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l - L'AGG RESS ION E FRANCESE

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LA PEDAGGERA

LA PEDAGGERA

( 178 9-9 2)

'"Abbiate La ma g nanimiTà di lasciare w1 paese dove siete così maltrattati, mal nodriti e mal pagati, per venire solto le bandiere della libertà, godere delle sue g r azie, ricevere Wl buon stipendio e vivere sotto una giusta disciplina ed un governo popolare vedrete c he gli Francesi calunniati per parte di quei notati d'infamia o.stelimenre usciti di Francia, sono veramente d'uomini tranquilli e disposti ad addotta re per i suoi figlioli tutti quei che verranno a cantare secco loro la can=:.onerra deliziosa, 'ah! sa andrà! sa andrà! sa andrà! gl 'aristocrat' alla lanterna!!!"'

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Vo l antino francese in Savoia, settembre 1792

La Rivolu::.ione de/1'89 e la crisi dell'allean::.afranrn-sarda

Le più imm ed ia te ripercussioni italia ne della rivoluzione f ra ncese ri g uardarono l 'alleanza franco-sa rd a sancita nel 1773 -75 daltrauato seg reto e dalle tripli c i nozze di un figlio e due figlie di Vi tt orio Amedeo III con una sore ll a c due fratelli di Luigi XVL i conti di Provenza c d'Artois. La crisi della monarchia e la rivo lu zione cosritu' ionale del luglio-agosto 1789 indebolirono infatti l' innuerva del partito filo francese '>UIIa eone di Torino e ne favorirono un cauto e graduale riavvicinamento all'Austria. ' el 1789 il conte Carlo Francesco Perrone di San Martino ( 1718-89) . il Primo seg retario di Stato che aveva reali?Zato e gestito l'in!>crimento del Piemonte nel sistema borbonico, fu sos tituito dal Primo Ufficiale agli C!>teri. conte Giu seppe Pcrrct dc Hauteville. considerato ma soprattutto troppo ca ndido e troppo conservatore per curare efficacemente gli interessi piemon tes i nel nuovo contesto int ernazionale determinato dalla rivoluzio ne. Agli Int erni andò il co nte Pietro Giuseppe Graneri. un giureconsulto intelligente e spreg iu dicato. ostile a li ' Aust ri a e in contatto con gli ambienti progrcssisti. Il ministero della Guerra fu attribuito al generale di cav alleria marchese Giambattista Fontana di Cravanzana. personaggio simpatico ma scialbo. incompetente di questioni militari e dominato dal s uo Primo Uffiziale e nipote cavalier Radicati di Villanuova. uomo di caranere arrogante ed ombroso. Nella nuova situazione politica. i matrimoni francesi che quindici anni prima avevano accresciuto la sicurcua del Piemonte a spese della sua sovranità divennero un fattore destabilizzante. Fuggito da Parigi il 17 luglio 1789, il conte d'Artois pretese di stabilirsi a Torino, dove gi un se li 13 settembre assieme a i duchi d' Ango uleme c di Berry. segu ito poco dopo dal pr in cipe di Condé e dai duchi di Borbone e d'Enghien. l due fratel li di Lu gi XVI intendevano farne il quartier generale dell'emigrazione c tornare in Francia alla tes ta della poderosa c rinomata Armata sabauda c ben presto chiesero al comune suocero Vittorio Amedeo di convincerlo a prestar loro 25.000 so ldati e un sussidio di 6 milioni di lire per invadere c sollevare Provenza e Delfinato. Pur non contrario in linea di massima ad un inter\'ento militare. ma frenato dal parere negativo dell'Tnghiltcrra e del nuovo imperatore Leopoldo IL il re di Sardegna prese tempo. subordinando ogni eventuale opcraL.ionc militare ad una iniziativa comune delle Grandi Potenze su formale richie sta di Luigi XV I. Ma quest'ultimo gli aveva scritto di propr io per scongiurare iniziative militari straniere che avrebbe ro avuto conseguenze disastrose. Più tardi al conte d i Provenza. che tramite il conte di Fro nt lo sollecitava a intervenire. il re fece rispondere che senza fortezze. coi passi aperti verso la Francia. non poteva prendere l 'offensiva . a meno di non ricevere consis tenti aiuti au<;triaci. Gli spiegò che non avrebbe neppure rinforzato il presidio della Savoia. per non rischiare di provocare la Francia.

Nel luglio 1790 Torin o richiamò spontaneamente l'ambasciatore. Vittorio Amedeo Sallier de La Tour di Cordon ( 1726-1800) sostituito da un semplice incaricato d'affari. Deposte. Altrettanto fece Versai richiamando a sua volta il proprio ambasciatore . marchese di ChoiseuL Apparentemente il richiamo eli Cordon. espo nente della massoneria franco-piemo ntese. esprimeva apprensione pe r gli ecces- si rivoluzionari e accentuava la svolta filoaustriaca della politica estera saba uda . Ma il richiamo mirava soprallutto a recidere i rapporti segreti che il marchese manteneva con la cospirazione legittimista grazie alle sue amicizie altolocate e al canale della principessa di Lamballe. la dama sabauda del ramo Carignano che dal 1774 !>Oprintendeva alla casa della regina di Francia.

La rete controrivoluzionaria che Artois dirigeva da Torin o subì un primo scacco con gli arre'>ti di Aix dell"autunno 1790 e uno ancora più grave nel gennaio 1791 a Lione. Uno degli agenti di Artois riuscì tuttavia a fuggire a Torino. in tempo per fermare l'armate Ila di 400 emigrati c giovani arbtocratici piemontesi che Artois e Condé erano in procinto di condurre su Lione per sollevar l a contro la rivoluzione. Il 4 e 6 gennaio Artois e Condé partirono rispellivamente per Vene.lia e Coblenza. !"uno sperando di incontrare il nuovo imperatore, l 'altro per reclutare la progettata Annata dei principi . Tornato a Torino il 6 marzo. Artois ne partì nuovamente in estate e il 7 luglio stabi lì a Coblenza al fratello conte di Pro venza. Decisione non forzata , ma comunque accolta co n so llievo dalla corte sabauda.

Lt1 jàllita rivendica:.ione del Vicariato imperiale in Italia

Privata improvvisamente della sponda borbonica. Torino si illuse di poter mantenere il proprio ruolo regionale. e addiriuura accrescere il proprio margine di autonomia e iniziativa, non già sosti tu endo il protettorato francese con quello austriaco. bensì reinserendosi nel conte.,to i.,tituzionale del Sacro Romano Im pero proprio in funzione antiaustriaca. Sedotto dai velleitari progetti del rappresentante sabaudo in Germania. conte Montagnini di Mirabello. nel!" autunno 1789 ll auteville convinse Vittorio Amedeo a rivendicare, per la prima volta nella stor ia della l"eserciLio effettivo del vicariato imperiale d'Italia. di cui i sovrani sabaudi erano formalmente investiti sin dal 1582, ma che era daii"Eiettore Palatino. secondo il quale i feud i italiani non dipendevano dal vicariato sabaudo bensì da quello francone.

Ncll"aprilc 1790, durante l"interregno aperto dalla morte delrimperatore pe Il. Torino cercò l 'appoggio di Londra c Berlino, titolari degli ele ttorati annovcriano e brandcnburghesc, ma entrambe le risposte furono meno incoraggianti e calorose del previsto. tenuto conto clelia prcvedibilc ostilità a ustriac a. In lu g lio il marchese di Breme formalmente al collegio elettorale di Francoforte di modificare !"articolo 26 della capitolazione da sottoporsi al nuovo imperatore. per formulare in modo più esplicito il contenuto del vicariato sabaudo. La mossa si risol<,e in un vero autogol, perchè dette occasione al collegio di rie sa minare le basi giuridiche del vicaria t o sabaudo. che fu interpretato in senso rigidamente rcstrittivo da un gran numero di giuri!>ti tedeschi al soldo del Palatinato c dell'Austria. Co sì in settembre gli elctlori di Trcviri Colonia e Boemia (cioè Vicnna) si op posero alla proposta brandeburghese di inserire nella capitolazione con Leopoldo Il la modifica chiesta da Torino e alla fine ottennero l'approvazione del t es to Ancor più disastroso fu il tentativo sabaudo di creare un precedente. induce ndo la Comunità di Campofrcddo, uno degli ottanta feudi imperiali delle Langhe, a ricorrere al re di Sardegna per ottenere da lui. in qualità di Vicario pcrpewo in Italia. l"cdci decreti del Consiglio aulico disattesi dai consignori del feudo. cioè la

Repubblica di Genova e il marchese Domenico Spinola. La mossa deteriorò ulteriormente le difficili relazioni sardo -genovesi, già tese per l'eterna guerra doganale e le continue faide tra le opposte bande di malviventi e contrabbandieri che infestavano il confine fra il territorio genovese c le enclaves sabaude della Riviera di Ponente. Quando a Carosio, località di confine, si verificarono scontri tra i sudditi dei due stati. Torino giunse a concent rare truppe regolrui ad Ormea e a mobilitare le milizie di Millesimo, Mallare e Ormea e dell'intero principato di Oneglia. La Repubblica reagì a sua volta armando le milizie c concentrando truppe a Savona e Finale. La guerra. che sembrava inevitabile. fu scongiurata all'ultimo momento soltanto grazie alla mediazione personale di Lu igi XVI, sollecitata dal suo primo ministro conte di Vergennes. il quale riteneva dannosa per gli interessi della Francia. già travagliata dalla rivoluzione. un 'u lteriore crisi internazionale.

