8 minute read
Puglia
giorno 13 i tedeschi iniziarono la distruzione sistematica di tutte le opere e impianti portuali: fabbricati, depositi, gru elettriche, linee telefoniche, condutture idriche ed elettriche. Tutte le navi e i galleggianti presenti in porto furono affondati. Nei combattimenti del 9-11 settembre, le forze italiane ebbero almeno 75 morti e 60 feriti. A Castellammare di Stabia, nei cui cantieri erano in costruzione e in riparazione numerose navi, l’attacco tedesco, condotto da reparti della 2ª divisione paracadutisti, si manifestò fin dal mattino del 9 settembre. Qui animatore della resistenza armata ai tedeschi fu il capitano di corvetta Domenico Baffigo, designato comandante in seconda dell’incrociatore Giulio Germanico, in allestimento. Il tentativo tedesco di impadronirsi dei cantieri, delle navi e della corderia furono frustrati dalla reazione dei marinai, cui si unirono i soldati della difesa. Tutte le navi non in grado di muovere furono danneggiate. La resistenza si protrasse fino all’11 settembre. Nei combattimenti rimasero uccisi il tenente G.N. d.m. Francesco Bottino e il nocchiere Battista Giuseppe Arnao. Baffigo, con altri tre ufficiali (il colonnello Giuseppe Olivieri, il capitano Mario Ripamonti, il tenente del Genio Navale Ugo Molino, della corderia), accettò di parlamentare con i tedeschi e fu proditoriamente arrestato e successivamente (12 settembre) assassinato, assieme agli altri ufficiali, probabilmente, in località Bellavista, Portici (Napoli), senza che i corpi fossero più trovati.(36) Molte delle navi cadute in mano tedesca, non essendo immediatamente impiegabili per i danneggiamenti subiti, furono successivamente distrutte.
Puglia
Advertisement
In Puglia erano presenti ridotti nuclei di paracadutisti tedeschi della 1ª divisione. A Bari, la mattina del 9 settembre, reparti tedeschi s’impadronirono di sorpresa di alcuni degli edifici pubblici principali, non senza incontrare resistenza. Mentre erano in corso scontri attorno alle Poste, paracadutisti tedeschi penetrarono nel porto della città, nel quale si trovavano una ventina di
abitazioni, mentre gli altri dovettero assistere alla fucilazione, in località Madama Vincenza di Fertilia (Teverola, Caserta), di un gruppo di 14 carabinieri, ancora armati, catturati negli scontri del giorno precedente, quando avevano cercato di impedire che i tedeschi occupassero la centrale telefonica e altri edifici pubblici. Successivamente anche i trattenuti, sprovvisti di documenti, furono lasciati liberi. (36) Alla memoria del comandante Baffigo fu decretata la Medaglia d’Oro al Valore Militare. Gli altri furono decorati di Medaglia d’Argento al Valore Militare.
42
mercantili. L’azione, condotta di sorpresa, ebbe buon gioco contro i deboli presidi del porto, e i tedeschi iniziarono a minare le navi presenti (furono affondate da cariche esplosive e da colpi di mortaio o di cannone le motonavi Genepesca II e Vanda M. e il piroscafo Frosinone; fu gravemente danneggiata da cariche esplosive la motonave Volodda e leggermente, da colpi di cannone, il piroscafo Motia). A questo punto ebbe inizio la decisa reazione del generale Nicola Bellomo, che alla testa di artiglieri, marinai, uomini della ex milizia volontaria e alcuni civili attaccò per due volte il porto; l’azione portò alla resa dei reparti tedeschi, che ebbero 7 morti, 45 feriti e numerosi prigionieri; peraltro, come accadde in molti altri posti, questi furono lasciati liberi, con le loro armi, purché si allontanassero dalla città. Bellomo rimase ferito due volte; nell’azione persero la vita un ufficiale, il sergente nocchiere delle capitanerie di porto Walter Facchin e un legionario. Il 10 settembre, avuta notizia dei combattimenti in corso, gli Alleati chiesero al sommergibile britannico Unrivalled (tenente di vascello H.B. Turner), all’agguato davanti al porto pugliese, di acquisire informazioni più