PIERO PIERI

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Quaderni di Storia

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Jonatha11 Morris (University of llertfordshire)

Francesca Sofia (Università di Bologna)

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Volume pubblicato con il contribnto della

FONDAZIONE «FILIPPO BURZIO»

Piero Pieri

Il pensiero e lo storico militare

FA BIO DE N I NN O

© 2019 Mondadori Education S.p.A., Milano

Tutti

i d iri tti ri servati

ISBN 978-88 -00-74913-8

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Coordinamento redazionale Alessandro Mongatti

Redazione Alessandro Mongatti

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Progetto copertina Alfredo La Posta

Prima edizione Gennaio 2019

Ristampa

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Lineagrafìca s. r. l. - Città di Castello (PG)

Stampato in Italia - P ri nted in Italy - Gennaio 2019

Elenco dell e abbreviazioni

Prefazione, di Luigi Bonanate

Piero Pieri, ovvero dei risultati e delle difficoltà della storia militare in Italia, di Nicola Labanca

Introduzione e nota metodologica

Salvemini, la scuola econom ic o-g iuridica e Picri

Primi srudi e influenza salvemi ni a n a

Clausewitz, Delbriick e Pieri

Gli studi sul pens ie r o militare

La crisi mili ta re del Rinascimento

Indie~
PARTE PRIMA UN PRO FI LO BI OGRAFICO
PAflTE SECONDA P IER! STORICO ~ULITARE
1. La vita e i tempi di Piero Pieri 2. Tra Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascim e nto
V VII IX XIII 1 15 65 66 69 76 87 92

Prefazione

Quando si dice che il ruolo del caso nelle vicende umane è importantissimo. .. Questo libro non sarebbe stato mai scritto e probabilmente Fabio De Ninno, pur sapendo chi fosse Piero Pieri, non se ne sarebbe mai occupato a fondo, se non fosse che una sera (direi, nel 2015), pressato tra la folla di un'inaugurazione a Palazzo Reale a Torino, mi ritrovai aggrappato al Generale Franco Cravarezza -a me ben noto per via dei miei tantissimi anni di insegnamento (anche) presso la Scuola di Applicazione dell'Eserc ito Italiano - il quale colse l' occasione per metterm i a parte di una sua piccola (che si rivelerà poi importante) scoperta. Essendo diventato Presidente dcll' Associazione degli Amici della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino si era imbattuto, sco1Tendo con gli occhi le etichette apposte a diversi faldoni e scatoloni riposti con cura, in alcuni recanti il nome di Pieri , del quale nessuno (tra gli studiosi) pare si curasse più. Ma Piero Pieri, ovviamente, era ben noto specie a un militare, anche se dei suoi studi, delle sue ricerche, del suo insegnamento, della sua vita insomma, ormai ben poco si sapesse. La notizia si rivelò molto importante, per me come un gran d issimo regalo , non disgiunto da un velo di amarezza: ma come , anche se si tratta di altri tempi, possibile che le carte di un professore torinese (di sede universitaria e non di nascita, essendo nato a Sondrio nel 1893) di tanto prestigio giacessero inutilizzate in una grande biblioteca pubblica'?

(Nessun rimprovero per la Naziona le e il suo personale: non toccava a loro «salvare» Pieri. Anzi, essi avevano in animo, proprio allora, di organizzare una mostra legata al professor Pieri).

Una prima ispezione, fatta da curiosi e non da specialisti di archivi, convinse comunque il Generale e me dell'opportunità di approfondire la cosa. A questo punto, apparve il deus ex machina di tutta l'operazione «Pieri», il collega e amico Nicola La.banca, al quale raccontai della ·scoperta': concordammo in pochi minuti che si dovesse trovare al più presto un giovane specialista di storia militare (che è la disciplina anche di La.banca) che mettesse il naso su quelle carte: non una quantità im -

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mensa, ma tra manoscritti, libri della biblioteca di Fieri con annotazioni, foglietti d'appunti, e rinvii, lettere ricevute e minute delle sue, c'era tanto da promette una buona pesca.

Per una volta, la curiosità (quella buona intendo , quella intellettuale) fu premiata: Labanca consigliò a un giovane, studioso della politica militare marittima del fascismo, autore già di una monografia nel 2014 (I sommergibili del fascismo) e poi nel 2017 di un secondo libro (Fascisti sul mare), di fare un viaggio a Torino, dove con me incontrò i responsabili della Biblioteca. Avevamo dunque già trovato il ricercatore giusto, ben attrezzato di suo, grazie alla sua formazione e ai consigli di Labanca; bisognava però (impresa notoriamente non facile) trovare anche i fondi per finanziare una ricerca, che potesse essere dapprima esplorativa e poi, sperabilmente, fonte di una ripresa degli studi su Fieri. Fortunati anche da questo punto di vista, ci trovammo, Labanca e io, a valutare la possibilità di trovare una istituzione culturale per la quale l'argomento avesse un particolare significato e che, a differenza delle rarefatte e «povere» strutture universitarie, avesse una benedetta elasticità e rapidità decisionale e potesse intervenire a favore di un'iniziativa culturale di sicuro valore ma ovviamente priva di rientri materiali. L'istituzione fu presto individuata nella Fondazione Burzio (del Com itato direttivo della quale faccio parte), fondata nel 1992 e dedicata a conservare il patrimonio culturale raccoltosi intorno alle tre dimensioni della personalità di Filippo Burzio. Direttore della «Stampa>> subito dopo la caduta di Mussolini , e poi, dal 1945 al 1948 (data della sua improvvisa scomparsa), Burzio, fin dai tempi della Grande guerra, aveva insegnato Meccanica (generale, applicata e razionale), al Politecnico di Torino e Balistica alla Regia Accademia Militare di Torino. Di sentimenti e di pratica anti-fascista, era stato anche studioso e teorico della politica, specie con un libro , Il demiurgo e la crisi occidentale (1933), sul quale rifletterà negli anni successivi la parte migliore dell'intellettualità impegnata italiana. Dunque, lo s pirito di Burzio sembrava poter favorire e proteggere questo intreccio torines e, nel quale la corrispondenza tra la figura di Burzio e il progetto che avevamo in animo di realizzare era proprio quel che ci voleva.

L'attivazione del progetto fu, così, semplice e fortunata . La partecipazione di De Ninno a una delle borse di studio annuali che la Fondazione Burzio mette a concorso, e il suo conseguimento hanno consentito al giovane storico napoletano di dedicarsi esclusivamente a Fieri, contribuendo anche in modo significativo alla preparazione della mostra realizzata dalla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (16 giugno-16 luglio 2016). Ultimati i lavori di ricognizione e risistemazione delle car-

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te, di quelle trovate nonché ovviamente di quanto d'altro di Pieri già c'era ed era noto , grazie alla borsa di studio De Ninno ha potuto usufruire dell'«ozio» necessario per lavorare alla monografia che ora è stata pubblicata. Aggiungo ch e l'incontro con De N inno è stato una fortuna per noi e per Pieri (se così posso dire), perché l'entusiasmo e la serietà con cui ha lavorato, in complesso per più di due anni, sul tema ci hanno permesso di portare a termine un progetto che (come chi fa il mio stesso mestiere ben sa) non sempre giunge in porto.

Non tocca a me discutere il valore dell'opera di De Ninno, non essendo io uno specialista di storia militare; ma posso almeno dire ch e da più giovane le pagine di Pieri me le ero lette anch'io, a partire da quel Guerra e politica negli scrittori italiani (1955), che offriva una prima boccata d'aria internazionalistica alla nostra storia militare, facendo di Pieri non solta nto il «primo» specialista del genere in Italia, ma anche l'innovatore di un settore che a gran parte del mondo della storiografia italiana era prevalentemente parso piuttosto marginale e poco influente sulle nostre altre capacità di studiare e capire la guerra. E poi Pieri era stato anche un «maestro» accademico di molti giovani: non è il caso farne la graduatoria, ma non posso non ricordare almeno il nome di quello che è stato il primo allievo (o uno dei primissimi) del suo insegnamento, Giorgio Rochat, la cui «chiamata» alla Facoltà di Scienze Politiche di Torino era stata a suo tempo da me caldeggiata proprio con l'argomento che Rochat era, appunto , il più importante storico militare in Italia che poteva riprendere il cammino (Pier i era scomparso nel 1979) aperto dal suo maestro .

È una gioia per la Fondazione Burzio, e certamente in particolare per me, vedere che finanziandone il lavoro ha fatto un buon investimento su De Ninno, che prima ancora della scadenza prevista poté consegnarci la prima stesura della monografia su Pieri (sulla quale ha poi potuto ritornare , giovandosi anche della lettura fattane da diversi referee), dando un contributo decisivo a spolverare quella patina che il tempo posa anche sulle biblioteche meglio amministrate. Oltre che De Ninno, siano dunque qui ringraziati per l' attenzione, la pazienza e le indicazioni tutti coloro che sono stati contattati da De Ninno, come egli stesso ricorda nella sua Introduzione, e che hanno contribuito al conseguimento del comune obiettivo di sviluppare la ricerca di storia militare in Italia anche grazie al ricordo e al recupero degli stud i del primo maestro della disciplina, Piero Pieri.

Per parte mia, infine, non posso - anche se dall'interno della Fondazione d ella quale faccio parte - non sottolineare l'importanza della

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funzione svolta dalla Fondazione Burzio che ha dimostrato che cultura e ricerca, buoni finanziamenti e buoni studiosi , possono vivere insieme e dare ottimi risultati . Non ho avuto alcuna difficoltà nell ' ottenere dal Comitato direttivo la collaborazione richiesta, che andava a consegujre anche un'ulteriore sinergia : quella tra la Fondazione Burzio, gli studi di storia militare e quella Scuola d ' Applicazione nella quale Filippo Burzio insegnò per tanti anni .

E, al fondo, la mia «s toccata>r (qui si può ben usare un termine militaresco!): sarebbe un compimento davvero significativo se si riuscisse a realizzare, con pazienza, tempo e denaro, una edizione completa e definitiva degli scritti di Piero Pieri, uno o due di quei grossi tomi che recano sul dorso la scritta Op ere complete ... Sarebbe come un piccolo monumento alla memoria , e anche un nuovo strumento di ricerca consegnato per sempre a chi in futuro - riscoperto Pieri - volesse procedere sulla tracc ia del suo insegnamento.

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Piero Pieri, ovvero dei risultati e delle difficoltà della storia militare in Italia

Non è mai possibile considerare la guerra come una realtà chiusa in sé stessa, ché si deve anzi , al contrario, per studiarla, collegarla alle altre attività. a tutte le attività degli uomini [... ] rutto sarà messo in relazione: politica. economia, società, evoluzione della civi ltà, e delle tecnologie, spirito degli uomini ... Una 'storia militare' vale se ha questo prezzo 1 •

Così suggeriva, in una confe renza tenuta il 17 magg io 1962 alla Ecole des Hautes Etudes, poi pubblicata nelle prestigiose «Annales ESC); l'anno successivo. lo storico italiano Piero Pieri . Letta oggi, appare un'affermazione scontata: scritta mezzo secolo fa , dall'Italia, corrispondeva però ad un programma di ricerca innovativo .

Ma cosa ci faceva un quasi settantenne storico milita re italian o nel tempio della lotta fùl' histoire bataille, sulle pagine della rivista che si batteva per una storia strutturale e sociale à part entière, in uno dei punti allora - ed oggi -p iù avanzati della storiografia internazionale'? Perché la rivista francese era interessata a cosa per P ieri fosse la storia mi litare, branca del sapere storico non solo degna d i attenzione ma addirittura più interessante, e non meno complessa, di tante altre'? Aveva un significato che queste convinzioni dello storico m ilitare italiano fossero enunciate sulle <<Annales ESO, - si badi bene - undici anni prima della Dimanche de Bouvines di Georges Duby2 , dodici prinrn di The face of the battle dì John Keegan= 1 e tredici prima di War in European history di Michael Howard"", autori i qual i, pens iamo, tutti avrebbero con lui acconsentito? Prima di questi altri grandi storici europei che, nei loro campi di r icerca medicvistici, modernistici e contempo raneistici, hanno dato e stanno dando un contributo decisivo ad una nuova prospettiva per la storia militare, l'anziano Pieri era già giunto alle stesse conclusioni .

Piero Pieri (1893 -1979)5 è, o dov rebbe, oggi essere noto come il primo grande storico militare, professionale ed accademico, italiano. Ovviamente , non era stato proprio il primo studioso ad occuparsi di

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guerre e di eserciti: ad esempio, già a cavallo della metà dell'Ottocento, il piemontese Ercole Ricotti (1816-1883) vi aveva prestato speciale attenzione nelle sue lezioni universitarie e nelle sue pubblicazioni 6 • Inoltre, schiere di comandanti, generali e combattenti avevano scritto le proprie memorie di guerra. Infine, visto che, come si dice, non c'è storia senza guerre, non erano mancati anche in Italia storici che qui e là si erano occupati, nei propri studi, di questo o quel conflitto. Ma Pieri è universalmente noto, per chi se lo ricorda, come il primo storico militare italiano di formazione professionale (cioè, a quel tempo, tedesca e francese) ad essersi occupato sistematicamente e prevalentemente (anche se non esclusivamente) della storia delle guerre, degli eserciti e dei combattenti. Fu in questo senso il primo, operando a lungo - fra gli anni Venti e Sessanta del secolo scorso - e superando difficoltà e ostacoli notevolissimi.

Gli ostacoli venivano da più parti. Non mancavano infatti già allora, anche in I talia, coloro che, in ambito accademico e storiografico, disdegnavano il tema della storia delle guerre e delle forze armate, considerandolo troppo tecnico e meritevole di interesse solo da parte dei militari. D'altra parte, questi ultimi, non dovevano vedere troppo di buon occhio che un civile, ed un civile critico, si occupasse di questioni che a lun go avevano considerato di loro esclusiva competenza: la storia militare in quanto tale si insegnava nelle Accademie militari, e non nelle università. Pieri visse inoltre in tempi non facili: combattente nella prima guerra mondiale, sapeva cosa era stato Caporetto e se ne occupò precocissimo in anni in cui la questione era ancora palpitante; attraversò tutto il Ventennio del fascismo, mantenendo collegamenti con ambienti e pubblicando su una rivista che era in odore di antifascismo o quanto meno non prona al regime7, dovette soppesare attentamente le parole e per certi versi fu influenzato, e frenato, nella propria libertà di ricerca dalla dittatura; conoscendo la storia delle guen-e italiane come pochi altri quando, nel 1945, l'Italia si era lasciata alle spalle il regime e costmiva la democrazia, si trovò di fronte un Paese che voleva dimenticare le guerre, e soprattutto l'ultima, la secon da guerra mondiale con le sue sconfitte e con le sue divisioni laceranti. Pieri attraversò insomma un mezzo secolo dagli anni Venti agli anni Sessanta occupandosi in maniera continuativa di storia militare, scontrandosi volta a volta con ostacoli diversi, quasi sempre superando li , talora arrestandosi ma quasi mai piegandosi. Rese così la storia militare una disciplina accademica e un'impresa culturale (non, come si direbbe oggi, un «settore sc ientificodisciplinare») degna di essere praticata e spingendo sempre, nei modi

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Piero Pieri, ovvero dei risul tati e delle difficoltà della sto ria militare in Italia

del suo tempo, per il rinnovamento storiog rafico. Forse, se non ci fosse stato tutto questo, non sarebbe arrivato al le «Annales ESC».

Per Pieri, sin da]l' ini zio, e poi con sempre maggiore convinzione, la guerra era un'attività complessa e una sua compren sione storica gli pareva possibile solo se la si metteva in relazione con tutte le altre dimensioni dell'attività sociale degli uomini. Soprattutto con la storia politica, ovviamente, ma connessioni con l'economia, la società, la cultura («alta» e «bassa») non erano infrequenti nelle sue opere. Per il suo tempo, si trattava di indicazioni preziose e innovative. E distinguevano la 'sua' storia militare da quella dei militari, dei poligrafi, degli altri storici dei suoi anni.

Oltre che il primo, Pieri fu a lungo, troppo a lungo rispetto ad a ltri Paesi , quasi il solo in ambito accademico ad occuparsi di ques tioni storico -militari. In un suo famoso intervento, al primo Congresso nazionale di scienze storiche organizzato dalla Società degli storici italiani, con il patrocinio della Giunta centrale per gli studi storici, e tenutosi a Perugia il 9 -13 ottobre 1967, Pieri spiegò che in Italia di storici militari, intesi con il restrittivo ma qualificante criterio già espresso sulle «Annales ESC», ce n 'e rano solo ... tre8 • Il giudizio di Pieri era significativo.

Da allora le schiere dei praticanti della disciplina si sono ingrossate. Un primo bilancio specifico, promosso ai primi anni Ottanta dal Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari (presieduto allora e per un decennio da Giorgio Rochat , poi per un altro decennio da Piero Del Negro, e da allora da chi scrive), dava un quadro più mosso e dettagliato9 • Raimondo Luraghi, nel 1989, quasi ad aggiornare le risultanze del convegno perugino, fu più inclusivo: pochi però dei tanti autori da lui menzionati avrebbero superato il vaglio del selettivo criterio di Pieri10 Non a caso Giorgio Rochat, che con questi aveva avuto una lunga consuetudine e di cui è stato universalmente considerato il continuatore (anche se, protestava, «l'etichetta di successore di Pieri non mi piace») , parlando proprio di Piero Pier-i e la storia militare all'Università dagli anni Trenta agli anni Sessanta e riprendendone il criterio più attento, n e l 2011 non arrivava ad una decina di nomi di storici militari contemporaneisti: dopo Pieri , infatti, «per alcun i anni sono stato l' unico a scrivere di storia militare, poi però sono arrivati Del Negro , Ceva, Gabriele, Il ari e altri, anche militari come Montanari, Rovighi, Stefani, qualche anno dopo Labanca. La storia militare rimane un settore insufficientemente sviluppato [...]»11 •

Pieri, insomma, a voler considerare la storia militare come disciplina accademica , è stato a lungo in Italia il primo di un gruppo piuttosto ristretto.

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Il riconoscimento della precedenza e della solitudine di Pieri costiuisce la prima di molte ragioni per cui l'accurata ricerca di Fabio De Ninno che qui si introduce è più che apprezzabile: essa, per la prima volta con questa ampiezza di ricerche e di riflessioni, analizza la formazione professionale e l'attiv ità scientifica del primo storico militare accademico d'Italia .

Una seconda ragione sta nel s uo ricordare il profilo civile di questo storico. Nelle pagine si succedono quindi lo spessore del combattente della Grande guerra; il suo schierarsi con Salvemini e, di certo, non con il fascismo; il suo contrastato rapporto con il regime; l'operato nella seconda guerra mondiale e i suoi contatti con l'antifascismo; lo inserirsi (negli anni Quaranta e Cinquanta, quindi in tempi non facili) in un ' Italia critica (collaborò con «Il ponte») e all'interno del milanese (ma nazionale) Istituto per la storia del movimento di Liberazione in Italia - una scelta non trascurabile, per un Pieri cinquantenne che era stato e rimase sempre un liberale, un democratico, ma certo non un sovversivo o un militante. Il rigore della sua ricerca storico-militare si coniugò insomma con scelte di campo che non possono essere trascurate (e si vedano, nella ricerca di De Ninno, le testimonianze del suo rapporto con Croce, con Omodeo , con Galante Garrone ecc.).

Una terza ragione sta nel far emergere il pieno inserimento del Pierì storico militare dentro le reti della migliore ricerca storica accademica e professionale italiana - non settoriale - del suo tempo . Sin dall'inizio, per quanto non sempre avvantaggiato (si leggano i suoi sfoghi sulla fortuna accademica del più giovane Chabod) , Pieri scelse dì stare dentro il mondo degli storici. Per lui, che intendeva la storia della guerra e dell'esperienza militare nel modo complesso che sopra si è detto , non era possibile una storia militare fuori dal recinto profess ionale della storia: pur avendo confidenza e frequentando i suoi 'co lleghi' militari storici (gli ufficiali dei vari Uffici storici di forza armata), pur discutendo senza iattanza e anzi paritariamente con generali e comandanti, Pieri aveva b en chiaro che la ricerca storico-militare era una prospettiva, un modo di vedere la storia, del più generale mestiere dello storico. Nessun settorialismo era per lui pensabile, né accettabile: e questo anche se invece in più di un'occasione non pochi fra gli storici italiani diedero dimostrazione concreta di continuare a pensare alla storia militare come ad una disciplina appunto settoriale ed ancillare. Importanti , quindi, nelle ricerche archivistiche di De Ninno, sono le prove dei suoi contatti e del suo caparbio inserimento nel circuito dei maggiori storici (oggi diremmo contemporaneisti) del s uo tempo. Formatosi nell 'a m--

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Piero Picri. ovvero dei risultati e delle difficoltà della st0ria militare in Italia

biente della scuola economico-giuridica, Pieri, che era quindi più giovane di Corrado Barbagallo (1877-1952), di Salvemiiù (1873 -1957) e di Volpe (1876-1971), mentre era di qualche anno più grande di Chabod (1901-1960) e di Walter Maturi (1902 -1961), ebbe con tutti questi un rapporto costante. Certo, avere rapporti non voleva dire essere parimente considerato. Storico militare, pur coetaneo - ad esempio - di un Alberto Maria Ghisalberti (1894-1986), come lui combattente della Grande guerra, fu molto meno di questi 'integrato': Ghisalberti fu ad esempio docente al Collegio Nazareno della sua Roma, mentre Pieri dovette peregrinare a lungo fra Napoli e Messina prima di poter tornare nella 'sua' Torino; il risorgimentista romano fu segnalato a Cesare Maria De Vecchi, con cui invece Pieri si scontrò, e, mentre Ghisalberti collaborava con i centri della storia militare ufficiale, come dimostra la sua partecipazione alla Guida bibliografica di cultura militare promossa dall 'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'esercito, una pubblicazione cui pure certo avrebbe potuto dare un contributo, Pieri ne fu invece tenuto lontano12 Insomma , la ricerca di De Ninno restitui sce l'inserimento di Pieri nell'accadenùa storica italiana, cosi come anche certe sue subite lontananze: in ogni caso, la sua dimensione di storico (e non 'solo' di storico militare) italiano.

Una quarta ragione per apprezzare questa ricerca consiste nel suo far emergere la din1ensione europea dello stud ioso. Fra i grandi storic i militari europei del suo tempo, con Pieri, l'Italia non avrebbe sfigurato. Certo il regime, da cui pure Pieri non sempre poté rimanere distante (si ricordano qui le acute not e di Piero Del Negro a quello che rimane comunque il capolavoro di Pieri, La cris·i militare 'italiana nel Rinascimento nelle sue relazioni con la cris·i politica ed economica13 , edito nel 1934), non lo avrebbe affatto favorito. Eppure, già allora, ed ancora più quando l'Ita lia conquistò libertà e democrazia, Pieri cercò e trovò il contatto con alcuni fra i migliori studiosi non italiani del suo settore.

D'altronde, dall'inizio, aveva letto e si era formato alla migliore ricerca storico-militare europea, in quegli anni quella tedesca e, in subordin e, francese . Aveva studiato così, e si propose di superare, il più grande storico militare euro peo di quei decenni, il Delbriick della Geschichte der Kriegskunst im Rahmen der politischen Geschichte1 4 : lo dimostra lo stesso titolo del volume di Pieri del 1934, con la guerra e gli eserciti visti nelle [loro] relazioni con la crisi politica ed economica . Aveva letto il Monteilhet de Les institutions militafres de la France (1814-1924) 15 •

Insomma, era a giorno della metodologia al suo tempo più avanzata della storiografia professionale internazionale sui temi della storia della XVII

guerra e delle forze armate. Qualche volta, forse, la anticipava. In questo senso, la ricerca di De Ninno ridà a Pieri la statura e la dimensione europea che, di fatto, gli era stata propria.

Lo storico militare doveva però tenere conto , e scontare, la assai più arretrata situazione italiana. Di una generazione successiva a quella di Delbriick (1848-1929) e operante in un contesto accademico e in un Paese in cui le relazioni civili-militari non prevedevano, come in Germania, che un civile, in quanto autore della Geschichte der Kriegskunst , potesse svolgere una funzione di autorevole ed ascoltato commentatore della politica e della strategia militari del proprio governo (anche quando la sua voce era critica delle scelte dell'esecutivo e del comando supremo, come accadde proprio a Delbriick durante la prima guerra mondiale), a Pieri fu preclusa la possibilità di far concretamente capire quanto lo studio scientifico ed indipendente della storia milita re potesse essere utile al di là dell'accademia, per il proprio Paese, ad esempio in tema di politica militare. Sospettato dal regime perché di formazione salveminiana, non poté certo aspirare o avvantaggiarsi dei ruoli di prestigio rivestiti dal britannico Charles Oman (1860-1946)16, di so lo un decennio più grande di Pi eri, che spese tutta la propria vita accademica all'Ali Souls College di Oxford, passando dal la presidenza della Royal Historical Society a quella della Numismatic Society e del Royal Archaeological Institute: Io storico militare italiano peregrinò invece fra sedi universitarie periferiche prima di approdare a Torino e (a causa del fascismo) non ebbe mai incarichi di regime o di governo (sarebbe stato preside, e a lungo, della facoltà torinese di Magistero ma solo negli anni della Repubblica). Né tantomeno fu - come Oman - parlamentare o insignito di titoli nobiliari. Pieri era più grande anche del francese André Corvisier (1918-2014)1 7 : quando l'autore dei fondamentali Les controles de troupes de l'Ancien régime (1969) e Armées et sociétés en Europe de 1494 à 1789 (1976), e poi curatore della monumentale Histoire militaire de la France (1992), nasceva, Pieri aveva già combattuto nella Grande guerra. Eppure non ebbe mai, come Corvisier, il riconoscimento di una cattedra prestigiosa come quella della Université Paris Sorbonne-Paris IV, né poté avviare, come il più giovane collega francese, una scuola numerosa e influente, nel settore, di allievi. Ancora più giovani di Pieri sarebbero stati alcuni altri studiosi che hanno impresso alla ricerca storico -militare internazionale il carattere innovativo e la spinta che adesso le viene riconosciuta: si pensi, ad esempio, fra i britannici, a Michael Howard (1920 -) 18 , già Chichele Professor di History of War all'All Souls College e poi Regius Professor of Modem Histo- - XVIII --

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Pieri

Piero Pi eri, O\'Ycro dei risultati e delle diffkoltà della storia militare in Italia

ry, nonché Robcrt A. Lovett Professor of Military and Naval History alla Yale University (avrebbe poi contribuito a fondare il Department of War Srudies del King's College London), autore di opere fondamentali. fra cui - tradotta in italiano - la sua sintesi su War in European history. Picri invece non fu mai ric ercato, o tentato, come Howard, dalla politica e dalle istituzioni (della Difesa) del proprio Paese, né quindi ricevette lustri e apprezzamenti fuori dall'accademia. Analogamente. neppure paragonabili furono i riconoscimenti accademici di cui hanno goduto e il coinvolgimento istituzionale nelle questioni strategico-militari di cui sono stati richiesti, e in cui si sono impegnati. a crocevia fra accademia e Difesa. altri storici militari britannici come Paul Kennedy (1945- )1 9 o, poi. Hew Strachan (1949- )20 • (Howard e Strachan sono stati infine, persino, insigniti del titolo di Sir).

Perché questa lunga comparazione della vita accademica e pubblica di Piero Pieri. qui bene ricostruita da De Ninno. con quelle di altri storici militari europei a lui precedenti (Delbriick). coetanei (Oman) o successivi (Corvisier, Howard, Kennedy, Strachan)'? Si potrebb e dire: le vite individuali, le qualità persona.li, la produzione scientifica, la notorietà nazionale o internazionale sono tutte diverse e dipendono dal valore della persona (anche se sc rivere in inglese rappresentava e rappresenta un atout di cui Pieri non poté avvantaggiarsi 2 1) Eppure, in tante diversità di ricono scimenti - anche al di là delle differenze di carattere, di qualità individuali e di produzione scientifica - è difficile non vedere anche i segni della diversa e più alta considerazione che la ricerca storico-militare aveva, ha avuto ed ha in quei Paesi, a confronto con l'Italia. Eppure proprio De Ninno ci spiega come, messo a cospetto co n quello di alcuni fra i più gran di altri sto rici militari europei del proprio secolo, il profilo di Pi e ri rimane certo nelle dimensioni e nei limiti che gli sono propri ma, tenuto conto delle difficoltà ambientali (politiche, accademiche) non impallidisce poi cos ì tanto.

Quello cui si mirava con questo accostamento era in somma far e m ergere concretamente l'a ss ai diverso statuto ch e, per un insieme assai vario di ragioni. la disciplina storico-militare ha avuto cd ha in altri Paesi. Dei ricono scimenti che altri storici hanno ottenuto nelle proprie nazioni, Fieri non poté avvantaggiarsi quasi per niente. Fu anzi, come ha visto bene Giorgio R ochat. a lw1go sia tenuto in disparte dal regime s ia poi settoriali zzato. dalla politica come dalla co munità accademica, al tempo della Rcpubblica22 •

In modi div ers issi mi ovviamente, fa sc ismo e R e pubblica , politica ed accad e mia. amb edue furono poco solleciti del real e sviluppo della sto-

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ria militare come disciplina universitaria, e del suo utilizzo anche aJ di fuori dell'accademia.

La ricerca di Fabio De N inno ci sp inge a rileggere e a trovare una robustezza un senso storiografico in opere che si sbaglierebbe a liquidare come di 'sola' storia militare.

Ovviamente, con tutti i suoi pregi, e tenuto conto dei suoi limiti, dovuti tanto alla formazione personale quanto soprattutto al Paese e agli anni in cui operò, Pieri rimane uno storico italiano della prima metà del Novecento. A lui continuò ad interessare molto più la relazione della guerra con la politica, che con la società (nonostante quanto, quasi alla fine della sua esperienza, avrebbe auspicato sulle pagine delle «Annales ESC»). Le sue opere più note rimangono la Storia militare del Risorgimento (1962) 2 J e la breve storia dell ' Italia nella prima guerra mondiale (1958 -1965)2\ assieme al Pietro Badoglio (1973) 25 da lui impostato ma riscritto, completato e portato a termine solo grazie a Giorgio Rochat , so no degli anni Sessanta, appena oltre la fine del primo cinquantennio del Novecento: ma erano il prodotto di una vita precedente di studi, riflessioni e letture. In tal senso Pieri può essere considerato il Delbriick italiano, l'avviatore della storia militare in Italia. Grazie a lui, come in effetti avrebbe poi scritto per le «Annales ESC», la storia della guerra e delle forze armate dovrebbero da allora essere scritte nel quadro della stori a politica, sociale, culturale: insomma, non più solo in una prospettiva tecnica . L' impostazione scientifica voluta e praticata da Pieri non toglie valore alle storie militari 'interne', redatte dai militari storici per i militari , o da quei civili che di ciò si accontentano: semplicemente. le storie profes s ionali, accademiche, scientifiche sono qualcosa d'altro.

