sei settimane di vita. • L’esecuzione dell’ecografia universale a tutti i nuovi nati richiederebbe un grande sforzo in termini di costi e soprattutto di personale, attualmente difficilmente attuabile nel contesto della pediatria italiana che, come noto nel quotidiano, vive una carenza grave di risorse professionali. Risorse professionali che, anche se adeguatamente formate (quante sono?), allo stato delle cose potrebbero essere difficilmente dedicate settimanalmente a eseguire lo screening universale della DEA. Parliamo ovviamente di uno screening gratuito, riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale. La raccomandazione pertanto che ci sentiamo di fare anche noi, come giustamente riporta Rosario Cavallo, è quella di riflettere ancora (in merito soprattutto alla applicabilità/trasferibilità dello screening) prima di pensare di rendere questo documento una linea guida (con tutte le implicazioni medicolegali che ne nascerebbero). Ci sono alcune esperienze regionali (come quella ad esempio della Regione Emilia-Romagna) che hanno applicato uno screening ecografico basato sui fattori di rischio che dovrebbero rivedere i propri dati per capire la bontà di una pratica, di certo non infallibile, ma che forse è in grado di ridurre il più possibile un margine di errore che esisterà sempre. Un’ultima nota: provate a mettere su Google (o qualsiasi motore di ricerca) le parole chiave: “lussazione congenita dell’anca ed ecografia”. Quello che viene fuori sono tanti studi medici che consigliano lo screening universale. In questo ambito, come in altri, un possibile conflitto di interessi andrebbe sempre considerato e dichiarato. Federico Marchetti

Farsi bambino, in modo “consapevole e responsabile” A proposito di quanto sostenuto nell’editoriale di Medico e Bambino di gennaio dal dottor Pedrotti1, volevo proporre alcune riflessioni. Sono simpatiche le Sardine, anche perché, come tutti noi, non sanno bene dove andare a parare. Quindi appunto: “Noi ci siamo, voi dovete…”. Ma se proviamo a guardarci attorno (anche per le Sardine, giovani ormai maturi, sarebbe il caso), possiamo notare un po’ di cose… Il neonato ha diritti che devono essere riconosciuti, il riconoscimento però è richiesto agli adulti, dunque a persone sperabilmente consapevoli e responsabili, che non possono quindi restare senza programmi o progetti, e prima ancora senza idee. La Politica non può essere razionale tout court, la Politica sostiene e difende interessi, che sono diversi per le diverse classi sociali. È un’analisi forse non alla moda, ma credo condivisibile da chi vuole aprire gli occhi su un mondo dove convivono grandi profitti e salari da fame e lavoro precario. Dove la globalizzazione dell’economia e la libera circolazione dei capitali, e la conseguente competizione salariale al ribasso, alimenta la “guerra mondiale fra lavoratori”2. Non mi sembra che le Sardine si interroghino su questi temi, in questo non si distinguono dalla parte politica che sostengono; ma l’assenza di analisi e riflessione non è un pregio, anche se la Senatrice Casellati può compiacersene; come il dottor Pedrotti sa meglio di me, neanche il neonato è tabula rasa, tantomeno può esserlo un “contestatore” di trent’anni. Il bambino non può essere protagonista se non si mette in discussione l’esistente. Per esempio i tagli alla Sanità pubblica, che tutti i politici negano, noi però li tocchiamo con mano ormai quotidianamente; è molto chiara l’intenzione di sostituire il privato al pubblico in Sanità, con tutto ciò che questo comporta anche in tema di conflitto di interesse (a proposito di una questione spesso affrontata sulle pagine di Medico e Bambino). Greta Thunberg, per esempio, e il movimento che lei rappresenta, potranno avere risposte concrete solo se verrà messo in discussione lo scopo attuale della società capitalistica, che non è la salvaguardia dell’ambiente ma il profitto privato. Il volontariato, l’impegno personale sono encomiabili, e possono motivare le nostre scelte personali, ma non si cambia nulla senza una conoscenza approfondita delle attuali dinamiche politiche ed economiche, e senza rimettere in gioco le pratiche che ne derivano.

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Bibliografia 1. Pedrotti D. Sardine come i bambini: “Noi ci siamo, voi dovete…”. Medico e Bambino 2020; 39(1):7-8. 2. Brancaccio E, Passarella M. L’austerità è di destra: e sta distruggendo l’Europa. Il Saggiatore editore, 2012.

Alberto Neri Pediatra, Ferrara e-mail: nerial58@gmail.com

Caro collega, sono d’accordo con te che le mie considerazioni rasentano l’utopia. “L’esistente” è quello che tu descrivi, visto da destra e da sinistra. Fino a 75 anni fa il mondo politico aveva un solo punto di riferimento, in alto. Da allora la democrazia prevede la presenza di due punti di riferimento, con conservatori a destra e progressisti a sinistra; prevede visioni anche al femminile e il presente che domina sul passato. Questa visione duale provoca confusione e genera pifferai magici. Greta propone cose vere sull’ambiente e certamente lei “approfondisce le dinamiche politico-economiche”. Parla molto, ma molti politici (alcuni più di altri) ribattono con le stesse “parole”: anche loro promettono “benessere e felicità”, sulla base di un loro “buonsenso”… Viviamo in un mondo babelico, sempre più ricco di parole ambigue. A me è parso che il “primum movens” delle Sardine era occupare le piazze per bloccare la Politica urlata: loro lavorano e studiano, ma non sono “politici”. Fanno capire che chi ha scelto e studiato Politica deve parlare meno e lavorare con altre prospettive. Ed ecco il paragone: il Neonato è il cittadino che non parla, ma ci fa capire, solo con la sua presenza, che lui più che parole vuole fatti, vuole che noi, che abbiamo scelto e studiato Pediatria, gli garantiamo i diritti sottoscritti a livelli mondiale 30 anni fa: vita, salute, famiglia. Per far questo ogni pediatra deve saper “farsi bambino”, in modo “consapevole e responsabile”: così come i politici debbono sapersi mettere nei panni dei giovani e di chi è privato dei diritti esistenziali. Le Nazioni Unite nell’ultimo trentennio insistono sul fatto che il mondo sostenibile dev’essere “a misura di bambino”: il Neonato in particolare, l’essere umano più debole, concreto simbolo del “futuro”, è diventato “unità di misura”. Solo questo può essere il “Terzo oltre” preconizzato da Bobbio, “al di là e al di sopra dell’attuale mondo duale”, come lui scrisse. Per le Nazioni Unite questa non è utopia: “il cambiamento è possibile!” (ONU, 2002). Dino Pedrotti Neonatologo, Trento

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Espirio forzato manualmente Vi scrivo per sapere se Medico e Bambino ha esperienza, o notizia, di una semplice manovra semeiologica che, nella mia passata lunga esperienza pediatrica, ho pensato e trovato utile per evidenziare forme larvate, o inizialissime, di broncospasmo. Con il paziente in posizione seduta, colloco la mia mano destra ben aperta sulla parte anteriore del piccolo torace, mentre pongo posteriormente la mia sinistra per auscultare i polmoni con la membrana del fonendoscopio. In precedenza avrò spiegato al piccolo paziente che, al mio comando, dovrà fare una profonda inspirazione, “un respirone lungo lungo”, e dopo al “via!”, dovrà espirare con forza il getto d’aria, a labbra socchiuse “come per spegnere le candeline della torta”. A questo punto, durante l’espirazione forzata, con la mia mano destra esercito una gentile pressione sul davanti del torace per forzare ulteriormente la fuoriuscita dell’aria e ausculto i polmoni alla ricerca di eventuali sibili. Questa tecnica mi ha permesso più volte di mettere in evidenza forme altrimenti non rilevabili di broncospasmo latente che hanno permesso una precocissima (forse più efficace e meno lunga?) terapia mirata. Naturalmente è necessaria la collaborazione del bambino, per cui la modalità è applicabile all’incirca a partire dei tre anni di vita e nei più piccoli richiede familiarità e fiducia nel medico curante. Può essere utile che il pediatra simuli prima al bimbo la giusta tecnica di respirazione. Che cosa ne pensate? Paolo Masile Pediatra, Cagliari e-mail: paolomasile@tiscali.it

Quella che descrive è certamente una manovra semeiologica che ben conosco e della quale non potrei fare a meno: l’espirio forzato manualmente. Proprio come sottolinea Lei è una manovra utile e fondamentale per evidenziare il lieve broncospasmo dei bambini dell’età prescolare dai quali, oltre tutto, sarebbe impossibile ottenere una spirometria attendibile. Quindi non solo la conosco bene, ma l’ho portata come “trucco del mestiere” a molti corsi di aggiornamento per i pediatri di famiglia. Aggiungerei anche che è una manovra che può essere, e va, utilizzata con identico risultato anche nei bambini più piccoli, o piccolissimi (in braccio alla mamma), perché non serve alcuna collaborazione da parte del bambino: stessa manovra, stessa posizione delle mani, ma aspettando di esercitare la pressione nel momento che il bambino inizia la fase espiratoria. Nella Figura è facile dedurre, dalla mia età di allora, da quanto tempo pratico questa manovra e anche come deve essere tenuto il fonendoscopio nella mano, che deve rimanere aperta per poter comprimere gentilmente tra le due mani il torace (che più piccolo è il bambino più facile è da comprimere): la manovra dell’espirio forzato manualmente, appunto. La Sua lettera mi ha fatto molto piacere, sia perché ritengo questa manovra irrinunciabile e fondamentale per il pediatra (la insegno abitualmente a tutti i nostri specializzandi); ma anche perché mi dà l’occasione di ricordare che questa manovra a me (e forse anche a Lei considerata la sua “lunga esperienza”) è stata insegnata dalla compianta professoressa Luisa Businco, che per molti di noi è stata in quegli anni riferimento e maestra di insegnamenti per tutti. Giorgio Longo

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Figura 1. Andamento della mortalità per influenza spagnola nel 1918 nelle città di St. Louis e Filadelfia a confronto. Da: PNAS 2007;104(18):7582-7, modificata.

SE IL CORONAVIRUS ARRIVA IN AMERICA Perché è importante ricordare il 1918? È il 15 marzo, e mentre l’Italia è al centro della pandemia che ancora non accenna a frenare (+3233 casi di infezioni e +348 morti da ieri), gli Stati Uniti sembrano essere solo all’inizio. Sul New York Times, Sheri Fink, giornalista e medico, due volte premio Pulizer per i suoi reportage durante l’uragano Kathrina e l’epidemia di Ebola in Africa occidentale, racconta con quali previsioni l’America si prepara ad affrontare l’epidemia di coronavirus. Che cosa dicono gli esperti? E perché è importante ricordare il 1918? Prendendo in considerazione diverse variabili tra cui la trasmissibilità del virus e la

gravità della malattia, gli esperti di predizione delle epidemie del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno formulato quattro possibili scenari. Considerando tutti e quattro gli scenari, il numero di casi di infezione potrebbe essere compreso tra 160 e 214 milioni; i morti potrebbero essere tra 200.000 e 1,7 milioni mentre le persone che potrebbero avere bisogno di assistenza ospedaliera potrebbero essere da 2,4 milioni a 21 milioni. Come nella nostra esperienza e nell’esperienza cinese, si tratta naturalmente di numeri che metterebbero in crisi l’intero sistema sanitario americano il quale dispone di 925.000 posti letto, il 10% dei quali sono posti di Terapia Intensiva. Queste previsioni però potrebbero essere eccessivamente pessimistiche perché i presupposti su cui si basano non sono più validi nel momento in cui le persone inizia-

no a modificare il loro comportamento. In altre parole i numeri definitivi potrebbero dipendere in larga misura dai provvedimenti che saranno messi in atto per rallentare la trasmissione dell’infezione. Questa tesi, oltre che da diversi esperti, è sostenuta dalla Storia. Il dottor Mecher e altri ricercatori che hanno studiato i decessi negli Stati Uniti durante la pandemia di influenza spagnola del 1918 (in totale all’incirca 675.000), hanno messo a confronto diverse città americane, tra cui Filadelfia e Saint Louis, all’epoca rispettivamente la terza e la quarta città più grande degli Stati Uniti. Nell’ottobre del 1918, un chirurgo generale, il dottor Rupert Blue, lanciò l’allarme e sollecitò le Autorità locali con queste parole: “Se la vostra comunità è minacciata dall’epidemia chiudete tutti i luoghi pubblici di aggregazione… Non c’è possibilità di varare un’ordinanza di chiusura a livello nazionale poiché questa faccenda riguarda le singole comunità”. A questo ammonimento, il sindaco di Saint Louis rispose subito e in modo drastico chiudendo tutti i locali pubblici e vietando qualsiasi forma di assembramento anche all’aperto. Quell’autunno a Saint Louis il tasso di mortalità per influenza aumentò ma si mantenne relativamente basso e costante. A Filadelfia le cose andarono invece in modo differente. Lì l’epidemia era iniziata prima che il dottor Blue lanciasse l’allarme e le Autorità locali non presero alcuna misura. Il tasso di mortalità balzò alle stelle. La rapidità e dalla letalità della pandemia misero in ginocchio il sistema. Le conclusioni sono lasciate alle parole del dottor Mecher: “Come nel caso di un uragano in arrivo devi mettere in pratica misure potenzialmente dirompenti mentre ancora il sole è alto e soffia solo una leggera brezza”.

UNA POESIA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (In the time of pandemic. Kitty O’ Meara, 16 marzo 2020) E la gente rimase a casa E lesse libri e ascoltò E si riposò e fece esercizi E fece arte e giocò E imparò nuovi modi di essere E si fermò E ascoltò più in profondità Qualcuno meditava Qualcuno pregava Qualcuno ballava Qualcuno incontrò la propria ombra E la gente cominciò a pensare in modo differente E la gente guarì.

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E nell’assenza di gente che viveva In modi ignoranti Pericolosi Senza senso e senza cuore, Anche la Terra cominciò a guarire E quando il pericolo finì E la gente si ritrovò Si addolorarono per i morti E fecero nuove scelte E sognarono nuove visioni E crearono nuovi modi di vivere E guarirono completamente la Terra Così come erano guariti loro.

Sara Lega


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A CURA DI FEDERICO MARCHETTI

COVID-19 E BAMBINI: IL PUNTO DALLA LETTERATURA AL 18 MARZO 2020 A fine dicembre 2019 uno sconosciuto virus che causava polmonite è stato per la prima volta riscontrato nella città di Wuhan, in Cina e fu inizialmente chiamato “novel coronavirus”1. L’11 febbraio 2020 è stato rinominato SARS-CoV-2 e la World Health Organitation nominò la malattia derivata da questo virus Covid-191. Riportiamo un aggiornamento della letteratura al 18 marzo su quanto è noto, sulla base dell’esperienza cinese, in merito all’epidemiologia clinica dell’infezione in bambini e adolescenti. La scelta è stata fatta selezionando i lavori ritenuti di maggiore rilevanza clinica. Non si fa riferimento alle problematiche relative all’infezione nei neonati nati da madri Covid-19-positive. I bambini sono meno colpiti dal Covid-19? A oggi i report sembrano suggerire che i bambini siano meno colpiti dal virus SARS-CoV21,2. I dati epidemiologici cinesi fino all’11/2/2020 hanno mostrato un’incidenza di Covid-19 diversa in base alle fasce di età anche in età pediatrica. In particolare, dei 44.672 casi confermati di Covid-19, lo 0,9% (416) erano bambini tra 0 e 10 anni e l’1,2% (549) tra 10 e 19 anni2. Un’analisi retrospettiva condotta su bambini con età < 16 anni ricoverati per infezioni respiratorie a Wuhan (dal 7/1 al 13/1/2020) ha mostrato che, su un totale di 366 bambini ospedalizzati, 23 (6,3%) avevano l’influenza A; 20 (5,5%) l’influenza B e 6 (1,6%) avevano il virus SARS-CoV23. Questi 6 bambini con Covid-19 avevano una mediana di età di 3 anni (range 1-7 anni) e tutti i bambini erano completamente sani3. Una recente analisi condotta per indagare le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e radiologiche dei bambini ricoverati dal 28/01/2020 al 26/02/2020, sempre a Wuhan, mostra come dei 1391 bambini ricoverati e testati per Covid-19 solo 171 (12,3%) avevano un’infezione confermata da SARS-CoV24. I bambini avevano un’età mediana di 6,7 anni (range 1-15 anni), il 60,8% erano maschi4. L’analisi retrospettiva più importante sulle caratteristiche epidemiologiche del Covid-19 in età pediatrica in Cina è stata pubblicata il 16 marzo su Pediatrics5. 2143 bambini (età <18 anni) con Covid-19 confermato o sospetto sono stati arruolati (dal 16/1/2020 all’8/2/2020)5. I casi confermati sono stati 731 (34,1%) e i casi sospetti 1412 (65,9%)5. I casi confermati avevano il tampone positivo. I bambini in questo studio avevano un’età mediana di 7 anni (range interquartile 2-13 anni)5. Quali manifestazioni cliniche in età pediatrica? I dati sulla popolazione pediatrica sul Covid-19 riguardano a oggi studi con una bassa numerosità, sia per la bassa incidenza della malattia in età pediatrica sia per la rarità di casi severi che hanno necessitano di ospedalizzazione. Un’analisi retrospettiva su 6 bambini ricoverati per infezioni respiratorie (dal 7/1 al 13/1/2020) con Covid-19 mostra come l’età mediana sia di 3 anni (range 1-7 anni). Tutti i bambini erano sani3. Le caratteristiche cliniche comuni erano: febbre alta (> 39 °C) e tosse in tutti i casi, vomito in 4 pazienti3. Gli esami mostravano un basso livello di linfociti in tutti e 6 i pazienti, leucopenia in 4 e neutropenia in 33. Quattro avevano un quadro di polmonite documentato radiologicamente, con

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Covid-19 and children un pattern di polmonite interstiziale alla TC3. Un bambino è stato ricoverato in Terapia Intensiva pediatrica e ha ricevuto un’infusione di immunoglobuline da donatori sani3. Tutti sono stati trattati empiricamente con antivirali, antibiotici e terapie di supporto3. Sono stati dimessi dopo una mediana di 7,5 giorni di ricovero (5-13 giorni)3. Un altro studio mostra le caratteristiche cliniche, laboratoristiche e radiologiche su una casistica di 20 pazienti pediatrici con Covid-19 sempre all’ospedale pediatrico di Wuhan6. Su 20 bambini, 13 erano maschi, con un’età compresa tra un giorno e 14 anni (mediana 2 anni)6. 13/20 (65%) avevano avuto uno stretto contatto con familiari con Covid-196. Le manifestazioni cliniche sono state febbre > 37,3 °C (in 12/20 pazienti, 60%), tosse (13/20, 65%), diarrea (3/20, 15%), rinite (3/20, 15%), faringite (1/20, 5%), vomito (2/20, 10%), tachipnea (2/20, 10%) e astenia (1/20, 5%)6. Dal punto di vista obiettivo, 3/20 (15%) bambini avevano rantoli umidi, solo uno presentava segni di distress respiratorio e uno cianosi. Gli esami di laboratorio erano molto aspecifici e poco significativi. La PCR è risultata normale in 6 casi/10. Un caso/4 presentava un lieve aumento delle transaminasi e delle CPK. Coinfenzioni sono state documentate in ben 8 casi (40%), in particolare da Influenza A e B, Mycoplasma, virus respiratorio sinciziale e citomegalovirus6. Tutti i bambini dello studio sono stati sottoposti a TC polmonare. I reperti riscontrati sono riassunti nella Tabella I6. In una fase successiva di malattia la TC mostrava principalmente un’espansione della lesione con incremento della densità e coinvolgimento multiplo dei lobi polmonari o di entrambi i polmoni6. La TC di controllo è stata eseguita in dimissione, dopo una mediana di 12 giorni, in 6 pazienti, in cui si è documentata la completa risoluzione delle lesioni in 2 casi, una riduzione del consolidamento in 3 casi e in 3 casi era rimasto un esito6. In conclusione questo studio mostra come gli aspetti alla TC dei bambini ricoverati per Covid-19 siano simili a quelli osservati negli adulti, con quadri di polmonite interstiziale mono o bilaterali, ma presentano un decorso clinico più favorevole6. Dei 171 bambini con Covid-19 ricoverati, il 90% avevano contratto l’infezione in famiglia. Solo il 41,5% presentava febbre (con una durata media di tre giorni), il 48,5% tosse e il 46,2% iperemia faringea. Poco presenti i sintomi gastrointestinali di diarrea (9%) e vomito (6%). Il 15,8% erano asintomatici e non avevano segni radiologici di interessamento polmonare4. Solo il

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news box 2,4% dei bambini presentava un valore di SatO2 < 92% al momento del ricovero. Alla TC il reperto maggiormente riscontrato era l’opacità a vetro smerigliato bilaterale nel 32,7%4. I tre casi che avevano una condizione di comorbidità (idronefrosi, leucemia e invaginazione intestinale) sono stati ricoverati in terapia intensiva e hanno richiesto la ventilazione meccanica. Uno è deceduto (il bambino con invaginazione intestinale). Dalla recente review cinese sui 2143 casi pediatrici di Covid19 sospetto o confermato emerge che il 94% dei bambini erano asintomatici o avevano un’infezione lieve o moderata e non hanno necessitato di ossigeno o supporto ventilatorio5. La definizione del grado di severità di malattia adottata nello studio è riportata nel Box5. La distribuzione dei pazienti per gradi di severità di malattia è riportata nella Tabella II. I casi più impegnativi di malattia si sono verificati nei bambini più piccoli; in particolare i casi severi e critici sono stati il 10,6% nei bambini < 1 anno, il 7,3 % tra 1-5 anni, il 4,2% tra 6-10 anni, il 4,1% tra 11-15 anni e il 3% di pazienti > 15 anni. Un paziente di 14 anni è deceduto5. I casi severi e critici erano maggiormente i casi sospetti di Covid-19 e rimane da determinare se questi casi fossero dovuti al SARS-CoV-2 e/o ad altri patogeni. In particolare tra i casi severi 18 (2,5%) erano confermati e 94 (6,7%) erano sospetti e questa differenza è statisticamente significativa; tra i casi critici 3 (0,4%) erano confermati e 10 (0,7%) erano sospetti. Lo studio non prende in esame le caratteristiche cliniche dei singoli pazienti né le eventuali patologie associate5. Quali sono le ragioni della presunta bassa incidenza e minor gravità nei bambini? Esplorare le ragioni sottostanti a questa bassa incidenza e minor severità di malattia nei bambini potrebbe aiutare a capire la patogenesi del Covid-192. Va considerato che anche se a oggi i dati disponibili sembrerebbero confermare la bassa incidenza nei bambini, il numero dei casi potrebbe aumentare in futuro2. Alcuni richiami storici possono essere di aiuto per caratterizzare alcune pandemie. Durante “l’influenza spagnola” del 1918 gli ultra 65enni e i bambini < 15 anni non hanno avuto una mortalità diversa se comparati con l’influenza stagionale. Nella fascia di età tra 15-24 anni e 25-44 anni si sono registrati tassi di mortalità più elevati2. Allo stesso modo nel 2009 la pandemia H1N1 ha mostrato un’elevata morbilità e mortalità (rispetto all’influenza stagionale) nella fascia di età 5-59 anni2. La SARS ha presentato un tasso mortalità tra il 7 al 17% dei casi totali2. Le persone con patologie sottostanti e > 65 anni hanno presentato un tasso di mortalità fino al 50%. Non si sono verificati casi di mortalità tra i bambini e adulti < 24 anni2. D’altro canto, è ben noto come diverse malattie infettive siano meno frequenti o diano quadri meno severi nei bambini. La poliomielite colpiva i bambini in circa 1/1000 infezioni e gli adolescenti in 1/100 infezioni e il morbillo (e la stessa varicella) colpiscono adolescenti e adulti in modo più grave rispetto ai bambini più piccoli2. Le ragioni della relativa resistenza dei bambini ad alcune malattie infettive respiratorie rimangono sconosciute. Tra le ipotesi proposte ci sono una più attiva risposta immunitaria innata rispetto agli adulti, la presenza di una minore stato di comorbidità, la non esposizione a fumo di sigaretta o inquinanti ambientali2,7. I bambini soffrono più frequentemente di

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CARATTERISTICHE RADIOLOGICHE ALLA TC ESEGUITA IN FASE INIZIALE IN 20 PAZIENTI Reperto alla TC

Numero di pazienti (%)

Lesioni polmonari Nessuna Unilaterale Bilaterale 10 (50%) Lesioni subpleuriche Presenti Non presenti Consolidamento con segno dell’alone Opacità a vetro smerigliato Opacità a trama fine Noduli fini

4 (20%) 6 (30%) 10 (50%) 20 (100%) 0 (0%) 10 (50%) 12 (60%) 4 (20%) 3 (15%)

Tabella I. Da voce bibliografica 4, modificata.

Box - DEFINIZIONE DEL TIPO DI INFEZIONE NEI BAMBINI CON INFEZIONE SOSPETTA O CONFERMATA DA COVID-195

• Asintomatica. Pazienti senza segni o sintomi di malattia e radiografia del torace normale (nel periodo in cui l’acido nucleico del virus era positivo). • Lieve. Sintomi di infezione delle alte vie respiratorie, febbre, astenia, mialgie, tosse, rinorrea. L’esame obiettivo rileva congestione faringea con auscultazione toracica normale. In alcuni casi poteva non esserci febbre o avere solo sintomi gastrointestinali. • Moderata. Polmonite, frequentemente febbre e tosse, a volte wheezing, in assenza di ipossiemia e affanno respiratorio. In alcuni casi l’esame obiettivo o la clinica potevano essere negativi, ma la TC del torace mostrava lesioni polmonari subcliniche. • Severa. Febbre e tosse possono essere accompagnate a sintomi gastrointestinali. Questi casi spesso progrediscono entro una settimana con dispnea e cianosi centrale. Questi pazienti hanno una saturazione di ossigeno < 92%. • Casi critici. Bambini che rapidamente progrediscono verso una sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) o insufficienza respiratoria. Questi pazienti possono presentare shock, encefalopatia, danno miocardico o insufficienza cardiaca, disfunzione della coagulazione e insufficienza renale acuta fino a un quadro di disfunzione multiorgano.

DISTRIBUZIONE DEI PAZIENTI IN BASE AL GRADO DI SEVERITÀ DI COVID-19 Grado di severità dell’infezione

Numero di pazienti (%)

Asintomatici Infezione lieve Infezione moderata Infezione severa Infezione critica (2 pazienti sono stati esclusi dall’analisi)

94 (4,4%) 1091 (50,9%) 831 (38,8%) 112 (5,2%) 13 (0,6%)

Tabella II. Da voce bibliografica 5, modificata.

