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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

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LA PEDAGGERA

LA PEDAGGERA

LA GUERRA DELLE ALPI ( 1792-1796) ROMA2000

Presen Taz Io Ne

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Nel quadro dei due f?randi Bicentenari celebrati in Italia alla fine del Novecento, quello della Rivolll':.ione francese e quello delle Repubbliche giacobine, scarsa attenzione è stata riservata agli aspetti militari. Non certo perché non se ne sia riconosciuta l" importanza determinante, quanto piuttosto per il diffuso pregiudizio che ttttlo o quasi sia stato già detlo in materia, anche grazie alle monografie promosse o pubblicate dali" U.fficio Storico del/ 'Esercito a cavallo della prima guerra mondiale.

Eppure le guerre e le istilll:;ioni militari e navali del periodo 1789-1815 sono oggetlo di un crescente intere.ue da parte della storiogra.fia militare internazionale, in primo luogo di quella anglosassone, la quale ha affrontalO la materia con nuovi metodi e da nuove angolali/re, mettendo in rilie1·o aspe11i e femori. anche di caratlere geopolitico, sinora ignorati o trascurati, di estremo interesse anche per 1"/ra/ia.

Naturalmente anche la nostra sroriografia militare \la dando il suo apporto a questo rinnovato interesse per la «Kuerra mondiale» del/789-1815. Proprio l'intento di valori-;.::are gli studi pilì recenti sulla storia militare italiana del Settecento e dell'età napoleonica e di tracciare nuove ipotesi interpretative, ha motivato la linea di ricerca seguita in questi anni da uno storico delle istitw;Joni militari come Virgilio ILARI, in solida associa::ione con .famosi specialisti di storia militare degli antichi stati italiani come Giancarlo Bot.Rt. Piero CROCtANt e Ciro PAOLE7Tl.

Auento alle linee di sviluppo della ricerca storico militare na::.ionale e intema:ionale, negli ultimi anni anche /'Ufficio Storico dello SME ha avvertito l'esigenza di procedere ad una valoriz-;.a::ione e ad un aggiomamen/0 del suo specifico contributo, risalellte in particolare a primi decenni del XX secolo e in buona misura non ancora «invecchiatO».

Per questa ragione l'Ufficio Storico è lieto di pubblicare. come parte di una serie di opere sulla storia mi/ilare degli antichi stati italiani tra Seltecento e OttocentO. il presente saggio sulla «guerra delle Alpi» del 1792-96. forse davvero, come sostengono gli Alllori, la piiÌ gloriosa, anche se sfortuna/a, delle guerre dell'antico Piemome, la prima comhat/11/a da un 'Armata composta in maggioranza di soldati na-;.ionali: mlontari. coscriui e parligiani della mili:ia generale.

Una guerra che. nel retrospetti1•0 giudi::.io storico impul·tosi durame il Risorgimento, fu combatluta «dalla parte sbagliata», cioè al fianco degli Austriaci e degli Inglesi e comro la Francia e gli ideali della Rh·oltdone. Ma che segnò nondimeno, in modo drammatico, il destino del/" intera Penisola.

Oggi, parte determinante di un "Europa fina/meli/e riconciliata e impegnata intm processo di sempre più ampia integrazione politica. l'Italia non è più soggetta alle confl·astanti voca-;Joni geopolitiche tra Mitteleuropa ed Europa Occidemale che hanno condizionato non soltwllo la sua politica estera e le sue guerre, ma tutta la sua storia.

Diventa così possibile rivisitare, col necessario distacco, anche la storia di questa guerra rimossa dalla memoria na-;.ionale. Una rivisita-;.ione, quella compiuta dagli Autori, che riserva sorprese tanto maggiori quanto pilÌ si ritiene /'argomemo perfettameme noto. Non a caso questa è, in materia. la prima opera di sintesi, organica e complera, comparsa dopo il volume dedicatogli dal Pine/li nel 1854.

