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2.3 Conflitti e Guerre
politici in Africa. A pagarne le conseguenze sono tutti gli Stati africani in quanto tutti nati sotto le stesse condizioni. Per esempio, la Costa d’Avorio è entrata in crisi nel 1999 in seguito al colpo di stato del generale Guéï, portando ad un periodo di forte instabilità, provocando due guerre civili e diversi altri attacchi al potere. Infatti, la progressiva diminuzione del prezzo delle materie prime e l’aumento parallelo del costo del petrolio ha portato il paese in una crisi di bilancio tale che molte fazioni nel corso degli anni sono state escluse dalla redistribuzione di risorse che negli anni precedenti era riuscita a mantenere la stabilità fra nord musulmano e sud cristiano. Sebbene, ad oggi, dopo la destituzione di Gbagbo nel 2011, grazie anche all’intervento della Francia, si sta assistendo a un lento ritorno alla calma, questo caso è la dimostrazione che le forti differenze etnoreligiose possono sempre essere la causa di conflitti e disordini anche in Stati storicamente ritenuti stabili dove manca comunque un'unità nazionale.
2.3 Guerre e conflitti
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Una seconda modalità in cui la debolezza politica si manifesta in Africa è infatti il continuo stato di conflitto. Guerre interne, colpi di stato, movimenti secessionisti, ribellioni e scontri fra warlords, hanno caratterizzato l'Africa in modo ben maggiore rispetto alle guerre fra Stati. Questa costante emersione di conflitti interni fin dall'epoca dell'indipendenza, sono legati a doppio filo all'irrisolta debolezza delle entità statuali emerse dall'esperienza coloniale, chiaro segnale della perdita di controllo sulla violenza da parte dell'autorità centrale. Dunque, il discorso sulle guerre in Africa implica un'analisi del ruolo dello Stato, della sua formazione, della sua politica e dei suoi attori8 .
Se le guerre fra Stati in Africa sono state solo 5 - Etiopia-Somalia, Tanzania-Uganda, Libia-Ciad e le due guerre del Congo - le loro cause sono state spesso interne. I conflitti interni sono stati invece molto più abbondanti, basti pensare che basandoci sui dati forniti da Goldsmith - poi aggiornati dall'Economist – i quali riportano che fra il 1960 e il 2003 nelle 180 transizioni totali di potere, in Africa solamente 19 sono avvenute per sconfitta elettorale, mentre ben 112 sono avvenute in modo violento9. Ovviamente in questi numeri non vengono conteggiate le ancor più numerose insurrezioni e lotte armate che non sono riuscite a rovesciare il governo centrale.
La nascita di organizzazione di ribelli, gli scontri fra etnie e signori della guerra sono conflitti frutto di una competizione di risorse sempre più scarse. In uno studio esteso a tutte le regioni del
8 Sciortino, A., 2008. L'Africa in guerra: i conflitti africani e la globalizzazione, Milano, Baldini Castoldi Dalai, p313. 9Goldsmith A., 2004. Survey of sub-Saharan Africa, p. 5, in Carbone, G., 2005. L'Africa: gli Stati, la politica, i conflitti, Bologna, il Mulino.
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pianeta è stato mostrato come la comparsa di movimenti di insurrezione risulta molto più probabile all'aumentare della povertà del paese10. Istituzioni deboli risultano spesso incapaci a mantenere un ordine interno, indifferentemente dal livello di democratizzazione e libertà garantita da essa. Spesso questa lotta per il controllo politico delle risorse è stato motivo di disgregazione sociale, portando i vari paesi in un vortice di povertà, frammentazione e guerre.