Non per questo cessarono le improvvise e contraddittorie velleità guerriere dell 'anz iano sovrano sabaudo. che Botta ridicoli zzò attribuendogli il vezzo di imitare, durante le ispezioni alle amate truppe, la celebre postura indagatrice di Federico JT. Infatti, non appena conclusi gli accordi col senato genovese. Torino cercò di inserirsi nella crisi austro-olandese relativa alle rivendicazioni imperiali sulla Schelda e si preparò ad una alleanza offensiva con la Francia. nella spe ran za che una rapida vittoria in Lombardia le fruttasse almeno r agognata annessione del principato di FinaJe a spese della Repubblica di Genova. Il re si spinse tino a far studiare dagli ingegneri i punti più convenienti per attraversare il Ticino, ma anche quest'altra crisi fu sco ngiurata in extremis dal personale intervento di Maria Antonietta.

Que sta miope e dissennata politica muscolare. gradita agli ufficiali ma controproducente sotto il profilo diplomatico. tolse la minima credibilità ali ' ultimo di sperato tentativo sabaudo di assumere una effettiva leadership degli stati italiani. Anche stavolta, come dieci anni prima. Vittorio Amedeo ricorse come propagandista al conte Galeani Napione (1748- l 830). generale delle Finanze e autore del progetto di confederazione italiana permanente, con garanzia reciproca dei rispettivi confini e dieta comune per le materie comuni, in particolare per il regolamento del commercio interno e l'espansione dei traffici marittimi verso il Levante. Napoli raccol se favorevolmente. ma soltanto a parole , senza la minima intenzione di tradurlo in concreto. Il rifiuto di Vienna. Venezia e perfino di Roma fu invece secco Genova. palese bersaglio del velleitario presenzialismo sabaudo. era stata intenzionalmente esclusa. La risposta di Firenze fu interlocutoria. ma in definitiva seppellì anch'essa la proposta torinese sotto il controprogetto di una ancor più utopica Lega armata per la comune difesa della neutralità finanziata dai Veneziani.

L'unico concreto suc cesso d i que l periodo furono le nozze del secondogenito VittOiio Emanuele duca d'Aosta ( 1759- l 824) con Maria Teresa d'Austria-Este, figlia del governatore di Milano e nipote del! 'imperatore. Un matrimonio combinato già nel marzo 1788. dopo aver brevemente valutato l'opzione parmense .

L' insicure::::.a interna

Anche la sicurezza interna dello Stato cominciava a destare preoccupazione. L'as ilo accordato agli em igrati francesi si rivelò presto un grave errore politico. Già la sfacciata comparsa a Torino della contessa Balbi, amante del conte di Provenza, fu un affronto sanguinoso a casa Savoia. La bigotta corte sabauda fu indignata dal comportamento fatuo e arrogante e dalle abirudini libertine degli aristocratici francesi. mentre i loro cinici e rancorosi domestici scanda li zzavano le anime pie spiattcllando vizi e nefandeZ7C dci padroni e diffondevano la propaganda rivolu.donaria nella stessa capitale, dove circolavano feroci epigrammi come Augusra Taurinonm1 re.fugium peccatorum. Ma g l i emigrati non si limitavano a scandalìz7are i moralìsti. Già nel 1790 il governatore di izza. marchese della Planargia, appariva molto preoccupato per le possibili ripercussioni interne delle continue provoca7ioni controrivoluzionarie organi nate dal settuagenario marchese dì Marignano e dal conte di Castellane.

In vari centri della Savoia. sempre più calamitata dal polo economico e culmrale lionese. le campane a festa avevano salutato la convocazione degli Stati generali francesi e l'elezione dei deputati del Delfinato. Ciò non mancò di provocare scre7i sempre pìtr gravi tra borghesi e militari. Quando un ufficiale di Aosta cavalleria colpì col frustino un avvocato di Mommelliano scoppiò un tumulto. a stento rientrato dopo l'immediato trasferimento dell'intero reggimento. Ma la rivoluzione penetrava anche nelle famiglie dei più alti ufficiali savoiardi. come quella dei Bcllegarde, legata alla loggia massonica dei Trois Mortiers. che aveva dato numerosi ufficiali agli eserciti europei, incluso il famoso conte Federico Enrico (1760-1845) futuro difensore del Tirolo ne l 1799 e feldmaresciallo austriaco. A Chambéry il bellissimo immoralista l l érault des Seychelles. coetaneo e fedelissimo di Danton fino alla gh iglìottina, spedito a raccogliere informazioni sulle propensioni democratiche dci salotti sabaudi, divenne ovviamente l'amante della bellissima sposa bambina del brigadiere Bellegarde. estasiata di scandalizzare i benpensanti con i suoi atteggiamenti femministi c libertini assieme alla sorella nubile. soprmmominata "la Simonette·· pcrchè era. a sua volta. l'amante del prete Simon.

Se a Chambéry, Nizza e Torino la borghesia emergente c una parte della stessa aristocntLia militare si lasciavano sedurre dalle idee democratiche nelle campagne la crisi economica c la carestia scatenavano tumulti e saccheggi e circolavano libelli sedizios i c agenti rivoluzionari. La propaganda francese era concentrata soprattutto in Savoia, dove nel maggio 1790 si verificò il primo LUmulto antifeudale. concluso col saccheggio del castello di Carouge, il disarmo della forza pubblica c la liberazione dei detenuti politici rinchiusi nella tetra fortcaa di M iolan<;. Un analogo episodio avvenne in giugno a Masserano, nella provincia industriale di Vercelli. dove vi furono anche tumulti contro i l malgoverno delle Opere Pie e dove il movimento democratico era animato dal tipografo e libcllista autodidatta Giovanni Antonio RanLa ( 1741-1801).

L'episodio più grave c funesto avvenne però nuovamente in Savoia. a Thonon. Qui una protesta antifiscale degenerò in aperta rivolta separatista, con lo scopo dichiarato di anneuere la Savoia alla Francia oppure alla Repubblica di Ginevra. Un appello contro "il giogo della tirannia" e le "finte carezze del Piemonte.. convocò i savoiardi alla pianura delle Marches il 15 sctlcmbrc, per il giuramento rivoluzionario. Per la prima volta la repressione si fece duri-.sima. con arresti e condanne capitali. Ma molti promotori ripararono nel Delfinato. da dove organiuarono la prima rete clandestina antisabauda. intanto, fra il giugno 1790 c il settembre 179 1 si consumavano la rivoluLione del comado venosino c l'occupa7ionc francese di Avi- gnone. allarmante precedente per i domini sabaudi inclu!>i nei confini naturali'' rivendicati dalla Francia.

/)a Pillnit-:_ alla guerra contro !"Austria (27 agosto 1791 - 20 aprile 1792)

Ancora nella primavera del 1791, malgrado la crescente apprensione per il contagio sovve rsivo, nessuna corte eu ropea percepiva la fatale logica di guerra innescata dalla Rivoluzione francese. Soltanto Vienna aveva direttamente sperimentato la rivoluzione con l'insurrezione di Bruxelles. la cacciata delle truppe austriache e la proclama7ione dcll'indipcndcnta del Bel gio (11 gennaio 1790). Ma poi l'Armata del Brabante. guidata dal mare!>ciallo Johann B ender ( 1713-98) aveva schiacciato l' Armata belga di van der Mersch e restituito fiducia ncll'c!>crcito professionale e priorità ai progetti di seconda spartizione della Polonia. L' In ghilterra immunizzata dall'esperienza della propria pa!>sata rivoluzione costituzionale. si raHegrava addirittura che l'anarchia interna avesse neutralizzato la presenza int ernaz iona le della Francia c inte ndeva fme del suo meglio per tradurla in un permanente declassamento della Poten?a a ntagonista.