Al di là di queste motiva::.ioni di carattere storiograjico. altre l 'e ne sol/O, minori, fo rse, ma per l'Esercito pur sempre imporwnri e. di per sé sole, già sufficienri a giustificare w/Cl simile pubblica-;.ione. Non soltanto perché con quest'opera l'Ufficio Storico si ricollega alla tradiz)one avviata nei primi anni del secolo XX, con fiumerosi lavori sui fatti d'arme del 1792-1815 e dunque riprende un cammino mai del rutto interrotto. Ma anche perché nelle campagne del 1792-96 comballerono molti Reg gimenti e Corpi perpetuati da unità attive dell'attuale Esercito Italiano , come i Granatieri di Sardegna, Genova Cavalleria e le Armi d'Artiglieria e del Genio. senza contare il Corpo della Regia Marina e la Legione Truppe Leggere, antenate della Marina Militare e della Guardia di Fi11an:a.

Infin e - e gli ultimi saranno i primi in ordine d'importan;.a- fu quella la prima guerra che vide distribuire la Medaglia d'Oro al Va/or Militare in riconoscimento dell"estremo sacrificio dei militari di ogni Arma e Corpo. costituendo così un legame antico, saldo, tacito e indissolubile fra i combattenti di allora e quelli di oggi.

Perché questo legame sia sempre saldo. perché dai fatti del passato si impari a operare nel presef/le, perché la memoria viva e non scompaia, l'Ufficio Storico è lieto di offrire questo libro.

Il Capo dell'Ufficio Storico

Col. a. Enri co PINO

Prefazio Ne

«La na-:_ionefrancese rinuncia alle guerre di conquista ... essa non impiegherà mai La forz.a contro la libertà di alcun popolo», questa La dicltiara;.ione di principi approvata dall'Assemblea Costituente francese il 22 maggio 1790 al termine di un dibattito, seguito attefllamente dal corpo diplomatico. sul diritto di decidere della pace e della guerra, che veniva sottrai/o all'esclusiva dell?e per venire condiviso con i rappresen t anti della ai quali in agosto il ministro degli esteri Conte di Montmorin, che verrà ucciso nei massacri del settembre 1792, lesse i dispacci dell'ambasciatore francese a Madrid, violando La tradiz.ionale riservate::.za: era finita un'epoca delle rela:ioni intema;.ionali.1 Due anni dopo, il 20 aprile 1792, L'Assemblea legislati1•a dic:hiara1•a guerra al Re di Ungheria e di Boemia (più noto come Francesco 11, Sacro Romano Imperatore). « Occorre dichiarare la guerra ai re e la pace alle na:ioni >>, esclamò il deputato Merlin de Thionville: «pace alle capanne, guerra ai castelli», scrisse Condorcet. !ll9 novembre la Conven;.ione approvò un decreto nel quale rivendicm·a il diritto di portare «)i·atellaw;.a e soccorso a tuili i popoli rhe volessero riconquistare la loro libe rtà». La guerra riprendeva quel cara/lere ideologico e totalitario che aveva perso dopo la pace di Westfalia del 1648.

In un primo tempo il re .1to dell'Europa guardò quanto meno con indifferenza ai <<disordini di Francia>>, che sembravano eliminare dalla scena una potente protagonisw delle rela::.ioni interna:ionali. L'imperatore Leopoldo //.fratello della Regina Maria Antonietta sollecitò gli altri sm.,-ani ad unirsi per por fine agli eccessi della rivolu:ione, ma solo il Re di Prussia accettò di sottoscrivere con lui a Pil/nit::.. il27 agosto 1791, Wl documento, privo al momemo di effetti concreti, cile di chiara l 'a la situa::.ione in cui si trovava Luigi XV/una «questione di interesse comune a tuili i sovrani d'Europa » A guerra ini-:.iata. il vecchio Kaunit;.. il cancelliere austriaco fautore del «rovesciamento delle alleanze» alla vi[?ifia della guerra dei setre anni, mnmonì che era impossihile domina re la Rivoluzione conlafor-;,a esterna La precipitosa ritirata dei prussiani davami alle cannonate francesi a Valmy, quali ne siano state le ragioni, creò un mito rivoluzionario (altrettanto fasullo della presa della Bastiglia) e disrmsse le illusioni che i professionali eserciti d' Ancicn Régime {ll'rebbero avwo facilmente ragione di for:e volontarie (anche se sul campo i francesi m·evano schierato soprauuuo reggimenti di linea).

