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LA SEC ONDA ONDATA DEL CORPO DI SPEDIZIONE

In questo clima di febbrile attesa di una nostra offensiva partì la seconda ondata del corpo di spedizione nella quale vi erano anche molti richiamati umbri. Dai ruoli matricolari conservati negli Archivi di Stato di Spoleto, Perugia e Viterbo risulta che i soldati umbri della classe 1888 appartenenti a questi reparti giunsero ai distretti di Orvieto, Perugia e Spoleto alla fine di se ttembre e che entro la prima decade di novembre si imbarcarono per la Tripolitania e la Cirenaica.44

Il 2 novembre furono mobilitati anche i soldati della classe 1889 dei quali molti furono imbarcati a marzo-aprile 1912.

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All'epoca il distretto di Orvieto comprendeva anche il circondario di Viterbo dove era acquartierato il 60° reggimento fanteria che fu mobilitato. Pertanto i richiamati che si presentarono al distretto di Orvieto vennero per gran parte aggregati al 60°che partì a marzo.

Il distretto di Perugia e il distretto di Spoleto erano rispettivamente sede del 51 ° reggimento di fanteria "Alpi" e del 52° reggimento fanteria "Alpi", ognuno della forza di 2.500 uomini suddivisi in tre battaglioni. Entrambi traevano origine dalla brigata "Cacciatori delle Alpi", costituita nel 1859 a Cuneo con tre reggimenti di volontari agli ordini di Garibaldi per combattere nella seconda guerra di indipendenza. Avevano come motto "Obbedisco", l'unica parola del telegramma che Garibaldi inviò il 10 agosto 1866 a La Marmora, durante la terza guerra di indipendenza, in risposta all'ordine ricevuto di arrestare la sua avanzata verso Trento.

44 Nel 1911 i distretti militari dell'Umbria erano Perugia, Spoleto e Orvieto. Il distretto di Orvieto comprendeva il circondario di Orvieto e di Viterbo. Successivamente, il distretto di Orvieto fu soppresso e fu istituito il distretto di Viterbo che incamerò il ci rcondario di Orvie to. Attualmente, a segu i to delle numerose modifiche apportate negli anni alle circoscrizion i militari italiane, i fogli matricolari dei militari umbri che tra il 1911 e il 19 12 partirono per la guerra sono cust0diti negli arch ivi di Stato di Perugia, Spoleto e Viterbo.

Il 51 ° reggimento non fu mobilitato per la Libia ma con 24 ufficiali e 1.270 soldati concorse alla formazione di altri reggimenti, come il 60°, 1'89° e, in particolare, del 52° comandato dal colonnello Giuseppe Amari, che invece ebbero l'ordine di partire.

Mentre i richiamati umbri partivano per Napoli dove si sarebbero imbarcati per la Tripolitania , il Consiglio Provinciale dell'Umbria, composto per gran parte di liberali possidenti, volle dimostrare il suo incondizionato plauso alla spedizione e nella seduta del 4 novembre 1911 il presidente, l'avvocato Francesco Fratellini, pronunciò, fra gli applausi dei consiglieri, levatisi tutti in piedi, il seguente discorso:

"Signori consiglieri, sulle coste settentrionali, in questa ora trepida, i nostri prodi soldati combattono per l'onore e la grandezza d'Italia.

A loro vada il saluto e l'augurio nostro.

Sia il saluto traboccante di tenerezza - esp re ssione ardente di fede e amore all'esercito - ammirazione per le sue eroiche virtù - sia testimonianza della sua gloria

- benedizione della Patria.

Sia l'augurio dell a vittoria - presagio di fortuna e di trionfo della civiltà contro superstizione e barbarie

- sia speranza nella pronta fecondità della pace, quan- do all'azione cruenta delle vendici spade succederà l'azione dell'aratro pio che, sui rinnovati solchi dell'inospitale terra, ricanterà le glorie immortali dell'antica Roma!

