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Quale futuro per la mobilità?

di Adelfo Paternò Castello

E-fuel, bio-fuel, elettrico, idrogeno. Oggi sono continui i provvedimenti governativi su quale futuro debba avere la mobilità su ruote. Sembra quasi che tutti i problemi dell’inquinamento derivino dai motori delle auto e dei mezzi che circolano sulle strade ogni giorno. Da indagini attuali, si trova che il carico inquinante è dovuto al trasporto veicolare per il 9%. L’industria carica per l’11% e il riscaldamento domestico (e uffici) per il 39% (dati da una ricerca del Cnr-Isac e della Foundation for Research and Technology Hellas). Altra fonte di inquinamento più rilevante del traffico automobilistico è l’allevamento intensivo di bestiame!

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Tralasciando i motivi dell’accanimento sui mezzi di trasporto, va anche fatta chiarezza sulla valenza delle misure antinquinamento di cui si parla oggi, alla luce degli ultimi accordi europei.

L’inquinamento di un veicolo che consuma combustibili (benzina, gasolio, GPL, metano) non è facilmente quantificabile, dove per “facilmente” si intende con procedura certa e ripetibile. Perché dipende dal tipo di motore, dal tipo di veicolo, dalle abitudini di guida, dalla condizione delle strade… per questo motivo l’accordo internazionale si basa solo sulla misura più semplice: il consumo di CO2 per chilometro percorso (intendendo un percorso standard ufficiale e uguale per tutti i veicoli). In base a questo valore si classificano i veicoli in sede di immatricolazione con le prescrizioni EURO 1, 2, 3, 4, 5, 6 (attuale) EURO 7 la prossima (contestatissima).

In realtà non è solo la quantità di biossido di carbonio che determina il carico inquinante: ogni combustione produce altri inquinanti, per esempio le polveri sottili. Queste sono prodotte maggiormente dalla combustione di gasolio e, a dire il vero, le restrizioni EURO 5 e seguenti hanno determinato polveri ancora più “sottili” e quindi potenzialmente ancora più pericolose perché assorbite anche dalla pelle. Ma ci sono anche gli ossidi di azoto, gli NOX, che sono presenti in eguali quantità in tutte le combustioni, indipendentemente dal tipo di carburante (il biossido di azoto ha un odore pungente e può provocare irritazione oculare, nasale o a carico della gola e tosse. Alterazioni della funzionalità respiratoria si possono verificare in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica. Fonte: Min. della Salute)

Volutamente, non riporterò i dati numerici delle prove di laboratorio, ma va precisato da cosa derivano i carburanti “alternativi” recentemente proposti dall’UE per diminuire l’inquinamento.

Bio-fuel, carburante da agricoltura

E-fuel carburante sintetico

Bio-fuel: è carburante derivato da prodotti dell’agricoltura. Si usano grassi vegetali e animali per produrre un olio combustibile simile al gasolio. Tant’è che già oggi viene aggiunto al gasolio venduto in tutte le stazioni di servizio. Sull’erogatore c’è un numero BD5 o BD7 (il massimo in Italia) che indica la presenza di bio-gasolio aggiunto al gasolio da petrolio in percentuale del 5-7%. La normativa afferma che questo combustibile abbatte la produzione di CO2. Ma va fatta chiarezza, su questo: la quantità di CO2 prodotta è la stessa del gasolio, siccome però il bio-gasolio è prodotto da piante che in natura hanno fissato (assorbito) CO2 dall’aria, una parte di quella prodotta è compensata da quella assorbita. Gioco di cifre, a mio avviso non si fa granchè per ridurre l’inquinamento. E peraltro il bio-gasolio produce più NOX rispetto al gasolio da petrolio.