Da allora ad oggi, altrettanto ovviamente, moltissime co se sono cambiate26 Ness uno sto rico militare accademico e profess ionale s criverebbe più oggi una sto ria militare come lo fece Pieri. L' innovaz ione sto riografica e m eto dologica, come nella scelta dei temi, è andata molto avanti.

Ma la lezione di Pieri, le sue difficoltà e i suoi risultati , rimangonoper gli storici militari italiani - come un cl ass ico , da cui è sempr e po ss ibile imparare. Questa ricerca27 ricolloca finalm ente Piero Pieri nell e dimensioni storiografiche, italiane ed europee che gli erano dovute .

Piero Pieri
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Questo volume è dedicato a Emfra, la cui generazione, ass'ieme a quella di Pieri, ha ricostru'ito questo Paese dalle ceneri della guerra, permettendo a tutti noi di godere della libertà di pensiero e di espressione, che è alla base di ogni sana ricerca

Introduzione e nota metodologica

Nel corso dei secoli la storia italiana, come la storia del mondo, è stata detenninata e caratterizzata dalle guerre e dallo sv iluppo delle istituzioni militari. Eppure , sottolineava qualche anno fa una rassegna internazionale sull'evoluzione della storia militare:

Per troppo tempo la sto ria mil itare ha seduto agli scomodi margini delle tendenze dominanti degli studi accademici. L'oggetto della materiaspesso troppo presto dismessa come lo studio antiquario dei dettagli reggimentali e delle minuzie tattiche - è stato osservat0 come tecnicamente astruso e moralmente sospetto, con la supposta centralità sulle armi e l'omicidio che facilitano. [. . .) Gli storici militari perciò hanno combattuto una lunga battaglia per il riconoscimento della loro disciplina e d ella centralità della guerra in tutte le sue m iriadi di dimensioni per l 'esiste nza e le imprese umane1

L'immagine di studiosi in lotta per trovare una propria d ignità, in un ' accademia spesso restia a riconoscere l'importanza della storia della guerra e delle istituzioni militari, ben si applica a quello che è unanimamente riconosciuto come il padre della storia militare italiana in senso scientifico : Piero Pieri (1893 -1979).

TI percorso di Picri come studioso si configura come un affascinante affresco a cavallo di tre epoche della storia italiana contemporanea: l'Italia liberale in cui si formò, l ' Italia fascista in cui cercò difficoltosamente di affermarsi come accademico e l'Italia repubblicana che finalmente conferì ai suoi studi di storia militare la libertà di espressione e la visibilità che meritarono. Tutti e tre i periodi contribuirono i n qualche misura alla sua formazione intellettuale e allo sviluppo delle sue ricerche, che spaziarono dal Medioevo fino alla seconda guerra mondiale.

La vicenda professionale e umana di Pieri racconta le origini della storia militare in Italia e nel farlo si intreccia con due grandi temi: l'evoluzione degli studi storici nel nostro Paese e lo sviluppo della sto ria mi litare internazionale. Pieri infatti si trovò all'incrocio tra l'accademia

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italiana e la ricerca internazionale, alla quale egli si dimostrò sempre attento con grande apertura. come vedremo anche nelle fasi, come il periodo fascista, in cui l'accademia italiana tese a richiudersi in se stessa . come effetto della politica culturale del regime.

La parabola di Pieri come studioso cominciò in un momento particolare della storia della sto riografia italiana. quando tra la tù1c del XIX e i primi anni del XX secolo si verificò il superamento delle metodologie positiviste che avevano dominato l'accademia italiana nel seco ndo Ottocento2 • Nuove figure. in particolare Giovanni Gentile e Benedetto Croce, legate alridealismo e allo sto rici sm o. fortemente critiche del positivismo, avrebbero dominato con la loro presenza la scena culturale italiana fino agli anni Quaranta, avrebbero indotto importanti mutamenti culturali 3 • In particolare Croce avrebbe esercitato anche una profonda influenza sulla storiografia, con la sua battaglia contro l' impostazione positivistica del lavoro di ricerca, spingendo invece su ll'impostazione critica e la soggettività . Il tutto doveva servire come fondamento di una storia etico -politica, centrata sulle classi dirigenti e le élite culturali, quegli strati sociali capaci di iniettare nella società ideali. piani e concezioni della realtà~. Negli stessi anni un'altra grande figura. Gaetano Salvemini, proveniente dalla scuola di Pasquale Villari 5 e fortemente influenzato dal pensiero socialista, avrebbe posto l'atte nzione sul problema dell"analisi storica in relazione a politica. economia e ordinamento giuridico, con attenzione all"utilizzo della sociologia e dell'economia come strumenti interpretativi 6 • Infine, ai primi del secolo. con il rafforzarsi del nazionalismo e dell'idealismo. anche a seguito del mutato clima culturale dovuto all'epoca deirimperialismo, alla guerra di Libia (1911 -1913) e la Grande guerra (1915-1918), una terza grande figura. Gioacchino Volpe. sarebbe ascesa nel panorama degli studi italiani, ce ntrando la ric erca sulla storia politica, soprattutto su quella contemporanea, della nazione italiana7 • Nel primo dopoguerra. la presa di potere del fascismo (1922) fu seguita da una progressiva espansione del controllo del regime sulla vita culturale del Paese, un processo di conquista che finì necessariamente per coinvolgere anche gli studi storici 8 • La storia avrebbe assunto un valore fondamentale per il regime fasci sta , che avrebbe cercato di utilizzarla per leg ittimare la sua funzione storica in relazione allo sviluppo della nazione italiana9 • Per attuare questo progetto. il regime avrebbe creato nuove facoltà, come quella di Scienze politiche, e cattedre di Storia del Risorgimento e Storia contemporanea. Negli stess i anni sorsero nuovi centri di ricerca come la Giw1ta Centrale per gli Studi Storici. l'Istituto

Piero Picri
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Storico Italiano per l'età Moderna e Contemporanea e la Scuola di Storia Moderna e Contemporanea. Mentre Salvemini riparava negli Stati Uniti (1925), per fuggire alla repressione , Volpe emerse come capostipite di una nuova generazione di studiosi che aiutò ad affermarsi nella carriera universitaria , tra i quali rientrarono figure come Federico Chabod, Delio Cantimori, Walter Maturi e Carlo Morandi10 I loro lavori avrebbero conferito grande importanza alla storia della politica estera e dello Stato-nazione, servendo al regime anche per legittimar e le proprie pretese imperiali n . Naturalmente non tutti si uniformarono: Croce in virtù della sua importanza continuò a mantenere una notevole autonomia e indipendenza e così fece anche uno dei suoi allievi più importanti, lo storico di matrice liberale Adolfo Omodeo, che, come vedremo, coltivò importanti rapporti con Pieri 12 •

La seconda guerra mondiale , la sconfitta, la caduta d el regime e la guerra civile avrebbero seg nato una profonda rottura nella storia del Paese. Lo stesso non si poté dire , almeno neJJ'immediato, del funzionamento della ricerca , perché, fatta l'eccezione di Volpe, che fu privato della cattedra per i suoi legami col regime, i docenti e le struttu re costruite dal fascismo continua rono a persistere, s i pensi all'importanza che Chabod e Cantomori (anche se quest'ultimo s i sarebbe progressivamente spostato verso il marxismo) ebbero n el dopoguerra nel panorama d ella storia italiana13 Ciononostante, neg li anni C inquanta e Sessanta si assistette anche ad un importante rinnovamento, attraverso la fondazione di nuovi istituti di ricerca, come l'I s tituto per la Storia del Movimento di Liberazione e la Fondazione Gramsci. Si svi luppò anche una crescente attenzione per l ' insegnam ento della storia contempo ranea nelle s cuol e superiori1 4. Thli cambiamenti avrebbero risentito anche dell 'apparire di nuovi modelli storiografic i , influe nzati dalla riscoperta del pens iero di Gramsci, d el marxismo e del socialismo r ea le , si pensi al lavoro di figure come Giorgio Candeloro, Ernesto Ragionieri e d i Roberto Battaglia1 '

Si creò così una si tuazione policentrica e spezzettata dei temi di ricerca e delle pro s p ettive sto riografiche in cui vecchio e nuovo coesistevano 16 Continuità e discon t inuità s i sovrappose ro almeno fino agli anni Sessa nta , con influenze provenienti dall ' estero, come quelle della scuo la storiografica degli Annales, e nuove discipline , co m e la storia sociale, che faticarono ad attecchire prima de ll a grande trasformaz ion e culturale avvenuta alla fine de gli anni Sessanta, che"8egnò un momento di rottura anche nella storiografia1 7 •

Pi e ri crebbe in qu esto complesso contesto culturale e sc ie ntifico , venendo influ e nzato d alla rete di contatti che stabilì nel corso delle s ue pe-

Introduzione e nota metodologica
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regrinazioni da un capo all'altro della penisola. Se la dimensione italiana fu centrale, però. fu fondamentale. come vedremo, anche la sua capacità di interfacciarsi con la storiografia militare internazionale. Nell'Italia del tardo Ottocento e del primo Novecento infatti mancavano storici militari in senso accademico e questo in un certo senso forzò lo studioso a cercare modelli all'estero 18 • La storia militare in realtà anche fuori dall'Italia. come ci ricordava la citazione in apertura, ebbe molte difficoltà ad affermarsi come disciplina accademica. Fino alla fine dell'Ottocento, mantenne un carattere fortemente settoriale, spesso venendo praticata solo dai militari , concentrando le discussioni sulla storia delle operazioni e delle battaglie, anche nell'ottica di una legittimazione dinastica 19 Le guerre napoleoniche però awiarono una importante trasformazione dello stu dio della guerra, che si rifletté nel lavoro di Cari von Clausewitz e Antoine-Henri Jomini, le cui elaborazioni teoriche collegavano l'analisi delle guerre all'esperienza storica, contribuendo in questo modo a innovare indirettamente lo stu dio della storia militare20 •

Alla fine del secolo, anche sulla sp inta del crescente militarismo dell'età dell'imperialismo e quindi dell'interesse che il mondo militare stava sviluppando nell 'op inione pubblica, la storia della guerra e delle istituzio ni militari fece finalmente il suo ingresso nell"accademia. I salto di qualità fu dovuto al lavoro di Hans Delbri.ick , uno sto rico allievo di Leopold von Ranke, che collegò per la prima volta i mutamenti delle strutture politiche e i cambiamenti delle condizioni sto riche allo sv iluppo della storia militare. sostenendo anche che la materia non doveva essere oggetto di stu dio dei soli militari. Delbri.ick insegnò per quarant'anni (1881-1921) nell'Università di Berlino e le decine di studenti che si formarono sotto la sua guida portarono alla nascita di un corpus di studiosi che permise di stab ilire la sto ria militare come disciplina nell" accademia tedesca 21 • Parallelamente, la disciplina trovava spazio anche in Gran Bretagna, dove, data la natura insulare del Paese, fu prima di tutto la storia navale a farsi largo nell'accademia, quando a John Knox Laughton, il primo stud ioso a sostenere l'analisi critica della storia della guerra sul mare, fu concessa una cattedra di Storia moderna al King's College (1 885). Finalmente, nel 1909 , anche la Storia militare fu istituzionalizzata nell'università, con l'assegnazione a Spencer Wilkinson della cattedra di Storia della guerra ad Oxford 22 • Pieri , come vedremo . invece crebbe in un Paese dove la Storia militare scientifica non esisteva, ma ebbe la capacità di recepire le sollecitazioni che venivano dall'estero, un dato tutt'altro che scontato all'epoca . Tale attenzione fu fondamentale perch é intraprendesse il proprio percor-

Piero Picri
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so, riuscendo a combinare gli sviluppi della storiografia italiana con le innovazioni metodologiche che la sto ri a militare, in particolare quella tedesca, gli suggerì.

La figura di Pieri ha riscosso un certo successo dal punto di vista biografico e vari testi sono apparsi negli anni per tracciare un suo profilo. 'Ira i più importanti ricordiamo due ad opera di Giorgio Rochat (1967, 2011), uno di Guido Quazza (1974), uno di Oreste Bovio (1980) e una recente voce del Dizionario Biografico degli Italiani ad opera di Fredrik Iéva (2016)23 . Sebbene per molte informazioni biografiche attingeremo da questi testi, nessuno di essi, con la parziale eccez ion e dell ' ultimo, ha avuto accesso alla base documentaria di questo studio. Il profilo di Pieri perciò sarà arricchito dalle fonti primarie recuperate da questa ricerca che delineeranno con nuova profondità le vicende personali dello studioso, come esse influirono sulla sua evolu zione storiografica e come il percorso scientifico e accademico di Pi eri gettò le basi per l'ingresso della storia militare nell'accademia italiana.

La documentazione di questa ricerca può essere divisa in quattro grandi gruppi. Il primo è estratto dalla biblioteca di Pieri, custodita presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e indicata come Dono Pieri. Il fondo fu donato alla Biblioteca Nazionale di Torino nel 1976 dallo stesso Pieri. Nel complesso, è costituito da oltre 5.000 volumi e opuscoli, comprendenti gran parte, ma non tutta, della biblioteca personale dello studioso . Soprattutto, il fondo costituisce una raccolta di carattere «un itario e omogeneo» riguardante la storia militare24 • Il dato più interessante però è costituito dal rinvenimento, operato in larga parte dagli archivisti e dai bibliotecari della Sala Manoscritti dell'istituto torinese, di parte della corrispondenza personale dello studioso all'interno del materiale bibliografico. La documentazione emersa è stata inventariata parzialmente, raccogliendo complessivamente quattro unità archivistiche di materiale. divise in 170 fascicoli, conservate sempre presso la Sala Manoscritti della Biblioteca Nazionale. 'Ibttavia, la descrizione esistente non è sempre corrispondente all'effettivo contenuto, spesso i nomi dei corrispondenti rinvenuti non sono corretti o non sono stati identificati 25 A questa parte si aggiunge anche una non inventariata, complessivamente altre decine di fascicoli di materiale di varia natura (corrispondenza, articol i di giornale , biglietti da visita). La documentazione è molto varia e comprende la corrispondenza personale, spesso arricchita da minute di lettere dello studioso, a cui si agg iung ono cartoline e biglietti di auguri, appunti manoscritti e dattiloscritti. Un aspetto aggiuntivo da considerare è che i volumi del Fondo Pieri sono

Introduzione e nota metodologica
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ricchi di appunti dello srudioso, che in una lettera ricorda: «[... ] ho invece purtroppo l'abitudine di riempire i libri che m'interessano di sottolineature di richiami, di riassunti schematici dei concetti fondamentali»26. Una caratteristica che trasforma le fonti a stampa del Dono Pieri in fonti primarie.

Un secondo gruppo di fonti, pure di straordinario valore. è la corrispondenza di Pieri rimasta agli eredi e in particolare alla nipote Gabriella Pieri, oggi residente nel Canavese, che qui indicheremo come Carte Pieri-Martinetto. Questa documentazione, non inventariata, comprende un'altra parte della biblioteca dello studioso, spesso testi di difficile reperibilità e sop rattutto parte di alcuni fondamentali caneggi di immenso valore per questa ricerca. Sono da segnalare soprattutto le lettere di Gaetano Salvemini che costituiscono l'altra metà del carteggio Pieri-Salvemin i custodito presso l'lstin,to Storico per la Resistenza in Toscana. Importanti sono anche i carteggi con i generali Roberto Bencivenga, Giacomo Carboni e Krafft von D ellmensinghen, tutte figure che esercitarono una notevole influenza su Pieri. Tutta questa documentazione è emersa soprattutto grazie alla collaborazione della Biblioteca Nazionale di Torino e in particolare di Rob erto Orlandini, che ha rintracciato gli eredi dello storico. Nel giugno -luglio 2016, come parte del processo di valorizzazione della documentazione dello studioso, la Biblioteca Nazionale di Torino, con la collaborazione della Fondazione Burzio e delJ 'Associazione Amici della Biblioteca ha allestito una mostra con il materiale in questione, pubblicando anche un catalogo 27

Il terzo gruppo di fonti è costituito dai carteggi che Pieri intrattenne con altre personalità del mondo universitario e della cultura , consistente in centinaia di lettere e cartoline sparse in archivi e istituti di tutta la penisola. La corrispondenza riveste un'importanza fondamentale per la ricostruzione del percorso intellettuale di qualunque studioso. Perciò, per allargare la base documentaria è stato necessario recuperare la corrispondenza di Pieri con gli altri storici del suo tempo, lungo un arco cronologico che procede dagli anni Venti fino agli anni Settanta, comprendendo tre generazioni di studiosi, attraverso un ' ininterrotta evoluzione storiografica di cui Pieri, come vedremo , fu partecipe e in parte protagonista. Il seguente s pecchio sintetizza le sedi della ricerca dove abbiamo rin ven uto la documentazione originale, in quali archivi e la sua natura , con riferimento ai corrispondenti principali:

Piero Pieri
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Sede Archivio

Docume ntaz ion e principal e

1 Torino Sa la Manoscritti della Carteggi co n Gaetano Salvemini. Bi bli oteca Nazionale N in o Valer i. R affaele Cadorna. U ni versitaria Luigi Cadorna . Lu ig i Mo ndi n i, Carlo Spcll a nzo n. Benedetto Croce

Torino Is titu to Piemontese per la C arteggi con Alessandro Ga la nte G arrone. Storia della R es is 1enza c della G uido Q u azza Giorgio Vaccarin o Sociclà Co ntempo ranea

Torino Arch ivio Sto rico Fas ci colo Personale di Piero Pieri , Ver ba li dell' Un ive rsità della Fa coltà di magistero 1939 -1967 d i Torino

Favri a Canavese Carte de ll a fam ig li a Ca rreggi con Gae tano Salvemini, K raft Pi eri -Martinetto von D ellmens ingen. R o berto Ben cive nga Luigi Cad orna. Raffaele (adorna. G iustino Forrunaro. Ad olfo O m o d eo Docu m entaz ione rel ativa all a carriera m ili tare di Pieri Oocumenm7.ione

Fotografica

Roma Istituto I ta li ano pe r lo Stu d io Carteggio co n Federico Chabod de ll' Età Contempo ranea

Ro ma Is ti tuto ita lia no Cartegg io con Raffaele Mo rghen p er il Medi o Evo

R oma Fo ndaz ione Ugo Spir i to C artegg io con Ugo Sp ir ito e R enzo De Fel ice

Ro m a Fo n daz ion e Giovanni Genti le Carteggio con Gi ovan ni G entile - U nivers ità di Roma •La Sap ienw•

Roma Istitu to Romano pe r la Storia Carteggio co n R uggiero Zangrandi d'Italia d al Fascismo alla Res istenza

Na poli lstiruto I talia n o per gli Stu d i Carteggi con Adolfo Omodeo . Fausto Storici N ico lini

Napoli Fondazion e llcncdetto Croce Carteggio co n Ben edetto Croce

Sant'A rcange lo Biblio teca comunn lc Carteggio con Gioacchino Vo lpe cl i Romagna •A Bal dini ,

Venezia Bi b lio1eca d ella faco ltà Cartegg io con G in o Luzza tto di Economia • Gino Luzzatto•

Pisa Archivio storico de ll a No ,male Carteggi con Delio Cantimo ri. Arman d o di Pisa Sa itta. Pici;ro Sil va

Firenze Istituto Storico d ella C a rteggi con Gaetano Sa lvem in i. Piero Res is tenza in Tosca na Ca laman drei Fe rn a n do Sch iavetti

Milano Arch ivio Stori co Mondadori Cartegg io Omo d eo-Mon da d ori

Intro
du zione e nota meto do logica
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Si è in questo modo ricostruita, almeno in buona parte, la rete di contatti che costituivano i punti di riferimento accademici, politici e culturali dello storico militare. Contrariamente alle carte personali di Pieri, la natura di questa documentazione è tendenzia lmente più omogenea, essendo composta quasi esclusivamente dalla corrispondenza inviata da Pieri agli intestatari degli archivi, eventualmente corredata dalle mjnute di questi ultimi, contribuendo in questo modo alla parziale ricostruzione del carteggio tra le due parti. A questi documenti inediti si aggiungono due pubblicazioni, una di Sergio d ' Onghia dedicata ai rapporti tra Pieri e l'economista Giovanni Cara no Donvito e l'altra di Francesco Torchiani sullo storico Plinio Fraccaro, in cui è riportata parte della corrispondenza tra i due stud io si 28 Infine, il quarto gruppo di documenti è costituito delle fonti d'archivio, in particolare, l'Archivio Centrale dello Stato custodisce il fascicolo personale di Pieri, presente nella documentazione del ministero della Pubblica istruzione, e la documentazione relativa ai concorsi a cui partecipò. Nell'Archivio Storico dell ' Università di Torino, invece, si trovano i documenti relativi alla carriera di Pieri alla Facoltà di magistero. Infine, l'Archivio di Stato di Torino raccoglie alcuni documenti relativi all'arresto e il carteggio riguardante Pieri con la casa editrice Einaudi, depositato presso l'Istituto per garantirne la fruibilità agli studiosi .

Come vedremo più approfonditamente in seguito, la qualità della documentazione raccolta varia molto a seconda della natura dei rapporti personali che Pieri ebbe con i destinatari della sua corrispondenza. Basteranno due esempi. Pur essendo Federico Chabod una figura fondamentale per la storiografia italiana del XX secolo, la corrispondenza con Pieri che abbiamo ritrovato è di scarsa utilità, perché i rapporti fra i due furono sempre distanti 29 • Viceversa, quella con Adolfo Omodeo è ricchissima di spunti proprio in virtù del legame personale e intellettuale che unì i due studiosi .

Le fonti infine sono state arricchite dalle interviste ai familiari, Fabio Bortolotti e Gabriella Pieri, effettuate da Orlandini e ricche di riferimenti soprattutto per gli aspetti più intimi dello studioso negli ultimi anni di vita. Ho invece, intervistato personalmente il Prof. Giorgio Rochat, il principale erede dal punto di vista accademico-metodologico di Pieri . Le tre interviste ora sono raccolte nel Fondo Pieri della Biblioteca Nazionale, dove sono accessibili agli studiosi che ne volessero fare uso. Il lavoro si divide in due grandi parti. La prima narra la vita di Pieri, attraverso le sue vicende personali, per comprendere quali esperienze, come le due guerre mondiali, e quali personalità del mondo accademico

Piero Pieri
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e della cultura, come Gaetano Salvemini e Benedetto Croce , esercitarono influenza sulla sua evoluzione di studioso. La seconda parte discute i tre grandi filoni di ricerca su cui si concentrò Pieri: la storia militare dell'età moderna , in particolare il suo volume sul Rinascimento , nel quale emerge appieno sia l ' influenza della stori ografia internazionale sia quella della metodologia economico -giuri dica appresa dal maestro Salvemini; la pri ma guerra mondiale , con le connesse problematiche che la ricerca su questo argomento sperimentò a causa dell ' utilizzo politico della memoria che il regime fascista fece del conflitto; il tema della re lazione tra guerra regia e guerra di popolo come poli della maturità demo cratica degli italiani, analizzata attraverso l' esperienza delle guerre del Risorgimento e della guerra civile 1943-1945 .

Tntroduzione e nota metodologica
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Parte prima UN PROFILO BIOGRAFICO

La vita e i tempi di Piero Pieri

L'evoluzione storiografica di Pieri non può che essere compresa alla luce della sua es peri enza pers ona le. La vita dello stu dio so si accavalla per ottantasei anni che vanno dalrltalia liberale fino agli anni Settanta. attraverso le grandi cesure storiche della Grande guerra. del fascismo, della seconda guerra mondial e e dell ' Italia repubblicana. Un percorso complesso che lo portò in contatto con le realtà più diverse della penisola. da P isa a Torino. passando per Napoli e Messina. Ciascuno di questi eventi esercitò una profonda influenza sullo sviluppo intellettuale di Pieri. portandolo a conoscere alcuni dei maggiori intellettuali del suo tempo. co me Benedetto Croce. che contribuirono a delinearne le caratteristic he di st0riografo. Il filo rosso che però unisce tutta questa espe r ienza di vita con lo studio della storia è il suo legame personale e intellettual e con Gaetano Salvemini e i valori dell "intcrventismo democratico.

Gui dato da questi principi politici e metodologici e dalla pas sione per la storia militare, Pieri avrebbe tracciato il suo per corso di storico del Rinascim e nto, poi della Gra nd e guerra, infine del Ri so rgimento e della Resi stenza . In ciascuna cli queste fasi, Pieri pur mantenendo integro il suo patriottismo, avrebbe di volta in volta sviluppato un merodo intellettualmente e filologicamente critico degli eventi che stud iava, imponendosi come il primo storico a stud iare scientificamente la guerra in Italia.

Pieri nacque il 20 agosto 1893 a Sondrio dal padre Silvio (18561936) e dalla madre Enrica Montanari. La sua famiglia era di origini toscane e soprattutto ben inserita nel mondo accademico: il padre. dopo aver insegnato nei licei, si affermò come glottologo di fama nazion ale, insegnando nell e Università di Catania e Napoli; lo zio, Mario Pieri (1860-1913). fu tra i matematici p iù inf1uent i del periodo 1 • La vocazione accademica perciò costituiva un·abitudine di famiglia. dato che. come in seguito avrebbe sottolineato Pieri stesso, «so no professore univers itario. figlio, nipote, genero e cognato di professor i universitari»2 •

Questo ethos familiare esercitò una profonda inf1ucnza su Pieri . il qua le

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scrivendo a Benedetto Croce nel 1946, s i definiva come «uno studioso, un modesto studioso, e null'altro, ma tengo molto come ci teneva mio padre, a ll a dignità di ta le qualifica»3 • Pieri frequentò le scuole medie inferiori a Bergamo e il liceo-ginnasio al «Tiziano» di Belluno con ottimi risultati: la sua media sfio rava i 9/104. Nel 1912, ebbe una brevissima esperienza (1 -5 settembre) all'Accademia Militare di Modena, dalla quale decise di ritirarsi. Stando alla testimonianza degli ered i, l'abbandono veniva ricordato ironicamente da Pieri, il quale era solito affermare che «dopo due giorni che han cercato di insegnarmi come si consegna un plico a un superiore, ho capito che non faceva per me», ritenendo che l'ambiente fosse eccessivamente rigido5. In realtà, come avrebbe confessato a Gaetano Salvemini nel 1951, il tentativo fu mosso da una precoce fascinazione per il mondo militare che avrebbe conservato per tutta la vita:

Da picco lo dicevo sempre di voler fare la carriera militare; ma data la mia mediocre attitudine alle matematiche, dovetti andare a Modena e di là venni via, nel 1912, dopo cinque giorni di permanenza fra quella gente. Ma l'attitudine orig inale mi è in fondo rimasta, per mia sventura6

Dopo questa esperienza, Pieri fu ammesso alla Scuola Normale d i Pisa, frequentando parallelamente la locale Università, dove stud iò Lettere. L'università fu fondamentale sotto molti punti di vista per la sua formazione e, assieme al la prima guerra mondiale, probabilmente costituì il primo p ilastro fondamentale della sua esperienza. Innanzitutto, dal punto di vista personale, alla Normale, Pieri conobbe Enea Bortolotti, di cui dopo la guerra cominciò a frequentare la famiglia nelle vacanze estive 7 e che sarebbe diventato suo cognato nel 1924, quando avrebbe sposato la sorella Maria Isotta, da cui sarebbero nati i due figli Ernesto e Silvio, rispettivamente nel 1926 e nel 1929. Nell'ambito accademico, la Normale fu l'esperienza fondante della sua vita di studioso. Tuttavia, dell'ambiente accademico pisano, Pieri conservò ricordi contrastanti . Ne! 1929, a Giovanni Gentile, allora regio commissario dell'istituto, scriveva:

Illustre senatore, permetta che come vecchio normalista plauda al suo articolo sulla Scuola Normale di Pisa. apparso sul Corriere deJla sera d'oggi. Io ho sempre cercato di far propaganda per la mia vecchia gloriosa scuola, alla quale mi onoro d ' aver appartenuto. E anche come normalista sono stato t ic-

Un profilo biografico
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La vita e i tempi di Piero Pieri

to quest'anno dell'onore del premio ministeriale dei lincei per le scienze storiche, che mi è stato conferito. Voglio gradire i miei ossequi più deferenti e rispettosi mi creda

Piero Pieri

Savignana (Pistoia) 17 luglio 1929, VTI 8

Molti anni dopo invece, scrivendo a Guido Quazza, in procinto di trasferirsi alla Nonnale per insegnare, ricordò:

Ebbi maestri il SaJvemini, Giotto Dainelli, il Flamini. L'ambiente era allora un po' chiuso, alla Scuola Normale: bravi o bravissimi giovani, ma spesso molto presuntuosi o saccenti e maldicenti, vita un po' chiusa e pettegola. Ma poi l'ambiente si venne migliorando, e credo che ora sia molto cambiato ... 9 •

L'essere allievo di Salvemini e quindi il conseguente apprendimento della metodologia della scuola economico-giuridica, come vedremo, assieme all'influenza politica del maestro, sostenitore dell'interventismo democratico, ebbero un'influenza fondamentale sul lavoro di Pieri. Si trattò di un legame duraturo, che tornò a rivendicare più volte nel corso della sua vita:

Io ero interventista a combattere negli alpini nel '15-'17 (e poi in prigione) in senso mazziniano e bisso latiano; che tracollo delle nostre speranze! Pure io credo mazzinianamcntc nel progresso, anche se esso richiede fasi di arresto o momenti addirittura negativi. E anche le democrazie hanno avuto gravi colpe; hanno tradito i propri postulati nel 1919! 10

Gli studi di Pieri furono interrotti dall'entrata in guerra dell ' Italia (24 maggio 1915). Come in seguito confennò a Rochat , sarebbe partito volontario per il fronte, ma fu chiamato alle armi per obbligo di leva con la sua classe11 Solo al ritorno in Italia, mentre era ancora mobilitato, Pi eri conseguì la laurea in Lettere, 1'11 luglio 1919, e l' abilitazione con lode all'insegnamento nelle scuole secondarie, 1'8 luglio 192012 • Alla guerra, secondo la testimonianza del nipote, Pieri «c'è stato con il massimo entusiasmo, era qualcosa che non si poteva mettere in discussione minimamente»1\ Nel biennio 1915-1916, servì come tenente di complemento al comando di un plotone della 77• compagnia del battaglione «Belluno» del 7° reggimento alpini, schierato nel settore delle Dolomiti, in pani colare nella zona de l massiccio delle Tofane , un setto -

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re dalla morfologia molto complicata per le operazioni militari, essendo le vette autentiche piramidi di roccia, fortificate dagli austro-ungarici e in cui le operazioni furono caratterizzate dall'impiego di mine. Fu una guerra difficile. Le temperature invernali scendevano fino parecchi gradi sotto lo zero, il terreno era gelido e a questo si sovrapposero i problemi più generali della guerra italiana, come il duro trattamento imposto ai soldati dagli ufficiali in servizio attivo, che gli ufficiali di complemento cercarono di mitigare14

L'unità di Pieri fu impegnata per espugnare la fortificazione del Castelletto (2.640 metri) nel massiccio delle Tofane. 1'11 luglio 1916, la 77• assaltò la posizione nemica, Pieri tentò di raggiungere alcune rocce in posizione dominante rispetto agli asburgici. per poi aprire il fuoco dall'alto sul nemico. Tuttavia, nel corso dell'azione fu gravemente ferito a un ginocchio e dovette ritirarsi. Ne l ridi scendere sulle posizioni di partenza, portò in salvo anche un compagno ferito e l'azione gli valse una prima medaglia di bronzo al va lore militare. Due giorn i dopo il Caste ll etto cadde15

L'esperienza di guerra sulle Dolomiti segnò un passo fondamentale nella formazione e nella costruzione dei legami p ersonali dello studioso, il quale si mantenne in contatto con i suoi ex-commilitoni per tutta la vita . Tra questi, il più importante fu Celso Trevisan (18931992), con il quale Pieri continuò a scambiarsi a lungo lettere con un'esaltazione reciproca del valore degli alpini che avevano combattuto in Trentino:

Caro Piero, ti confesso che ogni vo l ta che ritorno fra quelle nostre immutabili montagne, in momenti di raccog li mento mi pare che la Tofana, il Castellanetto, il Lagazia, che hanno chiuso nel forziere delle loro rocce le pagine che raccontavano le gesta dei nostri a lpini, aprano gelosamente quel ... forziere ... solo alla presenza di noi superstiti ... onde possiamo leggere appieno e trepidanti. con ravvivata rimembranza. quelle pagine meravigliose! l l E vedendomi, è una meravigliosa sorpresa trovarmi fra quei monti, di essere quello di allora, a toccare quelle stesse rocce 16 !