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news box infezioni respiratorie e potrebbero avere un più alto livello di anticorpi contro i virus rispetto agli adulti5. Una risposta immune più vigorosa negli adulti potrebbe anche spiegare una risposta immunitaria dannosa che è associata a quadri di sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS)2,7. Infine la differenza nella distribuzione, maturazione e funzionamento dei recettori virali è frequentemente chiamata in causa come una ragione possibile della differenza di incidenza relativa all’età2,7. In particolare, il virus SARS, SARS-CoV-2 e human coronavirus-NL63 usano l’ACE2 come recettore per attaccare le cellule dell’apparato respiratorio umano2. Precedenti studi hanno dimostrato come human coronavirus-NL63 fosse più frequente negli adulti rispetto ai bambini e in modo simile si può immaginare una relativa resistenza dei bambini al SARS-CoV22. È dimostrato su modelli murini che l’espressione dell’ACE2 nei polmoni del topo decresce fortemente con l’aumentare dell’età e questo dato sembrerebbe non essere coerente con la bassa suscettibilità dei bambini al Covid-19. Tuttavia, altri studi riportano che l’ACE2 nei bambini possa essere meno funzionante rispetto agli adulti5,8. Ci sono indicazioni di trattamento nei casi severi? In una Consensus di Autori cinesi basata sull’opinione di esperti9 si riportano alcune indicazioni molto generali sul trattamento di bambini e adolescenti con Covid-19. In sintesi la gestione deve essere di supporto respiratorio (al pari di altre tipologie di infezione delle basse vie, quali la bronchiolite). Nella Consensus si riporta che non ci sono dati in merito all’efficacia dell’interferone alfa (nebulizzato), dei farmaci antivirali (lopinavir/litonavir). Si discute sull’uso del cortisone e delle immunoglobuline in casi selezionati9. Nella Consensus non si nominano altri trattamenti che sono in fase di sperimentazione nell’adulto quali la clorochina e il suo derivato idrossiclorochina e il tocilizumab (inibitore dell’interleuchina 6)9. I farmaci in fase di studio per la popolazione generale (mancano riferimenti pediatrici) in caso di infezione con interessamento polmonare o sistemico sono le associazioni lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir, darunavir/cobicistat, la clorochina e suoi analoghi: l’associazione lopinavir/ritonavir e clorochina e analoghi sono ritenuti sicuri in gravidanza e allattamento. Commento I dati ad oggi che caratterizzano l’infezione da Covid-19 nel bambino, in base a quella che è stata l’esperienza cinese pubblicata in letteratura, sono complessivamente rassicuranti. Ci sarebbe una bassa incidenza almeno dei casi sintomatici (che richiedono l’esecuzione del tampone e quindi una conferma di diagnosi), con un relativo basso tasso di ospedalizzazione, anche se al momento non stimato con precisione. In Italia i dati aggiornati periodicamente dell’ISS ci dicono che al 16 marzo dei 25.058 casi totali diagnosticati, 121 (0,5% del totale) riguardano la fascia di età tra 0-9 anni e 186 (0,7%) quella tra 10-19 anni10. Sono dati molto simili a quelli cinesi2. Nella fascia di età 0-9 anni ci sarebbe una maggiore prevalenza di bambini maschi (62,5%). Non sappiamo quanti di questi sono stati ricoverati (nessun deceduto) e quanti (probabilmente la maggioranza) sono in sorveglianza domiciliare e con quale modalità di monitoraggio. Non sono riportati casi al di sotto dei 18 anni ricoverati in Terapia Intensiva. Di fatto, sulla base dei dati cinesi, il Covid-19 darebbe manifesta-

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zioni tipiche delle infezioni febbrili respiratorie delle alte e delle basse vie (quelle che siamo abituati a chiamare, per caratterizzarle da un punto di vista clinico, come “virosi respiratoria”), spesso (ma non sempre) con febbre, e con una laboratorio che è tipico delle infezioni virali non complicate (assente o poca PCR, a volte transaminasi o CPK mosse, emocromo non significativo, a volte con linfo-neutropenia). Nei casi che hanno richiesto il ricovero, l’interessamento polmonare che viene dalle immagini (eseguendo la TAC, cosa di fatto inutile, se non c’è una effettiva ragione clinica) e a volte con scarsa obiettività all’ascoltazione del torace, ci dice che c’è spesso un coinvolgimento prevalentemente (anche se non esclusivamente) interstiziale, ma che tuttavia quasi mai c’è un quadro clinico respiratorio impegnativo. Un aspetto su cui porre attenzione, che viene dalla larga casistica cinese di 2143 casi5, è che i casi più impegnativi riguarderebbero di più il bambino piccolo (< 1 anno di vita). Infatti in questa fascia di età i casi severi/critici descritti sono risultati essere il 10%, con il beneficio del dubbio relativo al fatto che la maggior parte erano casi sospetti di Covid19 e alla possibilità di una concomitante co-infezione virale. In Italia, nel momento in cui scriviamo, si stanno attivando sorveglianze sui casi pediatrici con Covid-19 e avremo a breve pertanto ulteriori informazioni contestualizzate alla nostra realtà. Sarebbe importante avere un monitoraggio anche dei casi che sono seguiti a domicilio, rispetto alla complessiva gestione assistenziale e di presa in carico di bambini che hanno genitori che sono malati e che in alcuni casi richiedono l’ospedalizzazione. Ma la storia narrativa è ancora lunga, con tuttavia una piccola certezza di fronte a un problema che ci sembra più grande di noi: i bambini sembrano essere preservati da questo enorme castigo, che non ha quasi precedenti nella Storia. Claudia Guiducci1,2, Federico Marchetti1 UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna 2 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara 1

Bibliografia 1. Giacomet V, Stracuzzi M, Rubinacci V, Zuccotti GV. SARS-CoV-2: quali implicazioni nella popolazione pediatrica. Medico e Bambino 2020; 39(2):93-96 2. Lee PI, Hu YL, Chen PY, Huang YC, Hsueh PR. Are children less susceptible to Covid-19? J Microbiol Immunol Infect 2020 Feb 25 [Epub ahead of print]. 3. Liu W, Zhang Q, Chen J, et al. Detection of Covid-19 in children in early January 2020 in Wuhan, China. N Engl J Med 2020 Mar 12 [Epub ahead of print]. 4. Lu X, Zhang L, Du H, et al. SARS-CoV-2 infection in children. N Engl J Med 2020 Mar 18 [Epub ahead of print]. 5. Dong Y, Mo X, Hu Y, et al. Epidemiological characteristics of 2143 pediatric patients with 2019 coronavirus disease in China. Pediatrics 2020 Mar 16 [Epub ahead of print]. 6. Xia W, Shao J, Guo Y, Peng X, Li Z, Hu D. Clinical and CT features in pediatric patients with Covid-19 infection: different points from adults. Pediatr Pulmonol 2020 Mar 5 [Epub ahead of print]. 7. Marchetti F. Le lezioni del coronavirus. Medico e Bambino 2020;39 (2):75-7. 8. Fang F, Lu X. Facing the pandemic of 2019 novel coronavirus infections: the pediatric perspectives. Zhonghua Er Ke Za Zhi 2020;58(2): 81-5. 9. Shen K, Yang Y, Wang T, et. al. Diagnosis, treatment, and prevention of 2019 novel coronavirus infection in children: experts’ consensus statement. World J Pediatr 2020 Feb 7 [Epub ahead of print]. 10. Istituto Superiore di Sanità. Epidemia Covid-19. Aggiornamento nazionale, 16 marzo 2020 - ore 16:00 (ultimo accesso 18 marzo 2020).

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La psoriasi in età pediatrica PRISCA DA LOZZO1, LORENZO CALLIGARIS2, IRENE BERTI2 1 2

Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute, Università di Trieste IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste

La psoriasi è una dermatosi immunomediata ad andamento cronico recidivante e patogenesi multifattoriale. L’aumentata esposizione a fattori ambientali scatenanti (trigger) in soggetti geneticamente predisposti è alla base dell’aumento dell’incidenza per questa patologia; in circa un terzo dei casi l’esordio di malattia avviene in età pediatrica. Scopo di tale revisione è descrivere le caratteristiche cliniche e i sottotipi di psoriasi nel bambino, esaminare le possibili diagnosi differenziali e le opzioni terapeutiche che il pediatra deve conoscere.

L

a psoriasi è una dermatosi immunomediata, ad andamento cronico recidivante e patogenesi multifattoriale, la cui incidenza è in costante aumento1. Una maggiore esposizione a fattori ambientali che agiscono da trigger in soggetti geneticamente predisposti potrebbe spiegare questa tendenza2,3. Si tratta di una condizione relativamente comune, circa il 2% della popolazione mondiale ne è affetto, che non di rado esordisce in età giovanile (circa un terzo dei casi si manifesta prima dei 15 anni di vita). In considerazione di questi dati è ragionevole che anche il pediatra conosca le possibili manifestazioni cliniche, l’andamento e le opzioni terapeutiche di questa patologia. PATOGENESI E FATTORI SCATENANTI

Nella patogenesi il meccanismo chiave è legato alla stimolazione della risposta infiammatoria a livello cutaneo, con attivazione, proliferazione e aumentato turnover dei cheratinociti. Sul versante immunologico un ruolo chiave è legato all’attivazione dei linfociti T (in particolare i linfociti Th-1, Th-17 e Th-22) e alla conseguente produzione di specifiche citochine infiammatorie (IFN-γ, TNF, IL-17, IL-22 e IL-23)4,5. Le diverse possibilità tera-

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PSORIASIS IN CHILDHOOD (Medico e Bambino 2020;39:154-160)

Key words Psoriasis, Clinical subtypes, Topical therapy, Phototherapy, Adalimumab Summary Psoriasis is a chronic immune-mediated inflammatory skin disorder with a relapsing course and a multifactorial pathogenesis. Several triggers, genetic factors and comorbid conditions are associated and are likely to be involved in the increasing incidence of the disease. Psoriasis begins in childhood in almost one-third of the cases. Although children present with the same clinical subtypes of psoriasis observed in adults, lesions may differ in distribution and morphology, and their clinical symptoms at presentation may vary from those reported by adult patients. The aim of this review is to describe the clinical features and the differential diagnosis of the disease in infancy and childhood and to examine the current approach to treatment.

peutiche lavorano su questi meccanismi (interruzione di proliferazione e turnover dei cheratinociti, controllo dell’attività infiammatoria). Numerosi stimoli di natura fisica, chimica, termica, infettiva o infiammatoria possono scatenare o determinare una riaccensione in soggetti predisposti. La comparsa di una lesione psoriasica in sede di trauma (fenomeno di Köbner) su un’area di cute precedentemente sana è per esempio un elemento clinico caratteristico della psoriasi. Infezioni da streptococco beta-emolitico di gruppo A (faringiti, ma anche aniti streptococciche) sembra-

no rivestire un ruolo nel favorire l’esordio di quadri di psoriasi guttata. Anche alcuni farmaci sono ritenuti in grado di indurre una riacutizzazione di psoriasi (antimalarici, FANS, betabloccanti), oltre all’interruzione improvvisa di una terapia steroidea (effetto rebound )6. Sovrappeso, stress e infezioni sembra che possano giocare un ruolo nell’influenzare sviluppo e andamento della malattia7. La predisposizione genetica riveste verosimilmente un ruolo chiave, basti pensare che circa il 30% degli individui affetti, ma con percentuali anche maggiori in caso di esordio giovanile,

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La psoriasi in età pediatrica

presenta una familiarità di primo grado e che la concordanza riportata tra gemelli monozigoti varia tra il 30% e il 65% dei casi8-10. Studi di linkage hanno individuato almeno 9 loci di suscettibilità collegati alla psoriasi (PSORSI 19), con un ruolo rilevante apparentemente svolto da PSORS1, situato sul cromosoma 6p e contenente il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC)10,11. Restano da chiarire diversi aspetti relativi all’eterogeneità genetica della patologia e alla correlazione genotipo-fenotipo: PSORS1 per esempio risulta fortemente correlato con alcune forme di psoriasi a esordio acuto tipiche dell’età giovanile (psoriasi guttata), ma meno con altre forme12.

CARATTERISTICHE CLINICHE E SOTTOTIPI

Le caratteristiche cliniche di presentazione nel bambino spesso differiscono da quelle dell’adulto, sia per quanto riguarda le frequenze relative di particolari sottotipi di psoriasi che per la morfologia e la distribuzione delle lesioni. Nel bambino le tipiche lesioni “a placca” appaiono in genere più piccole e meno rilevate, la componente desquamativa è meno rappresentata e vi è un maggior interessamento relativo del volto e delle pieghe cutanee 13. Nella Tabella I vengono elencati i principali sottotipi clinici di psoriasi in età pediatrica e le relative diagnosi differenziali.

La psoriasi a placche rappresenta il sottotipo clinico di più comune riscontro durante l’infanzia e l’adolescenza (fino al 75% dei casi), così come in età adulta, dove le lesioni sono costituite da papule e placche eritematose di varie dimensioni, rilevate, a margini netti e ricoperte da squame argentee (Figura 1). Nel bambino le singole lesioni possono essere più piccole e con una componente desquamativa minore rispetto all’adulto. Il prurito è spesso presente. La rimozione meccanica delle squame tramite grattamento produce dei caratteristici microsanguinamenti puntiformi nella sede della lesione (segno di Auspitz) (Figura 2). Le aree maggiormente in-

FORME CLINICHE E DIAGNOSI DIFFERENZIALE Sottotipi di psoriasi

Diagnosi differenziale

Elementi a favore della diagnosi di psoriasi

A placche

Eczema nummulare Tinea corporis Dermatite seborroica

• Placche eritematose ben delimitate con squame argentee sovrastanti • Segno di Auspitz

Inversa

Eczema Intertrigine da Candida spp. Tinea corporis

• Placche eritematose, essudanti, con componente desquamativa minima • Volto e pieghe cutanee

Del cuoio capelluto

Tinea capitis Dermatite seborroica

• Lesioni multiple • Localizzazione vicino alla linea di impianto frontale o occipitale dei capelli • Fusti piliferi integri all’esame dermatoscopico • Componente infiammatoria può essere minima rispetto alla componente desquamativa (pesudotinea amiantacea)

Lineare

NEVIL (nevo epidermico verrucoso infiammatorio lineare)

• Frequente familiarità per psoriasi • Positività del segno di Auspitz • Prurito assente • Istologia compatibile con lesione psoriasiforme

Dell’area del pannolino 0-2 anni

Dermatite irritativa da pannolino Candidiasi Acrodermatite enteropatica

• Lesioni eritematose a margini netti • Coinvolgimento della piega inguinale • Mancata risposta ai trattamenti convenzionali • 5-10% dei casi sviluppa coinvolgimento cutaneo esteso in un secondo momento

Guttata Bambini e adolescenti

Lichen planus Pitiriasi rosea Pitiriasi rubra pilaris Sifilide secondaria

• Esordio improvviso • 1-2 settimane dopo infezione da SBEGA • Risoluzione in alcuni mesi • Possibile evoluzione in psoriasi a placche

Pustolosa palmo-plantare

Pustolosi palmo-plantare in osteomielite cronica multifocale ricorrente Eczema disidrosico

Pustolosa generalizzata

Staphylococcal scalded skin syndrome

Pustolosa variante anulare

Tinea corporis Eritema anulare centrifugo Sindrome di Sweet

• Pustole sterili superficiali su cute eritematosa

Tabella I

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Figura 1. Psoriasi in chiazze.

Figura 2. Segno di Auspitz (sanguinamento alla rimozione del cerotto).

Figura 3. Interessamento dell’attaccatura dei capelli.

teressate, spesso in maniera simmetrica, sono il cuoio capelluto, le superfici estensorie degli arti (più comunemente in età adolescenziale) e il tronco. Tra il 50% e l’80% dei pazienti affetti da psoriasi sviluppa un interessamento del cuoio capelluto, che può essere

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isolato o accompagnare le lesioni a placche in altre sedi. Non di rado il cuoio capelluto rappresenta il sito di esordio della psoriasi in età infantile. La psoriasi del cuoio capelluto può entrare in diagnosi differenziale con la tinea capitis, in particolare quando le lesioni, ricoperte da spesse squame biancastre adese alla base del capello, presentano una componente infiammatoria delineando un quadro definito pseudotinea amiantacea. Tale condizione può comportare la perdita transitoria dei capelli e, nelle forme più severe, risultare in aree alopeciche, ma non vi è mai il troncamento dei capelli che è invece tipico della tinea. Nella psoriasi inoltre le chiazze sono in genere multiple (la tinea in genere presenta lesioni singole anche se alcune forme di tinea microsporica possono dare lesioni multiple) ed è tipico l’interessamento della linea di impianto frontale o occipitale dei capelli (Figura 3). Il prurito può essere intenso e interferire con il sonno. La psoriasi guttata è il secondo sottotipo per frequenza in età pediatrica e interessa il 15-30% dei bambini affetti da psoriasi. Tale presentazione è tipica dell’età giovanile e la sua frequenza diminuisce con l’aumentare dell’età fino a risultare rara nell’adulto. Il quadro si caratterizza per la comparsa improvvisa di lesioni papulari di piccole dimensioni (diametro < 1 cm), non pruriginose, confluenti, ricoperte da fini squame di colore grigio o argenteo (Figura 4). L’esordio non di rado segue di alcuni giorni un evento infettivo (comunemente da streptococco beta-emolitico di gruppo A - SBEGA). Le lesioni determinano un coinvolgimento esteso e simmetrico della superficie corporea localizzandosi al volto, al cuoio capelluto, al tronco e alle estremità prossimali degli arti. La risoluzione è in genere spontanea e completa nell’arco di 3-4 mesi. La psoriasi guttata può avere un andamento monofasico (rappresentando quindi un evento isolato e autorisolutivo) o essere seguita da recidive in soggetti con predisposizione psoriasica come è anche possibile l’evoluzione clinica della malattia nella forma a placche14.

Figura 4. Psoriasi guttata.

La psoriasi inversa è una forma di psoriasi più rara, ma relativamente frequente in età pediatrica rispetto a quanto osservato nell’adulto, e vede l’interessamento di aree tipicamente risparmiate nel sottotipo a placche, quali il volto, le superfici flessorie degli arti e, in particolare, le pieghe cutanee (solco mammario, inguine, ascelle, ombelico, solco intergluteo) (Figura 5). Le lesioni si presentano come chiazze eritematose a margini netti, poco rilevate e con una componente squamosa meno accentuata. La diagnosi differenziale principale si pone in questo caso con l’intertrigine e con l’eczema/dermatite atopica per l’interessamento delle pieghe e la possibile presentazione essudante delle lesioni.

Figura 5. Psoriasi inversa.

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La psoriasi in età pediatrica

Nella psoriasi lineare, molto meno frequente delle precedenti, le lesioni eritemato-squamose seguono le linee di accrescimento cutaneo (linee di Blaschko) e sono presenti dalla nascita. La frequente familiarità per psoriasi, l’assenza di prurito, la positività del segno di Auspitz e l’istologia compatibile con psoriasi rendono questa rara variante distinguibile dal nevo epidermico verrucoso infiammatorio lineare (NEVIL)13. Forme rare di presentazione sono la psoriasi pustolosa e quella eritrodermica. Nella prima, caratterizzata dall’eruzione di multipli elementi pustolosi sterili su una base cutanea eritematosa, si riconoscono forme localizzate come la acrodermatite continua di Hallopeau con interessamento digito-ungueale, la psoriasi pustolosa palmo-plantare e la psoriasi a placche con pustole superficiali (Figura 6). Le forme a interessamento generalizzato includono la psoriasi pustolosa acuta generalizzata con sintomi sistemici tra cui febbre e artralgie (tipo von Zumbusch) e una variante, più frequente in età pediatrica, con elementi anulari e figurati che ricorda l’eritema anulare centrifugo. Di ancor più raro riscontro in età infantile è l’artrite psoriasica, condizione che andrà comunque sospettata in caso di coinvolgimento articolare in un soggetto affetto da psoriasi.

lesioni nettamente demarcate e, a differenza della dermatite irritativa da pannolino, con chiaro coinvolgimento delle pieghe inguinali (Figura 7). La desquamazione, a causa della macerazione tipica della sede, è in genere poco marcata. In circa il 10% dei casi la malattia può evolvere dando un coinvolgimento cutaneo più esteso con la comparsa di lesioni secondarie a carattere eruttivo che coinvolgono il tronco, gli arti, il volto e il cuoio capelluto. In considerazione del basso rischio evolutivo in psoriasi in età successiva (15%), alcuni Autori preferiscono distinguere questo quadro da quello di una vera forma psoriasica13. COINVOLGIMENTO UNGUEALE

Fino al 40% dei casi di psoriasi in età pediatrica presenta un grado variabile di coinvolgimento ungueale, che si manifesta per lo più con pitting dell’unghia (piccole depressioni puntiformi della lamina ungueale) (Figura 8), ma anche con discolorazione puntiforme, trachionichia (irregolarità

Un discorso a parte merita la psoriasi dell’area del pannolino (napkin psoriasis), che interessa bambini di età inferiore ai 2 anni. La cute si presenta di colore rosso intenso con

Figura 7. Psoriasi dell’area del pannolino (Napkin psoriasis).

Figura 6. Psoriasi pustolosa.

Figura 8. Pitting ungueale psoriasico.

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della lamina ungueale), onicolisi, ipercheratosi subungueale, onicodistrofia. Tale manifestazione clinica è più frequente in caso di psoriasi a interessamento digitale e in caso di artrite psoriasica. È importante ricordare che il coinvolgimento ungueale può presentarsi simultaneamente alle lesioni cutanee, ma anche precedere o seguire le stesse o, in rari casi, presentarsi in maniera isolata13. DIAGNOSI

La diagnosi di psoriasi è in genere clinica ed è basata sul riconoscimento degli elementi suggestivi. Nei casi dubbi sarà importante prestare attenzione alla valutazione delle sedi più frequentemente interessate: cuoio capelluto, superfici estensorie degli arti (diversamente dall’eczema che interessa in genere la regione flessoria), regione sacrale, ma anche ombelico, piega retroauricolare (Figura 9), solco intergluteo e regione ano-genitale. Ricercare sempre un eventuale coinvolgimento ungueale. Un elemento clinico sugge-

Figura 9. Interessamento della piega retroauricolare.

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PRINCIPALI OPZIONI TERAPEUTICHE PER LA PSORIASI IN ETÀ PEDIATRICA TERAPIE LOCALI Corticosteroidi

I corticosteroidi topici costituiscono la prima linea terapeutica in virtù della loro efficacia a breve termine, disponibilità e facile applicabilità. Strategie per migliorare il rapporto tra efficacia ed effetti avversi locali comprendono l’uso intermittente o a rotazione del farmaco topico e la terapia di associazione con altri topici a diverso meccanismo di azione (ad esempio gli analoghi della vitamina D3). Scalare gradualmente l’applicazione dei corticosteroidi locali riduce il rischio di effetto rebound alla sospensione.

Analoghi della vitamina D

Calcipotriolo, calcitriolo e tacalcitolo sono analoghi della vitamina D3 che inducono la differenziazione dei cheratinociti e ne inibiscono la proliferazione. In particolare il calcipotriolo, associato allo steroide, utilizzato sotto forma di unguento è un’opzione efficace e sicura nei bambini con psoriasi a placche lieve-moderata con coinvolgimento di meno del 30% della superficie corporea.

Acido salicilico

In associazione allo steroide, può essere utile in caso di interessamento del cuoio capelluto con importante componente squamosa. Attenzione nei bambini più piccoli al rischio teorico di intossicazione da salicilati.

Altri farmaci topici

Gli inibitori della calcineurina (tacrolimus 0,03-0,1% e pimecrolimus 1%) in formulazione topica sono approvati per l’uso nella dermatite atopica/eczema costituzionale e nella psoriasi in età adulta, ma vi sono alcune evidenze della loro efficacia anche nella psoriasi in età pediatrica, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo del tacrolimus nella psoriasi inversa con interessamento del volto, dei genitali e delle pieghe cutanee15. L’antralina (o ditranolo), derivato sintetico dall’acido crisarofanico, agisce diminuendo il turnover cellulare ma anche inibendo la funzione dei neutrofili (azione anti-infiammatoria). Il farmaco viene utilizzato in forma topica, in particolare nella psoriasi a placche, e applicato nella modalità definita “a contatto breve” (10-30 minuti 1-2 volte al giorno). Il tazarotene, retinoide sintetico, recentemente introdotto per la terapia della psoriasi nell’adulto sotto forma di gel a concentrazione 0,1%, con dimostrazione di efficacia anche nel trattamento delle forme a interessamento ungueale. Nel bambino le esperienze relative all’utilizzo di questo farmaco sono limitate.

Fototerapia

La fototerapia, in particolare con raggi UVB a banda stretta, rappresenta la prima linea fototerapica nell’adulto, con risultati promettenti anche in età pediatrica, quando le lesioni non siano controllate dalla sola terapia topica16. Gli schemi di cura prevedono una fase iniziale di 3 trattamenti/settimana per circa 6-8 settimane e successivamente una terapia di mantenimento che contempla una o due sedute alla settimana17. La risposta al trattamento è influenzata sia dal tipo di psoriasi che dalle sedi interessate. TERAPIE SISTEMICHE

Acitretina

Retinoide di sintesi utilizzato per via orale, spesso in associazione con farmaci topici, la cui efficacia e sicurezza in età pediatrica è stata valutata nelle forme di psoriasi severa e in particolare nel sottotipo pustoloso ed eritrodermico. Oltre all’elevato potere teratogeno il farmaco condivide gli effetti avversi comuni a tutti i retinoidi (fotosensibilità, cheilite, xerosi cutanea, iperlipidemia e alterazione degli enzimi epatici). Se utilizzato per lunghi periodi il farmaco può causare nei bambini iperostosi, calcificazioni dei tendini e dei legamenti e alterazioni ossee da precoce chiusura epifisaria13.

Metotrexate

Farmaco attivo nell’inibire la replicazione dei linfociti T e B e la secrezione di interleuchine quali IL-1, IFN-alfa e TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor alfa). L’efficacia di questo farmaco nel controllo della psoriasi refrattaria alla terapia topica è stata descritta in età pediatrica18, sebbene manchino studi randomizzati controllati in grado di dare informazioni precise sull’efficacia e sulla sicurezza del farmaco in questa fascia di età19.

Ciclosporina

Inibitore della calcineurina attivo in particolare sui linfociti T. Utilizzata per via sistemica nelle forme di psoriasi pustolosa o eritrodermica severa dell’adulto in virtù del suo rapido effetto di azione (2-4 settimane). In Pediatria le esperienze con questo farmaco sono limitate. Il trattamento viene in genere iniziato a un dosaggio di 2,5-3 mg/kg/die (aumentato a 5 mg/kg solo in caso di risposta non soddisfacente o in caso di necessità di rapido controllo delle lesioni) e successivamente scalato fino alla minima dose efficace a mantenere il controllo delle lesioni19. Gli effetti avversi più comunemente riportati includono nausea, diarrea, ipertensione e nefrotossicità e giustificano un monitoraggio attento della pressione arteriosa e della funzione renale in corso di terapia20.

Biologici

I farmaci biologici hanno rivoluzionato il trattamento delle forme estese e di grado moderato-severo di psoriasi. Le possibilità terapeutiche offerte da questi farmaci combinano selettività di azione (target therapy), efficacia e un buon profilo di sicurezza. Le molecole più utilizzate in tal senso sono in particolare farmaci che agiscono sulla via del TNF-alfa come infliximab, etanercept e adalimumab e alcuni farmaci più recenti e mirati, tra cui ustekinumab, che ha come target di azione citochine infiammatorie secrete direttamente dalle cellule dendritiche attivate (anti IL-12/IL-23) e secukinumab (anti-IL-17A)19. L’adalimumab (anticorpo monoclonale umano diretto contro il TNF-alfa) è tra i farmaci biologici approvati per l’uso nella psoriasi moderata-severa dell’adulto. Un recente trial multicentrico randomizzato, controllato e in doppio cieco ha dimostrato la superiorità di adalimumab (alla dose di 0,8 mg/kg) rispetto al metotrexate nel ridurre l’attività di malattia in bambini e adolescenti con psoriasi a placche di grado moderato-severo a 4 e 16 settimane di trattamento21. Nel 2015 il farmaco è stato approvato in Europa per il trattamento della psoriasi a placche di grado severo in età pediatrica dai 4 anni in su, in pazienti senza adeguata risposta alle terapie convenzionali. Nella nostra esperienza l’adalimumab rappresenta un’opzione efficace, con un ottimo profilo di tollerabilità e sicurezza nel trattamento delle forme severe di psoriasi a placche del bambino. L’etanercept (recettore solubile intracellulare del TNF alfa) è approvato in Europa per l’uso in età pediatrica nella psoriasi a placche in forma severa dai 6 anni in su. Un trial multicentrico randomizzato controllato in doppio cieco ha testato l’efficacia e la sicurezza del farmaco in bambini di età compresa tra i 4 e i 17 anni con psoriasi a placche di grado moderato-severo, riportando una significativa riduzione dell’attività di malattia a 48 e 96 settimane22.

Tabella II

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La psoriasi in età pediatrica

stivo è il segno di Auspitz, cioè la comparsa di emorragie puntiformi sulla superficie della lesione psoriasica cutanea in seguito alla rimozione meccanica delle squame tramite grattamento. Oltre all’aspetto delle lesioni e al loro andamento spesso recidivante con tendenza alla cronicizzazione, una storia familiare positiva per psoriasi, supporterà la diagnosi in una quota significativa di casi pediatrici. Qualora la diagnosi rimanga incerta e il quadro clinico sia tale da meritare una conferma per guidare le terapie l’esame bioptico delle lesioni cutanee potrà essere utile. Le caratteristiche istopatologiche delle lesioni psoriasiche varieranno in funzione del sottotipo clinico e del grado di attività di malattia al momento del prelievo bioptico, che sarà condizionato anche da un eventuale trattamento in corso. Nella psoriasi a placche con infiammazione attiva si osservano acantosi dell’epidermide, assenza dello strato granuloso e focale paracheratosi (aumento di spessore dello strato corneo) con raccolte di neutrofili (i cosiddetti microascessi di Munro, patognomonici di psoriasi). L’esocitosi intraepidermica dei neutrofili forma delle pustole spongiformi contenenti frammenti cheratinocitari dette micropustole di Kogoj. L’edema del derma interpapillare, la dilatazione dei capillari papillari e la presenza di infiltrati linfocitari perivascolari sono altri elementi istopatologici suggestivi di psoriasi. Nella psoriasi pustolosa i microascessi di Munro e le pustole spongiformi presentano dimensioni maggiori, mentre nella variante guttata l’acantosi e la paracheratosi della lesioni sono limitate e meno evidenti. TRATTAMENTO

Come detto si tratta di una patologia cronica, ad andamento recidivante remittente, che può interferire significativamente con la qualità della vita e in cui il trattamento mira al controllo dei sintomi e, quando possibile, al raggiungimento della remissione clinica. Alla famiglia deve essere chiaramente esplicitato che l’obiettivo terapeutico non è sempre la remissione della ma-

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lattia, che può essere difficile da raggiungere. Va considerato un risultato positivo anche un soddisfacente controllo delle manifestazioni cutanee, se permette una buona qualità di vita. La scelta della terapia deve tener conto dell’estensione della patologia, della sua severità e delle aree cutanee colpite, ma anche della compliance e delle necessità del paziente e della sua famiglia, nonché della sicurezza e dell’accessibilità delle terapie proposte. In linea generale possiamo dire che in età pediatrica, soprattutto se l’estensione è limitata, il trattamento di prima linea sarà topico (in primis corticosteroidi da soli o in associazione con analoghi della vitamina D). Tra le opzioni di seconda linea nei bambini più grandi con scarsa risposta ai trattamenti topici effettuati c’è la fototerapia con UVB a banda stretta (NBUVB). La terapia sistemica con farmaci retinoidi, immunosoppressori tradizionali o con i nuovi farmaci biologici è da riservare alle forme estese (> 10% della superficie corporea coinvolta), di grado severo, refrattarie ai trattamenti topici e alla fototerapia. Nella Tabella II le principali opzioni terapeutiche15-22. PROGNOSI

Nonostante si tratti di una condizione clinica cronica, ad andamento recidivante remittente, la prognosi della psoriasi in età pediatrica è in genere favorevole. La maggior parte dei bambini presenta la malattia in forma clinicamente lieve-moderata, con interessamento limitato della cute e degli annessi cutanei, e con buon controllo delle lesioni spesso raggiungibile con la sola terapia topica. Una parte dei pazienti pediatrici affetti da psoriasi può presentare forme estese e severe o andare incontro con la crescita a un progressivo peggioramento del quadro clinico con necessità di ricorrere quindi alla terapia immunosoppressiva sistemica. Oltre al disturbo oggettivo causato dalle lesioni cutanee (prurito, desquamazione) con il loro andamento spesso cronico-recidivante e alla necessità di effettuare terapie topi-

MESSAGGI CHIAVE

❏ Circa un terzo dei casi di psoriasi esordisce prima dei 15 anni di età; una familiarità nei casi a esordio precoce è frequente. ❏ La presentazione clinica è eterogenea e condizionata in parte dalle sedi coinvolte e dall’età. ❏ Ricercare attivamente il coinvolgimento del cuoio capelluto e l’interessamento ungueale (fino al 40% dei casi). ❏ Nell’adolescente la manifestazione più tipica è la psoriasi a chiazze (lesioni eritematose, margine netto, desquamanti). ❏ Ricordare la forma inversa con interessamento delle pieghe (ascelle, inguine, ombelico, solco intergluteo) e nel lattante il possibile interessamento dell’area del pannolino (napkin psoriasis). ❏ Per le forme lievi-moderate la terapia topica (corticosteroidi, analoghi della vitamina D) e la fototerapia rappresentano la prima linea e sono spesso sufficienti a ottenere un buon controllo della malattia. ❏ Per le forme severe, estese o scarsamente responsive alla terapia topica i farmaci di scelta, oltre agli immunosoppressori convenzionali (metotrexate, ciclosporina) e ai retinoidi, sono i biologici (anti-TNF). ❏ Ricordarsi di valorizzare un coinvolgimento articolare (che guida la scelta terapeutica) e l’eventuale presenza di comorbidità.

che/sistemiche in cicli ripetuti e spesso per periodi lunghi, fondamentale sarà valutare l’impatto psicologico della psoriasi sulla sfera psicosociale dei soggetti affetti. A ogni età, ma in età adolescenziale in particolare, la ricaduta legata all’impatto estetico delle lesioni può incidere in maniera significativa sulla qualità di vita e sulla socializzazione. Infine, sebbene la psoriasi rappresenti un problema prevalentemente di natura dermatologica, è riconosciuta ormai la possibile presenza di comorbidità che impongono una valutazione complessiva del paziente. In particolare, sebbene si tratti di eventi non comuni, andrà posta attenzione a

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Aggiornamento

un eventuale interessamento articolare (artrite psoriasica) oltre che alla presenza di condizioni potenzialmente associate (obesità, iperlipidemia, ipertensione arteriosa, celiachia, diabete, malattia di Crohn), che orienteranno un eventuale approccio multidisciplinare23-27. Interessante a questo proposito sottolineare che la terapia biologica anti-TNF, pur essendo di per sé molto attiva anche nella psoriasi, può indurre la comparsa della psoriasi stessa in alcuni soggetti trattati per patologia reumatica o intestinale28-30.