precise. Il comandante mandò prima a terra un ufficiale e, poi, verso le 13:30, entrò in porto per rendersi conto di persona della situazione che, ormai, era calma. Accertata la presenza di un’unica unità militare (il cacciatorpediniere Riboty, che aveva scortato la motocisterna Nettuno, partendo da Venezia il pomeriggio dell’8 settembre) e di numerose unità mercantili in grado di navigare, il comandante Turner suggerì di trasferire il cacciatorpediniere a Taranto (località per la quale la nave partì verso le 17 per poi proseguire per Malta con tre sommergibili italiani) e assunse la scorta di un convoglio di nove mercantili, che la sera stessa partì per Malta. L’11 partì, per la stessa destinazione, il Nettuno, seguito, a sera, da un secondo convoglio di sette mercantili, scortati da un altro sommergibile britannico, l’Unruly. I mercantili giunsero a Malta il 14 settembre. In Puglia i tedeschi in ritirata compirono alcune stragi e tentarono azioni di forza anche contro i numerosi depositi isolati della Marina, trovando la pronta reazione del personale locale. I tedeschi tentarono anche di tornare verso Bari, ma nel frattempo (pomeriggio del 12 settembre), la città era stata raggiunta da reparti alleati. A Taranto, il mattino del 9 settembre, erano presenti tre unità tedesche: due motosiluranti, con i motori in precarie condizioni, la S54 (oberleutnant zur see Klaus Degenhard-Schmidt) e S61 (obersteuermaat, capo nocchiere Friedel Blömker) e la motozattera attrezzata per la posa delle mine F 478, in riparazione; il comandante di quest’ultima, un sottufficiale, si portò al pontile del deposito munizioni di Buffoluto, nella parte più interna del Mar Piccolo, chiedendo di imbarcare le 24 mine da fondo TMB, di proprietà tedesca, che vi
43
si trovavano; in un primo tempo ottenne un netto rifiuto, che fu poi cambiato in autorizzazione, verso le 23, dall’intervento diretto del comandante stesso del Dipartimento (ammiraglio Bruto Brivonesi), a condizione che le navi tedesche lasciassero Taranto, subito dopo l’imbarco delle mine. Sulla motozattera prese imbarco anche il tenente di vascello Hans Winkler, dell’Ispettorato Ostruzioni, un ufficiale dei corpi tecnici. Le tre unità, ricevuta la parola d’ordine “Ernte”, esecutiva dell’operazione Achse, verso le quattro del 9 settembre uscirono in mare aperto. Ebbe così inizio l’azione che, in quei giorni, causò notevoli perdite alla Marina italiana. In effetti la motozattera, durante la navigazione in Mar Grande, fra l’ingresso del Canale navigabile e il fanale della secca della Tarantola, disseminò, non notata, le sue mine. Il gruppo navale tedesco, appena uscito da Taranto, si dette a fermare e danneggiare tutti i natanti che trovò sulla sua rotta verso Santa Maria di Leuca, colpendo due o tre motovelieri, alcuni anche armati. Esso era rallentato, nella sua navigazione, dallo stato di efficienza della motozattera, non in grado di superare gli otto nodi; avvistata una nave da guerra che proveniva velocemente di poppa, il comandante della sezione siluranti decise di affondare la motozattera per proseguire più velocemente; in effetti l’unità italiana (l’incrociatore Scipione Africano) superò le navi tedesche ad alta velocità, dirigendo verso Pescara, per assumere la scorta del Baionetta, in rotta per Brindisi, con a bordo il re, la famiglia reale e il governo. Le due motosiluranti proseguirono nella loro rotta e raggiunsero l’Albania, ove cercarono di rifornirsi. Risalirono, quindi, l’Adriatico, lasciandosi dietro una scia di affondamenti. Fra le navi che avevano lasciato Pola, il pomeriggio del 9, vi era anche la cannoniera Aurora (tenente di vascello Attilio Gamaleri), che procedette per Zara, per poi proseguire per Sebenico. Avuta notizia della caduta di questa base, ricevette ordine dal comandante del Corpo d’Armata della Dalmazia di rimanere a Zara. Successivamente il comandante della