Dopo la guerra. l'esperienza fu raccontata nel saggio La nostra guerra nelle Tofane, inizialmente pubblicato come m emoria nell'«Archivio Storico per l'Adige» e in seguito riedita, nel 1930 e poi nel 1932, integrandola con le pubblicazioni di ufficiali austriaci e tedeschi che avevano combattuto in quel settore del fronte n .

La sua vo lo ntà di partecipare alla guerra era così forte che nel dopoguerra confessò: ((io non sono intrigante: seppi solo intrigare nel 1916-

Un profilo hiografico
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17 per tornare al fronte dopo dichiarato inabile permanentemente alle fatiche della guerra!»18 Nel 1917 Fieri fu promosso capitano e posto al comando della 638• compagnia mitragliatrici, con la quale si trovava nel settore del Monte Nero al momento della Battaglia di Caporetto (24 ottobre - 12 novembre 1917). In quelle tragiche giornate, Pieri si distinse assumendo il comando diretto di una sezione della sua compagnia, piazzandosi in campo aperto per battere le forze austriache avanzanti e respingendo tre assalti nemici, probabilmente della 55 • divisione di fanteria austriaca, un ' unità d'élite delle truppe di montagna austroungariche, prima di ritirarsi seguendo gli ordini superiori 19 L'azione gli valse il conferimento di una seconda medaglia al valore militare, questa d'argento perché:

In un momento culminante dell'azione, offertosi volontariamente per comandare una sezione della sua compagnia di mitragliatrici, sceg li eva con fe lice intuito e se reno sprezzo del pericolo una buona postazione. completamente allo scoperto, dalla quale batteva con tale efficacia il nemico, da costringerl o per ben tre volte a ripiegare in disordine. Manteneva poi la posizione , malgrado fosse stata individuata dall'avversario, ed egli stesso fosse rimasto ferito , e non la sgombrava che il mattino successivo, in seguito all"ordine di ripiegamento. Vrsic-Kracy (Monte Nero) 24 ottobre 191720

La sua unità però fu catturata e Fieri fu avviato al campo di prigionia di Sigmundsherberg. Dei tragici mesi della prigionia, lasciò un vivido racconto in un opuscolo s critto nel 1919 e pubblicato nel 1924 dal titolo Un episodio d·i prigionia, La morte del Capitano Enea Guarnieri, Medaglia d 'oro Alpina. In queste pagine Fieri ripercorse i mesi della prigionia nel campo di Aschach, dove , s pinto dal «miraggio della libe1tà, amata per istinto e per educazione fin dalla puerizia», assieme ai suoi co mpagni cercò di programmare la fuga verso la Svizzera21

Nel marzo 1918 , Pieri giunse ad Aschach. nei dintorni di Linz, do ve la Confederazione elvetica sembrava abbastanza vicina da consentire una fuga. Assieme ad un ventina di ufliciali , quasi tutti appartenenti agli alpini, utili·zzando anche l'esperienza della guerra di mine, collaborò alla cos truzione di una galleria per fuggire dal campo. II gruppo, conosciuto come la «c omitiva dei cannibali», pare a caus a deJl' eccess ivo appetito di alcuni suoi membri, scavò ininterrottamente per mesi sotto la direzione del Capitano Enea Guarnieri, eludendo la sorveglianza austriaca. Purtroppo , il 25 giugno 1918, dopo aver quasi raggiunto la lunghezza necessaria per la fuga, il tunnel franò addosso al Guarnieri che rimase intrappolato, costringendo i prigionieri a chiedere l'aiuto delle guardie. Gli scavi proce-

La vita e i tempi di Piero Pi eri
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dettero lentamente e una nuova frana investì lo sventurato capitano, uccidendolo prima che potesse essere raggiunto dai soccorsi 22

Pieri che considerava il Guamieri un eroe di guerra a cui «era mancato nella carriera militare il meritato serto d'alloro», gli dedicò quelle pagine, nella speranza:

Che alla memoria del valoroso Capitano sia resa compiuta giustizia, e che anche in Italia si mostri di apprezzare nella sua interezza e d'additare all'ammirazione qualsiasi forma di virtù e si renda il dovuto omaggio a chi combatté da prode per tre anni continui, ed anche nella fortuna avversa mantenne fede immutata(...] anelando nuove pugne e sospirando la Patria lontana 23 !

Dopo la tentata fuga, come misura punitiva, Pieri fu trasferito nel campo di Komarom in Ungheria, per poi essere liberato, come gli altri prigionieri di guerra italiani, con l'armistizio nel novembre 1918.

L'esperienza della guerra fu fondamentale perché Pieri maturasse un forte senso critico nei confronti degli ufficiali d i carriera dell'esercito italiano. Stando alla testimonianza dei familiari, a livello intimo espresse spesso la scarsa stima intellettuale che nutriva per il militare di carriera medio, amando citare la massima di Giulio Douhet, secondo cui «la legge dell'incretinimento è proporzionale al quadrato dell'età e al cubo del grado»24 • Un approccio critico che sarebbe riapparso periodicamente, sia nei riguardi degli anni del fascismo sia di quelli della Repubblica, come conferma questa lettera, scritta a Salvemini nel 1951, riguardo i problemi della difesa atlantica e il ruolo dell'Italia:

Per la quistione militare, la «Gazzetta del Popolo» per mezzo del Gen . Faldella, uno dei meno inintelligenti, ha sostenuto giustamente il principio che sareb be meglio avere una divisione a modo , che dieci scadenti; e la stessa cosa ha affem,ato il direttore Massimo Caputo. Fin qui tutto bene; ma ora il Faldella e il Caputo si mettono a sostenere che l'esercito di qualità dev'essere formato di professionisti, con ufficial i di carriera, il più possibile! Proprio quando l 'esercito presenta per quattro quinti problemi che si risolvono nella vita civile, e di fronte ai quali i militari di carriera non sono che degli incompetenti, propri o allora si vuole l'esercito di professionisti! Oggi occorrono meccanici, telefonisti, radiotelegrafisti, automobilisti, specialisti tutti che l'esercito deve prendere dalla vita civile! Davvero l'impudenza dei militari di professione passa ogni limite! Quando a Messina, nel 1937, ebbi quindici giorni di richiamo per la promozione a maggiore di complemento, trovai un capitano di carriera d'artiglieria, proveniente dalla bassa forza, il quale d ichiarò candida-

Un profilo biografico
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mente di conoscere solo nei dettagli, i pezzi d'artiglieria divisione da 75 mm!! Questa la cultura professionale dei nostri ufficiali di carriera, che ancora si vorrebbero moltiplicare25 !

È quindi nella Grande guerra, fusione dei valori dell'interventismo democratico con la dura esperienza di ufficiale di complemento, che va rintracciata quella combinazione di «patriottismo intransigente» e forte senso critico, secondo una definizione di Rochat, che avrebbe avuto un ruolo decisivo nello sviluppo storiografico di Pieri2 6 •

Al ritorno in Italia, fece seguito l'immediata ripresa dei contatti con Salvemini e con il filone dell'interventismo democratico. Nel corso del 1919, Pi eri restò mobilitato lavorando assieme ad una compagnia del genio impegnata nei lavori di ricostruzione in Veneto. Ne l frattempo poté approfittare delle leggi speciali che consentivano facilitazioni agli ufficiali-studenti per conseguire la laurea e prepararsi all'insegnamento. Scrivendo a Salvemini nella tarda primavera del 1919 , delineava i suoi progetti per il futuro:

Caro Professore, passai di Firenze il 24 giugno e non ebb i il piacere di trovarla, ma avevo però immaginato che, colla sopravvenuta crisi politica lei sarebbe potuto non essere più a Firenze. In seguito, non potrei precisare quando sarei passato per Firenze, e il 28 sera mi spiacque di non trovarla in casa. 1'11 lu gl io , sa lvo contrordini , avrò la discussione della laurea di guerra, perciò il 10 passerò da Firenze. Ad ogni modo l'avviserò meglio. Io ho la sventura di non avere alla discussione i due professori che meglio mi conoscevano, ossia lei e il Prof. Dainelli, che mi era pure molto benevolo e che attualmente è ammalato grave. Il prof. Rossi per giunta a cagione d'una bizza non troppo degna di professori universitari ha mancato visita e non tornerà più a Pisa. Farò la discussione col Prof. Silva, che finì in conunissione co l Rossi al mio primo esame di marzo, ma che all'infuori di quello non mi conosce affatto. Le sarei molto grato se ella volesse rivo lgergli una buona parola a mio riguardo27 •

Ho parlato con alcuni sUidenti dell ' università di Padova , e ho visto con piacere che la nostra lega è sempre più conosciuta e apprezzata . Vedo poi con piacere il tramonto del mussolinismo, minato sul nascere dal suo pazzesco nazionalismo e da troppi atteggiamenti impulsivi. Il nostro ufficio del Genio (32 mila operai borghesi alle sue dipendenze!) che pareva doveva sciogliersi alla metà del mese, ora sembra debba restare in vista per tempo indefinito

Coi più affettuosi saluti e ringraziamenti anticipati mi creda

Dev. mo, Obbl.mo Piero Pieri 28

La vita e i tempi di Piero Pieri
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L'esperienza del campo di prigionia, dove aveva avuto modo di intervistare numerosi u fficiali catturati dopo la rotta di Caporetto, gli permise d i mettere insieme, alla fine del dicembre 1918, un lu ngo memorandum in cui de lineava quelli che erano a suo giudizio i tratti salie n ti delle cause della sconfitta italiana 29 • Nel periodo seguente, fu su spinta di Salvemin i che Pieri cominciò a sc rivere alcuni articoli, di natura pi ù politica che storica, su lla riv ista «L'Unità» e tra questi proprio uno fu su Caporetto, redatto assieme a Novello Papafava e Pietro S il va, che riprendeva le osservazioni del manoscritto del 1918 . I testi usciti sull'«Unità» furono una vera e propria inchiesta giornalistica, redatta a seguito dei risultati della commissione d'inchiesta sulla battaglia30 Questo momento politico costituì sempre un punto di riferimento per P ieri, che continuò a rivendicarlo come un passaggio fondamentale della sua vita anche nel secondo dopoguerra:

Fui perciò accanto a Sa lvemini i n momenti importanti del nostro intervento e de l dopoguerra e appartenni a quel la corrente i nterventista, poco numerosa invero e che ebbe anche pochissimo seguito. nota come col nome di corrente interventista bissolatiana e salveminiana; b issolatiana in quanto come uomo politico era assai più noto a l gran pubbl ico; ma quanto ai principi dottrinali, e specialmente nella questione adriatica, soprattutto sa lveminiana'll .

Nel 1920, dopo aver avute l'abilitazione a ll 'insegnamento, pubblicò negli Annali della Normale la sua tesi di laurea e primo lavoro storiografico, La Restaurazione in Toscana (1814-1821), segno di un precoce interesse per il Risorgimento32 • Lo stesso anno cominc iò la sua attività di docente nelle scuole secondarie. Da l 28 gennaio al 15 febbraio 1920 fu supplente nella scuola tecnica femminile «Mazzanti» e da l 16 febbraio al 30 settembre 1920 nella «Da Verrazzano», entrambe a Firenze . Dal 1 ° ottobre 1920 fu docente straordinario in seguito a concorso nella R. Scuola Tecnica di Siena e in missione a Firenze presso la scuola tecnica «A lberti» nel!' anno scolastico 1920-1921 e nuovamente presso la scuo la «Da Verrazzano» per il 1921 -1922 . Dal 1° ottobre 1922 fu strao rdina r io p resso il liceo «Archita» di Taranto, dove rimase una so la settimana in serviz io 33 Subito dopo, fu comandato presso la scuola militare d ella «Nunziatella» di Napoli fino al 30 settembre 1924 . Dal 1 ° ottobre dello stesso an no fu promosso a docente ordinario di storia e filosofia nei licei classici di grande sede e messo a disposizione del Liceo Artistico di Napoli, dove insegnò storia e sto r ia dell'arte fino al 28 ottobre 1935 3+.

Un profilo biografico
22

Nei pri mi anni del fascismo (1922 -1925) , P ieri mantenne pubblicamente le sue relazioni con l'ambiente salve m inian iano, pagando il progressivo isolamento dell 'elemento democratico radica le italiano e venendo attaccato per questo anche dai suoi corrispondenti , come iJ preside dell'Istituto magistrale di Napoli:

Egregio professore, [.. .1Il suo articolo lo ho letto con interesse, se anche non con piacere. Esso è frutto , come lei stesso me lo dice, di quella speciale ideologia umanitario-d emocratica, che tanto male ci fece. La Dalmazia è terra d'Italia, per ragioni sto riche , culturali, geografiche, economiche e militari ; e tale sarà ne l futuro, che io mi augu ro prossimo [. . .]3 5 •

Le vicende personali di Salvemini ebbero riflesso anche su Pieri. L'assass inio di Matteotti (1 O giugno 1924), la secessione dell'Aventino e l'assunzione da parte di Mussolini delle responsabilità politiche dell'accad uto, che avrebbe portato alla costruzione della dittatura aperta nei due anni successivi , condussero Salvemini all'esilio. Infatti , lo storico pugliese, dopo aver aspramente criticato l'operato del governo fascista, fu costretto a proseguire le proprie pubblicazion i su un foglio clandesti no, intitolato «Non Mollare», il primo giornale antifascista, a cui partec iparono alcune figur e chiave del panorama culturale italiano: o ltre a Salvemin i , Ernesto Ross i, Pi ero Calamandrei e i fratelli Rosselli 36 .

1'8 giugno 1925 , SaJvemini fu arrestato, suscitando un 'o ndata di proteste nella stampa internazional e e una campagna di solidarietà da parte di vari quotid iani e period ici italiani, nonché un appello di solidarietà che fu firmato anche da Pieri 3 7 • Successivamente, SaJvemini approfittò di un'amnistia per fuggire in Francia, per passare poi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove s arebbe rimasto fino a] secondo dopoguerra, mentre l'Università di Firenze lo privava degli incarichi di docente38 . La fuga di Salvemini fu certamente un duro colpo per Pieri , che s i trovò privato dell 'accesso diretto al suo principale punto di riferimento politico e culturale, proprio nel momento in cui si affacciava alla vita accademica .

L'uscita di scena {temporanea) di Salvemini sp ostò in un certo senso l'asse intellettuale di Pieri vers o altre importanti figure liberali del panorama culturale italiano : Giustino Fortunato, Benedetto Croce e Adolfo Omodeo. D ' altra parte Pieri in quegli anni risiedeva a Napoli, dove era difficile sottrarsi all'egemonia della scuola crociana e all'influenza del grande studioso.

Con Fortunato, Pieri entrò in una certa confid enza , sentendosi, come disse a Salvemini nel dopoguerra «onorato della sua b ella amicizia»3 9

La
vita e i tempi di Piero Pieri
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e, secondo Rochat , Fortunato influenzò gli studi cli storia locale dello storico militare pubblicati negli anni napoletani e messinesi 40 • Dal tono delle lettere, è comunque deducibile un rapporto abbastanza personale oltre che professionale:

Di casa, 23 novembre 1924, Carissimo amico, se sapesse quel che m'è occorso per venire a riavere una copia del mio Riccardo! Ma ci sono riuscito , e ne ho vivissimo piacere. Gliela mando di tutto cuor mio , pregandola di leggerla in un'ora del tutto libera. Indovinerà facilmente = pagina per pagina, direi parola per parola = tutto il pensier mio sulla region e natia mia selvaggia. La carta non ha rossori, e, quindi mi è facile confessarle, che è la cosa meno scemp ia che io ho scritto . E voglia serbarla per mio ricordo,

Omodeo invece fu una figura fondamentale per Pieri, con cui stabilì un important e rapporto intell ettuale che in un certo senso surrogò alla temporanea perdita dei contatti con Salvemini. Quando Omodeo

scomparve nel 1946, fu Pieri a scriverne un commosso necrologio sulla «Nuova Rivista Storica», dal quale è intuibil e quanto il suo lavoro influenzò la visione di Pieri del Ri sorgimento, considerato da Omodeo:

[... ) espressione d'un fenomeno europeo, quale anzi la più alta e nobile sua manifestazione, sotto certi aspetti . E ne indagò per ptima cosa il lato più altamente spirituale, attraverso la figura di Giuseppe Mazzini. Ma la sua concezione dialettica della storia e del progresso umano non poteva non portarlo a studiare anche J"altra corrente , quella moderata, rappresentata, soprattutto dal conte di Cavour, e a vedere nel loro intimo la discorde concord ia dei due movimenti: l'eroica e a volte tragica fatica dei due grandi fattori del Ri sorgimento trovava in lui il più alto indagatore e profondo e ricostmttore42 •

In queste parole, traspare quella visione di un Risorgimento duale, diviso tra insurrezione e guerra regia, che come vedremo costituì il cuore dell'interpretazione di Pieri di tale fenomeno. Tuttavia, oltre all'influenza degli studi sul Risorgimento, va ricordata anche l' amicizia con Omodeo. Intellettuale di matrice liberale, Omodeo era vicino alle idee e agli ambienti , a cominciare dal Partito d ' Azione, in cui ,Pieri si sarebbe inserito soprattutto dopo il s uo arrivo a To rino. Quanto significativa fosse questa figura per Io storico militare , lo rende bene la sua ricezio-

Un profilo biografico
24

ne del volume di scritti di Omodeo curato da Alessandro Galante Garrone per l'editore Einaudi e uscito nel 196043 Una copia del vo lume fu fatta recapitare personalmente dal curatore a Fieri, che lo ringraziò co n questa calorosa lettera:

Cariss i mo Amico e collega, grazie, vivissime grazie per avermi fatto avere il libro di Adolfo Omodeo: Libertà e storia! Hai fatto un'opera meritoria: quegli scritti minacciavano ormai di cadere neU'oblio; io stesso ne conoscevo so lo una piccola parte. E invece, per conoscere davvero Omodco nella sua interezza, in nitto il suo valore spirituale, scientifico, politico, non si può astrarre da essi E ancora ci possono insegnare molto, molto. La tua introduzione è eccellente; a te il grande merito d ' aver messo in luce non solo il valore s cientifico, ma tutta l'altezza morale del grande scomparso; d'aver saputo far tuo e rendere mirabilmente quel profondo pathos che formava veramente il substrato anche s i ammiravano tutti gli scritti dcll'Omodeo. Altro che spirito acre e in acid ito!!. . Bellissime le pagine dell'Omodeo sulla razza tedesca, sulla crisi delle forze armate, sulla scuola dei preti e del totalitarismo cattolico , ma dovrei dire che sono ottimi e interessanti quasi tutti gli scritti del volume44 •

Come vedremo, Omodeo avrà anche un certo ruolo nell'incitare Pieri a rivedere e ripubblicare alcuni dei suoi studi, in particolare quello sulla crisi militare del Rinascimento e le recension i relative alla Grande guerra. Meno importante. ma comunque significativa, fu la corrispondenza in questi anni, soprattutto fino al 1935, con lo storico di origini emiliane Pietro Silva (1887 -195 4). Normalista, laureatosi nel 1911, Silva divenne famoso prevalentemente per i suoi studi sulle relazioni internazionali. Inizialmente vicino alle posizioni dell'antifascismo fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce, e questo contribu isce a spiegare la simpatia di Pieri r iscontrabile nel carteggio tra i due45 • Tuttavia, con gli anni Trenta, le posizioni del Silva slittarono decisamente verso il regime, come testi moniato dalla progressiva mutazione subita dal suo lavoro più importante, Il Mediterraneo dall'unità di Roma all ' Unità d'Italia, pubblicato nel 1927 e poi aggiornato più volte, con toni sempre più vicini alla propaganda imperialista del fascismo 46 .

L'asservimento del Silva ebbe ripercussioni anche nei rapporti con Fieri. Nel corso di un convegno su l Risorgimento , tenuto a Venezia nel 1936, Fieri pre sentò una relazione su Domenico Piraino, che però risultò sgradita al gerarca Cesare Maria De Vecchi:

La vita e i tempi di Piero Pieri
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Sono li eto che la memoria su l Piraino non ti sia dispiaciuta; essa ebbe !"onore al congresso di Venezia del 1936 d"una villana e violenta interruzione del quadrupede della rivolu1ione. come Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, colla scusa che passava i quind ici minuti; in realtà il gerarca era irritatiss imo del contenuto! Dissi un'ora dopo a l Silva. c h e difendeva De Vecchi ~Ma insomma. si deve solo venire qui a incensare i gerarchi'? ,. e il Silva tacquei~ !

Difficil e pensare che Pieri non condividesse il giudizio di Salvemini, scritto in una delle lettere ricevuLe nel secondo dopoguerra dal maestro, secondo il quale era stato per lui un immenso dolore vedere che sto rici come il Silva «s i la sciavano trascinare dall"ondata univ ersa le di servilità e follia,. ~ .

Più problematico e distaccato fu il rapporto con Croce, anche a causa del ruolo di maestro e in un certo se nso di «grande vecchio» dell'accademia italiana, rivestito da quest'u ltimo. Inoltre. sebbene ne avesse stima . Pi e ri riteneva il giudizio di Croce sulla s toriografia contemporanea «un po' fegatoso e poco sereno », persino nei confronti d el Vo lp e col quale. come vedremo tra breve, ebbe parecchi contrasti49 . Soprattutto però non ne condivideva le critiche ai danni di Salvemini. che sebbene fuggito all'estero, rimaneva il suo punto di riferimento:

Il Croce era famoso per certi s u oi giudizi dall"alto in basso: io che frequentai molto la sua casa nel periodo 1924-1935 . udì più volte certi giudizi sul Salvcmini storico che mi parver o veramente eccessiv i ed ingiu st i5°.

Attraverso il lavoro e la frequentazione p ersona le, Pieri riuscì co munque ad accattiva rsi le simpatie di Croce, scambiando materiali di studio e riflessioni co n il celebre filosofo per tutto il p er iodo del fascismo:

Illustre Senatore,

Le so no oltremodo obbligato del don o della preziosa primizia dell'introduzione alla Storia d'Europa nel secolo XIX. L'ho letta d"un fiato e poi riletta e riletta ancora. mi sembra una delle sue cose più perfeue. Soprattutto mi sembra che meglio d'ogni a ltro Su o lavoro in carni quel tipo di nuova storiografia che pone l'attività dello spi rito al centro della sto ria politica: e come modello di siffatta storiografia potrà esercitare un'influenza grande sui nostri studi storici. Ma certo è una storia molto difficile. ben diversa dalla meccanica filologica e diplomatistica, ben lontana dal comodo affastellamento di schede!. ..

Un profilo biografico
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La vita e i tempi di P iero Pi eri

i\lli duol e so ltanto che il buon Barb a gallo sia fatto rientrare nella categoria degli «intellettuali d eboli ». Malgrado i suo i difetti , è mente aperta a tutte le correnti di pens iero. E attraverso la sua rivista si sono formati e fatti conoscere il Chabod, il Morandi, il Maturi , giovani avanguardie della nuova sto riografia. Ma non vedo il Barbagallo da oltre un mese, e ora è corso a Catania presso il padr e gravemente ammalato. Co munque. credo che il suo nuovo lavoro per l'ampiezza e l'importanza dell ' argom ento e p er l'originalità e la profondità de ll a concC".t.ione uni ta alla perfez ione di metodo, segnerà una data nei nostri studi sto rici , e avr à risonanza anche all'Estero, e grande ... E varrà a tener al ti i nostri stud i s torici , in questo momento d ' impressionante ristagno .

Con i più risp e ttosi e devoti ossequi e co i più vivi rin graziam enti mi cred a .

Dev.mo obbl.mo

N apoli 26-2 -1 931 51

Piero Pi eri

Le parole in qu es ta lettera ci rimandano a due questioni di una ce rta importan za . La prima è l'invio della bozza dei primi capitoli di una storia del secolo XIX, riproduz ione di un discorso che Croce tenne all'Accademia d i Scienze Moral i e Politiche dell ' Accademia R eale di Napoli nel 1931 52 • Tal e introduzione costituì un anticipo dei capito li pubblicati nel volume che sarebbe uscito nel 1932 , come «Storia d'Eu ropa nel Secolo XIX, edito dalla Laterza. Croce la fece leggere a var i studiosi di notevole s p es sore tra i quali Leone Ginzburg, Francesco Ruffini, Gioele Solari e Luigi Albert ini . Il fatto che Pi eri figurasse t ra quelli che a vevano ricevuto in 'anteprima ' questi capitol i è indicativo dell'esistenza di un certo legame intellettuale tra i due 53 • L'altro elemento è la difes a della «N uova Rivista Storica», che entrambi consideravano un importante spaz io di dibattito in un Paese do ve la libertà della s toriografia stava scomparendo:

Mio caro Pi eri, H o piacere c he abbi ate sen tito la mia memoria come stimolante pe r il nuovo avviame nto degli studi storici, certo assai d iffi ci le, come giustamente dite, e che io credo che sarà sempre d ei pochi , ma anche dei migliori, di quelli che daranno l'indirizzo alla cul t ura generale. In veri tà, io non pensavo a l Ba rbagallo nello scrivere le parole a cui voi alludete; ma alla conclusione della Storia d e l Secolo XIX da cui credo d i avere to l to anc he qualch e frase . Riconosco che l'opera del Barbagallo con la sua Nuova Ri vista Storic a è stata ed è giovevo le per la libertà

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che lascia a.i suoi co ll aboratori. Certo, il direttore è un cervello curioso, e come tale lo conosco già da quando era giovanissimo , e , sarà anche per questa conoscenza di tempi lontani, di oltre trent ' anni fa , jo ho avuto sempre per lu i un ' indulgente s i mpatia. che mi ha fatto accogliere con sorriso anche le sue strane accuse contro di me: come quando sostenne che in me si riproduceva !'«uomo di Guicciardini », intento al suo privato e indifferente a ll a patria e alla politica!

Una stretta di mano da l Vostro

Si era agli inizi degli anni Trenta e, come parte del processo di espansione totalitaria del regime, ormai imminente con la svolta del decennale, la presa del fascismo sulle istituzioni culturali andò accelerandosi, con una sistematica occupazione degli spazi. Il segno più evidente di questa espansione del regime nella vita accademica fu l'imposizione del giuramento di fedeltà a l regime ai professori universitari (28 agosto 1931), che solo in dodici rifiutarono55

Gli intellettuali fascisti (ricordiamo per brevità figure come Giovanni Gentile e Gioacchino Volpe) ebbero sempre maggiori funzioni pubbliche e controllo sull'attività accademica . La presa sull'università e la vita culturale si traslò anche sugli studi storici. In quegli anni si assistette all'emergere di una nuova generazione di studiosi, specialmente per quanto riguardava la storia moderna e contemporanea, raccolti proprio intorno a Volpe. Dal punto di vista accademico, come storico «ufficiale» del fascismo, Volpe ebbe un peso notevol issimo: professore di Storia moderna all'Università di Roma (1924-1940); direttore della Scuola di Storia Moderna e Contemporanea; direttore della sezione di Storia Medioevale e Moderna dell'Enciclopedia Italiana; segretario generale dell'Accademia d'Italia dal 1929 al 1934 e membro dell ' Accademia dei Lincei. La sua adesione al regime, proseguita fino agli anni della Repubblica sociale italiana, fu dovuta alla convinzione che il fascismo fosse l'ideale proseguimento del percorso stor ico delle forze più vive dell'Italia liberale, innanzitutto del naz ionalismo, associato alla mobilitazione delle masse allo scopo di promuovere l'espansione italiana. Si trattò di una tesi espressa soprattutto nei saggi L'Italia in cammino (1927) e L'Italia Moderna (1943-1952) 56 • Gli studi storici risentirono quindi pesantemente dell'influenza del regime. Una eccezione in questo J)anorama fu proprio la «Nuova Rivista Storica» che restò relativamente aperta al dibattito e non cedette alle spinte nazionaliste-propagandistiche. Fondata nel 1917 da Corrado Barbagallo (che ne mantenne il controllo fino al

Un profilo biografico
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1929) e poi diretta da Gino Luzzatto57 , la rivista r iunì alcuni dei maggiori stud iosi del periodo, tra i quali gli stessi Barbagall o e Luzzatto, ma anche Ettore Rota, Enrico Carrara e Giovanni Costa58 • Ricordando la sua posizione riguardo questi anni, Pieri e ra ben consapevole di non essere stato un antifascista pieno, avendo cercato un modus vivendi con il reg ime, come la maggior parte dell'accademia italiana: il 29 ottobre 1932 si iscrisse anche alla sezione del Partito fascista di Napoli5 9 • D'altra parte, la presa del regime su tutte le istituzioni ormai era tale che la tessera era considerata una «patente» per certificare la fedeltà al regime e infatti dagli inizi del 1932 fu dichiarata obbligatoria per l'ammissione ai concorsi pubblici 60 • Nel 1955, conscio di questo adattamento, dovuto anche al fatto che proprio in quegli anni stava tentando i concorsi di accesso all'università, Pieri scriverà al deputato socialista Fernando Schiavetti, suo ex-compagno alla Normale, in merito alla possibile sottoscrizione di un manifesto in difesa del senatore D'Onofrio, oggetto di una campagna stampa denigratoria da parte delle destre . Questo manifesto era stato firmato da intellettuali e deputati azionisti e socialisti come «ex combattenti e antifascisti>>. In quell'occasione Pieri, con grande modestia, si dichiarava perp lesso sulla possibilità di firmarsi come antifascista, ritenendo che la sua opposizione al regime fosse stata troppo blanda per attribuirsi quello che considerava un titolo di merito :

Illustre caro Schiavetti, sono lieto che mi si offra l'occasione di ricollegarmi spiritualmente dopo i lontani anni della Normale di Pisa, coll'antico compagno di scuola. Il Sen. Lussu, della cui amicizia mi onoro, mi ha invitato a firmare la dichiarazione relativa a l Sen. D'Onofrio. Io non ho naturalmente nulla in contrario; una sola cosa mi tratterebbe e ne lascio a te g iudice: si dice «nella nostra qua li tà di cx-combattenti e di vecchi militanti dell'antifascismo».