Indirizzo per corrispondenza: Prisca Da Lozzo e-mail: priscadalozzo@gmail.com

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Problemi speciali

Gli ascessi retrofaringei Quando le infezioni capitano… tra capo e collo! LUCA BERNARDINI1, LAURA SERRA2, ELISABETTA CALAMELLI2, PAOLO BOTTAU2, DEBORAH SILVESTRINI2, ANDREA PESSION1,3 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna UO di Pediatria e Nido, Ospedale Santa Maria della Scaletta, Imola (Bologna) 3 UO di Pediatria, Policlinico di Sant’Orsola, Bologna 1 2

Tour alla (ri)scoperta di una patologia rara, ma potenzialmente letale o suscettibile di complicanze qualora non prontamente riconosciuta. Quando la dobbiamo sospettare? Come trattarla?

CASO CLINICO

Una bambina di 5 anni viene condotta in Pronto Soccorso per febbre e intenso dolore cervicale con postura antalgica del collo da circa 4 giorni, trattati inizialmente con ibuprofene. Due giorni prima la sua pediatra, riscontrando faringite, otite e linfoadenopatia laterocervicale sinistra, le ha prescritto amoxicillina-clavulanato. Dal prelievo ematico emerge una leucocitosi neutrofila assoluta (GB 21.600/mm3, N 82,2%, L 13,3%), con rialzo della PCR (9,18 mg/dl). Decidiamo quindi di ricoverarla. All’ingresso in reparto la piccola presenta postura antalgica, con capo flesso sulla spalla sinistra e contrattura dei muscoli cervicali dorsali. Linfoadenopatia laterocervicale bilaterale, con pacchetto di linfonodi a sinistra di circa 2,5 cm di diametro, non dolente né caldo. Temperatura corporea 38,1 °C. Cute normoperfusa e idratazione conservata. Faringe iperemico. Membrane timpaniche lievemente iperemiche ed edematose. Obiettività cardio-toraco-addominale nella norma. Anamnesi patologica remota positiva per otiti ricorrenti, l’ultima delle quali circa 5 mesi fa. L’ecografia del collo conferma la presenza di linfoadenomegalie in sede laterocervicale bilateralmente, in maggior

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RETROPHARYNGEAL ABSCESSES (Medico e Bambino 2020;39:161-166) Key words Retropharyngeal abscess, Fever, Neck stiffness Summary The retropharyngeal abscess is a rare pathology nonetheless it has always to be considered in presence of fever (hyperpyrexia) and neck stiffness. In fact, it can be burdened by an important morbidity and mortality, however the advent of antibiotics and CT has reduced its complications. The clinical picture is varied and not specific, sharing signs and symptoms with the oropharyngeal infections. The bulging of the posterior pharyngeal wall is pathognomonic, but it is present in less than half of the cases. Particular attention must be paid to children under one year of age that are more susceptible to complications, because of the immaturity of the immune system and a more not specific clinic, with a consequent late diagnosis. The most frequently involved pathogens are group A beta-haemolytic Streptococcus, Staphylococcus aureus (including methicillin-resistant Staphylococcus aureus) and oropharyngeal anaerobes. The gold standard for diagnosis is contrast CT. The therapeutic approach depends on the clinic. Medical therapy can be attempted in case of clinical stability and small size, setting intravenous antibiotic therapy with a third-generation cephalosporin associated with ampicillin-sulbactam or clindamycin. If there is no clinical improvement within 24-48 hours - or in the first instance in case of respiratory distress or abscess greater than or equal to 2.5 cm2 in two-dimensional projection - the surgical approach should be considered.

numero a sinistra, di aspetto reattivo; la più grande a sinistra, 23 x 10 mm di diametro. La radiografia del torace esclude focolai broncopneumonici. Avviamo terapia antibiotica endovenosa con ceftriaxone. Per il sospetto di un ascesso retrofaringeo e di fronte alla difficoltà da parte della famiglia di

accettare una tomografia computerizzata (TC) per il carico di radiazioni ionizzanti, chiediamo una risonanza magnetica (RM) dell’encefalo + collo, da cui emerge la presenza di adenopatia colliquata (diametro massimo 25 mm) in sede retrofaringea sinistra, a livello del passaggio rino-oro-faringeo; dislo-

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Problemi speciali

cazione ab estrinseco dell’adiacente porzione faringea - senza lesioni focali tonsillari - e flogosi dei tessuti molli adiacenti, con estensione caudale apprezzabile fino al passaggio cervicodorsale. L’esame conferma inoltre le adenopatie latero-cervicali reattive, prevalenti a sinistra. Alla luce del dato di imaging, in accordo con il consulente otorinolaringoiatra (ORL), decidiamo di integrare la terapia antibiotica con un glicopeptide attivo su potenziali batteri meticillino-resistenti, aggiungendo la vancomicina al ceftriaxone iniziato da 48 ore. Dopo tre giorni di ricovero la bambina comincia a mantenersi stabilmente apiretica, con graduale regressione di dolore e contrattura cervicale, e ripresa della regolare motilità del collo, contestualmente a un’iniziale riduzione delle adenomegalie laterocervicali. Gli esami ematici mostrano una progressiva normalizzazione degli indici di flogosi (PCR 2,59 mg/dl e poi 0,68 mg/dl), con procalcitonina negativa. La fibroscopia nasale mostra un’area iperemica e modestamente bombata a livello della parete posteriore della faringe, nel passaggio tra rino- e orofaringe. Sulla base del miglioramento clinico, sospendiamo la vancomicina e proseguiamo con il solo ceftriaxone per 10 giorni complessivi, per poi passare alla terapia con amoxicillina-clavulanato per via orale, mantenendo il monitoraggio clinico. Gli esami in pre-dimissione mostrano un quadro laboratoristico molto migliorato, con negativizzazione della PCR (0,04 mg/dl) e riduzione della leucocitosi neutrofila. La bambina viene dimessa in buone condizioni generali, in dodicesima giornata, con la prescrizione di amoxicillina-clavulanato per altri 5 giorni. Al controllo, una decina di giorni dopo la dimissione, la valutazione ORL in fibroscopia non mostra più la bombatura della faringe posteriore. L’adenomegalia laterocervicale è regredita, permane solo un linfonodo subcentimetrico all’angolo mandibolare sinistro. La bimba è sempre stata bene, apiretica e senza rigidità e/o dolore al collo.

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COS’È L’ASCESSO RETROFARINGEO E QUANDO COMPARE

L’ascesso retrofaringeo è una complicanza suppurativa delle infezioni orofaringee che, seppur rara, è meritevole di estrema attenzione alla luce delle possibili gravi sequele che può comportare in termini di morbi-mortalità. In considerazione di ciò, anche in relazione al significativo aumento di incidenza registratosi nel corso degli ultimi anni, dev’essere considerato nella diagnosi differenziale di altre patologie che condividono una clinica analoga1,2. Lo spazio retrofaringeo, esteso dalla base cranica al mediastino posteriore, è interposto tra il foglietto medio e quello posteriore della fascia cervicale profonda. Contiene due catene linfonodali, drenanti rinofaringe e seni paranasali posteriori, che vanno incontro ad atrofia a partire dai 5 anni3,4. Lateralmente è in contiguità con lo spazio carotideo, mentre inferiormente comunica con il mediastino: strutture che possono successivamente essere coinvolte dall’infezione. In circa la metà dei casi, gli ascessi retrofaringei sono preceduti da infezioni del tratto respiratorio superiore5. Un quarto dei casi, soprattutto nei bambini più grandi e negli adulti, sono secondari a traumi faringei (ad esempio l’ingestione di corpi estranei)5-11. L’infezione linfonodale può evolvere attraverso tre stadi: cellulite, flemmone e ascesso6. Un’appropriata e precoce terapia antibiotica può consentire l’arresto di tale processo maturativo12. EPIDEMIOLOGIA

Il picco di incidenza si verifica nella fascia 2-4 anni13, con successiva netta diminuzione all’aumentare dell’età, per la progressiva regressione delle strutture linfonodali. Colpisce maggiormente i soggetti maschi, ma le cause di tale predominanza non sono note14. Nell’ultimo decennio si è assistito a un significativo incremento dell’incidenza15, che potrebbe verosimilmente essere ascritto al miglioramento e al

maggior utilizzo delle tecniche di imaging, soprattutto della TC, con conseguente maggior numero di diagnosi precoci16-19. EZIOLOGIA

Gli ascessi retrofaringei sono spesso sostenuti da infezioni polimicrobiche. Le specie maggiormente implicate sono streptococco beta-emolitico di gruppo A, Staphylococcus aureus (incluso Staphylococcus aureus meticillino-resistente - MRSA) e gli anaerobi respiratori (Fusobacteria, Prevotella e Veilonella), mentre ceppi di Haemophilus sono riscontrati solo occasionalmente3,13,20-23. LA CLINICA DI PRESENTAZIONE

Il quadro clinico all’esordio può essere estremamente variabile e aspecifico, al punto da poter essere facilmente confuso con quello delle ben più frequenti infezioni delle alte vie respiratorie (tonsillite, faringite, linfadenite) che accompagnano o, più tipicamente, precedono l’ascesso. Le manifestazioni più comuni includono febbre, dolore al collo (spontaneo o provocato), torcicollo, disfagia, odinofagia, scialorrea, alimentazione ridotta, disfonia, tachipnea, dolore toracico (qualora ci sia un’estensione al mediastino), trisma6,18,24. Il distress respiratorio e lo stridor sono rari, probabilmente per il più frequente ricorso alla terapia antibiotica e il minor ritardo diagnostico rispetto al passato16,24-26. I sintomi respiratori sono più comuni nei bambini con meno di un anno di vita, per i quali è più difficile fare una diagnosi precoce, a causa di manifestazioni più vaghe e aspecifiche. Obiettivamente è possibile apprezzare rigidità del collo (soprattutto all’estensione), linfoadenopatia laterocervicale e talora tumefazione del collo. All’ispezione faringea occorre valutare l’eventuale protrusione della parete posteriore della faringe (bulging), patognomonica, seppur presente in meno della metà dei casi.

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Gli ascessi retrofaringei

IL LABORATORIO

La valutazione iniziale del bambino con sospetto ascesso retrofaringeo dovrebbe includere esame emocromocitometrico completo (con quadro di leucocitosi neutrofila assoluta e rialzo degli indici di flogosi) ed emocoltura 6. Qualora si proceda al drenaggio, occorre prelevare campioni per esami colturali per aerobi e anaerobi. I QUADRI CLINICI IN DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Generalmente la clinica e gli studi di imaging sono necessari e sufficienti per chiarire la diagnosi differenziale con diverse entità nosologiche che possono condividere: • rigidità del collo e/o “torcicollo”: è necessario escludere meningite, osteomielite vertebrale, ascessi tubercolari del rachide cervicale, lesioni spinali, reazioni distoniche, tossine (tetano, vedova nera, scorpione)5,6,27. • ostruzione delle vie aeree superiori: può essere sottesa da varie condizioni: epiglottite, linfoadenite laterocervicale, croup, tracheite batterica, ascesso peritonsillare, uvulite, difterite laringofaringea, ingestione di corpo estraneo, angioedema, anafilassi, linfoma, linfangioma, emangioma, ematoma6. LE COMPLICANZE

Sono rare, ma potenzialmente fatali. L’infezione può diffondersi dallo spazio retrofaringeo verso le strutture adiacenti o il torrente ematico. Tra le possibili complicanze ricordiamo: ostruzione del tratto respiratorio superiore, mediastinite, polmonite da aspirazione (per rottura dell’ascesso), trombosi della vena giugulare interna, sindrome di Lemierre (trombo-flebite settica della vena giugulare interna secondaria a infezioni orofaringee), aneurisma delle carotidi14, sepsi, dislocazione atlanto-assiale, recidiva postintervento chirurgico6,28,29. Il bambino piccolo è più vulnerabi-

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le e a rischio di complicanze, in relazione al ritardo diagnostico (a cui è tipicamente suscettibile) e alla relativa immaturità del sistema immunitario. Alla luce di ciò, tale fascia di età è pertanto meritevole di maggiore attenzione e di un approccio più aggressivo. LA DIAGNOSI PER IMMAGINI

La scelta della tecnica di imaging più appropriata dipende dalle condizioni cliniche e dal livello di sospetto di infezione retrofaringea. La TC con mezzo di contrasto è il gold standard per la diagnosi nei pazienti stabili e con alto indice di sospetto. È molto sensibile, ma poco specifica18; generalmente è in grado di differenziare l’ascesso retrofaringeo dalla cellulite, di identificarne l’estensione (fondamentale nella scelta tra approccio chirurgico o medico) e di evidenziare eventuali corpi estranei che fungono da focolaio infettivo6,30-32. La radiografia laterale del collo non è uno studio dirimente per definire la gestione della patologia1. L’ecografia delle parti molli non è raccomandata come indagine univoca per la bassa sensibilità, con conseguente ritardo diagnostico33. La RM è ancora poco utilizzata, sebbene abbia maggior capacità nello studio dei tessuti molli e maggior accuratezza nell’individuare interessamento infettivo di altre sedi ed eventuali complicanze. Rispetto alla TC, non espone a radiazioni ionizzanti, ma necessita di maggiori risorse e tempi di esecuzione5,16,34. Viene pertanto eseguita, in caso di scarsa collaborazione del paziente, previa sedazione e in presenza di un rianimatore, per il maggior rischio di grave desaturazione derivante dalla tumefazione retrofaringea. GESTIONE E TERAPIA

Non esistono trial randomizzati e controllati per la gestione degli ascessi retrofaringei, pertanto non è possibile definire in maniera univoca quando optare per un approccio medico e quando ricorrere alla chirurgia come trattamento di prima scelta 4,24,35-41. Il

drenaggio chirurgico ha avuto un ruolo cardine nel trattamento42 fino all’avvento degli antibiotici, alternativa efficace e meno invasiva, facendo sì che mortalità e complicanze (che in era pre-antibiotica registravano tassi rispettivamente del 7-15% e del 25% circa) divenissero rare4. L’approccio iniziale1 (Figura 1) dipende dalla severità del distress respiratorio e da quanto è probabile la presenza di infezione suppurativa drenabile (sulla base dei rilievi TC e delle caratteristiche cliniche, come durata dei sintomi e decorso): • Severa compromissione delle vie aeree: intubazione (gravata dal rischio di rottura dell’ascesso) e drenaggio chirurgico d’emergenza, generalmente per via transorale. Nei bambini sotto l’anno di età, l’intubazione può essere molto difficile, per via della tumefazione della parete posteriore della faringe, dell’edema della glottide e delle aritenoidi, al punto da richiedere la tracheotomia. • Stabilità clinica con ascessi ≥ 2,5 cm2 in proiezione bi-dimensionale alla TC e con caratteristiche suggestive di ascesso maturo: drenaggio chirurgico. • Non compromissione delle vie aeree: antibiotico-terapia per 24-48 ore, senza drenaggio chirurgico, soprattutto se i reperti di imaging non suggeriscono un ascesso maturo ≥ 2,5 cm2 in proiezione bi-dimensionale. Occorre instaurare la terapia antibiotica endovenosa il prima possibile, una volta effettuato il drenaggio o dopo aver deciso di non procedere a un approccio chirurgico. La risposta all’antibioticoterapia viene valutata sulla base del miglioramento clinico; qualora non si verifichi entro 24-48 ore, è opportuno eseguire TC con contrasto e considerare il drenaggio chirurgico6,36. È necessario uno stretto monitoraggio dei bambini con ascesso retrofaringeo, per il rischio di persistenza o progressione di sintomi e complicanze. La terapia empirica dovrebbe coprire streptococchi di gruppo A, Staphylococcus aureus (anche MRSA) e gli anaerobi respiratori, e va modificata successivamente in funzione dei risultati colturali o della risposta clini-

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Problemi speciali

IPERPIRESSIA + RIGIDITÀ DEL COLLO

Sospetta infezione retrofaringea

Segni di severa ostruzione delle vie aeree • Posizione a tripode o sniffing position e aspetto abattuto • Distress repiratorio severo (alitamento delle pinne nasali, grunting, marcate retrazioni soprasternali o sopraclaveari) • Cianosi • Incapacità di parlare o tossire

Antibioticoterapia EV empirica

No

Presenza di 1 o più segni? Sì

Mettere in sicurezza le vie aeree

Drenaggio chirurgico in sala operatoria

No

Presenza di infezione suppurativa? Sì

Eseguire TC + MDC collo Antibioticoterapia empirica EV, mirata in rapporto ai risultati colturali Ascesso ben definito ≥ 2,5 cm2

No

Antibioticoterapia empirica EV per 24 ore

Miglioramento clinico?

No

Ripetere TC + MDC collo

Presenza di ascesso ≥ 2,5 cm2

Sì No Proseguire la terapia antibiotica EV

Figura 1. L’approccio iniziale dipende dalla severità del distress respiratorio e da quanto è probabile la presenza di infezione suppurativa, sulla base dei rilievi TC e delle caratteristiche cliniche, quali durata dei sintomi e decorso (MDC: mezzo di contrasto).

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Gli ascessi retrofaringei

MESSAGGI CHIAVE

❏ L’ascesso retrofaringeo è una patologia rara, con clinica aspecifica, ma da tenere bene a mente per le complicanze da cui è gravata. ❏ Pensarci sempre di fronte al binomio febbre e rigidità del collo: un “torcicollo febbrile” è un ascesso retrofaringeo fino a prova contraria! ❏ Il segno patognomonico della protrusione della parete posteriore della faringe è presente in meno della metà dei casi. Il gold standard per la diagnosi è la TC. ❏ Attenzione ai bambini con meno di un anno, più soggetti a complicanze per l’immaturità del sistema immunitario e con una clinica più aspecifica. ❏ I patogeno più frequenti sono lo streptococco beta-emolitico di gruppo A, Staphylococcus aureus (incluso MRSA) e gli anaerobi orofaringei. ❏ L’approccio terapeutico dipende dalla clinica: la terapia antibiotica endovena tempestiva può essere tentata in caso di stabilità clinica e dimensioni contenute. ❏ In caso di mancanza di miglioramento clinico dopo 24/48 ore - o in prima istanza in caso di distress respiratorio o ascesso ≥ 2,5 cm2 (proiezione bi-dimensionale) - occorre considerare l’approccio chirurgico che prevede, in prima istanza, il drenaggio.

ca. Regimi empirici includono l’utilizzo di una cefalosporina di terza generazione associata ad ampicillina-sulbactam o a clindamicina6. In pazienti non responsivi al trattamento iniziale empirico o con patologia moderata/ severa, dovrebbero essere aggiunti vancomicina o linezolid, per garantire una copertura ottimale nei confronti dei Gram-positivi e degli MRSA. La terapia parenterale va mantenuta fino a quando il paziente non si sfebbra e migliora clinicamente, in seguito è prevista il passaggio alla terapia orale, per completare un ciclo di 14 giorni complessivi, con amoxicillina-clavulanato o clindamicina. Qualora sia stata aggiunta la vancomicina al regime parenterale, occorre poi usare il linezolid per lo shift alla terapia orale.

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CONCLUSIONI

Bibliogra!a

L’ascesso retrofaringeo è una patologia che, per quanto rara, è sempre da tenere in considerazione in presenza di febbre (iperpiressia) e rigidità del collo, alla luce dell’importante morbi-mortalità da cui può essere gravata, seppur ridottasi notevolmente mediante l’avvento degli antibiotici e la diffusione della TC. Il quadro clinico è vario e aspecifico, condividendo segni e sintomi con le più frequenti infezioni orofaringee. L’ascesso retrofaringeo è da considerare nella diagnostica differenziale di bambini febbrili con limitazione all’estensione del collo. Il bulging della parete posteriore faringea è patognomonico, ma presente in meno della metà dei casi. Particolare attenzione va prestata ai bambini sotto l’anno di età che, in considerazione di un sistema immunitario immaturo e di una clinica più aspecifica (con aumentato rischio diagnosi tardiva), sono maggiormente soggetti a complicanze. Il gold standard diagnostico è la TC con mezzo contrasto. I patogeni più frequentemente coinvolti sono: streptococco beta-emolitico di gruppo A, stafilococco aureo (MRSA inclusi) e anaerobi orofaringei. L’approccio terapeutico dipende dalla clinica: la terapia medica può essere tentata in caso di stabilità clinica e dimensioni contenute, impostando antibiotico-terapia endovenosa con cefalosporina di terza generazione associata ad ampicillina-sulbactam o a clindamicina. Qualora non ci sia miglioramento clinico dopo 24/48 ore - o in prima istanza in caso di distress respiratorio o ascesso ≥ 2,5 cm2 in proiezione bi-dimensionale - occorre considerare l’approccio chirurgico che prevede il drenaggio.

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Indirizzo per corrispondenza: Luca Bernardini e-mail: luca.bernardini10@studio.unibo.it

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Medico e Bambino 3/2020


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Articolo speciale

L’ambiente familiare di apprendimento Seconda parte: interventi efficaci e fattibilità nel contesto italiano GIORGIO TAMBURLINI

Centro per la Salute del Bambino onlus, Trieste

I programmi che sostengono le competenze genitoriali funzionano, e possono essere realizzati con costi limitati. Sosteniamoli dove esistono, e promuoviamoli dove non esistono.

INTRODUZIONE

Nella prima parte di questo contributo1 è stato illustrato il concetto di ambiente di apprendimento familiare (AAF). Si è messo in luce come e quanto le sue componenti - a partire dalle conoscenze le attitudini e le pratiche genitoriali fino a includere gli spazi, gli oggetti, i suoni e le routine che caratterizzano l’ambiente in cui il bambino cresce - influenzino lo sviluppo del bambino, combinandosi con le caratteristiche ereditate e gli eventuali esiti lasciati da complicanze durante la gravidanza e la nascita. Questa seconda parte si propone di esaminare le evidenze esistenti in merito agli interventi finalizzati a migliorare l’AAF e i requisiti che ne garantiscono maggiore efficacia, al fine di definire come rafforzarne ulteriormente il disegno e la diffusione sul territorio nazionale e trovare loro piena collocazione nell’ambito delle politiche e dei servizi per l’infanzia e le famiglie in Italia. METODI

La prima parte del contributo ha offerto una panoramica della vasta letteratura esistente sul tema dell’AAF. Sono state riassunte le evidenze esistenti sull’associazione tra le diverse componenti dell’AAF e gli esiti di sviluppo del bambino, senza entrare nel dettaglio dei singoli studi. Questa seconda parte adotta un approccio diverso, orientato all’azione.

Medico e Bambino 3/2020

THE HOME LEARNING ENVIRONMENT. PART 2: EFFECTIVENESS OF INTERVENTIONS AND APPLICABILITY TO THE ITALIAN CONTEXT (Medico e Bambino 2020;39:167-176)

Key words Home learning environment, Child development, Parenting programmes Summary Stemming from the analysis of a successful large scale parenting programme carried out in Chile (Nadie es Perfecto/Nobody is perfect) within the public health system, the article offers an overview of the main features of parenting programmes carried out globally and of the findings of systematic reviews of studies assessing the effects of such programmes. Effectiveness on child and parental outcomes has been shown for relatively simple and lowcost interventions, provided that quality requisites are met. Success factors for parenting programmes have been identified in: the active involvement of families, including in developmental focused activities carried out with their children; highly professional staff; early onset of interventions, during the first year of life and even earlier in the prenatal period; concentration of parenting sessions in a relatively short period of time; inter-sector collaboration. In Italy, based on global evidence and on experiences carried out so far, programmes and interventions to support parental skills can be further developed and implemented starting from the health, education or social sectors, with priority for low-income communities and through broad community involvement.

Viene dapprima presentato e analizzato un singolo programma di supporto alla genitorialità e più in generale all’AAF, che funge quindi da modello nei suoi principi ispiratori, contesto di attuazione, contenuti e risultati. Vengono poi descritti i principali programmi proposti su scala globale con le medesime finalità, e quindi le maggiori revisioni sistematiche esistenti sul tema. Da questo complesso di esperienze ed evidenze vengono estratte le caratteristiche auspicabili per interventi efficaci e realizzabili su larga scala volti a sostenere l’ambiente familiare. Queste indicazioni vengono quindi tradotte in proposte attuabili nel contesto italiano.

Il programma “modello” è stato scelto sulla base dei seguenti criteri: un contesto di attuazione tipico da Paese a reddito medio-alto o alto; un intervento chiaramente descritto nei suoi dettagli operativi; un disegno valutativo solido e ricco, che consente un’analisi dei risultati anche a mediotermine e una stima del peso dei diversi fattori sugli esiti. I programmi di intervento sulla genitorialità e l’ambiente familiare realizzati a livello internazionale sono stati scelti in base alla loro estensione, nazionale o multinazionale e all’esistenza di studi di valutazione. Tra le revisioni sistematiche esistenti in materia sono state scelte quelle più recenti e autorevoli.