/1 giorno successii'O alla cannonade di Valmy, il21 seuembre 1792. la l?epubblica francese dichiarò al Regno di Sardegna la guerra della quale gli Awori, con la loro riconosciwa competen:a. ricostruiscono qui in de/laglio 11111e le vicende tattiche e strategiche. Da questo secondo punto di vista è di particolare importan::.a la solfolineatura del mancato sfrullamento della superiorità navale anglo-spagnola, coordinando opera<,ioni terrestri e nwrirrime, e dell'incapacità di approjìllore delle rivo/re controrivolu::.ionarie che scuotevano il potere della Conven::.ione. Il Regno di Sardegna era da sempre in prima linea nei confronti della Francia; ma questa era una guerra che accanto a carotieri rradi::.ionali ne presentava di nuovi, le vecchie aspira::.ioni geopoliriche della Francia ai confini naturali si accompagnm•ano il!faui all'idea di esportare la rivoluzione. Così è stuta ad esempio descrilla l'opera del rappresentante in missione A/bitte nella conquisTata Chambéry all'inbo del 1794: «Egli ordinò che .\i demolissero i campanili delle chiese. e si chiudessero quelle di esse, che erano ancora aperte al culTo cauo/ico. Volle che gli aristocratici ponessero i loro figli, dai dieci ai diciotto anni, a esercitare un me.\fiere manuale » . Giusram.enre gli Aurori sottolineano che tu Ile le invasioni francesi del Seuecento avevano dovuto affrontare la «piccola guerra», la guerriglia delle forma::.ioni di «parr eggiani» o <<mili::.ia generale», inquadrare e comandate su base parrocchiale, comunale o baronale. Di fronte alla guerra ideologica della Francia ri1•olu:;ionaria. la guerriglia cominciava ora ad assumere quel carauere più consapevolmente controrivolu::.ionario, Pro Regc, aris et focis. che caratteri::.;:.erà le insorgen::.e antifrance.\i in /rafia e in Europa. parrico/armenre nel triennio I 796-1799, ma d(ffuse comunque fino alla definitiva caduta di Napoleone.

Nelf'ulrimafase della guerra comporre appunTo sulla scena il nuovo astro nascenTe. Napoleone Bonaparre. Proprio da Cherasco, dove fu firmato l'armistizio che concluse i 44 mesi della «Guerra delle Alpi». egli lanciò negli sre:,si giorni il celebre proclwna « Popoli d' lralia.' L'Esercito francese viene a rompere le vostre cmene: il popolo francese è /'(unico di tutti i popoli; le vostre proprietà, la vosrra religione ed i vostri cosrumi saranno rispeTtaTi». Ai suoi so/dari il giol'ane generale aveva però additato come preda le fertili pianure e le ricch e città italiane e nelle istru-:,ioni del 3 febbraio 1797 a Napoleone il DireTtorio souolineò che «la religione romana .\arà sempre la nemica inconciliabile della Repubblica » invitando/o a «distruggere ... il centro di unirà della Chiesa romana ... disTruggere il governo papale».

L'invasione francese si rradusse quindi in 1m regime di scrisriani:za-:.ione e rapina che sconvolgeva la società tradi-;.ionale, a d1jesa della quale si mobilitarono gli insorgenti. «Quando io penso ai mali che abbiamo aTTirato su quesro Pa ese. mi sento riconoscente agli italiani che c i lasciano salva la vita», confesserà nel maggio 1799 la moglie de/ministro france.\e a Firen::.e.

Il Regno di Sardegna era il baluardo che sbarrava la strada all'invasionefran cese della penisola. Il comporwmenro delle altre poren::.e. in primo luogo delf'Ausrria, legato agli schemi della diploma:;ia tradi -;,io nale. rive/à una consapevole:;::.a non adeguata alla posra in gioco, traducendosi in un sostegno /imi raro al Piemonte. al quale il caraTTere ideologico dello sconTro con la Francia impedi\'(1 di accordarsi con Parigi. Gli Autori ricostruiscono con grande obiettiviTà le vicende delle varie campagne militari. sen:;a souacere gli errori o risparmiare le criciche. ma giusTamente ril·endicando le glorie di quell'Armata Sarda che. resistendo più di tre anni e me::.::.o, acquistò nuovi riroli per co.\TÌTuire. più di me::::o :,eco/o dopo, il nerbo del nuo1'0 Esercito Italiano.

