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Il primo attacco alla Linea Gotica (settembre-ottobre 1944

Dichiarazione di appartenenza di un marinaio alla 24a Brigata “Fontanot” XVIII Divisione.

Intanto l’O.S.S./Italy si trasferì a Siena, nella Villa Poggio in Pini, mentre l’O.S.S./AFHQ, il 12 luglio, si spostava da Algeri a Caserta (San Leucio). Il comando della N° 1SF si trasferiva sul Lago di Bolsena e passava al comando del tenente colonnello R.T. Hewitt. In questo periodo le truppe alleate, dopo aver faticosamente conquistato Arezzo (11 luglio), Livorno e Ancona (19 luglio) e Firenze (13 agosto), raggiunsero finalmente la Linea Gotica.

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Il primo attacco alla Linea Gotica (settembre-ottobre 1944)

L’offensiva autunnale contro la Linea Gotica(136) fu lanciata dagli Alleati in condizioni operative non ideali. Da una parte il tempo impiegato per

(136) La linea difensiva tedesca che andava da Pisa a Pesaro assunse, nell’aprile 1944, il nome di Linea Gotica. Nel giugno 1944, come già detto, per i tedeschi essa divenne la Linea Verde, ma per gli italiani continuò a conservare la precedente denominazione.

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raggiungerla, il cambio di alcuni comandanti, la riduzione delle forze disponibili e la sostituzione di truppe esperte con altre nuove, di minor valore e con scarsa esperienza; dall’altra, la forza delle difese fisse costruite dai tedeschi alle quali le truppe, pur provate, ma già esperte, poterono ancorarsi per una difesa efficace; tutto contribuì a far sì che la prima offensiva contro la Linea Gotica avesse solo scarsi risultati. Continuò, nel frattempo, l’azione di appoggio alla Resistenza con l’invio di altre missioni speciali, mentre quelle già sul campo s’impegnavano a fornire ulteriori informazioni e a coordinare l’azione delle formazioni partigiane presso le quali erano distaccate. Aumentò anche l’interesse per le regioni del confine orientale italiano, e l’O.S.S. richiese personale alla Marina da impiegare nella zona. Fu messo a disposizione il comandante Podestà, già impiegato a Roma, che conosceva la zona, e questi, nel settembre 1944, fu inviato a Trieste. La zona aveva sempre rivestito interesse per la Marina, che aveva impiegato alcuni suoi uomini sia nelle missioni speciali alleate, sia per proprio conto. L’obiettivo della Marina era quello di conservare il controllo del confine orientale come era prima delle ostilità e a tal fine furono presi contatti con elementi significativi della Marina Repubblicana, poiché alcuni degli ufficiali e dei sottufficiali di essa svolgevano attività pro-italiana ed erano pronti a collaborare se lo scopo era quello di non far cadere l’Istria in mano agli iugoslavi. Così il segretario del comandante di Marina Trieste, capo furiere Arturo Bergera, che aveva aderito alla RSI, lasciò il servizio nel novembre 1943 per dedicare tutta la sua attività al campo informativo clandestino, incarico che svolse fino all’arrivo a Trieste del comandante Podestà. Questi radunò attorno a sé molti degli uomini che fin dal marzo 1944 avevano collaborato con il gruppo Nemo (del comandante Elia), così con Podestà lavorarono i tenenti di vascello Agostino Straulino(137) e Stelio Bugada, i sottotenenti di vascello Bruno Suttora e Stelio Montanari, il sottotenente di porto Giuseppe La Porta, il sottotenente C.R.E.M. Gaetano De Caro, il capo furiere di 1ª classe Guido Capopresi, il secondo capo furiere Luigi Paoletta e il sergente Giuseppe Malligoi. All’arrivo a Trieste delle truppe iugoslave (2 maggio 1945), il comandante Podestà fu immediatamente arrestato e, in base a un documento datato 30 maggio 1945, che lo accusava di passare informazioni ai nemici della Iugoslavia e della causa partigiana, fu imprigionato a Lubiana, per due anni, e fu rilasciato solo il 9 luglio 1947. Anche il tenente Montanari fu arrestato dagli

(137) Straulino era stato impegnato in territorio occupato, Iugoslavia e Zara, dal 1° novembre 1943 al 15 luglio 1944.

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iugoslavi, e a metà gennaio 1946 era ancora in un campo di concentramento slavo. Il sottotenente di vascello Elio Wochiecevich fu impiegato in zona dal giugno 1944 per dare impulso al movimento di liberazione; partecipò attivamente alla lotta prendendo parte a vari scontri armati, dimostrando decisione, capacità e coraggio; riuscì a costituire una forte formazione di partigiani con la quale condusse attacchi contro i presidi e le linee di comunicazione nemiche. In uno dei combattimenti rimase gravemente ferito, ma restò sul posto per dirigere la lotta fino a che essa si concluse vittoriosamente. Fu successivamente paracadutato nelle retrovie nemiche, ove organizzò audaci e brillanti operazioni che furono tutte coronate da successo. Rientrò in Italia solo nel febbraio 1946.(138) Altri appartenenti all’organizzazione della Marina furono arrestati dagli iugoslavi e alcuni finirono nelle foibe.