Ora io posso considerarmi ex-combattente , quale ufficiale degli alpini, ferito e decorato di medaglia d'argento e di bronzo al valore . Come vecchio militante dell'antifascismo la mia opera è invero stata molto modesta, e non tale certo da potermi paragonare a quella di mo lti e molti di voi altri. Io firmai il manifesto di protesta per la commemorazione di Bissolati fatta dal duce, e il manifesto di protesta per l'arresto di Salvemini; per quest'ultimo fui escluso per cinque anni dagli esami di maturità e non ebb i un anno la promozione anticipata per merito distinto; frequentai casa Croce e restai fedele al maestro e andavo a trovarlo quando molti non osavano più farlo; cercai di evitare le vigliaccherie non ne-

La vita e i tempi di Piero Pieri
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cessarie e di scrivere da uomo l ibero; nel 1944 mi trovai col partito d'azione insieme coi miei figlioli che seb bene di quindici e diciassette anni si prodigarono. Il 12 febbraio '45 ebbi la casa invasa dal ' Rap ' . [ ...] poi ci portarono in prigione, marito, moglie. figli e cognati, e fwnmo deferiti al tribunale speciale per 'detenzione d ' armi, associazione e p_ropaganda sovversiva' . Fummo liberati dai partigiani il 27 aprile 1945. Questo è tutto. Non so quindi se mi spetti la qualifica che ritengo oltremodo onorifica , di vecchio militante dell'antifascismo. Lascio a te il giudicare. Con Viva co rdi alità e alta stima

Tuo Piero Pieri 6 1

Nel ventennio l'inasprirsi della censura era un problema di cui Pieri era ben consap evol e: oltre ad aver colpito Salvemini, negli anni Venti in vestì altri amici dello storico militare. Nel 1927 ad esempio toccò allo stesso Silva. all'e po ca ancora antifascista , a cui fu impedito di pronunciare il discorso d'apertura dell'anno accademico a lla Facoltà di Magistero di Napoli. Pieri gli espresse la propria solidarietà:

Illustre Professore, oggi soltanto ho potutO sapere che al magistero di Suor Orsola non si è fatta quest'anno l'inauguraz ione ufficiale. Doveva tener Lei il discorso in augu ra le , m a il Direttore generale d c ll 'Istruz . Sup.re fece sapere che il di Lei nome non sarebbe stato il più gradito a l R egime, e perciò la festa è andata in fumo. E allegri pure! ... 62 •

La possibilità di accedere ad uno spazio relativamente libero rese importantissima la «Nuova Rivista Storica» per Pieri, il quale ne ricordò in seguito la funzione di:

(...] sentinella avanzata d'un 'altra ben più gravosa e difficile lotta contro le restrizioni e le storture non disgiunte da vere frequent i intimidazioni, con cui la dittatura opprimeva in misura crescente gli uomini di cu ltura e gli spiriti liberi gelosi della propria dignità 11.1

Approfittando di questo spazio e di altre riviste, negli anni 1923 e 1931, coincidenti grosso m o do con la sua maturazione di stori co, Pieri esaminò ben 170 libri in buona parte su temi medioevali, moderni e sette-ottocenteschi 64 • La sua attività di recensore si estese a varie riviste , tra cui «Leonardo», «Il Ponte» e la «Ri vista Storica Italiana>>, ma la «Nuova Rivista Storica>> restò il principale centro della sua attività. ' Emrato come collaboratore grazie a Salvemini nel 1923, sarebbe poi passato

Un profìlo biografico
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La vita e i tempi di Pi ero Pi eri

ne lla redazione nel 1929, gestita, a suo dire, come una «pentarchia»: Barbagallo, Luzzatto, Pieri, Porzio, Rota65 . Tra il 1923 e il 1942 , Pieri scrisse s ull a rivista anche un totale di 27 saggi, ripartiti tematicamente in questo modo :

Tipologia Storia militare Storia Storia moderna del Risorgimento e medioevale

Saggio 10 6 3

Rass eg na di stud i 8

A questi s i aggiunsero 48 recensioni di vario argomento , spazianti attraverso tutti i campi che avrebbero costituito gli ambiti di ricerca di Fieri : storia moderna , Risorgimento e prima guerra mondiale66 • Per Fieri , s crivere sulla rivista significò so prattutto la possibilità di analizz ar e la Grande guerra con un doppio approccio critico e in ternazionale. Ad esempio , diede spazio ai lavori di Roberto Bencivenga, di cui diremo meg lio in seguito. un generale caduto in disgrazia e inviato al confino d urante il ventennio, fortemente critico della condotta della guerra di Ca doma. Oppure, si pensi al massiccio utilizzo di autori stranieri, sop ra ttutto di aerea austro-tedesca , il cui contributo fu utilizzato per «una migliore com prens ione d egli avvenimenti»67 •

In questi anni la s ua attività di studioso si espanse e crebbe anche la s ua importanza nell 'ambito della vita accademica italiana. Oltre che pe r gli s tudi di s toria locale , pure pregevoli per l'uso delle fonti e come ve dremo un ' utile palestra formativa per l e sue opere maggiori , Fieri divenne famoso soprattutto pe r i s uoi lavo ri di storia militare. Ottenne gran de visibilità per le s ue recen s ioni sulla sto ria della guerra in età moderna e sulla Grande guerra, m a la sua importanza subì una svolta con la pubblicazione, n el 1934, d e lla prima edizion e di La crisi militare i taliana nel Rinascimento nelle sue relazioni con la crisi polit-ica ed economica, pre sso l'editore Ricciardi di Napoli 68 Al tempo stesso, fu semp re in questi anni che stabilì una rete di contatti intellettuali con importanti esponen ti de lla storiografia italiana, tra cui Raffaele Morgh en , Raffa e le Ciasca, Plinio Fraccaro, Giovanni Carano Donvito e Ugo Spirito.

Dalla fine d egli anni Venti però un 'altra p erso nalità ese rci tò un'influenza dec is iv a sulla carriera di Pi eri : Gioacchino Volp e . Come abbiamo osse rvato , que st' ul t im o fu il padre di una nuova g en eraz ion e di studiosi, che a part ire dalla prima metà d eg li anni Trenta aiutò progressivame nte a in serirsi nell ' uni vers ità: Chabod a Perugia (1934), Arnaldo

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Momigliano a Torino (1936), Carlo Morandi a Pi sa (1936), Cantimori a Urbino (1939), Walter Maturi a Pi sa (1939)69 . L'obiettivo di Pieri era div e ntare docente univers itario. Nonostante gli costasse molta fatica, co ntinuò semp re a mantenere il corso di Storia del XIX seco lo, presso la Facoltà di Lett ere d ell'U ni vers i tà di Napoli, proprio p e r «tenere un piede n e ll ' università>t70 • Da questo punto di vista, la relazi one di Pi e ri con Volpe fu importante nel definire la s ua carriera. Infatti , a partire dal 19 30, a spirò ad una cattedra, sperando in un posto prima a Cagliari (1931), che p e rò non riuscì a d ottenere, sta ndo alla s ua auto-narrazione an ch e per la frequentazione di Croce:

Credo che veramente il gi udi zio del S. fSolmil a Cag li a ri s ia stato modificato. alterato. generalizzato. come awienc in tanti casi. li Tutolo mi domandò se era vero che ero staco chiamato alla sede del Fascio e gravemente rimproverato perch é frequentavo casa Croce. G li risposi che era una notizia senza fondamento: io vedo il Cr., e solo per ragioni di studio, a l massimo una volta ogni sei mesi! ... E nessuno mi ha mai ch iamato al Fascio! Così si spargo no le chiacchiere! [... )71 •

Un secon do t entati vo lo fece a Na poli n el 1932, ma in questo caso, sempre per l'influenza di Volp e, gli fu preferito Ernesto Pontieri (1 8961 98 0). In realtà la commissione di concorso g iudi cò positivamente Fieri , ma affermò anche che lo storico non aveva ancora espr ess o appieno il suo p ote nzial e non esse nd o ancora c ompl eto il vo lum e sul Rinasc imento s u ctù Pi eri stava lavora ndo:

Valoroso ex combattente. È incaricato dal 1929 dell'insegnamento di storia moderna nella Università di apoli . La sua attività scientifica rivela doti di equilibrio, di acume. di sana comprensione dei problemi storici. Uno dei suoi lavori «TI regno di Napoli dal 1799 al 1806,. è molto favorevolmente giud icato per la compiutezza delle ricerche e per serenità di g iu dizio. Al Pieri va data lode di aver stu diato argomenti di storia militare. solitamente trascurata o trattata con semplicismo unilaterale. Egli ha d el fano bellico una larga concezione. come effetto di tutte le condizioni di vita pubblica e privata di un popolo. L'ultimo suo lavoro «La cris i militare del rinascimento• non ancora finito di stampare affronta in tutto il suo complesso il vecchio problema del decadimento italiano all'inizio dell'età moderna. La parte fin qui pub bli cata, pur esse nd o un riassunto di cose note prova la sua capacità di analisi e nella sintesi. Vive d'interesse sono le pagine che il Pieri ha scritto su Caporetto, sull'eroico episodio delle Tofanc e sulla questione maltese, né man ca qualche saggio di storia medioevale: e il suo studio sull'arte della seta in Firenze

Un profilo biografico
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La vita e i tempi di Piero Pieri

è buon frutto di ricerche sugli statuti e sugli atti della corporazione. La commissione pertanto guarda con simpatia l'atti vità di questo studioso in pieno suo sYiluppo. ed esprime la propria fiducia che egli possa esercita re una duplice azione morale e scientifica quando darà la misura intera del suo promettente lavoro72

Probabilm ente proprio il potenziale che Pieri esprimeva gli permise di ottenere un certo aiut o dal Volpe, il quale nel 1933 lo favori nel premio dell'Accademia d ' Italia e in parte anche quello dell'Accademia dei Lin cei che gli fu conferito per il suo studio sul Regno di Napoli dal 1799 al 180673 r cl 1934, Pieri partecipò al concorso per la cattedra di Storia all'Università di Perugia, che fu vinto da Federico Chabod, futuro prota gonista della storiografia italiana. che si stava facendo rapidamente un nome grazie ai suoi studi s ul ducato di Milano nel Cinquecento. Pi cri nel frattempo aveva completato il suo volume s ul Rinascimento italiano e la commissione, che poi assegnò la cattedra a Chabod, anche se affermò che le ricerche di Pieri mancavano di originalità. dovette prendere atto che ormai lo studioso meritava una cattedra:

Lib ero docente di stor ia moderna. Pregi di questo studioso sono la [illegibile]. coscenziosa ed equilibratà labori osità, l' analisi diligente e minuziosa, l'esposizione lucida e piana. Ma questa attivicà non s'impone sempre per l'originalità di vedute e per novità di risultati.

La commissione peraltro ha con vivo compiacimento notato che la attività scientifica del Pieri è in questi ultimi tempi progredita: e di suoi pregi hanno avuto modo di spiegarsi ancor meglio negli studi sulla crisi militare italiana del Rinascimento. [...1Del fenomeno generale. la seconda parte ha pagine sostanziose e acute specialmente l'esame delle grandi battaglie del secolo XVI. [...]

La commissione esprime l'augurio ch'egli possa da una apposita caltcdra universitaria svolgere la sua attività di docente cultore di storia militare74 •

La commiss ione riconobbe quindi i meriti di Pieri e la «legittimità,, della sua aspirazione alla docenza , anche se poi assegnò il po sto a Chabod. Tuttavia. al di là del merito e dello spessore di questo studioso, superiore a Pieri per innovazione metodologica e storiografica, resta il fatto che comunque la vittoria di Chabod fu vissuta con molta frustrazione dal primo:

«Non si illuda che il Volpe sia entralo in co mmi ssio ne per ripararLe il tono fatto nel 1932 al concorso di Napoli. col metterle avanti il Pon-

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tieri; il Volpe vorrà unicamente portare lo Chabod. e far affermare la sua nuova scuo la storica!». Così fu purtroppo; doloroso a dirsi, il solo che cercò d i difendermi fu Paolo Orano ! Scrisse a l Volpe dicendogli che gli pareva che io fossi il mig l iore, che avevo produzione vasta e varia, ecc. Il Vo lpe rispose che lu i doveva sostenere la Scuola Storica che si affermava per la prima volta co i suoi allievi nei concorsi universitari, che lo Chabod per lui era pi ù che un figlio lo che il P ie ri sareb be s tato sistemato in una cattedra di Storia mi li tare, la più adatta per lui. Il Rodo lico che era stato messo un po ' in quarantena dai fascisti, e che desiderava rientrare in circo laz ione. e per questo appunto aveva nel concorso di Napoli sostenuto accan itamente il Pontieri per fare cosa gradita a ll 'E rcole .Ministro dell'Istruzione, per la stessa rag ione ora appoggiò lo Chabod, entrando in pieno nelle graz ie del Volpe. Il Pontieri messo in commissione dall'Ercole, e des ideroso, come re latore di mostrare che non avevo ragione la vo l ta precedente d'essere suo competitore, mi fu vigliaccamente ostile. Il Luzio si adattò a mettere Chabod primo e Ni no Cortese secondo, ma po i si batté accanitamente perché al terzo posto fosse messo Nello Quilici, brillante ingegno, ecc . . . e mostrò verso di me un·acrimonia partico lare75 •

Ne l novembre 1935, finalmente, Pi e ri fu chiamato come professore straor dinad o alla Faco l tà d i Magistero di Messina, confermando che la pubblicazione del suo stud i o su l Rinascimento ebbe un a pporto d ecisivo nell'ap rirgli le porte dell'univers ità. L'approdo a Messina rappresentò il punto di arrivo di un'asp iraz ione che ormai perseguiva da lunghissimo tempo L'entusiasmo per la nomina fu ben espresso in una lettera inviata a Omodeo poco dopo la notizia dell'avvenuta nomina:

Illu stre professore, il giorno otto novembre u.s. il Ministro ha final mente firmato il mio decreto di nomina a Messina. La mia magg iore meta è cos ì raggiunta e non mi resta che sollecitare il trasferimento della mia Signora in tale sede. A Lei che sempre mi onorò della sua benevolenza e che in un momento per me assa i doloroso levò alta la sua voce, spontanea e auto revolissima, in difesa dell'opera mia scientifica, vadano i sensi della mia p iù profonda imperitura gratitudine, ben lieto se le circostanze della mia vita mi daranno modo di offrirgliene una più sicura prova. Mi abbia sempre, coi sensi della maggiore deferenza, Suo Dev.mo Obbl.mo

Napo li, 11 novembre 1935 7

Un profilo biografico
Piero Pieri
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Paradossalmente fu con l'ingresso nell'università che i problemi di Pieri con Volpe si acuirono. Si era negli anni della guerra d ' Etiopia e della tensione nel Mediterraneo con la Gran Bretagna e il regime pretese dagli storici un'attiva e stretta adesione agli obiettivi di politica estera del fascismo. In tal senso le istituzioni accademic he, soprattutto la G iunta centrale per gli studi storici e le deputazioni locali di storia patria si adope rarono per contribuire alla legittimazione della politica di potenza del regime, spostando l'interesse della ricerca sulla storia delle relazioni internazionali, del rapporto tra Stato e società civile, oppure sul ruolo storico dell'Italia nel Mare nostrum 77 • Si pensi al riguardo al lavoro di Chabod che, sebbene non fosse un sosten itore entusiasta del regime e in seguito avrebbe pa rtecipato alla Resistenza, con i suoi stud i sullo statonazione e sul ruolo dell'Italia nel Mediterra neo contribuì a irrobustire la legittimazione dei disegni imperial i del fascismo 78 •

La storia militare in Italia soffri va già di un grave ritardo dovuto alla mancanza di «studiosi laici» nelle università , nelle quali, dopo la figura di Erco le Ricotti (1816 -1883)79 , era rimasto solo Io storico navale Camillo Manfroni (1863-1935) 80 • II regime contribuì a questa chiusura, spin gendo sempre più gli studi di storia militare al servizio della costruzione del «mito» dell'italiano guerriero, con un pesante controllo sull'att ività degli studiosi.

Pieri indubbiamente condivideva con il regime , seppure su basi dive rse, il mito patriottico della Grande guerra, ma si fece coinvolgere controvoglia nello slittamento verso la propaganda imposto dal fascismo . Tuttavia, la pressione politica nei confronti dell'accademia era così forte che, come ammise scrivendo a Salvemini, «per un momento dubitai anch'io, nel 1936, dell'intrinseca energia e vitalità del fascismo; e con me alcuni vecchi antifascisti del la casa, a Messina , già duramente perseguitati, e ci domandavamo se non eravamo noi in errore» 81 • Non va dimenticato che quello era l'anno della guerra d'Etiopia e anche alcuni intellettuali polit icamen te più sch ierati di Pieri, come Croce, espressero il loro sostegno all 'i nvasione del Paese africano .

Sempre nel 1936, Pieri perse il padre, il quale invece aveva una fede «c ieca e ingenua» in Musso lini u2 . Neg li anni successivi, tornò al suo modus vivendi col regime e stando alla testimonianza di Rochat, quando fu richiesto ai docenti universitari di partecipare a ll e manifestazioni pubb liche in camic ia nera, Pieri optò per presentarsi con la divisa da ufficiale degli alpini, in modo da evitare contestazioni, un gesto notevole perchè lo esentava dal sa luto fascistan 3 • Inoltre, eg li stesso nella corrispondenza personale di quegli anni, si lamentava delle interruzio-

La
e
vita
i tempi di Piero Pieri
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ni alla sua attività di studioso dovute alla attività di propaganda promosse dal regim e :

[...] Non avrei mai creduto , arrivato all ' Università di Messina, di trovarmi così poco libero, fra la scuo la , richieste di Eccellenze, littoriali de ll a cultura, corsi di cultura coloniale ecc. ccc.. E spero di essere sempre libero una buona volta, e sempre sopraggiungono nuove cose: ora un articolo per una miscellanea in onore della medaglia d'oro Luigi Rizzo che fece le scuole medie a Messina. Da tre anni disperdo la mia aròvità per contentare questo e quello e ciò mi distoglie dairini1iativa veramente di un grosso lavoro, per il quale sento l 'energia e la volontà [...184 •

Oltre a questo si aggiungeva il vero e proprio declino della qualità degli studi, causato secondo Pieri dalla deriva propagandistica in corso. Nel dicembre 1936. scrivendo a Omodeo, si scagliava contro Francesco Ercole, ministro dell'educazione nazionale dal 1932 al 1935, poi presidente dell'Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e direttore dell'Archivio Storico di Malta:

Questo illustre uomo continua a far tutto coi piedi. Nel terzo numero detrArclùvio Storico di Malta da lui ora diretto, anno VII. fase. ITI, nuova serie, pp. 280-309 c·è un articolo di un tal Vianello: una relazione inedita di Malta del 1582. ed è pubblicata la relazione inedita. Ebbene. essa e ra già stata pubblicata tre anni prima nello stesso archivio. anno IV, fase. I, pp. 1-51. con una molto migliore introduzione da Pompeo Falcone: una 'Relazione di Malta' sulla fine del cinquecento. Sono cose da far arrossire per il decoro della nostra cultura. E questa rivista dovrebbe rivendicare contro la cultura inglese la civillà italiana di Malta!!! Nell'ultimo fascicolo c'è una mia recensione: la prima e l'ultima, perché l'hanno amputata in modo osceno. E il precedente direttore, Prof. Benvenuto Cellini, ora incaricato d'In glese a Messina, persona seria e valente. è stato mandato via per lasciare il posto a un più illustre e autorevole personaggio!. Lessi con vero dolore la polemica contro di Lei su ll a Rass. Del Ris. Con dolore per le sorti della nostra cultura 80 !

Nonostante questo, come parte del comp romesso col fascismo. Pieri non poté rifiutare la richiesta di Volpe di collaborare ad una collana sugli scrittori militari italiani, redatta sotto la direzione sua e del generale Grazioli, un esponente dell'esercito particolarmente vicino al regime86 •

Nel 1934 scrisse una prima introduzione agli scritti di Amedeo di Savoia. Immediatamente dopo, Volpe e Grazioli gli chiesero di scriverne

Un profilo biografico
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una per L' arte della guerra del Machiavelli, il tempo che ebbe a disposizione fu giudicato insufficiente, tanto che confessò a Silva che secondo i due committenti «Bisognerebbe essere macchine e non uomini, e lavorare coi piedi!! !»87 • Quando il testo fu pronto, Pi eri si scontrò con Grazioli, probabilmente a causa delle profonde critiche che egli rivolse a Machiavelli, che secondo Pieri aveva tentato di applicare anacronisticamente il modello militare romano al mondo rinascimentale:

(...] E spero del resto che esca finalmente l ' introduzione (non più sulla collana Volpe-Grazioli, morta per fortuna!) alle riflessioni critiche all'arte della guerra del Palmieri . Quella nullità presuntuosa del Grazioli disse al Volpe che io con la mia critica negativa demolivo tutti i nostri scrittori mi l itari, e che ciò non andava fatto, per opportunità politica, quando anche avessi avuto ragione. [ ... ] valorizzare la nostra tradizione non significa elogiare tutto e tutti a qualunque costo e a occhi chiusi 88 !

I dissidi furono così forti che Pieri arrivò al punto di pensare di abb a ndonare la storia militare, come si deduce da questa lettera del 1936 di Corrado Barbagallo, che invece lo esortò a proseguire ne i suoi studi:

Ella mi scrisse dei suoi dissidi col Gen. Grazioli. Dal che Ella aveva tratto la conseguenza di abbandonare temporaneamente la storia economica [corretto in 'militare' da Pieri nell'interlinea].[.. .] Ella oggi è invulnerabile ai colpi di questa opposizione. Perché, dunque , vorrebbe abbandonare la battaglia per la serietà della storiografia militare'? Proprio adesso'?[ .. .] lo la esorto a continuare e a voler vincere89 •

Tali incidenti comunque contribuirono a creare delle difficoltà alla carriera di Pieri, il quale trovava Messina una sede dotata di mezzi troppo limitati per le ricerche che intendeva condurre e come ebbe a dire a Ugo Spirito, avrebbe preferito «e molto risalire al nord, e possibilmente dalla linea Pisa-Firenze in su»90 • Nel 1936, Pieri provò anche a farsi trasferire a Palermo, poi a Milano e nel 1938-1939 a Firenze, ma i suoi tentativi furono bloccati dal De Vecchi (s i ricordi lo scontro al convegno di Venezia) e dal Volpe9 1 • A Messina comunque Pieri si conquistò l'apprezzamento della Facoltà, dove nel dicembre 1936 fu nominato presidente della Facoltà di Magistero e direttore della biblioteca. Nel dicembre 1938, al termine dei tre anni di straordinariato, la facoltà si espresse unanimamente a favore della sua promozione a professore ordinario:

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n Prof. Piero Pieri. straordinario di storia, durante il triennio dello straordinario ha atteso al suo insegnamento con conostante assiduità. TI tono delle sue lezioni sempre elevato. la serietà e l'importanza degli argomenti tranati, l'originalità di pensiero, la vivacità e chiarezza di esposizione hann o richiamato ogni volta numero so pubblico di studenti cd esrranei92 •

La promozione effettivamente arrivò il 30 marzo del 1939. dopo che una commissione composta da Pietro Fedele, Francesco Ercole e Francesco Cognasso giudicò Pieri idoneo. Tuttavia. lo studioso intese comunque lasciare Messina e dopo l'ultimo tentativo di concorso fallito a Fir enze, Pieri si rivolse a Giovanni Gentile p er ottenere il supporto necessario a lascia re la Sici lia:

Eccellenza.

non so come ringraziarvi delle vostre espressioni benevole e dell'interessamento alla mia quistione, nonché dell'opera pre1.iosa e autorevolissima presso il Grand'Uff. Giustini. TI consenso di così alta personalità mi ha particolarmente sollevato lo sp irito! Purtroppo il Morandi aveva cercato d'assicurarsi il valido sostegno di S.E. Volpe attra\'erso due affermazioni infondate: a) che io sarei in tutti i modi passato a Pisa, o alla cattedra del Ri sorgimento. o meglio ancora, a quella di Storia Moderna: b) che io non ero fra coloro che il Rodolico aveva proposto per la successione . [... J

Voglio però sperare che om1ai la pratica non devi dalle lince della giustizia. e che non sia per me che quistione di tempo. lo non ho che la mia operosità scientifica e didattica e la mia onestà: potranno alla fine prevalere?

Del resto il Morandi c;tcsso mi ha scritto in data 2 dicembrc<r.1: ~se ti sa rà accordato il trasferimento sarò il primo ad esse re lieto per te, per la tua famiglia. per la facoltà di Firenze che acquisterà in te un ottimo studioso e insegnante~. Comunque esprimo di nuovo all'E.V. i sensi della più \'iva e profonda gratitudine e mi aug u ro che non s iano per mancarmi anche in avvenire la vostra stima e la vostra benevolenza. Vogliate credermi coi sensi della maggiore deferenza e osservanza dell'E.V.

Oev.mo obbl.mo

Messina, 2 gennaio 1939'»

Piero Pieri

Stando a quanto avrebbe detto a Salvemini nel 1945. alla fine intervenne anche Pietro Fedele, che com e abbiamo visto era nella commiss ione che lo ritenne idoneo alla posizione di ordinario. a fare pressio-

Un profilo biografico
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ne sul ministro Bottai perché finalmente lo storico militare ottenesse lo spostamento in una nuova se d e95 • Nel maggio 1939, Pieri fu finalmente trasferito d ' ufficio alla Facoltà di Magistero di Torino dal Ministro. Come ha notato Giorgio Rochat, tale facoltà non godeva dello stesso prestigio di quella di Lettere e Filosofia e Pieri dovette svolgere una att ività di insegnamento che variava di anno in anno, ricoprendo ciclicamente gli incarichi di Storia romana, Storia medievale e moderna e Storia ciel Risorgimento 96 • Tuttavia, Pieri fu ben contento ciel nuovo posto e confessò a Omodeo che non s i sentiva «affatto menomato » dall 'essere al Magistero e soprattutto a Torino «che grazie al cielo non è Messina»97 • Il capoluogo piemontese all'epoca s i segnalava come uno dei magg iori centri culturali del Paese, soprattutto per l'importante influenza de ll a cultura liberale italiana : Croce era uno dei principali punti di riferimento dell'intellighenzia cittadina98 • Inoltre. con il passaggio nella città piemontese e il conseguente raggiungimento di un incarico stabile, Pi er i riuscì finalme nte a svincolarsi dalle richieste di Volpe, essendo la sua posizione accademica consolidata:

Ma certo il lavoro era scato concepito su basi più ampie: poi ebbi continue distrazioni e richieste d'altro lavoro, a cominciare dal solito Volpe , che mi compensava con coltellate alla schiena E pensare che quel signo re mi ha scritto a più riprese. fresco come una rosa, chiedendo ripetutamente la mia collaborazione. Un vantaggio inn egabile dagl' in trighi e la cattiveria dell'anno scorso è quella che io mi sono liberato delle richieste continue e ricattato rie di lavoro da parte di quel signore. Ma Voi conoscete da vicino certi ambienti universitari , e avete avuto a soffrire più di me! In a lt0 i cuori! A Torino mi trovo molto bene: ho trasferito la famiglia, lasciando definitivamente , il 31 maggio scorso, la bella Trinacria. Ora sono a villeggiaìe'in Alto Adige; non ho avuto finora richiami alle armi (sono Maggiore <l egl i Al pini, classe 1893) e credo che ormai non n e avrò più. Seguo con interesse e ansia lo svo lgersi degli avvenimenti: s iamo ad una svolta non solo della st0 ria politica, ma della storia della civiltà mondiale99 •

Nei tardi anni Tr enta ormai la figura di Pieri come punto di riferimento per la storia m ili tare si era affermata. In questi ann i , lo studioso portò avanti parallelamente una revisione della Crisi militare del Rinascimento, gli stud i sul pensiero militare di Raimondo Montecuccoli, l' idea di riunire in un unico volume tutti i saggi e le recensioni sulla prima guerra mondiale, usciti sulla « uova Rivista Storica», e anche un volu-

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me di «alta divulgazione» sull'arte militare romana1 00 • Pensò anche a due progetti che non portò mai a termine, una storia dell'esercito piemontese e una dell'arte militare italiana nel Medio Evo da unire idealmente al suo volume sul Rinascimento:

Venuto a Torino , alla fine del 1939, pensai ad un lavoro sopra l'esercito piemontese dal 1559 al 1859 (lavoro che il principotto Umberto desiderava vivamente che fosse fatto , ma non da me!); feci alcune ricerch e preliminari, anche in archivio; ma mi convinsi che sarebbe stata una storia povera di pensiero [...]. Pensai allora di tornare a una mia vecchia id ea: ampliare la mia nota sopra le Fanterie nel periodo comunale, trattare il seco lo XIV e la prima m età del XV, così da legarm i alla mia crisi militare del Rinascim ent0 e venire dunque a trattare tutta l'arte militare italiana nel basso Medio Evo101

Nello stesso periodo stabilì un contatto con la casa editrice Einaudi, presso la quale provò a pubblicare una raccolta dei s uoi saggi sul pensiero militare italiano, ottenendo un contratto alla fine dell'estate 1941, che poi non riuscì a completare, a causa delle v icende della guerra:

Al dott. Giulio Einaudi , Editore, Torino

Chiar.mo signore, grazie della gentile sua dell'8 luglio corr. Il tito lo del libro dovrebbe essere: L'arte militare moderna nell'interpretazione dei maggiori teorici italian i (Machjavelli, Montecuccoli, Palmi e ri , De Cristoforis). Titolo invero un po' lungo; ma a m e premerebbe di tracciare sopratutto le linee dell'arte militare moderna; i militari rifriggono pur sempre al vecch io manuale del Corsi, e un disegno dell ' arte militare moderna che tenga conto di quanto si è pubblicato specialm ente in Germarua, manca del tutto. Per questa ragione intenderei che la chiusa trattasse unicamente dei caratteri della guerra del 1914-18 e di quella attuale, in attesa che il grande teorico sp unti un bel giorno. Ma un sagg io che chiudesse coll'arte napoleoniche mi apparirerebbe orami incompleto. Mi propongo di esser pronto per la fine di ottob re. Va b ene quanto al compenso. Domani sera parto colla famiglia per Prato allo Stelvio (Bolzano) e vi resterò fino a metà settemb re. Gradisca i miei ringraziamenti e saluti cordia.li102

In questa fase rimasero imponanti i contatti con Croce, il quale incontrò volentieri Pieri durante un viaggio compiuto a Torino nel 19421 03 e al quale lo stori co militare continuò a chiedere consigli metodologici sullo sviluppo dei propri lavori:

Un profilo biografico
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Torino 29.4.1 942

Illustre e caro professore, la pregiata vostra del 22 aprile u.s. si è incrociata certamente col plico dei miei scritti sulla guerra italo-aus triaca del 1915 -1918. Trovo giustissimo ciò che dite riguardo a queste scelte più facili a persone estranee che agli autori stessi; perciò mi rimetto interamente al vostro giudizio , dato che ancora pens iate, dopo visti tutti gli articoli, che valga la pena pubblicarli e che si trovi la voglia di acquistare e leggere. Certo sarà bene sfrondare alquanto Anche a me pare molto opportuno aggiungere una recensione del libro del Bencivenga sul 1916; nella prossima settimana spero senz'altro di poterla fare. Va benissimo il titolo che Voi proponete, abbastanza breve e sintetico. Quanto al compenso , io sono molto ignorante in materia. Penserei che mi si desse il 15 o 20% sul prezzo di copertina, e un anticipo di mille lire. Va bene'? Ma del resto mi rimetto in tutto a voi104 •

Ancor più importante p erò fu il ruolo di Omodeo che restò il principale punto di riferimento di Pieri e che nella primavera 1942 lo mise in contatto con l'Istituto di studi di po li tica internazionale di Milano (ISPI) , presso cui Omodeo doveva dirigere una collana di studi, in cui voleva inserire anche la seconda edizione della Crisi militare1° 0 • In realtà, Pieri in precedenza aveva rifiutato l'offerta di Chabod di dirigere una collana di scrittori militari sempre per 1'ISPP06 , mentre pochi mesi dopo fu ben felice di accettare l'invito di Omodeo a collaborare con l'istituto milanese per la stessa collana, prospettando la pubblicazione di un volume che riunisse i suoi saggi e recensioni sulla prima guerra mondiale:

Torino 9 luglio 1942

Tllustre e caro professore, avrei voluto scrivervi da tempo, ma sono stato distratto da una gita a Modena per il mio Montecuccoli, poi dei mo lti esami del Mag istero, poi dalla sciagu ra piombata sulla famigl ia di mio cognato Enea Bortolotti, e infine dalle lauree. Ora finalmente stanco e collo spirito addo lorato, posso dedicarmi ad altre cose; ma il 12 luglio partiremo per Malè (Trento). Ho ricevuto le tremila li re d'anticipo del mio libro di saggi e recensioni riunite grazie alla benevo lenza e all'iniziativa vostre; e Vi ringrazio di cuore: esse sono state provvidenziali in questo momento d'angustia d'ogni genere per le famiglie rimaste colla vedova e cinque figli senza la preziosa guida e il sostegno del padre: e perciò vi devo ancora una volta ringraziare. I due artico li da aggiungere erano in lavoro e furono inter-

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rotti un mese fa. li riprenderò a Malè, insieme cogli schizzi. Non ho del resto avuto ancora bozze di stampa. n Dr. Laslini mi scrisse alla fine di maggio dicendomi che passava da Torino e che desiderava parlarmi. Io ero in partenza per Modena, e al ritorno, il 2 giugno. ebbi fra due tren i un breve colloquio con lui a Milano. Mi disse che voleva proprio che io assumessi la direzione d"una collana di storia militare. che il Duce e il Gen. Cavallero avevano sub ito approvato il mio nome, che non mi preoccupassi dello sme rcio di libr i . che lui disponeva di ou im i tradutto r i, che la collana avrebbe dovuto iniziarsi col volume dei miei quattro sagg i che dovevo svincolare dell"Einaudi ccc... [quelli sul pe nsiero militare italianol finii colraccettare. e mi spiegò entro il mese di giugno di presentargli un p iano. A metà giugno sollecitò tale piano, e io. distratto dalla morte di Enea Bortolotti avanti il 22 giugno, glielo mandai finalmente il 27 giugno [... ]1°7 •

La lettera conferma che il regime attuava un rigido controllo sulla memoria della guerra. ma probabilmente conducendolo senza una vera organizzazione. né una disciplina. Quindi Pieri poté sviluppare le sue ricerche della guerra patriottica100 el frattempo. la morte del cognato rappresentò un duro colpo e contribuì ad acuire le difficoltà che la guerra stava causando. Si era ormai nel tardo 1942; Torino, grande centro industriale, era un ob iettivo privilegiato de lle incursioni aeree alleate e Picri pagò, come il resto della popolazione cittadina. le conseguenze della guerra:

Torino 26.11.'42

Illu stre e caro professore. mi auguro che possiate aver avuto notizie buone del vostro bravo figliolo. Certo il momento è difficile e molta gente vive in ansia e in angoscia per rag ioni diverse. Torino il 18 e il 20 scorso ha subito due incursioni assai gravi: e Dio voglia che siano state le ultime! Noi abbiamo avuto roni i vetri sul Po; ci siamo raccolti nelle due stanze rimaste sane. Il 22 sera per prudenza mandammo i ragazzi e la domestica a Sangonctto. sopra Giaveno. a 42 km da Torino in una piccola baita d'uno nostro lontano parente: poi per due notti ci siamo andati noi pure. Ma io ho lauree fino al 10 dicembre; e gli ordini sono di far lezione come se nulla fosse; perciò sono ridisceso. Mia moglie non vuol lasciarmi solo, cd è di scesa anche lei. Così cc ne stiamo a Torino. e contiamo di fare delle scappate a Sangonetto se si presentano nuove minacce. Speriamo bene! Siamo del resto tutti calmi e sereni: ciò che importa è lo svo lgimento di tutti gli avvenimenti: Torino non è che un piccolo episodio ne ll a grande tragedia mondiale! [... poi>.

Un profilo biografico
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La situazione sarebbe peggiorata rapidamente in seguito agli avvenimenti dell'estate 1943. Da Pieri, il 25 luglio fu osservato mentre era in vacanza ìn Trentino, dove si recava quasi regolarmente dalla fine degli anni Venti . Alla notizia della caduta di Mussolini, scrisse a Croce queste parole, segno di una ritrovata, quanto illusoria, fiducia sulle prospettive del paese:

Illustre Senatore, in questi giorni in cui l'Italia, pur fra dolori e angoscie, ritrova finalmente la propria dignità e la propria via di salvezza, il mio pensiero ricorre a lei che per tanti anni salvò il decoro della coscienza italiana e fra tutti esempio di carattere di forza d'animo, faro di luce spirituale, incitamento e conforto a non disperare della patria e dei superiori valori dello spirito: Con i sens i de!Ja mia immutata devozione mi creda Dev. Mo, Obb.mo

Dimaro in Val di Sole (Irento)

27.7.1943.110

La situazione fu ben diversa. Con 1'8 settembre, l ' Italia restò spaccata in due: nel Centro -N ord la Repubblica Sociale Italiana (RSI), nuovamente sotto la guida di Mussolini e l'occupazione tedesca; nel Meridione il «Regno de l sud», sotto il controllo degli Al leati . Naturalmente, gli eventi del contesto generale si r ifletterono su Torino e di conseguenza anche su Pieri e la sua famiglia . In quel difficile periodo Pieri restò una figura d i riferimento per alcuni suoi allievi che furono costretti a nascondersi per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi di uomini da inviare in Germania, come Carlo P ischedda, che Pieri conobbe nel 1940 e che dopo la guerra sarebbe stato a lungo suo assistente111 • Questi subito dopo l ' armistizio si diede alla macchia per evitare la cattura, in quanto ufficiale dell'esercito:

23 settembre 1943

Chiari.mo Professore, f.. .] Vuol conoscere la mia vita'? Vivo in un paesetto, nei dintorni di Torino; sono rimasto senza danari e fortuna vuole che la famiglia della mia fidanzata si sia assunta l' i mpegno di mantenermi. Non esco quas i mai , per evitare cattivi incontri, perché sulle strade, di tanto in tanto, circolano gli ex alleati e hanno spiccata simpatia per gli elementi giovani che prelevano d ' urgenza. Sono ormai d iec i g iorni che vivo così, nascosto e legato; non sono più sceso in città, perché anche i treni sono controllati.

La vita e i tempi di Piero
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Cerco di studiare qualcosa, ma, sì. la mente divaga e non mi è possibile fare mollo. Qualcosa però, più di prima, riesco già a farla. e le letture mi sollevano ormai lo spirito.

Se ha tempo di scrivermi, indirizzi al solito albergo: io mando a ritirare ogn i due o tre giorni. r... J

Con omaggi devotissimi

Nel frattempo l'attività accademica proseguì. In quanto direttore della biblioteca della facoltà Pieri dov ette dirigere lo s follam ento a Fossano dell'istituto, vivendo quei piccoli disagi disorganizzativi che erano conseguenza di quella ben più ampia tragedia che era il conflitto, ma a cui eg li te ntò faticosamente di porre rimedio per ass icurare la continuità del servizio 11 : 1 •

Nel frattempo, Pieri si avvicinò alla Resistenza, fatto che avrebbe avuto notevole importanza per la sua esperienza umana e di studioso. I membri maschi della famig lia. i due figli e il cognato Sandro Bortolotti, che aveva raggiunto con moglie e figli Torino, s i legaro no a l Parti to d' Azione torinese. In particolare. il figlio minore Silvio. allora quindicenne, si occupava di distribuire materiale di propaganda tra gli operai delle fabbriche 114 • La scelta del Partito d 'Az ione non era un caso perché, proprio in Piemonte. l'azione annata degli azionisti fu sen tita sulla base di , motivi «nazionalistici-patriottici,., come guerra condotta co ntro lo straniero invasore e co n tro i traditor i fascisti 11 5 • Si trattava proprio di quel genere di richiamo politico dal quale Pieri era sem pre stato affascinato. Stando alla testimonianza di Fabio Bortolotti, lìglio di Sandro, i Pieri avrebb ero nascosto delle armi nella cald aia della loro abitazione sul Lungo Po Cadorna. In seguito, un inform atore avrebbe segnalato al RAP (Ragguppamento Anti,Partigiani) la presenza delle a rmi , causando l'irruzione nell'abitazione dello storico il 12 febbraio 1945 1 16 • Di quei momenti è rintracciabile tra la documentazione di Pie ri un vivido racconto scr itto in terza persona :

Il Prof. Piero Pieri con i figli Em ico, nato alla fine del 1926 e Silvio nato nel febbraio 1929. la sera del 12 febbraio 1945 ebbero la casa invasa e saccheggiata [ ...],e il mattino successivo furono tutti condoni in carcere alle Nuove sotto l'imputazione di detenzione d'arma, associaz ion e e propaganda sovversiva, mentre l'appartamento rimaneva in mano ai fascisti e veniva saccheggiato. In verità la loro opera di oppositori s·era limitata a relazioni con elementi della resistenza, alla raccolta di qualche arma

Un profilo biografico
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La vita e i rempi di Piero Pieri

per dei partigian i e soprattutto, da parte dei due giovani fig li oli, a qualche articolo stampato in giornaletti clandestini e in giri per informazioni e accordi presso clementi [illeggibile]

La detenzione si prolungò, per due mesi e mezzo fino alla liberazione il 27 aprile; il Prof. Pieri si trovò in cella con i due fig li e il cognato, la moglie invece. dell'età di 50 ann i, rimase sola nel reparto femminile. Numerosi furono gli interrogatori, diretti soprattutto a conoscere i nomi di compagni di fede e di lotta, ma su questo punto gli inquirenti non ottennero da nessuno degli arrestati alcuna notizia 117 •

Stando alla testimonianza di Fabio Bortolotti e di Gabriella Pieri , in carcere la famiglia subì un trattamento p iuttosto duro: Pieri. Bortolotti e i due figli furono tutti e quattro malmenati violentemente, il primo perse anche tre denti. Inoltre, per in durre il più giovane dei fig li, Sil vio, a confessare le imputazioni, la polizia gli avrebbe lasciato intendere che il fratello Enrico era morto. T\.ittavia . Silvio, per avere salva la vita, si limitò a fare i nomi di personaggi che non potevano essere danneggiati dalla sua confessione, in quanto già in carcere o fuggiti 118

L'arresto di Pieri causò l'intervento anche del rettore dell'Università. Azzo Azzi, il quale . pur essendo legato alla RSI, cercò di intercedere presso la prefettura per ottenerne il rilascio. pregando il prefetto di interessarsi dello «studioso che per le sue precarie condizioni di salute potrebbe risentire un grave danno da una prolungata detenzione»m . In realtà, Pieri rimase imputato per «associazione sovversiva e detenzione elusiva d'armi» presso il Tribunale speciale di Torino. senza che pe rò si procedesse con la sentenza, fino al 27 aprile 1 945, quando uscì di carcere in seguito agli eventi più generali della Liberazione120

I primi anni del secondo dopoguerra rappresentarono un secondo snodo fondamentale per la storia personale di Pieri. Subito dopo la Liberazione, il 16 maggio 1945. Pieri fu nominato preside:

Il Prof. Pic r i si dichiara lieto dì iniziare la seduta in una nuova aura di libertà, manda commosso un saluto a quami si sacrificarono cd operarono per affrettare il sospirato evento. esprime la sua certezza nella resurrezione della patria, alla quale l'università italiana contribuirà efficacemente e nobilmente. T colleghi si associano calorosamentc 121 •

Poco dopo però, a seguito di un decreto ministeriale (8 settembre 1945) rischiò di essere ritrasferiLo a Messina, perché il suo arrivo in Piemonte nel 1939 era stato effettuato d'ufficio dall'al lora ministro Bottai senza il voto della facoltà. rendendo la sua nomina soggetta ai primi tentati--

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vi di epuraz ione in atto nell'uruversità122 • La facoltà fece voti all'unanimità perché lo studioso rimanesse a Torino, il ministero fece marcia indietro e il 29 dicembre confermò la legittimità del trasferimento di Pieri a Torino12:1 Erano quelli gli anni dei tentativi, mai portati fino in fondo, di epurazione dell'università dai docenti che si erano compromessi con il fascismo124. Pieri come comprovato antifascista ebbe incarichi nella Commissione Universitaria d'Epurazione, nel Comitato di Liberazione Nazionale per la scuola e nel Senato accademico . Era molto attento al problema dell'epurazione e preoccupato dalla troppa morbidezza nelle esclusioni dall'università:

Le facoltà univers itarie tornano più che mai ad essere filofasciste e clericaloidi o mona rchiche: a Bologna si è resa vacante la cattedra del Simeoni (già sottoposto a giudiz io d'epuraz ione per aver scritto un artico lo filogermanico in una rivista del famigerato prof. Coppola; e poi assolto) ; c'erano due soli aspiranti: il Prof. Valeri e il Prof. Duprè Theseider, promossi ordinari proprio adesso. lo ho raccomandato caldamente il Valeri , che scientificamente mi pareva molto di più : è stato chiamato con 6 voti contro 5 i l Duprè, che ebbe d e ll e noie per il suo sfacciato filonazismo; in realtà era stata una lotta sorda dell'elemento clerico fascista capeggiato dai professori Bianchi (d i Tedesco) e Tonio lo , contro l'elemento democratico . Avendo io sc ritto al Prof. Solari: «Le Faco ltà nostre sono come prima o peggio di prima», lui mi ha risposto: «Hai ragi one; peggio d i prima; ma è meglio parlarne a voce!» La facoltà di lettere di Roma credo che al riguardo batta il record; è un miracolo che abbia chiamato con voto quasi unanime Guido De Ruggiero! C'è poi una brutta gara fra Comunisti e democristiani nell 'acca parrarsi i voti degli ex-fascist i Che Schifo!..125 •

Tuttavia, non gradì mai davvero i compiti istituzionali che gli furono assegnati e pur assolvendoli con la serietà che lo caratterizzava, li riteneva delle distrazioni dalla sua attività di studioso:

[...] la Presidenza s i è rivelata gravosissima, il problema dei nuovi locali e di tutta la scuo la da ricostruire, raccattando mobili e banchi, lottando per mesi con muratori, falegnami , fornitori, trattando pratiche di ex-partigiani, ex-internati, ex-combattenti oppure regolando e facendo esami su esami: facendo insomma tutto fuorché lo studioso126 •

P ieri era interessato soprattutto a completare i progetti che ormai si trascinavano da prima della guerra e che non era riuscito a portare a

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termine, a causa del sovrappors i di vicissitudini personali e professionali. Sintetizzando il suo programma di lavoro per il dopoguerra a Croce, delineava cinque progetti :

a) una storia dell'arte militare romana, di alta divulgazione, con qualche nota critica, indicazione delle fonti, e un po' di bibliografia ragionata in fondo;

b) la pubblicazione, con introduzione e note, del trattato della guerra del Montecuccoli , ampio lavoro giovanile, mai stampato in Italia e tradotto invece dal tedesco, d i sul manoscritto italiano, fin dal 1902: importante perché tratta soprattutto degli antecedenti della guerra , della politica, dei diversi fattori che determinano la formazione degli eserciti e la condotta de ll a guerra;

c) un volumetto, di 200 pagine circa, che raccolga i miei due saggi già editi sull"Arte della guerra' del Machiavelli e sulle 'Considerazioni critiche ecc.' del Palmieri , e le leghi con due saggi inediti, sul Montecuccoli e sul De Cristoforis, in modo da fornire una trattazione sintetica del problema dell a guerra visto dagli scrittori nostri più rappresentativi degl i ultimi quattro secoli e una breve storia, al tempo stesso dell'arte della guerra nei secoli XVI-XIX; d) un volume che raccolga il meg l io dei miei scritti sulla prin1a guerra mond iale, riveduti, collegati fra di loro; e) infine, la seconda edizione riveduta, con un capitolo rifatto sulla guerra franco-spagnola del 1502-03 nel Napoletano della mia crisi militare italiana del rinascimento127

A questi si sarebbe aggiunto in seguito anche il progetto, mai compl etato, di una storia dell'arte militare italiana dal 1150 al 14501 28 . In compenso, nel 1947 , dopo una gestazione di quasi sei anni, sarebbe us cita, presso l'editore Gheroni di Torino, il quale di solito stampava le dispense dei corsi del magistero, la raccolta di saggi sulla prima guerra mondiale129 . Mentre la seconda edizione del saggio sulla Crisi militare nel Rinascimento sarebbe uscito nel 1952 per l'Einaudi (e poi nuovamente nel 1970)130 • Infine, il previsto studio suJl'arte militare dal XVI al XIX secolo vide la luce nel 1955, presso 1' editore Ricciardi131 • Nel frattempo, la nuova aura di libertà che permeava il Paese incoraggiava l' ottimismo dello storico. Il risultato del referendum del 2 giugno 1946, che portò alla nascita della Repubblica, gli parve un'importante segno di maturazione e fiducia nel futuro del popolo italiano:

Io ho votato per la repubblica e per la concentrazione democratica repubblicana di Parri. L'ho fatto dopo lunga meditazione , conscio dell'importanza della decisione. Ritenevo ormai la monarchia per lo meno superflua , dopo la prova d ' asservimento al Regime dato dal 3 gennaio 1925 in poi (per non salire più oltre); ma la cognizione del suo conte-

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gno dopo il 25 luglio 1943 e il vederla farsi con tutte le forze reazionarie , mi ha spinto a votare risolutamente per la repubblicè\, Il modo come si sono svolte le elezioni mi ha infuso una certa 1 speranza e fede nella sanità intrinseca del popolo italiano, malgrado tanti anni di diseducazione demagogica e dittatoriale. Certo i compiti della nuova repubblica sono tremendi e l'iniquo trattamento fattoci dai quattro rende semp re più difficile il consolidarsi d ' una democrazia in Italia; penso non bisogna perdere l'ultima scintilla di ottimismo, indi spensabile per affrontare i problemi dell'avvenire132 !

L'impressione positiva fu confermata dalle elez ioni politiche dell'aprile 1948, con cui, al di là dei risultati elettorali, il Paese s'era «dimostrato degno di un destino migliore, disciplinato, ser io, educato: io che odio la retorica gaglioffa oggi di moda non esiterei a dire che ha mantenuto un contegno esemplare»133 •

La fine della guerra significò anche la ripresa dei contatti con le personalità rilevanti della vita di Pieri , a cominciare da Croce e Omodeo. Quest'ultimo aveva avuto un ruolo sempre crescente nella attività dello storico militare, soprattutto dopo che, nel corso del 1943, l'ISPI si dimostrò inadempiente nei confronti degli obblighi contrattuali riguardanti la pubblicazione dei suoi lavori. Inoltre, mentre era in tipografia per la stampa , la bozza del volume che avrebbe dovuto riunire le recensioni riguardanti la prima guerra mondiale, fu distrutta da un bombardamento aereo su Varese (4 aprile 1944) e Pieri poté salvare solo una copia delle bozze scampate al disastro 13 4. Riprendendo il progetto, nel dopoguerra, Omodeo ebbe dall'editore Arnoldo Mondadori il compito di dirigere una «collana storica». Lo studioso propose di rilevare dall'ISPI i diritti per pubblicare sia la Crisi militare italiana del Rinascimento sia il volume sulla Grande guerra di Pieri:

Fin dal 1943 era stato lasciato all'lspi il volume di Piero Pieri sulla guerra del 1914-1918: esso è tutto composto (no). Perché non rilevarlo e lanciarlo senz ' altro? È uno dei più seri lavori di storia mil itare che si abbiano in Italia. Consiglio vivamente di rilevarlo per non disperdere il cenacolo di collaboratori che mi son creato attorno135

In realtà, la Mondadori acquisì i solo diritti per la Crisi militare del Rinascimento, per la quale Pieri ricevette anche un piccolo anticipo di 130 lire1 36 . Per quello sulla Grande guerra invece sorsero delle difficoltà e la casa editrice milanese preferì rinunciare:

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Quanto al volume del Pieri sulla guerra 1914-18 , non ignoro che esso è composto e da parecchio tempo. Ma appunto le pretese dell'ISPI che subordinando la cessione dei diritti d 'a utore al rilievo della composizione, mi impediscono di assicurare quest 'opera alla biblioteca storica: valgono infatti, al riguardo le stesse considerazioni fatte a proposito del manuale del Pace. Quella composizione a noi non serve 13 7 •

La morte di Omodeo nell'aprile 1946 fece cadere i contatti di Pieri con la Mondadori, la quale non avrebbe mai pubblicato nessuno dei due testi. Nel contempo, il fatto che Omodeo si era speso enormemente per Pieri , oltre alla stima intellettuale che ne aveva, fece in modo che la sua perdita fosse vissuta con particolare dolore. Scrivendone a Croce poco dopo, Pieri si esprimeva in questi t ermini:

(. . .] .Mi ha grandemente addolorato la perdita di Adolfo Omodco. Gli ero profondamento grato della benevolenza a me sempre dimostrata e ammiravo moltissimo le s ue altissime doti di carattere e di uomo di srudi. Dietro richiesta di Gino Luzzatto, ne ho fatto il necrologio per la Nuova rivista storica.

Termino questa mia lett.era troppo lunga, prego che me lo vorrà perdonare: è una giustificazione e anche uno s fogo. Voglia mantenermi la s ua anelata benevolenza e credermi con immutata profonda devozione s uo Dev.mo, Obbl.1110

Piero Pieri

Torino 31-5-1946138

Negli stessi anni aumentò anche il distacco da Croce, rispetto al quale Pieri era su posizioni politiche sempre più distanti, perché ormai andava legandosi all ' ambiente azionista e progressista. Viceversa , il filosofo napoletano andava chiudendosi sempre maggiormente nel s uo conservatorismo, anche se di matrice liberale, cosa che lo portò ad esempio a sostenere la monarchia nel referendum del 1946139 • Ai primi del 1947 si arrivò ad una vera e propria rottura tra i due , specie in virtù d egli attacchi condotti da Croce contro Salvemini:

To rino 23.1.47

[... ] Mi ha scritto l'amico Porzio, in data 23 dicembre 1946: ~Non son molti giorni da che La Patria, fogl i o liberale di Firenze , ha pubblicato

La vita e i tempi di
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un articolo del Croce pieno d'ingiurie contro il Salvemini. È uno sfogo atrabiliare del filosofo per trar vendetta di una pubblicazione collettiva statunitense contro il filosofo della libertà assoluta. Assoluta'? Perché'? Comprende a meraviglia la servitù quasi asso lu ta, non la libertà'?! Tutta la legislazione antica e moderna rappresenta la camicia di forza messa alla libertà. Non capisco poi che i l Croce, così pieno di aneliti soavi per la Dulcinea Libertà , non abb ia pensato a gettare dalla finestra la livrea di ministro quando (consule Giolitti e Croce seduto sulle cose dell'istruzione) l ' Italia era deliziata dall'olio di ricino e dalle spedizioni punitive».

E mi ha scritto il Ciasca, in data 4 gennaio 1947; da Roma ~vedo talvolta Croce che qui cap ita spesso. Ma egli è diventato uno dei padreterni impossibili; e il tono assunto nella polemica col Salv. è davvero deplorevole» 14-0.

Inoltre, secondo Fieri, il grande intellettuale napoletano ormai aveva completamente perso il contatto con la difficile realtà del dopoguerra:

Confesso che dopo quello scritto del Croce così iracondo , mi sono sentito un gelo addosso; e mentre per Natale ero solito scrivergli una lettera, mi sono limitato al biglietto da visita cogli auguri. Fra l'altro è proprio fuori dalla realtà e non ha almna idea che la gente oggi stenta e soffre. Alla fine d'ottobre, quando venne a Torino, io gli dissi che era un peccato che gli scritti del Blanch, da lui curati , in tre volunù costassero duemila lire. Lui rispose: 'È un'osservazione che mi hanno già fatto altri. Ma basta che uno rinunzi ad andare due o tre volte al cinematografo e ha già le duem il a lir e!'

In realtà oggi in casa nostra si tira avanti passabilmente perché siamo in due a guadagnare, io ho un incarico e faccio le dispense e ho molte propine d ' esame, e il mio figliolo maggiore si paga tasse e libri e dispense coi suoi piccoli guadagni di radiotecnico 14 1 •

Da questo momento i rapporti con Croce persero di importanza, ma in un certo senso non poteva essere diversamente, perché con la fine della guerra Fieri poté finalmente ristabilire il contatto con Salvemini, interrotto quasi venti anni prima.

Fu un ritorno fondamentale, perché contribuì a far inserire Pieri all'interno del paradigma politico e storiografico antifascista che divenne dominante nel secondo dopoguerra. Non è un caso che appena furono ristabilite le comunicazioni con gli Stati Uniti, Pieri scrisse una lunghissima lettera a Salvemini:

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Torino 24.7.1945

Illustre Professore e Maestro, ho potuto oggi avere il suo indirizzo e mi accingo a riprendere la corrispondenza dopo una dolorosa ventennale interruzione. Non se questa mia le giungerà; mi auguro che lei serbi un non cattivo ricordo di me, così come io L'ho sempre ricordata, sentendo viva la sua mancanza nel campo scientifico e in quello spirituale e politico: di ciò mia moglie e i miei figli possono essere testimoni, prima d'ogni altro. Mi auguravo di cuore di poterla rivedere in Italia, al temine di questa lunga, sciagurata parentesi: ho letto la sua lettera al Partito d'Azione di Molfetta, e ho compreso che la cosa sarà difficile. Comprendo i motivi che la sp ingono a restare in America; ma la cosa mi addo lora egualmente142 • Ora c'è un'Italia da rifar e; compito tremendo. Sono coi figlioli nel Partito d'Azione, ma in realtà rifuggo dalla politica militante. La diagnosi del male nostro è tuttora queUa da Lei enunciata alla pagina XXX del suo libro : Dal patto di Londra alla Pace di Roma; 'quella piccola borghesia intellettuale, nella cui sovrabbondanza numerica, e miseria economica, intellettuale e morale, e inquietudine famelica , si deve ricercare una fra le cause più gravi e men correggibili del nostro malessere sociale e delle nostra crisi politiche'. Diagnosi che parve fin da allora così esatta a Giustino Fortunato!. [ ] Ho potuto avere da un mio assistente molte copie della voce repubblicana, con suoi scritti, e il numero di l'Italia libera di New York del 16-4-1945. Ho letto tutto col più vivo interesse, a volte con commozione. Perdoni questa mia troppo lung a : Lei ha salvato il decoro dell'Italia in varie circostanze e gliene dobbiamo essere gratissimi. Mi creda con molto affetto . Suo dev.mo obb.mo

Piero Pieri143

Salvemini gli rispose poco dopo, con una lettera emblematica del legame che sarebbe stato ricostruito tra i due nel secondo dopoguerra:

Carissimo Pieri,

[...1Questi 20 anni, caro il mio figliolo, debbono essere stati ben terribili per voi che riman evate in Italia . Per me non sono stati cattivi. In fondo noi che fummo costretti a venircene all'estero per non andare in galera o per non essere ammazzati, avemmo la parte meno difficile della lotta contro il fascismo. [...]

Lessi, quando fu pubblicato, il tuo libro sulla crisi militare italiana nel Rinascimento e mi piacque assai. Dovrebbe rimanere come un'opera fondamentale perché aiuta chi voglia comprendere l'Italia del secolo XV senza ripetere le vecchie storielle messe in circolazione dal gran Machiavelli, nel quale il patriottismo oscurò la mente come pare sia destino del patriottismo con tutti gli uomini anche di genio. Degli altri scritti di cui

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tu mi parli non ho avuto notizie. Mi piacerebbe assai leggere il cuo opuscolo sull'arte della seta a Firenze. La tua recensione di Ottocar nell'archivio storico italiano. Il libro sul regno di Napoli dal luglio 1799 al marzo 1806 lo farò acquistare dalla biblioteca di Harvard. Sono ben contento di sapere che tu e i tuoi figlioli s iete nel Partito d ' Azione, dopo le tragiche esperienze che avete dovuto attraversare specialmente in questi due anni.

Io non so se il Partito d'Azione abbia davanti a sé un avvenire, data la eterogeneità degli elementi che lo compongono. Mi sembra che esso, tenendosi distinto dal partito repubblicano, tolga a questo partito molti elementi di prim ' ordine che gli sarebbero utilissimo a rinnovarlo, e per contro minacciano di rimanere senza quella forza che viene da un largo seguito e da una tradizione144

Emerse subito quella connessione tra politica e storia che avrebbe legato i due studiosi per i successivi dodici anni, fino alla scomparsa di Salvemini. Pi e ri fu tra i primi ad accoglierlo al suo rientro in Italia, avvenuto nell'estate del 1947:

Illustre e caro Professore e maestro, con vera gioia ho ricevuto il 26 giugno u.s. la notizia del suo arrivo a Torino il 25 luglio. Poche ore dopo una telefonata di Augusto Monti mi chiedeva notizie precise a1 riguardo, e io fui ben contento di comunicarglielo. Ancora pare impo ss ibile non lo conosco di persona, e avrà occas ion e fra due o tre giorni di colmare questa mia brutta lacuna. [ ] Mi rallegra dunque tanto tanto il pensiero di rivederLa presto Spero di non essere stato del tutto indegno del mio Maestro. Ossequi sentitissimi alla sua signora 14s _

Dopo essersi incontrati a Torino, il legame tra i due mutò , tanto che Pieri cominciò a rivolgersi al maestro dandogli del «tu» e iniziando la corrispondenza con «Ca ro Salvemini», invece della formula «Illustre e caro Maestro» utilizzata precedentemente.