Lo stesso imperatore Leopoldo II. fratello della regina di Francia, era convinto che la situazione si sarebbe naturalmente risolta in modo pacifico una volta che l'augusto cognato fosse <>tato mc!>so al sicuro sotto la protezione della guarnigione au'>triaca del Belgio. ei primi mesi del 179 l circolò anche a Torino la voce che l'imperatore aveva offerto al re di Francia l'intervento delle truppe imperiali in Alsazia c nella ChaJnpagne. in contemporanea con un 'offensiva di 15.000 bernesi su Lione e di 15.000 piemontesi su Grénoblc. Tuttavia soltanto il 2 c 6 luglio. dopo il fallimento della fuga di Varcnncs (20 giugno). Leopoldo prese per una dichiarazione co ng iunta dei sov rani europei in difesa della libertà e dell'onore del Crist ianissimo. Napoli e Madrid. geograficamente le più lontan e, furono le uniche corti ad aderire con entusiasmo. La Prussia pose come condizione che il proprio contingente fosse interamente a carico degli alleati. L'Inghilterra dichiarò di non volersi intromettcre negli affari interni francesi. La Russia cercò di spingere Au•>tria e Prussia a impegnarsi contro la Francia al solo copo dì ìndebolirle sulla questione polacca e balcanica. Il Piemonte subordinò la propria <Vione alla risposta degli stati interpellati e attenuò l"ottimismo di Leopoldo II su lla possibilità di pronunciamcnti monarchici in Provenza e Delfinato sostenendo al contrario che quelle province erano "più furiose delle altre". Inoltre chiese l'invio di un corpo di truppe in caso di minaccia al proprio territorio e di un alto ufficiale di co ll egamento austriaco, indicando l a propria preferenza per il genera le Giuseppe Ferraris ( 1726 - 1814) un oriundo genovese che si era illustrato nella guerra dei Sette anni c aveva un fratello tenente generale nell'Armata smda.

Di fronte a queste risposte, Leopoldo Il dovette infine accontentarsi dì una semplice dichiarazione congiunta austro-prussiana. firmata a Pillnit7 il 27 agosto. che impegnava le due potente a difendere con le armi l'integrità territoriale delrimpero. Bcnchè i toni fossero in realtà la dichiarationc s ubordinava ogni concreta initiativa militare al consenso di tutte le potenze europee. clausola che la privava di ogni efficacia pratica l'opposizione inglese nonchè le riserve formulate dalla stessa Prussia.

Anche tra i rivoluzionari i bellicisti erano minoranza. Soltanto i girondini puntavano sulla guerra. convinti che solo esportandola in tutta Europa la Rivoluzione avrebbe potuto trionfare !>Ui suoi nemici interni. Ma i girondini univano al bellici<>mo intemazionalista la vecchia tesi geopolitica delle ··frontiere naturali .. e il nuovo principio dell"'unità della nazione francese·'. rivendicando il Belgio. la sponda sinistra del Reno, il Nizzardo e la Savoia. c·era inoltre un recondito calcolo finanziario, perchè la guerra avrebbe consentito di congelare i debiti dello Stato e di ridurli mediante la svaluta;;ione.

Al contrario Robcsp ierre (1758-94) temeva che la guerra avrebbe sconfitto la Rivoluzione. avviando la Francia una dittatura militare. Proprio per questo, però, la volevano i monarchici. E alla fine. spaventa t a dal fallimento del colpo di stato di Lafayette (1757-1834) e sobillata dagli emigrati. anche la corte scebc la politica del tanto peggio tanto meglio. come la regina, capofila dell'optione militare. scrisse al suo devoto Fersen (1755-1810) il25 novembre 1791. Il3 dicembre Luigi

XVT scrisse segretame nte a l re di Pru ssia ( 1744-97) invocando l'intervento dei <;0vrani d·Europa per fermare i faLiosi. ristabilire l" ordine e arrestare il contagio rivoluzionario.

Tn realtà fu proprio la fazione monarchica a concordare segretamente il casus belli con il nemico c a montarlo abi lm ente di fronte ali' Assemblea legislativa. Ad innescare la miccia pr ovvide. il IO dicembre. il rifiuto dcii" imperatore di riconoscere le annessioni dei feudi principeschi effettuat e in Alsazia e Lorena. Seguirono il l 4. di fronte ali' Assemblea. l'ultimatum del re contro r arcivescovo -elettore di Trcviri reo di offrire ricette agli emigrati c un discorso del ministro della guerra Narbonnc ( J7551813) in !>Ostegno de li 'intervento armato. La mossa successiva fu la scontata nota del 21 dicembre in cui l'imperatore dichiara va che avrebbe difeso Treviri in base alla dichiarazione di Pillnitz.

La risposta dcii" Assemblea furono il decreto sui battag li oni volon t ari. un c redito di guerra di 20 milioni e la crea1ionc di 3 Armate (del Nord. del Centro e del Reno) forti di 120.000 uomini, contro 138.000 austro -pru !.siani. Ma a questo punto fu J acques-Pierre Brissot ( 1754-93). capo della fa7ione girondina, a prendere la guida della politica bellicista. con obiettivi diametralmente opposti a quelli della Corte. Nella seduta del l 7 gennaio 1792 fu lui a perorare la guerra. Il 25. mentre Charles Mauricc Talleyrand-Périgord ( 1754-1838) giungeva a Londra per tentare una riconci li azione con I"Inghilterra. l'Assemblea rivolse un ultimatum ali" imperatore.

La conven7ione miJjtare del 7 febbraio regoli> lo smembramento della Polonia c. secondariamente. r intervento congiunto contro la Francia. Era un accordo bilaterale che non fu neppure notificato al re di Sardegna. il quale di conseguenza si ritenne sciolto da ogni impegno. Informò tuttavia il suo inviato straordinario a Vicnna, marchese di Breme. di aver dato ordine di predisporre un eventuale passaggio dalla difensiva al l 'offensiva in caso di una comune iniziativa europea.

Del resto il l o marzo Lcopoldo Il morì e gli succedette il figlio Francesco ll ( 17681835). Il 7 marzo il duca di Brunswick (l 735-1806) fu designato al comando delle due armate coalizzate . Il l 5 mar..w un ministero .. girondino'·. con Jean - Marie Roland ( 1734-93) agli Interni e il generale Dumouriez ( 1739-1823) agli Esteri. sostituì il precedente accusato di tradimento. Il 20 aprile la Francia dichiarò guerra al ·'re di Boemia c Ungheria". lasciando gli stati tedeschi fuori dal conOitto. Nove giorni più tardi l'Armata del Nord era disfatta e gli austriaci dilagavano in Belgio. mentre i reggimenti tedeschi passava110 al nemico.

La minaccia di guerra conrro il Piemonte (marzo-maggio 1792)

L o scoppio della guerra franco-ausu·iaca non coinvolgeva automaticamente I'Ttalia. Malgrado il rafforzamento delle relazioni austro - sarde e le rivendicazioni francesi su Nizzardo e Savoia, né l'imperatore né il ministero girondino intendevano aggiungere un fronte italiano a quello germanico. Certamente la rottura dell'asse franco-austriaco minava la neutralità italiana, ma entrambi i contendent i avevano forze e obiettivi limitati (rispettivamente la restaurazione della monarchia e la conquista delle frontiere naturali) che entrambi confidavano di poter raggiungere rapidamente e conso li dare con una stabile pace. Infatti lo stato di guerra non interruppe il fiorente conunercio franco-austriaco: ancora nell'agosto 1792 l'Austria continuava a fornire attraverso la Svizzera e in cambio di buoi, il rame dei Carpazi utilizzato dai 5 nuovi stabilimenti d 'a rtiglieria istituiti dall'Assemblea.

