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CD Tandura, una spia nel cielo
1918
"spedizioni punitive" verso l'Italia, che egli giudicava misure preventive indispensabili a smorzare la sua inopportuna ambizione. Quanto alla Serbia, occorrevano azioni ancor più "severe" . Era persino stato destituito dal suo incarico di Capo di Stato Maggiore dell'esercito perché voleva ostinatamente condurre questi popoli alla ragione con la forza. Quell'incarico gli venne restituito comunque in un tempo opportuno, un paio d'anni prima dello scoppio della guerra che, guarda caso, si doveva combattere proprio contro Serbia e Italia! In seguito, con la sua Strafexpedition era quasi riuscito a mettere in ginocchio l'Italia, ora, dopo la grandiosa avanzata di Caporetto, era finalmente arrivato il momento buono per batterla definitivamente. Ma, ancora una volta, era stato rimosso dal suo incarico dal nuovo Imperatore Carlo, poco più che un ragazzo, che non condivideva appieno i suoi piani. Questi aveva incaricato Arz di sostituirlo, come se ne fosse davvero in grado ... Ad ogni modo, occorreva procedere con l'attacco definitivo e, anche se ora disponeva direttamente di solo una parte delle truppe austro-ungariche, di certo aveva le idee ben chiare su come condurle alla vittoria. Spianò ancora una volta la mappa puntando l'attenzione a ovest del massiccio del Grappa. Il grosso delle sue truppe avrebbero attaccato presso l'altopiano dei Sette Comuni, mentre alcune divisioni avrebbero ingaggiato battaglia con le truppe italiane di Cima Grappa; lo scopo era quello di riuscire a superare le difese italiane sull'Altipiano per sfociare nella pianura e prendere alle spalle lo schieramento italiano sul Piave. Occorreva soltanto aggiungere un'ulteriore offensiva di portata minore che calasse dal Trentino, così da tenere impegnato l'esercito italiano in un secondo attacco molto più a nord-ovest, impedendogli di concentrare le truppe nel punto esatto dello sfondamento, ovvero sull'altipiano di Asiago. Sospirò. Se fosse riuscito a strappare il consenso all'imperatore per un numero superiore di divisioni in Trentino, avrebbe potuto aspirare ad un ulteriore sfondamento che poteva arrivare persino ad aprire le porte di Milano! Ah, i suoi occhi si perdevano in quell'immaginario trionfo! Serviva un nome che fosse di buon auspicio per quell'offensiva, magari avrebbe contribuito a convincere l'imperatore a dargli credito: l'avrebbe chiamata "Operazione Lawine", ossia valanga, perché dalle alture del Trentino doveva scendere a valle e travolgere ogni cosa. All'attacco più imponente sull'Altopiano, magari esteso al settore ovest del Grappa, Carlo non avrebbe comunque potuto obiettare nulla. Avrebbe battezzato l'intera offensiva, formata dall"'Operazione Lawine" e dall'attacco sul Grappa e sull'altipiano, "Operazione Radetzky'', in onore del Feldmarschall che ammirava per aver battuto Napoleone e governato il Lombardo-Veneto.
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Diaz, aveva appena ricevuto l'ennesima pressione da parte di Orlando, l'allora presidente del Consiglio dei ministri, perché desse una mano agli Alleati. Hindenburg, Capo di Stato Maggiore dell'esercito tedesco, dopo il ritiro della Russia dalla guerra, aveva potuto recuperare tutte le truppe fino a quel momento impegnate sul fronte orientale per concentrarle su quello occidentale francese ed britannica. I due alleati erano dunque in difficoltà: il generale tedesco Ludendorff aveva lanciato le sue truppe in nuove offensive sul territorio francese, al fine di tenere impegnate le truppe su quel fronte per poi tentare uno sfondamento in forze soltanto sul settore britannico. Tra maggio e giugno di quell'anno, sul fronte occidentale erano stati condotti ben tre attacchi tedeschi, l'ultimo dei quali aveva visto il pericoloso dilagare delle truppe germaniche verso la Marna. Gli Alleati, giacché l1talia si era ormai stabilizzata sul fronte GrappaPiave, avevano richiamato sul fronte francese sei delle undici divisioni mandate in supporto dopo il ripiegamento di Caporetto ed avevano chiesto a Orlando più volte di convincere Diaz ad attaccare l'Austria-Ungheria, così da alleggerire la pressione sul loro fronte. Se l1talia avesse messo in sufficiente difficoltà l'esercito austriaco, la Germania avrebbe dovuto allentare le offensive per correre in aiuto dell'alleato. "La situazione internazionale politica e militare consiglia un ardito intervento italiano; però la responsabilità è vostra: decidete per il meglio" diceva il telegramma di Orlando. "Sì, no, nì" annotava a margine Diaz.
