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LA REAZIONE DELLA STAMPA UMBRA

In Italia i giornali per alcuni giorni furono lasciati all' oscuro delle gravi perdite subite dal corpo di spedizione a Sciara Sciat. In Umbria "La Democrazia" il 25 ottobre diede notizia dello scontro in poche righe: "Stamattina si è pronunziato un attacco su diversi punti da parte di nuclei di cavalleria araba , con qualche regolare turco. L'attacco era già stato respinto ovunque alle 9,30. Nella stessa ora, però, alcuni arabi dell'oasi cominciarono a sparare alle s palle delle truppe sugli avamposti. Sono stati presi rigorosissimi provvedimenti anche per la consegna delle armi nelle oasi e si sono operati numerosi arresti."

Nessun accenno a perdite subite dalle nostre truppe. Ma il fatto non deve sorprendere: oltre alla censura militare le notizie venivano filtrate dall'agenzia Stefani di Torino che riceveva i comunicati e i dati dai comandi e dal governo italiano e li diramava ai giornali. D'altronde, lo stesso Caneva per alcuni giorni fu restio a dare le giuste informazioni . Da "L' Unione Liberale" del 26 ottobre risulta, infatti, che due giorni prima aveva inviato all'agenzia Stefani un telegramma con cui, dopo aver elogiato il contegno delle truppe nello scontro del 23, aveva riferito che da parte italiana vi erano stati soltanto sei morti e alcune decine di feriti e che "il nemico" era stato "completamente respinto con gravi perdite." Aggiungeva che si era proceduto alla "fucilazione di parecchi rivoltosi e a numerosi arresti", nonché ad "imbarcare parecchie centinaia" di arabi.

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"L'Unione Liberale", sempre il 26 ottobre, commentò il telegramma di Caneva che minimizzava il numero delle perdite italiane, con un articolo dal titolo in lettere cubitali LA BELLA MORTE in cui, tra l'altro, con forti accenti di retorica patriottica, si sosteneva questa tesi: "Il paese sappia, dunque, sempre la verità, magari brutalmente, senza indugi come la gravità del momento storico esige; del resto esso è ben atto a comprendere, a tutto osare [... ] vincere, dunque, anche a costo della morte, 'vivere non necesse, necesse . '" est navigare .

"Il Popolo" accentuò, invece, la sua opposizione alla guerra e il 28 ottobre, quando dalla T ripolitania cominciarono a pervenire notizie sulla reale entità delle perdite italiane, pubblicò un articolo fortemente polemico contro la Monarchia: "I morti che hanno raggiunto il centinaio, e che aumentano sempre, saranno dimenticati da coloro che esaltano l'impresa, e se la preda di una nuova terra verrà ad allargare i confini d'Italia, si griderà che tutto è gloria monarchica della Casa Savoia". Nell'articolo ce n'era anche per i socialisti e i sindacalisti rivoluzionari che sulla guerra di Libia si erano divisi tra favorevoli e contrari: "Intanto, però, il risultato politico odierno dell'impresa tripolina è la dimostrazione della bancarotta del sovversivismo."

Qyando la dimensione dei fatti di Sciara Sciat cominciò ad apparire in tutta la sua gravità, in Italia l'opposizione alla guerra si fece più dura.

Gli anarchici incitavano alla diserzione e il 30 ottobre nella caserma Cialdini si verificò un estremo atto di ribellione allorché Augusto Masetti, una giovane recluta del 35° fanteria, in procinto di essere inviato in Libia, al grido: "Viva l'anarchia, abbasso la guerra!" sparò un colpo di fucile al suo comandante, il tenente colonnello Stroppa, ferendolo ad una spalla . In sostegno di Masetti che fu internato in un manicomio militare sorsero comitati di antimilitaristi in Italia e all'estero che misero in serio imbarazzo il governo Giolitti.

A Perugia coloro che si opponevano alla guerra sembravano essere una minoranza. Uguccione Ranieri di Sorbello ha scritto che il 2 novembre, quando i "soldati della guarnigione" si recarono alla stazione per partire per la Libia vennero accompagnati "con canti e musica". Tuttavia tra la gente c'era una certa preoccupazione per i fatti di Sciara Sciat e per la notizie riguardanti la morte di un marinaio perugino, tale Lando Albi Bochini, e il ferimento del conte Pompeo di Campello. 42 In città si raccoglievano offerte in "denaro per le famiglie dei caduti" mentre, ad imprecare contro la guerra, secondo i ricordi di questo scrittore, erano i socialisti con il loro giornale, "La Battaglia", che subì anche un processo "per istigazione alla diserzione" .43

Probabilmente l'articolo incriminato era quello del 7 novembre dal titolo Il soldatino di piombo in cui si criticavano i giovani che esaltav ano e giustificavano l'impresa tripolina "in nome della patria" e li si invitava a dare più importanza alla loro "esistenza" invece di "spenderla nel falso orgoglio di una falsa grandezza di patria".

A Terni "La Turbina" del 4 e dell'll novembre pubblicò articoli di forte opposizione alla guerra con titoli drammatici come Guerra al regno della morte e Capitale di sangue. In uno di questi articoli, con riferimento all'infortunio mortale di un operaio delle Acciaierie verificatosi in un reparto dove si fabbricavano proiettili per cannoni, si incitarono le madri dei richiamati ad insorgere perché "gli stessi proiettili, la cui fabbricazione è costata la vita ad uno dei figli, domani a Tripoli ne uccideranno un secondo".

42 Il co nte Pompe o d i Campello, uffic ia le di cav a ll er ia e fotogr afo de lla s ped izi one, a rrivò a Tr i poli il 14 o tt obre e fu ferito il 24 ottobre.

43 U . Ranieri d i $o rbe ll o, Perugia della bell'Epoca, ... c it., p. 540.

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