Questa situazione accresceva però i rischi e l 'isolamento del Regno di Sardegna, dividendolo in due zone a sicurezza differenziata, quella transaJpina, minacciata dal programma espansionistico del governo girondino, e quella subalpina. protetta dall' irril evanza strategica della Penisola ma espost a comunque al contagio rivoluzionario. Nessuna potenza, tranne l'Inghilterra che restava però neutrale. aveva interesse a difendere la sovranità sarda su Nizza e Savoia. La loro annessione alla Francia avrebbe addirittura favorito i disegni di Yienna, trasformando il Piemonte in un protettorato austriaco. Quanto alle altre Potenze italiane, non potevano rischiare ritorsioni francesi per sostenere gli interessi di Torino. Alla sua richiesta di aiuti, Roma rispose con brutale franchezza di ritenere improbabile un'invasione deirltaJia e che non avrebbe considerato come violazione della neutralità itali ana un attacco francese Lim itato ai territori transalpini.

Il consiglio di stato del IO marzo 1792 approvò il rinforzo dei presidi sardi in Savoia e nel Nizzardo. deciso esclusivamente per ragioni di sicurezza interna. Ma Hérault des SeycheJles si presentò a Torino accusando la corte di vo lere la guerra. Appena formato il ministero girondino, il nuovo ministro degli esteri generale Dumouriez ufficializzò la reazione francese ordinando all'incaricato d'affari a Torino, de Lalande, di chiedere ad Hauteville spiegazioni per asseriti movimenti di truppe sarde a l confine e di dichiarare le intenzioni de l re di Sardegna, in modo che ' ' la naz ione non dovesse restare incerta sul numero dei suoi nemici'·. La risposta sarda fu ambigua 11 governo dichiarò che lo scopo dei movimenti era di rafforzare la sicu rezza interna, aggiungendo però che il re era padrone di fare quel che voleva in casa propria. E sottolineò che le autorità locali manifestavano la loro buona volontà tollerando perfino gesti sovversivi come l'esibizione di coccarde tricolori da parte dei cittadini francesi che quotidianamente varcavano la frontiera per recarsi neg li empori savoiardi di Saint Genis, Les Echelles, Seysscl e Pont Beauvoisis. Il re aggiunse personali proteste di amicizia in una lettera a Luigi XVI. Intanto però incaricò il marchese di Breme di negoziare un'alleanza con il primo ministro Kaunitz.

Due settimane dopo alla vigilia della dichiarazione di guerra, Dumouriez volle cost rin gere Tori no a scoprire le carte offrendole un·alleanza offensiva contro l' Au - s tria, con la proposta di cedere le province transalpine alla Francia in cambio della Lombardia. Que s ta offerta dal s inistro tono ultimativo. fu accompagnata da un gesto che a Torino apparve provocatorio: infatti Dumourie z. senza chiedere il preventivo gradime nto del governo sardo, incaricò l'ambasciatore a Genova marchese di Sémonville ( 1759-1839) di recarsi a Torino . Ma il governo sardo. in base alle informative ric evute dal proprio residente a Genova. conte Nomis de Cossi la. riten eva che Sémonville fosse in realtà incaricato dcll'agita7ione rivoluzionaria in Piemonte. Senta contare che anche la polizia .,arda aveva confermato i sosperti sul marchese. accusa ndolo formalmente di aver so billato un ammutinamento veri ficatosi poco prima nella guarnigione di Torino. Vittorio Amedeo prese personalmente la rischiosa decisione di reagire alla provoca7ione, ritenendola un'ottima occasione per poter rinforzare la Savoia senza suscitare altri allarmi cd evitare ogni responsabi lità morale in caso di guerra. l l 19 aprile il marchese Solaro. governa t ore di Alessandria. trattenne Sémonville impedendogli, sia pure con pretesti cortesi, di rag gi ungere Torino, benchè il marchese si fosse dichiarato lat ore dell'offerta francese della corona d'Italia. Ri entrato a Genova. Sémonville scrisse subito un durissimo rapporto al suo governo. accusando quello sardo di aver arrecato offesa all'onore della Francia c violato l'immunità diplomatica.

Intanto a Vienna l'inviato straordinario sardo, marchese di Breme. cercava di ottenere dal primo mini stro Kaunitz un formale trattato di allean7a. 11 nuovo imperatore Francesco H deluse però le aspettative del re di Sardegna. Il 24 aprile lo invitò ad aderire al "nuovo concerto da &tabilirsi fra le principali potenze". infonnandolo però di non poter distoghere truppe dal fronte germanico c di potergli eventualmente concedere . in caso di attacco. soltanto gli 8.000 uomini di presidio in Lombardia. Quel contri but o poco più che simbolico testimoniava l'intenzione austriaca di scaricare sul Piemonte la difesa avanzata della pianura Padana. come era avvenuto nel 1742: c anche stavo lta senza alcuna contropartita politica e sen;.a neppure un chiaro impegno strategico. Pertanto. pur aderendo in linea di massima al '·nuovo concerto". il re evitò a sua volta di assumere precisi impegni di carallere strateg ico.

In altri tempi un tal e atteggiamento austriaco avrebbe risospinto Torino verso la Francia: ma l'inedita dimensione ideologica del contenzioso franco-sardo tendeva ad irrigidire le positioni rendendo più difficile l'a ccordo. Spiegazioni e note diplomatiche non bastarono ad ammorbidire la pregiudit.iale sarda contro Sérnonville. Così il 26 Dumouriez accusò Vittorio Amedeo di aver violato il dirillo internazionale e il 3 maggio Lalande lasciò Torino se nza prendere co ngedo dal re.

Altra grave provocatione venne dall'Assemblea nationale. che in aprile autorizzò l a formazione, a Grénoble. della Legi one degli Allobrogi, propagandata dal medico Doppet. comandata dal giovane Louis Charles Desaix ( 1768 - 1800 ) e composta di esuli savoiardi e piemontesi c di abitanti del Delfinato c dell'Ain. Agenti francesi te ntarono. senza riuscirei. di con·ompere il fedele sergente capo lcva Carre!. che si illustrò poi combauendo a Tolonc c Mondovì. promettendogli il grado di capitano per consegnare alla Legione le reclute del Reggimento Savoia. l n maggio la Le gione concorse a formare. assieme a 50 battaglioni di volontari. la nu ova Armata del Mezz ogiorno. forte di 23.000 reclute inesperte al comando del generale Montesquiou ( 173998) . In luglio nel porto di Tolonc cominciò l'alle s timento di 18 navi da g uerra .

I ntanto la stampa francese moltiplicava gli attacchi contro il regime sabaudo e presentava sono una luce rivoluzionaria gli incidenti provocati a Torino dagli studenti universitari. insorti contro l'arresto illegale di un loro collega accusato di aver calunniato una donna di malaffare protetta dalla polizia. l comandanti del presidio. marchesi del Borgo e di Rondon. avevano aggravato il caso ordinando una carica di cavalleria in piazza Castello. Gli studenti, rinforzati dagli a ll ievi dei collegi dci Nobili e delle Province . reagirono asserraglia ndosi nell'università e, pe rduta la testa. la truppa fece fuoco contro una manifestazione di artigiani c bottegai indetta proprio per protestare contro le provocazioni goliardiche, con un bi lancio di 3 morti c vari feriti. Accorso da Moncalieri. il re fu acclamato dagli studenti e per calmarli si rassegnò a destituire il funzionario di politia responsabile dell'arresto.

L Preparativi Militari

In giugno il re convocò in consiglio di guerra i principi del sangue. i ministri Hautcville c Cravanzana, i governatori della città c della cittadella di Torino, cava l iere di Sa l mo u r e marchese di Cirié, e i pr incipa l i generali. sottoponendo alloro parere il progetto di invadere il Delfinato con 20.000 uomini. 11 piano prevedeva dj prendere rort Barraux mediante tradimento o bombardamento e poi di marciare su Grénoble e Lione, centri mercantili che. seco ndo il progeno. si sa rebbero arresi per evitare i danni del bombardamento c del sacc heggio.

Si opposero fermamente c;ia Hautcville che il generale Carlo Francesco Thaon di Revcl e di Saint-And ré ( 1725-1807) i quali consigliarono invece di assumere una -;trcua difensiva e di sollecitare ingenti aiuti austriaci. Toccò al maggior generale, il famoso scrittore militare Asinari di Bernezzo detto "il marchese di Brézé predisporre il piano di concentramento delle truppe alla frontiera. ripartcndole in tre corpi (Savoia, Susa e Nizza) al comando nomina le dei duchi d'Aosta, del Monferrato e de l Chiablese e a quello cffcllivo dc i generali Giovanni Battista Lazzary, savoiardo. di Sant'Andrea. nizzardo e Luigi Eugenio de Courten. il primo settuagenario c il terzo addirittura ultraolluagenario. Il piano prevedeva inoltre di rafforzare i presidi di Oneglia e Sardegna, la copertura dei valichi alpini e il controllo dell'ordine interno.

