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La Resistenza dei militari destinati oltremare
Nel corso della campagna d’Italia la N° 1SF(149) impiegò, in territorio nemico, 217 militari britannici, di cui 59 BLO (British Liaison Officers), inviati solo nell’imminenza della fine della campagna (vale a dire dopo il 1° aprile 1945). Secondo i dati ufficiali gli agenti o collaboratori italiani del SOE furono 108.(150)
La Resistenza dei militari destinati oltremare
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Come già riferito, molti dei militari sbandatisi all’atto dell’armistizio parteciparono, in seguito, alla resistenza nei paesi in cui si trovavano, sia in organizzazioni nazionali locali, sia per proprio conto. È praticamente impossibile ricostruire il quadro di tale partecipazione, poiché molti dei protagonisti scomparvero senza lasciare traccia nel caos indicibile che seguì alla dichiarazione d’armistizio, a seguito della quale la maggior parte dei militari italiani all’estero si trovò sola con se stessa.
(149) Il già cit. L’azione dello Stato Maggiore Generale ..., p. 65-112, riferisce sul lavoro svolto dal S.I.M./N° 1SF. In particolare la Parte II riguarda l’Organizzazione delle missioni militari. Da pagina 76 a pagina 87 sono elencate le missioni con date e sigle. Fra i caduti sono riportati tre radiotelegrafisti della Marina (Cingolani, Fabbrucci e Negri). (150) M.R. Foot, storico “ufficiale” del SOE, nel libro SOE, 1940-46, London, 1984, parla, invece, di diverse centinaia. Sono stati trovati altri appartenenti alla Marina che, per la loro attività oltre le linee furono decorati al valore, ma di loro non è stato possibile trovare la relativa attività; li si riporta comunque con i dati trovati: - sottotenente di vascello Renato Ruffo, Medaglia di Bronzo al Valore Militare,
Mediterraneo e Territorio Occupato, settembre 1943-giugno 1944; - sottotenente delle Armi Navali Rosicarelli Massimo, Medaglia d’Argento al Valore
Militare; - capo infermiere di 1ª classe Arbizzani Giuseppe, Medaglia d’Argento al Valore Militare, aviolanciato oltre le linee, 13 ottobre 1944; - capo furiere di 3ª classe Nizzardo Giustacchini, Settefondi, 21 aprile 1945; - sottocapo silurista Mario Schiffo, Italia settentrionale, 3 marzo 1944-26 aprile 1945; - sottocapo Mario Senieri, Italia settentrionale e centrale, 8 settembre 1943-2 maggio 1945; - furiere Giacomo Bonifazi, Medaglia di Bronzo al Valore Militare; - marinaio Salvatore Brundu, Medaglia di Bronzo al Valore Militare; - marinaio Gabriello Ricci, Medaglia di Bronzo al Valore Militare; Zona di operazioni, agosto 1944-aprile 1945, volontario aviolanciato, azioni contro comunicazioni e impianti; collegamento con reparti partigiani.
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Circa 40 000 italiani combatterono nelle unità del N.O.V.J. (Narodno Oslobolilacka Vojcka Jugoslavje, Esercito Popolare di Liberazione della Iugoslavia). In Albania operarono, in tempi diversi, l’E.L.N.A. (Esercito Nazionale di Liberazione Albanese), con una forza di circa 70 000 uomini (commissario generale Enver Hoxka), il battaglione Truppe Italiane della Montagna (su tre compagnie), la brigata d’assalto Antonio Gramsci. Circa 43 000 furono i combattenti italiani presenti, compresi molti marinai, nelle varie organizzazioni in Iugoslavia, Grecia, Albania, ove anche interi reparti italiani entrarono a far parte della Resistenza. Circa 18 000 italiani combatterono nella Resistenza in Francia, che ebbe circa 2000 caduti. In Balcania vi furono casi di adesione all’impiego nelle Forze Armate tedesche, accettazioni del lavoro per i tedeschi e personale che rimase in campi di internamento tedeschi (Mostar, Croazia; Vodice, Velica Gorica, Zagabria; Muggia, dove era anche un ospedale). Alcuni cercarono di fuggire e, a volte, vi riuscirono. Nella zona contesa di confine (provincie di Trieste, Gorizia e Udine) sorsero numerose unità partigiane sia italiane (in particolare Osoppo), sia titine. L’8 settembre 1943, il marinaio Pino Budicin si fece consegnare alcune armi dai soldati e iniziò la propria attività partigiana. L’8 febbraio 