Massimo de Leonardis

Professore di Storia delle Relazioni Internazionali Università Catlolica del Sacro Cuore - Milano

Introduz I One

La guerra d ichiarata dalla R epubblica francese a l R egno di Sardegna il 21 settembre 1792 e for malment e conc lu sa co n l ' armi stiz io di C herasco del 28 ap ril e 1796 s eguito da ll a pace dettata a Pa ri g i il s ucces s ivo 15 ma gg io, fu , nel co ntes to della storia e uropea c mondiale, soltanto uno dei conflitti pa11icolari in cui si a rti co lò la g uerra scatenata dalla Prima CoaliLione antifrancese. Fu però anche la prova suprema e decisiva per le del Piemonte e dell'intera Penisola. Essa seg n ò infatti non soltanto la pur onorevole sconfina militare. ma anche la catas trofe sociale del più forte Stato italiano di antico regime, l 'unico ancora in grado di battersi, nonchè il definitivo fa llim e nt o degli s forzi compiuti dopo la pa ce di Aquisgrana per ne utralizzare l ' Italia ri spetto alle g randi guerre e uro pee .

Approfondire lo studi o di questa guerra s i gnifica anche doversi interrogare su lle ragioni di una lacuna significativa non so lo della storia militare europea, ma anche della storia polit ica d 'I talia. Come o servava nel 1883 J. R . Seeley ( The Expansion oj England) la grande storiografia wlzig (ma poi, in forme diverse, anche la succes. iva storiografia libera/) riduceva la storia inglese a ll a sto ri a del parlamentarismo e della legis lazione, di fatto ig no rando il contemporaneo svilupp o dell ' Im pero britannico. Analogo è il più longevo pregiudizio unti-geopolitico de lla g rand e s to riog rafia italiana. Essa ha infatti concepito la storia nazionale come s toria delle élires riformiste e illuminate oppure delle classi subalte m e. due ancora antitetiche all" epoca di Croce e di Gramsci. ma che in seguito sono entrambe confluite nella stori a unitaria del cosiddetto "movimento di liberazione in It al ia". Sono infatti entrambe accomunate dall'interpretat ione della stor ia nazionale come "s toria civi le" della soc ie tà d e ll 'eco nomia della c ultura; e anc he dell e pubbliche ist itu z ioni c d e ll e politic he di gove rn o, tra nne però quelle che maggiormente ca ratteriz zano la soggettiv ità esterna dello Stato, cioè poli ti ca estera e capacità militare. Co n l'eccezione delle due fasi in cui i movimenti democratici condiziona rono direttamente la politica estera e la guerra. cioè R isorgimento e Resistenza. le grandi scuole "civili" hanno infatti ignorat o o del rutto frai nteso i fanori geopoli ti ci e militari della sto ria italiana.

Re lativamente al Settece nt o. l 'interesse militare de ll e gra ndi scuole si è concentra to se mm a i s ug l i indizi o ge rmi di g uerra c i vile , come nel Settecento r(f'ormatore di Franco VcnLUri, o su questioni co ll a tera li come il ruolo delle élites militari nella storia della clas se dirigente, come nelle Armi del princip e di Walter B arberi s . Nell'atti- ca della ·'storia civile" la guerra delle Alpi non assume infatti alcun rilievo né pone alcuna questione: è semplicemente rultimo atto di un vecchio regime, la scontata velleità di mettersi di traverso alla storia già scr itta. Inutil e è, per la "storia civi le " . la spiegazione dei falliti tentativi di riforma militare c di una sconfitta che si postula comunque fatale; ins ensata. quando non depistante c addirittura provocatoria, l'analisi dei secolari fattori entro i quali, nell'ottica geopolitica, sembra iscriversi l ' intero fato della Peni so la, incluse le ragioni e le sorti della stessa "storia civi le".