La ricerca ha sottolineato come tra i valori fondanti della Resistenza ci fu una generale ripresa del patriottismo liberale e democratico del Risorgimento, che per larga parte degli intellettuali antifascisti più moderati costituì il punto di riferimento della propria opposizione politica al fascismo, anche al momento della Resistenza armata. In particolare, Salvemini, sempre influente su Pieri, riteneva che il «secondo Risorgimento» rappresentasse un ' ulteriore maturazione nello svi luppo storico nazionale, soprattutto con la partecipazione alla Re sistenza dei contadini, che d i fatto segnava la maturazione di una nazione italiana, che non

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es isteva più solo nelle aspirazioni di una minoranza intellettuale. Molti di questi intellettuali poi sarebbero confluiti nell'esperienza del Partito d ' Azione di Ferruccio Parri, a cu i Pieri diede il suo sostegno, che nelle s ue fila raccoglieva, tra gli altri, esponenti come Ugo La Malfa, Vittorio Foa, Ernesto Rossi146• Tuttavia, l'esperienza del Partito d'Azione fu molto breve e Pieri se ne staccò rapidamente:

Politicamente io sono stato col partito d'azione durante la lotta clandestina, poi me ne sono staccato e ho dichjarato di non voler appartenere a nessun partito; spiritu~lmente, in questo momento, quello al quale mi sento più vicino è il partito repubblicano: bisognerebbe vederlo col peso del governo per giudicarlo147 •

In seguito, a metà degli anni Cinquanta, lo storico sarebbe confluito nel Partito radica le, éntrando anche nel consiglio direttivo della sezione di Torino, sempre su incoraggiamento di Salvemini:

Io credo che tu potrai fare molto bene nel consiglio direttivo nella sezione torinese del partito radicale. Purché vi mettiate tutti in testa che non è il caso di illudersi di ottenere vittorie elettoral i immediate, e di mettersi a pasticciare delle combinazioni per ottenere quelle vittorie148 .

Inoltre, sempre in quegli anni, Pieri aderì anche al Movimento Federalista Europeo149 • Lo studioso però non si sarebbe mai trasformato in una figura pienamente politica, i suoi interventi pubblici furono limitati e spesso inerenti a temi che lo toccavano da vicino, come l'istruzione pubblica :

Carissimo Salvemini , mi sono liberato delle noje delle elezioni [ ...]. Mi avevano poi assicurato che non avrei dovuto fare discorsi in piazza, e invece ho finito col doverne fare due , che in verità non sono andati male, sebbene con pochissimo pubblico 150 •

Inoltre, come egli stesso ammise, il partito restò un organismo troppo piccolo per esercitare una qualunque influenza politica, nonostante la bontà dei personaggi che ne facevano parte:

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In crisi vedo anche il partito radicale. Per la mia esperienza torinese, devo dire che si tratta di brava gente, onesta, in buona fede, ma non ha seguito: un partito deve legarsi a grandi interessi, altrimenti non ha seguaci; e se si lega a grandi interessi si corrompe: triste circolo vizioso, sta di fatto che questo anno le iscrizioni. già scarse. non sono aumentate per nulla, anzi molti non le hanno rinnovate151 •

La connessione al mondo democratico e antifascista però fu fondamentale la sua fase finale dell'evoluzione intellettuale dello studioso: si pensi al riguardo alla frequentazione di personaggi come Alessandro Galante Garrone. che sarebbe diventato amico soprattutto del figlio Silvio, che in seguito avrebbe intrapreso la carriera di magistrato152 •

Importanti furono anche le relazioni con Piero Calamandrei e Giorgio

Spini153 : col primo in particolare Pieri ebbe pure ebbe una piccola corrispondenza, entrando in confidenza nei primi anni Cinquanta 164 •

L'interesse di Pieri verso Calamandrei era mosso anche dalla stima nei confronti della rivista «U Ponte», fondata nel 1945 proprio dallo studioso toscano e aperta con un manifesto programmatico di difesa dei valori democratici e antifascisti della nuova Italia repubblicana. configurandosi come una sorta di «cenacolo degli azionisti»1 55 Lo storico militare espresse più volte il proprio apprezzamento personale a Calamandrei per il lavoro svolto dalla rivista, la quale accolse anche recensioni dei libri di Pieri:

Illustre Profes so re.

La ri11grazio sentitamente della tanto benevola accoglienza, fatta al mio scritto cosa che ha fatto molto piacere anche al Salvemini. TI ~Ponte» oggi è. per giudizio unanime. la migliore rivista di cultura italiana, e una delle pochissime davvero animate da liberi sensi. Grazie anche delle sue gentili espressioni nei riguardi della mia prossima recensione al libro postumo del Cadorna , la quale è parsa opportuna a più d'uno. Mi permetta d'inviarle in omaggio una copia della mia raccolta d'analisi critiche sulla prima guerra mondiale. non già per opprin1crla in mezzo a tanto suo lavoro. ma perché dalle conclusioni di qualche capitolo Ella possa nuovamente vedere come certi problemi sono stati ampiamente di scussi e risolti; cd è mala fede tornarvi sopra oggi con dei luoghi comuni e fingendo di ignorare quanto al riguardo è stato assodato. Di nuovo grazie, e con sentiti ossequi mi creda, dev.Mo. Obbl.mo

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Pi e ro Picri156

Fu attraverso questa rete di contatti che Pieri si avvicinò all'Istituto Nazio nale per lo Studio del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI) , fondato da Parri nell'aprile 1949, per preservare la memoria e preparare lo studio scientifico della Resistenza157 La collaborazione, cominciata nel 1949 , avrebbe portato Pi eri in contatto con alcuni dei maggiori storici del periodo, come Enzo Collotti:

Sul prossimo numero del movimento di Liberazione in I talia apparirà una nota polemica abbastanza lung a a proposito del libro del Coceani: Mussolini, Hitler e Tito alla frontiera orientale d ' Italia. Il libro fu già stroncato sul Ponte dal Prof. Colletti, e diede origine a una polemica; il C. poi mi pregò di intervenire sul Movimento di Liberazione. L'ho fatto, ma la cosa mi è costata fatica: il problema era arduo. Siccome il repubblichino Coceani parla di te e dello Sforza come dei capi «del più caparbio rinunciatarismo», mi sono sentito in dovere di chiarire quello che fu il tuo apostolato, di fronte a tante carogne in mala fede, che ancora adesso fanno gli oltracotanti158 !

L' Istituto ebbe come scopo quello di promuovere la ricerca sul fenomeno della Resistenza in Italia, alla quale Pieri avrebbe dedicato una parte delle proprie ricerche negli ultimi due decenni della sua carriera e su cui diremo di più nella seconda parte del volume .

Nel contempo, lo stesso Parri si era interessato attivamente alle questio ni militari sin dal primo dopoguerra, come parte dei suoi progetti politici per una «democrazia dei combattenti», a cui associò anche quelli di una riforma militare159 • Nel dopoguerra, perciò si adoperò attivamente per favorire le ricerche storiche relative al ruolo delle forze armate; si pensi ad esempio al supporto che Parri fornì a Giorgio Rochat, per il suo vo lume sull'esercito nel primo dopoguerra160 • Ancor prima, aiutò proprio Pieri, cercando finanziamenti per la sua attività:

Alla Presiden·za del Consiglio dei Ministri, Roma

Mi onoro comunicare che l'Istituto di Stato O landese per la documentazione storica della guerra ha invitato il nostro istituto a panecipare con una relazione al Primo Congresso Storico della Seconda Guerra Mondiale, che avrà luogo ad Amsterdam dal 5 al 9 settembre, come risulta dagli inviti e dal programma allegati. La relazione che il nostro delegato terrà sulle ricerche storiografiche svolte in Italia , sarà il solo intervento ufficiale richiesto dalla segreteria del congre sso a rappresentanti del nostro pat-'Se. Comunque dato l'alto interesse rappresentato in particolare dall e relazioni di storia militare, è stata cura dell'Istituto sollecitare da Amsterdam l'invito di un rappresentate dell'Ufficio storico dello SM.

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In considerazione dell'importanza internazionale del congresso e della- necessità di intervenirvi possibilmente anche con un secondo nostro rapp resentate (il prof. Piero Pieri dell'Università d i Torino, specializzato in St oria militare) e in considerazione dell'opportunità di aderire alrinvito pervenuto dal Comm. Emilio Re, Ispettore Generale degli archivi di stato, di inviare lo stesso nostro delegat0 al congresso internazionale degli Archivi. che avrà luogo a Parigi negli ultimi giorni di agosto. prego l'Onorevole presidenza del consiglio di voler benevolmente aiutare ristituto in questi suoi lavori, fornendogli i mezzi per inviare suoi d e legati a i suddetti Congressi internazionali. Ritengo necessaria allo scopo una somma di L. 200.000. Fiducioso nell'accoglimento della richiesta mi è grato porgere i miei ossequi1 61 •

In serito in questa rete di conoscenze e contatti, Pieri non poteva che aderire. come maturazione dei suoi valori di interventista democratico, a l paradigma storio grafico antifascista secondo cui lo sviluppo storico dell'Italia era caratterizzato da una progressiva m aturazione verso la democrazia , interrotta da quell'errore che era stato il fascismo. Questa visione costituì il filo conduttore degli anni finalmente liberi della Repubblica, portandolo a completare la prop r ia analisi della Grande Guerra come i( quarta guerra d' indipendenza» e ad allargare i propri studi al Risorgimento e alla Resistenza.

Da questa maturazione sarebbero emerse le opere più imp ortanti della fase finale della sua carriera: nel 1 960, L'Italia nella prima guerra mondiale» pubblicata nella Storia d'Italia di Nino Valcri. uscita per la casa editrice Utct e poi ripubblica ta nel 1965 per l'Einaudi 162 ; nel 1962. la Storia militare del Risorgimento, frutto di un lavoro col11Ì!1ciato nel 19531 6.1 : gli studi sulla R esiste nza, a cominciare dal saggio E possibile la storia di avvenimenti molto recenti?. pubblicato dalla rivista i<Il Movimento di Liberazione in Italia» ne l 1953 164 •

Si può osservare come gli ultimi vo lumi di Pi eri uscisse ro presso editori importanti come la Utet e l'Einaudi, segno che ormai era uno studioso affermato, essendo diventato il punto di riferimento per la storia militare italiana. I noltre, presso la casa editrice Einaudi, Pieri poteva contare sul sostegno di Delio Cantimori, con il quale aveva intrattenuto rapporti di natura professionale dopo che lo s tudioso emiliano gli successe alla Facoltà di Magistero di Messina n el 1939:

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Torino 20.12.'39 XVIII

Caro Cantimori, grazie vivissime della tua gentile cartolina dal delicato pensiero. Sono l ieto di sapere la mia vecchia cattedra è in ottime mani, e sono certo che anche tu ti troverai bene, tanto più non avendo avuto ,' come me, le noie infinite della presidenza. Qui si [illegibilel e si osserva il calendario scolastico. Ma poco male! A Torino mi trovo benissimo; solo mi duole non avere la famig lia con me fino a giugno. Coi migliori auguri tuo

Piero Pieri1 65

Sebbene i rapporti tra i due fossero sempre cordiali, dalla corrispondenza non emerge comunque particolare intimità, ma i due ebbero comunque stretti contatti e furono in confidenza, tanto che forse fu a causa di Pieri che Cantimori nel 1956 fece uscire il suo volume sui giacobinj italiani con la Laterza piuttosto che con l'Einaudi:

Carissimo Pieri.

il Prof. Cantimori. di passaggio a Torino, m i ha (diciamo così) accusato di aver suggerito o imposto a te la soprressione di molte note del tuo volume sul Risorgimento; al Ciampini la soppressione di pane delle note e delle appendici al suo Vicusseux (mentre appendici non ce n'erano , e nessuna - dico nessuna nota fu soppressa). Il che avrebbe nuociutosecondo lui - alla rispettabilità della nostra casa editrice, contribuendo a divulgare la credenza che noi imponiamo tagli specie all'apparato critico, e indotto un giovane studioso ad affidare un suo ottimo recente lavoro ad un altro editore.

Ora, io non intendo far diatribe o pettegolezzi. Ma, trattandosi di questione che coinvolge le mie responsabilità di consulente editoriale, ti sarò grato se vorrai scrivere a me o a Cantimori poche righe che valgano a ristabilire la verità dei fatti.

E cioè che io non ti ho dato né consigli né suggerimento di alcun genere per la nuova edizione del tuo libro che incidessero sulla sua struttura e, tanto meno, sul suo apparato critico. Non mc lo sarei mai permesso. Che se discorrendone con l ' amico Pischedda ho espresso un giorno l'augurio che venisse dato maggior sviluppo, nelle nuova edizione, alla parte economico-sociale e fosse alleggerita qua e là qualche nota, si trattava dell'espressione d'un mio pensiero personale: non d'una direttiva della casa editrice che possa averti comunque vincolato nel tuo lavoro 166 •

L'incidente in realtà fu chiuso poco dopo e Pieri negò di aver influito su Cantimori in tal senso 16 7 • Negli anni successivi, Cantimori avrebbe fatto parte del comitato editoriale dell'Einaudi, dando la sua personale

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approvazione alla pubblicazione dei lavori di Pieri168• Inoltre. a panire dalla fine degli anni Cinquanta, l'editore si servì rego larmente delle consulenze di Pieri per decidere le pubblicazioni di libri sulle due guerre mondiali e suJ Risorgimento 169 • Nel frattempo. anche la fama internazionale di Pieri andò crescendo, specie in seguito alle numerose partecipazioni a convegni di grande rilevanza: nel 1950 a Parigi, al Congresso internazionale di scienze storiche; lo stesso anno ad Amsterdam per il Congresso sulla storia della seconda guerra mondiale, per cui la partecipazione di Pieri fu appoggiata da Ferruccio Parri come abbiamo osservato; nel 1952 al Congresso storico di Saragozza; nel 1958 a quello dell'Association des universités européennes a Bruxelles; nel 1960 al Congresso storico di Stoccolma 170 • Inoltre, dalr estero arrivarono importanti richieste di collaborazione:

Il Prof. Hahlweg. libero docente all'università di Miinster in Westfalia, e autore della pregevolissima introduzione alla 16° ed. del Vom Kriege di Clausewitz, prepara oggi un grosso volume sopra i teorici militari di tutò i tempi e di tutti i paesi; dall'anòchicà in poi, fino a Liddell Hart. Con lettera molto gentile mi ha invitato a curare io il Machiavelli e il Montecuccoli. Credo che in questo caso finirò con raccettare1 71 •

Da questa richiesta sarebbero scaturiti due saggi su Machiavelli e Montec:uccoli. pubblicati in Germania nel 1960 1 72 • Altro esempio di questa apertura internazionale fu la partecipazione di Picri a una storia collettanea della Grande guerra per la casa editrice americana Praeger. pubblicata nel 1964, cli cui egli scrisse le pagine relative al fronte italiano17:i. Più rilevante di tutti però forse fu la pubblicazione della lezione Sur le dimensions de l'Histoire militaire, tenuta all'École dcs hautes études di Parigi (17 maggio 1962), sulla celebre rivista «Annales», ali' epoca diretta da Fernand Braudclm.

La sua fama gli permise anche di svolgere le funzioni di divulgatore sulla stampa. in radio e in televisione. Da questa collaborazione venne la sua curatela di un volume monografico del 1955 della rivista «Torino» dedicato alla Resistcnza176 , oppure numerosi articoli apparsi sulla stampa nazionale dedicati ai suoi temi di ricerca 176 • Negli anni Sessanta panecipò ad un ciclo di conversazioni radiofoniche sul tema TI·ent'a11ni di storia politica italiana (1915-1945). assieme ad altri importanti studiosi ed esponenti politici (tra gli altri Leo Valiani, Norberto Bobbio, Gabriele Dc Rosa, Livio Antonic:elli . Altiero Spinelli e Renzo Dc Felice).

A Pieri furono affidate le puntate sugli Aspetti politici e militari della prima guerra mondiale e, nella sezione dedicata al 1940-1945, sulla con-

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elusione dell'armjstizio 177 • Mentre, per l'attività televisiva, è da segnalare la partecipazione, nel 1967, ad una tavola rotonda sul primo canale, in una trasmissione sulla battaglia di Caporetto diretta da Hombert Bianchi178. Da questa collaborazione, scaturì anche un volume di divulgazione sulla storia generale della prima guerra mondiale, pubblicato dalla casa editrice della Rai 179 • Nel 1952-1953 fu consulente storico per la realizzazione del film La pattuglia sperduta, per la regia di Piero Nelli, pro dotto dalla Vides di Franco Castaldi e uscito nel 1954. Il film riproduceva le vicende di un reparto dell 'esercito piemontese sbandato dopo le sconfitte del 1849, mentre cercava di ricongiungersi con il grosso dell'esercito ormai in ritirata. Il film, inserito nel filone del neorealismo italia no, che uscì dagli schemi dell'interpretazione tradizionale del Risorgi mento, avrebbe posto da un lato la tematica della separazione tra la guerra del 1848 e gli strati popolari (un tema che vedremo tornare nel lavoro di Pieri sul Ri sorgimento) e dall'altro rilanciava il messaggio di una unità necessaria, con i protagonisti provenienti da tutta la penisola e consapevoli della necessità dell'unificazione180 .

Dal 1958 al 1968 , il decennio finale della sua carriera, Pieri mantenne ininterrottamente la carica di Preside della Facoltà di Magistero. Dal novembre 1963 fu collocato fuori ruolo, fatto che gli consentì di alleggerire la sua attività di ins egnamento, dedicandosi prevalentemente a corsi di metodologia della ricerca storica. Lasciò definitivamente l'Un iversità il 1 ° novembre 1968, per i raggiunti limiti di età, ricevendo anche il titolo di professore emerito dal presidente della Repubblica Saragat alla fine del 1969181 •

Durante gli anni finali della sua carriera, Pieri potè contare sul supporto del suo assistente di sempre, Pischedda, al quale nel 1964 fece assegnare la direzione del neocostituito Istituto di storia della facoltà1 82 • Nel 1954, Pieri fece nominare suo assistente volontario Raimondo Luraghi (1921-2012), poi libero docente dal 1963, del quale appoggiò gli studi, inizialmente concentrati sulla Resistenza e in seguito sulla guerra civile americana183 Tuttavia, la relazione accademica più importante che maturò fu quella con Giorgio Rochat. Quest'ultimo nel 1957 era in procinto di completare i suoi studi all'Università di Pavia, quando conobbe Pieri, a cui chiese consiglio per la redazione della propria tesi di laurea sulla Grande guerra. Da allora i due si frequentarono per tutti gli anni Sessanta, con Pieri che si dimostrò di una «dispon ibWtà e generosità straordinaria, andavo da lui [a Torino] e stavo tre ore, quattro ore a chiacchierare, etc [...] abbiamo parlato tantissimo, andavo da lui tre-quattro volte l'anno [... ]>t184 •

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Il rapporto con Rochat fu fondamentale per la redazione dell'ultimo lavoro di P ieri: la biografia di Pietro Badoglio. Riguardo questo lavoro, Pieri cominciò a occuparsene almeno dalla p ri ma metà degli anni Sessanta, stabilendo a riguardo un' importante corrispondenza con Ruggiero Zangrandi e Giacomo Carboni. Il primo, come è noto, fu autore di una serie di volumi in cui ricostruì polemicamente gli eventi tra il 25 luglio e 1'8 settembre 1943, mentre Carboni fu comandante del Servizio Informazioni Militari (SIM) nell'estate 1943 e delle truppe poste a difesa della capitale nei giorni dell'8 settembre185•

La Utet cominciò a premere per avere una biografia su Badoglio almeno dal 1960186 e da una lettera da Carboni di quattro anni dopo si deduce che Fieri aveva già cominciato a lavorarci, in quanto il generale gli scriveva: «[ . . .] Mi duole del tempo sottratto ai tuo i ber\ più seri impegni, ma voglio sperare che anche questa polemica possa servirti per il tuo «Badoglio>t che, ora diviene semp re più atteso . Ti abbraccio tuo Giacomo Carboni>t 187 •

In realtà, Pieri fece molta fatica a completare il volume, anche perché, alla fine degli anni Sessanta, si avvic inava ai settantacinque anni e la sua capacità d i lavoro era molto ridotta . Il volume sarebbe dovuto uscire per la collana delle grandi biografie della Utet, all'epoca diretta da Nicola 'Iranfaglia, il quale, con l'accordo di Pieri, decise di chiedere la collaborazione di Rochat per completare il lavoro. Stando alla testimonianza di quest'ultin10, Fieri:

[...] mi passò non ricordo quante centina ia di pagine dattiloscritti. aveva lui rielaborato e raccolto tutte le cose possibili e aveva poi scritto un testo [ . ] un testo, che non arrivava a Caporetto, di 600 o 700 pagine. Io gli proposi quello che ho fatto e lui mi diede carta bianca [ ]. Io presi questo testo , lo ridussi drasticamente[ ) feci anche io le note, non è che l'ho scritto io, ho utilizzato tutto il suo enorme materiale per rimettere a posto quello che lui non riusciva più a chiudere sulla prima guerra mondiale188

Tra i due comunque ci fu «pieno accordo>t sulla struttura del lavoro che fu in sostanza diviso in una prima parte a nome di Pieri, riguardante gli anni fino al 1918, e una seconda, interamente scritta da Rochat, sul resto della vita di Badoglio. Il testo uscì poi nel 1973, consumando un ideale passaggio del testimone tra il più importante storico della prima generazione di storici militari accademici italiani e il più importante della seconda1 89

Il senso di fatica nel completare il suo ultimo lavoro rifletteva anche il più generale scollamento di Pieri dalla vita accademica, che si andò

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consumando negli anni finali della sua carriera. Intrinsecamente legato ad una visione «tradizionale» dell'Università, quella in cui era cresciuto, si trovò ad affrontare l'ondata delle proteste del movimento studentesco cominciate nel 1967. A riguardo la posizione di Pieri fu piuttosto netta e nel corso di una riunione del consiglio di facoltà, seguita alle occupazioni, sostenne che le agitazioni costituivano un vero e proprio attacco ali 'istituzione:

Sento che Dc Bartolomeis esalta la libertà. Che cosa rispondergli? ' Libertà, libertà, quanti delitti in tuo nome' Una cosa che ha avuto di buono quest'agitazione per tanti rispetti deplorevole , in quanto, come ha osservato il Preside della faco l tà di lettere e filosofia , ha obbligato i professori a prendere posizione su una quistione di fondo , e che è il presupposto d'ogni altra: la libertà come fondamento d i ogni ordinamento politico; la democrazia come costume , tale da salvaguardare il principio sommo dell a libertà contro rutte le degenerazioni che conducono alla tirannide. 'froppi in Italia intendono la li bertà come licenza, come libertà, per tornare all'asserto del Salvemini, di togliere la libertà agli a ltri 190

L'intransigenza di Pieri trovava origine nella sua esperienza personale, che lo portava a identificare nell'agitazione politica di quegli anni un accenno al problematico primo dopoguerra italiano. Particolarmente forte era la sua antipatia per il Partito comunista, che associava alle dittature comuniste dell'Europa orientale, rivendicando la propria diversità, a nche come resistente, rispetto ai valori dei suoi colleghi iscritti al PCI: Pieri. Che ci sia in Italia un partito che ha come programma massimo la rivoluzione sociale e il pieno sconvolgimento dell'ordine democratico attuale, è cosa che tutti sanno, anche se ora esso sembra voler fare, per esigenze contingenti, del riformismo. Che abbia come massima il tanto peggio tanto meglio, è pure cosa notissima. Quanto agli ordini che manda ai suoi adepti, secondo la comune prassi dei partiti rivoluzionari, Lei potrà far l i sapere a me, non io a Lei. Se poi c'è più d'uno qui , fra i nuovi venuti, il quale crede che io, coi miei precedenti, sia anche solo lontanamente disposto ad essere il pupazzo nelle mani d'un qualsiasi tirafili , ciò significa solo che costoro non mi conoscono né punto né poco. Quanto ai miei ideali di libertà come resistente, è chiaro che essi ben poco avevano a che vedere con quelli della mia illustre co ll ega: la quale ben sa quali regimi di libertà sono stati creati in Europa dal suo partito. Quanto alle lezioni da ricuperare nel prossimo luglio, si tratta di un caso limite; va da sé che potranno essere ricuperate come si fa normalmente quando un professore deve allontanarsi dalla sede per alcuni giorni 191

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La sua risposta alle proteste, in quanto preside del Magistero e pur potendo contare sul supporto di solo una parte dei suoi colleghi, fu quella di sospendere le lezioni, deliberando in proposito il 21 febbraio 1967192 . In quel periodo, particolarmente forti furono gli scontri con Guido Quazza (1922-1996), con il quale aveva collaborato nel decennio precedente e che nel 1967 era vice-preside. Quest'ultimo sosteneva le richieste degli studenti ed entrambi si accusarono a vicenda di scorrettezza e di non comprendere le ragioni della controparte193 . Tuttavia, la questione ci interessa solo marginalmente e come segno della crescente stanchezza di Pieri nei confronti della vita accademica. Ormai avendo raggiunto l'età pensionabi le, 75 anni per i docenti dell'epoca, alla fine del 1968 lasciò l'Università e a succedergli come preside fu proprio Quazza. Si era di fronte al tramonto dello studioso , un personaggio sempre integro, ma di vecchio stampo. Negli anni successivi , mentre la sua attività lavorativa rallentava, anche a causa dell'avanzare dell'età, 1 a rendergli omaggio, come padre della storia militare italiana, avrebbero provveduto importanti colleghi , amici e allievi. Pieri alla fine si sarebbe spento a Pecetto Torinese nel dicembre 1979.

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Parte seconda PIER! STORICO MILITARE

Tra Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

Nel novembre 1954. scrivendo al suo maestro di sempre. Pieri ricordava come gli sto rici che l'avevano influenzato erano me! campo della storia militare [... l Delbrii ck, del qu a le sono un ammiratore.[... ] Ma credo d i dovere la base d ella mia formazione spirituale a Gaetano Salvemini»1.Tuttavia, Giorgio R ochat, che Pi eri conobbe bene. sostienedal punto di vista del mestiere di storico militare - che le due influenze decisive per Pieri furono piuttosto quelle di Clausewitz e Delbriick, in quanto il primo era «l'uom o che aveva stud iato la guerra» e il secondo era «lo storico» a cui Pi er i s i riferiva 2 •

È nell'incontro di queste tre influ e n ze che va cercata il met odo con cui Pi eri costruì i suoi studi e so prattu tto il su o saggio più importante, quello s ulla Cr is i militare italiana del Rina scim ento. Per cog liere la dimensione non provinciale e il r espiro europ eo del lavoro di Pi eri converrà rileggere quel lavoro com p arandolo da un lato allo stesso Delbri.ick e dall 'a ltro a quello di un altro grande storico militare meto dol ogicame n te compar ab il e a Pieri: C harle s W. Oman. Quest'ultimo e ra stato autore, tra l 'altro . di un 'im portan te Storia dell'arte della guerra nel Medio Evo (1898) e di una Storia dell'Arte della guerra nel Sedicesimo secolo (193 7), legate all a «grand narrative tradition» della storiografia britannica, come l ' ha d efinita recentemente Ian Bcckett. Si trattava di un approccio non ancora influenzato per intero dalla metodologia tedesca. ma i cui lavori. secondo John Hattendorf. «dom inarono gli stu di accade mi ci di lingua inglese sulla storia della guerra nella prima metà del ventesimo secolo>13 • È ris p etto a questa evoluzione de gli stu di int ernazio nali c he perciò Pieri va ril etto, partendo p ropri o dai suoi studi sul Rina scimento . che. se bbene fossero successivi alla sua esperienza bellica, vanno analizzati per primi pe rch é riferiti a d un quadro degli studi già maturo.

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Salvemini, la scuola economico-giuridica e Pieri

Il primo studioso per importanza. anche cronologica, ad influenzare Pieri fu Gaetano Salvemini, una delle maggiori figure della vita storiografica (e politica) italiana della prima metà del XX seco lo. Studi storici e vita politica furono due aspetti inscindibili nella sua attività, rispetto ai quali mantenne sempre una notevole capacità critica\ Salvemini era nato a Molfetta nel 1873 e si laur eò all'Università di Firenze nel 1896, dove i suoi studi furono largamente influenzati dal celebre medievista PasqualeVillari (1827 -1 917), il maggiore storico italiano di fine Ottocento e sostenitore dell'applicazione del metodo scientifico positivista alle scienze storich~. Fondamentale fu anche l'influenza della metodologia marxista , appresa attraverso le opere dello stesso Marx. ma soprattutto di Arturo Labriola 6 • Infine, importante fu anche l'influsso di Cesare Paoli (1840-1902), uno dei maggiori es perti di diplomatistica e paleografia del periodo, le cui ricerche prestarono particolare attenzione alle dinamiche conflittuali della società comunale7 •

Il confluire di queste tendenze avrebbe portato alla redazione dell'importante lavoro Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295 pubblicato nel 1899. Nel sagg io, i conflitti politici fiorentini del basso medioevo era no osservati come prodotto delle trasformazioni economi che e dei conseguenti conflitti di classe che interessarono la città. La struttura stessa del saggio, con parti dedicate preliminarmente a tracciare il periodo antecedente8 e un'analisi della struttura economica. sociale e p o litica della città come premessa all'analisi del co nflitto vero e proprio 9, costituiscono scelte metodologico -narrative che sarebbero stateriprese da Pieri. Questa metodologia avrebbe fatto di Salvemini, assieme a Volpe, il principale esponente di quella che Benedetto Croce contribuì a definire come la «s cuola storiografica-economico giuridica» . Ciò che a Croce non piaceva di questa corrente di studi erano i legami che egli vedeva con il materialismo storico, alla ricerca di ristabilire «il nesso tra storia ed esperienza politica del presente», allo scopo di anelare la conoscenza delle l< leggi che rendono il mondo sociale per dominarle»10 • Dalla co nnes s ione tra nuove metodologie e pas sio ne politica, in Saivernini e Volpe maturò l'interesse per la storia contemporanea. che li avrebbe portati a lasciare il tradizionale campo di studi della storia medioevale per la storia del Risorgimento e dell 'Italia un ita 11 • Lo scopo di queste nuove ricerche fu anche quello di superare l'agiografia post-unitaria che caratterizzava la letteratura esistente. Salvemini fece emergere precocemente questa intenz ione nel volume, uscito sempre nel 1899, I

Pieri st0 rico militare
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Tra Salvemini e Delbriick: la Crisi militare d e l Rinascimento

partiti politici milanesi nel secolo XIX, pubblicato con lo pseudonimo di Rerum Scriptor. Il testo fu anche frutto del ritrovamento negli archivi di Lodi , dove all'epoca insegnava, di parte della documentazione di Carlo Cattaneo12 .Dopo la Grande guerra, Salvemini coinvolse anche Pieri nei suoi tentativi di proseguire gli studi su Cattaneo:

Caro professore, oggi sono stato dal Com. Barone: era appena giunta la risposta del nùnistero.