1944 venne catturato dai tedeschi e massacrato. Alla sua memoria venne intitolato un battaglione partigiano che operò dal 14 aprile 1944 all’8 maggio 1945, in Croazia, Slovenia e Istria, partecipando alle operazioni per la presa di Pola. A Cormons, il 10 settembre 1943, venne costituito il 1° battaglione Garibaldi, che operò nel Collio; lo comandò il marinaio di Monfalcone Mario Modotti, Tribuno, catturato e fucilato nelle carceri di Udine il 9 aprile 1945, assieme a 28 comandanti garibaldini. Alla sua memoria fu decretata la Medaglia d’Argento al Valore Militare. In provincia di Udine operava il 1° distaccamento Garibaldi, comandato dal marinaio triestino Mario Karis, Maks. Caduto in combattimento, il 27 settembre 1943, gli fu intitolato un battaglione partigiano che, successivamente, si trasferì nella Slavia friulana. Nella zona di Zara, alla caduta della città, fu costituito il battaglione italiano Goffredo Mameli, nel quale erano presenti numerosi marinai. Il 3 dicembre 1943, il battaglione fu inserito nella 3ª Brigata. Nel maggio 1944, alle dipendenze dell’VIII Korpus, il battaglione, con un organico di 218 uomini, partecipò alla liberazione di Belgrado. Fin dal 13 settembre 1943, reparti italiani passarono a fianco della Resistenza iugoslava. A Spalato, due ufficiali superiori dei carabinieri, i tenenti colonnelli Attilio Venosta e Luigi Venerandi, con altri ufficiali ed elementi di
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vari reparti (200 carabinieri e 150 militari, compresi alcuni marinai) costituirono il battaglione Garibaldi. Il 4 ottobre, il Garibaldi fu inquadrato ufficialmente come 5° battaglione, nella 1ª Brigata Proletaria, della 1ª divisione del II Korpus del NOVJ. Il 15 ottobre, nell’entroterra spalatino, circa 250 militari italiani, in buona parte appartenenti alla divisione Bergamo, costituirono il II battaglione Garibaldi, poi diventato battaglione Matteotti. Nel periodo settembre 1943-ottobre 1944 ogni battaglione ebbe una forza compresa fra i 400 e i 500 uomini. Il 29 ottobre 1944, i battaglioni Garibaldi, Matteotti e Mameli confluirono nella neocostituita Brigata Italia, della 8ª Divisione d’assalto. Ad essa, il 1° novembre, si unirono circa 600 militari già prigionieri dei tedeschi; il 18 novembre venne costituito il 4° battaglione Fratelli Bandiera e la Brigata venne ad avere la forza di circa 3000 uomini. Dal novembre 1944 alla fine delle ostilità, ogni battaglione ebbe la forza di circa 1000 uomini. Nel maggio 1945, la Brigata Italia partecipò alla presa di Zagabria. Nel corso della campagna condotta in Iugoslavia aveva avuto 213 caduti. Successivamente la brigata fu trasformata in divisione Italia su 4 brigate d’assalto. Nel corso di tale trasformazione, il 3° battaglione della 4ª brigata Fratelli Bandiera fu intitolato Marcello Piantanida, dal nome del marò caduto il 2 febbraio 1945 a Prnjavor. Il 27 giugno 1945 la divisione ricevette l’ordine di rientrare in Italia e giunse a Torre di Zuino, in provincia di Udine, il 2 luglio, con circa 4500 uomini. Il 7 luglio la divisione raggiunse Udine. Il 31 luglio 1945 la divisione Italia fu sciolta. Altre unità partigiane nacquero in Istria, fra cui una al comando del marinaio friulano Giovanni Zol, che cadde in combattimento, il 12 novembre 1943, nei pressi di Udine d’Istria. A lui fu intitolato il battaglione Zol che, nell’aprile 1944, divenne battaglione triestino d’assalto. Nel battaglione Alma Viroda, costituito nel novembre 1943, di cui faceva parte l’intendenza Montes, dipendente dal IX Korpus, operarono numerosi marinai italiani. Nell’ospedaletto partigiano Bolnica Franja, nascosto nella folta vegetazione della Gola di Pasce, nei pressi di Novaki, morì il 17 marzo 1945 il marinaio di Cividale Rino Blasigh, Franco, vice-comandante del battaglione nel quale prestava servizio. Fu decorato di Medaglia d’Argento al Valore Militare. Numerosi furono i marinai che operarono nella divisione d’assalto Garibaldi Natisone, su 5 brigate, forte di 5121 uomini, che ebbe oltre 1400 caduti. Il 2 maggio 1945 la divisione raggiunse Trieste e depose le armi a Udine il 20 maggio.