In confronto alle improvv isa te forze francesi. quelle sarde non erano trascurabili. el 1 izzardo erano <,tan;iati circa 9.000 uomini (7.900 fanti. 600 cavalli e 600 cannonieri) con 100 pezzi da forteaa e 8 da campagna. Altri 12.000 difendevano la Savoia (10.329 fanti, 1.200 cavalieri e 16 pezzi da campagna). 11 Corpo del Nizzardo era costituito da:

R battaglioni d'ordinanza: J o Piemonte, 2° Saluzzo. l o c 2° La Regina. l o e 2° Lombardia. l o vallesano de Courtcn. l o grig ione Christ

4 battaglioni provinciali: l 0 e 2° ina. l o e 2° Mondovi

• 2 compagnie provinciali: 4° Accampamenti

3 ( l dragoni di Piemonte. 2° e 3° Aosta cavalleria)

2 compagnie d'artiglieria c cannonieri ausiliari l compagnia invalidi

2 battaglioni di marina (Equ ipa ggi c Granatieri delle Fre gate)

Il Corpo della Savoia contava invece:

12 battaglioni d'ordinan;a: l 0 Guardie. 2° Savoia, 1° e 2° Monferrato. l o e 2° Aosta. l o e 2 ° La Marina. l 0 c 2° bernesi Rockmondet. l o c 2° Sardegna

2 battaglioni provinciali scelti: ) 0 c 3° Accampamenti

7 battag lioni provinciali: l o c 2° Genevcse. ) 0 c 2° Moriana. l o c 2° 2° Casale l battaglione truppe leggere (a Manhey. con la Sa compagnia cacciatori a Molenes ) ln luglio seguì un rapporto del savoiardo marchese di Cordon. l'ex-ambasciatore a Parigi, che grazie al suo grado militare (maggior genera le) aveva ottenuto di aflìancare Laaary. nei confronti del quale nutriva forte animosità. I n toni assai aspri. Cordon gli rimproverava di aver adottato un debole schieramento a cordone con aliquote al Ccnisio e nel Chiablcsc fino allago di Ginevra. c di non aver provveduto a fortificare Mommeliano e Conflans (Aibertville). In realtà Lauary aveva suddiviso le forze in tre aliquote: una a Seysscl per coprire Annécy c Rumilly. una a Lcs Echelles per coprire Chambéry e la tcr7a all' Asprémont di fronte alla base francese di Fort Barraux, da dove si potevano imboccare entrambe le va ll ate di Moriana e Tarantasia. Pinto aveva fortificato l' Asprémont con un semicerchio di ridotte (al ture della Rocchetta, Sant'Hélène, La Chavannc. Mommeliano, Francio, Torre Bcllegarde, castello delle Marchese colle di Sant'Andrea). Lo spatio antistante le trincee doveva essere protetto da uno sbarramento di artiglieria, direrto dal maggiore Debuttet, con tiri incrociati dal castello delle Marchese dalle Albins dc Mians.

6 sq uadroni: l o c 3 ° Dra go ni della Regina, Regg imento Cavalleggeri del Re l compagnia d'artiglieria.

Ma le fortificai' ioni apprestate prima in Savoia e poi nel Nizzardo dal conte Pinto. colonnello della Legione Accampamenti, un ufficiale già al servizio prussiano e figlio del defunto comandante degli ingegneri sardi. furono duramente criticate da due generali. uno ninardo e l'altro savoiardo. c he ru.piravano a sostituire dc Courten e Lazzary. In particolare Sant'Andrea. che conosceva bene il f ronte del Varo per essere nato a Nizza e avervi combanuto durante la guerra di !)Ucccs-,ione austriaca, il 7 giugno scrisse al re che vari trinceramenti e posti erano mal dislocati e che Pinto aveva trasc urato di guarnire l'Aspromonte. il punto più importante per la difesa di Nizza e le comunicazioni con I'Escarène, come pure Montalbano. gagliardamente difeso nell'assedio de l 1744, e Villafranca, perno della difesa costiera. Il generale concludeva che ··se tutto quello che si faceva era per un fine politico. si poteva fare diversamente e con molto minore spesa". li rapporto di Sant'Andrea fece impressione, ma de Courten si accontentò di allungare la linea difensiva fino all'Aspromonte, di rinforzare il castello di Villafranca e il forte di Montalbano c di autorizzare la formazione di corpi volontari nizzardi (ma suscitò malcontento c rimostranze scegliendo gli ufficiali fra le famiglie dell'alta società che l'avevano accolto con feste e ricevimenti. benchè molti di costoro si atteggiassero a simpatizzanti della rivoluzione). In realtà il dispo!>itivo del NiZLardo era troppo ampio: de Courten aveva disperso eccessivamente le forze. tnnto da averne sottomano meno di un terLo, forse 2.500 uomini.

Crcsceya intanto il fermento al confine sardo. Il 7 giugno, a Nina, 7 vescovi c 238 preti emigrati fecero una solenne processione. Seguirono il 26 solenni festeggiamenti per il ge netliaco del re. li 4 luglio. al posto di San Lorenzo. i volonta ri francesi insultarono e presero a fucilate i dragoni piemontes i che pattugliavano la sinistra del

Varo e che si ritirarono obbedendo alfordine di non rispondere alle provocazioni. A Marsiglia si vendeva una stam pa raffigurante la presa di Nizza e il massacro degli ab itanti , mentre le truppe francesi moltiplicavano g li sconfinamenti e i sacc heggi . In Savoia la propaganda rivoluzionaria cercava invece di accattivarsi i soldati d'ordinanza sardi. Un volantino francese li invitava a disertare mescolando, in un italiano approssimativo. la promessa di paghe migliori (80 li re i fanti, 120 i cavalieri) con le minacce di stenniruo e gli appelli rivoluzionari alla comune lotta contro aristocratici e tiranni .

Il negoziato militare con Vienna e Napoli

Tuttavia i rovesci militari subiti sul fronte settentrionale convinsero Dumouriez a soprassedere all'invasione della Savoia e riprendere il negoziato in modo ufficioso. tramite l'intermediario Audibert Caille. Il relativo successo di questo nego z iato influì però negativamente su quello para ll elo in corso con Vienna. Sospettando segrete intese franco-sarde, i l 16 giugno l'imperatore rifiutò nuovamente di assumere impegni precisi. limitandosi a vaghe promesse di concorrere alla difesa dei so li territori subalpini con le sole truppe di stanza in Lombardia.

La freddezza austriaca condizionò anche il piano faticosamente concordato a Napoli tra il ministro Acton e l'inviato sardo a Napoli, conte di Castelalfero, per spedire in Lombardia un contingente napoletano di 6.000 fanti, 900 cavalli e 24 pezzi al comando di de Gambs allo sco po di poter impiegare la guarnigione austriaca in soccorso del Piemonte. Per non fornire alla Francia un casus belli il piano prevedeva però di tenere 4.000 uomini nello Stato dei Presidi (sotto sovranità napoletana) e di qualificare gli altri 2.000 come truppe mercenarie ingaggiate dali ' Austria per garantire la neutralità del Granducato. In luglio, dopo l"approvaz ione imperiale, i reggimenti prescelti furono mobilitati, ma ai primi di agosto la partenza fu sospesa. Ferdinando IV, suggestionato dalle apprensioni di Maria Carolina, dagli ammonimenti del fratello Carlo IV di Spagna e dai preparativi navali francesi, temeva infatti che sg uarnire Napoli potesse accrescere i l risch i o di un int ervento f rancese e/o di una insurrezione giacobina.

La direttiva strategica sarda (9

Intanto, fa lli ti i tentativi controrivoluzionari di Lafayette. l' 11 luglio l'Assemblea aveva decretato l'e mergenza nazionale (la patrie en danger). Il25 un proclama di Brunswick minacciò i parigini di spietate rappresaglie qualora si fosse verificato il minimo attentato contro i Reali di Francia. Propenso all'intervento e all'offensiva, il 9 agosto Vittorio Amedeo ascoltò, alla presenza dei principi reali, il parere dello speciale "congresso di generali" composto dal marchese di Cirié, dai cavalieri di Salmour e de Courten e dai conti di Sant'Andrea e di Robilant. Il responso fu che in mancanza di consistenti rinforzi austriaci il re non poteva assumere l'impegno di sferrare un 'offensiva. I generali gli consigliavano perciò di tenersi "sur une défensive imposante vis-à-vis des Français, mais avec la liberté d'opérer activemenr". secon - do le circol>tanze e in propor tione delle forze c dei mcai disponibili. Il re approvò questa compromissoria e troppo generica direlliva strategica, ordi nando la mobilitazione dei tre Corpi di Savoia. Alpi e Nizza. ma ordinò al tempo stesso di non rispondere alle continue provocazioni dei soldati francesi.