Vivano l'Esercito e la Marina generosi e forti, orgoglio purissimo della Nazione - che trionfatori invitti, disperdano il tradimento di falsi amici e il vaticinio infausto di supposti alleati!

Vivano i fratelli nostri che laggiù, nella luce della gloria sul campo, nobili e plebei, in santa armonia congiunti combattano per l'onore e a grandezza d'Italia."45

In questo clima di entusiasmo patriottico che contagiava tutta l'Umbria, i socialisti perugini erano sempre più isolati, ma attraverso "La Battaglia", continuavano a dichiararsi fermamente contrari alla guerra. Gli altri socialisti umbri non furono da meno e, il 6 novembre, contrariamente a quanto accadeva in altre regioni italiane, diedero dimostrazione di una certa compattezza quando il Consiglio Federale Socialista Umbro, riunitosi in Assisi sotto la presidenza di Angelica Balabanoff, votò all'unanimità un ordine del giorno di protesta "contro la guerra in cui pazzescamente si è impegnata l'Italia."

Secondo Del Boca, la seconda ondata del corpo di spedizione venne inviata dopo i tragici fatti di Sciara Sciat al fine di "galvanizzare" Caneva e convincerlo a passare all'offens iva. Furono sp edi ti in Libia, in poco più di due mesi, "55 mila uomini, 8 . 300 quadrupedi, 1.500 carri, 84 cannoni da campagna, 42 da montagna, 28 da assedio e nuove squadriglie di aerei"46

Finalmente il 26 novembre Caneva si decise ad avanzare.

Cir ca 20.000 uomini lasciarono le trincee e affrontarono il nemico con le baionette inastate per riconquistare forte Messri e Henni. L'inizio dell'avanzata fu preceduto da un intenso fuoco di artiglieria che Castellini ha descritto così: "Fa freddo. Il cielo non è ancora rotto dai bagliori antelucani. Un grave sonno mi t en ta e quasi mi assopisce. Ma ecco, tra le cinque e le sei il cannone. L'artiglieria di marina, l'artiglieria di montagna e l'artiglieria di campagna si desta. Ci siamo! I colpi si succedono ai colpi, metodici e frequentissimi: le granate di marina scoppiano rintronando nell'Oasi. Lo spettacolo mirabile è cominciato. Il piano di guerra ha tutta la bellezza e la nobile architettura di una sinfonia eroica."47

All'azione parteciparono anche alcuni dirigibili, di cui uno al comando di Valli, i quali precedevano i nostri reparti gettando dall'alto dei messaggi con l'i ndicazione della posizione delle truppe nemiche. 48 46 A. Del Boca, Gli Italiani in Libia, ...cit., p . 126. 47 G. Castellini, Nelle trincee di Tripoli, ... cit., p. 143.

Il combattimento durò dodici ore e alla fine gli Italiani ebbero la meglio e riconquistarono le posizioni che avevano dovuto abbandonare un mese prima. Le perdite da parte nostra, secondo i dati comunicati da Caneva, furono di 21 morti e 110 feriti.

Alla riconquista di Messri partecipò anche il 52° reggimento fanteria "Alpi" che per il suo comportamento meritò "l'encomio del comando del corpo di spedizione."49

Il consiglio comunale di Spoleto volle esprimere il suo apprezzamento per il successo ottenuto dal reggimento di stanza nella sua città e il 29 novembre decise all'unanimità di inviare al colonnello Amari "un telegramma di felicitazioni per la eroica condotta degli ufficiali e dei soldati che indossano la camicia rossa" .

Anche il consiglio comunale di Temi nella seduta del 4 dicembre, "riaffermando i suoi vibranti sentimenti di umanità e patriottismo", decise all'unanimità di inviare "un tel egramma di saluto alle truppe combattenti in Tripolitania" esprimendo "voti" perché la guerra avesse "presto termine con onore e gloria per la Patria nostra".

Qiello stesso giorno Caneva, reso fiducioso dalla riconquista di Messri e Henni, decise di spingersi ancora più a sud e attaccare l'oasi di Ain Zara, situata ad una decina di chilometri da Messri, da dove partivano gli attacchi frontali contro la linea delle trincee italiane.