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Articolo speciale

IL PROGRAMMA “NESSUNO È PERFETTO” Razionale, modalità di intervento e di valutazione

Il programma Nadie es Perfecto (NEP) rappresenta l’adattamento al contesto cileno di un programma realizzato originariamente in Canada (Nobody is Perfect). Obiettivo del NEP è di migliorare la quantità e la qualità del tempo che i genitori investono nei propri figli fornendo alle famiglie le informazioni e le motivazioni per adottare comportamenti genitoriali positivi2,3. I promotori del programma sono partiti dalla constatazione che le evidenze esistenti su programmi a supporto della genitorialità riguardano per lo più interventi intensivi, costosi e necessariamente destinati a nuclei familiari selezionati, oppure interventi universalistici realizzati su piccola scala, mentre non vi è una buona documentazione sugli effetti di interventi semplici, realizzabili a basso costo e su vasta scala. Il razionale di NEP si basa sulle evidenze che gli interventi finalizzati a migliorare la salute e lo sviluppo cognitivo e sociorelazionale del bambino hanno un’efficacia maggiore se conducono a cambiamenti permanenti nelle pratiche genitoriali e nell’ambiente in cui i bambini crescono1,4-7. Il contesto di attuazione del programma NEP è il Sistema Sanitario cileno* e la sua componente di cure per l’infanzia3, recentemente indicata come modello dalla WHO, UNICEF, Lancet Commission on Child Health and Wellbeing 8. Questa componente prevede che le Cure primarie, comprensive di consigli ed eventuali supplementazioni nutrizionali, bilanci di salute, vaccinazioni e sorveglianza dello sviluppo da 0 a 6 anni, siano effettuate in Centri di Salute (CdS) da operatori sanitari medici e infermieristici. NEP è stato attuato in 162 CdS in tutto il Paese. I criteri di inclusione al programma prevedono che l’intervento sia offerto a tutte le famiglie afferenti ai CdS, avendo cura di includere tutte le situazioni socialmente svantaggiate**. Sono escluse le situazioni già conclamate di violenza domestica o disabilità, che vengono indirizzate ai servizi di secondo livello per interventi

CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELLO STUDIO EFFETTUATO SUL NEP Contesto di attuazione

Centri di Salute del Sistema Sanitario pubblico cileno

Modalità di intervento

Sessioni per gruppi di genitori senza bambini(NEP-B) o anche con bambini 0-5 anni (NEP-I) tenuti da personale dei Centri di Salute formato ad hoc

Intensità e durata

6-8 incontri (NEP-B), 8-10 incontri (NEP-I) nell’arco di 3-4 mesi

Valutazione

Batterie di test per valutare sviluppo del bambino, competenze genitoriali e ambiente familiare, somministrati a distanza di tre anni dall’intervento, con confronto tra NEP-B, NEP-I e controllo (gruppi di genitori con allocazione random)

Tabella I

più complessi e intensivi. Nell’ambito del programma NEP è stato svolto uno studio che ha coinvolto un campione di famiglie beneficiarie, reclutate previo consenso informato, e randomizzate a tre diversi bracci: i genitori del gruppo di controllo, che hanno avuto accesso ai servizi abituali offerti dai CdS; i genitori del gruppo NEP-Basico (NEP-B), ai quali è stato proposto un programma di incontri per soli genitori (senza bambini) costituito da 6 (minimo) a 8 (massimo) sessioni settimanali di due ore ciascuna per gruppi di 6-12 persone; i genitori del gruppo NEP-Intensivo (NEPI) ai quali, in aggiunta agli incontri del NEP-B, sono state proposte due sessioni nelle quali i genitori sono stati coinvolti assieme ai loro bambini in attività focalizzate sul gioco responsivo e la lettura dialogica. Il razionale del NEP-I risiede nel valore aggiunto, dimostrato in letteratura, del coinvolgimento dei genitori in attività pratiche con i propri bambini9. Ogni incontro del NEP viene facilitato da un operatore professionale selezionato tra quelli dei CdS, dopo una ulteriore formazione ad hoc. Le sessioni utilizzano un modello di apprendimento esperienziale10 in cui i partecipanti confrontano le proprie esperienze, discutono assieme i problemi che si trovano ad affrontare e quindi imparano gli uni dagli altri. Gli incontri sono finalizzati a promuovere competenze di genitorialità positiva, capacità di offrire stimoli per lo sviluppo e di educare con strategie di disciplina autorevoli e non violente. Almeno un terzo del tempo totale è dedicato a sostenere nei partecipanti il senso di autoefficacia in quanto genitori, con un approccio basato sulla teoria cognitiva sociale11. L’approccio facilita lo stabilirsi

di relazioni di amicizia tra partecipanti che possono crescere anche al di fuori delle sessioni. L’obiettivo generale è quello di condurre i partecipanti a un cambiamento nelle loro conoscenze, attitudini e quindi nelle loro pratiche genitoriali, il che è tanto più probabile se i partecipanti sono coinvolti emotivamente, ne escono con un’immagine migliore di sé nel loro ruolo di genitori e con la sensazione di poter condividere una visione con altri genitori. Per la valutazione del programma sono state selezionate in ogni CdS sei famiglie per ognuno dei tre gruppi, quindi 18 famiglie a Centro, per un totale di 2916 genitori e 3597 bambini. A tutti i partecipanti sono stati somministrati i test previsti per la valutazione delle diverse dimensioni (sviluppo del bambino, competenze genitoriali, ambiente familiare). La valutazione è stata effettuata a distanza di quasi tre anni dall’intervento. La Tabella I illustra le caratteristiche principali dello studio effettuato sul NEP. Risultati

Trattandosi di partecipazione volontaria, solo una parte (il 25% nel gruppo NEP-B e il 31% nel gruppo NEP-I) delle famiglie elegibili per il NEP e invitate a partecipare hanno di fatto preso parte allo studio. Per queste la frequenza media è stata di 5,7 sessioni per il NEP-B e di 7,9 per il NEP-I. L’analisi dei risultati* sulle famiglie partecipanti ha dimostrato che a tre anni dalla conclusione del programma i bambini del NEP-B hanno avuto un effetto positivo pari a 0,418 DS** in un indicatore di sviluppo cognitivo (linguaggio recettivo, ovvero comprensione) e di 0,315 DS in un indicatore di sviluppo

*Il Cile è classificato tra i Paesi a reddito elevato, come l’Italia; ha un SSN pubblico e la mortalità infantile (2018) è di 6 per mille, quindi di livello “europeo”. **L’afferenza al Sistema Sanitario pubblico già opera una prima selezione, in quanto i Centri di salute sono attivi tipicamente nei quartieri popolari e nei paesi, mentre i più benestanti tendono ad afferire a Centri privati.

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L’ambiente familiare di apprendimento

socio-emotivo rispetto al gruppo di controllo, mentre i bambini del gruppo NEP-I rispettivamente di 0,432 DS e 0,540 DS. I risultati ottenuti nei bambini sono coerenti con quelli ottenuti su alcune variabili relative ai genitori. Ad esempio: nel gruppo NEP-I migliora l’indicatore che descrive l’adeguatezza dell’AAF di 0,66 DS, l’indicatore che indica la qualità delle relazioni affettive di 0,36 DS, vengono ridotti gli stili disciplinari negativi di 0,33 DS, migliora il senso di autoefficacia genitoriale di 0,411 DS e la percezione genitoriale dell’impatto del proprio comportamento sullo sviluppo del bambino di 0,446 DS. Nei genitori del gruppo NEP-I sono state riscontrate aspettative più corrette riguardo al raggiungimento delle tappe di sviluppo da parte dei loro bambini (0,39 DS), e questo soprattutto in un sottogruppo che alla baseline aveva dimostrato un basso livello di aspettative e di interesse per lo sviluppo del bambino. Infine, è stato osservato un miglioramento della percezione di supporto sociale ricevuto da parte dei genitori pari a 0,37 DS. È stato calcolato anche l’effetto in base all’intention-to-treat, cioè sul totale della popolazione elegibile e non solo su quanti hanno effettivamente usufruito dell’intervento, giungendo comunque a risultati significativi anche se, ovviamente, di dimensioni minori (in media, di circa di 2/3) e, anche in questo caso, con differenze importanti a favore del gruppo NEP-I.

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1

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3

Conclusioni degli Autori

I risultati sono ritenuti “sostanziali” dagli Autori, che ne sottolineano sia l’entità (Figura 1) sia il fatto che siano stati dimostrati a tre anni di distanza dall’intervento. Ne viene rimarcata la coerenza sia tra dimensioni diverse, ma interconnesse, dello sviluppo del bambino, sia tra gli effetti misurati sui bambini e sui genitori, a dimostrazione della correttezza del razionale sotteso all’intervento: se migliorano le conoscenze attitudini e le pratiche genitoriali migliora lo sviluppo del bambino. L’analisi dei fattori che hanno mediato gli effetti osservati sui bambini dimostra che sono state le migliori competenze, il senso di autoefficacia genitoriali, gli stili più autorevoli, più responsivi e con minor uso di punizioni fisiche, e un ambiente familiare più stimolante, a produrre in buona parte i risultati osservati sui bambini, in particolare quelli relativi allo sviluppo socio-relazionale. Il fatto che siano stati rilevati risultati a distanza dall’intervento viene attribuito a cambiamenti permanenti nelle competenze genitoriali. Questi cambiamenti possono anche, in parte, essere dovuti al fatto che la partecipazione alle sessioni del NEP ha incoraggiato i genitori a cercare ulteriori occasioni di crescita e confronto, e contribuito a creare relazioni di amicizia e vicinato con altre famiglie e nell’ambito delle comunità. Infine, gli Autori rimarcano il basso costo dell’intervento. In base ai dati forniti dal Ministero della Salute cileno, il costo totale per bambino è stato pari a 1,59 dollari per il NEPB e di 2,12 dollari per NEP-I. Nella realtà cilena, questo costo è di 5-6 volte minore di quello di una singola visita domiciliare.

4

68,27% 95,45% 99,73%

Figura 1. Visualizzazione, con riferimento a una distribuzione gaussiana normale, di un’ampiezza di effetto pari a 0,5 DS. Le linee rosse rappresentano gli intervalli corrispondenti a 1,3 e 3 DS. Le linee verdi hanno lo scopo di rappresentare di quanto variano rispettivamente la mediana e l’intervallo corrispondente a 1 DS come risultato di un effetto di questa dimensione***.

LO STUDIO CILENO NEL CONTESTO DELLA LETTERATURA SUGLI INTERVENTI A SUPPORTO DELLE COMPETENZE GENITORIALI

Supportare le competenze genitoriali ai fini di un migliore, e più equo, sviluppo dei bambini è un sogno che ha solo qualche decade di vita. A lungo in-

fatti il pensiero pedagogico ha ritenuto che, per garantire ai bambini una buona educazione, quindi opportunità di acquisire autonomia, creatività, manualità, cultura, bisognasse offrire loro spazi, tempi, materiali e una guida adeguata esterna alla famiglia12. Fino a poche decadi fa, e in buona parte ancora oggi, sono stati quasi esclusivamente i bambini stessi il target degli interventi, tramite servizi educativi a loro dedicati, a partire dai 3-4 anni. Si è sottovalutato quanta parte dello sviluppo del bambino sia determinata nei primissimi anni, il fatto che in questo primo periodo della vita gran parte dei bimbi abbiano nei loro genitori gli educatori principali, e il fatto che, anche laddove servizi educativi per la prima infanzia esistano, siano accessibili e di buona qualità, lo sviluppo dei bambini resta in buona parte mediato dall’AAF1. Ne discende che è anche con i genitori e gli altri caregiver che occorre lavorare, supportando le loro competenze. Su questo convincimento si sono basati, a partire dagli anni ’60-’70, molti programmi rivolti ai genitori oppure ai bambini, ma con una componente di supporto alle competenze genitoriali. Dei più diffusi, e studiati, viene fornita una breve sintesi. Programmi attuati su larga scala internazionalmente

Il programma Head Start ha operato negli Stati Uniti a partire dal 1965 per bambini appartenenti a famiglie con difficoltà socio-economiche. È centrato sul supporto educativo ai bambini a partire dal terzo anno tramite una rete di Centri che assicurano abitualmente anche un’adeguata nutrizione e le cure preventive essenziali. Ha prodotto risultati buoni nel breve periodo sulle competenze cognitive, minori su altre competenze e soprattutto non sostenuti del tempo. L’intervento diretto a genitori e famiglie è stato, nella maggior parte dei casi, marginale e basato sulla messa a disposizione di informazioni piuttosto che su un coinvolgimento attivo. Le valutazioni mettono comunque in luce come venga realizzato con modalità diverse, e soprattutto diversa copertura e qualità, da Stato a Stato12-14.

*L’analisi statistica è complessa e non vi è spazio per approfondirne i dettagli riguardo alle molte variabili studiate, che sono reperibili nel lavoro3. **Nelle Scienze sociali, si intende per convenzione che dimensioni di effetto < 0,2DS, anche se statisticamente significative, non siano rilevanti; quelle tra 0,2 e 0,5 siano rilevanti ancorché limitate; quelle > 0,5 moderate e quelle > 0,8 grandi. Vedi anche Figura 1. ***La dimensione dell’effetto (o effect size) rappresenta un dato fondamentale. La significatività statistica ci dice se l’effetto è con grande probabilità imputabile all’intervento, l’effect size ci consente di conoscerne le dimensioni sulla popolazione, e quindi di valutare se un effetto è tale da giustificare l’intervento stesso.

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Articolo speciale

L’Abecedarian, sviluppato negli Stati Uniti nel 1972 e poi diffuso in molti Paesi, resta soprattutto un programma educativo per bambini, ma comprende, a differenza di Head Start, diversi elementi a supporto di una genitorialità responsiva quali la promozione della lettura dialogica e del gioco e in generale di una interazione linguisticamente e affettivamente ricca. Il programma è veicolato attraverso specifici Centri per bambini, Centri per famiglie e visite domiciliari15. L’approccio può vantare benefici dimostrati in valutazioni a distanza: tra questi, un aumento di 4 volte dei laureati e una salute migliore da adulti tra i bambini che ne hanno usufruito rispetto a bambini provenienti dallo stesso retroterra sociale16. Il ritorno economico dell’investimento iniziale è stato stimato in un 13% annuo, dovuto a migliori esiti sociali, migliore salute e minori problemi di dispersione scolastica e delinquenza17. Un RCT recente ha dimostrato che a 3 anni i bambini poveri che hanno usufruito del programma, comprensivo di una componente a domicilio, hanno le stesse competenze di bambini provenienti da famiglie con reddito e istruzione più alti18. La Family Nurse Partnership (FNP) si basa sul lavoro pionieristico del pediatra David Olds, iniziato negli anni ’70 con madri giovani a rischio sociale. Svolto in buona parte attraverso visite domiciliari frequenti (settimanali o bimensili) da parte di infermieri di comunità, il programma supporta le giovani madri a comprendere meglio i bisogni del bambino, a compiere scelte che possono aiutarne lo sviluppo e ad aver fiducia nelle proprie capacità e risorse. Si tratta di un intervento molto intensivo e individualizzato, adattato alle singole situazioni e contesti e che richiede grande professionalità. Il programma è stato adottato da molti Paesi e soprattutto dal Regno Unito. In molti casi si accompagna a sessioni di gruppo simili a quelle realizzate per il NEP-B. Gli studi di valutazione dimostrano effetti a lungo termine di FNP sui bambini in termini di esiti professionali e sociali migliori, minore dispersione scolastica e delinquenza19,20.

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Box 1 - PRINCIPI PER UNA GENITORIALITÀ POSITIVA (da Triple P, modificato) • Un ambiente sicuro e che offre opportunità di esplorare, giocare e apprendere. • Genitori con aspettative realistiche su quello che i loro bambini sono in grado di fare. • Genitori che sanno rispondere alle richieste dei loro bambini in maniera positiva e costruttiva, nello stesso tempo facendo in modo che abbiano la possibilità di risolvere i problemi da soli. • Genitori che sanno stabilire alcune regole di fondo, esprimerle in modo chiaro, calmo, e appropriato per l’età, avendo cura di spiegarne la logica e le implicazioni. • Genitori che si occupano anche di se stessi e sono capaci di utilizzare le risorse disponibili, economiche e non, raggiungendo una ragionevole autostima come genitori.

Sure Start è un programma iniziato nel 1999 dal Governo del Regno Unito allo scopo di “dare ai bambini la migliore partenza possibile” attraverso un miglioramento dei servizi educativi precoci e di primo intervento pediatrico (infermieristico, per lo più) e un supporto alle famiglie, con un’enfasi sulle attività a domicilio oltre che basate su Centri educativi, a tempo pieno o parziale. L’approccio è areabased, vale a dire che nel territorio dove opera il programma l’accesso è universale, il che elimina il potenziale effetto di etichettatura dei beneficiari, ma diluisce i benefici su una popolazione più ampia. Assomiglia quindi a Head Start, ma non prevede requisiti di accesso basati sulla situazione economica. La valutazione svolta a livello nazionale ha identificato una serie di benefici per i bambini nella dimensione cognitiva, moderati benefici per i genitori, che si dichiarano di averne tratto un miglioramento dei loro standard di vita, un miglioramento nell’AAF, una riduzione delle punizioni fisiche, una riduzione significativa del ricorso all’ospedalizzazione, ma nessun beneficio sugli esiti socio-emozionali nei bambini21. Questi, brevemente descritti, sono i programmi su larga scala più studiati. Alcuni di essi sono rivolti a un target a rischio, come le popolazioni delle periferie urbane per Head Start, o sono ancora più selettivi, come il FNP rivolto a madri in condizioni di svantaggio al loro primo figlio. Esistono poi programmi che offrono modelli operativi piuttosto che servizi. Tra questi i più noti sono Triple P e Incredible Years.

Triple P (Principles of Positive Parenting) è un modello di intervento di supporto alla genitorialità che si propone soprattutto di ridurre la prevalenza di problemi emotivi e di comportamento nei bambini e negli adolescenti (Box 1). Ideato in Australia da Matthew Sanders e coll. nel 2001, originariamente per situazioni già problematiche, è poi evoluto in una offerta modulare a più livelli: un primo livello rivolto a tutti i genitori, basato su consigli, materiale scritto o scaricabile dalla rete, un secondo e un terzo che comprendono sessioni di gruppo e individuali per situazioni di maggior rischio o conclamata problematicità. Ne esistono versioni per l’infanzia, per l’adolescenza e per situazioni specifiche quali genitori separati22. Una metanalisi che riporta benefici sostanziali sia nel breve che nel lungo termine ha risposto alle critiche sulla sua diffusione in carenza di prove di efficacia23,24. The Incredible Years comprende una serie di moduli per bambini, genitori e insegnanti, evolutosi nel corso di 30 anni nella forma attuale25. I moduli sono finalizzati a prevenire e trattare problemi comportamentali e promuovere le loro competenze cognitive, sociali ed emotive. Il programma nasce dall’esigenza di dotare i genitori di competenze per ridurre e gestire appropriatamente problemi di comportamento nei primi anni, e si è poi sviluppato fino a includere componenti utili a promuovere più in generale lo sviluppo del bambino e a porre in relazione costruttiva genitori ed educatori/insegnanti. È diffuso in molti Paesi di diversa cultura e dispone di una buona base di evidenze25.

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L’ambiente familiare di apprendimento

to dei bambini dal nucleo familiare di origine, puntando sulla collaborazione fra gli ambiti della tutela dei “minori” e del sostegno alla genitorialità. Prevede interventi di educativa domiciliare per sostenere i genitori, rafforzare le relazioni genitori-figli e migliorare lo sviluppo dei bambini; gruppi di genitori e di bambini con cadenza periodica per attività di sostegno alla genitorialità; e famiglie di appoggio30. Revisioni sistematiche di studi su programmi

Questi esempi non esauriscono certamente la grande varietà di esperienze, e appartengono tutti al mondo anglosassone. Per questo motivo, con qualche eccezione, tra cui quella di NEP, sono anche quelli più studiati. Singoli programmi e modelli attuati su larga scala in Italia

Vi sono solo due programmi comprendenti aspetti di sostegno alle competenze genitoriali che siano stati attuati su larga scala in Italia: il programma Genitori più e il programma Nati per Leggere. Il primo, a sua volta derivato dal progetto finalizzato di ricerca noto come Sei più uno, è basato sull’informazione relativa alle buone pratiche raccomandate ai fini della salute perinatale e postnatale, che viene diffusa sia tramite gli operatori sanitari che attraverso materiali on-line e offline 26. L’aspetto di supporto alle competenze genitoriali relative allo sviluppo del bambino è di fatto limitato alla componente di promozione dell’allattamento al seno e della lettura. Il programma Nati per Leggere si rivolge ai genitori dei bambini da 0 a 6 anni, prevede informazioni ma anche attività svolte direttamente con i genitori, e si caratterizza anche concettualmente come intervento finalizzato allo sviluppo e a una genitorialità responsiva27. Entrambi sono ben noti agli operatori sanitari e in particolare ai pediatri. Entrambi hanno valutato, tramite questio-

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nari somministrati nel tempo, la loro efficacia sulle conoscenze e in parte sulle pratiche genitoriali interessate dal programma27,28. Il Fondo per il contrasto della povertà educativa, istituito nel 2015 e gestito dall’Impresa Sociale Con i Bambini (https://www.conibambini.org/ progetti-sostenuti/), finanzia progetti che, in particolare quelli approvati sul bando 0-6, prevedono componenti di sostegno ai servizi educativi e alla genitorialità. Tra i progetti 0-6, 14 hanno dimensioni nazionali, tra i quali Un Villaggio per Crescere, attualmente attivo in 11 sedi italiane29. Merita infine di essere citato, anche se si tratta di un progetto altamente selettivo, rivolto a situazioni familiari già individuate come fragili, il Programma PIPPI (Programma di Intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione). PIPPI nasce a fine 2010 dalla collaborazione tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Laboratorio di Ricerca e Intervento in Educazione Familiare dell’Università di Padova e i servizi sociali di protezione e tutela minori, le Cooperative del privato sociale, le Scuole, le Aziende sanitarie delle città coinvolte. Il programma si propone di innovare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie cosiddette negligenti al fine di ridurre il rischio di maltrattamento e il conseguente allontanamen-

Sono state effettuate, nel tempo, diverse revisioni sistematiche di studi effettuati su programmi di parenting. Va rimarcato che gli interventi e i programmi presi in considerazione sono molto eterogenei per contenuti e modalità di intervento (comprendendo interventi con razionali e approcci psico-educativi diversi, rivolti a tutta la popolazione o a fasce a rischio), dimensioni, periodo (già dalla gravidanza o a partire dal primo anno o ancora da anni successivi), esiti considerati (cognitivi e socio-relazionali, su bambini e/o su genitori, individuali e di comunità), contesti (Paesi a reddito basso o alto) e disegni di valutazione. Alcuni degli studi considerati non sono sperimentali (intervento versus non intervento o intervento alternativo), ma sono basati su approcci cosiddetti ecologici e/o longitudinali, confrontano cioè trasversalmente o nel tempo popolazioni esposte e non esposte a diversi tipi di offerta di servizi. Questa grande eterogeneità comporta difficoltà a ricavarne indicazioni robuste, in particolare con approcci metanalitici e quindi sorretti anche da stime quantitative di effetto, come quelle che sono state prodotte per il NEP. La Tabella II illustra le principali caratteristiche e indicazioni emerse dalle più autorevoli e recenti revisioni (si raccomanda la lettura delle singole revisioni per poter coglierne tutti gli aspetti di complessità). La revisione effettuata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per completezza, autorevolezza e per essere poi stata convertita in Raccomandazioni (Box 2), si configura come l’ul-

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Articolo speciale

ASPETTI SALIENTI DELLE PRINCIPALI REVISIONI SISTEMATICHE DI STUDI EFFETTUATI SU PROGRAMMI DI PARENTING Autore (anno)

Studi inclusi

Layzer JI, et al. (2001)31

261 (RCT, quasi Gruppi di mutuo supporto tra famiglie o con sperimentali genitori e bimbi proposti come intervento a sé e pre-post) o combinati con interventi sanitari o sociali

Intervento/i

Conclusioni principali

Barlow J, et al (2010)32

8 RCT

Programmi per genitori in setting di gruppo basati su approcci comportamentali e cognitivo-comportamentali

Effetti significativi di miglioramento dell’adattamento emotivo e comportamentale dei bambini

MihelicM, et al (2017)33

36 RCT

Informazioni e incontri durante la gravidanza e i primi 12 mesi volti a supportare le conoscenze dei genitori sullo sviluppo

Effetti significativi su competenze, responsività e autoefficacia genitoriale e su sonno e pianto nel bambino

Barlow J, Coren E. (2017)34

6 revisioni sistematiche

Interventi a supporto di genitori di bambini 0-12 e con ADHD e altri problemi comportamentali

Effetti significativi sia sul comportamento del bambino che sul benessere psicosociale dei genitori

Ryce SB, et al. (2017)35

16 studi

Interventi di almeno 3 sessioni iniziati durante la gravidanza o il primo anno di vita per situazioni a rischio (prematurità, genitori adolescenti o con problemi di salute mentale)

Effetti significativi su comportamento del bambino, relazione genitori-bambini e responsività materna, nessun effetto su sviluppo cognitivo

Lee JY, et al. (2018)36

21 studi

Interventi diretti anche o soprattutto ai padri

Evidenze di maggior coinvolgimento e responsabilizzazione nella relazione con il partner, insufficienti evidenze sulla relazione con il bambino

OMS (2020)38

49 RCT

Interventi finalizzati a supportare la genitorialità Evidenze di effetto, in generale moderato, responsiva ai fini dell’apprendimento su sviluppo cognitivo e socio-emotivo del bambino o dello sviluppo socio-emotivo e su competenze genitoriali

Evidenze di efficacia su più dimensioni sia per bambini che genitori moderati con effetti da lievi a moderati

Tabella II.

Box 2 - RACCOMANDAZIONI DELL’OMS39 • Tutti i genitori e gli altri caregiver di bambini da 0 a 3 anni devono essere supportati nell’acquisizione di competenze utili a fornire cure responsive ai loro bambini. • Tutti i bambini nei primi tre anni devono poter essere coinvolti in attività utili all’apprendimento dai loro genitori e caregiver e quindi questi ultimi devono essere supportati nel saper condurre queste attività. • Il supporto per cure responsive e attività per promuovere l’apprendimento deve essere integrato con gli interventi per una salute e una nutrizione ottimali.

tima (allo stato) parola in materia, anche se le stesse linee guida riconoscono aree di incertezza e identificano obiettivi di ricerca prioritaria per affrontarle38. Esistono inoltre revisioni, sistematiche e non, che, adottando prospettive diverse o diversi criteri di inclusione degli studi, forniscono altre utili indicazioni. Ad esempio, una revisione ha preso in esame gli interventi dal punto di vista della riduzione delle diseguaglianze, con risultati positivi ma con la constatazione che solo alcuni interventi valutano questo effetto o se lo propongono39. Altre hanno preso in esame studi dove interventi di parent training sono associati a inter-

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venti e servizi educativi diretti ai bambini. I risultati, che confermano l’effetto benefico sullo sviluppo del bambino dell’educazione prescolare, indicano anche che gli effetti sono maggiori quando ai servizi educativi per la prima infanzia si associano interventi finalizzati a sostenere le competenze genitoriali 40,41. Le serie ECD, pubblicate in più riprese sul Lancet , danno alcune importanti indicazioni di contenuto e di metodo. Ad esempio gli interventi che coinvolgono i genitori fornendo loro opportunità di praticare con i loro bambini attività quali il gioco, la lettura ecc., sono più efficaci nel colmare i gap che altrimenti si creano nello sviluppo tra

bambini appartenenti a famiglie di diverso livello socio-economico (LSE) e, dal punto di vista dei contesti di realizzazione dei programmi, si evidenzia la necessità che sia coinvolto il Sistema sanitario nell’ambito di una collaborazione tra settori diversi5,7-9,42. Tutti gli studi e le revisioni sono concordi sul fatto che l’effetto di interventi di parenting è maggiore nei confronti di famiglie di basso LSE, evidenza confermata sul piano globale: la dimensione dell’effetto di tali interventi nei Paesi a basso e medio livello di sviluppo è di solito maggiore di quello ottenuto in Paesi a reddito alto, in particolare per gli outcome cognitivi 43. Tra i non molti studi che hanno valutato gli effetti a lungo termine, cioè in età adulta, vi sono quelli relativi a interventi ad alta intensità su popolazioni a rischio, come i già citati FNP, Head Start e Abecedarian. Una metanalisi ha messo in evidenza come una buona performance nei test cognitivi in infanzia e adolescenza si associ a una riduzione del 24% del rischio di morte in età adulta 44.

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L’ambiente familiare di apprendimento

RACCOMANDAZIONI E INDICAZIONI SU REQUISITI PER INTERVENTI EFFICACI I programmi di supporto alla genitorialità nell’ambito delle politiche per l’infanzia e le famiglie

Le evidenze, le indicazioni provenienti dalla comunità scientifica e dalle Agenzie internazionali indicano ormai chiaramente che gli interventi di supporto alla genitorialità e all’ambiente di apprendimento familiare sono fortemente raccomandati (Box 2), e rappresentano una componente indispensabile di un sistema di welfare che si proponga non solo di sostenere le famiglie nei determinanti sociali fondamentali (occupazione e reddito, istruzione e informazione, servizi di salute ed educativi, congedi), ma anche nelle loro capacità di offrire ai bambini le migliori opportunità di sviluppo sia cognitivo che emotivo e sociale4-9. La Figura 2 propone una visualizzazione del ruolo di questi interventi nel contesto delle politiche per le famiglie. Requisiti per interventi efficaci

Dal programma NEP, dall’insieme delle valutazioni effettuate su programmi realizzati su larga scala e dalle revisioni sistematiche emergono, con una notevole coerenza, anche alcune indicazioni di massima sui requisiti che gli interventi a supporto del parenting e dell’AAF* dovrebbero avere per essere efficaci rispetto a competenze genitoriali, ambiente familiare ed esiti di sviluppo nel bambino (Tabella III). Queste indicazioni valgono principalmente per programmi center-based, dove le famiglie sono coinvolte in attività svolte prevalentemente presso una sede. I programmi home-based sono pure efficaci, ma molto più costosi in termini di impegno di personale, e possono essere utilmente connessi a quelli center-based come componente rivolta a raggiungere famiglie altrimenti non raggiungibili o per fornire servizi aggiuntivi, altamente individualizzati. Inoltre, programmi unicamente basati sulle visite domiciliari perdono l’opportunità di creare situazioni di conoscenza, rinforzo e supporto reciproco tra genitori e favorire lo stabilirsi di reti sociali e legami di amicizia, che sono fun-

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Capitale sociale (reti sociali, diritti) Capitale materiale (reddito, occupazione)

Eventi significativi esterni

Servizi educativi 0-6

Genitorialità

Ambiente di apprendimento familiare

Capitale umano (livello educativo genitori, informazione, capacitazione)

Eventi significativi interni

Programmi e interventi di supporto alla genitorialità e all’AAF

Sviluppo del bambino (cognitivo e socio-relazionale)

Figura 2. Schema dei fattori che influenzano lo sviluppo del bambino e delle loro interazioni (frecce rosse), comprese le interazioni potenziali ma largamente mancanti (frecce nere). Contornati in rosso i fattori sui quali vi è necessità di rafforzare l’intervento rispetto al presente in un sistema di politiche a supporto delle famiglie, tramite sostegni al reddito, diritti (ad es. congedi parentali) e servizi educativi. Viene evidenziato il ruolo di programmi e interventi a supporto della genitorialità e più in generale dell’ambiente di apprendimento familiare, che sono in larga parte ancora mancanti. REQUISITI DI EFFICACIA DI INTERVENTI VOLTI A SUPPORTARE OMPETENZE GENITORIALI E QUALITÀ DEL’AAF IN QUANTO MEDIATORI FONDAMENTALI DELLO SVILUPPO DEL BAMBINO 1. L’intervento deve coinvolgere attivamente i genitori, o altri caregiver, non limitarsi a eventi che li vedono partecipanti passivi. 2. Almeno una parte dell’intervento deve essere svolta con genitori e bambini assieme, per far cogliere ai genitori il valore per il bambino e per la relazione di attività affettivamente e cognitivamente arricchenti e la loro fattibilità nell’ambiente familiare. 3. L’intervento deve creare opportunità di scambio e di relazione tra famiglie. 4. L’intervento deve essere svolto da personale formato (educatori, psicologi) e solo coadiuvato logisticamente da eventuali volontari. 5. Le occasioni di incontro con le famiglie devono essere pianificate vicine nel tempo (nell’arco di pochi mesi) in modo da garantire una sufficiente intensità. 6. Gli incontri devono essere in numero sufficiente (risultati documentati a partire da 6-8 incontri) e per piccoli gruppi di genitori (6-12). 7. Gli interventi devono iniziare nel primo anno di vita o nel periodo prenatale. 8. L’intervento deve ricevere supporto da e integrarsi con i Servizi sanitari, educativi, sociali e culturali in modo da favorire collaborazione e uniformità di messaggi.