19113
Se non fosse stato così tragico, ci sarebbe stato da ridere. Il generale scosse la testa, allontanando con un gesto stizzito il pensiero di quell'azzardo bellico. Non era un buon momento, aveva avuto notizie di un possibile ed imminente attacco avversario sul Grappa e l'altipiano di Asiago ... Purtroppo, aveva già rifiutato più volte quella richiesta, che ora diventava sempre più assillante. Stava ancora rimettendo in sesto l'organizzazione dei suoi uomini ed ultimando le linee difensive sul nuovo fronte, il suo schieramento non era ancora in perfetto assetto .... Parimenti, sapeva di. non potersi più sottrarre a lungo a quella richiesta di aiuto. Decise che l'unica soluzione possibile era organizzare un'offensiva proprio dove sembrava che l'avversario volesse a sua volta sferrarla a momenti, ovvero sul Grappa e sull'altipiano di Asiago. Nel frattempo, diede ordine alla 4a armata di stare all'erta e di essere pronta a rispondere con fuoco intenso e sostenuto alle primissime avvisaglie di un cannoneggiamento nemico. A Conrad, non voleva nemmeno dare la soddisfazione di iniziare un'offensiva come si deve: grazie agli osservatori ed all'aviazione, l'Esercito Italiano era perfettamente al corrente delle posizioni dell'artiglieria austriaca sia sul Grappa che sul Piave, i cannoni italiani potevano riuscire ad inibirla fin da subito. Che fosse toccato davvero a lui, oppure a Conrad, il compito di iniziare la partita, in entrambi i casi avrebbe fatto in modo di cogliere il venerando generale austriaco di sorpresa.
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Montuori, era appena giunto al comando della 6° Armata a presidio dell'altipiano di Asiago. La Reale Commissione d1nchiesta, che il governo aveva preteso operativa già a febbraio di quell'anno per appurare le cause (e ovviamente le colpe) della sconfitta di Caporetto, lo aveva visto testimoniare, insieme a Badoglio e Cavaciocchi, sullo spostamento delle truppe che aveva favorito l'infiltrazione della 12a Divisione Slesiana sull1sonzo. Lui e Badoglio erano stati scagionati, mentre a Cavaciocchi non era andata altrettanto bene. Del resto, lui, Montuori, non aveva forse rigorosamente rispettato gli ordini superiori, di cosa potevano incolparlo? Era anche convinto della buona fede di Badoglio che, avendo ritenuto più probabile un attacco sulle alture, aveva optato per garantire una maggior difesa di queste ultime rispetto alla valle, che era rimasta parzialmente sguarnita dalle sue truppe e da quelle di Cavaciocchi soltanto perché erano impegnate, proprio in quel momento, a raggiungere i nuovi rispettivi settori di competenza. In sede di inchiesta, Montuori lo aveva persino proposto per una Medaglia d'argento. In quel momento Badoglio era il numero due dell'Esercito, mentre lui lo avevano mandato a presidiare un settore ritenuto particolarmente delicato.
Ora il Generale era certo, grazie al servizio informazioni, che a breve si sarebbe verificato un nuovo attacco da parte austriaca. Del resto, l'ultima offensiva in Francia da parte tedesca non era andata a buon fine, era logico dunque prevedere ora un attacco austro-ungarico contro gli italiani. E giacché fra i comandati in campo vi era il "vecchio" e astioso Conrad, dove mai avrebbero potuto attaccare? "Come minimo sull'Altipiano!" mormorò fra sé e sé Montuori con un amaro sorriso "magari cercando di forzare il punto di saldatura fra la mia armata e quella di Giardino!". Del resto, Conrad oramai era diventato prevedibile e, proprio per questo, ad attenderlo su quel varco ora vi erano truppe italiane ben più numerose che a Caporetto. Proprio lui, Montuori, che forse più di tutti si era rammaricato di quella beffa, non vedeva l'ora di fargliela rimangiare quella "vittoria miracolosa" al fin troppo fortunato "Feldmaresciallo".