La conven:ione di Milano del 22 seffembre 1792

Il IO agosto il popolo di Parigi invase il palazzo delle Tuilcrics mal>sacrando la fedele Guardia svinera e reclamando la decadenza del re. che il 13 fu rinchiuso al Tempio. Fallito un ultimo tentativo di marciare su Parigi con l'armata di Strasburgo, il 19 agosto Lafayette si arrese agli austriaci e Dum ouriez assunse il comando dell' Armata del Nord. Lo stesso giorno, rinforzato dall'armata dei principi e degli emig rati. Brunswic k varcò la frontiera de l Reno e la Conven z ione delibe rò la g uerra co ntro i l Piem onte.

Proprio in quel momento a Torino prevaleva un 'atmosfera più distesa. Le dichiarazioni del ministro della guerra francese. generale Scrvant. sulla concentrazione delle forze per la difesa del Nord -Est. venivano interpretate come la prova che la Francia non intendeva aprire nuovi fronti. A Chambéry un sedicente emigrato francese c sed icente oriundo irlande se provvedeva a tranquilli zza re sia l 'ones to e benevolo governatore della Savoia Perrone. quanto il violento e detestato comandan te della città. cavalier di Collegno.

Dal Varo giungevano notizie contrastanti. Il 27 agosto un esploratore sardo. l 'avvocato nizzardo Cristini. segnalava che il campo francese era del tutto tranquillo. ma H au te villc scriveva a Cossila che le ultime noti7ie da Nizza davano a temere un prossimo attacco da terra e da mare. ln falli ai primi di settembre Montesqui ou ordinò alla divisione di Pro vcnLa di prendere le posizioni d'attacco e quasi tutte le truppe sarde avanzarono in osservazione verso il Varo. Alla Turbie si accampò anche un corpo volontario di 200 nobili e borg he s i nizzardi armati a proprie spese.

Il 2 settembre Verdun si arrese ai prussiani. mentre a Parigi. Versailles. Lione. Orléans e Reims 1.200 pri gionieri realisti furono massacrati dai sanculo tti. Tra cos to ro anche la prin c ipessa di Lamballe. la cui testa issata su lla picca fu mostrata alla regina attraverso la lìnestra della sua prigione. Il 15 Dum ouriez ordinò la ritirata dalle Argonne, ma il 20 l'armata prussiana fu banuta a Valmy, a fronte rovesciato. dal tiro incro ciato della potente artig li er ia francese. TI 21 la Convenzione nazionale proclamò la Repubblica.

Questi ultimi eventi non erano ancora noti in Italia quando, il 22 sette mbre a Milano , il maggior gene rale Asinari di Berneno e il Commissario imperiale barone Stein sonoscrissero finalmente la dettagliata conven1ione militare austro - sarda. siglata anche dai commissari di guerra Cerini c Spech.

L'Austria si impegnava a fornire un corpo ausi liari o di 9.000 uomini (7 battaglioni, 4 squadroni di cavalleria leggera. 22 pezzi e 1.000 irregolari) a totale carico. però, del Regno di Sardegna, cui incombevano gli oneri re lativi all"'alta pa ga". ai viveri da ca mpagna, ai serv izi di intendenza c ai premi per la consegna di disertori (fissati nella misura di 52 lire ciascuno). Per le truppe austriache era prevista una eventuale integrazione rispetto alla razione piemontese qualora quest'ultima sta ta consi - derata insufficiente , con facoltà dei comandanti austriaci di richiedere il controvalore in moneta. Fatti salvi quelli già avvenuti, erano vietati nuovi arruolamenti di sudditi s ardi nel contingente austriaco e di sudditi austriaci nelle truppe sa rde , con l'impegno reciproco a riconsegnare i disertori all'esercito di provenienza. Altre minuziose disposizioni di scipl inavano lo scambio dei prigionieri e la ripartizione del bottino.

L'OFFENSIVA FRANCESE

La mancata difesa della Savoia (21-30 se ll emb re)

Mentre a Milano si firmava la convenzione austro-sarda. La Savoia era già virtualmente perduta. Alcuni giorni prima Montesquiou si era messo in marcia con gli 8.000 volontari raccolti al campo di Cessieux per raggiungerne altrettettanti già in linea a Fort Barraux. Per ingannare i sardi sulla vera direttrice d 'attacco, Montesquiou aveva avviato l'avanguardia comandata dal generale corso Raffaele Casabianca ( 1738-1825) in direzione delle Echelles, come se avesse l'inten zio ne di marciare su Chambéry. Poi, resosi conto che le ridotte sarde del!' Asprémont erano quasi ultimate e che si s tavano piazzando le artiglierie, il 21 settembre Monte sq uiou firmò un proclama ai '·fratell i savo iardi" in cui prometteva '·guerra ai castelli e pace alle ca panne" e ordinò al maresciaJJo di campo Laroque di risalire l' lsère con 12 battaglioni granatieri, 12 picchetti, 400 cacciatori a piedi e 200 dragoni. A notte Laroque si attestò a Chapareillan e all'alba gelida e piovosa del 22 giunse davanti alle ridotte avanzate di Asprémont e Mians difese da 800 uomini ( l 0 Guardie e 2° Savoia).

Avvertito il movimento nemico, alle 5 del mattino iJ capoposto e il comandante della compagnia delle Guardie che guarniva il castello delle Marches, capitani Chiabrera e Vuillet d'Yenne, chiesero al comando di Mommeliano il permesso di aprire il fuoco con i 6 pezzi del castello. Lazzary rispose di non essere autorizzato ad aprire il fuoco per primo e che al momento opportuno avrebbe dato egli stesso l'ordine, poi, per evitare ulteriori discussiorù. si ritirò nel suo alloggio e vi si chiuse a chiave. Invano i due ufficiali scong iurarono Cordon di autorizzarli in vece del superiore. Due ore dopo i francesi presero le ridotte all'arma bianca e s ubito le distrussero . Chiabrera si ritirò al ponte di legno sull' lsère per proteggere la ritirata della fanteria dislocata sulla sponda destra del fiume.

Tu ttavia, all'avvicinarsi del nemico, il capitano prese la decisione di rompere metà del ponte nel senso della lunghezza, in modo da consentire il tran si to della retroguardia sarda ma non quello dei cannoni francesi Rimasero però sull'altra sponda un delle forze, 5 battaglioni (l o Guardie , 2° Savoia, Rockm o ndet, Mariana, Genevese) più la compagnia leggera e tutti gli squadroni.

Costoro riuscirono ugualmente a sganciarsi e a risalire la destra deii'T sè re fino a Conflans , ma ciò convinse Lazza ry ad abbandonare Mommeliano e a rag g iung e re la sua retroguardia per poter far massa contro il nemico incalzante. Il 22 Montesquiou avanzò il quartier generale alle Marches. Qui una delegazione andò ad offrirgli le ch ia vi di Chambéry, dove il generale entrò il 24 accolto come un libe ratore. La posizio ne di Conflans era buona ma non predisposta e Lazzary, convintosi di non potervi per mancanza di artiglierie c vettovaglie. ordinò la ritirata generale ai passi alpini, guidando egli stesso la colonna principale per la Tarantasia e affidando quella di Moriana al settuagenario barone Pio Chino ( 1722-95) un abile generale veterano dell' Assietta. l francesi si gettarono all'i nseguime nto , anch'essi divisi in due colonne: Casabianca. con 7.000 uomini, verso la Tarantasia. il generale Ro ssi. con 2 brigate di fanteria e l di cavalleria e 20 cannoni, sulla Moriana. A Bourg Saint Maurice la resistenza del Reggimento Acqui e i cannoni del capitano Sasso lino (Bozzo lino ?) consentirono a Lazzary di guadagnare qualche ora di vantaggio su Casabianca e di recuperare il battaglione degli Accampamenti del ca' aliere di Bellegarde, ripiegato da P ont Bcauvo isis. Momesquiou entrò a Mouti ers il 28 settembre, anche qui ossequiato dalle autorità cittadine. Il l o ottobre. senLa aver combartuto e con l a cavalleria rimasta quasi tutta appiedata. la colonna di Tarantasia si attestò al Piccolo San Bernardo. Subito dopo Lazzary tornò a Torino, lasciando il comando al marchese Roberto Girolamo Alfieri di Sostegno.