I comandi avevano avuto informazioni sulla consistenza del nemico dai nostri aviatori. Uno di questi, il tenente Gavotti, il 1° novembre, nel sorvolare l'oasi, aveva anche effettuato il primo bombardamento della storia dell'aviazione militare gettando sul campo turco delle bombe sfe- riche Cipelli di due chilogrammi.SO Il resoconto dell'autore di questa impresa fu riportato sulla prima pagina de "La Democrazia" del 4 novembre: "Quando giunsi presso l'accampamento mi innalzai per portarmi fuori tiro da possibili fucilate; poi iniziai una serie di giri concentrici sull'oasi. L'apparecchio funzionava perfettamente: rallentai alquanto la velocità e quando mi parve di essere proprio sopra il centro dell'accampamento di Ain Zara lasciai cadere una granata. Il fragore dello scoppio e l'eco confusa di grida feroci giunsero fino a me. Contemporaneamente una scarica di fucileria crepitò senza però che le pallottole giungessero a colpire l' Etrich. Ritornai altre tre volte all' oasi e lanciai un'altra granata che gettò maggior scompiglio nel campo ottomano . Vidi fuggire altre torme di soldati in ogni direzione. Gettai altre due granate contro uno stormo di fuggiaschi. Anche gli armenti si sbandarono dal recinto dove erano rinchiusi".

48 G. Valli, Tra mare e cielo, cit., p. 153.

49 Cfr. 52° Reggimento fanteria ''Alpi ' ~ Tipografia dell'Umbria, Spoleto 1935, p. 74.

Per l'azione su Ain Zara, Caneva impiegò un vas to schieramento di forze formato dai reggimenti 16°, 40°, 11 ° bersaglieri e il 52° . Quest'ultimo con due battaglioni ebbe il compito "di piombare sul fianco destro e sul tergo dello schieramento nemico" dove in una moschea e nelle case adiacenti erano asserragliati forti reparti di regolari turchi. "Ordinato l'assalto, i nostri fanti si lanciarono con la consueta foga verso l'avversario, ma superate le prime case, dopo una lotta accanita, dovettero fermarsi perché il fuoco era così intenso che non permetteva di proseguire."51

Alle tre del pomeriggio, dopo un combattimento iniziato alle sei del mattino, gli arabo-turchi si ritirarono lasciando molti cannoni in mano agli italiani.

50 S. Romano, La Quarta Sponda, ...cit., p. 181.

51 Cfr. 52° reggimento di fanteria, ... cit., p. 75.

In questa azione persero la vita 8 soldati e un sottotenente del 52°, men tr e il numero totale delle perdite di tutti i reparti fu di 23 morti e 107 feriti.

Il successo conseguito a Ain Zara venne offuscato dall'impiccagione eseguita 1'8 dicembre su una piazza di Tripoli di 14 arabi "traditori". La foto delle forche fece il giro del mondo procurando critiche al comportamento dell'esercito italiano. L' "Avanti!" commentò le immagini con le parole: "I barbari siamo noi!"

Il 19 dicembre venne organizzata una spedizione al comando del colonnello Gustavo Fara contro l'oasi di Bir T obras che si trovava a sud di Ain Zara. La colonna era composta da due battaglioni dell'l 1° bersaglieri, un battaglione del 2° granatieri, una sezione di artiglieria da montagna e uno squadrone del Lodi Cavalleria, per un totale di circa 3.000 uomini . 52 L'oasi distava circa 12 chilometri ma la colonna perse più volte l'orientamento e vagò per sette ore tra le dune prima di raggiungerl a . Una volta sull'obbiettivo Fara ordinò l'attacco contro la posizione nemica che aveva di fronte ma il grosso degli arabo -turchi, che era alle sue spalle, lo attaccò sul fianco destro. Fara credendosi accerchiato ordinò ai suoi di fare un quadrato scavando trincee e ripari con le baionette. Il combattimen to si protrasse per il resto del giorno e per tutta la notte con perdite da entrambe le parti. In questa azione sei militari italiani persero la vita . Tr a questi vi fu Guglielmo Vispi di Gubbio la cui fine, come vedremo più avanti, è stata raccontata da un altro bersagliere, Annibale Giombini, anche lui di Gubbio, che gli era accanto quando fu colpito a morte.