base, capitano di fregata Ferruccio Rossi, informò il comandante Gamaleri che il generale aveva firmato la resa ai tedeschi, e l’Aurora lasciò l’ormeggio, tardivamente inseguita dal fuoco delle armi dei reparti tedeschi presenti, dirigendo verso Ancona. La mattina dell’11, verso le 4, la nave avvistò le due motosiluranti tedesche; aumentò al massimo la velocità per cercare di allontanarsi ma fu colpita da due siluri e affondò in due minuti; si salvarono 62 degli 88 imbarcati. Alle 6 le motosiluranti incontrarono la motonave Leopardi, che, assieme alla piccola motonave Quarnerolo, presi a bordo circa 1500 fra ufficiali, soldati, marinai, donne e bambini delle famiglie del personale militare che si trovava a Fiume, dirigeva per Venezia. Sulla motonave furono imbarcati i superstiti dell’Aurora e un picchetto armato tedesco, mentre il capitano di corvetta Vittorio Barich e il sottotenente di
44
vascello Francesco Toscano (comandante in seconda e ufficiale del cacciatorpediniere Pigafetta, ai lavori), che si trovavano a bordo, furono imbarcati come ostaggi sulle motosiluranti assieme al comandante della cannoniera. Fu ripresa la rotta verso Venezia. Verso le 16 fu avvistata la costa e una nave da guerra che dirigeva verso sud. Alle 17 fu raggiunto un piccolo piroscafo italiano, il Pontinia (725 t), che fu fermato. Una delle motosiluranti tedesche si occultò dietro il piroscafetto e, alle 17:45, lanciò due siluri contro la nave da guerra italiana, con uomini un po’ dovunque, in coperta e in tuga, che stava sopraggiungendo; questa, appena avvistata la motosilurante aprì il fuoco, ma data la breve distanza (3-400 m) non poté evitare i siluri; la nave si spezzò in due e affondò rapidamente. Si trattava del cacciatorpediniere Quintino Sella (capitano di corvetta Corrado Cini). Andarono perduti 27 uomini dell’equipaggio, fra cui 4 ufficiali. I superstiti, fra i quali il comandante, gravemente ferito a una gamba, e il guardiamarina Piazza al quale, in seguito, fu amputata una gamba, lasciati in mare dai tedeschi, furono recuperati dal Pontinia. In effetti le due motonavi e i pescherecci presenti all’affondamento ricuperarono ben 240 salme, in buona parte di personale che aveva trovato imbarco di fortuna sull’unità. Il 14 febbraio 1944, il comandante Cini fu arrestato dai tedeschi, mentre era ancora degente in ospedale, per essere fucilato, avendo aperto il fuoco su una nave tedesca. Fu successivamente inviato in prigionia nel Campo di Vittel (Francia) e, quindi, trasferito nel campo di rigore di Moosburg (Baviera). Le motosiluranti terminarono finalmente la loro crociera di guerra raggiungendo, con le navi prigioniere, Venezia; il comandante Degenhard-Schmidt fu decorato di Croce di Ferro di 1ª classe; perì poco dopo in Atlantico. La sera del 9 settembre sbarcavano a Taranto i reparti della 1ª divisione Airborne britannica,(37) trasportati dalle navi anglo-americane impegnate nell’operazione Slapstick. (38) Tali navi incrociarono le corazzate Duilio e Andrea Doria, gli incrociatori Cadorna e Pompeo Magno, il cacciatorpediniere Nicoloso Da
(37) L’11 settembre, il comandante della divisione, generale Hopkinson, mentre conduceva una ricognizione nei pressi di Castellaneta (sulla strada per Bari a una trentina di chilometri da Taranto) fu ferito gravemente alla testa. Ricoverato a Taranto all’Ospedale della Marina, vi decedeva. (38) Erano le navi da battaglia britanniche Howe e King Gorge V, l’incrociatore statunitense Boise, gli incrociatori britannici Aurora, Dido, Penelope e Sirius, il posamine veloce Abdiel, sei cacciatorpediniere e unità minori. Le unità, agli ordini del viceammiraglio britannico Power, iniziarono a entrare in Mar Grande alle 17:30 andando alla fonda sotto la guida di piloti italiani. Solo il Boise andò all’ormeggio in banchina nel porto mercantile. L’Abdiel si ormeggiò a circa 700 m dall’imboccatura del canale navigabile.
45