Il primo attacco contro la Linea Gotica fu condotto a partire dal 10 settembre e portò alla cattura dei passi del Giogo e della Futa. Esso era stato preceduto dagli attacchi dei reparti della Resistenza operanti sull’Appennino. Non appena liberato dalla prigione di San Giorgio, il comandante Alberto Brofferio(139)

(138) C’è qualche dubbio sul grado poiché in alcuni documenti viene riportato come allievo nocchiere. (139) Il capitano di fregata Alberto Brofferio era stato destinato al Balipedio di Viareggio, città nella quale risiedeva. Subito dopo l’armistizio si mise a disposizione del C.L.N. e contribuì a organizzare la resistenza armata, raccogliendo armi e munizioni, creando bande, distribuendo denaro e viveri. Successivamente si adoperò nell’opera di collegamento fra le varie bande della costa, della valle dell’Arno e per attuare il collegamento con le unità operanti in Piemonte e con gli Alleati. Iniziò anche la raccolta delle informazioni sugli apprestamenti difensivi che i tedeschi andavano costruendo per dar vita alla Linea Gotica. Sorvegliato strettamente, fu arrestato il 28 ottobre 1943, assieme all’ammiraglio di squadra Ettore Sportiello, che risiedeva, come lui, a Viareggio. Appena rilasciato, riprese l’attività organizzando attacchi e sabotaggi nella zona Carrara-Viareggio. Brofferio fu di nuovo arrestato il 18 gennaio 1944 ma, liberato, riuscì ad attuare, con l’aiuto del capitano di porto Riccardo Rangoni, il collegamento radio con la 5a Armata. Liborio Guccione (Missioni “ROSA”-“BALILLA” Resistenza e Alleati) attribuisce a Brofferio la distruzione, il 19 gennaio, del poligono del Balipedio, con sette morti. I tedeschi e i fascisti ritennero che si fosse trattato di un incidente. La sua abitazione era ora strettamente sorvegliata, ma i carabinieri, cui era affidato il servizio, gli lasciarono ampia libertà. Il 5 marzo fu arrestato (assieme ad altri 70 sospettati) per la terza volta, finendo per

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divenne il coordinatore del gruppo così formatosi, incarico che mantenne fino alla liberazione di Lucca (5 settembre 1944). Poco dopo furono liberate Pistoia (8 settembre) e Pisa (20 settembre 1944). Nella zona di Lucca, a Unghialcaldo, i tedeschi fucilarono, il 20 settembre 1944, il capitano di fregata Umberto Patris. Il 7 settembre l’operatore radio della missione Fig, Salvatore Amodio, attraversò a piedi le linee tedesche e raggiunse il comando alleato, informando che i suoi capi, De Basseggio e Bucalo, erano stati arrestati dai partigiani di Tito e dai tedeschi. Nello stesso periodo era sorta un’altra necessità legata al progredire delle operazioni: quella di fornire informazioni sulle forze tedesche che operavano a cavallo delle Alpi occidentali per coordinare l’azione dei partigiani italiani del Piemonte occidentale e quella dei “maquis” francesi. Fu quindi organizzata una complessa missione (Papaya) che si articolava in quattro gruppi:

Papaya 1 - guardiamarina David Peck; un civile, Berruti; il radiotelegrafista Duro; un soldato italiano Longo;

Papaya 2 - maggiore US John Tozzi; tenente Milton Wolf; David Colin, sergente La Gatta; radiotelegrafista Salvatore Amodeo;

Papaya 3 - capitano US Joseph Bonfiglio; Cosenza, sergenti US Chester Maccarone e De Tiberia;

Papaya 4 - da infiltrare per il reparto del tenente Goff, che doveva entrare in Piemonte per operare con una formazione comunista, Petroni, Rossi e Dariot. La missione doveva avere contatti con Craveri, in Svizzera, e con il tenente dell’aeronautica Riccardo Vanzetti, Renato, un uomo di Boeri. Il 28 settembre la missione lasciò Siena giungendo nel pomeriggio ad Annecy. Una parte procedette per Grenoble e una parte per Guillestres. Venuto a mancare il previsto contatto, Renato Tozzi assieme al suo gruppo e a Peck e Berruti, decise di procedere verso il confine per raggiungere la Val Pellice. Il due ottobre la radio di questo gruppo, Logan, attuò il primo collegamento con il comando alleato. Un altro messaggio giunse il giorno dopo, poi più niente. Il

collezionare quasi cento giorni di carcere. Con l’aiuto di compiacente personale della questura di Lucca si fece trasferire in un ospedale, dal quale fuggì per assumere il comando delle formazioni partigiane che operavano tra il fiume Serchio e le Alpi Apuane, a sud di Gallicano, fino alla liberazione della Versilia (settembre 1944). Fra i suoi collaboratori vi erano ufficiali e sottufficiali dell’Esercito e un impiegato dell’Arsenale della Spezia, Mario Lena, fucilato per la sua attività partigiana. Il 5 aprile 1945, mentre si trasferiva in auto da Firenze a Lucca, per incontrarsi con elementi della Resistenza, il comandante Brofferio morì in un incidente automobilistico.

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