E-fuel: sono carburanti sintetici. Prodotti a partire dall’idrogeno combinato con CO2 atmosferica. (secondo l’UE l’idrogeno deve essere prodotto con fonti rinnovabili – tenendo presente che oggi l’idrogeno si produce a partire dal metano). In pratica l’e-fuel è un etanolo sintetico (C2H6O). Che attualmente è prodotto in piccolissime quantità (18 impianti in tutto il mondo di cui buona parte sperimentali). Al solito, gioco di cifre: si dice che l’e-fuel non produce CO2 perché rilascia lo stesso quantitativo che è stato usato in produzione dell’e-fuel stesso. Ma ovviamente non si considerano gli NOX e le immancabili perdite di produzione. E ancor meno si dice sulla produzione dell’idrogeno da fonti rinnovabili, attualmente solo ipotetica.

A questo punto è assolutamente chiaro che, finchè si continua ad usare motori a combustione, non importa quale sia il combustibile, più o meno “ecologico”, l’inquinamento viene prodotto. E allora, quali alternative realmente ecologiche?

Allo stato attuale solo due possibilità, comunque di applicazione nel mediolungo periodo a causa della difficoltà a reperire l’energia necessaria: energia elettrica e celle a combustibile alimentate da idrogeno da elettrolisi.

Per produrre energia elettrica si deve comunque considerare l’inquinamento prodotto dalla centrale di produzione che è nullo solo per le centrali “rinnovabili”, in pratica eolico e fotovoltaico, quasi nullo per le centrali nucleari (il quasi riguarda la possibilità di incidente nucleare con rilascio nell’atmosfera di so- stanze radioattive), infine garantito al minimo possibile per le centrali a combustione (petrolio – olio “bunker” -, gas, carbone). Il minimo possibile è perché si possono adottare tutti gli accorgimenti tecnici per limitare al massimo il rilascio di agenti inquinanti. Ma i problemi dell’energia elettrica sono altri:

1) Quantità di centrali: per soddisfare le richieste dei veicoli, si dovrebbero moltiplicare sul territorio le centrali di produzione. Non si può concentrare la produzione di energia elettrica in un sol luogo perché l’energia elettrica non si può trasportare per più di un paio di centinaia di chilometri.

2) Linee elettriche per alimentare le colonnine di ricarica: considerando che ciascuna colonnina di ricarica dispone da 22 a 50 kW di potenza (e si parla di 350 kW per i mezzi pesanti) si può solo immaginare la quantità e dimensione di linee elettriche (cavi) che si devono installare lungo tutte le strade (lavori stradali di scavo interminabili) e in tutti i condominii. E pensiamo al recente provvedimento europeo per installare colonnine di ricarica anche per mezzi pesanti ogni 60 km di autostrada. Certamente non si parla di una sola colonnina, ma di decine di punti di ricarica per ciascuna stazione di servizio. Quindi una centrale ogni duecento chilometri, cavidotti “importanti” e cabine di trasformazione ecc. È realizzabile?

Si può ipotizzare la produzione di idrogeno da acqua (di mare, per esempio) alimentata da centrali fotovoltaiche poste anche a distanza (ipotesi: centrali nel deserto tunisino-algerino, centrale di elettrolisi sul mediterraneo, trasporto di idrogeno con il metanodotto già esistente fra Tunisia e Sicilia. Il metano ha formula chimica CH4, l’idrogeno ha formula chimica H2, quindi si parla più o meno della stessa sostanza.). Ovviamente l’idrogeno non dovrebbe essere usato come combustibile classico, sennò si torna alla produzione di NOX. Se però si utilizzano le “celle a combustibile” cambia tutto. Sono dispositivi che con una reazione chimica producono energia elettrica ricombinando idrogeno e ossigeno, producendo come scarico solo acqua (H2O). Attualmente tutte le case produttrici sviluppano o hanno già realizzato, mezzi alimentati da energia elettrica prodotta da celle a combustibile. Problemi: il catalizzatore delle celle a combustibile necessita di platino, quindi costano un bel po’. La vita media di una cella non è molto alta. Il serbatoio di idrogeno deve essere ad alta pressione. Attualmente sono disponibili tre modelli già circolanti (dove c’è disponibilità di distributori di idrogeno): Toyota MIRAI, Honda CLARITY, Hyundai NEXO.

In definitiva: dobbiamo attendere che la ricerca, spinta dal mercato, realizzi sistemi di minor costo e maggiore qualità.

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