Tabella III

zionali al risultato3,11,45. Gli approcci universalistici, dove tutte le famiglie residenti sono coinvolte, sia pure focalizzati su aree caratterizzate da maggior prevalenza di fattori di rischio, hanno diversi vantaggi, sia dal punto di vista dei principi di equità e non discriminazione sia dal punto di vista dell’eterogeneità sociale che si viene a creare nei gruppi di genitori e che, entro certi limiti, è un elemento che può favorire

una dinamica di apprendimento più vivace e positiva. Strategie per raggiungere tutti e ottenere la partecipazione

Una volta definito il disegno e i contenuti degli interventi, restano da affrontare le sfide dell’equità e della continuità, in quanto l’obiettivo è raggiungere tutte le famiglie eligibili e di fare in modo che partecipino per la durata

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Articolo speciale

necessaria a ottenere dei benefici. L’effetto, noto come legge delle cure inverse 46, e l’esperienza quotidiana indicano che per qualsiasi intervento sanitario, socio-sanitario ed educativo si creano le condizioni per cui i beneficiari in condizioni di maggior vulnerabilità e bisogno sono tipicamente quelli che usufruiscono meno del servizio, per ragioni economiche, logistiche sociali e culturali. Questo resta vero anche quando l’intervento viene effettuato in aree caratterizzate da svantaggio socioeconomico, perché anche nell’ambito delle situazioni di svantaggio si creano delle disparità. Le ragioni, o meglio la combinazione di ragioni, di queste disparità variano da contesto a contesto, e vanno conosciute per poterle superare. Sulle strategie efficaci per poter raggiungere tutti e garantire una buona partecipazione esiste una vasta letteratura47, che si può condensare nella necessità di conoscere bene il contesto delle famiglie, l’“economia” dei loro comportamenti e scelte (ogni scelta in ultima analisi è economica, basandosi sul confronto, anche irrazionale, tra costi e benefici percepiti, spesso non monetari, di una azione) e quindi di dedicare pensiero e risorse a questi obiettivi cruciali dell’intervento. Strumenti di valutazione

Gli interventi a supporto delle competenze genitoriali richiedono un apparato di valutazione complesso, basato su strumenti validati, in grado di misurare gli esiti desiderati riguardanti i bambini, i genitori e il complesso dell’AAF. La letteratura su tali strumenti è molto estesa e in evoluzione. Sono in corso tentativi di arrivare su scala globale a strumenti validati e comuni, soprattutto per valutare i benefici per lo sviluppo del bambino di interventi attuati su larga scala48. Le competenze genitoriali a loro volta possono venir misurate con una varietà molto ampia di strumenti, non sempre (anzi, raramente) al riparo dalla forte influenza del contesto culturale. Un recente contributo italiano può essere di aiuto a considerarne le complessità49. Infine, per valutare l’ambiente familiare esi-

INTERVENTI DI PARENTING AFFETTUABILI NEL CONTESTO ITALIANO Interventi nell’ambulatorio pediatrico

Individuali: promozione della genitorialità responsiva nei bilanci di salute e in incontri con genitori, realizzabili con più facilità in studi associati; utilizzo di materiali cartacei, video e on-line.

Interventi in Servizi di salute territoriali e ospedalieri

Proposta di gruppi nel contesto del percorso nascita (pre- e post-natale) o di interventi per bambini con bisogni speciali.

Interventi in Servizi comunali (es: Centri famiglia)

Proposta di gruppi per neogenitori e beneficiari di interventi economici.

Interventi in Servizi educativi (nidi e scuola dell’infanzia)

Partecipazione non opzionale dei genitori a un calendario minimo di incontri.

Interventi/programmi a sé stanti

Programmi strutturati per genitori e bambini 0-6 in spazi ad hoc.

Tabella IV

stono approcci diversi, dal “time-honored” HOME Inventory 50 - che richiede l’osservazione diretta - al più recente STIM-Q (che valuta più nel dettaglio la disponibilità di materiali utili all’apprendimento, le attività di lettura, il grado di coinvolgimento dei genitori in attività educative, e la loro responsività verbale) per famiglie con bambini di età compresa tra 5 mesi e 6 anni51. COSA PUÒ ESSERE FATTO NEL CONTESTO ITALIANO?

Se la necessità e i contenuti degli interventi di supporto a genitorialità e ambiente familiare sono sufficientemente chiari, si tratta di vedere come possono essere efficacemente realizzati nel contesto italiano, e su una scala che deve diventare universale il più ra-

pidamente possibile. Come si è visto, programmi e interventi per genitori possono essere sviluppati come servizio a sé stante o come parte integrante di altri servizi. La prima scelta ha vantaggi indubbi in quanto favorisce standardizzazione, formazione e valutazione coerenti, in ultima analisi qualità. La seconda consente di usare spazi e operatori esistenti, e quindi comporta minori costi; può inoltre favorire l’accesso (che diventa universale o quasi se collegato a punti di erogazione di servizi sanitari) e l’integrazione con altri interventi (ad esempio di prevenzione e cura della salute). Il principio da affermare è che il lavoro con le famiglie deve diventare parte integrante di tutti i servizi per l’infanzia. Nel settore sanitario, le Cure primarie devono prevedere una componente di valutazione e di promozione dello sviluppo a cui attri-

*Vedi la prima parte di questo contributo per la distinzione tra genitorialità o parenting e AAF (voce bibliografica 1).

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o per gruppi. I curricula di formazione vanno dunque integrati in vista di questa missione fondamentale di tutti gli operatori dell’infanzia: supportare i genitori nel loro ruolo. Nel contesto italiano le potenzialità dell’ambulatorio pediatrico, specie se associato e quindi con la possibilità di distribuire l’impegno di sessioni per genitori e di assumere una collaboratrice di studio, sono notevoli, perché può facilitare l’incontro tra famiglie con bimbi di pari età e la continuità nel tempo con messaggi appropriati alla crescita del bambino. Senza dimenticare che i concetti e il linguaggio dell’ECD e quindi degli interventi precoci appartengono a diverse professionalità e diversi servizi, da quelli sanitari a quelli sociali ed educativi. Questi sono chiamati a dare messaggi coerenti e continuativi, sia direttamente che tramite materiali cartacei, video e on-line, sia a fungere da relais per sostenere le opportunità esistenti per le famiglie. Note conclusive

buire sufficiente spazio e tempo. In campo educativo, tutti i nidi dovrebbero prevedere una componente di lavoro con le famiglie (tutte, non solo quelle disponibili a partecipare), principio questo affermato da tempo dai pedagogisti ma realizzato solo in una parte dei servizi, e con la partecipazione di solo una parte delle famiglie. La partecipazione delle famiglie ad attività educative svolte nei nidi, così come ai Percorsi nascita, non dovrebbe più essere un’opzione, o un privilegio riservato ad alcune aree del Paese. Se in Italia solo il 20% dei bambini frequenta un nido pubblico o privato, anche con le migliori intenzioni è impossibile che questa proporzione aumenti rapidamente e questo diritto sia esteso a tutti. Diventa allora indispensabile prevedere un’offerta di servizi di costo molto inferiore, capaci comunque di offrire alle famiglie due opportunità fondamentali: quella di poter acquisire conoscenze, attitudini e abilità pratiche per poter arricchire la loro interazione con il bambino; e quella di poter avere occasioni di scambio, confronto e di coMedico e Bambino 3/2020

struzione di reti amicali con altre famiglie. Due capisaldi, come abbiamo visto, per interventi efficaci. La Tabella IV offre una panoramica degli interventi effettuabili in singoli servizi o in collaborazione tra questi. A prescindere dal settore da cui originano (educativo, sanitario o sociale) gli interventi devono creare le condizioni per una uniformità di messaggi tra i diversi servizi, avere un target universale per poi eventualmente agire in modo individualizzato su situazioni di maggior bisogno, ed essere effettuati da personale competente, sia pure con supporto logistico di volontari. In Italia questa offerta già esiste, sotto varie forme, ma è minoritaria sia in termini di copertura del territorio nazionale (a sfavore del Sud) sia in termini di famiglie effettivamente partecipanti, ed è troppo eterogenea, senza un modello validato di riferimento e di valutazione. Il fattore limitante maggiore, ancor più delle risorse economiche, è il fatto che né gli operatori sanitari né gli educatori, a meno che non abbiano compiuto percorsi personali di formazione, hanno competenze di counselling individuale

Una genitorialità responsiva e un ambiente familiare favorente rappresentano, assieme a salute, nutrizione, sicurezza personale e ambientale, un pilastro fondamentale dello sviluppo5. Le evidenze disponibili da singoli studi, da programmi su larga scala e da revisioni attestano che interventi che prevedano, come singola componente o componente aggiuntiva ad altri servizi (sanitari e/o educativi e/o sociali), un supporto alle competenze genitoriali possono, a certe condizioni, essere efficaci su diverse dimensioni della genitorialità e quindi dello sviluppo dei bambini, sia a breve che a lungo termine. Come affermano gli Autori dello studio sul NEP: “un programma di supporto alla genitorialità può, a un costo che consente la realizzazione su larga scala, produrre cambiamenti durevoli nella vita di bambini e delle loro famiglie”. In Italia è possibile realizzare programmi di questo tipo come programmi specifici e/o che come integrazione del lavoro del pediatra di famiglia, di altri servizi per l’infanzia e le famiglie, e come componente costitutiva dei servizi educativi.

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MESSAGGI CHIAVE

❏ Studi condotti su programmi realizzati su larga scala e revisioni sistematiche indicano che interventi e programmi finalizzati a migliorare l’AAF, e in particolare le competenze genitoriali, sono efficaci e possono favorire lo sviluppo cognitivo e socio-relazionale dei bambini nei loro primi anni di vita, con benefici a breve e lungo termine. ❏ Requisiti di efficacia comprendono l’inizio precoce, il coinvolgimento attivo dei genitori anche in attività pratiche con i loro bambini e con altri genitori, attività concentrate nel tempo, l’utilizzo di personale formato. ❏ Questi interventi sono realizzabili con costi limitati nell’ambito o in collaborazione con i servizi sanitari ed educativi per l’infanzia esistenti e meritano di trovare piena collocazione all’interno delle politiche per le famiglie. ❏ Gli operatori che lavorano con le famiglie in modo continuativo (pediatri di famiglia, educatori, altri operatori che assistono famiglie e bambini con bisogni speciali) possono farsi promotori o indirizzare le famiglie verso questo tipo di servizi laddove esistenti.

Indirizzo per corrispondenza: Giorgio Tamburlini e-mail: tamburlini@csbonlus.org

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Appunti di Neuropsichiatria

Psicoterapia a indirizzo cognitivo-comportamentale SARA CARUCCI

Clinica di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell’Adolescenza, AO “G. Brotzu”, Cagliari

Una nuova importante rubrica presentata nell’Editoriale di questo mese (pag. 143). Da un caso clinico alla conoscenza di un modello strutturato di Psicoterapia, che ha una letteratura ampia e molto solida. Ha l’obiettivo di aiutare i bambini-adolescenti a riconoscere i propri pensieri e comportamenti che non funzionano per acquisire nuove abilità e strategie per superare determinate difficoltà.

CASO CLINICO

D ario è un adolescente di 13 anni affetto da disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), che, nel corso della propria carriera scolastica, ha collezionato una serie di insuccessi tali da averlo condotto a strutturare alcune distorsioni cognitive rispetto alle proprie capacità: “non riuscirò mai a fare quello che gli altri si aspettano da me”, “in ogni caso sono destinato a fallire un’altra volta”. Tali pensieri disfunzionali hanno contribuito a rinforzare nel ragazzo la tendenza all’evitamento di qualsiasi attività che prevedesse il conseguimento di un determinato risultato o che implicasse un confronto con i pari, suscitandogli conseguenti emozioni negative quali paura, rabbia, vergogna e ansia. Nonostante sia un ragazzo molto intelligente, di recente ha deciso di non frequentare più la scuola, appare scoraggiato e demoralizzato e scarsamente progettuale per il suo futuro. Considerato il quadro clinico, in associazione alla terapia farmacologica con metilfenidato, il ragazzo è stato indirizzato dal proprio neuropsichiatra infantile a un trattamento di piscoterapia individuale di tipo cognitivo-comportamentale. Il lavoro di piscoterapia, anche sulla base delle richieste del ragazzo, è stato strutturato inizialmente per fornire informazioni sulla natura del disturbo e consentire a Dario di acquisire mag-

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COGNITIVE BEHAVIOURAL THERAPY (Medico e Bambino 2020;39:177-178)

Key words Cognitive behavioural therapy, CBT, Child and adolescent Psychiatry Summary Cognitive behavioural therapy is widely used in child and adolescent psychiatry to treat numerous psychiatric disorders. Some focal aspects of this model are illustrated through the description of a clinical case and aim to facilitate communication between paediatricians and infantile neuropsychiatrists/psychologists for a correct and prompt identification of the disorder.

gior consapevolezza rispetto alle proprie difficoltà. Successivamente, anche attraverso l’uso di un apposito diario, il ragazzo ha imparato a mettere in correlazione pensieri ed emozioni sottostanti, soffermandosi sugli antecedenti. Con l’aiuto del suo terapeuta, Dario ha gradualmente imparato a mettere in discussione i propri pensieri disfunzionali e a riconoscere che fossero conseguenza più della sua tendenza all’evitamento che delle proprie incapacità personali. Progressivamente, ha imparato a generare concettualizzazioni più funzionali al proprio benessere, riconoscendosi i propri punti di forza. In seguito sono state discusse e “cucite su misura” strategie utili per una migliore gestione del tempo con riduzione della tendenza alla procrastinazione, anche ai fini di un graduale rientro in ambito scolastico che, con la collaborazione degli insegnanti, è stato gestito inizialmente con

un orario ridotto e interrogazioni programmate, per poi consentire al ragazzo di allinearsi al resto della classe ottenendo un miglior profitto e una discreta impennata della sua autostima. PSICOTERAPIA A INDIRIZZO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

È un modello strutturato di Psicoterapia, finalizzato ad aiutare i soggetti a riconoscere i propri pensieri e pattern di comportamento disfunzionali e ad acquisire nuove abilità e strategie per raggiungere i propri obiettivi, migliorare la propria autostima e fronteggiare adeguatamente le difficoltà affettive e relazionali1. Il modello cognitivo-comportamentale è piuttosto diffuso nel trattamento della maggior parte dei disturbi psichiatrici in età evolutiva (ADHD, an-

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Appunti di Neuropsichiatria

sia, depressione) che frequentemente esitano in una storia di fallimenti e frustrazioni sia nella vita familiare che scolastica2. Generalmente il trattamento si articola in un ciclo di sedute (in media intorno alle 12-24 settimane) che include una fase preliminare di psico-educazione seguita da sessioni più specifiche mirate al miglioramento delle capacità di pianificazione e organizzazione personale, alla gestione della frustrazione e della rabbia, riduzione dello stress e implementazione delle abilità di comunicazione. Attraverso questo approccio i piccoli pazienti vengono aiutati a correla-

FAD

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re eventi, pensieri ed emozioni sottostanti e a identificare i pensieri negativi per poi modificarli attraverso tecniche di ristrutturazione cognitiva e di supporto motivazionale. I ragazzi vengono inoltre incoraggiati a trovare strategie di compenso che consentano loro di migliorare le proprie performance e i propri risultati nei diversi contesti ambientali. Il lavoro di Psicoterapia è inoltre finalizzato a consentire di apprendere e consolidare nuove competenze che implicano la gestione dell’emotività e dell’impulsività attraverso tecniche sia comportamentali che di ristrutturazione cognitiva3.

Indirizzo per corrispondenza: Sara Carucci e-mail: sara.carucci@gmail.com

Bibliografia 1. Lambruschi F. Psicoterapia cognitiva dell’età evolutiva. Bollati Boringhieri, 2014. 2. Benjamin CL, Puleo CM, Settipani CA, et al. History of cognitive-behavioral therapy in youth. Child Adolesc Psychiatr Clin N Am 2011;20(2):179-89. 3. Kendall PC. Child and adolescent therapy. Cognitive-Behavioral Procedures. Fourth Edition, 2011.

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L’esperienza che insegna

Quando la sindrome di Guillain-Barré è più dolore che ipostenia FEDERICO MARCHETTI1, MARTINA ROVERAN2, FRANCESCA CURRÒ1, MARTINA MAINETTI1, CLAUDIA MURATORI1, LUCA CASADIO1, PAOLO RICCIARDELLI1

UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara

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Una bambina che da 10 giorni ha dolore alle gambe e alla schiena, che è diventato sempre più intenso sino a farla smettere di camminare. I pediatri dovrebbero considerare la sindrome di Guillain-Barré nella diagnosi differenziale di fronte a un bambino che ha dolore e ipo/areflessia (anche se inizialmente non presente in tutti i casi) per evitare ritardi nella diagnosi e nella presa in carico immediata. Quindi la sindrome di Guillain-Barré nel bambino non è solo ipostenia agli arti inferiori.

U

na bambina di 4 anni arriva in Pronto Soccorso in braccio ai genitori per la presenza di forte dolore agli arti inferiori, soprattutto a livello della faccia posteriore delle cosce e a livello del rachide. Il dolore è comparso circa dieci giorni prima ed è progressivamente peggiorato fino all’impossibilità di stare in piedi e di deambulare. Viene segnalato saltuario prurito, soprattutto notturno. La bambina è sana, vengono negati franchi traumatismi e non si sono verificati episodi infettivi nelle settimane precedenti. Alla valutazione clinica ha un visibile aspetto sofferente. L’obiettività cardio-circolatoria, respiratoria e addominale sono nella norma. Non si palpano linfoadenomegalie. Si rileva importante dolore agli arti inferiori e a livello della schiena, con impossibilità passiva e attiva nelle flessione delle gambe e nel mettersi seduta. Il dolore è evocabile al solo sfiorarle le cosce e la gambe e a livello del rachide in sede lombo-sacrale, alla pressione in corrispondenza dell’emergenza delle radici nervose. Non presenta dolore alla digitopressione negli spazi intervertebrali. La mobilità dell’articolazione coxo-femorale è nella norma e all’ecografia non si evidenzia la presenza di versamento.

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GUILLAIN-BARRÉ SYNDROME (Medico e Bambino 2020;39:179-182)

Key words Guillain-Barré syndrome, Back and leg pain, Children, Diagnosis Summary The paper reports the case of a 4-year-old girl who had been suffering from progressive pain in her legs and back and impossibility of walking for 10 days. The presence of a slight hyposthenia but with absence of patellar reflexes was observed. The diagnosis was that of Guillain-Barré syndrome (GBS). GBS should be considered in the differential diagnosis of initial clinical pictures characterised by significant back or leg pain with gait refusal. In children GBS should not be thought of at the onset only in the presence of profound hyposthenia, especially in preschool age. Paediatricians should consider GBS in the differential diagnosis in front of a child who has pain in the lower limbs and hypo-areflexia (although initially not present in all cases) to avoid delays in diagnosis and immediate therapeutic management (immunoglobulin) and physiotherapy.

Si rileva un certo grado di ipostenia (non drammatico ma presente) agli arti inferiori. I riflessi osteo-tendinei rotulei non sono tuttavia evocabili. La rimanente obiettività neurologica è nella norma, non sono presenti né rigor né segni meningei. Il contenimento degli sfinteri è regolare. Non c’è interessamento dei nervi cranici, non è presente ptosi palpebrale. Nella fase iniziale del ricovero riusciamo a fare camminare la bambina una sola volta e per pochi secondi: ha un’andatura incerta a base allargata.

Per il resto del tempo rimane allettata, non riuscendo più a mantenere con facilità la posizione seduta a causa del dolore molto forte che presenta sempre in sede lombare (nella flessione del tronco) e alle gambe, che tiene in posizione semiflessa. Il dolore che riferisce (anche se attenuato) è presente anche di notte. Gli esami ematochimici mostrano lieve leucopenia con formula leucocitaria nella norma, emoglobina nella norma, lieve piastrinosi; striscio periferico senza riscontro di blasti. Nega-

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L’esperienza che insegna

tive la PCR e la VES, nella norma le transaminasi, gli enzimi muscolari, la lattato deidrogenasi (LDH) e i fattori di coagulazione. A questo punto si tratta di formalizzare delle ipotesi diagnostiche. In estrema sintesi, è una bambina che da 10 giorni ha dei dolori progressivi agli arti e alla schiena che non riesce bene a localizzare, e che smette progressivamente di camminare. Ha una ipostenia, ma non clamorosa, e non si riescono a evocare i riflessi. Quali possono essere le ipotesi diagnostiche iniziali? Cosa avreste fatto?

La risonanza magnetica (RM) encefalica e midollare in sedazione esclude la presenza di lesioni compressive, alterazioni del segnale a livello del midollo e anomalie a carico dei metameri e dei dischi intersomatici. Nella stessa seduta viene eseguita la rachicentesi con fuoriuscita di liquor limpido, incolore, la cui analisi evidenzia normali livelli di glucosio, importante dissociazione albumino-citologica (proteine 1,88 g/l, conteggio cellulare 3/µl), aumento dell’albumina e delle IgG (rispettivamente di 3 volte e 9 volte il valore normale) con un rapporto albumina su liquor/albumina su sangue quadruplicato rispetto al normale, e un rapporto IgG su liquor/IgG su siero quasi 10 volte il valore normale. Tale dato laboratoristico ha posto diagnosi di sindrome di GuillainBarré (SGB). Il risultato della rachicentesi non lascia dubbi. Le ipotesi iniziali, dopo aver escluso rapidamente una miopatia (CPK normali) e ragionevolmente (anche se non con assoluta sicurezza, che poteva venire solo dall’esame del midollo) un esordio leucemico (emocromo e striscio nella norma, indici di flogosi negativi), potevano essere quelle di una mielite trasversa, di una compressione midollare, di una spondilodiscite. Ma per la spondilodiscite non vi erano le caratteristiche cliniche: troppo dolore agli arti; il dolore compariva nella flessione del tronco ma non aveva una sede precisa, come di solito si evoca nella spondilodiscite. Quello che colpiva era il dolore immediato che faceva piangere la bambina alla pressione bilaterale delle radici nervose in sede lombo-sacrale.

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Rimaneva appunto la SGB e l’ipotesi era forte in presenza non tanto della lieve ipostenia (evidente ma non drammatica), ma della areflessia. È stata eseguita terapia endovenosa con immunoglobuline (1 g/kg/ die), ripetuta allo stesso dosaggio il giorno successivo. La terapia analgesica, che era stata iniziata immediatamente con paracetamolo e ibuprofene, ha avuto un’efficacia parziale sulla componente dolorosa. In considerazione del dato anamnestico del prurito notturno, per escludere una causa paraneoplastica sono state eseguite radiologia del torace, ecografia addominale, striscio di sangue periferico e dosaggio urinario dell’acido vanilmandelico e omovanilico, risultati tutti nella norma. Successivamente gli episodi di prurito notturno non si sono più verificati. La ricerca su feci di Campylobacter jejuni è risultata negativa. Negativa anche la ricerca delle PCR virali su liquor (herpes simplex virus 1, herpes simplex virus 2, herpes virus umano (HHV) 6, HHV 7 HHV 8, varicella zoster virus, citomegalovirus, virus di Epstein-Barr, enterovirus). Negativi gli anticorpi su siero per Mycoplasma e per il virus di Epstein-Barr. Subito dopo la diagnosi è stato iniziato un percorso riabilitativo fisioterapico. Alla dimissione, dopo 7 giorni dalla seconda infusione di immunoglobuline, presentava tono e forza muscolare in evidente recupero, con deciso miglioramento anche della componente algica. Riusciva a mantenere la posizione seduta senza problemi, riuscendo a stare in piedi e a fare piccoli passi con sostegno. Era ancora presente dolore alla digitopressione in corrispondenza delle emergenze delle radici nervose in sede lombare. Durante i controlli post-ricovero, con il programma fisioterapico in corso, è stato possibile osservare un progressivo miglioramento motorio globale con la capacità di percorrere tragitti sempre più lunghi senza più sostegno. A distanza di 8 settimane ha una andatura sempre più sicura e veloce, e riesce a correre.

DISCUSSIONE

La SGB è la causa più comune di paralisi flaccida in bambini sani1. L’incidenza a livello di popolazione è pari a 1-2 casi per 100.000 per anno2. È più frequente nei maschi anche in età pediatrica. Viene classicamente descritta come una polineuropatia acuta immuno-mediata con andamento disto-prossimale; nella maggior parte dei casi è preceduta da un episodio infettivo di varia eziologia che, tuttavia, non è sempre identificabile (come nel nostro caso). La debolezza muscolare inizia dagli arti inferiori e procede in senso ascendente, potendo arrivare a coinvolgere progressivamente il tronco, gli arti superiori e infine i muscoli bulbari (paralisi ascendente di Landry). Quello che siano abituati a vedere e valorizzare per la diagnosi di SGB è pertanto l’ipostenia, in un bambino/ adolescente che perde, nel corso dei giorni, la capacità di stare in piedi e camminare e a cui non si riescono a evocare bene i riflessi. È importante ricordare che all’inizio non in tutti i casi è presente una ipo-areflessia. Nel caso da noi descritto quello che ha reso impossibile la deambulazione e il mantenimento della posizione seduta, costringendo la bambina all’allettamento, è stata la fortissima componente algica piuttosto che l’ipostenia. È vero che il dolore può essere presente nella SGB, può durare a lungo e avere un’intensità tale da richiedere una terapia cronica con il gabapentin, la carbamazepina o in alcuni casi proposti con il cortisone (con risultati molto controversi in termini di efficacia)3. Tuttavia può essere non sufficientemente valorizzato ai fini della diagnosi, immaginando il modello della SGB caratterizzato appunto dalla classica debolezza degli arti inferiori. È anche vero che la stessa impossibilità a camminare genera spavento e traumatismo psicologico, che a quattro anni non può che essere riferito come dolore in una bambina piccola che non riesce a camminare. Tuttavia l’evidenza obiettiva documentava la comparsa del dolore al solo movimento attivo e passivo degli arti e come detto al solo sfioramento (dolore neuropatico).