Fondamentali, invece, appaiono le biografie eroiche di dieci dozzine di medi c i, avvocati, banchieri. tipografi , orefici. nobili, s tudenti , artisti, eruditi, scienziati, filantropi, spadaccini. nobildonne e preti che sognarono la repubblica la libertà l'uguaglianza comba ttendo c cospirando dalla parte dei francesi e alcuni poi, fatalmente, ribellandosi contro il "tradimento" moderato e bonaparti s ta degli ideali rivoluzionari. Inutile osservare che biografie sostanzialme nt e analoghe ugualmente eroiche o ambigue. compaiono puntualmente, in Italia e ovunque, in occasione di tutte le occupazioni straniere degli ultimi due secoli . A buon diritto. infatti, quelle dei "giacobini" italiani re tano fondamentali, perchè sono davvero germe c modello etico della moderna c las se dirigente

Se il silenzio delle grandi scuole non sorprende, occorre spiegare quello della piccola scuola degli storici militari, in particolare italiani. Infatti la memoria della guerra 1792-96 è stata tramandata soltanto in modo frammentario, attraverso la tradizione sabauda o attraverso la storia delle gue rre napolconichc o della guerra di montagna. È a quest'ultima che l a guerra del 1792-96 deve anzi un nome, sia pure riduttivo: quello cioè di "guerra delle Alpi" È lo stesso nome attribuito dai francesi a ll ' Armata che inizialmente formarono contro il Piemonte. ma dalla quale si distaccò presto un'altra Armata autonoma, detta prima ·'del Varo", e poi, in co nseg uen za della manovra dell'aprile 1794, "d'ltalia". Armata straniera, bcnchè poi integrata da piccole legioni italiane: ma a buon diritto portava quel nome. perchè così tanta pane ebbe nel determinare. anc he nella lun ga durata. il destino e la cultura della società dello stato e della milizia italiani.

Abbiamo accettato anche noi di chiamarla "guerra delle Alpi'', nell'intento di darle un rilievo proprio. indipendente rispetto alla campagna napoleon ica del 1796-97, s ull e cui so rti nessun governo italiano. neanche quelli delle Repubbliche giacobine, ebbe modo di innuire. Infatti la prima campagna italiana di Bonaparte appartiene certo a lla nostra sto ria politica c sociale. ma a rigore non anche a quella propriamente militare, che per il 1796-97 può solo registrare i vagiti militari delle prime repubbliche italian e e il fallimento delle prime tumultuarie insorgenze antifrancesi.

Autonomo rilievo alla guerra del l 792-96 è stato finora pienamente riconosciuto soltanto dal suo primo c migliore s to ric o, il romano Ferdinando Pinelli (18 10-1865). ufficiale dell'Armata Sarda e generale dell 'Esercito italiano, il quale le dedicò il l volume della sua molto citata ma poco letta Storia militare del Piemonte in col/li· nua-:.ione di quella del Salu:;:_o, pubblicata nel 1854, che abbraccia il secolo dalla pace di Aquisgrana alla battaglia di Novara. Storia drammatica, la cui bella prosa ancora trasmette la trattenuta commozione dell'autore, dedicata alle due grandi guerre italiane perdute contro g li opposti nemici di Ponente e Levante, la guerra delle Alpi c la prima guerra di indipendenza. Ma anche sto ri a fortemente ideologica, condizionata da un forte pre gi udi zio antiaustriaco come ha ben sotto lin eato Piero D el Negro.

"Guerra delle Alpi" è però una sineddoche riduttiva, forse perfino fuorviante. Fin dall'inizio, infatti, la posta in gioco di quella guerra non fu soltanto il destino del Piemonte, ma dell'intera Italia. E fin dall'inizio si determinò una stretta correlazione e interdipendenza tra le operazioni alpine e quelle navali di cui furono protagoniste non so ltan to le grandi t1otte francese. inglese e spagnola, ma anche le piccole marine sarda e napoletana, nonchè le Isole e le coste del!' Alto e Medio Tirreno e della Provenza.

