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Accogliere con dignità è possibile
a cura di Francesca Sacchi Lodispoto
Come ogni anno il Centro Astalli per i rifugiati ha presentato a Roma il suo Rapporto annuale che riguarda l’anno 2022-2023. Dopo una ricca e articolata introduzione di P. Camillo Ripamonti (www.centroastalli.it) gli interventi, moderati dalla giornalista Bianca Berlinguer, hanno visto la riflessione del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri e del Card. Matteo Zuppi. Due testimonianze di rifugiati hanno particolarmente toccato i presenti.
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Accompagnare e servire, difendere e includere È il vocabolario della solidarietà che da quaranta anni pratica il Centro Astalli di Roma, lo ricorda il P. Camillo Ripamonti nella sua relazione introduttiva.
Il 2022 è stato l’anno dei cento milioni: tale è il numero delle persone costrette a fuggire dalle proprie case. Oggi i conflitti armati sono tra le principali cause delle migrazioni forzate; sono quasi 60 le guerre nel mondo. Alle guerre si legano spesso senza soluzioni di continuità altre cause come le diseguaglianze, le privazioni dei diritti e i cambiamenti climatici. Una complessità che va assunta evitando di cadere nell’errore, spesso propagandistico, fatto dai governi di voler gestire il problema delle migrazioni con misure restrittive che non risolvono, ma rendono ancora più difficoltosi i viaggi di chi non ha alternative alla fuga. Le migrazioni non sono un’emergenza, ma un fenomeno da comprendere e poi da governare con lungimiranza e coraggio, ciò che è ancora mancato nell’Europa nel 2022.
E l’esperienza della crisi ucraina che in Italia, come nel resto d’Europa, ha avuto un approccio diverso da parte delle istituzioni ha permesso di far fronte con efficacia all’arrivo di 170.000 ucraini (dato della Protezione Civile), di cui la maggior parte è stata ospitata da connazionali già residenti in Italia e solo un 20% dal sistema di accoglienza pubblica. Sembra allora che ci sono due percorsi paralleli: per rifugiati di serie A e rifugiati di serie B. Vogliamo però ricavare dall’esperienza positiva dei rifugiati ucraini un elemento di speranza: abbiamo visto che un’accoglienza che privilegia un ascolto attento delle persone è praticabile a questo dobbiamo aggiungere i corridoi umanitari e universitari: sono esperienze da considerare ancora simboliche per i piccoli numeri ma che indicano una strada da percor- rere con convinzione per garantire viaggi sicuri fuori dalle maglie dei trafficanti.
Dobbiamo fare sistema e dare risposte che guardino avanti
Così il Card. Matteo Zuppi che ha sottolineato come sia pretestuoso parlare di emergenza; oggi in Italia la vera emergenza è Lampedusa: sono passati dieci anni dalla visita del Papa e in questi dieci anni nulla è stato fatto. Sono anni che parliamo di emergenza sotto tutti i colori politici e sono anni che non vediamo un progetto organico. Sappiamo bene che l’illegalità si combatte con la legalità non è normale quindi che vi siano tempi interminabili per i permessi di soggiorno, file lunghissime e poco dignitose davanti alle questure, una burocrazia che azzera i diritti sociali e il diritto alla vita di tante persone. Il Cardinale condanna le restrizioni alla protezione speciale volute dall’attuale Governo. “La porta deve essere aperta e bisogna avere criteri seri”.
Alla domanda cosa può fare la chiesa e cosa possono fare i cristiani il Cardinale ha risposto: informarsi “in maniera piana”, studiare, leggere i rapporti della Caritas, delle organizzazioni internazionali, di Migrantes, della Cariplo… questi rapporti possono farci conoscere la realtà e cosa sta succedendo nel mondo. Capire evitando gli allarmismi, capire facendo circolare messaggi positivi, capire che aiutando gli ultimi aiutiamo tutti.
Testimonianza di Barry: nella vita ho sempre voluto studiare
Oggi qui con me ci sarebbe dovuto essere il mio amico Ismael. Fate conto che siamo in due qui a parlare. Mi chiamo Barry e ho 27 anni. Sono partito dalla Sierra Leone a venti anni. Sono stato rifugiato una prima volta da piccolo, quando con la mia famiglia siamo dovuti scappare in Guinea perché in Sierra Leone c’era la guerra. Siamo tornati a casa dopo 6 anni, ma poco dopo è scoppiata un’epidemia di ebola. E allora non potevamo uscire, andare a scuola, non si poteva fare nulla. Nella vita ho sempre voluto studiare e ci ho