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Quando la sindrome di Guillain-Barré è più dolore che ipostenia

Nel nostro caso il dolore era presente da 10 giorni e quando abbiamo ricoverato la bambina le prime ipotesi di diagnosi erano orientate a una miopatia acuta o a una mielite trasversa o a una spondilodiscite, con un’attenzione rivolta a escludere un esordio leucemico per l’intensità del dolore manifestato, con difficile localizzazione. In merito alla presenza di una sintomatologia anche del rachide (sede lombare) andavano considerate tutte le ipotesi che entrano in diagnosi differenziale4. In letteratura è stato studiato il dolore che accompagna la SGB nel paziente adulto, ma con risultati molto variabili in termini di prevalenza e soprattutto di intensità (da lieve a severo)5,6. Si discute molto se la presenza di dolore intenso all’esordio correli con la prognosi6. Nella popolazione pediatrica, soprattutto se in età prescolare, il dolore e il rifiuto della deambulazione possono essere invece le principali caratteristiche di esordio della SGB e sono più frequenti rispetto alla popolazione generale7. Alcuni studi osservazionali

hanno identificato il dolore, localizzato tipicamente sia agli arti inferiori che al rachide, come uno dei sintomi principali di esordio della SGB in età pediatrica con percentuali che vanno dal 50% all’80% dei casi8-12. Un dolore che è spesso mal localizzabile, riferito genericamente alle gambe e/o alla schiena (come nel caso descritto) e che, come dimostrato, può essere causa di ritardo nella diagnosi8,11. Uno studio che ha valutato le caratteristiche di 29 casi di SGB in età < 6 anni riporta che il dolore era presente al momento del ricovero nel 79% dei casi8. Il dolore è stato spesso il sintomo più importante e ha portato a diagnosi errate in 20 pazienti (69%). In 11 di questi bambini i sintomi erano presenti per più di una settimana prima che fosse fatta la diagnosi corretta. Il dolore era più comunemente localizzato (nell’83% dei pazienti) alla schiena e agli arti inferiori. Un altro studio11 che ha comparato i tempi di diagnosi e l’esordio sintomatologico nei bambini con SGB a seconda della fascia di età (prescolare vs

MESSAGGI PRATICI L’esperienza del caso ✔ Viene descritto il caso di una bambina di 4 anni che da 10 giorni ha dolore alle gambe e alla schiena, che è diventato sempre più intenso fino a farla smettere di camminare. ✔ Il sospetto clinico si è orientato verso una leucemia, una miopatia acuta o una compressione/infiammazione a livello del midollo spinale o una spondilodiscite. ✔ L’assenza dei riflessi rotulei, anche a fronte di una ipostenia agli arti inferiori non così drammatica, ha posto il sospetto di diagnosi di sindrome di Guillain-Barré (SGB), che è stata confermata dai risultati degli esami della rachicentesi (dissociazione albumino/citologica).

scolare) ha evidenziato che nei bambini in età prescolare vi è un maggiore ritardo di diagnosi e che il rifiuto di camminare e il dolore alle gambe sono stati i sintomi di presentazione più frequenti (65%), mentre i bambini più grandi manifestavano i sintomi più classici di debolezza e parestesie. I bambini in età prescolare sono stati inizialmente erroneamente diagnosticati come affetti da miopatia, meningite, malattia reumatica/artrite idiopatica giovanile, coxite o discite. Il dolore nella SGB può essere attribuito a diverse possibili cause. In primo luogo, le grandi fibre sensoriali mielinizzate infiammate o danneggiate possono portare a disestesia e dolore muscolare alle estremità (la sede del dolore riportata più frequentemente). In secondo luogo, le radici nervose interessate possono causare dolore nervoso nocicettivo radicolare che colpisce la parte bassa della schiena con irrradiazioni alle estremità o al tronco. In terzo luogo, nella SGB possono essere influenzate anche le piccole fibre nervose intraepidermiche, con evidenza documentata della degenerazione nervosa morfologica. In uno studio di imaging eseguito su bambini con SGB che avevano un intenso dolore lombo-sacrale, la RM, a seguito dell’iniezione di mezzo di contrasto, ha mostrato in alcuni un potenziamento della cauda equina. In un caso è stato possibile evidenziare un inspessimento delle radici lombari13. Nervo normale

L’insegnamento del caso ✔ La SGB viene descritta classicamente come una polineuropatia acuta immuno-mediata che ha come caratteristica clinica principale una paralisi ascendente (paralisi flaccida). Il Nelson Texbook of Pediatrics riporta in una riga di testo anche la possibile presenza di dolore, ma senza caratterizzarlo (in merito a frequenza, intensità, età). ✔ Dalla valutazione della letteratura e dall’esperienza del caso emerge chiaramente che nel bambino in età prescolare il dolore e il rifiuto della deambulazione possono essere invece le principali caratteristiche di esordio della SGB. La sede del dolore più comune è la schiena e gli arti inferiori. Nel bambino più grande e nell’adolescente i sintomi che prevalgono sono la debolezza muscolare e le parestesie. ✔ Pertanto, in presenza di un dolore non facilmente localizzabile agli arti inferiori con difficoltà a mantenere la stazione eretta o con una marcia incerta che si accompagna a ipo/areflessia (non sempre presenti nelle fasi iniziali della malattia), il pediatra di famiglia e ospedaliero devono considerare anche la SGB nelle diagnosi differenziali. ✔ Se si decide di eseguire una RM della colonna in sedazione, e se questa risultasse negativa per altre specifiche condizioni che possono giustificare la sintomatologia (compressione/infiammazione midollare), bisogna essere immediatamente pronti a eseguire anche la rachicentesi nella stessa seduta.

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Nervo affetto da Fibra esposta sindrome di Guillain-Barré

Mielina danneggiata

Figura 1. La rappresentazione grafica del danno neuronale nella sindrome di GuillainBarré.

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L’esperienza che insegna

La Figura 1 rappresenta il possibile danno neuronale che sottende alla SGB.

Indirizzo per corrispondenza: Federico Marchetti e-mail: federico.marchetti@auslromagna.it

CONCLUSIONI

La SGB dovrebbe essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale dei quadri clinici iniziali caratterizzati da importante dolore alla schiena o alle gambe. La SGB all’esordio non va immaginata unicamente come profonda ipostenia, soprattutto in età prescolare. I pediatri dovrebbero considerare la SGB nella diagnosi differenziale di fronte a un bambino che ha dolore agli arti inferiori e ipo/areflessia (anche se inizialmente non presente in tutti i casi) per evitare ritardi nella diagnosi e nella presa in carico immediata, terapeutica (immunoglobuline) e fisioterapica.

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Medicine (Baltimore) 2018;97(34):e11595. 7. Wu X, Shen D, Li T, et al. Distinct clinical characteristics of Pediatric Guillain-Barré Syndrome: a comparative study between children and adults in Northeast China. PLoS One 2016;11(3):e0151611. 8. Nguyen DK. Pain and the Guillain-Barré syndrome in children under 6 years old. J Pediatr 1999;134:773-6. 9. Korinthenberg R, Schessl J, Kirschner J. Clinical presentation and course of childhood Guillain-Barré syndrome: a prospective multicenter study. Neuropediatrics 2007;38(1): 10-7. 10. Pier DB, Hallbergson A, Peters JM. Guillain-Barré syndrome in a child with pain: lessons learned from a late diagnosis. Acta Paediatr 2010;99(10):1589-91. 11. Roodbol J, de Wit MC, Walgaard C, de Hoog M, Catsman-Berrevoets CE, Jacobs BC. Recognizing Guillain-Barré syndrome in preschool children. Neurology 2011;76(9): 807-10. 12. Nasiri J, Ghazavi M, Yaghini O, Chaldavi M. Clinical features and outcome of GuillainBarré syndrome in children. Iran J Child Neurol Spring 2018;12(2):49-57. 13. Wilmshurst JM, Thomas NH, Robinson RO, Bingham JB, Pohl KR. Lower limb and back pain in Guillain-Barré syndrome and associated contrast enhancement in MRI of the cauda equine. Acta Paediatr 2001;90(6):691-4.

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A CURA DEL SCIENCE CENTRE IMMAGINARIO SCIENTIFICO www.immaginarioscientifico.it

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MICROSCOPIA CRIO-ELETTRONICA A destra in alto, una ricostruzione in computer-grafica del capside della particella virale di Covid-19 rilasciata alla Public Health Image Library. Le tre diverse strutture proteiche che si legano ai recettori delle nostre cellule appaiono in diversa forma e colore sulla superficie della particella. L’immagine è stata realizzata da Alissa Eckert e Dan Higgins (Centers for Disease Control and Prevention, Department of Health and Human Services, USA). Più sotto, la struttura del capside del virus dell’epatite B ricostruita da dati di microscopia crioelettronica con una risoluzione di 8,5 Å. Sotto, a sinistra, la mappa di densità di una proteina capsidica del virus di herpes simplex è visualizzata, prima, in toni di grigio con risoluzione 7,5 Å e poi con diverse rappresentazioni della struttura atomica. Le immagini sono tratte da “Ab initio modeling of the Herpesvirus VP26 core domain assessed by cryoEM density” pubblicato da Matthew L. Baker, et al. su PLoS Computational Biology, ottobre 2006.

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a dettagliata immagine della particella virale di Covid-19 che in questi giorni stiamo vedendo anche in televisione è un’illustrazione realizzata sulla base di un complesso processo di ricostruzioni tridimensionali a partire da dati ottenuti con una tecnica che sta acquistando sempre più importanza nel campo della ricostruzione delle strutture biomolecolari: la microscopia crioelettronica (in inglese solitamente abbreviata in cryo-EM). Cercando di contribuire, per quanto ci è possibile, a rendere più scientifico l’immaginario collettivo, vediamo di parlare seppur sommariamente del lavoro che sta dietro queste immagini. La microscopia crio-elettronica consiste nell’indagine microscopica di campioni vetrificati a bassissime temperature e sta portando una vera e propria rivoluzione

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in biochimica, perché permette di esplorare la struttura tridimensionale di molecole biologiche molto complesse, che non è possibile cristallizzare per l’indagine ai raggi X. La possibilità di incorporare i campioni nel ghiaccio era stata contemplata fin dall’inizio della microscopia elettronica a trasmissione, ma siccome, quando ghiaccia, l’acqua tende a espandersi in un reticolo cristallino di minore densità cioè di maggiore estensione (singolare proprietà alla quale, detto per inciso, dobbiamo la possibilità della vita sul nostro pianeta), le strutture fini che interessa indagare vengono normalmente alterate dal congelamento. Una via alla soluzione di questo problema è stata aperta negli anni ’80 con la messa a puno del congelamento istanta-

neo ad alta pressione e della produzione di ghiaccio vitreo. I campioni così congelati però non potevano comunque essere sottoposti a fasci elettronici ad alta energia, con una conseguente grave perdita di risoluzione. Più recentemente, con l'introduzione di sofisticati rivelatori di elettroni e migliori algoritmi di calcolo, si sono avuti significativi miglioramenti della risoluzione delle immagini che possono venire prodotte a partire dai dati cryo-EM, perché la necessità di mantenere bassa l'energia dei fasci elettronici viene compensata dalla possibilità di disporre di migliaia o addirittura milioni di strutture identiche. I dati rilevati possono quindi essere trattati con metodi statistici e filtri matematici, fino a fornire indicazioni utili a determinare anche la struttura atomica dei campioni osservati.

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CARTOLINE DAL MONDO: LE VOCI DEI BAMBINI VOCI SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO Le voci sono prese da citazioni dei ragazzi di “Fridays for Future”

“Voi dite che amate i vostri bambini più di ogni altra cosa, ma intanto ci state rubando il futuro”

“Il problema del clima è già stato risolto, tutti conoscono i fatti e le soluzioni. Bisogna solo svegliarsi e cambiare”

“I nostri leader si comportano come bambini, allora dovremo noi prenderci le responsabilità che loro non si sono prese tempo fa”

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CASI INDIMENTICABILI in Pediatria ambulatoriale

Si parla di sindrome di Guillain-Barré, di sintomatologia algica e di possibili ritardi nella diagnosi (vedi Esperienza che insegna pag. 179); della sindrome di Lemierre da pensare di solito in pazienti giovani (adolescenti) con infezione orofaringea persistente a cui seguono un dolore atipico laterocervicale con segni di sepsi; il terzo caso è una caratterizzazione della sindrome di Tourette, non sempre facile da diagnosticare. SINDROME DI GUILLAIN-BARRÉ: DOLORE E PREGIUDIZIO

Paolo Pecile Pediatra di famiglia, Udine Bambina di 11 anni. Sono più di 2 anni che non la vedo, come capita spesso a questa età. Con lei però ho un discorso aperto già da qualche anno a causa della sua obesità. Nell’ultimo controllo (a 9 anni) il suo BMI era 25. È una bambina, diciamo, particolare: ha un disturbo dello spettro autistico (DSA), lamenta spesso doloretti articolari vaghi alle gambe e caviglie (il peso!, dico alla mamma), dolori addominali ricorrenti, talvolta cefalea. Si muove poco. È timida, introversa, lentina: a scuola la definiscono “polentona”. La madre mi riferisce che da tre giorni lamenta dolenzia diffusa alle gambe (polpacci e dietro le cosce), alle spalle, dietro il collo e cefalea bitemporale. Siamo alle solite, penso. Ha avuto due settimane prima un breve episodio febbrile. L’obiettività è negativa anche se si lamenta alla digitopressione di cosce e polpacci e anche alle tempie. Ma ha veramente male?, mi chiedo. Come faccio di solito, in automatico, senza alcuna ipotesi, cerco i riflessi osteotendinei (ROT), che non riesco a evocare perché durante la visita si è irrigidita: il mio approccio è un po’ troppo frettoloso, sicuramente non adeguato allo stato d’animo della bambina. Dico alla mamma che potrebbe avere un virus che infiamma i muscoli (ma non ne sono affatto convinto) e le prescrivo dell’ibuprofene e di farsi viva dopo qualche giorno. Mi richiama al telefono tre giorni dopo. La bambina non sta meglio, i dolori persistono, non ha voglia di camminare. Telefono in Pediatria per farle due esami: indici di flogosi normali, enzimi mu-

INFEZIONE OROFARINGEA, TROMBOSI DELLA VENA GIUGULARE E BATTERIEMIA: SINDROME DI LEMIERRE Sara Dal Bo1, Lucia Calandriello2, Loretta Biserna1, Federica Mantero3, Teresa Minguzzi3, Federico Marchetti1

UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna 2 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara 3 SSD di Radiologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna 1

Ragazzo di 15 anni, in abituale buona salute. Giunge alla nostra attenzione per comparsa da 8 giorni di febbre ad andamento settico con picchi massimi giornalieri di 40 °C, accompagnata da brividi, cefalea frontale e sudorazione profusa. I sintomi erano faringodinia, nausea, astenia; nessuna altra sintomatologia. L’alimentazione era stata ridotta a causa dell’odinofagia, con calo ponderale significativo (circa 4 kg). Alla visita il ragazzo era molto astenico, sofferente con cute pallida, calda, sudata, non vi era marezzatura né ittero, tempo di refill capillare di circa 2 secondi. Valori pressori bassi (80/45 mmHg) con tachicardia in rialzo termico. Oltre allo stato di generale

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scolari normali. Concordiamo con il medico di guardia di proseguire con l’ibuprofene e di rivalutarla dopo qualche giorno. Dopo 4 giorni (è domenica) mamma e bambina si presentano in Pronto Soccorso perché la sintomatologia non è migliorata, anzi. È andata due giorni a scuola, ma poi la madre l’ha tenuta a casa perché aveva tendenza a cadere. Lamenta sempre dolore alle spalle e avverte formicolio alle dita dei piedi. Alla visita ha una deambulazione incerta e possibile solo con sostegno. Ha un accenno a paralisi periferica del facciale di sinistra. Ha un Mingazzini 2 patologico e non si evocano i ROT agli arti inferiori. La rachicentesi (franca dissociazione albumino-citologica) e l’elettromiografia confermano il sospetto di poliradicolonevrite (sindrome di Guillain-Barré). Fortunatamente è andata bene: con le immunoglobuline endovena c’è stata praticamente una completa restitutio. Ho tanto rimuginato su questo caso anche per chiedermi perché non mi era nemmeno passata per l’anticamera del cervello questa ipotesi diagnostica. Sono andato sul Nelson a rileggermi la sindrome di Guillain-Barré: “I sintomi iniziali includono intorpidimento e parestesia seguiti da debolezza”: e va bene, potevo non pensarci inizialmente; “… ci possono essere associati dolore al collo, alla schiena, ai glutei e alle gambe…”: questo me lo ero dimenticato. “... dolori muscolati sono comuni nella fase iniziale”: non ci avevo minimamente pensato. Ma quello che non ho tenuto in considerazione, ed è stato il mio errore, è che anche una bambina obesa, con il DSA, i dolori addominali ricorrenti, la cefalea, la timidezza può avere una sindrome di Guillain-Barré. Maledetti i pregiudizi: forse, più che le dimenticanze, questo è il vero motivo per cui non ci ho pensato fin dall’inizio.

compromissione, il dato che emergeva come obiettività era il dolore molto intenso a livello laterocervicale sinistro, sia spontaneo che evocabile alla palpazione e all’estensione del capo verso l’alto, con associato un reperto di lieve asimmetria tonsillare con minimo essudato e un correlato sintomatologico di odinofagia intensa che impediva l’alimentazione. A un’anamnesi più approfondita era emerso come nei primi giorni di febbre la tumefazione laterocervicale fosse più evidente. La restante obiettività d’organo era nella norma. Gli esami ematici mostravano una conta leucocitaria normale ma con linfopenia, piastrinopenia (62.000/mm3) e una PCR di 124 mg/l. Inoltre si documentava una iponatriemia significativa (119 mmol/l!) e un minimo aumento della bilirubina totale, con restanti esami nella norma ed esame urine negativo. Tampone faringeo per streptococco negativo. Negativi le sierologia per virus di Epstein-Barr e il test di Widal-Wright. Nella norma la radiografia del torace, l’elettrocardiogramma, e l’ecografia dell’addome. Alla luce del quadro settico del ragazzo (con sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico - SIADH - associata) abbiamo iniziato la reidratazione con soluzione fisiologica, terapia antalgica e antibiotica parenterale con cefotaxime e gentamicina. Guidati dalla sintomatologia a livello faringeo e cervicale, nel sospetto di una localizzazione ascessuale abbiamo richiesto una TC in urgenza. L’esame ha documentato una tromboflebite della vena

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CASI INDIMENTICABILI in Pediatria ambulatoriale

giugulare anteriore sinistra della lunghezza di 5 cm, confermata all’ecocolorDoppler dei tronchi sovraortici (residuo trombotico di 5 mm). Per escludere la presenza di un focus infettivo o altre sedi di embolizzazione settica a livello dei vasi encefalici, è stata eseguita una risonanza magnetica dell’encefalo con fase angiografica che non ha documentato simili complicanze. Il quadro clinicostrumentale emerso (tromboflebite di una vena giugulare interna a seguito di una recente infezione orofaringea) ci ha portati alla diagnosi di sindrome di Lemierre, condizione causata nella maggioranza dei casi descritti dal batterio anaerobio Fusobacterium necrophorum. L’isolamento di questo batterio (polisensibile all’antibiogramma) dall’emocoltura ha permesso di confermare nel nostro caso la diagnosi dopo 48 ore. Alla luce dell’eziologia la terapia antibiotica è stata modificata con l’introduzione del metronidazolo e la sospensione della gentamicina. È stata mantenuta la terapia con cefalosporina, dal momento che in letteratura vengono segnalati alcuni casi di sindrome di Lemierre con infezione polimicrobica. È stata iniziata inoltre terapia anticoagulante con enoxaparina. La risposta clinica (febbre, dolore e condizioni generali del ragazzo) è stata progressiva, con sfebbramento stabile dalla sesta giornata, normalizzazione dell’emocromo e della PCR. È stato eseguito screening trombofilico a distanza dall’episodio risultato negativo, a escludere situazioni di rischio protrombotico di base. Dopo 2 settimane (a completa negativizzazione della PCR) il ragazzo è stato dimesso in terapia antibiotica orale con solo metronidazolo a completare un ciclo complessivo di 3 settimane di terapia. Il Doppler dei vasi sovraortici ripetuto a un mese ha mostrato la completa risoluzione del trombo ed è stata sospesa la terapia con enoxaparina. Cos’è la sindrome di Lemierre Nel 1936 André Lemierre, microbiologo francese, pubblicò una serie di 20 casi di pazienti con una sindrome caratterizzata da infezione orofaringea recente, trombosi venosa giugulare e setticemia anaerobica causata principalmente da Bacillus funduliformis (ora noto come Fusobacterium necrophorum). Lemierre etichettò questa sindrome come “sepsi anerobica post-angina”, dal momento che l’esordio della sepsi si verificava a breve distanza da un episodio di mal di gola. Con l’introduzione degli antibiotici e il loro vasto impiego nella faringite streptococcica, l’incidenza di quella che dagli anni Ottanta è nota come sindrome di Lemierre (SL) si ridusse drasticamente, tanto da essere considerata da alcuni Autori come una “malattia dimenticata”. Tuttavia si è verificato un aumento dei casi riportati a partire dalla fine degli anni Novanta. Possibili fattori in causa in questo aumento di diagnosi sono la resistenza di alcuni ceppi di Fusobacterium necrophorum ai macrolidi, la maggiore consapevolezza della sindrome e l’accuratezza diagnostica. Per quanto riguarda l’eziologia, fino a un terzo dei pazienti presenta una batteriemia polimicrobica, che vede spesso implicati streptococchi anaerobi e altri anaerobi Gram-negativi; tra questi ultimi in circa il 90% dei casi è isolato Fusobacterium necrophorum, un commensale della flora orofaringea. Alcuni Autori hanno proposto che un’alterazione della mucosa faringea, causata da un’infezione batterica o virale, possa favorire la diffusione del batterio, normalmente non invasivo, con disseminazione locale dello spazio faringeo laterale ed embolizzazione settica a carico delle vene tonsillari, che si propaga centralmente alla vena giugulare interna. Tale processo potrebbe essere facilitato, secondo alcuni, da una temporanea condizione di immunosoppressione, per esempio secondaria a una recente mononucleosi, o dall’acquisizione di un ceppo batterico che presenta particolari caratteristiche di virulen-

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za: nel caso di Fusobacterium necrophorum sottospecie necrophorum, queste risiederebbero nell’espressione di particolari endotossine e nella capacità di aggregare le piastrine umane in vitro. Oltre alle tonsille palatine e al tessuto peritonsillare, altre possibili sorgenti di infezione, sebbene meno frequenti, includono polmoni, orecchio medio, mastoide, denti e seni paranasali. Ulteriori localizzazioni emboliche si riscontrano nel 63-100% dei pazienti, soprattutto a carico di polmoni e articolazioni. Le principali caratteristiche cliniche sono: a. febbre (92-100% dei casi); b. faringodinia (82,5% dei casi), che in genere precede la comparsa degli altri sintomi di 4-5 giorni con una obiettività locale che può variare da un aspetto normale del faringe fino a una severa tonsillite essudativa con ascesso peritonsillare; c. dolore o tumefazione cervicale (52%): il dolore cervicale è tipicamente unilaterale e può essere esacerbato dalla rotazione del capo dal lato opposto per l’irritazione del muscolo sternocleidomastoideo. Obiettivamente può essere talvolta palpata una massa cervicale lungo il margine dello sternocleidomastoideo o all’angolo mandibolare, spesso confusa con una linfadenopatia, che riflette lo sviluppo della tromboflebite giugulare; d. ittero (11-49% dei casi) con alterazione degli enzimi epatici e iperbilirubinemia (per un meccanismo non ancora definito). La diagnosi di questa condizione è essenzialmente clinica. Tradizionalmente, per porre diagnosi di sindrome di Lemierre, occorre che siano rispettati 3 criteri: 1. sepsi orofaringea; 2. tromboflebite di una vena giugulare interna; 3. infezione disseminata. La positività dell’emocoltura non è tra i criteri diagnostici. A ogni modo, dal momento che Fusobacterium necrophorum è in grado, a differenza di altri anerobi, di indurre aggregazione piastrinica senza lisi, il riscontro di piastrinopenia severa in assenza di sanguinamenti supporta il ruolo etiologico di questo batterio anche in caso di colture negative. L’identificazione di un quadro di tromboflebite della vena giugulare interna è la prima forte evidenza che orienta in senso diagnostico in molti casi di SL. Una embolizzazione settica in diversi organi e tessuti è descritta in un’alta percentuale di pazienti (almeno 6 su 10 in alcune casistiche); il coinvolgimento polmonare in questi pazienti è estremamente comune (80-100% dei casi). La radiografia del torace mostra tipicamente infiltrati nodulari multipli distribuiti in entrambi i campi polmonari, talvolta cavitati, e piccole effusioni pleuriche. Una delle caratteristiche di rilievo delle lesioni pleuro-parenchimali è la loro rapida evoluzione nonostante la terapia antibiotica, con sviluppo di empiema nel 10-15% dei casi. L’artrite settica si riscontra nel 13-27% dei casi. L’introduzione della terapia antibiotica ha drasticamente modificato la prognosi di questa condizione con tassi di mortalità che sono passati dal 90% in era pre-antibiotica allo 0-18% in casistiche recenti. Opzioni suggerite per il trattamento empirico della SL includono metronidazolo (in monoterapia o associato a penicillina protetta), clindamicina, ampicillina-sulbactam, ticarcillina-clavulnato e imipenem. Da sottolineare come alcuni Autori non raccomandino l’utilizzo di metronidazolo in monoterapia, data la frequenza di infezioni miste per la combinazione di anerobi con altri costituenti della flora orale. Per quanto riguarda la durata della terapia antibiotica, questa dovrebbe essere compresa tra le 2 e le 6 settimane. Si sottolinea come la risposta alla terapia antibiotica in questi casi possa essere

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particolarmente lenta: alcune casistiche riportano come il tempo intercorso tra l’inizio di una terapia appropriata e la risoluzione della febbre fosse compreso tra 8 e 12 giorni. La ragione di questa risposta tardiva può essere attribuita in buona parte alla natura del processo patogenetico (il microrganismo è sequestrato in un sito a scarsa penetrazione antibiotica) e, in secondo luogo, a determinati pattern locali di resistenza antibiotica. L’uso di anticoagulanti è piuttosto controverso, e anche in questo caso non esistono studi controllati. Dalle casistiche disponibili emerge che il 21-30% dei pazienti riceve questo tipo di terapia. In particolare, alcuni autori sostengono l’utilizzo di anticoagulanti in tutti i casi di SL, mentre altri lo raccomandano solo nei casi in cui la trombosi venosa si estenda ai vasi cerebrali, in base all’entità dimensionale del trombo identificato, qualora non si verifichi alcun miglioramento clinico con la sola terapia antibiotica, o ancora laddove sussista una condizione accertata di trombofilia. L’approccio chirurgico nella SL si limita essenzialmente al drenaggio di eventuali focolai ascessuali in sede cervicale. Take home message La SL interessa tipicamente giovani individui e si caratterizza per una storia di recente infezione orofaringea, trombosi della vena giugulare interna e batteriemia anaerobia causata principalmente da Fusobacterium necrophorum. Si tratta di una malattia rara nella moderna era post-antibiotica

TIC E SINDROME DI TOURETTE

Andrea Trombetta IRCCS Materno-Infantile ”Burlo Garofolo”, Trieste Un bambino di 8 anni e mezzo giunge alla nostra osservazione in ambulatorio di Neuropsichiatria infantile inviato dal curante per generico disturbo dell’apprendimento. In anamnesi non risulta nulla di rilevante: è nato a termine da parto eutocico, con gravidanza e perinatalità nella norma e sviluppo psicomotorio regolare. Giunto alla nostra attenzione, non sembra presentare alcun deficit cognitivo. I test psicometrici riportano un QI di 102; e interrogando i genitori il ragazzo sembra riportare una difficoltà prevalente sul lato relazionale piuttosto che su quello attentivo. Nel sospetto di un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e, temendo un disturbo oppositivo, la famiglia e il nostro piccolo paziente hanno intrapreso in precedenza numerosi colloqui psicologici, risultati tuttavia inconclusivi e non definitivi nel migliorare il funzionamento adattivo del bambino. I genitori si presentano al nostro ambulatorio molto preoccupati per il futuro del ragazzo; nella parte iniziale del colloquio non emergono tuttavia i tratti oppositivi tanto temuti. D’altro canto il bambino, descritto come introverso e timido, risulta all’inizio non essere facilmente inquadrabile in un disturbo

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ma non del tutto dimenticata, come dimostra l’aumento dei casi riportati negli ultimi anni. Dovrebbe essere pensata in diagnosi differenziale in pazienti giovani, in abituale buona salute, con sintomi persistenti di faringite seguiti da sintomi suggestivi di sepsi o polmonite, oppure da dolore laterocervicale atipico. La diagnosi è confermata dall’identificazione di tromboflebite della vena giugulare interna mediante imaging (la TC cervicale rappresenta il gold standard in questo senso). La terapia antibiotica prolungata rappresenta l’elemento essenziale del trattamento, combinata (anche se la raccomandazione è controversa) con una terapia anticoagulante (eparina a basso peso molecolare). Bibliografia di riferimento • Campo F, Fusconi M, Ciotti M, et al. Antibiotic and anticoagulation therapy in Lemierre’s syndrome: case report and review. J Chemother 2019; 31(1):42-8. • Dal Bo S, Calandriello L, Biserna L, Mantero F, Minguzzi T, Marchetti F. A sepsis that you don't expect… Lemierre’s syndrome. Description of a clinical case. Recenti Prog Med 2019;110(11):543-7. • Sheehan M, McLoughlin D, O’Sullivan R. Fusobacterium necrophorum sepsis after tonsillitis/pharyngitis. BMJ Case Rep 2019;12(1). • Uchimura K, Yamasaki K, Tanaka F, Yatera K. A case of Lemierre syndrome complicated with empyema. Intern Med 2019;58(23):3485-6. • Walkty A, Embil J. Lemierre’s syndrome. N Engl J Med 2019;380(12): e16.

definito: a risolvere lo spinoso caso sono alcune domande dirette al bambino, oltre al tic motorio elicitatosi di conseguenza. Il piccolo paziente, sensibile e timido, adora infatti le cose lisce e, benché molto educato, prorompe durante il colloquio in una parolaccia che non riesce a trattenere. Circa un bambino su 10 ha un tic, e un quarto dei bambini con tic cronici soddisfa i criteri per la sindrome di Tourette. Il 90% circa dei bambini tourettici e il 20-25% dei bambini con tic motori semplici presentano problemi comportamentali associati che vanno quindi sempre ricercati. I disturbi possono essere: ADHD, ossessivo-compulsivo (DOC), ma anche di ansia e del controllo degli impulsi. Ritengo questo caso indimenticabile, oltre che per la peculiare presentazione clinica, anche per il trucco del mestiere del neuropsichiatra infantile (le domande corrette guidano alla diagnosi più di mille esami e test psicologici) e del pediatra (non fermarsi all’apparenza non significa per forza cercare la strada più complessa, ma viceversa quella più semplice, che unisce e non divide i punti oscuri). Ho imparato da questo caso che i tourettici sono bambini non sempre coprolalici, esiste infatti un sottotipo definito come NOSI (Non-Obscene complex Socially Inappropriate behaviour) incline all’autocontrollo. Sono bambini spesso paradossalmente sensibili e timidi.