Per varie ragioni discusse nellll capitolo, l'occasione di unificare il fronte marittimo c quello alpino in un unico teatro operativo interalleato sfumò nel settembre 1793, né in seguito si ripresentò. neppure quando il generale Masséna spostò il baricentro militare di quella guerra dalle Alpi alla Riviera di Ponente e alle vallate de l Tanaro e della Bormida. Nello stesso capitolo cerchiamo di spiegare le ragioni per le quali lo studio delle operazioni navali e marittime svoltesi in Mediterraneo prima della battaglia di Aboukir sia stato finora così negletto anche nell'ambito specialistico della s toria navale. Fatto ..:he ha negativamente condizionato lo stesso Pinelli, mentre la nostra ricerca ci ha convinti che è impossibile comprendere appieno il significato e le ragioni delle operaz ioni alpine senza riferirle costantemente e puntualmente agli sviluppi sul fronte marittimo.

Abbiamo già osservato che la memoria di questa guerra ci è stata tramandata soprattutto attrave rso l'epica napoleonica e la tradizione sabauda. Filtri entrambi deformanti. Come ha ben documentato Paddy Griffith, l 'e pica napoleonica , fortemente condizionata daJI'autopropaganda dello stesso Bonaparte, ha "tiranneggiato", almeno fino a tempi recenti, la storia militare delle guerre della rivoluzione. Non soltanto perchè ha sacrificato questo periodo. riducendolo ad una sorta di prodromo dell' "over-tyrannical. and tyrannical over studied, continuation phase in rhe 1800s", ma anche perchè l'ha intenzionalmente deformata, tacendo, rninimizzando e distorcendo tutti gl i eventi e le figure che potessero offuscare o almeno ridimensionare il ruolo e i meriti del futuro Primo Console e futuro Imperatore, specialmente riguardo all'assedio di Tolone e alle campagne alpine. La stor ia delle campagne del 1793-9 5 è stata così tendenziosamente declassata a noiosa cronaca di inutili spaliate frontali sferrate da ge nerali ingiustamente considerati incompetenti, fino all'arrivo risolutore del genio della guerra. In particolare, come ha sottolineato Griffith, è stato del tutto sottovalutato il ruolo asso lu tamente determ i nante dell'"organizzatore della vittoria" Lazare Camot e di grandi condottieri come Kellermann e Schérer.

Il primo ad esprimere perplessità sull'azione di Bonaparte nella grande battag li a fra Tanaro e Bormida fu Clausewitz, nello studio da lui dedicato alla campagna del 1796. Il secondo fu Guglielmo Ferrero, in un libro singolare e importante, scritto durante l'esilio antifascista a Ginevra e pubblicato nell936, per la cui stesura si avvalse anche di ricerche effettuate da Nello Ro sselli nel Record O.fjice di Londra. Il saggio coglie nella paura prodotta dal crollo della legalità monarchica, l'origine di quell"'abuso della forza", di quella "guerra senza regole" che "non è la sco perta d'una nuo va strategia e d'una nuova tattica, superiori alle antiche, ma un ritorno, con mezzi più potenti, alle guerre delle epoche barbare". "L'avventura italiana del 1796 c 1797", scrisse Ferrero. "è il veicolo del contagio" di quella paura e di quella barbarie "a tutta l 'Europa". Paura, barbarie che g li parve riconoscere nei moderni totaJitarismi e che lo spinsero a scrivere questo libro carico di forte tensione morale. Non però una morale rea - zionaria. Vi spi ra semmai il pacifismo ' c ivil e" di R obespierre. che pre agiva nella guerra nazionalri voluzio naria propugnata dai gi rondini non già la salvezza della rivolu z io ne bensì la sua perversione in dittatura militare. Vi ec heggia semmai il ranc ore antibonapartista e infine antifrancese del radicali mo unitario italiano, ben analizzato da Renzo De Fel ice nei s uoi sagg i giovanili s ull'Italia giacobina.

Anche la nostra ri ce rca ha trovato varie conferme spec ifich e alle te si ge nerali di Gri ffith e alla particolare intuizione di Fe rrero che la prima grande vittoria s trategica di Bonaparte gli sia stata in rea ltà re ga lata dalla dettagliata pianifica zio ne impostag li da Carnot e da una co mples sa partita diplomatica giocata fra il Direttorio. il partito legittimista e le corti di Torin o e di San Giacomo. Ma soprattutto essa ci ha consentito di ricostruire in dettag li o l'azione dei comandami che precedettero Bonaparte. dalla quale emerge chiaramente che la condotta operativa della sua Armata nell'aprile 1796 fu in realtà il me ro coronamento dei sacrifici e dell'esperienza accumulati in tre anni di lotta. Anche, naturalmente , con il conco rso dello stesso Bonaparte, già comandante dcii' artiglieria d el l 'A rmata d·Italia: ma senza dimenticare quello, ancor più incisivo, di altri strateghi, a cominciare dai nizzardi Rusca e Masséna.