Dunque le carte Cattaneo rientrano anch'esse nella prescrizione generale che ne limita la visione al 1847, nel caso particolare, senza rispondere, se esistono l 'articolo indicato dal Sulzio ('?) , chiedevo che il barone mandi un'indicazione molto dettagliata delle carte da esaminarsi e dell ' annuncio che ne ha fatto il Casanova e aggiunga il proprio parere (già mandato, fa vorevole). Dopo di che il Ministero potrà concedere l'autorizzazione. II Barone m'ha assicurato che non è ostruzionismo personale, ma il solito corso della burocrazia13

Nel saggio sui partiti, evidenzia lo stesso Pieri, Salvemini intese «vedere le diverse e successive contese in un substrato economico e di lotte di classe, o per lo meno di considerare i partiti come esponenti di ceti sociali con proprie esigenze di vita>>14 .

L'esperienza di Salvemini sarebbe proseguita anche quando nel 1909 s i trasferì a Pisa, università assurta, in un certo senso , a centro della nuova scuola storiografica economico -giuridica, di cui era l' esponente principale assieme al Volpe15.Un progetto che , sin dal 1906, si pensò di supportare anche con la realizzazione di una rivista, proposta da Volpe a Salvemini , che avrebbe dovuto specializzarsi nella storia economica, giuridica e delle istituzioni. L'idea anticipava il ruolo che nel dopoguerra avrebbe avuto la «Nuova Rivista Storica»16

Un ultimo aspetto da considerare è che l'influenza di Cattaneo e Mazzini si tradusse progressivamente in un mutamento dell'approccio analitico di Salvemini, che negli anni Dieci slittò dall'analisi delle lotte di classe ai conflitti fra le nazioni europee e allo sforzo di queste per una progressiva realizzazione dell'indipendenza e dell'autogovemo1 7 • Questa tendenza sarebbe emersa già nel volume di sintesi sulla rivoluzione francese e nel suo lavoro su Mazzini, entrambi usciti nel 1905 18 .

Come studente di Salvemini a Pisa, Pieri fu influenzato dall'evoluzione del maestro. Innanzitutto, Salvemini aveva ereditato da Paoli l'interesse per lo studio delle istituzioni militari, in particolare della cavalleria , come prodotto delle trasformazioni politiche del comune di Firen-

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Pieri storico militare

zc. Lo storico molfettese dedicò proprio alla cavalleria le sue ricerche negli anni fiorentini, confluite poi nella s ua tesi di laurea pubblicata nel 1896 come volume intitolato La dignità cavalleresco nel comune di Firenze19. Tulc studio, nel quale era analizzata la dissoluzione della cavalleria feudale e la sua trasformazione in un·iscituzione borghese, avrebbe poi esercitato un'influenza decisiva sull'interesse di Pi eri per lo sviluppo della storia militare nello specchio della storia politica 20 • Parallelamente. il pensiero di Cattaneo e quello di Mazzini contribuirono alla sua formazione di interventista democratico ma anche aJ suo rapporto nei confronti del senso della storia, vista come progressiva affermazione di questi ideali. Sebbene Pi e ri non leggesse lo studio sui partiti politici milanesi prima del secondo dopogucrra 21 , restò comunque profondamente influenzato dalle altre ricerche di SaJvernini:

I briganti neri mi mbarono il suo lavoro sopra il pensiero di Mazzini e non l'ho an cora potuto ricuperare. Sarebbe oltre modo necessario che venisse ristampato; anche il mio collega di filosofia Gallo Galli. che non è affatto mazziniano, dice va che il lavoro del Salve mini sul pensiero di Mazzini è sempre fondamenta le. e consiglia queJJo agli s colari che non abbiano tempo di fare ampie letture. Così pure sarebbe bene ristampare la sua Rivoluzione francese: faccio quest'anno il corso sulla rivo!. Francese, per l'appunto: nel parlare del movimento intellettuale che la precede mi sono fondato soprattutto sulla grande Storia della fi losofia (i due volumi dedicati atretà detriJJuminismo). Ho potuto constatare che l'influsso suo era molto più accello che non l'altro. È un vero peccato però che il libro suo co s ì magistrale si fermi al senembre 1792: più che mai oggi, d opo l'esperimento russo e in generale gli s perimenti totalitari il periodo tino a Termidoro riesce interessante".

Tale intima connessione trova ulteriore riscontro nella documentazione personale di Pieri. Tra i suoi libri sono infatti presenti due edizioni del Mazzini di SaJvemini, la prima del 1920 fittamente annotata e con la proposta di una serie di modifiche suggerite da Picri al maestro, poi regolarmente apportate da Salvemini nell'edizione del 1 925: un doppio segno della condivisione di ideali politici e visione storiografica23 •

Lo s tesso studio della storia attraverso il metodo economico-giuridico entrò a far parte del codice genetico di Picri come stor ico. Nel primo dopoguerra Nicola Ottokar, un importante srudioso russo che era riparato in Italia dopo la Rivoluzione del 1917. studiò le lotte politiche nel comune di Firenze, criticando le interpretazioni di Salvemini relative al contrasto tra le classi sociali cittadine24 • Pieri scrisse una lunga rccensio-

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ne sul lavoro clell ' O ttokar, attaccando lo storico russo e sostenendo in difesa della sua scuola che:

L' A. [autore] ha preteso scalzare i cardini della concezione storica dominante negli ultimi trenta anni, col prevalere della sc.uola giuridico-economica. [... ] Questi i concetti fondamentali, o se vogliamo, anche la tes i del libro. Il quale è senza dubbio notevolissimo, sia per l'originalità di alcune concezioni, sia per l'ac.utezza e dottrina che l'A. mostra [... ]. Senonché, alcuni argomenti ri sultano trattati con molta maggiore ampiezza che non altri, così che si ha a volte quasi l'impressione d'esser di fronte a una serie di dotti excursus piuttosto che a vera e propria storia. [ ...] Mi sembra pecchi, e non poteva forse essere altrimenti, dato il punto di partenza, d'eccessiva severità verso le precedenti concezioni, di cui è fatta, a volte, giustizia un po' troppo sommaria25

La vicenda sarebbe poi proseguita e, stando a quanto disse al suo maestro nel dopoguerra, l'Ottokar avrebbe scritto a Pieri dicendogli che non aveva ,compreso il suo libro:

(... ] io gli domandai che mi specificasse i punti della mia incomprensione; e non ebbi risposta. Rinnovai più tardi la domanda a voce, personalmente, e l'Ottokar rispose evasivamente e cambiò discorso. Così che mi restò il dubbio d i aver capito anche troppo2 6

Al di là della fondatezza della polemica, il dato essenziale è che Pieri si trincerò a totale difesa deIJa metodologia del maestro, tanto che nel 1945 , persino Salvemini lo avrebbe «bacc hettato» per essere «stato troppo severo col lavoro deU'Ottocar [sic]. In qualche punto mi pare che l'Ottocar abbia colpito giusto colle critiche al mio sistema d'idee»27 .Comunque, la strenua difesa da parte di Pieri era il riflesso di un già avvenuto preciso posizionamento storiografico, lo stesso che lo avrebbe avvicinato agli intellettuali della «N uo va Rivista Storica», la quale nel primo dopoguerra, pur superando la metodologia economico-giur idica in senso stretto, continuò a mantenere un approccio non ostile al materialismo storico, in un'epoca in cui negli studi storici prevaleva una matrice ideali stica crociana28 •

Primi studi e influenza salveminiana

L'in flu enza di Salvemini su Pieri sarebbe tornata a manifestarsi prepotentemente nel secondo dopoguerra soprattutto in relazione al pro-

Tra
Sai verni ni e Delbriick: la Cri.~i militare del Rinascimento
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Pieri storico militare

blema dell'analisi del fascismo. Ma non va dimenticato che nel 1925 i contatti diretti tra i due si interruppero e non sarebbero ripresi prima del ritorno del maestro (e della affermazione del paradigma storiografico antifascista). Un approccio «salveminiano» però costituì un elemento centrale della metodologia di Pieri anche negli anni del fascismo . Per Sa lvemini erano state centrali un'analisi non idealistica ma aperta alla concretezza istituzionale-economico-sociale, che il materialismo storico sembrava promettere, e il progressivo spostamento verso la storia contemporanea e Pieri, nella fase iniziale dei suoi studi, seguì le orme del maestro. Infatti, fino all'inizio degli anni Trenta, si dedicò a ricerche che nella loro impostazione risentivano del metodo economico-giuridico e si dedicò anche alla storia del Risorgimento.

Il s uo primo studio scientifico pubblicato fu quello prodotto per l'abilitazione all'insegnamento, una tesi sulla Restaurazione in Toscana, motivo che tra l'altro Io spinse a rimanere nella regione per le ricerche necessarie:

Caro professore, [ ... ] A mc è giunta ieri la proposta di andare supplente al ginnasio inferiore di Gubbio (Perugia) ma l'ho rifiutata, in attesa della nomina definitiva, perché a mc occorrerebbe una sede nella Toscana settentrionale. fra Livorno e Arezzo. sia per la tesi della normale che mi obbligherebbe a lavorare spesso a Firenze (La restaurazione in Toscana dal 1814 al 1822) sia perché mi sarebbe molto grado di non essere lontano da Lei. Per due o tre mesi intanto resterò a Napoli. Qui posso ben studiare, sia alla biblioteca nazionale che all'universitaria. C'è poi una caterva di librai vecchi che formano ('?) la mia consolazione. In vista di quanto le ho detto sopra, La pregherei però di vedere se fosse possibile, compatibilmente con tutte le esigenze di questo mondo. farmi avere una sede come Pist0ia, Prato, S. Miniato, Empoli, Arezzo etc...

Dcv. Obbl.mo

Napoli, Lungo Salso 16. lì 27-11-1919 29

Piero Pieri

La tesi fu discussa nel luglio successivo e fu pubblicata negli Annali della Normale del 1922. Lo scopo del saggio era quello cli presentare uno studio complessivo della situazione del Granducato toscano negli anni 1814-1821. Pieri mirò a ricostruire nel complesso la vita politica toscana per spiegare l'insuccesso dei moti del 1820-1821. Buona parte ciel testo è dedicata all'analisi prima del diffondersi della carboneria 30 , poi ai piccoli moti delle varie città toscane e infine alla situazione di Firenzc1 1

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Tra Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

Basandosi sui documenti del!' Archivio Segreto della segreteria del buon governo, Pieri rintracciò la scarsa rilevanza dell'azione della carboneria nella situazione relativamente positiva del Paese, sottolineando come «i patrioti delle altre parti d'Italia consideravano la Toscana il Paese dove in complesso si stava meglìo», grazie alla ripresa dell'agricoltura e al mantenimento del sistema legislativo di matrice francese, introdotto nel 181432 • Al te1npo stesso, sostenne che proprio il miglioramento delle condizioni economiche indusse un progresso intellettuale, politico e morale che permise all'opera di liberali e settari di «allargare» le idee del popolo, concludendo che «La rivoluzione del 1820-21 se non ebbe in Toscana una ripercussione diretta e violenta, non fu però senza effetto perché, come ben dice il Baldasseroni 'i semi di quella gettata posero ancor ivi radici'. Le tendenze costituzionali si fecero, se non più precise, certo più aperte,; 33 • Emerse qui precocemente l'interesse di Pieri da un lato per la storia contemporanea e al tempo stesso per la questione delle insurrezioni, il tutto studiato attraverso la lente economico-giuridica.

Lo storico avrebbe proceduto negli anni successivi a coltivare questi interessi . Nel 1927, pubblicò un saggio sulla nascita della corporazione dell'Arte della seta a Firenze. Nel testo Pieri rivide le interpretazioni esistenti, a cominciare da quelle di 1Raffaele Ciasca, che datavano al XII secolo la presenza di un'industria serica consolidata nella città34 • Secondo Pieri, solo al principio del XIV secolo, con il trasferin1ento dei mercanti lucchesi a Firenze, si assistette ad un primo sviluppo pienamente «industriale» delle seterie fiorentine. Secondo Pieri, al principio del XV secolo, il fatto che la seta «è dunque ora senz'altro una grande industria>> determinò nel 1411 al «bisogno di procedere ad una revisione, o meglio, a w1 ampliamento e a una sistemazione delle poche disposizioni contenute riguardo negli statuti d i Por. S. Maria del 1335»35 • In questo modo, Pieri analizzò la progressiva evoluzione degli statuti della corporazione della seta, combinando il lato economico con quello giuridico e infine politico nella vita fiorentina. La ricerca su Firenze però non ebbe segtùto, perché Pieri lasciò la Toscana e nel contempo «Il lavoro per quegli Statuti di Por. S. Maria non ebbe fortuna: in seguito a brighe locali; gli statuti furono pubblicati nel 1935 dal Doriani»36

L'impatto di questi studi come preliminari alle elaborazioni della Crisi militare è reso evidente dalla lunga analisi degli aspetti giuridici e istituzionali che Pieri fece nel volume del 1934 riguardo i vari Stati italiani, richiamandosi direttamente a queste ricerche:

Concludendo, in Firenze predomina fin dalla seconda metà del secolo XIII, un ceto dirigente di possessori di terre, mercanti, banchieri, nobili o no; per tutto il secolo XTV questa classe lotta per il predominio politico

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sia con un ceno numero di ricchi irrequieti e ambiziosi. sia sop rattutto colla media e piccola borghesia, spalleggiata spesso da piccoli nobili c guidata quasi sempre da qualcuna dell e maggiori famiglie37 •

Dopo aver lasciato la Toscana, Pieri si dedicò a studi su altre realtà locali nelle quali si trovò di volta in volta a risiedere: nel 1924, sempre seguendo il filone risorgimentista-insurrezionale. pubblicò prima uno studio su Crotone e poi uno sull'azione politica dell 'arc ivescovo Giuseppe Capacelatro. una figura chiave del 1799 tarantino38 • Con la lunga permanenza a Napoli, i suoi sforzi di analisi si allargarono alla storia del regno meridionale nel decennio napoleonico. A riguardo, Pieri fece alcuni studi preliminari, tra cui una lunga recensione allo studio di Luigi Blanch. patriota e militare negli anni della Restaurazione, sul R egno di Napoli 39 e allo studio di Nino Cortese sullo stesso personaggio40 • Anche in questo ambito emerse il suo interesse per l'economia e, pur apprezzandone il lavoro, criticò il Blanch perché .< la crisi finanziaria non è trattata in modo esauriente [... ] troppe pagine sono dedicate alla parte militare. Ma l'autore si proponeva di mostrare come nella breve campagna non mancarono atti di valore (e questo si potrebbe ammettere a priori) >1 41. Simili so no le annotazioni rivolte al Cortese, che secondo Pieri forse ha mancato di ricollegare il municipali smo delle classi dirigenti del R egno delle Due Sicilie alle condizioni di arretratezza economica del regno «che non faceva sentir loro abbastanza i bisogni d'unione doganale , ferrovie, unità legislativa e amministrativa fra Stato e Stato: bisogni assai sentiti nell'Italia settentrionalC>142 •

Negli anni 1926-1927 seguirono alcuni studi sulla ri voluzione napoletana del 1799, uno dedicato alla distruzione della flotta borbonica (8 gennaio 1799), attuata per impedirne la cattura da parte dei francesi. e uno su un tentativo di insurrezione dei patrioti napoletani dopo la riconquista della città da parte del cardinale Ruffo4 ~. Il punto di arrivo di questo filone però fu la pubblicazione di un sagg io di oltre trecento pagine, uscito in due parti s ull'Archivio storico per le provincie napoletane, dedicato al Regno di Napoli dal luglio 1799 al marzo 1806. Si trattò di un testo importante tanto che colse persino l 'attenzione di Antonio Gramsci44 e che fu premiato e apprezzato anche dal Volpe:

Di 1apoli feci un lavoro: il Regno di apoli dal luglio 1799 al marzo 1806; esso ebbe il pr emio ministeriale dei lincei, con ottima relazione; e allora il Volpe che non aveva ancora i suoi discepoli della famigerata scuola di scoria moderna e contemporanea, di Roma. da portare avanti

Picri storico militare
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Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Ri11ascimento

ad ogni costo, mi scrisse spontaneamente dicendosi dispiaciuto solo di non essersi trovato nella commissione45 •

Come nel caso della Toscana, Pieri m irò a fornire un'immagine integrale dello stato napoletano, discutendone i problemi di politica estera, militari, finanz iari-amministrativi e lo spirito pubblico. La narrazione esaminava questioni diplomatiche, che riflettevano le incertezze e le debolezze della politica borbonica, travolta dagli avvenimenti europei più generali, portando alla rinuncia ad una politica di espansione nel Levante, alla cessione di Malta agli inglesi e dello Stato dei presidi alla Francia. II tutto - notava Pieri già da storico militare - era legato anche all'incapacità di ricostruire un esercito e una marina efficienti, in grad o di fonùre un qualche peso diplomatico e credibilità al regno dopo le sconfitte del 179946 •

Si tratta di problemi le cui origini Pieri rintracciò nella politica interna, nelle difficili condizioni finanziarie e n ell'incapacità del ministro Giuseppe Zurlo di attuare i provvedimenti necessari d i riforma amministrativa per modernizzare la fiscalità del Paese4 7 • Le perduranti difficoltà economiche, si unirono al sistema fiscale vessatorio e alla volontà dei Borboni di non servirsi degli elementi migliori come funzionari amministrativi, perché si trattava di patrioti legati all'es p erienza del 1799 :

Quanto poi alla corte , essa in fondo era rimasta ne ll 'ordine di idee del '99: le classi colte come han trad i to una volta tradiranno in seguito; impossibile ormai[ ] un accordo sincero con esse, non c'è che da appoggiarsi alle plebi Ragionamento semplicistico e che non teneva conto di quanto, nei ceti inferiori e superiori, la serie di avvenimenti e d"esperienze aveva, dal '99 in po i , prodotto4ll.

Da questo derivavano i problemi che affliggevano il Paese, dal brigantaggio, alla corruzione dei funzionari pubblici, alimentando il progressivo allontanamento degli strati contadini dalla monarchia49 •

Sebbene questo saggio, come quello sulla Toscana, affronti prevalentemente il periodo dell'avvio del Risorgimento, esso delinea comunque l'esistenza di quella connessione tra guerra e politica (ed economia) sulla quale Pieri baserà il suo studio sul Rinascimento, cui si avvicinò negli anni successivi . Infatti, dopo lo studio su Napoli, le ricerche di Pieri sul periodo napol eonico e sul Rjsorgimento sa rebbero proseguite ancora per poco, ora sotto forma di saggi e recensioni 5 0 • Si trattava di scritti che sollevarono interesse e stando a quanto dice lo stesso autore, il suo studio su Malta suscitò anche un certo plauso da parte di Epicarmo Corbi no, uno dei maggiori economisti italiani di quegli anni :

TI-a
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La questione di Malta e il Governo Napoletano 1798-1803. Il capitolo centrale del Regno cli Napoli, riguardante la crisi finanziaria ebbe l'onore di essere veduto prima della stampa dal Prof. Epicarmo Corbino, assiduo frequentatore di Casa Croce e di Casa Fortunato; e gli piacque tanto che pensò ad un mio eventuale incarico di storia economica•1.

A partire dal 1930 però Pieri cominciò ad abbandonare temporaneamente questo filone: vi sarebbe ritornato solo nel secondo dopoguerra. In parte, questo fu certamente dovuto al crescente interesse per la prima guerra mondiale, di cui diremo meglio nel terzo capitolo, ma anche allo spostamento della sua attenzione verso il Rinascimento e il Medioevo. Tuttavia, anche gli studi di storia locale, condotti come conseguenza del suo peregrinare nella penisola. si spostarono verso il Basso Medioevo e l'età moderna. Significativo fu il volume sul comune di Messina del 1939, sempre caratterizzato da un approccio economico-giuridico, che tra l'altro ebbe l'accoglienza positiva dell'amico Carano Donvito che lo recensì per l'Archivio storico per la Calabria e Lucania 5 2 •

Il mutamento d'interesse e di periodo storico indagato era in realtà anche il prodotto di circostanze più generali, riguardanti l'evoluzione della storiografia in quegli anni. Nell'agosto 1927, in una lunga rassegna sugli studi riguardanti il Risorgimento. pubblicata su .<Leonardo». Pieri concludeva:

Ad ogni modo, lo sviluppo preso dagli studi del Risorgimento, la loro serietà e compiutezza, la serena e onesta ricerca della verità resteranno una delle caratteristiche gloriose della cultura italiana del primo quarto del secolo XX. Può parlare oggi di condizioni miserande solo chi non se ne è mai occupato, o è in piena malafede. Questa rassegna del resto s'è neppure lontanamente proposta d'esporre tutto quanto si è fatto, ma solo ad indicare le principali correnti di studio. (... ) Non c'è da augurarsi che di continuare per questa via. che è buona 33 •

11 quadro positivo sarebbe mutato molto presto in seguito al pesante condizionamento che, evidentemente, il regime fascista impose alla storiografia.

La ricerca e la pubblicistica storica furono infatti un terreno privilegiato dell'azione culturale del regime. che in essa cercava in parte la propria legittimazione. II fascismo intendeva raffigurarsi come prosecuzione e compimento del Risorgimento. riconoscendolo come inizio di un processo di rigenerazione nazionale, pur caratterizzato da una serie di limiti e debolezze. che il fascismo avrebbe superato per rcaliz-

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Tra Salvemini e Dclbriick: la Crisi militare del Rinascimento

za re il proprio progetto politico 54 • Considerandolo alla stregua di una pal ing enes i della n azio ne italiana. il Ri sorg im ento divenne oggetto di una strategia di glorificazione am1ata dal regime e gli studi storici su birono in pieno quest'impostazione. Il processo si accelerò so pra ttutto dopo il 1933. in linea con l'avviata radicalizzazione del regime dopo il suo primo decennale, quando Cesare Maria de Vecchi assunse la presid enza della Società nazionale per la Storia del Risorgimento. Il gerarca varò un preciso sforzo organizzativo per promuovere anche nella ricerca una definizione politica del fenomeno risorgimentale che permettesse di vederlo sfociare nel regime mussoliniano 55 • Figure ritenute accademicamente affidabili furono inserite in nuove cattedre di Storia del Risorgimento e contemporanea appositamente create . In questo modo, si affermò una nuova generazione di studiosi (comprendeva personaggi come Lemmi, Morandi, Ghisalberti), che fu in un certo senso selezionata dal regime perché si riteneva possedere una menta lità più adatta all'insegnamento della storia recente in connessione col presente politico 56 •

L'impatto fu notevole e non poteva non toccare anche i metodi di indagine57 . A partire daJla metà degli anni Venti. la "scuola storica>1 di Volpe, che di questo progetto di regime (oltre che di professionalizzazione della ricerca storica) era ambiguo strumento. cominci ò ad assumere una posizione di sempre maggiore importanza. con la costituzione dell' Istituto di storia moderna e contemporanea (1934) e il controllo di riviste importanti. come la «Rivista Storica Ttaliana >1 e la "Rassegna Storica del Ri sorgi mento>1&e.

Pieri, come abb iamo osservato, fu personalmente danneggiato da questa tendenza politica. con ricadute accademiche, per via dei s uoi noti legami personali con Salvemini, oltre che per la pratica delle metodiche delJa sc.110Ia economico-giuridica. Significative furono le note polemiche che si scambiava con Omodeo. come questa del 1936, riferita ad Alessandro Luzio:

Ella salva il decoro della culrura italiana, e l'esoso monopolio che dalla storia del Ri so rgimento e dei documenti d'archivio vuol fare quel velenoso settario, in parte forse ora rammollito. che è il Luzio. ScLtario a tremila lire al mese ct·appannaggio. però!. .. 59 •

Ricordando questi sviluppi. nel secondo dopoguerra. Pieri parlava di «vere e proprie intimidazioni» ai danni degli stori ci che non si adeguavano al filone dominante degli studi 60 • Non sorprende che confessasse. nel

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1941, a Carano Don vito che era meglio dedicarsi ad altri studi: «sulla Rassegna storica del Risorgimento, ultimo numero, è uscito un violento articolo contro qu elli che non dicono bene di Carlo Alberto. Meglio sarà occuparsi di picchieri e balestrieri! »6 1 • Al contrario di quello del Risorgimento. lo studio del Rinascimento offriva maggiori spazi di libertà, consentendo a Pieri di portare avanti un approccio non idealistico. e apparentemente men o soggetto alle esigenze di regime, con una minore esposizione alle critiche. Come vedremo, nel suo libro sulla Crisi militare, l'ap profondita analisi economica e sociale non sarebbe mancata e avrebbe funzionato da premessa a quella delle questioni militari. Al tempo stesso, sempre verso la fine degli anni Venti, a indurre Pierì a concentrarsi s ull 'età moderna fu anche il contatto con gli studi stranieri di storia militare e soprattutto con queJJi di Hans Delbrii ck e con il pensiero di Cari von Clausewitz.

Clausewitz, Delbriick e Pieri

Abbiamo osservato che fondamentali per l'avvicinamento di Pieri alla sto ria militare furono C lausewitz e Delbriick. I due vanno considerati in un certo senso complementari, perché il primo, come teorico della guerra, influì sul secondo, lo storico militare, facendogli assumere che per spiegare i conflitti bisognasse andare oltre la de s crizione delle operazioni militari, considerando i fattori che sono imposti dalle circostanze esterne, di natura geografica o tecnica. e soprattutto analizzare lo sviluppo politico che forma le guerre62 • Sull'importanza e il ruolo di Clausewitz esis te un'amplissima letteratura che non è po ssibile qui ripercorrere, perciò ci focalizzeremo su alcuni aspetti chiave in relazione a Pieri 6.'1_

Ai fini del discorso storiografico che stiamo conducendo, l'elemento centrale che ci interessa è la connessione tra politica e guerra elaborata da Clausewitz. Il teorico prussiano fu fortemente influenzato dal pensiero dei generali August Neidehard von Gneisenau e soprattutto Gehrard von Scharnhorst; in particolare da quest'ultimo riprese l'idea che la formulazione di una teoria generale della guerra doveva essere concretamente incardinata nelle condizioni politiche, umane e militari. collegandole direttamente all'esperienza storica 64 • Ancora più grande fu l'impatto intellettuale delle guerre napoleoniche, le quali secondo lo studioso prussiano avevano reso i conflitti guerre «del popolo intero», come conseguenza della trasformazione politica indotta dalla rivoluzione france-

Pieri s torico milii.are
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Tra Salvcmini e Delbriick: la Crisi militari' del Rinascimento

se. spingendo verso l'assolutizzazione della guerra 65 • Nel Della guerra, questi problemi furono discussi soprattutto nei libri primo e ottavo, dove Clausewitz evidenziò in maniera rivoluzionaria l'intima connessione tra il modo in cui si combattono le guerre e la struttura delle società 66 Il Della gtterra. non ebbe un successo immediato, anche a causa dell'influenza che il pensiero di un altro teorico, Antoine Henry ]omini, ebbe nell'Europa del XIX secolo, ma nel corso del tempo si sarebbe affermato come «il prisma» attraverso cui generazioni di studiosi di storia militare hanno osservato la natura della guerra"'· In Germania, non è certo quanto Clausewitz esercitò influenza su Helmut von Moltke, capo di tato maggiore durante le guerre contro l'Austria (1866) e la Francia (1870 -1871) 68 Nonostante questo, la presunta eredità di Clausewitz fu raccolta e fraintesa dai successori di Moltke alla guida dell'esercito della Germania imperiale. i quali anche distorcendo il suo pensiero, affermarono che la tendenza della guerra a diventare assoluta doveva spingere alla ricerca dell'annientamento come paradigma della condotta militare(,<) . Tale scuola di pensiero avrebbe dominato non solo il mondo militare tedesco fino al 1914 ma anche gli studi di storia della guerra, all'epoca appannaggio quasi esclusivo degli studiosi in uniforme, almeno fino alla comparsa sulla scena proprio di Hans Delbriick. il quale. secondo una definizione di Keegan, fece da «battistrada» per lo studio accademico della storia militare70 •

Delbriick nacque nel 1848, studiò storia a Hcidclberg, Greifswald e Bonn, conseguendo il dottorato nel 1873. Nel corso della sua formazione, acquisì la metodologia di Leopold von Rankc, che lo educò allo storicismo e alla critica filologica delle fonti. Al tempo stesso, fu influenzato dalla cultura materialista e in particolare del saggio di Fricdrich Lange sulla storia del materialismo 71 • Delbriick servì anche nella guerra franco-prussiana (1870-71), raggiungendo il grado di tenente e venendo decorato con una croce di ferro. Nel 1874. cominciò a prestare s ervizio come tutore del principe Waldcmar, secondogenito dell'erede al trono Federico Guglielmo. Da quel momento. grazie alla sua frequentazione della corte tedesca, Delbruck ebbe modo di accedere direttamente a testimonianze di ufficiali che avevano combattuto nelle guerre dell'unificazione tedesca. In quegli anni approfondì la sua conoscenza di Clauscwitz e nel contempo ebbe accesso all'archivio della famiglia di August von Gneisenau. grazie al quale avrebbe scritto una biografia del generale, pubblicata nel 1880. Il testo gli consentì di ottenere l'abilitazione all'insegnamento e nel gennaio 1881 fu chiamato all'università di Berlino. dove iniziò le lezioni tenendo un corso sulla guerra del 18667 2 •

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Negli anni successivi, combinando l'insegnamento con l'attività politica (fu deputato del Landtag e poi del Reichstag). Delbriick si dedicò a tempo pieno alla storia militare, una disciplina che (come in Italia) era allora considerata marginale nel panorama accademico. Forse anche per questo divenne ordinario solo nel 1896 e (come più tardi Pieri) senza mai occupare una cattedra di storia militare. Fu anche editore e poi direttore dei «Preussische Jahrbiicher~, il periodico politico più innuente dell'epoca, fatto che gli fece guadagnare fama come critico di questioni politiche e militari. La formazione universitaria e la vita militare gli permisero di combinare i metodi della sensibilità hegeliana, appresi dall'università tedesca, con rattenzione per la storia intellettuale, un approccio rankiano per le fonti primarie e l'attenzione ai dettagli tecnici della vita miliare73 •

Negli anni Ottanta e Novanta, la sua produzione storiografica fu caratterizzata dall'analisi comparata delle guerre persiane e burgundiche (1887) e poi di quelle di Pericle e Federico il Grande (1890)74 •

In questi studi, Delbriick introdusse una serie di innovazioni fondamentali dal punto di vista metodologico, che aggiornarono la storia militare. La prima fu la critica filologica delle fonti classiche, che mise in discussione alla luce dell'esperienza militare contemporanea. Ad esempio, sottolineò che era impossibile che nell'invasione della Grecia i persiani schierassero un esercito di 4,2 milioni di uomini, come invece sosteneva Erodoto. perché una simile massa era logisticamente insostenibile per un esercito contemporaneo e lo sarebbe stata ancor più per uno dell'antica Persia75 •