Tra la fine del 1911 e la primavera del 1912 vi furono altri combattimenti ingaggiati dagli italiani per imposses- sarsi della fascia di oasi intorno a Tripoli occupate dagli arabo-turchi. Ad uno di questi scontri, particolarmente cruento, partecipò anche il 52° al quale era stato dato l'ordine di occupare, assieme ad un battaglione di granatieri e due squadroni di cavalleggeri, l'oasi di Gargaresch, situata a ovest di Tripoli, e di costruirvi due ridotte in prossimità di una cava di pietra. Il 18 gennaio un distaccamento al comando del colonnello Amari si diresse verso Gargaresch ma ivi giunto fu fatto segno da scariche di fucileria . Ciononostante, i soldati italiani iniziarono i lavori per costruire le ridotte ma ad un certo punto furono attaccati da "colonne nemiche precedute da due stormi di cavalieri arabi".

Amari ordinò a tutti i reparti di indietreggiare e di posizionarsi sulla sinistra della torre di Gargaresch da dove poter allestire una più efficace linea difensiva. Gli araboturchi tentarono più volte, "con temeraria audacia", di so praffare gli italiani spingendosi "a meno di 200 metri dalle loro posizioni" ma furono sempre respinti anche con tiri di artiglieria ad alzo zero. Infine quattro compagnie del 52° sferrarono un "contrattacco alla baionetta" e dopo alcune ore di combattimento riuscirono definitivamente ad avere la meglio sugli attaccanti e a ricacciarli indietro.

Le perdite subite dal reggimento furono di dieci morti, tra cui il portaferiti ternano Pietro Bisogni, e trentanove feriti.53

53 Cfr. 52° reggimento di fànte ria... cit., pp. 75-78. Dal foglio matricolare conservato presso la Sezione di Archivio di Stato di Spoleto (d'ora in poi ASS) risulta che Pietro Bisogni fu insignito, con dec reto dell'8 novembre 1912, di medaglia d'argento alla memoria con questa motivazione: "Ment re con coraggio e abnegazione prestava l'ope ra sua d i portaferiti ad un caduto, cadeva anch'egli mortalmen te ferito" .

Qyando la notizia della morte di Bisogni giunse a Temi, il poeta ternano Fulgenzio Proietti, che gli era molto amico, gli dedicò queste strofe:

"Il caldo soffio del deserto immenso disseccherà le tue membra gloriose d'intorno a te non fioriranno rose e il tuo martirio non avrà compenso. Ma i freschi fiori avrai del mio pensiero, I mesti fiori avrai del mio cordoglio, Sorrideranno i vili intorno al Soglio, io per te piango, il pianto mio sincero."54

54 La poesia fu pub b licata su "Il Grido degli Oppressi" del 3 febbraio 1912 assieme ad un polemico articolo a firma dello stesso poeta contro coloro che avevano voluto la guerra di Libia.

A febbraio Caneva, ritenendo che per la guerra nel deserto gli eritrei potevano essere di grande aiuto agli italiani, meno abituati al clima arido, fece venire dalla nostra colonia un battaglione di ascari e un centinaio di meharisti. Erano soldati molto coraggiosi che avevano dato prova del loro valore a Adua dove mille di loro si erano fatti massacrare combattendo a fianco degli italiani.