Più sottile è stata la deformazione prodotta dalla tradizione militare nazionale. O gg i le uni che memorie ufficiali di quella guerra sono l'omaggio della Marina alla figura del nocchiero Domeni co Mill e! ire che scacciò Bonaparte dalla Maddal e na . il quadro vivente che ri co rda la mo rte di Del Carretto a Cosseria nel carosello s torico dei Granatieri di Sardegna. le due medaglie d'oro appuntate sullo stendardo del Genova CavaJleria per la carica del Bri cchetto. Dimenti cate invece le sue oltre duecento medaglie individuali, limitate allora so ltant o a i sottufficia li e alla truppa e co ncesse solo a viventi e con criteri diversi da quelli poi fissati per l'auuale ricompensa al valor militare, istituita nel 1833 da Carlo Alberto.

Eppure quella guerra, la prima in c ui venisse in qualche modo registrato e premiato il va.lore dci militari di truppa. fu probabilmente la più gloriosa di tutte quelle combattute da un esercito italiano prima del 1848-49. L'onesto Vittorio Amedeo III non fu certame nte pari ai suo i grandi a ntenati c i s uoi due inetti figli che pretesero di esercitare co mandi operativi. i duchi d'Aosta e del Monferrato. furono responsabili di inutili carneficine e di autentici disastri, dandone poi tutta la colpa al consigliere militare austriaco, ge nerale de V in s, e pregiudicando definitivamente una cooperazione già difficile e precaria per gli obiettivi politici antagonisti perseguiti da Vienna e Torino. Ma la difesa di Cosseria, la ritirata da Ceva a Mondovì fanno onore alla disciplina e al valore dell'Annata sarda , ripctutameme ricon osciuti da ll o stesso Bonaparte.

La difesa d eli' A.uthion. nel giugno 1793, fu impresa maggiore de il· Assietta. Il nome di quel l 'altipiano divenuto francese nel 1860, fu anco ra onorato nel 1847, dandolo ad un avviso a ru ota varato quell'anno, che fu in Crimea, poi al blocco di Gaeta al comando di E milio Faà di Bruno e nel 1873 a Cartagena per imbarcare il duca Amedeo d'Aosta dopo la sua abdica:done al trono di Spagna. R adiato infine nel1882, proprio l'anno della Triplice c dei venti di guerra con la Terza Repubblica per l'occupazione francese di Biserta. Nel 1884 gli ufficiali della Brigata Ferrara, in esercitazione nelle Langhe. vollero commemorare con un cippo la memoria dei '"pochi c valorosi italiani che due giorni contesero il colmo di Cosseria ad un prode esercito e ad un grande capitano''. Ma l'iscrizione è rivelatrice: ignora i '"croati" (tra cui forse si trovavano anche emigrati francesi!) caduti accanto ai granatieri piemontesi, ed esp rime ancora la reverenza nei confron1 i di Bonaparte -principale responsabile anche di quell'inutile strage- inculcata dalla pedagogia risorgimentale. In ogni modo sta di fatto che le ultime onoranze ufficiali alla memoria di quella guerra furono deliberate durante le effimere stag ioni antifrancesi della Triplice e del 1934-40. Fu nel 1897, infatti, che allo stendardo di Genova cavalleria furono riconosciute le 2 medaglie d'oro concesse nel 1796 ai Dra goni savoiardi. E fu nel 1934 che la Sa Di visione di fanteria. trasferita da Gen ova a Imperia. fu intitolata a Cosseria. Ma nel 1848 Carlo Alberto sottolineò la svolta costituzionale adottando il Tricolore rivoluzionario e ricevendo a palazzo Carlo Botta. memoria storica dei repubblicani che durante l a guerra delle Alpi avevano comballuto dalla parte dei francesi . E congedando senza commiato g li u ltimi veterani de ll ' Authion e di Mondovì. Dopo il 1848. i custodi liberali della tradit.ione sabauda si trovarono, come poi avvenne nei confronti della guerra 1940-43. di fronte a un serio dilemma. Giudicata con i criteri dell'ideologia risorgimentale, filonapoleonica o democratica. ma comunque francofila e germanofoba anche la guerra delle Alpi, come quella del1940-43, fu infatti combattuta "dalla parte sbagliata". Bisognò pure. allora. sconfiggere il Piemonte per cacciare i tetlcschi dall' I ta li a e impiantarvi l'albero de ll a Libertà e l ' idea de ll ' unità naziona le c di nuovi rapporti socia li c polit ici.

