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Chicco Testa Opening speaker
Opening Speaker Chicco Testa
Chicco Testa è un nome noto nel mercato dell’energia in Italia: attivista, dirigente d’impresa, politico e scrittore, per sei anni è stato Presidente del Consiglio di amministrazione di Enel. A Gubbio, ha inaugurato la prima delle due edizioni del 2021 di Richmond Energy Business Forum con uno speech che interroga e invita a considerare i temi della transizione energetica in modo globale.
Testa è partito dal piano dall’impegno europeo a ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030, “che vuol dire domani mattina”. A questo piano si accompagna l’obiettivo di eliminare la circolazione di auto a combustione entro il 2035, e di eliminare del tutto le emissioni di CO2 entro il 2050. Si tratta, secondo Testa, più di una volontà politica e una direzione di lavoro, piuttosto che di obiettivi realmente raggiungibili. Ha invitato a cogliere la portata geopolitica globale di questi temi e a sforzarsi di mettere a fuoco correttamente dimensioni e implicazioni, pena il rischio di banalizzare ogni riflessione e di portarsi dietro analisi sbagliate, che possono a loro volta innescare decisioni sbagliate con impatti economici molto negativi.

Nella sua guerra contro le emissioni di CO2, l’Europa è sola, anche se ha imboccato questa strada in modo molto deciso. In verità, meno del 9% delle emissioni di CO2 nel mondo proven-
Fare di più con meno
Green economy, decoupling e innovazione tecnologica

gono dall’Europa. Su 9 miliardi di persone sulla Terra, 4 miliardi sono in Asia e 4 in Africa, e solo 1 fa capo a Europa e USA. Riassumiamo il problema. Siccome stiamo fronteggiando un problema climatico, le Nazioni Unite hanno commissionato diversi studi sull’effetto serra. Oggi sappiamo per certo che noi produciamo gas serra in quantità tali per cui vi è un aumento più che proporzionale dell’effetto serra intorno al nostro pianeta. In termini generali, l’effetto serra è benefico per il nostro pianeta, poiché trattiene il calore del sole. Ma è benefico se rimane entro certi limiti. Secondo gli scienziati che hanno condotto questi studi, sono le quantità di CO2 che abbiamo immesso in atmosfera a partire dalla Rivoluzione industriale a causare fenomeni come desertificazione, surriscaldamento e scioglimento dei ghiacciai, ossia le caratteristiche globali dell’effetto serra.
La CO2 è una variabile delle attività economiche. Testa ha usato una metafora colorita: se il PIL è lo zainetto che portiamo davanti, la CO2 è lo zainetto che portiamo sulle spalle. Le emissioni continuano a crescere, nonostante gli sforzi. Nel 1960 abbiamo emesso 10 milioni di tonnellate di CO2, nel 2018 siamo arrivati a 37 milioni. C’è una correlazione molto forte fra attività economica, non solo industriale, ed emissioni CO2. La domanda che ci facciamo tutti è: siamo arrivati al picco? Mica tanto, risponde Testa. Nonostante la contrazione causata dal Covid, con aerei e navi ferme, traffico ridotto e industria in calo, sappiamo che nel 2021 abbiamo emesso ancora più CO2 e ci stiamo avviando verso i 100 milioni di barili/giorno di petrolio, destinati a crescere ancora nel 2022. Il primo dato che si registra, afferma Testa, è la grande differenza fra come pensiamo che vada il mondo e come invece va effettivamente.