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Nell’Italia liberata talune organizzazioni partigiane iugoslave, pesantemente appoggiate dagli Alleati, svolsero un’intensa attività rivolta a indurre militari e civili italiani, in particolare quelli originari dei territori annessi dall’Italia o che gli iugoslavi intendevano annettersi (dal Tagliamento all’Istria e Dalmazia), ad arruolarsi nelle formazioni militari iugoslave. Il comitato partigiano iugoslavo di Roma aveva sede nella pensione Bordighera, via del Garigliano, ed era retto dall’ex ministro di re Alessandro, Svetosar Pribicevic, un serbo, nominato generale dell’esercito di liberazione iugoslavo. Tale comitato svolgeva importanti funzioni presso i comandi alleati e si avvaleva dell’opera di 36 ufficiali iugoslavi e disponeva di larghi mezzi finanziari. Tra gli altri compiti arruolava italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia nell’esercito di Tito. Alla data del 23 settembre 1944 (come risulta da un foglio dello stato maggiore generale), il reclutamento aveva un flusso giornaliero di 20-30 giovani, con oltre 600 giovani già inviati in Iugoslavia; in data 15 settembre, dalla provincia di Roma sarebbero giunti 115 giovani. Gli italiani, però, sarebbero stati destinati a reparti operanti in Bosnia e nel Montenegro, regioni lontane dai loro paesi di origine. I giovani vennero inviati a Bari, già con tre divise di dotazione (due britanniche e una statunitense). Vennero reclutate anche donne, svolgendo una speciale propaganda fra le domestiche di Roma, in gran parte friulane e giuliane. Dall’altro lato stava l’opera dei Comitati di Assistenza per iugoslavi di via Quintino Sella e via Po, contrastata, perché retti da cetnici fedeli al re. Ancora il 13 dicembre 1944 lo stato maggiore generale tornava sull’argomento denunziando l’opera delle organizzazioni partigiane iugoslave che continuavano a incitare alla diserzione i militari giulio-dalmati-friulani, perturbando l’efficienza morale e materiale delle nostre FF.AA. e che, nello stesso tempo rappresentava una violazione dei diritti sovrani dello Stato italiano. Dai porti pugliesi partivano il piroscafo Bakar (sul quale prestavano servizio anche marinai italiani, fra cui Giuseppe Lorenzut) e altre imbarcazioni dirette a Vis (Lissa). Al termine delle ostilità molti marinai che rientravano dalla Iugoslavia denunciarono di essere stati avvicinati in Italia da agenti iugoslavi che li drogarono e, quindi, si ritrovarono in Iugoslavia, impiegati nella Marina partigiana spesso con compiti di manovalanza e in stato di quasi schiavitù (come visto nella descrizione fattane dallo stato maggiore Marina a fine 1944). Lungo il litorale e le isole dalmate era stata costituita, già nel luglio 1941, la Marina partigiana iugoslava su due barche da pesca e 10 uomini. Durante l’occupazione italiana numerose furono le azioni condotte dalle imbarcazioni
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armate partigiane contro le linee di comunicazione marittime che, data l’accidentata configurazione orografica della regione, costituivano una delle principali vie di rifornimento e alimentazione. Il 18 settembre 1943 venne costituito il Comando Flotta Natanti Armati, che impiegava le numerose imbarcazioni catturate durante il mese e le armava con le armi automatiche cadute in mano partigiana. Il 24 ottobre venne costituita la Mornaricka NOVJ (Marina dell’esercito partigiano). Lo stato maggiore e la base principale furono stabilite a Vis (Lissa), ove fu posta anche la base operativa delle motosiluranti britanniche (20ª e 24ª squadriglie) inviate in appoggio alle operazioni della Resistenza iugoslava. In tale isola si portò anche il 2° Commando britannico e, dal febbraio 1944, il 43° Commando Royal Marines, il 2° SSB(151) e il 40° Commando, circa 2000 uomini, che contribuirono grandemente alla riuscita delle operazioni in Iugoslavia. Sulle imbarcazioni partigiane (Naorizani Brod, N.B., naviglio armato; o Patrolni Camac, P.C., barche pattuglia) i meccanici, i mitraglieri e i motoristi erano quasi tutti marinai italiani (volontari, ex internati dei tedeschi fuggiti, catturati); numerosi marinai triestini, goriziani e udinesi fecero parte delle Viska Flotilla (Flottiglia di Lissa), della Bracka Flotilla (Flottiglia di Brazza), della Hvarska Flotilla (Flottiglia di Lesina), della Kvaenerska Flotilla (Flottiglia del Quarnaro) e di altre flottiglie partigiane. Su una delle più famose imbarcazioni partigiane, la Crvena Zvijezda (Stella Rossa), ammiraglia della flotta, saltata in aria su mine, prestava servizio, con il grado di maresciallo, il marinaio friulano Carlo Mini, da Nimis. Sulla PC 56 e, successivamente, sulla PC 47, prestò servizio il marinaio Federico Vincenti, da Udine; sul veliero Tomislav Stormoska era imbarcato il sottufficiale Redento Fanin. Il 15 maggio 1944, il motoveliero Bianca Stella, già armato con una mitragliera da 37, una mitragliera quadrinata da 20, una Breda 20, quattro mitragliatrici, un mortaio da 45 e uno da 81, ebbe il suo armamento ulteriormente potenziato con una mitragliera da 40 e due mitragliatrici da 8; entrò quindi a far parte della Marina partigiana con il nome di NB-11. Tali imbarcazioni contribuirono al recupero dei soldati italiani fuggiti dal lavoro coatto e dalla prigionia tedesca. Dalle zone costiere ove giungevano guidati dai partigiani, gli italiani vennero trasferiti a Lissa, sia con imbarcazioni partigiane, sia con mezzi da sbarco inglesi. Nel marzo 1944 circa 150 italiani, in gran parte meridionali, raggiunsero in questo modo Lissa e furono inquadrati in una compagnia della 8ª brigata dalmata della 31ª divisione Prekomorska. Il 15 maggio successivo, agli ordini del
208 (151) SSB, Special Service Brigade, Brigata Servizi Speciali.