Da una prospettiva strettamente militare e diplomatica la differenza con le guerre precedenti era più di forma che di sostanza. Ma l'ideologia liberale non guardava alla storia nazionale con le gelide lenti. acute ma spietate e in ultima analisi troppo candide. della geopolitica. L'idea che la rivoluzione francese e l'età napoleonica avessero segnato una cesura epocale anche nei criteri del giudiz io storico, consentiva di annettere alle g lorie nazionali le due grandi vittorie del 1706 e 1747 contro i francesi, quando la dinastia sabauda e ra alleata dell'Austria. Bcnchè nel 1747 i francesi difendessero Genova. la Genova democratica ed eroica di " B alilla' ·. assediata non soltanto dagli austriaci ma anche dai piemontesi. Del re!>to la rivolta genovese del 1849. bollata dai liberali come una pugnalata alle spalle dci repubblicani. metteva in pessima lu ce anche il precedente del 1746. Questo fu poi onorato dalla corrente populista de l fascismo. addirittura facendo del "Balilla'· l'idcaltipo del ragazzino italiano propagandato dal regime, ma solo a patto d i forzare la verità storica, spacciando una rivo lta socia le autonomista per una insurrezione nazi ona le anre liueram.

1el 1706 e 17471a Francia era infatti quella aborrita dell'antico regime. Era stato dunque un merito nazionale della dinastia sabauda c del popolo piemontese aver bloccato una monarchia imperialista che avrebbe riconscgnato non solo apoli c Parma, ma anche Mil ano all'oscurantismo In fondo la cavalleresca spada di Carlo Emanuele Ili. il sovra no che per ci nico ca lcolo politico aveva condannato Pietro Giannone all'ergastolo di M io l ans, aveva pur sa lvato la gra nde Mar i a madre del riformismo illuminato che aveva per primo combattuto l'oscurantismo ecclesiastico e promosso anche nei domini italiani i diritti civili delle minoranze religiose. l'ascesa sociale della borghesia c una concezione progre%iMa dell'azione amminis trati va. l on altrenanto ci poteva inorgoglire. dopo il 1848. di aver combanuto contro la Francia che espo rtava la libertà c l'uguaglian za. con tro Napoleone che aveva abbattuto i vecch i reg i mi co rrotti e ridato agli i taliani la virtù guerriera c che ora veniva nuovam e nte o norato da ll a Fran c ia. Di aver combattuto dalla parte. e a l fian co, degli austriaci, degli emig rati . dei sanfcdisti . gli stessi avversari dell'unità italiana.

C'erano poi_ nella Moria della dinastia, figure non difendibili come quella di Carlo Emanuele lV, il re sterile c bigotto che aveva ceduto ogni volta alla politica del carciofo condotta dagli occupanti francesi, per ridursi. il 9 dicembre 1798, ad un ' umiliante abdicazione agli Stati di Terraferma. salvo poi rinnegarla all'arrivo del generale Suworov.

Megli o dunque. con la nuova dinastia dei Carignano c con la svolta costituzionale, dimenticare in fretta quel doloroso periodo, salvandone, certo. l'omaggio generico al valore sfortunato, alla commovente fedeltà dci sudd iti. Novara fece presto dimenticare I'Authion Bisognò reagire. reinserire il Piemonte nel contesto europe o, ricosti tuire c riformare l'esercito, creare la marina. le ferrovie, il consenso non so lo dei piemontesi ma di tutti gli italiani, per poi affrontare di nuovo la prova sup rema e vincerla col del nuovo Napoleone.

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