L’analisi dei dati ci dice che nella produzione di CO2 Europa e USA sono stabili o leggermente in discesa, mentre Cina e India stanno salendo fortemente. Allo stato attuale, l’opinione dominante è che Cina e India siano i più grandi inquinatori. Ma Testa nutre qualche dubbio su questa versione. Sul fatto che un Paese con 1 miliardo di abitanti produca più emissioni di paesi più piccoli non si discute. Se però si prende in considerazione l’emissione di CO2 pro capite, allora il quadro cambia: ogni cittadino americano produce 16 tonnellate di CO2, contro l’1,8 del cittadino indiano. È per questo che i cinesi non ci stanno ad essere definiti i grandi inquinatori del mondo. L’asimmetria non è difficile da spiegare: fabbriche, condizionatori d’aria, auto di grandi dimensioni, supercomputer… A questo punto, secondo Testa, si pone un serio problema di equità fra le diverse parti del mondo, e non c’è nulla di cui stupirsi se le parti non riescono a fare accordi. Da una parte c’è un Paese come la Cina, che vuole continuare a crescere, dall’altra ci sono USA e Europa, che si interrogano su come crescere senza continuare a far aumentare le emissioni. Le previsioni per l’economia dopo la fase Covid indicano una crescita del 6-7% in Usa, del 5% in Europa e dell’8% in Cina. Ma non è solo questo il punto.
La CO2 non è nociva, le piante ne hanno bisogno, il problema è l’accumulo. Ogni anno si registra un effetto accumulo dello stock, ossia una parte viene assorbita dagli oceani, dalle piante e in altri modi, ma quella che non è assorbita continua ad accumularsi. Di chi è la CO2 accumulata nel pianeta Terra? Il 50% si può ricondurre a Europa, Giappone e Stati Uniti insieme, a fronte del 17% degli abitanti. Negli ultimi trent’anni abbiamo emesso la stessa quantità di CO2 che è stata prodotta dalla Rivoluzione industriale sino agli anni ’90 del secolo scorso.
E poi bisogna mettere in relazione, ha proseguito Testa, il dato della CO2 con il dato del pil. Quanta anidride carbonica viene prodotta per ogni dollaro di pil? Le quantità variano e ci sono criteri di efficienza diversa da area a area. La Francia è il Paese più virtuoso dato che impiega energia nucleare, 0,18 chilogrammo di CO2 per dollaro. Agli antipodi c’è la Russia, con 0,50 kg per dollaro perché estrae, petrolio, gas e carbone. A questo punto Testa ha introdotto il tema cruciale del suo intervento, il disaccoppiamento. Occorre disaccoppiare pil e crescita CO2. Per fare decoupling, il ruolo della tecnologia è imprescindibile. È come quando ci si preoccupa di quanti litri si possono percorrere con un motore. Occorre intervenire simultaneamente su aerodinamica, peso del motore, sistemi elettronici di controllo. Tutto questo è quello che si intende con la parola tecnologia.