Boroevic, il taciturno generale austriaco, era appena rientrato dalla riunione con Conrad e l'Imperatore Carlo I. Era al contempo furioso e soddisfatto di quella riunione. Conrad, con la sua solita sicumera, aveva già dato per certo che il suo piano sarebbe stato l'unico valido e vantaggioso, ma lui gli aveva ben dimostrato di sapere il fatto suo, non si era certo guadagnato la fama di "leone dell'Isonzo" standosene con le mani in mano. It suo piano di attaccare sul Piave per cogliere il nemico alle spalle aggirando le truppe sul Grappa era praticamente speculare a quello proposto da Conrad ed altrettanto ineccepibile. Carlo stesso glielo aveva riconosciuto, ma non era stato in grado di schierarsi né dall'una né dall'altra parte, limitandosi a chiedere se
1918
non fosse possibile mettere i piani delle due offensive a sistema, in un attacco "a tenaglia". Una domanda che risultava, in ultima analisi, un ordine. Era chiaro che non aveva voluto scontentare nessuno dei due, essendo stati entrambi degli ottimi comandanti in passato. La sua "Operazione Albrecht" sul Piave avrebbe dovuto essere contemporanea alla "Radetzky" ed alla "Lawine" ordite da Conrad. Avrebbe di gran lunga preferito impegnare l'esercito in un'unica grande offensiva, impossibile da arginare persino per le ostinate difese italiane, ma forse, tutto sommato, l'idea della "tenaglia" non era neppure così malvagia. Le probabilità di intercettare un punto debole dello schieramento nemico erano maggiori.
Montuori, con la sua 6a Armata, doveva presidiare e difendere la zona degli altipiani: la sua giurisdizione si spingeva fino ad una parte delle pendici del Grappa, la cui sommità era invece sotto il comando della 4a Armata del Gen. Giardino. Solo qualche ora prima si era presentato presso il suo comando il Gen. Segre, a capo dell'artiglieria dell'Armata, chiedendo udienza con tono calmo ma piuttosto contrariato. Se il Generale veniva a disturbarlo a quell'ora -erano oramai le 21:00- per giunta il giorno prima di un supposto attacco austriaco, beh, la questione doveva essere importante. Non appena fu entrato, Segre espresse tutto il suo disappunto in relazione all'ordine che gl'imponeva un "fuoco di contropreparazione immediata": "Dovremmo dunque far fuoco soltanto dopo il cannoneggiamento nemico? Addirittura mezz'ora dopo? Troppi danni Signore ne potremmo avere!" i suoi grossi baffi fremevano. Il Generale non aveva tutti i torti, ma del resto sapeva anche bene come la pensava il Comando Supremo e quali fossero le sue direttive. Fare fuoco con l'artiglieria prima di avere certezza di una vera offensiva da parte austro-ungarica, era azzardato. Infatti, qualora le truppe nemiche non fossero ancora state spiegate in massa sulla linea del fronte per l'attacco, avrebbero bombardato inutilmente · un terreno vuoto. Era parimenti vero che ora disponevano di un maggior numero di munizioni, ma l'abbondanza non era tale da poter permettere un tale spreco, cosicché avrebbero rischiato di non aver proietti a sufficienza nel momento in cui il nemico si sarebbe davvero deciso ad attaccare. "Ma è così! Attaccano ora!" aveva sbottato Segre, ne avevano tutte le prove: l'Ufficio informazioni era assolutamente certo della data dell'attacco, l'offensiva avrebbe avuto luogo di lì a poche ore! I disertori austro-ungarici lo avevano confermato e le ultime ricognizioni aeree avevano individuato truppe nemiche in marcia di avvicinamento e gli schieramenti avanzati dell'artiglieria ... dovevano agire subito, quella notte stessa, con tiro lungo così da coglierli di sorpresa mentre ancora erano in movimento e le batterie non erano ancora completamente schierate, rifornite e pronte al fuoco ... ! Montuori aveva sospirato, ben sapendo che niente lo avrebbe distolto da quell'idea. Tuttavia, in fondo, si trovava d'accordo con lui. Montuori fece un ultimo tentativo: "Lei sa bene cosa mi sta chiedendo?! Se mi prendo questa responsabilità e l'attacco austriaco non è imminente, passeremo un bel guaio ... " Segre sorrise, certo di averlo oramai convinto. Assicurò che si sarebbe assunto tutte le responsabilità riguardo a quella scelta, e che avrebbe attuato il fuoco di contropreparazione anticipata soltanto con gli uomini sotto il suo diretto comando, così il resto dell'artiglieria avrebbe comunque risparmiato munizioni mantenuto la sua efficienza. "Ma non mi sbaglio!" concluse determinato, prima di congedarsi e guadagnare la porta di gran carriera. Montuori, a breve, avrebbe sentito l'artiglieria iniziare il tiro di controprepara.zione, in netto anticipo su una qualsiasi a.zione offensiva da parte dell'avversario, mentre lui, ripensando a quella risoluzione, si chiedeva se avesse fatto davvero bene a fidarsi del parere di quel Generale così intraprendente.
