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Corridoi umanitari: una via legale e sicura d’ingresso
di Marta Cervo
Le migrazioni da sempre costituiscono una sfida e un’opportunità per chi migra e per chi accoglie, e per il continente europeo questo è più vero in quanto la sua identità storica, culturale e politica si è sviluppata grazie all’incontro e alla contaminazione fra popoli diversi. Oggi però la realtà ci pone di fronte ad importanti sfide per la difficoltà a gestire flussi continui in entrata e in uscita di migranti, a cui l’Europa risponde tendenzialmente chiudendosi entro i propri confini, mettendo in atto politiche influenzate da esigenze di sicurezza che limitano la possibilità di ingressi legali. Tali politiche paradossalmente alimentano i flussi irregolari a spese soprattutto dei migranti forzati, che sono costretti a lasciare i loro paesi a causa di conflitti o perché vittime di persecuzioni, senza poter accedere legalmente ad un’efficace protezione internazionale. Queste persone, accolte in modo precario e non adeguatamente protette nei paesi di transito in Medio Oriente, Corno d’Africa e Nord Africa, sono costrette ad intraprendere viaggi pericolosi affidandosi a trafficanti di esseri umani, pagando cifre esorbitanti ed esponendosi a rischi altissimi in mare.
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La migrazione legale intesa in senso ampio, cioè coinvolgente flussi di persone che si spostano legittimamente per diverse ragioni (asilo politico, ricongiungimento familiare, istruzione, affari…) può essere uno strumento efficace di gestione e controllo dei flussi contrastando le attività dei trafficanti, favorendo la sicurezza ed evitando le morti in mare. L’articolo 79 del trattato di funzionamento dell’Unione Europea pone la lotta all’immigrazione illegale come uno dei pilastri della politica migratoria comune, ma attualmente le politiche europee non sono capaci di cogliere appieno le potenzialità legate alla migrazione regolare e i limiti delle politiche restrittive, intervenendo con scelte semplicistiche di corto respiro inadeguate a gestire la sfida posta dalle migrazioni. L’Europa se da un lato è stata in grado in questi anni di accogliere salvandoli centinaia di migliaia di profughi, dall’altro ha mostrato un volto più duro con le politiche di blocco dei flussi migratori, arrivando fino ai respingimenti forzati dai territori di arrivo verso gli stati vicini o esterni alle frontiere europee, privando le persone del legittimo diritto a chiedere l’asilo politico. In presenza di tali politiche restrittive e in assenza di piani governativi efficaci di lungo respiro per affrontare le migrazioni, la società civile in Europa (seppure per numeri molto limitati di persone) e oltreoceano si è attivata per dare risposte al bisogno di protezione a migliaia di persone in fuga, ma anche al bisogno di lavoro, istruzione e salute, individuando strumenti che hanno