Anche in Moriana Chino guadagnò un ceno vantaggio su Rossi, rallentato dalla piena autunnale dell'lsère. Solo ad Albigny, sop ra Aigucbelle, i francesi presero co ntatto con la retroguardia sarda, formata dai Reggimenti La Marina e Sardegna. Quest ' ultimo, gettato nel panico da notit.ie allarmistiche, si sbandò fuggendo vilmente fino alla Chambre (i tre ufficiali s uperiori furono degradati, tuttavia il colonnello Magliano. dopo aver servito come semplice granatiere fu reintegrato nel grado). La Marina raggiunse invece in buon ordine San Giovanni di Moriana c poi il Moncenisio, dove Chino imbastì una linea di re s iste nza trincerando 5 battaglioni alla Ramassa ( l 0 Marina). all'Ospizio (2° Marina). alla Posta dci cavalli (Casale) e alla Gran Croce (Sardegna), sostenuto sul versante piemontese dal R eggimento Asti, accorso di rincalzo da Susa. A cose fatte arrivò Cordon a rilevare il comando di settore.

Più a Nord. l'avanzata francese nel Gencvese e Faucigny tagliò fuori i 3 battaglioni che a Carouge e Tbonon presidiavano il Chiablesc. Le autorità vallesane concessero il transito al la Sa compagnia leggera c al batt ag lione bernesc Roc kmond et ma non ai 2 provinciali di Moriana. che già consideravano sudditi francesi. Al loro colonnello Chevron de Villette non restò allora che rispedirli a casa, con l'ordine di radunarsi a Susa il l 0 gennaio.

Il bottino francese fu di IO cannoni. mille fucili, 3.000 sacchi di grano. ingenti quantità di munizioni e materiali da guerra e quasi tutti gli equipaggi degli ufficiali. Quel l i del l 0 Guardie furono g li uruci a rifiutare l'indennizzo accordato dal re.

La ritirata dal e l'arroccamenro a Saorgio (24-30 settembre)

Mentre Montesquiou occupava la Savoia. a ltri 6.000 francesi investivano il Nizzardo al comando del generale Jacqu cs d'Ansclme ( 1740-1812). La divisione terrestre. basata ad Antibes e Cagnes . era appoggiata dalla divisione navale del giovane comrammiraglio Laurcnt Truguet ( 1762-1837), già distintosi nella guerra di indipendenza americana.

Mal consigliato dal suo apprensi\'O capo di stato maggiore. conte Pinto. De Courten riteneva di non poter soste nere un attacco combinato da terra e dal mare. Dopo aver fatto approvare le sue valutazioni da un consiglio di guerra inusualmente allargato ai maggiorenti di Nizza, aveva chiesto e ottenuto da Torino l 'autorizzazione ad abbandonare la contea qualora risultasse assolutamente imposs ibil e difender la.

1124 settembre l'intendente generale della Contea, Crist iani spedì la cassa pubblica al sicuro nel forte di Saorgio. Il giorno seguente 9 vasce lli comparvero nella rada di Nizza. Mentre i cannonieri correvano ai pezzi, la fazione giacobina abbozzò un tumulto gridando "à La poteme". ma fu dispersa dalle milizie legittimiste. A causa del forte vento le navi dovettero prendere il largo, ma il giorno seguente ricomparvero schierandosi a mezzo tiro di cannone dalla città. Una scia lupp a dell'ammiraglia Tonnant sbarcò un parlamentare, con l'intimazione di rilasciare il console francese, arrestato per ritorsione contro l'analogo trattamento fatto al console sardo a Marsiglia. ln assenza di de Courten, che si trovava in ricognizione lungo il corso superiore del Varo. e del marchese della Planargia, a Torino per riferire della situazione politica, il parlamentare fu ricevuto cortesemente dall'irlandese O'Brennan. che faceva le veci del governatore.

Frattanto Anselme iniziò il passaggio del Varo. Ma un improvviso ingrossamento del fiume bloccò sulla sponda francese metà delle sue forte. De Courten avrebbe potuto approfittarne per tentare un attacco contro la debole avanguardia nemica. Ma le sue vedette. scan1biando per tì ancesi i 2 squadroni di dragoni di Sua Maestà che sorvegliavano la sinislra del Varo, gli riferirono che il nemico era già o ltre il fiume. proprio mentre da Nizza lo avvisavano deUa comparsa di Truguet e dell'invasione della Savoia.

Allora de Courten tornò precipitosamente a Nizza e liberò il ons.:>le che il 27 potè imbarcarsi su l Tonnant e raggiungere Anselme a Golfe Juan. Du e dopo sarebbe tornato a Nizza in qualità di sindaco repubblicano. In città il Consiglio generale perorava la resistenza. stimando di poter armare 3.000 cittadini, ma Pinto demoralizzò dc Courten sostenendo che i francesi fossero addirittura 40.000, otto volte la forza reale. Temendo che il nemico potesse tagliargli le retrovie sbarcando a Monaco. il vegliardo generale ordinò allora l'immediato ripiegamento sulla posizione del Braus. che domina la strada postale tra L'Escarène e Sospello, a guardia dei valichi di Tenda e delle Finestre.

Anselme giunse al Varo il mattino del 28, attestandosi alla ridotta di San Lorenzo. Le truppe sarde, frammiste a migliaia di profughi. tra cui 3.000 congiunti di emigrati francesi, sgombrarono Nizza nella notte sul 29, sotto una pioggia scrosciante. Nell'oscurità l'arrivo dei 2 squadroni che si ritiravano dal Vam gettò il panico nella colonn.t fuggiasca . I maggiori Robbi e Villamarina, del Reggimento provinciale di SaluzzJ, furono cassati per aver perduto la testa. Si distinsero invece per sa11gue freddo il brigadiere Asinari di Bernezzo col nipote marchese e il maggiore d'artiglieria Roccati.

A Nizza erano circa 800 emigrati francesi, radunati in armi in piazza Vittorio: ma abbandonarono presto il proposito di resistere fino alla morte, rassegnandosi a imitare il presidio sardo. Subito si scatenarono bande di saccheggiatori, soprattutto marinai e portuali. che le autorità municipali pensarono di fronteggiare sollecitando ranivo dei francesi. Ma Anselme, sospettando un agguato. temporeggiò limitandosi a far perlu:-.trare il bosco della riva c ad avviare 30 dragoni sulla s trada mae s tra. seguiti da I battaglione traghettato grazie ai cavalli dei dragoni. Soltanto il rapporto sulla ritirata sarda speditogli dal figlio del console francese lo con- a ordinare all'avanguardia di ent rare in città. l francesi entrarono alle 4 del pomeriggio. piaaando un avamposto all'abbazia di San Ponzio. sulla destra del Pag li one e a cavallo clelia strada per l ' Escarè nc.

All'arrivo del nemico il colonnello Cacciardi_ lasciato sen7'ordini. tentò di evacuare il forte di M onta lban o. ma visti sfi lare 200 dragoni francesi, prefe rì arrendersi prima ancora dell'intimazione e si consegnò co n 180 g ranatieri c alcuni cannonieri invalidi_ Intanto il comandaJllc della marina e prcstigioso accademico savoiardo Pi c rre-Marie-François Daviet dc Foncenex ( 1734-99) abbandonava le batterie costiere chiudendosi nel castello. An se lme entrò a Nina a mez zog iorno del 30 sette mbre Anche Foncenex si arrese con 200 uomini. senza sparare un colpo. L'i mportanza che la tradizione francese attribuiva alla conquista di Villafranca è tes tim oniata dal fallo c he ancora nel 18 39 l'episodio della resa fu immortalato da Hyppo lyte Lccomt e in un quadro cele brati vo dal re Luigi Filippo.