Dal 2010 al 2017 nel settore dell’energia abbiamo assistito a una bella impennata dell’incidenza delle rinnovabili, ma anche gas e petrolio crescono. Solo il carbone registra una lieve flessione. È evidente che più noi cresciamo, e più si accorcia il tempo a disposizione per correggere la situazione. Al tempo stesso, appare chiara la differenza fra come ci piacerebbe che il mondo fosse e come il mondo va realmente, guidato sostanzialmente dal principio economico. L’Africa sta crescendo a ritmi importanti, verrebbe da dire finalmente, sostiene Testa. Non si può andare a Nairobi e dire loro di smettere di crescere, forse i sacrifici dovrebbero toccare a noi. Ursula von der Leyen sta lavorando per inasprire ulteriormente il sistema di scambio delle emissioni ETS. Ma le reazioni non mancano Nel 2021 la bolletta di gas e luce è cresciuta del 20% e il governo italiano è dovuto intervenire per ridurre gli oneri. Il movimento dei Gilet Jaunes in Francia si è scatenato, come è noto, per un modesto aumento del gasolio che serviva per finanziare proprio misure di contenimento della CO2. Allora la domanda è: ma la popolazione europea è pronta ad accettare una perdita di competitività fino a questo punto?

Tornando al calo delle emissioni di Stati Uniti ed Europa, a cosa è dovuto? La Cina è la fabbrica del mondo. Acciaio, hardware, cemento... con la delocalizzazione abbiamo portato da loro il peggio delle produzioni inquinanti. Ma non è del tutto corretto dire che noi non produciamo più CO2, noi la reimportiamo, solo che non la vediamo più. Il sacco di cemento, la maglietta (ecc.) non ci sono più nel nostro bilancio nazionale, ma li ritroveremmo se considerassimo il flusso dei consumi.
Chicco Testa ha ripetuto di non avere soluzioni alle immense sfide in atto, solo punti interrogativi. In particolare, Testa si è interrogato sugli obiettivi formulati da Unione Europea e Agenzia Internazionale dell’Energia, organismo finanziato dall’OCSE: zero macchine a combustione nel 2035 e zero emissioni nel 2050. Un obiettivo che sembra impossibile da raggiungere, soprattutto se si pensa a città come Nuova Delhi, Lago, Città del Messico e Nairobi… In Africa l’energia elettrica è molto preziosa perché la rete elettrica è molto instabile, salta 4-5 volte al giorno. A Milano nel mese scorso si sono registrati dei mini black out per colpa dei condizionatori accesi simultaneamente. Non è l’energia che manca, ma la rete che non regge, come quando a casa salta la luce. Ecco, in Africa è lo stesso, solo su scala molto più estesa. Secondo Testa, non è pensabile in queste parti del mondo installare milioni di punti di ricarica per auto. Così come sembra irraggiungibile l’obiettivo UE di avere un punto di ricarica elettrica in autostrada ogni 60 chilometri. Oggi in autostrada gli automobilisti fanno il pieno in 3 minuti. Con un fast recharger, ci impiegherebbero 25 minuti. È un obiettivo realistico, si domanda Testa? Greta potrebbe dire che non è importante, che ci riusciremo più avanti. Nel frattempo, però, abbiamo smesso di fare qualsiasi ricerca sul motore a combustione, per esempio sullo standard Euro 7. Sui giornali abbiamo letto della Gkn che a Firenze ha licenzia-

to 200 operai nella fabbrica che produce sistemi di trasmissione per il motore termico. È stato incivile mandare un messaggio su Whatsapp per licenziarli, ma se un’azienda non fa margini, è ovvio che chiuda. In Europa si concentrano molte industrie automotive di eccellenza, e il motore termico è cambiato nei decenni in modo spettacolare. Secondo Testa, nel caso in cui nel 2035 la rete elettrica non fosse pronta, pagheremmo lo scotto di aver fermato l’evoluzione del motore termico.
La multinazionale Shell ha subito una condanna da un tribunale olandese che la obbliga a ridurre le emissioni entro il 2030. La questione è ancora da dirimere, non ci sono leggi che impongono obblighi in questo senso. Anche Eni è attaccata ogni giorno perché produce gas e petrolio. Ma la vera domanda è: ma se i consumi continuano a crescere, chi andrà a soddisfare il fabbisogno di energia che ne deriva? Il petrolio, che prima del Covid era attestato sui 30 dollari al barile, ora è balzato a 75 dollari. L’Europa sta perdendo quote di mercato a vantaggio di Russia, Paesi Opec e Qatar, e questo vuol dire che stiamo trasferendo enormi quantità di ricchezza verso altri Paesi. Si parla di abbattere l’emissione di CO2 pro capite da 8 t a 0.5, uno scenario davvero difficile da immaginare con l’Africa che deve uscire dalla povertà e la Cina che continua a crescere.
L’agricoltura è diventata agile, intelligente, non sparge i concimi al buio ma si avvale di droni che rivelano il fabbisogno di ogni pianta e regolano l’irrigazione. I primi casi di intelligenza artificiale applicata sono il termostato e il navigatore.

Sull’altro fronte, ci sono le fonti rinnovabili e l’idrogeno. Secondo l’UE, in Italia dovremmo arrivare a produrre 7mila megawatt all’anno, quando oggi ne facciamo solo 1.000. In verità, non si riescono più a realizzare nuovi impianti perché la popolazione non li vuole più. Vogliono conservare i prati e le campagne. Le pale eoliche non sono ben viste, e non c’è impianto eolico e fotovoltaico che non sia sottoposto a contestazioni durissime.