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Anno XXIII Numero 3

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Ricerca PERFORMANCE DEL QUANTIFERON-TB GOLD IN-TUBE TEST NEI BAMBINI Flavio Storelli, Chiara Tersigni, Elisabetta Venturini, Maurizio de Martino, Luisa Galli, Elena Chiappini Dipartimento di Scienze della Salute, AOU “Anna Meyer”, Università di Firenze Indirizzo per corrispondenza: elena.chiappini@unifi.it

QUANTIFERON-TB GOLD IN-TUBE TEST PERFORMANCE IN A PAEDIATRIC POPULATION

Key words Tuberculosis, QuantiFERON-TB GOLD In-Tube, Bacille Calmette-Guérin vaccine, Tuberculin skin test

Summary Background - The performance of QuantiFERON-TBGold In-Tube (QTF-IT) in children is under debate, especially under 5 years of age and for the interpretation of discordant results between QFT-IT and Tuberculin-Skin-Test (TST). Materials and Methods - Children consecutively referred to our Unit between 2010-2017 for suspected tuberculosis infection (TB) were enrolled. All children underwent clinical evaluation, TST and QFT-IT. Finally, the sensitivity of QFT-IT and TST in active TB cases and the risk factors associated with discordant TST+/QFT-IT- results were assessed. Results - In this study 4,631 children (477 under two years of age, 1,318 between 2-4 years and 2,836 between 5-18 years) were enrolled. Overall, 205 active TB cases were reported (83 microbiologically confirmed, among them 63 with positive QFT-IT and 60 with positive TST). Considering microbiologically confirmed active TB children, a high sensitivity of QFT-IT was observed (95.0%; 95% CI: 85.4-100; n = 19) among children between 2-4 years of age and in those between 5-18 years (89.1%; 95% CI: 79.2-99.2; n = 33) while sensitivity was suboptimal in children younger than 2 years (84.6%; 95% CI: 65.0-100; n = 11). Independent risk factors associated with discordant TST+/QFT-IT- results, in LTBI children investigated with both tests, were: previous BCG vaccination (aOR: 2.18; 95% CI: 1.33-3.58; p = 0.002), age < 2 years vs 5-18 years (aOR: 7.54; 95% CI: 2.52-22.59; p < 0.0001), and age 2-4 years vs 5-18 years (aOR: 4.63; 95% CI: 2.66-8.06; p < 0.0001) and investigation for screening rather than for contact with a suspected or confirmed case (aOR: 3.58; 95% CI: 2.30-5.59; p < 0.0001). Conclusions - The data suggest that QFT-IT might be used as unique assay in children over 2 years of age investigated for recent immigration/adoption screening and in case of recent low risk TB contact. This approach could considerably reduce the number of children undergoing pharmacological treatment. Conversely, both tests are recommended in case of strong clinical suspicious or high risk TB contact in children less than 5 years of age, in order to avoid misdiagnosis.

Secondo il più recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la tubercolosi (TB) risulta essere attualmente tra le prime 10 cause di morte al mondo e al primo posto come causa di morte da singolo agente infettivo. Nel 2017 si sono

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Queste pagine rappresentano la finestra su “Medico e Bambino” cartaceo dei contributi originali delle pagine elettroniche. I testi in extenso sono pubblicati on line.

registrati circa 10 milioni di nuovi casi di TB e a oggi quasi un terzo della popolazione mondiale ha contratto l’infezione. La diagnosi rimane complicata sia per la mancanza di un gold standard diagnostico per la LTBI (Latent Tuberculosis Infection) sia per la difficoltà di ottenere una diagnosi microbiologica nella TB attiva pediatrica vista la frequenza di forme paucibacillifere nei bambini. La sensibilità e specificità del test cutaneo alla tubercolina (TST) e del QuantiFERON (QFT-IT) risultano variabili. Diversi studi nell’adulto hanno dimostrato una performance simile tra QFT-IT e TST, in termini di sensibilità, mentre la specificità del QFT-IT sembra superiore a quella del TST, essendo minimamente influenzato dalla vaccinazione precedente di bacillo di Calmette-Guérin (BCG). Resta tuttavia ancora dibattuta la performance del QFT-IT nei bambini, in particolare per quelli sotto i 5 anni di età, e risultati falsi negativi dei test sono riportati in bambini piccoli e in quelli con forme più severe di TB attiva come la forma miliare o quella coinvolgente il sistema nervoso centrale (SNC). La raccomandazione della WHO è di utilizzare uno dei due test, in base all’organizzazione e alle disponibilità locali, senza nessuna distinzione tra TST e QFT-IT in qualsiasi età. Le linee guida (LG) della American Academy of Pediatrics (AAP) del 2018 preferiscono l’utilizzo del TST sotto i 2 anni. Le LG inglesi NICE del 2016 consigliano invece di usare il TST come test diagnostico iniziale per LTBI o sospetta TB attiva in tutti i casi pediatrici, e di riservare l’uso del QFT-IT solo nelle situazioni in cui il TST risulta non disponibile o impraticabile. Il presente studio si propone di valutare la sensibilità del QFTIT e del TST in una vasta popolazione pediatrica con TB attiva, considerando sia i casi probabili sia quelli microbiologicamente confermati, in relazione all’età e alla sede della malattia. Inoltre abbiamo cercato di individuare i fattori di rischio per risultati discordanti TST+/QFT-IT- in una vasta coorte di bambini indagati per sospetta infezione tubercolare. Infine, sulla base dei nostri risultati, abbiamo elaborato una proposta per un approccio diagnostico su misura per bambini con sospetta infezione tubercolare. Materiali e Metodi - Sono stati inclusi nello studio tutti i bambini (0-18 anni) afferenti presso il Servizio di malattie infettive pediatriche dell’AOU Meyer, Firenze, per sospetta TB nel periodo 2010-2017. Tutti i bambini sono stati sottoposti a valutazione clinica, TST e QFT-IT. È stata infine calcolata la sensibilità del QFT-IT e del TST nei casi di TB attiva e valutati i fattori di rischio associati a risultati discordanti TST+/QFT-IT-. Risultati - Sono stati arruolati 4631 bambini (477 sotto i due anni di età, 1318 tra 2-4 anni e 2836 tra i 5-18 anni) di cui 2099 (57,1%) maschi. In totale 205 sono stati i casi nei quali è stata posta diagnosi di TB attiva (83 confermati microbiologicamente, dei quali 63 con QFT-IT positivo e 60 con TST positivo). Considerando il sottogruppo dei bambini con TB attiva microbiologicamente confermata è stata osservata un’elevata sensibilità del QFT-IT (95,0%; 95% IC: 85,4-100; n = 19) nei bambini tra 2-4 anni di età e in quelli fra 5-18 anni (89,1%; 95%

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IC: 79,2-99,2; n = 33), mentre la sensibilità risultava ancora subottimale nei bambini di età inferiore ai due anni (84,6%; 95% IC: 65,0-100; n = 11). Fattori di rischio indipendenti per discordanza TST+/QFT-ITin bambini con TB latente (LTBI) sono risultati essere: una precedente vaccinazione con BCG (aOR: 2,18; 95% IC: 1,333,58; p = 0,002), età < 2 anni vs 5-18 anni (aOR: 7,54; 95% IC: 2,52-22,59; p < 0,0001), età 2-4 anni vs 5-18 anni (aOR: 4,63; 95% IC: 2,66-8,06; p < 0,0001) e essere stati testati per screening rispetto che per contatto con caso sospetto o confermato di TB (aOR: 3,58; 95% IC: 2,30-5,59; p < 0,0001). Complessivamente la sensibilità del TST è risultata del 90,1% (95% IC: 85,8-94,4), quella del QFT-IT del 85,3% (95% IC: 80,2-90,4) e ha raggiunto il 95,2% (95% IC: 92,1-98,5) usando entrambi i test (p = 0,063 vs TST e p = 0,016 vs QFTIT). Conclusioni - Dal nostro studio emerge una buona performance del QFT-IT nei bambini di età > 2 anni, suggerendo che questo test potrebbe essere utilizzato come singolo metodo im-

munologico di indagine, almeno nei bambini sottoposti a screening per immigrazione recente. In considerazione dell’elevata proporzione di risultati probabilmente da interpretare come falsi positivi di TST in questo sottogruppo, tale approccio permetterebbe di ridurre considerevolmente il numero di bambini sottoposti a trattamento farmacologico. Pertanto nella pratica clinica, anche se, allo stato delle conoscenze attuali, un bambino con TST positivo andrebbe ragionevolmente sempre trattato, nel nostro studio l’utilizzo del solo QFT-IT ha dimostrato una sufficiente sensibilità e specificità nei casi a basso rischio, confermando comunque l’uso di TST e QFT-IT nei casi ad alto rischio. Nel bambino di età < 2 anni o con forte sospetto di malattia (esposizione recente a fonte di contagio o presenza di sintomatologia suggestiva) l’impiego combinato dei due test è preferibile al fine di ottimizzare la sensibilità e ridurre la proporzione di falsi negativi. Abbiamo redatto una proposta per un approccio diagnostico personalizzato per età e motivo di indagine per i bambini con sospetta infezione tubercolare (disponibile on line).

Caso contributivo UN’OTORREA INFINITA Fabio Forte1, Domenico Cifarelli2, Petronilla Appio1, Maurizio Delvecchio1, Angela Derosa1, Carmela Di Lucca1, Tiziana Faillace1, Chiara Figliuolo1, Vincenza Targiani1, Riccardo Davanzo1 1 UOC di Pediatria e Neonatologia, 2UOC di Otorinolaringoiatria, Ospedale “Madonna delle Grazie”, Matera Indirizzo per corrispondenza: riccardo.davanzo@gmail.com

A CASE OF PERSISTENT EAR DRAINAGE

Key words Ear canal drainage, First arch anomalies, Suppurated cyst

Summary Branchial arch anomalies (sinuses, fistulae, cysts and condral remnants) represent one of the commonest paediatric neck malformations. The paper describes a case study of a 2-yearold girl who presented with a persistent left-sided ear drainage, unresponsive to antibiotic treatment. An ultimate careful inspection revealed the opening of a fistula into the ear canal. The thick purulent drainage leads to the correct interpretation of the magnetic resonance imaging: suppurated first branch cyst.

Caso clinico - Bambina di 2 anni di età che all’età di 18 mesi ha un primo episodio di otite media purulenta sinistra con otorrea persistente, senza febbre, trattata con amoxicillina e betametasone in un primo momento, e con cefixima successivamente, senza beneficio. Per il persistere dell’otorrea lo specialista otorinolaringoiatra (ORL) consiglia il ricovero nell’ospedale di zona dove viene sottoposta a terapia antibiotica endovena con ceftriaxone. L’otite migliora e dopo tre giorni viene dimessa con l’indicazione di terminare la terapia a casa per via intramuscolare. Sei mesi dopo la bambina ha una recidiva, sempre a sinistra, anche questa volta con otorrea persistente, e anche questa volta la piccola viene sottoposta a terapia antibiotica (ancora il ceftriaxone per via endovenosa). Il quadro clinico non migliora, l’otorrea persiste, viene modificata la terapia antibiotica. Come per il primo episodio non c’è febbre e gli indici di flogosi sono negativi. Durante il ricovero si evidenzia la com-

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Figura 1. Risonanza magnetica: formazione ovalare sinistra intra-parotidea con parete impregnata dal mezzo di contrasto.

parsa di una piccola tumefazione retro-auricolare dolente, sempre a sinistra, che all’ecografia viene interpretata inizialmente come linfonodo reattivo, ma che 2 giorni dopo mostra segni di iniziale colliquazione. A questo punto viene trasferita nel nostro reparto. All’ingresso l’esame obiettivo conferma la presenza di secrezione purulenta nel canale uditivo esterno (CUE) che non rende ben evidente la membrana timpanica (MT). Come dato accessorio si segnala la presenza di una fossetta pre-auricolare in corrispondenza dell’incisura intertragica (fra trago e antitrago), asciutta, non secernente. La risonanza magnetica evidenzia una formazione ovalare in sede retro-auricolare inferiore sinistra di 2,4 cm di diametro, nel contesto della ghiandola parotide, che presenta marcata e disomogenea impregnazione al mezzo di contrasto (Figura 1). A una più attenta rivalutazione si evidenzia un gemizio dal CUE è di una sostanza caseosa mista a pus il cui flusso aumenta quando si comprime la formazione, e origina da una fistola all’interno del CUE stesso. Il quadro clinico è finalmente chiarito: si tratta di una cisti malformativa congenita del primo arco branchiale suppurata, contigua alla ghiandola parotide e in comunicazione con il CUE omolaterale (Figura 2). La bimba viene sottoposta a exeresi chirurgica. L’intervento,

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CUE parotide

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n. facciale

n. facciale parotide

CB

Figura 2. Anomalie del primo arco branchiale di tipo 1 (a) e di tipo 2 (b). Nell’anomalia di tipo 1 l’apertura della cisti non si connette con il CUE, nell’anomalia di tipo 2 sì. CUE: condotto uditivo esterno, CB: cisti branchiale.

che appare delicato per la stretta contiguità fra la cisti, la ghiandola parotide e il nervo facciale, ha un esito positivo e definitivo. Il dato istologico riporta: “sezione di cute e di tessuto sottocutaneo contenenti formazione cistica disontogenetica con rivestimento epidermale, annessi cutanei e cartilagine; quadro compatibile con la diagnosi di cisti del primo arco branchiale”. Discussione - Le anomalie della prima fessura sono rare e costituiscono l’1% di tutte le anomalie branchiali; possono coinvolgere il CUE e, occasionalmente, l’orecchio medio. Sono tipici i loro stretti rapporti con il lobo superficiale della parotide

e con il nervo facciale rispetto al quale possono decorrere superficialmente, in profondità oppure attraverso le branche di divisione del nervo stesso. Secondo Work le anomalie del primo arco branchiale si distinguono in due tipi; nel tipo 1 la cisti non si apre nel CUE, mentre nel tipo 2 la cisti si apre nel CUE ed è localizzata più profondamente in stretto rapporto con la ghiandola parotide. Le fossette pre-auricolari (come quella della nostra paziente) non sono di origine propriamente branchiale, ma derivano da un anormale intrappolamento dell’epitelio durante lo sviluppo del padiglione auricolare. Il caso descritto rientra fra le anomalie del primo arco branchiale di tipo 2, cioè tra quelle meno frequenti, e ci porta a fare una serie di considerazioni: a) In presenza di un’otorrea persistente e recidivante l’intervento più corretto sempre, ma a maggior ragione dopo il primo episodio, è di fare il possibile per visualizzare le condizioni della MT e in presenza di una MT intatta analizzare altre possibili opzioni diagnostiche; se si fosse fatto così sarebbero stati evitati trattamenti antibiotici ripetuti e aggressivi. b) È stata fatta una diagnosi radiologica di “ascesso parotideo” in assenza di una clinica corrispondente suggestiva di sialo-adenite batterica con evoluzione ascessuale: febbre, dolore, ma soprattutto fuoriuscita del materiale purulento dal dotto di Stenone e non già nel CUE. Il nostro caso ci sembra istruttivo perché, come spesso accade nella nostra professione, un problema lo individui rapidamente e lo risolvi… solo se lo conosci. La versione full text degli articoli è disponibile online.

Le pagine elettroniche (pagine verdi) riportano la sintesi di alcuni dei contributi che compaiono per esteso sul sito web della rivista (www.medicoebambino.com). Il sommario delle pagine elettroniche è riportato a pag. 141. La Ricerca di questo mese riporta gli importanti risultati che riguardano la performance del QuantiFERON-TB Gold In-Tube (QFT-IT) nel bambino, questione che è ancora oggetto di dibattito, soprattutto per quanto riguarda la fascia di età al di sotto dei 5 anni. Nel primo dei Casi contributivi si parla ancora di tubercolosi nella descrizione di un caso, di difficile diagnosi, con interessamento intestinale. Nel secondo si affronta un’otorrea persistente e recidivante causata da una cisti malformativa congenita del primo arco branchiale. Il primo dei Casi indimenticabili ci ricorda che di fronte a un quadro di atassia acuta bisogna pensare anche a una intossicazione accidentale (spesso misconosciuta, come in questo caso da benzodiazepine). Il secondo affronta il percorso seguito per arrivare alla diagnosi di una vasculite severa, la panarterite nodosa. Nel terzo si parla ancora di tubercolosi, questa volta ostearticolare. Poster degli specializzandi: una sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser, nota anche come agenesia mülleriana, la seconda causa più comune di amenorrea primaria; un caso di otite molto dolorosa, associata a segni clinici di una neuropatia dei nervi cranici, dovuta al virus varicella zoster; le problematiche dell’intestino corto con una possibile complicanza associata; un’epatite autoimmune sieronegativa (con associata citopenia all’emocromo), entità relativamente nuova nell’universo dei disordini autoimmuni del fegato nel bambino.

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a cura di Irene Berti

Bambino di 13 mesi. Presenta da diverse settimane una dermatite in zona pannolino caratterizzata da chiazze eritematose ma soprattutto da elementi papulari rilevati, con aspetto ombelicato “a cratere”. Le lesioni sono state trattate dapprima con pomata antimicotica e successivamente con un’associazione topica di corticosteroide e antibiotico.

Figura 1. Piccole ulcerazioni del prepuzio.

QUALE DIAGNOSI? a. Malattia mani-piedi-bocca

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b. Napkin psoriasis c. Dermatite da pannolino “classica” d. Dermatite erosiva di Sevestre e Jacquet e. Scabbia

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Figura 2. Elementi erosivi e papulari ombelicati sullo scroto.

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D ermo qu? z Risposta: D. DERMATITE EROSIVA DI SEVESTRE E JACQUET L’aspetto, caratterizzato da lesioni papulari escoriate “ombelicate” ed erosive, associato alla comparsa in un bambino abbastanza grande, fanno pensare alla dermatite erosiva di Sevestre e Jacquet (Figura 3). Si tratta di un quadro un tempo molto frequente, perché legato all’uso dei pannolini lavabili e quasi completamente sparito dopo la sostituzione di questi con i pannolini usa e getta. Negli ultimi anni, per moti-

vi ecologici, è tornata un po’ in voga l’abitudine di usare pannolini lavabili e con essa è ripresa l’osservazione di questi casi (ne è già stato descritto uno su questa rubrica alcuni anni fa: 2017;36(8):534). Tipicamente non sono neonati o lattanti dei primi mesi di vita, ma si tratta di bambini di almeno 6-8 mesi. Il quadro dipende dal più prolungato contatto della cute con l’umidità derivante dalla presenza di urina e feci e dalla persistenza sul tessuto dei residui del detersivo con cui vengono lavati i pannolini lavabili. Gli usa e getta hanno infatti un potere assorbente maggiore e in media vengono cambiati più spesso, proprio perché si buttano e non è necessario lavarli. In questo caso, alla precisa domanda, i genitori hanno risposto che utilizzava-

no i pannolini lavabili, confermando il sospetto diagnostico. La malattia mani piedi bocca, sostenuta da coxsackievirus, come ben sappiamo può interessare il podice, anche se è difficile che quella sia l’unica sede coinvolta. Le lesioni sono papulo/vescicole, spesso c’è un fondo eritematoso e può esserci spellamento (Figura 4). La napkin psoriasis si presenta con un intenso eritema a limiti netti, che interessa anche le pieghe, a volte accompagnato da minima desquamazione. E' caratteristica del bambino piccolo e da alcuni è inserita nel ventaglio delle manifestazioni cliniche della psoriasi (Figura 5). In realtà, seppur taluni elementi riportino questa entità alla psoriasi (ad

Figura 3. Altro esempio di dermatite provocata dall’uso di pannolini lavabili.

Figura 4. Malattia mani-piedi-bocca.

Figura 5. Napkin psoriasis, con intenso eritema limiti netti e interessamento delle pieghe.

Figura 6. Interessamento dell’ombelico nello stesso lattante della Figura 5 (3 mesi).

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Figura 7. Dermatite da pannolino “classica”.

Figura 8. Neonato di poche settimane, con dermatite da pannolino con forma erosiva.

es. la maggior prevalenza nei bambini con familiarità per psoriasi), si tratta di un quadro la cui natura è discussa. Spesso si osservano lesioni satelliti, interessamento dell’ombelico (Figura 6) o del cuoio capelluto e del solco retroauricolare, che rafforzano il sospetto.

Figura 9. Noduli di scabbia in area inguinale e scrotale in un lattante.

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Sulla dermatite da pannolino “classica” non credo sia necessario soffermarsi a lungo, se non per sottolineare alcuni aspetti, forse banali, che però potrebbero non essere scontati. È una manifestazione irritativa-infiammatoria determinata dal contatto cutaneo con feci e urina in condizioni di occlusione. Non si tratta quindi di una forma allergica o di una dermatite da contatto. Spesso si sovrappone una candidiasi. Riguarda anche le aree convesse, maggiormente a contatto con il pannolino, non solo le pieghe (Figura 7). È di solito precoce, può comparire già nel neonato, dove si possono osservare forme erosive (Figura 8), soprattutto ne-

gli allattati al seno, che spesso scaricano numerosissime volte al giorno. Anni fa Riccardo Davanzo, grande esperto di allattamento, mi aveva insegnato un trucco, che poi a posteriori mi è sembrato davvero utile, ovvero consigliare alle mamme di allattare a ogni poppata solo da un seno, in modo tale da far sì che il lattante non assuma solo la parte più liquida e zuccherina di latte materno che accelera il transito intestinale, ma anche la parte più densa e ricca di grassi di fine poppata, in modo da rallentare lo svuotamento dell’intestino e ridurre la frequenza delle scariche. Non costa nulla provare. Infine la scabbia, altra patologia molto meno rara di quanto si pensi, in cui l’interessamento genitale a tutte le età è comune ed è caratterizzato da noduli molto pruriginosi (Figura 9), nel contesto di una dermatite diffusa con inteso prurito e spesso di un nucleo familiare in cui altre persone si grattano.

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Domande &

a cura di Giorgio Longo

Risposte

Le domande vanno inviate alla redazione preferibilmente via mail (e-mail: domanderisposte@medicoebambino.com) oppure per posta (via Santa Caterina, 3 - 34122 Trieste). Delle risposte è responsabile il Comitato Editoriale di Medico e Bambino, che si avvale del contributo di esperti per ogni singola disciplina pediatrica. Le domande di maggior interesse generale potranno essere pubblicate nella rubrica “Domande e Risposte”. Per questo, è opportuno che il mittente segnali anche la città in cui lavora e la qualifica e/o il tipo di attività svolta. Se, al contrario, non si desidera che il proprio nome venga indicato in calce al quesito posto, è sufficiente specificarlo.

Esofagite eosinofila, inibitori di pompa protonica Chiedo un parere relativamente a un mio paziente maschio di 8 anni con storia di rinocongiuntivite allergica, prick-positività per acaro, graminacee, olivo, negativo per alimenti, che da settembre lamenta epigastralgia e pirosi retrosternale. Esami ematochimici nella norma: no eosinofilia, aumento delle IgE totali. Inviato al Centro di Gastroenterologia dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma, è stato sottoposto a esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS) che ha evidenziato mediante biopsia una esofagite eosinofila. È stato prescritto trattamento con lansoprazolo per 3 mesi e ripetizione di nuova EGDS alla fine della terapia. Essendo una fedele frequentatrice dei vostri congressi, sapevo che il gold standard sarebbe fluticasone puff ingerito. Non è più questa la prima scelta? dott.ssa Federica Dalmastri Pediatra di famiglia, Genzano di Roma

In effetti i colleghi del “Bambino Gesù” hanno ragione. Le nuove linee guida dell’esofagite eosinofila (EE) stabiliscono come primo step terapeutico l’utilizzo dell’inibitore di pompa protonica (PPI) come terapia iniziale. Esiste infatti una forma di EE, che viene detta PPI-REE (Proton Pump Inhibitor-Responsive Esophageal Eosinophilia), che è considerata una condizione parzialmente distinta dalla classica EE. In una recente revisione sistematica e metanalisi è stata riportata una remissione clinica e istologica dopo trattamento con PPI dei pazienti nel 61% e nel 50% rispettivamente, con un beneficio simile in bambini e adulti (Lucendo AJ, et al. Clin Gastroenterol Hepatol 2016;14(1):13-22). I meccanismi attraverso cui i PPI agiscono in questo gruppo di pazienti non sono ben chiari, ma correlabili a un’azione antinfiammatoria e anti-eosinofila a livello esofageo. Le nuove linee guida raccomandano, in

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modo standardizzato, un ciclo di 8-12 settimane con PPI in caso di EE con successivo controllo endoscopico per identificare e trattare, o escludere, la presenza di una PPI-REE. L’utilizzo del PPI permette perciò di identificare questi casi e di risparmiare i cortisonici topici (la sintomatologia di epigastralgia e di pirosi potrebbe suggerire questa tipologia di EE). Ovviamente in caso di mancata risposta si dovrà passare ai trattamenti più “classici” dell’EE utilizzando gli usuali cortisonici di superficie. Comunque sia l’attesa non pregiudica nulla, anche perché l’EE non è condizione così grave da non consentire un ritardo del trattamento.

Pubarca ritardato Ragazza di 12 anni, sempre stata bene, crescita regolare. Circa 18 mesi fa comparsa di telarca. Ora sviluppo puberale B3 Ph1. Il ritardo della comparsa della peluria pubica, completamente assente, è ancora da considerare nelle norma? dott. Stefano Pirovano Pediatra libero professionista, Melegnano (Milano)

Anche se il pubarca è strettamente associato, come tempistiche, alla pubertà vera e propria, rappresenta un evento indipendente dalle gonadi, dipendente invece dalle ghiandole surrenali. A conferma di questo ci sono alcuni esempi in cui pubarca e pubertà possono essere uno normale e l’altra patologica e viceversa: nella sindrome di Turner, per esempio, una ragazza ha un pubarca regolare (per normale funzionalità surrenalica) mentre la pubertà può non partire (per alterata funzionalità gonadica); al contrario una ragazza con morbo di Addison può avere una pubertà normale (perché le ovaie funzionano regolarmente), mentre il pubarca può essere alterato (per la patologia surrenalica). Per questo è importante non considerare, né nella femmina né nel maschio,

l’avvio della pubertà quando compare il pubarca. La tempistica normale di comparsa del pubarca nelle femmine è tra gli 8 e i 14 anni (con una media tra 10,5 e 10,9 per le ragazze caucasiche), per cui se è definito pubarca precoce quello che compare prima degli 8 anni, quello tardivo deve essere indicato dopo i 14 anni (pertanto il caso specifico non può essere considerato un pubarca tardivo). Inoltre una dissociazione pubarca-pubertà sia nel maschio che nella femmina non è infrequente e deve essere considerato una variante normale dello sviluppo1,2. Tuttavia se la dissociazione pubarca-pubertà si verifica in pazienti con altre caratteristiche (disidratazione, ipotensione, ipoglicemie, iperpigmentazione) o con patologie autoimmuni associate (tiroidite, celiachia) è necessario escludere un’insufficienza surrenalica3. Infine, per completezza, sebbene molto rara (1/20.000-1/100.000), se la ragazza avesse anche un’amenorrea primaria bisognerebbe escludere una sindrome da insensibilità completa agli androgeni (cosiddetta sindrome di Morris o delle belle donne): si tratta di individui genotipicamente maschi (46,XY) con fenotipo completamente femminile e assenza o quasi di peluria pubica e ascellare dovuta appunto all’insensibilità agli ormoni maschili. Per escludere questa condizione basta un’ecografia pelvica (se non vengono visualizzati utero e annessi è necessario l’invio a valutazione specialistica). Bibliografia 1. Marshall WA, Tanner JM. Variations in the pattern of pubertal changes in girls. Arch Dis Child 1969;44:291. 2. Marshall WA, Tanner JM. Variations in the pattern of pubertal changes in boys. Arch Dis Child 1970;45:13. 3. Hochberg Z. Delayed pubarche in adolescents with adrenal insufficiency. Clin Pediatr 1980;19:827.