Le conseguenze delle guerre sono disastrose: guerra significa rallentamento o distruzione degli sforzi di sviluppo economico e politico, essa non crea altro che ulteriore debolezza e povertà che a sua volta causa altre guerre11. Tuttavia, se è vero che le guerre hanno enormi costi umani, sociali ed economici, è anche vero che hanno i loro beneficiari. Infatti, è vero che in un conflitto tutti i partecipanti hanno da perdere, ma è anche vero che non tutti hanno da guadagnare ad un ritorno alla pace. Un conflitto rappresenta l'opportunità di imporsi di un sistema alternativo di relazioni di potere e conflitto oppure la copertura che permette il saccheggio delle risorse naturali del paese e per ottenere il controllo su traffici illegali di persone e di beni, i cosiddetti conflict goods. Essi non sono altro che risorse di difficile tracciabilità e facile commercializzazione, come nel caso di gemme, minerali o legno pregiato, per il quale sfruttamento non è necessario avere il controllo degli apparati statali, come lo è per il petrolio, ma è sufficiente il semplice controllo di zone limitate. A tal proposito, Sciortino (2008) riporta come le dinamiche mondiali della compravendita dei beni prodotti di questo sistema economico e i comportamenti dei soggetti coinvolti a livello internazionale entrano a pieno titolo nella determinazione dei conflitti africani. Infatti, le guerre che danno vita all’economia del saccheggio sono spesso nati dal contrasto del controllo delle risorse, contrasti che evidentemente sono preesistenti alla guerra stessa, e che precedentemente erano gestiti dalle dialettiche di relazioni delle élites al potere, finché questo avvenimento non ha rimesso in discussione gli equilibri e dato le parole alle armi. L’alta richiesta mondiale di certe risorse, di cui l’Africa abbonda - come diamanti, coltan e altre terre rare, oro e legnami preziosi - correlata ad una debolezza dell’autorità statale, comporta l’insorgere di numerosi gruppi o fazioni che sfruttano queste risorse per finanziarsi e arricchirsi. Un caso esemplificativo sono i conflitti in Sierra Leone e in Liberia in cui si fronteggiavano diversi warlords al fine di ottenere l’accesso alle ricchezze derivanti dalla commercializzazione dei diamanti, i cosiddetti blood diamonds. Nel caso della Sierra leone, in un paese povero di infrastrutture di trasporto, l’esistenza di un volo diretto FreetownAmsterdam può essere letta come un collegamento diretto tra fornitore e cliente della filiera del diamante.
10Faeron, J., D., Laitin, D., 2003. Ethnicity, insurgency and civil war, in American Politic Science Review, 97 (1), p. 75-80. 11 Ne è un chiaro esempio la Somalia, in cui il perdurare dei conflitti la ha fatta uscire dalle classifiche mondiali dello sviluppo umano.
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Nel contesto africano dunque risulta importante fare distinzione fra conflitti politici o etnoreligiosi. Tuttavia, pare che quali siano i motivi dell'origine delle dispute, in Africa, essi tendono ad assumere presto o tardi i caratteri di un conflitto etnoreligioso12. In molti conflitti civili africani raramente la diversità etnica è motivo di scontro in sé, piuttosto, per tale causa, decisiva è la presenza di gruppi o comunità escluse economicamente e politicamente. Come già analizzato, questo fenomeno è particolarmente frequente a causa della presenza di forti apparati clientelari, che sostituendosi ai normali rapporti pubblici, assumono spesso le forme di “clientelismo etnico”, in quanto l'etnia e anche la religione sono le prime e più facili barriere che delimitano i confini fra inclusione ed esclusione.
Figura 5. Numeri di guerre in Africa per anno.b
Fonte: Uppsala conflict data program e Peace research istitute Oslo (Ucdp/Prio).
Figura 6. Intensità dei conflitti in Africa per anno

Fonte: ACPP, Conflict trends in Africa: a macro-comparative perspective. Report prepared for the Africa Conflict Prevention Pool (ACPP).
12 Esty, D., Goldstone, J., State Failure Task Force Report, in Carbone, G., 2005. L'Africa: gli Stati, la politica, i conflitti, Bologna, il Mulino, p. 125. b Comparando le figure 6 e 7 si può notare una discrepanza fra i valori riportati dalla prima e quelli della seconda. Infatti, non solo è difficile definire con chiarezza quando certe serie di violenze possono essere realmente definite conflitti interni o no, inoltre mentre la figura 6 riporta il numero di guerre e conflitti, la figura 7 ne misura l'entità. Infine, è da sottolineare che i dati della figura 7 termino nel 2005 e, come possiamo notare dalla figura 6, negli anni successivi a quest'ultimo è stato registrato un sostanziale aumento del numero dei conflitti. Proprio per rimarcare questo fatto, è stato deciso di rappresentare la figura 6 fino all'anno 2013.
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