I progressi che si sono fatti sin qui dipendono dal disaccoppiamento. Dopo la guerra eravamo 2 miliardi, oggi 9 miliardi, ma gli ettari coltivati sono gli stessi. L’agricoltura, da estensiva, è diventata intensiva. Nel 1945 si producevano 10 quintali di cereali per ettaro, oggi 60. L’agricoltura occupava il 50% degli italiani, oggi, con la produzione aumentata, meno del 5%. E questo grazie a immissione di energia, tecnologia e informazione. L’agricoltura è diventata agile, intelligente, non sparge i concimi al buio ma si avvale di droni che rivelano il fabbisogno di ogni pianta e regolano l’irrigazione, e poi fa ricorso a ingegneria genetica e biotecnologie. Consideriamo che le piante di oggi sono il risultato di secoli di incroci. Per esempio la vite italiana stava per morire, e si è salvata solo grazie all’innesto con la vite canadese. La vite è fragile, e infatti è uno dei più grandi consumatori di antiparassitari.
Oggi possiamo migliorare le piante e fare in modo che abbiano meno bisogno di anticrittogamici nocivi. Anche questo è disaccoppiamento, ossia meno terra e più cibo. Nel 1945, su due miliardi di abitanti della Terra, 1,5 moriva di fame e gli altri non se la passavano troppo bene, ha riportato Testa. Anche da noi c’era un tasso di povertà alimentare largamente superiore al 50%. Oggi, su 7 miliardi, solo 1 miliardo di persone è classificato sotto la soglia di povertà.
La strada maestra del disaccoppiamento è l’innovazione tecnologica: abbiamo bisogno di tecnologie sempre più efficienti, che consumino sempre meno energia e producano sempre meno CO2. E nell’innovazione tecnologica c’è anche l’innovazione dei materiali. Testa ha raccontato di come si è innamorato del grafene, una ‘sfoglia’ di strati praticamente senza spessore (1 milionesimo di millimetri!). Con un grammo di grafene si può ricoprire l’estensione di un campo di calcio. È più resistente dell’acciaio, è leggero, è un grande conduttore elettrico e al tempo stesso un isolante fantastico. Un industriale italiano sta studiando il modo di inserirlo nei blue jeans, per garantire il fresco d’estate e il caldo d’inverno. Di materiali ottenuti in laboratorio come questo ce ne sono diversi, prima non eravamo in grado di crearli e lavorarli. Grazie a loro avremo automobili, aerei e camion molto più leggeri e resistenti, con consumi di carbu-
Nell’innovazione tecnologica rientra anche l’intelligenza artificiale, che aiuta a riorganizzare i processi produttivi e sociali con un enorme risparmio di tempo, risorse e ed energia. I primi casi di intelligenza artificiale applicata sono il termostato e il navigatore. Nel mondo ci sono 1 miliardo di automobili. Grazie al navigatore e anche alle sue funzioni predittive dl traffico, si possano risparmiare alcune ore di guida all’anno. Moltiplicando per 1 miliardo, parliamo di alcune decine di miliardi di ore di guida risparmiate, una quantità enorme. Il navigatore dà inoltre tutte le informazioni di contorno sullo spazio attraversato. Prima eravamo ciechi, oggi il navigatore ha migliorato le nostre risorse informative e organizzative. Il navigatore è dunque una bella metafora di quello che la tecnologia può fare in settori come l’agricoltura, in cui può determinare quale pianta manchi di azoto, quale di nitrati, e quale di acqua. La tecnologia genera precisione e consente di non procedere alla cieca: si pensi all’incredibile orizzonte rappresentato dalle smart cities.

Testa – dopo aver citato Romano Prodi, che in una recente intervista sosteneva che obiettivi di transizione green così drastici siano difficilmente percorribili e possano penalizzare l’Europa – ha evocato la fusione nucleare come alternativa che potrebbe risolvere molti problemi. Per arrivare a perfezionare questa tecnologia si calcola che ci vogliano altri 50 anni. Perché non farlo in 30 o in 25, chiamando a collaborare le grandi potenze industriali all’interno di una grande alleanza internazionale, come è stato fatto per il vaccino? Le soluzioni non possono più essere pensate solo su scala europea, ma globale. L’agricoltura biologica, che costa il doppio, può forse funzionare in Europa, ma non in tutto il mondo.