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SPECCHIO

IL CAMPANILE DI CODOGNO

GIULIO MACCACARO Epidemiologo e biostatista, Codogno (Lodi) (1924-1977)

A forza di sentire parlare di Codogno ci è venuto in mente Giulio Maccacaro, grandissimo epidemiologo e biostatista, che a Codogno era nato e cresciuto e che di Codogno si sentiva fiero cittadino. Maccacaro fu la voce più autorevole e brillante di quella che, negli anni ’70, chiamavamo Medicina democratica. E per questo fu punto di riferimento per tanti studenti e giovani medici di allora, motivati dal desiderio di dare maggiore compiutezza e maggiore significato sociale al proprio lavoro. Maccacaro fu amico di Franco Panizon e, per noi pediatri triestini che lo seguivamo a distanza, fu soprattutto l’ideatore e il curatore della collana Medicina e Potere (Feltrinelli), fu fondatore e direttore della rivista Epidemiologia e Prevenzione, fu tenace sostenitore (ed esempio praticante) di una scienza giusta, attenta ai problemi reali delle persone: una scienza quindi per forza di cose di parte e non egoistica e abusante come quella che altri definivano, ipocritamente, la scienza neutrale. Tra tante altre cose che ha fatto, Giulio Maccacaro ha anche scritto un breve racconto. Ed è proprio questo racconto, intitolato “Il campanile di Codogno”, che adesso più che mai ci sembra bello e opportuno riproporre ai lettori di Medico e Bambino. Si tratta di un discorso-racconto (già pubblicato sulla nostra rivista nel 1997 per ricordare Giulio Maccacaro a vent’anni dalla sua morte) che Maccacaro tenne ai cittadini di Codogno quando, nel 1975, fu da questi insignito del titolo di “Codognese benemerito”. È un pezzo breve e intenso, che trasmette con semplicità valori assoluti. Ma che offre oggi, nel contesto dell’italica risposta al coronavirus, una possibilità di rilettura attualizzata e non priva di qualche sorriso. Con Codogno e il suo campanile al centro del mondo, con il treno che arriva a Codogno e fa scoprire che c’è un altro mondo attorno, con un cittadino di Codogno che dopo aver scoperto e girato il mondo (Maccacaro stesso)… ritorna a Codogno per ritrovare e condividere va-

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on avevo più che cinque anni quando, per la prima volta, vidi un uomo in cima al campanile. Poteva essere un fabbro campanaro, ma io non sapevo nemmeno il significato di queste e altre parole. Io credevo che le torri delle chiese crescessero sulla terra come alberi di pietra affinché gli angeli vi appendano le campane. Così la presenza improvvisa di un uomo mi lasciò a bocca aperta. Ma presto scomparve dalla vista e io corsi a chie-

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lori umani assoluti e irrinunciabili come l’amicizia, la solidarietà, l’affetto. Riproporre questa lettura è per noi di Medico e Bambino anche un modo per far sentire la nostra vicinanza, simpatia e solidarietà ai colleghi dell’ospedale di Codogno e a tutti i Codognesi in primo luogo. Ma anche a tutti i medici e i pediatri che in questo momento reggono di fatto sulle loro spalle tanta parte dell’emergenza del Paese. Terrificante, catastrofico e surreale che sia tutto quello che sta accadendo. Medico e Bambino derne a mia madre: le chiesi cosa quell’uomo avesse mai fatto e veduto e mia madre rispose di aver saputo che quell’uomo aveva guardato da ogni parte e aveva visto che il mondo è, tutt’in giro, perfettamente rotondo e che ciò prova, oltre ogni dubbio, come di questo mondo Codogno sia l’esattissimo centro. Tale risposta mi parve subito assolutamente chiara e convincente, come tutte quelle che la mamma,

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anche maestra, dava alle mie domande. Perciò desiderai moltissimo essere quell’uomo per andare sul campanile e dal centro del mondo vederne la rotondità più che perfetta. Ma la mamma disse che non si poteva, neanche pensarci, senza il permesso del Prevosto e che questo permesso, se proprio lo volevo, avrei dovuto chiederlo io stesso. A quel tempo il Prevosto era monsignor Grossi: un anziano sacerdote, di pingue forma e candidissimi capelli, che ispirava grande soggezione. Almeno a me, quando lo vedevo passare per la processione del Corpus Domini con i paramenti, l’ostensorio, il baldacchino, la banda, l’incenso e tutto il resto. Ma anche quando, di rado, attraversava la piazza, in mezzo alla gente, un po’ curvo in avanti, con una mano dietro la schiena a sostenere una mantella nera tutta foderata di rosso. Rossi o cremisi erano pure il gran fiocco del cappello e le calze che si vedevano nelle scarpe, a fibbia, di vernice: a me queste calze cremisi facevano una grandissima impressione, ancora più del fiocco e del mantello. Monsignor Grossi veniva a scuola, una volta all’anno, a interrogarci in religione e la maestra ne era più agitata di noi. Insomma, era un personaggio questo prevosto che soleva dire «Agitur de centesimo, ergo de re gravi» ed io non ebbi mai il coraggio di chiedergli il permesso di andare in cima al campanile. E quando ce ne fu un altro ormai ero un altro anch’io. Comunque non dubitai minimamente, per tutti gli anni della mia ostinata innocenza, che il mondo fosse rotondo e che Codogno stesse propriamente nel suo centro. Anzi, mi ero fatto l’idea che la nostra circonvallazione contenesse se non proprio tutto il mondo, certamente la sua parte più importante e con essa tutti gli uomini e le cose che contano. Un giorno di quell’inverno in cui imparai a leggere andavamo - la mamma, una pentola di rame e io - verso un calderaio che aveva bottega e officina agli inizi della strada per Mulazzana. Da quella parte di Codogno c’era allora non so se una segheria o una legneria di tale Marconi ed io quel giorno fui capace per la prima volta di leggerne il nome dipinto a grandi lettere sul muro: così chiesi a mia mamma di accompagnarmi dentro a vedere la radio. Ma la mamma sorrise e continuò a camminare con me e con la pentola di rame mentre io continuavo a credere che anche l’inventore del telegrafo senza fili appartenesse a questo nostro mondo dai confini un po’ misteriosi come sono, appunto, i confini di un universo. Là verso Oriente, sul viale che conduce dal vecchio ospedale, al cimitero, alla cripta sotterranea della Madonna, sentivo il mistero della malattia e della morte, di questa vita e di un’altra. Al cimitero mi accompagnavo spesso per vedere, nelle fotografie tombali di ceramica, il volto dei nonni che non avevo conosciuto. E, per questo verso, mi sembrava il cimitero un altro rione del paese, abitato dal silenzio e dall’affetto. Ma, per un altro, lo sentivo come luogo di eventi strani e tenebrosi, tra i quali un bambino non potesse avventurarsi da solo. La sua cinta e il suo ingresso erano molto diversi allora, prima che fossero rifatti come oggi sono, in stile littorio: c’era un piccolo portico davanti al cancello di ferro, con due sedili di pietra e con una finestrina dalle due parti.

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SPECCHIO

Avevo sentito dire che i briganti vi si davano appuntamento di notte per spartire la refurtiva: una volta accadde che uno di loro vi rimanesse in attesa, nel buio, di altri due che erano andati a rubare un maiale. Ma quella notte, presso la stazione, fu trovano uno straniero, morto misteriosamente. Così i becchini, chiamati notte tempo, ne caricarono il cadavere su una barella e questa su una carriola per portarlo al cimitero. Colui che attendeva sentì avvicinarsi nel buio un cigolìo e pensando si trattasse dei suoi compagni di ritorno con il maiale gridò: «È grasso o è magro?». I due becchini credettero di aver capito male e si avvicinarono ancora un po’ al cimitero, con il morto sulla carriola, finché l’altro, convinto ed impaziente gridò: «È grasso o è magro?». Allora si presero un grandissimo spavento, per quello che parve loro certissimamente un diavolo in attesa, esclamarono «Grasso o magro, tienilo com’è» e - abbandonato il morto, la barella e la carriola - se la diedero a gambe nella notte, verso le loro case. Storie come queste hanno popolato la mia infanzia che appena si affacciava su quel confine misterioso, tra l’ospedale vecchio, il cimitero e la cripta della Madonna, sul viale, della circonvallazione, là verso Oriente. A Occidente, invece, stava il confine della ricchezza - per me misteriosa quanto la morte - sull’altro viale che scorre lungo le ville Polenghi, Biancardi e Gandolfi fino alla passerella della stazione. Io non ho mai varcato la soglia di quelle ville ma ne ho scrutato i giardini e immaginato gli interni guadando dalla strada tra le inferriate di cinta. Sapevo che vi abitavano più domestici che padroni, che c’erano più stanze che persone, più giochi che bambini: ne conoscevo qualcuno a scuola, ma non erano così buoni e bravi come io immaginavo dovesse essere per chi esserlo sembrava così facile. Con tutto ciò il mio interesse maggiore era la pas-

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OLTRE

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serella che, di fianco alla stazione, passava sopra i binari dei treni. Ci andavo molto spesso, ancora più che al cimitero e alla cripta della Madonna: era il confine della fantasia. Guardavo naturalmente il passaggio dei treni, le manovre delle locomotive, le facce dei fuochisti: tutto mi sembrava meraviglioso e quando, da sotto, una grande nuvola di vapore bianco ci avvolgeva completamente, ero completamente felice. Poi un giorno mi spiegarono che ci sono dei treni che non si fermano mai alla stazione di Codogno, treni che vengono di lontano e vanno molto lontano e mi spiegarono che su questi treni ci sono anche dei posti dove si dorme sdraiati come in un letto ed altri posti dove si mangia intorno a dei tavoli imbanditi come a Natale. Scesi dalla passerella, entrai in stazione e ne guardai passare uno e poi, in seguito, molti altri, cercando di scrutare attraverso i fuggevoli finestrini gli oggetti, le persone e i volti di tanto mistero. Finché un giorno mi passò davanti agli occhi - mentre il treno riprendeva corsa dopo aver appena rallentato - il volto di un bambino come me con il naso schiacciato contro il vetro. Così fu che per la prima volta sentii l’esistenza di un altro mondo che veniva da altrove per andare chissà dove scorrendo senza fermarsi vicino al mio mondo, come se questo non esistesse. Fu la prima inquietudine: più tardi cominciai a sentire che la circonvallazione mi stava stretta. E così, non appena fu tempo, presi il treno anch’io e poi la nave e poi l’aereo e me ne andai un po’ qua e un po’ là per la Terra. Da allora sono passati tanti anni, il tratto maggiore di una vita immeritevole e fortunata. Ho visto le due sponde dell’Atlantico ed anche quelle del Pacifico, ho sorvolato le Ande e l’Himalaja, ho camminato per Nuova York e Nuova Delhi, sono stato ospite del Cile e della Cina, ho dormito con i feddayn del Golan e ho mangiato con i contadini dello Shantung, ho trovato amici tra i minatori e i premi Nobel, ho conosciuto gli uomini più diversi. Per tutto questo e per molto altro io ringrazio la buona sorte, l’amore di chi mi ha cresciuto, la generosità di chi mi ha aiutato. Io ringrazio la vita che mi ha coinvolto in tante cose e me ne ha sempre proposte di nuove. È bello camminare, andarsene con la vita: sembra che porti lontano e che più lontano ci sia ancora e sempre qualcosa. Ma è bello anche tornare: quando ci si accorge che la speranza contiene il germe della disperazione, che il nuovo è fatto di antico, che le grandi cose sono quelle che sembravano piccole: i valori profondi, gli affetti veri, le verità prime.

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SPECCHIO Allora uno di sente improvvisamente trasalire: si chiede con sconosciuto sgomento: «Ma dove sono arrivato? Dove sto andando? Sono stato così cieco da non vedere che là dove sono le mie radici, tra la gente della mia terra, era già tutto quello che andavo cercando, erano le cose che contano, il bene che vale?». Perché in fondo il viaggio più meraviglioso non è quello intorno al mondo, ma quello intorno all’uomo - così sempre nuovo e diverso, con tutta la sua grandezza e la sua miseria, con l’universo del suo amore e del suo dolore. E questo universo è dovunque, in ciascuno: nel nuovo bambino che ci ha raggiunto quest’oggi, nel vecchio che da oggi non è più. È qui e là; altrove e in questo dove. Basta saperlo riconoscere, andargli incontro con lo sguardo pulito per leggere la sua storia che è ogni volta la storia di tutte le storie. Allora mi son sentito, a un certo punto, soprattutto in questa età ormai cinquantenne, disperso e remoto alle mie radici. Mi son chiesto: «La mia gente mi riconosce ancora come uno dei loro?». Ne ho dubitato ed ho sofferto per questo dubbio. Ma anche se inattesa è giunta questa festa e questa vostra generosità a dirmi che sono, come avete voluto, un Codognese benemerito. Ora io so di non essere benemerito di nulla e che solo la vostra bontà mi può attribuire ciò cui non ho alcun titolo. Ma tengo moltissimo a che mi riteniate sempre e soprattutto uno di voi, uno che può condividere un po’ della vostra festa. Per questo sono qui con molta commozione e un desiderio. Io qui poserò, dopo tanta inquietudine, con il mio piccolo sogno durato una vita. Io spero che chi ne ha facoltà mi concederà prima o poi di salire su quel campanile cui ho guardato tante volte che non saprei più contare. Andrò fin sulla cima e mi guarderò in giro: ci andremo insieme se verrete con me, come io spero, ed insieme vedremo ciò che la mamma, che fu anche maestra a voi, mi aveva insegnato allora perché lo capissi oggi: che tutt’in giro il mondo è perfettamente rotondo e che Codogno sta al centro, come le cose essenziali, semplici e vere sono al centro della vita».

Discorso pronunciato il 2 febbraio 1975 presso la Fondazione Limberti, in Codogno, durante la cerimonia per la consegna del premio “Codognese benemerito”, Codogno 1977 (ed. f.c. a cura della Associazione Pro Loco Codogno); rist. in Per una medicina..., op. cit., pp. 483-491.

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8.23

VENERDÌ 15 MAGGIO

Benvenuto e presentazione dell’evento

I SESSIONE Moderano F. Marchetti, S. Martelossi 8.30 Tre presentazioni giovani FUORI ECM 9.00 I mille volti delle malattie: tre messaggi attraverso tre casi (prima parte) • Psicosi e… dintorni B. Vitiello (15+7) • Craniostenosi L. Genitori (15+7) • Manifestazioni cutanee delle malattie sistemiche I. Berti (15+7) • Malattie Autoinfiammatorie M. Gattorno (15+7) 10.40 Intendiamoci sulle parole (e sulle sigle) •Nutrizione... e non solo. Ovvero: ARFID (disinteresse e rifiuto assoluto del cibo) S. Martelossi (20+5) 11.05 Coffe break II SESSIONE Modera I. Berti 11.25 L’articolo dell’anno letto dall’Autore (15+5) Ma quanto è difficile denunciare un abuso! A. Aprile 11.45 La Pagina gialla A. Ventura (23+7) 12.15 Intendiamoci sulle parole • Stroke e dintorni. Ovvero: quando ai bambini viene un colpo G. Cozzi (23+7) 12.45 Tutti i poster… minuto per minuto FUORI ECM 13.10 Si mangia, ma chi vuole continua a sentire i giovani

SABATO 16 MAGGIO V SESSIONE Modera A. Ventura, G. Maggiore 7.35 Tutti i poster… minuto per minuto, ultimo giro FUORI ECM 8.30 La voce della Marca (sei casi per sei pediatri) (3+2) • Un bambino che fa le linguacce S. De Lazzari • Una bambina dissecata C. Po • Qui gatta ci cova P. Lorenzetto • Una calprotectina tra luna e stelle M. Rizzato • “Matrioskovic” M. Minute • Una bambina che fa… l’occhiolino S. Rizza 9.10 Hai visto mai? Dieci minuti di tutta pratica (e cinque di discussione) sulla distrofia muscolare spinale (SMA) I. Bruno (10+5) 9.25 Diseguali fin da piccoli: due voci per un messaggio Risultati dal progetto/indagine Save the Children G. Tamburlini, A. Saulini (20+15+10) 10.15 Coffee break VI SESSIONE Modera G. Longo 10.35 Dalla pratica alla pratica. Ovvero: luci e ombre delle linee guida (dalla nefrourologia, alla gastroenterologia, alla reumatologia, all’asma) • IVU G. Montini (15+5) • Kawasaki A. Taddio (15+5) • Celiachia R. Auricchio (15+5) • Asma G. Longo (15+5) 12.00 I mille volti delle malattie: tre messaggi attraverso tre casi (seconda parte) • Malattie mitocondriali M. Donati (15+7) • Dolore addominale… non solo addome E. Barbi (15+5) 12.45 Premiazione Giovani 12.50 Gran Finale Quando si dice bambini… buoni e cattivi A. Albizzati

III SESSIONE Moderano G. Longo, I. Berti 14.15 Tre presentazioni giovani FUORI ECM 14.45 Usare bene i farmaci (gastroenterologia, pneumologia e… genetica) • Cortisonici inalatori E. Benelli (15+5) • Anti-vomito F. Marchetti (15+5) • PPI e antiacidi G. Di Leo (15+5) • I farmaci… in mano al genetista A. Selicorni (15+5) 16.10 Intendiamoci sulle parole 13.30 Fine lavori Stanchezza. Ovvero: approccio pratico al bambino “sempre stanco” G. Gortani (23+7) Al Congresso saranno assegnati 3,3 crediti formativi ECM 16.40 Coffee break IV SESSIONE Modera E. Barbi 17.10 Le parole che non si devono dire (e quelle che vanno dette) • Quando c’è di mezzo un tumore A. Biondi (23+7) • In Pronto Soccorso F. Poropat (23+7) • Davanti al bambino con disturbo somatico (e alla sua famiglia) F. Marchetti (23+7) 18.45 Fine dei lavori della giornata e-mail: giornatemb@quickline.it

COMITATO SCIENTIFICO Stefano Martelossi, Sebastiano Rizza, Federico Marchetti, Egidio Barbi, Irene Berti, Irene Bruno, Giorgio Longo, Giorgio Tamburlini, Alessandro Ventura PROVIDER E SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Quickline s.a.s. via S. Caterina da Siena, 3 - 34122 Trieste Tel. 040 773737 - Fax 040 7606590 - Cell. 335 7773507

• Iscrizioni on-line: www.quickline.it


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LE NUOVE GIORNATE PERUGINE DI PEDIATRIA 18-19 Settembre 2020

Hotel Giò • Perugia Centro Congressi

Venerdì 18 settembre Modera A. Ventura FUORI ECM

15.00 Perugia Giovani Tre presentazioni per cominciare

17.10 Gastroenterologia, Nutrizione pediatrica e dintorni: Primo atto: un dubbio M. Bramuzzo (5+5) 17.25 Tè e pasticcini

15.15 Highlights in Reumatologia pediatrica: ovvero flogosi e dolore in Pediatria A. Taddio (25+10)

17.45 15.50 Pediatria sul campo attraverso i casi • Il caso della dott.ssa L. Sebastiani (3+3) • Il caso della dott.ssa M. Innocente (3+3)

Gruppi di Lavoro

• Flogosi e dolore in pediatria: cosa deve sapere e saper fare un pediatra, caso per caso A. Taddio • Pneumologia pediatrica facile e difficile, caso per caso. Dalla polmonite in poi… M. Maschio • Radiologia pediatrica e Pediatria attraverso “i raggi X”: impariamo dai casi, quiz dopo quiz C. Granata, E. Barbi

16.10 Radiologia: 10 immagini che il pediatra deve conoscere C. Granata (20+10) 16.40 Ma che fine ha fatto la Minimal Brain Dysfunction? Cosa deve sapere il pediatra S. Vicari (20+10)

19.00 Chiusura dei lavori della giornata

SABATO 19 settembre Modera E. Barbi

Modera M. Fontana 9.00 Perugia Giovani Cinque presentazioni per cominciare

FUORI ECM

9.20 Bronchite eosinofila: avete sentito mai? G. Longo (20+10)

14.15 Perugia Giovani Cinque presentazioni per cominciare

FUORI ECM

14.30 Gastroenterologia, Nutrizione pediatrica e dintorni: dalla pratica alla pratica. Terzo atto: un ribaltone M. Bramuzzo (5+5)

9.50 Pediatria sul campo attraverso i casi • Il caso della dott.ssa D. Mariani (3+3) • Il caso del dott. S. Castelli (3+3)

14.40 Il disturbo somatico visto dal pediatra G. Cozzi (25+10)

10.05 Trapianto di fegato 2020: c’è qualcosa che il pediatra non può non sapere? G. Maggiore (20+5)

15.15 Pediatria sul campo attraverso i casi • Il caso del dott. L. Basile (3+3) • Il caso del dott. F. Fusco (3+3)

10.30 Solo un chirurgo può dire di... non operare. Ovvero: tre messaggi di un chirurgo saggio ai pediatri J. Schleef (20+10) 11.00 Ahi che botta! Ovvero: bandierine rosse nel bambino con trauma E. Barbi (20+10)

15.30 Vi ricordate della fibrosi cistica? Ovvero: fatti e misfatti 2020 M. Maschio (20+10)

11.30 Gastroenterologia, Nutrizione pediatrica e dintorni: dalla pratica alla pratica. Secondo atto: una certezza M. Bramuzzo (5+5)

16.00 Ma quanto è difficile chiamare i Carabinieri! Ovvero: il pediatra dalla scena del crimine in poi. Primo tempo: una storia e qualche domanda G. Ventura (10) Secondo tempo: cosa può e deve fare un pediatra e… un carabiniere L. Garofano (20+30 di discusione)

11.40 Coffee break

17.00 Tè e pasticcini

12.00

17.15 Ispirandosi a un anno di Pediatria e NPI e… a Giacomo Leopardi: dialogo tra un islandese (un pediatra) e la natura (un NPI). Ovvero: prove di analisi di realtà senza veli A. Ventura, A. Albizzati

Gruppi di Lavoro

• Asma, allergia e dintorni G. Longo • Cosa deve sapere il pediatra delle urgenze. Caso per caso E. Barbi • A tu per tu col chirurgo: c’è qualcosa che volete sapere? J. Schleef

18.15 Chiusura dei lavori 13.00 Lunch

Quickline s.a.s.

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XXXIII CONFRONTI IN PEDIATRIA

Confronti

Trieste, 11-12 dicembre 2020

venti venti il cammino della Pediatria tra certezze, dubbi e ribaltoni Giovedì 10 dicembre

16.10 Adolescente 2020: ci sono domande in sala? A. Zuddas, A. Albizzati introduce con un caso D. Sambugaro e uno specializzando

CONFRONTI GIOVANI – fuori ECM

14.00 I Poster specializzandi discussi col professore E. Barbi, G. Maggiore Specializzandi ed Esperti a confronto sui casi: 15.30 Allergia Alimentare L. Badina 16.30 Neuropsichiatria e dintorni S. Carucci 17.30 Il quizzone degli specializzandi

17.00 Coffee break 17.30 SESSIONI PARALLELE ϲ Il bambino con le transaminasi alte G. Maggiore, M. Bramuzzo introduce con un caso A. Ravaglia e uno specializzando ϲ Genetica clinica 2020, caso per caso. Dubbi e certezze, segni clinici che possono sfuggire, scelta degli esami genetici da fare e ipotesi di cura, attraverso i quiz degli esperti (… e le vostre domande) A. Selicorni, F. Faletra introduce con un caso A. Ruggeri e uno specializzando ϲ Pediatria e nutrizione: dal latte materno... agli OGM. Buoni consigli al vaglio delle evidenze G. Di Leo, R. Defez introduce con un caso M. G. Pizzul e uno specializzando ϲ Esperienze degli specializzandi a confronto col professore A. Ventura, M. Fontana 18.30 Fine lavori della giornata

Venerdì 11 dicembre

8.40 Saluto delle autorità SESSIONE PLENARIA modera A. Ventura 8.50 Tosse: quando è troppa e quando è troppo poca... G. Longo, A. Amaddeo introduce con un caso G. Ventura e uno specializzando 9.40 Dipendenze: da Internet, dai social e... da altri aggeggi A. Skabar, A. Milone introduce con un caso L. Basile e uno specializzando 10.30 Farmaci biologici: cosa deve sapere il pediatra (a cura di specializzandi d’Italia) introduce con un caso P. Pecile 11.30 Coffee break 12.00 SESSIONI PARALLELE ϲ Tutto ciò che può dirci l’emocromo U. Ramenghi, M. Rabusin introduce con un caso M. Innocente e uno specializzando ϲ Il pediatra con l’oro in bocca. Ovvero: il pediatra e la salute orale M. Cadenaro, S. Pizzi introduce con un caso M. Mayer e uno specializzando ϲ Esame delle urine 2020: certezze senza ribaltoni? F. Emma, M. Pennesi introduce con un caso S. Rizza e uno specializzando ϲ Esperienze degli specializzandi a confronto col professore A. Ventura, L. Greco

13.00 Lunch SESSIONE PLENARIA Modera E. Barbi 14.30 Vaccinazioni 2020: come condividere dubbi e certezze G. Corsello, F. Marchetti introduce con un caso D. Ferrara e uno specializzando 15.20 Dermatologia pediatrica attraverso i casi. Ovvero: dubbi e certezze in diretta M. Cutrone, I. Berti introduce con un caso S. Denti e uno specializzando

Sabato 12 dicembre

SESSIONE PLENARIA 8.00 Ancora specializzandi alla ribalta fuori ECM Moderati da E. Barbi, G. Maggiore, A. Ventura 8.50 “San cortisone”: dubbi, certezze e ribaltoni, appunto E. Barbi, F. De Benedetti modera G. Maggiore, A. Ventura introduce con un caso S. Castelli e uno specializzando 9.40 Questioni di genere G. Tornese, M. Mosconi Modera G. Maggiore, A. Ventura introduce con un caso F. Marolla e uno specializzando 10.30 Disturbo somatico: più matti... che NPI G. Masi, G. Cozzi Modera A. Albizzati, E. Barbi introduce con un caso D. Mariani e uno specializzando 11.20 Premiazioni degli specializzandi 11.30 Coffee break 12.00 Pediablob G. Longo, E. Barbi, A. Ventura 13.00 Fine lavori

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201-201 Bianca marzo.qxp_201-202 Bianca marzo 24/03/20 13:51 Pagina 201

bianca BLOB

a cura di Paola Rodari

L’amore ai tempi del coronavirus

Mascherine e reparti separati, così nascono i bambini nei giorni del coronavirus Alla Mangiagalli la speranza deve fare i conti con la crisi: per le mamme contagiate isolamento totale. E non si supera l’ingresso senza disinfettare le mani e misurarsi la febbre (da: la Repubblica, 15 marzo 2020)

DIDATTICA A DISTANZA

Scuola, dopo le lezioni anche i voti arrivano online

Nuove istruzioni del Ministero sulla didattica a distanza: abbandonare il semplice invio di compiti a casa, trovare il giusto equilibrio tra classi virtuali e video registrati (da: Il Sole 24 Ore, 17 marzo 2020)

Coronavirus: la Lombardia lancia Open Scuola per l’e-learning È attivo il progetto «Open Scuola», con cui Regione Lombardia intende sostenere le scuole e i docenti mettendo a loro disposizione la Piattaforma Open Innovation per condividere i propri modelli di erogazione di formazione a distanza e i materiali didattici (da: Giornale di Brescia, 17 marzo 2020)

I DISEGNI

Il Coronavirus visto con gli occhi dei bimbi: tra mostri invisibili e mascherine giganti Abbiamo chiesto ai più piccoli, dopo lo stop scolastico, di raccontarci con matite e pennarelli questo momento particolare: ecco il risultato (da: la Gazzetta del Mezzogiorno, 7 marzo 2020)

Coronavirus, i bimbi italiani disegnano la speranza: “Andrà tutto bene” (Di)segni di speranza contro il coronavirus, l’iniziativa dei bambini che dilaga nelle città d’Italia (da: Il Giornale, 12 marzo 2020)

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201-201 Bianca marzo.qxp_201-202 Bianca marzo 24/03/20 13:51 Pagina 202

bianca BLOB L’amore ai tempi del coronavirus Coronavirus

Coronavirus, aiutiamo i bambini: chat e cucina contro la solitudine in casa (da: il Messaggero, 16 marzo 2020)

NELL’ISOLA

Il virus spiegato ai bambini: attivo il nuovo numero del Garante dell’Infanzia “I bambini e i ragazzi devono essere informati di ciò che accade intorno a loro con parole giuste”

(da: l’Unione Sarda, 18 marzo 2020)

Genitori a tempo pieno Perché non si pensa agli effetti dell’emergenza sui bambini? Una rubrica pensata per raccontare l’esperienza di una “madre full time” ai tempi del coronavirus Perché il decreto governativo non ha pensato ai più piccoli? In ballo c’è un trauma profondo che rischia di segnare un’intera generazione

(da: Wired, 17 marzo 2020)

Bambini, potete allenarvi anche in casa Ecco i consigli di Tommi delle Cipolline Luigi Garlando ha chiesto a Tommi, centravanti e capitano delle mitiche Cipolline, squadra protagonista della mia serie “Gol!”, di suggerire ai piccoli calciatori qualche esercizio da fare tra le mura domestiche, senza distruggerle (da: la Gazzetta dello Sport, 15 marzo 2020)

Fonti fornite da:

Maria Cristina Bertogna, Fabrizio Fusco, Andrea Guala, Andrea Lambertini, Gabriella Palla, Lucio Piermarini, Claudio Ughi


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Volume 39 numero 3

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Rivista fondata da Franco Panizon nel 1982 Rivista di formazione e di aggiornamento professionale del pediatra e del medico di medicina generale, realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri

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Editoriali

Telemedicina ai tempi del coronavirus Morire a casa, meglio dopo che prima Appunti di Neuropsichiatria

Il graffio

L’Europa al tempo del coronavirus

News box Aggiornamento Problemi speciali Articolo speciale Appunti di Neuropsichiatria L’esperienza che insegna

ISSN 1591-3090

Oltre lo Specchio

PAGINE ELETTRONICHE

Covid-19 e bambini: il punto dalla letteratura al 18 marzo La psoriasi in età pediatrica Gli ascessi retrofaringei L’ambiente familiare di apprendimento (seconda parte) Psicoterapia a indirizzo cognitivo-comportamentale Quando la sindrome di Guillain-Barré è più dolore che ipostenia Il campanile di Codogno

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