Nel quadro il ciclo è ovviame nte radioso. Ma nella realtà qu el g iorno pioveva ancora. dopo la trem enda tempe s ta che durante la notte aveva divelto il ponte su l Varo. Così i 2.500 francesi che erano già passati sulla sponda rimasero tagliati fuori dal rest o della Divisione (3 .500 rego lari e altrettanti volontari, tra cui la famosa Legione marsigliese). Se le due forteue di Nizza avessero re sisti to qualche giorno e de Courtcn fosse tornato indietro. avrebbe potuto mettere davvero a mal partito l'avanguardia fra nce se, che le co ndizi o ni del mare imp ed ivano alla sq uadra fran cese sia di sostenere che di evacuare. Occorscro alcuni giorni per poter sbarcare rinforzi ad Antibo c far passare il Varo al della Divisione. da quella brulla su bito i francesi cost ruiro no a San Lore nzo un ponte s u robuste pa lafittc. u ltimato in sci settimane.

La fine della :,quadm sarda

A Montalbano e Villafranca i francesi catturarono 3 co lonn e lli, 3 maggio ri, 12 ufficiali, più di 100 cannonni. ingente materiale da guerra e 4 bandiere. portate in trionfo per le strade di Li one . esibite in molte altre cirtà francesi c infine legate capovolte all'albero della Libertà. Si impadronirono anch e della fregata in disarmo San Carlo c delle 2 corvette guardacoste. impiegate per tra<;portare a Tolone il materiale saccheggiato neU'ar'ienale. Sfuggirono alla cattura soltanto !'"Armamento leggero della Sardegna" (2 mezze galere, 3 ga leotte e 4 gondo le) nonchè la San Viuorio, l 'unica fregata parzialmente operativa. I l suo comandante. lo sconese R oss. riuscì a prendere il largo col trucco di inalberare la bandiera inglese, ancora neutrale, e a salvare una parte del presidio sbarcandolo ad Oneglia.

Sostenuto da vari colleghi. il primo luogotenente Giorgio Andrea cles Geneys ( 1761-1831 ), futuro comandante generale della marina sarda, consigliò allora di far vela s ulla Sa rdegna c poi su lla costa Nordafricana per doppiare Gibilterra c dedicarsi alla guerra di corsa in Atlantico. Ross invece di rifugiarsi a Livorno. ma la caccia nemica lo costrinse invece a raggiungere Genova, dove chiese istruzioni a Torin o. Gli ru co muni ca to l'ordine di dirigersi a Napoli per unirsi alla flotta borbonica. ma. cedendo alle pressioni francesi. le autorità genovesi gli impedirono di salpare. Così il vascello fu messo in disarmo c i 185 marinai supers titi trasferiti a Torino.

Qui g li operai f uro no in co rp orat i ne ll e m aest ranze dell'artiglieria, me ntre i can nonieri furono sped iti a Ceva e Limone e i fucilieri a Saorgio. La compagn ia g ra na ti eri delle fregate fu interamente catturata a Villafranca. ma gran parte riuscì poi ad evadere e a raggiungere Saorgio, ri costit uendo così un piccolo battaglione impiegato per la difesa costiera di Oneglia e Po 1t0 Maurizio (Reggime nto Nuova Marina, poi Oneglia).

Il bastione di (l o ottobre- 3 dicembre)

Il 29 settembre gi un sero a Sao rg io g li a r chivi dell'amministrazione provinciale sarda. assieme a migliaia di profughi, i c ui bisogni s uperava no largamente le g ià sca rse risorse di que ll e misere contrade. TI l o ottobre l' avang uard i a del genera le Brunei (n . 17 34) occupò l ' Escarè n e, dove trovò vi ve ri e muni zion i di gue rra non evacuati dai sardi. Temendo di esse re aggirato, de Courten abbandonò allora a nch e il Braus e Sospe ll o, ritirandosi sotto il cannone di Sao rgio, ultimo sbarramento della strada postale ai piedi del passo di Tenda. De Courten pose il q ua r tier generale poco sop ra Breglio, a lla Giandola, s itu ata allo sbocco del ri o Mag li a nella R oja. Lo schie r amen to era appogg iato a Sud - Est su l colle de l Brouis c ad Ovest sugli impervi contrafforti del l ' Authio n , che fu rono poi il teatro delle fallite spaliate francesi per l'intero 1793. Brunet potè così attestarsi sul Braus avanza nd o il proprio quartier ge ne ra le a Sospello. TI piano di Ansc l me era logicamente quello di aggirare il fianco sinistro sardo passando per il territo ri o genovese c l'enclave sabauda di Oncglia, come i piemontesi temevano e come un anno e mezzo dopo avrebbe fatto Masséna. Ma Brunet doveva fissare il nemico su ll e posiLioni montane per impedirgli di pren d ere su l fianco la colonna principale.

Il 16 ottobre Brun et sagg i ò il Brouis con 600 granatier i, ma ne fu respinto dal Regg im ento Lombardia, il cui aiutante magg iore, conte Zenone, ebbe occasione eli distingue rsi. Il 18 un mig li aio di francesi ritentò dalla sinistra della Roia: occupata e saccheggiata Breglio, spinsero un'avanguardia fino al ponte comunale sotto Saorgio. intimando la resa alla fo11ezza. Ma s ubit o dal Brouis accorsero i battag li oni La Marina e 2° Lombardia e il 19 i francesi dovettero ritirarsi.

Finalmente il 22 ottobre Vitt01io Amedeo si decise a sostituire de Courten col generale Sant'Andrea, il quale raggiunse Saorgio il30. Riorganizzate le truppe, ai primi eli novembre il nuovo comandante tentò con 7 .000 uomini eli riprendere Sospello e il Braus. L'esecuzione dell'attacco non fu brillante: la colonna eli destra sbagliò strada perdendo ore verso Lucéran . Ciò ma lgrado Brunet dovette ripiegare all'Escarène abbandonando s ia Sospe ll o che il Braus e l asciando sul campo 150 morti e feriti nonchè 3 cannoni da montagna.

Resistette però tenacemente il 2 ° battaglione dei Volontari del Varo, comandato da l futuro maresciallo napoleonico André Masséna ( 1758-18 J 7). Sostenuto da d'Anse lm e. accorso da Nizza con 4 battaglioni di rinforzo. Masséna contrattaccò, respingendo i sardi su Saorgio e B reg li o Ma questi ultimi riuscirono comunque amantenere un forte avamposto sul Braus e i l successivo accorciamento della linea francese consentì loro di rioccupare Sospello.

L" at tacco sardo e il rifiuto genovese di accorda re i l passo da Ventimiglia costrinsero Ansclme a modificare il suo piano originario. dirottando a Sospc ll o, per conso - lidare il fianco s ini stro. i 12 bauaglioni che da izza dovevano marciare lungo la cos ta su Ventimiglia e Oncglia. Dovette però utilizzarne metà tra I'Escarène (al comando del sc ttuagenario ma esperto generale Da gobert) c Leven10 ( generale Barrai ) per custodire i collegamenti, molestati dai partigiani di Belvedere, Lantosca e LevenLO insorti co ntro le requisizioni. i saccheggi e le dcvastaLioni. di cui -.i resero responsabili sopratt utto i legionari mar'>igliesi.

Di co nsegu e nLa 1· auacco sfe rrato il 19 nov e mbre su Sospcllo da Masséna coi granatieri. i volontari corsi c dell'Hérault. il3 ° leggero e r 11 ° .40° e 61 ° di linea non fu risolutivo. Tnfani il 2 1 dovette volger'>i s u Lucéran c Bessa per prote ggere la strada NiLZa-Sospello c infine sgombe rare ancora una volta Sospello per spostarsi verso il Braus. s ul fianco destro del di spos iti H) nemic o .

L'ultima operazione alpina dell'anno fu l'ultimo attacco sa rdo clel3 dicembre s ul Braus. respinto da Dagobert. I n questi combattimenti si distinsero il cavalier Operti. giovane ufficiale di artiglieria. c il cavalier Strcng d'Arembcrg. maggiore del Reggimento Yallesano. promosso tenente colo nnell o sul campo.

II -LA RESISTEN ZA SARDA ( 1792-93)

'"Ora io non dirò cerro che fossero rose le deli-:_ie dell'assolutismo in P iemonte, e peggio in Lombardia e a Napoli, ma veramente ji-a un governo assoluto, ma ordinato, e ques t 'o rda di malandrini che colla bocca piena delle parolone di libertà e di patria, attendevano intanto ad em pire le tasche, io non vedo si potesse dai pie momesi titubar un istante sulla scelta, n é quale garanzia dar potesse quella guerra di miglior avvenire"

Ferdinando A. Pinclli, Storia militare del Piemonte, l 854, li , p. 10.

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