Si trattò di un primo contingente che per l'ottimo comportamento in battaglia sarà ben presto seguito da altri arrivi. Romano scrive che "avevano pregi e difetti. Tra i pregi quello dì manovrare con grande rapidità; tra i difetti quello di elevare ulteriormente il tasso di crudeltà della guerra."55 Due settimane dopo l'arrivo, gli ascari vennero attaccati in forze dagli arabo-turchi a sud est di Tripoli ma riuscirono a sganciarsi, anche con l'aiuto di contingenti del 60° fanteria, e poi a contrattaccare assieme ai bersaglieri infliggendo al nemico notevoli perdite.

La mattina del 30 luglio un centinaio di ascari eritrei di ritorno dalla Tripolitania arrivarono alla stazione di Terni provenienti da Roma. Erano accompagnati da ufficiali italiani che avevano il compito di portarli a visitare i nostri stabilimenti metallurgici. Il loro arrivo era stato annunciato qualche giorno prima e pertanto un gran folla si era radunata per attenderli, incuriosita di vedere per la prima volta questi soldati africani con il loro alto copricapo a forma di fez, il camicione di tela bianca e i calzari di tela. Erano presenti anche le massime autorità cittadine a dimostrazione del rispetto guadagnato sui campi di battaglia da questi combattenti. Ecco come Ottaviani, basandosi sulle cronache di quel giorno, ha ricostruito l'evento: "Le strade erano gremite di gente accorsa a salutare i prodi figli d 'Africa, fucilieri e cammellieri, guidati dal tenente Chiapparotti del 5° battaglione indigeni, scelti in venti per ogni compagnia del battaglione stesso. Si trovarono a riceverli il sottoprefetto cav. Colli, il sindaco Vittorio Faustini con l'assessore Rossetti, il colonnello Gardini della R. Fabbrica d'Armi, il colonnello Alfonsi della R. Marina, il maggiore medico Rossi, il maggiore comandante il distaccamento 'Piemonte Reale', i capitani Romagnoli e Pesce, il capitano di artiglieria Saccani, i tenenti dei lancieri Marazzani Gualdi e Valiante, il giudice avvocato Gagliardi del tribunale di Spoleto e molte altre autorità. II gentil sesso era molto numeroso. II concerto comunale salutò l'arrivo col suono degli inni patriottici e gli ascari, tra una fitta folla, lancieri in testa, si diressero alla R. Fabbrica d'Armi . Qui si svolse la visita alla lavorazione dei proiettili e dei fucili e al poligono di tiro gli ascari provarono i fucili automatici a ripetizione mod. 1891. Poi, dopo il discorso del colonnello Gardini tradotto dall'interprete Kussum Aiulu, baluk basci di Aidi Ucri, venne loro offerto un rinfresco lautamente servito dalla ditta Jaeger. Qyindi, quasi tutti scalzi, si recarono alle Acciaierie per una visita che si protrasse oltre un'ora alla tempera delle corazze, alla fabbrica dei proiettili per la marina, alla pressa imponente e poderosa, alla fusione dei cannoni dove un operaio, certo Giacomo Spezzatini, riconobbe un fuciliere che aveva conosciuto ultimamente a Tripoli trovandosi nel 52° fanteria."

Non poteva mancare una visita alla cascata delle Marmore, dove gli ascari furono portati con "quattro vetture tranviarie" . Qiindi, dopo un festoso incontro con la folla dei ternani in piazza Vittorio Emanuele, furono accompagnati alla stazione per fare ritorno a Roma.

Il 30 settembre altri cento ascari di un altro battaglione vennero in visita a Terni . Anch'essi furono condotti alla Fabbrica d'Armi a provare i fucili mod. 91. Durante il rinfresco offerto dalla direzione l'ascaro Gabrie Oullense volle donare alla moglie del vice pretore "un anello che teneva al dito come bottino di guerra, tolto ad un ufficiale turco, e che serbava come prezioso ricordo."57

A mezzogiorno gli ascari vennero portati alla Cascata delle Marmore "dove erano attesi per un banchetto popolare durante il quale parlarono il segretario Teofoli e il conte Solone di Campello . Qiindi risaliti sul tranvai giunsero alle ore 14 alle Acciaierie che visitarono ammirati per la grandiosità delle lavorazioni".58

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