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CONTESTO STORICO
'offensiva era stata preparata dal comando austro-ungarico fin dal mese di marzo. Come anticipato, i piani subirono tuttavia diverse modifiche, giacché si dovette arrivare ad un compromesso fra i generali austriaci: l'offensiva sarebbe stata scatenata contemporaneamente sugli Altipiani, sul Grappa, sul medio corso del Piave verso il Montello e sulla parte meridionale del Fiume, con una troppo ottimistica ripartizione delle forze in campo. Da parte italiana, il Comando Supremo, memore della lezione di Caporetto, munì al massimo le linee degli Altipiani e sul Grappa, con l'ordine di resistere fino all'estremo sacrificio giacché alle spalle non ci sarebbero stati che il vuoto ed una pianura praticamente indifesa. Gli austriaci, fecero convergere per l'attacco cinquantacinque divisioni appoggiate da 7900 pezzi di artiglieria e 540 velivoli. L'Italia, nel frattempo, dispose cinquanta divisioni italiane, tre britanniche e due francesi, con 7040 cannoni e 666 velivoli. Stava per aver luogo uno scontro di gigantesca portata.
ostazioni di artiglieria della 6a Armata, 13 giugno, ore 23:00
(Illustrazione 12 a p. 78)
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Il Gen. Segre, subito dopo aver parlato con Montuori, torna al Comando dell'Artiglieria d'.Annata, presso il 67° raggruppamento, agguanta il Col. D'.Ascoli che gli stava andando incontro e gli ordina subito di salire al "Gioppino", l'osservatorio principale, per dare l'ordine di eseguire subito un'azione di fuoco lontano, vale a dire di battere con un sonoro bombardamento a mezzo di grossi calibri le linee più arretrate, le retrovie e gli schieramenti d'artiglieria del nemirn. Il programma dei tiri prevede due o tre riprese di fuoco, di cui una a gas, ripartite dalle 23:00 fino alle 03:00 del giorno dopo. Obiettivi: le aree di concentramento delle truppe, le vie di afflusso, i rovesci delle posizioni nemiche, alcuni nuclei di batterie. Quindi si attenderà l'inizio del fuoco di preparazione nemico: non appena inizierà a tuonare l'artiglieria austro-ungarica, appurato che l'offensiva sia davvero iniziata, si deve procedere con il fuoco di sbarramento. "Vogliamo rendergli proprio la vita difficile questa notte!" puntualizza con un certo sarcasmo il Colonnello avviandosi all'osservatorio. Il Gen. Segre convoca anche il Col. De Pigner e gli intima: "Si attacchi al telefono Colonnello, voglio che tutti i Corpi d'Armata, nonché i reggimenti francesi e inglesi siano avvisati dell'inizio del nostro fuoco di contropreparazione preventivo, non ho autorità di comandare le loro artiglierie, ma se vogliono partecipare alla festa, sono i benvenuti! Fra poco la raggiungerò anch'io per dare le dovute indicazioni, ma per prima cosa salgo all'osservatorio, voglio assistere ai primi colpi, per vedere ciò che accade. Mancano pochi minuti alle 23, vuole dare egli stesso il via alle danze, così si dirige verso la postazione di un mortaio da 210 per far partire il primo colpo. Si mette in silenzio dietro gli artiglieri che si affannano nel caricamento, non appena tutto è pronto, fa un cenno. Il contraccolpo del lancio del proietto ed il fragore che ne segue fa tremare il terreno e la cornice boschiva in cui avevano posizionato il mortaio. Nemmeno in pieno giorno sarebbe stato facile per gli austriaci individuare la posizione dei pezzi di artiglieria, li avevano ben distribuiti e camuffati in mezzo al bosco, praticamente impossibili a vedersi. Al primo colpo segue il consueto concerto di tutti
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