Testa ha sostenuto che bisogna cambiare i sistemi produttivi con pazienza e tenacia, senza alimentare il catastrofismo a tutti i costi. Che bisogna impegnarsi per trovare soluzioni su scala globale, senza chiudersi nello stretto orizzonte europeo. E ha sostenuto di preferire Obama a Greta. In un incontro con i giovani, Obama ha sostenuto che il mondo di oggi è il mondo migliore in cui poter nascere, il momento più felice dell’umanità. Ha invitato perciò a una certa concretezza. L’energia solare va bene, ma dopo le 5 del pomeriggio il sole tramonta, e allora occorre far entrare in funzione le centrali termiche. La Germania ha rinunciato al nucleare, ma facendo così ha aumentato il ricorso al carbone. Questo non significa che non bisogna andare verso la sostenibilità, solo che bisogna farlo nel modo giusto. Per esempio, non è pensabile di sostituire in un colpo solo 30 milioni di auto. Una certa parte del mondo ambientalista dice sì all’idrogeno ma solo se si fa con energie rinnovabili. In realtà l’idrogeno si fa anche col metano e con il sequestro di CO2. Si calcola che l’idrogeno verde costi 7 volte di più quello blu. Bisogna stare attenti a non cadere in un processo non efficiente, in cui si usa 100 di energia per produrre 70 di idrogeno.
Il tema dello storage dell’energia fotovoltaica è importante e promettente, soprattutto nei Paesi arabi che dispongono di ampie superfici libere. Ma ci sono anche le centrali a pompaggio di aria compressa, e le centrali a gas, che negli ultimi sei anni sono passate da un’efficienza del 40% a un’efficienza del 60%. Gli ambientalisti si dichiarano ostili alle soluzioni Carbon Capture", ma non produrre CO2 è impossibile. Anche per fabbricare un’auto elettrica c’è bisogno di acciaio e bisogna estrarre In conclusione, Chicco Testa ha invitato a espandere l’orizzonte temporale dei cicli che prendiamo in considerazione, e a non pensare la natura come un potere buono. Per arrivare al punto in cui siamo oggi, che non è certo un giardino, la Terra ha impiegato 14 miliardi di anni. Per ben 5 volte ha registrato 5 estinzioni di massa, con il 90% delle specie è stato spazzato via. La visione seconda la quale Dio ci avrebbe dato un giardino e noi peccatori lo useremmo male non tiene, così come non tiene che è possibile salvare l’equilibrio ecologico consentendo alla specie umana di crescere e di star bene. In realtà la natura è priva di morale. E ce ne siamo accorti con il virus. I virus esistono da miliardi di anni, mentre noi abbiamo solo qualche centinaio di migliaio di anni. Senza di loro noi non esisteremmo. Se vogliamo guardare il mondo dal punto di vista della natura, sarebbe meglio che noi togliessimo il disturbo. Perciò, sarebbe più onesto parlare di ‘giusto egoismo’: gli slogan altruistici sono solo una delle tante ipocrisie di cui siamo rivestiti noi uomini moderni.
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QUANDO CI SI FERMA COSE CHE SI IMPARANO
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Gianluca Rocchi
Oggi il miglior riferimento potrebbe essere ascoltare le persone.

(…) Voi mi chiederete, come si fa a essere un riferimento? Beh, la risposta potrebbe essere facile, anche se in realtà quando si pensa a se stessi non è che si è sempre convinti di essere proprio centrati in questo. In realtà, sarebbe far rispettare le regole, rispettarle ed essere un buon esempio. E talvolta, oggi, non lo siamo.
Bill Niada
La pandemia ci ha dato l’opportunità di fermarci e di “vedere”.

(…) Io penso che la pandemia sia un’occasione, come le crisi, come i momenti in cui appunto tutto cambia, tutto si rivoluziona e tu sei costretto a scegliere, a pensare, a capire come trovare delle soluzioni per andare oltre e ritornare a una normalità che prima ci sembrava una cosa banale, scontata, brutta, una cosa da criticare.