Riprendendo Clausewitz e la questione della guerra assoluta e della strategia di annientamento. Delbriick mise in disc.ussione la tesi dominante nell"establishment militare prussiano, evidenziando come secondo il teorico prussiano nella guerra esistesse una tensione tra le due alternative: la strategia di annientamento (Niederwerfungs-strategie) e quella di attrito (Ermattungs-strategie), la cui scelta era determinata dalle condizioni politiche76 • Oelbriick, analizzando le campagne di Federico II di Prussia, evidenziò ironicamente che il suo principale successo era stato evitare battaglie che potevano annientarne l'esercito e che questo fosse il prodotto deffintrinseca debolezza economica e politica dello stato prussiano. Tuli critiche, anche perché basate su un approccio concreto e materiale - se non proprio materialistico - inviso alla maggior parte dell'accademia tedesca (solitamente hegeliana, idealista o al massimo storicista) lo trasformarono in un bersaglio privilegiato degli attacchi da parte di non pochi dei suoi colleghi storici. Allo stesso tempo, essere il

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storico militare
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Tra Sah-emini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimetzto

primo storico civile a criticare l'approccio dei militari alla storia militare e so pratrutto a intaccare l'immagine di un eroe nazionale come Federico II, per di più in un'epoca di crescente nazionalismo, lo rese sospetto agli stu dio si in uniforme77 • li vero capolavoro di Delbriick fu però la sua raccolta in quattro volum i pubblicata tra il 1900 e il 1920. Geschichte der Kriegskunst ìm Rahrnen der politischen Geschichte (Storia dell'arte della guerra nel quadro della storia politica). dedicati rispettivamente all'età antica, ai germani, al Medioevo e all'età moderna78 • Come sottolinea Paret:

Per il lettore superficia le, la «Storia dell'arte della guerra~.[ ...] è una mera collezione di questi pezzi di battaglie. Ma la precisione con cui Oelbriick ricostruisce le battaglie è necessaria per il suo obiettivo principale. [ ... ] Attraverso la ricostruzione delle singol e battaglie egli cerca la continuità nella storia militare. e perciò la sua Sachkritik lo rende capace di sviluppare tre temi principali che danno al suo lavoro significato e unità non rintracciabili in nessun libro precedente sull'a rgomento: in sostanza, revoluzione della tattica dai Persiani fino a Napo leone. la correlazione tra storia e politica attraverso la storia e la divisione della strategia in due forme basilarF9 •

Inoltre. sebbene nel testo non includa una discussione generale sulla relazione tra politica e guerra a livello teorico, come quella di Clausewitz, Delbriick sin dal titolo dell'opera riuscì a inserire le questioni militari nel contesto generale della stori a politica, mostrando:

[ ]la stretta connessione tra istituzioni militari e politiche e mostrando come i cambiamenti in una sfera inducevano la necessità di corrispondenti reazioni nell'altra. f...] Eg li mostra come le vittorie degli svizzeri nel quindicesimo secolo furono rese possibili dalla fusione di elementi democratici e aristocratici nei vari cantoni, e dalla unione della nobiltà urbana con le masse di contadini 1 ]. L'attenzione che Delbriick presta all'emergere deg li organismi tattici serve [ ] anche a illustrare il tema che considera fondamentale per il suo libro. vale a dire al correlazione tra politica e guerra 80 •

Per comprendere l'importanza (e il merito) di Picri, occorre ricordare. come hanno fatto John Gooch e Virgilio Ilari. che in Italia Clausewitz fu quasi sconosciuto almeno fino agli anni Trenta , in quanto la cultura militare nazionale, sopratrutto fino alla Grande guerra, fu largamente influenzata dal pensiero militare francese. so pratrutto da Jomini 81 Solo

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alcune figure, come l'ufficiale napoletano Nicola Marselli (1832-1899) e il Capo di stato mag giore Alberto Pollio (1852-1914). nei loro lavori fecero riferimenti al teorico tedesco. Solo nel 1930 apparve in Italia un primo studio dedicato a Clauscwitz, scritto da Emilio Canevari, premessa alla traduzione integrale che poi lo stato maggiore dell'esercito avrebbe fatto nel 1941 , parte di un preciso sforzo di introdurlo presso il pubblico italiano82 • Questo testo uscì parallelamente ad una se lezione di pagine del Della Guerra, pubblicata da colonnello Octe B1a tto83 • Negli stessi anni, nell'ambito civile, fu uno dei maggiori esponenti della cu ltura italiana ad occuparsi di C lausewitz, Denedetto Croce, pubblicando nel 1933 un saggio intitolato Azione successo e Giudizio, note al margine al ~vom Kriege>+ del aausewitz, frutto di una conferenza tenuta all'Accademia di scienze morali e politiche della società reale di Napoli. Nel testo, Croce lamentava che il provincialismo degli uomini di cultura li teneva lontani da testi come quello di Clauscwitz, credendo che i fenomeni militari fossero lontani dai problemi della cultura filo so fica 84 •

Proprio attraverso i suoi contatti con Croce sappiamo che Pieri, il quale probabilmente conosceva già il generale prussiano, stava studiando Clausewitz nello stesso periodo. Infatti , dalla corrispondenza tra i due emerge il reciproco interesse per il teorico della guerra. Ne l dicembre 1933 , Pieri informava Croce. dopo una conversazione avuta dal vivo, dell'esiste nza del testo di O etc B1atto85 e poco dopo lesse lo scritto di Croce, dichiarando di apprezzarne notevolmente il contenuto:

Illustre Senatore. ho letto tutto d'un fiato lo scritto su l Clausewitz, d'una lucidità e d·una penetrazione che non si p otrebbero desiderare maggiori. È la prima volta che vedo un s imile argomento trattato da un ~lai co~ e così magistra lm ente. Sarebbe davvero un bene p er la cultura italiana che certi argo menti non restas ero fuori dalla ,rita e dal pensiero! Interessantissime tutte le sue osservazioni e degne della massima attenzione: rapporto fra teoria e pratica, ca rattere amorale della guerra. valor e del g iudi zio sto rico nel determinare una teoria militare. rapporto fra genio e fortuna. Forse tutto il saggio. per il gran numero dei lettori sarà troppo coinciso e den so di pensiero; e forse costoro vorrebbero più ampiamente trattata la parte p. 6-7 ove si parla dell e ar ti c he hann o a loro mat eria esse ri viventi. Sarei tentato di parlare di qu es ta memoria in una mi a prossima rassegna di stori a milit are per la .Riv.Stor. Sol o non vorrei cadere in errori e in improprietà . e se del caso. mi permetterei di mostrare a Lei il manoscritto. Inte ressante assai anche la memoria su l Vitrioli. sop rattutto per le valutazione sto ri ca della seconda Restaurazione. Non ho trovat o nei libri di

Pi eri storit'O militare
80

Tra Salvcmini e Delbriick: la Crisi militare del Ri11ascime11to

cui dispongo l'indicazione circa il titolo specifico dei Comandanti delle armate spagnole in Italia ai primi del '600. e ne sono dolente. Con i più sentiti r ingraziamenti e rispettosi ossequi mi professo. dev.mo. aff.mo

Napoli 21-1-'3486

Anche se dalla lettera si deduce che prima del 1934 Pieri aveva certame nte letto Clausewitz, purtroppo stabilire la data precisa di quando lo fece non è possibile con le fonti di cui disponiamo, sebbene nella sua biblioteca siano presenti alcuni testi riguardanti lo studioso prussiano di mo lto precedenti, peraltro tutti in francese117 • Un dato però è certo: nelle opere principali di Pieri i riferimenti a Clausewitz sarebbero comparsi regolarmente nei decenni successivi e in particolare nel volume sul Risorgimento vi d edicò un intero paragrafo per illu stra re come la sua assenza tra i patrioti italiani costituisse un grosso limite al loro pensiero 88 • Dal punto di vista intellettuale, l'elemento centrale di innovazione che Pieri riconosceva a Clausewitz era l'aver identificato la relazione tra guerra e politica e l'influsso che quest'ultima aveva sulla storia militare. Molto più tardi avrebbe detto:

[ ... ] la guerra è azione di uomini, che hanno passioni e desideri, coraggio e timore. necessità fisiche e morali: e come disse e ripeté il Clausewitz. la guerra è solcata continuamente e in ogni caso da motivi di carattere morale, su i quali il calcolo matematico non può applicarsi. Per questo la storia militare ha un campo suo. che non è soltanto tecnico. né soltanto economico, e richiede, come ogni altra disciplina preparazione e attitudine8 q.

La guerra non è soltanto la politica continuata con altri mezzi. vale a dire la politica estera che sostituisce all'azione diplomatica la più rude azione degli eserciti; ma come pure il Clausew itz intuì, essa è l'espressione, quanto più volge verso la sua naturale fom,a si fa più intensa. dello sforzo di tuno il paese. d'ogni sua attività ed energia convogliata verso la grande lotta e l'alrra meta. Di conseguenza - è bene insisterci - la storia mi li tare affonda le sue radici nella struttura economica, socia le e politica d'uno staco. e può essere quindi un utile e talora ncc<.-ssario complemento alla storia politica90 •

Sempre a C lausewit:z riconosceva il merito di aver evidenziato le due differenze tra strategia annientatrice e logoratrice: anche se g li rimproverava. come aveva fatto Oelbriick. di non averle analizzate adeguata-

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mente a livello storico : «il tentativo di sintesi. dall'antichità a apoleonc. nella seconda parte d el 3° capitolo dell'VIII libro del Della guerra . diciamolo francamente, è ben povera cosa per quanto riguarda la storia militare» 9 1 • Anche in questo passaggio possiamo osservare la so sta nziale continuità che per Pieri esisteva tra Clausewitz e Delbrii ck. Solo nell'analisi storica elaborata dal secondo i modelli teorici trovati dal primo potevano trovare applicazione (o confutazione):

Ma anche il Clausewitz rimase nel campo teorico. Solo col Oelbriick, mi sembra, il problema fu affrontato panendo dal minuto esame di una grande guerra per esaminare lo strumento di guerra e le condizioni dello stato che lo metteva in campo; e questo poco prima del 188092 •

Fu quindi in Delbri.ick che Pieri andò a cercare le basi storiche e metodologiche per lo studio della stor ia militare, mettendone al centro la connessione tra guerra e politica. Quanto peso ebbe l'influenza di Delbriick su Pieri è egli stesso a dircelo nelle pagine. che Rochat ha definito "commosse»9 \ quando - ricordandolo negli anni Sessanta - affermava che «come il Clausewitz deve essere considerato il maggior teorico della guerra, così il Delbriick non può non apparire. allo stato attua le. il maggior sto ric o militare»9 ~

In Italia, prima cli Pieri. a conosc ere seriamente Delbriick probabilmente furono solo Francesco De Sanctis. che lo riprese nella sua storia di Roma per la descrizione degli ordinamenti militari. e l'antichista Giulio Giannelli, che studiò alla Normale quasi negli stessi anni di Pieri95. Que st'ultimo plausibilmente le sse Delbri.ick intorno alla metà degli anni Venti: lo si deduce dalla sua presenza nelle note del saggio sull'Arte della guerra del Machiavelli pubblicato nel 1927. Anzi è proprio da questa lettura che s i può documentare la duplice consapevolezza che le ricerche del tedesco e dei suoi allievi erano in grado di produrre una profonda innovazione in Italia. e che gli studi italiani di quell'innovazio ne avevano assai bisogno:

Fatto notevole questo. e vorrei dire. doloroso. che mentre in Italia siamo ancora rimasti alla Storia delle compagnie di ventura del Ricotti lavoro pregevolissimo sì, ma che risale al 1844, e mentre per aie.uni casi è sempre utile risalire alle buone considerazioni che si trovano nella Storia delle repubbliche italiane del Sismondi. in Germania si vada dissodando sistematicamente a nostra insaputa, un nostro campo di studio dei più interessanti 96 • -

Pieri
swriC'O militare
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Tra Salvem ini e Delbrùck: la Crisi militare del Ri11asci111e11to

Tali interessi si espansero negli anni successivi, come dimostra la lunga recensione pubblicata sulla 1( Rivista Storica Italiana,. nel 1930 alvolumetto di Wilhelm Erben Kriegsgeschichte des Mittelalters97 , dedicata alla guerra nel Medioevo, che di fatto si trasfom1ò in una rassegna suJla letteratura militare esistente, evidenziando l'importanza che il lavoro degli storici militari della prima gene razione stava assumendo:

t·A. fa ora un rapido esame della storiografia militare dal secolo XV, cominciando dai nostri teorici umanisti f... ] e finendo col D elbriick. E conclu de che in poco più di quarant'anni il prob lema è stato veramente inteso nei termini e nella s ua complessità, colropcra, pur sempre importantissima. d e l Gen . Kohlcr [ .. . ] e il sagg io del Delbriick. Perse r und Burgunderkricge n (del 1887). Questi due storici sembrano fondamentali, sebbene si debba tener conto de!ropcra dell ' inglese Oman [... ]98 •

Ciò conferma che già prima del 1930. con lo spostamento degli interessi di Pieri verso la storia militare. crebbe su di lui l'influenza di Clausewitz, di Delbrii ck e della storiografia militare tedesca (e in misura minore di Oman), come egli stesso confermò a Salvemini nel dopoguerra:

Sono poi molto lieto nel trovarmi in così buona compagnia nello stim are grandemente il Oelbruck! Io in verità n on lo conobbi né fui in relazione episto lare con lui, perché pres i a dedicarmi veramente alla storia militare dopo il 1930, e lui morì ne l 1929. Ma l 'ho stud iato con intelletto d'amore sui suoi librì9'J .

Nel 1933, anche il generale Bencivenga, che come vedremo ebbe molta influenza s ull'interpretaz ione della Grand e guerra di Pieri, lo spronava a seguire le orme del grande studioso tedesco. invitandolo a: ,(prend e re in Italia il posto del Delbriick in Germania. Occorre un ... civile per scrivere dell·arte della guerra»100• Da questo sarebbe nata una profonda conness ione intellettu ale, tanto forte che quando Fieri fu arrestato nel 1945, in carcere (quando pensava che sarebbe stato giustiziato) si fece portare la propria copia personale del quarto volume dell 'o pera principale di D elbriick: quella dedicata al Rinascim ento 101.

Nel corso della sua maturazione di stu dioso di storia militare , Pieri riconobbe più volte quelli che erano i principali meriti di Dclbriick per la storia militare del punto di v ista metodologico. Scrivendo nel 1938 a Plinio Fraccaro1 02 , uno dei maggiori clas s icisti italiani, esperto anche di questioni militari e che fu penalizzato dal regime per il suo approccio critico nei confronti dell'arte militare romana, affermava :

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Picri srorico militare

Detto questo però bisogna che con la mia usuale franchezza dichiari che non mi sento di seguirla nella stro ncatura che ella fa abbastanza sbr igativamente di uno storico come il Delbruck. Da dicci anni ormai io st udio tale autore. e più ne conosco e ne afferro il pensiero. e maggiormente lo ammiro. Mi pare che fra lui e gli altri ci s ia spesso una distanza chilometrica, non solo nella storia militare antica, ma in quella medi eva le e moderna. Le dirò di più: è il solo grande storico militare che io conosca. Quando anni orsono lessi le sue osservazioni sul famoso passo di Livio (Vlll, 8) mi parve di trovarmi di fronte a una rivoluzione! Mi pare che solo lui abbia dato una spiegazione plausibile della tattica romana: prima di lui. dal Machiavelli e dal Lipsius in poi. non si era sostanzialmente fatto un solo passo avanti 103 •

L'influenza di Delbri.ick su Pieri s i vedeva anche nella ripresa - da parte del secondo - della intima connessione tra politica, società e il modo in cui è condotta la guerra. Questo approccio sarebbe ricomparso più volte nelle rassegne di storia militare sul Medioevo e Rina scimento pubblicate periodicamente, nelle quali Pieri apprezzava soprattutto gli autori che mettevano in evidenza questa connessione:

Come la guerra sia legata alle condizioni sociali, lo Sch. mostra osservando le ana logie delle form e di guerra dei popoli più antichi, Eg iz iani, Assiri. Micenei, con quelle dei popoli d'America del secolo XVI o d'alcunc odierne popolazioni d'Africa o d'Asia 1

1 e lla Crisi militare del Rinascimento. Pieri sosteneva esplicitamente che il pensiero del Delbri.ick rappresentava una evoluzione rispetto a quello del Clausewitz. specialmente per quanto riguardava la tensione tra la guerra annientatrice e la guerra logoratrice. oggetto dell e forti polemiche in Germania di cui abbiamo detto:

Vediamo ora la strategia. Essa è influenzata non so lo dalla tattica, ma da una serie di altri clementi. spesso di carattere non militare. Da ciò la distinzione. già fissata dal Dclbrt'.ick fra strateg ia annientatrice, e strategia logoratrice c he cerca invece solta nto di indebolire la sua forza e volontà di resistenza [...]. La strategia annientatrice rappresenta indubbiamente la forma più evoluta dell'arte militare luttavia i cas i in cui appare nella sua integrità e purezza sono ben rari: in realtà la strategia logoratrice è quella che ha predominato nel corso della storia: essa però si presenta con forme più progredite nell'impiego degli svariati strumenti di lotta. [e aggiungeva nelle note] Intendiamo con questa parola non so lo «l'idea direttiva c he presiede all'impiego delle forze nel teatro d'opcrazio-

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Tra Salvemini e De lbriick: la Crisi militare del Rinascimento

ni» (C lausewitz), ma in senso più lato, co l Delbri.ick «l'idea direttiva che presiede alla condotta della guerra »105 •

Riprendendo le osservazioni di Delbriick, in particolare su Federico II di Prussia, Pieri avrebbe definito il paradigma secondo cui il modo in cui sono condotte le guerre rifletteva lo sviluppo più generale degli stati e delle loro società:

Lo storico prussiano negava che il grande sovrano avesse nella guerra dei 7 anni svolto una strategia d'annientamento, e rafforzava le conclus ioni tratte dall'esame delle operazioni di guerra, coll'indagine del le condizioni dello stato prussiano che si ripercuotevano su ll 'esercito; esse a suo avviso non erano tali da consentire una strategia d'annientamento, che richiede innanzi tutto ricchezza di mezzi , uno stato forte , organizzatissimo, ove l'autorità del sovrano non fosse inceppata da privilegi e autonomie 106 •

Si era così alla questione centrale della relazione tra politica e guerra, che costituiva il fondamento del pensiero storico del Delbriick e al quale Pieri mirò anzi ad aggiungere un occhio più attento ai problemi dell'economia. Infatti, come scriveva a Cantimori nel 1955, il teorico e lo storico prussiani, pur tra i grandi meriti che avevano avuto, forse avevano messo in secondo piano proprio questo aspetto :

Fine e acuta la tua osse rvazione finale e la terrò presente: realmente il Clausewitz e anche il Delbri.ick trascurano il rapporto fra la tecn ica militare e lo sviluppo genera le delle forze produttive e dei mezzi di produzione. Non credo però che va neppure esagerata l ' importanza delle modHicazion i tecniche nello sviluppo della tattica: è un processo molto lento nella storia militare; lo svi luppo vertiginoso dal 1914 in poi non deve portarci a vedere nei secoli scorsi qualche cosa di simile. Ma comunque tecnica e mezzi di produzione vanno tenuti s empre presenti 10 7

Ail'inizio degli anni Trenta, Pieri avrebbe insomma cominciato a co ll egare l'approccio economico-giu ridic o con la lezione di Clausewitz e Delbriick per iniziare a scrivere una storia militare del tutto nuova in Italia.

Il lavoro che probabilmente segnò questo passaggio non fu la Crisi militare, quanto Io studio preliminare che Pieri condusse sulle milizie comunali italiane, uscito alla fine del 1933 sulla «Rivista Storica Italiana». I n quel lavoro, lo storico ripercorre tutto lo sviluppo della fanteria italiana dall'epoca della Prima lega lombarda e della battaglia di

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Picri storico militare

Legnano (1167) fino alle soglie del Rinascimento. Qui emerge, precocemente. il suo interesse per l'analisi sociale che sta alla base del funzionamento delle milizie:

Nelle fanterie comunali c'è una divisione per qi1artieri e per contrade cui rispondono più tardi delle vere società delle amli: e ognj contrada fornisce una o più compagnie con due o tre ufficiali. Certo l'autorità dicostoro è relativa: sono nominati per l'occasione o comunque temporaneamente e appaiono soprattutto dei "Primi inter parcs~108•

Non mancava lo spazio per qualche rivendicazione nazionale. Inoltre. criticando in parte la storiografia tedesca. a cui pure faceva riferimento, Pieri soLtol i neava come nel corso del Duecento e Trecento le fanter ie italiane non furono influenzate da quelle svizzere, come invece sostenevano gli storici tedeschi. Anzi. esse si differenziano notevolmente nel modo di combattere, perché riflettevano una diversa evoluzione sociale, frutto della maggiore sofisticazione della vita urbana dei comun i italiani:

La fanteria svizzera è una leva in massa: e se qualche analogia può present.are colla fanteria comunale italiana del primo periodo, in quanto la scarsa differenz iazione de ll e class i permette una comun ità di interessi e una relativa concordia. questa omogeneità e questa concordia non si trovano più affatto nell'Italia ciel terzo periodo comunale. Analogie politico-sociali, quindi, molto lontane, principi tattici diversi. [... ]

La vera evoluzione nostra, consona anche al maggior grado di civiltà dei comuni italiani, è quella che si nota presso i comuni toscani: guerra che tende a divenire arte, a sostituire all'impeto bruto dell'azione tattica risolutiva all'arma bianca, la sapiente combinazione risolutiva dei cavalieri, razione frontale e la manovra laterale, l'uso dei rincalzi e quello. più difficile e maggiormente redditizio delle riserve. [... ] Vim1osisrno insomma, opposto al «furOl"' ultrarnontano 109

Emerge insomma qui chiaramente quella connessione tra la struttura politica, economico-sociale e la guerra che costituì il pr i ncipale apporto di Picri nella storiografia militare italiana e che sarebbe confluita nel suo capolavoro sul Rinascimento, nel quale avrebbe inteso - lo scrisse ad Omodeo - «economia. politica e guerra quali simultanee manifestazioni di un unico processo; e come io veda la crisi mili t are quale espressione di una cr isi etico-po litica» 1 10 •

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Gli studi sul pensiero militare

Prima di analizzare la Crisi militare occorre discutere un altro aspetto dell'influenza di Clausewitz e Delbriick su Pieri. Si tratta dell'analisi del pensiero militare italiano, che Pieri avrebbe esaminato da storico e che ancora una volta avrebbe ricondotto ai rapporti tra guerra e politica 1 11 Va infatti anticipato che uno degli interessi di Pieri fu vagliare, rispetto ai tempi in cui vivevano, il pensiero di alcuni grandi italiani che avevano studiato la teoria della guerra. Come vedremo questo ebbe una connessione con la sua analisi del Rinascimento.

Il primo esempio di questo interesse fu il saggio su Machiavelli del 1927, che si segnalò anche per l'attenzione ai lavori dagli studiosi tedeschi. Soprattutto, Pieri fece riferimento e criticò l'importante studio di Martin Hobohm su Machiavelli e l'arte della guerra nel Rinascimento, il quale per primo aveva vagliato filologicamente la narrazione del fiorentino sugli eventi militari del suo tempo 112 • In realtà, secondo Pieri, anche se aveva compreso alcuni limiti del pensiero militare di Machiavelli, Hobohm aveva mancato d i inquadrarne il pri nc ipale, ovvero la mancata connessione tra l'arte della guerra dei condottieri e la situazione politica del loro tempo . Viceversa, secondo Pieri, Machiavelli non riusciva a comprendere appieno i condottieri perché focalizzato sull'idealità del modello militare romano :

(... ] con la sua arte della guerra tutta fissa al ricordo di Roma, si vale assai meno di quanto non paia degli esempi che le guerre del tempo suo, e quella d'Italia specialmente gli offrivano. [...1 Il M. intento unicamente a ritrovare la virtù guerriera nelle forme e negli ordinamenti romani, si precludeva in certo modo di comprendere il fenomeno che si stava svolgendo (... ]113

È vero che il giudizio di Machiavelli rienn·ava nella più generale polemica che alcuni scrittori rinascimentali condussero contro i capitani di ventura, spesso screditandone l'immagine a scopo politico: un giudizio consequenziale alle loro proposte di riforma degli ordinamenti militari 114 • Pieri invece si mosse nella direzione opposta, evidenziando che proprio i condottieri erano in grado di capire la trasformazione della guerra che stava affacciandosi nella loro epoca. Infatti, dopo quello su Machiavelli, nel 1931 pubblicò un saggio sull'arte militare di Diomede Carafa (1406-1487), uno dei più importanti esponenti politici del periodo aragonese di Napoli e autore di una serie di «memoriali» sul governo e l'economia dello Stato, che discutevano anche di questioni militari. Un

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Pieri storico militare

pensiero, quello del Carafa. secondo Pieri basato su due pilastri: il denaro come propulsore della potenza militare. evidentemente frutto dell"esperienza della guerra mercenaria nell"Italia del tempo; l'utilizzo di una strategia logoratrice, dovuta alla relativa vulnerabilità istiruzionale di un esercito così costituito. Lo storico comunque giudicava positivamente il Carafa, che dimostrava una conoscenza notevole dell'arte della guerra a cominciare proprio dalle necessità finanziarie e di un comando unico, cui dovevano accompagnarsi comunicazioni tempestive. Inoltre, l'autore dimostrava anche una certa comprensione delle innovazioni tecniche, soprattutto delle armi da fuoco, contrariamente a Machiavelli, offrendo «intuizio ni geniali presentimenti e visioni più ampie del problema della guerra>1 115 • In seguito, nel 1933 , dedicò un altro saggio a Carafa e in parte a Orso Orsini, uno dei maggiori condottieri italiani del Quattrocento. il quale promosse una riforma degli ordinamenti militari del regno aragonese, con la prevista costruzione di un esercito stanziale di 20.000 uomini, basato su un modello professionale. ma che non poté essere realizzato a causa delle condizioni politiche del regno 116 •

Parte di tutt e queste considerazioni sarebbero confluite nel saggio sulla Crisi militare. nel quale Pieri avrebbe sostenuto che gli intellettuali italiani del Rinascimento come Machiavelli e Guicciardini testi moniavano una generale sfasatura tra la realtà dell 'arte della guerra sul campo e le loro elaborazioni teoriche. Que ste ultime, basando s i su modelli ideali e sui classici, erano di fatto astratte dalla società del tempo e per questo non funzionanti:

[... 1Non per nulla nel secolo XVI e nel secolo XVTT i militari restavano delusi e stup iti dall'inattuabilità della tattica romana, e dal nessun servigio che recava. non la riconoscevano. erano di fronte a una serie di fraintendimenti o di costruzioni fantastiche (come gli schemi di battaglia di Vegesio) 117 •

Nel 1935. Pi e ri fu invitato da Volpe a presentare il pro getto per una collana sugli scrittori militari d"Italia dall 'antichità atretà contemporanea. In quell"occasione, tracciò un grande progetto che avr ebbe dovuto comprendere il Machiavelli, Montecuccoli, Giuseppe Palmieri, Luigi Blanch. Ugo Foscolo e Carlo Cattaneo. Carlo Corsi e Carlo Dc Crist0foris11 6. La collana effettivamente prese avvio e Pieri scrisse J"incroduzione agli scritti di Eugenio di Savoia (editi nel 1936) e all'Arte della guerm di Machiavelli. Sul politico fiorentino, Pieri non lesi nò critiche, ma per comprenderne app ieno !"importanza bisogna ricordare che negli anni

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Tra Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

del fascismo Machiavelli fu considerato non di rado quale modello archeti pico di leader politico dallo stesso Mussolini11 9 • Nonostante questo, Pieri definì il trattato del Segretario fiorentino:

[ ...] un brillante sforzo d ' ingegno , senza avere possibilità pratiche. La sua milizia e ra fallita alla prova del 1512 né i miglioramenti ideati sarebbero stati tali da infonderle veramente vita e vigore. Ma l'inesatta interpretazione degli ordini militari antichi. presi come modello assoluto e infallibile termine di paragone, porta il Machiavelli a giudicare in modo troppo soggettivo e spesso arbitrario l'arte militare del tempo suo [ ... ] finché per giustificare storicamente le necessità della sua riforma, non finisce col fare nelle Storie fiorentine, una vera caricatura , a volte fin grottesca, di quella ch'era stata l'arte militare italiana del secolo XV1 20

Se si pensa che L'arte della guerra era stata definita da Mussolini un modello militare universale, valida anche per l'epoca degli eserciti motorizzati 121, e che la critica al modello militare romano costituiva una indiretta messa in discussione del mito di Roma, parte fondante delle rivendicaz ioni imperiali e militariste del regime122, si avranno chiare le implicazioni non solo storiografiche ma direttamente politiche della presa di posizione di Pieri. Soprattutto, non c' è da sorprendersi se la cosa gli causò parecchi grattacapi con Volpe e Grazioli , ma per lo studioso la ricerca storica e l'esaltazione patriottarda che il regime imponeva negli studi non andavano d'accordo, come gli scriveva Bencivenga dopo aver saputo dei suoi problemi:

Terribile poi è l'argomento venuto di moda, che cioè non bisogna screditare i nostri esponenti militari, s ia condottieri, sia, come il Machiavelli, scrittori! Allora ogni imposizione si ammanta di un bandierone patriottico che soffoca ogni slancio dello spirito dello scrittore. E se ancora si riesce ad evitare che sia opposto un veto ad una pubblicazione editoriale, non si riesce mai a far apparire lo scritto su una rivista ufficiale123

Non era so lo questione di gerarchi o fascisti. Lo stesso Pieri nel dopoguerra ammise che la cosa gli aveva procurato «l'osti lità e la gelosia» dei militari di professione124 Per certi versi, tutto ciò richiamava quanto era accaduto allo stesso Delbriick, quando i militari tedeschi avevano negato il diritto di criticare Federico il Grande, ritenendosi gli unici qualificati a poter discutere di strategia120 • Gli studi di Pieri sul pensiero militare italiano poterono proseguire nei decenni successiv i attraverso voci dell 'Enciclopedia italiana e con

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Picri storico militare

piccoli studi specifici dedicati (a parte quello a Giuseppe Palmieri, del 1938). L"idea di proseguire questo filone con un approfondimento lo avrebbe portato in contatto con l'Einaudi, che durante la guerra si dichiarò interessata alla pubblicazione di un volume al riguardo:

Torino 6.7.1941

I due saggi sul Machiavelli e sul Palmieri andrebbero integrali con altri due su l Montecuccoli e su Carlo De Cristoforis. Avremmo così l'arte militare dei secoli XVI, XVII, XVIII e XIX attraverso l'interpretazione dei nostri teorici più rappresentaLivi. Il lavoro andrebbe poi integrato da una mia c hiusa sopra l'arte militare della guerra mondiale e di quella attuale. Ne verrebbe un volume di circa 220 pagine, che potrebbe uscire di qualche interesse e di qualche utilità agli studiosi. Non so però se editorialmente sarebbe destinato ad una grande fortu na; ne dubito anzi. Certo il mio saggio s ul Machiavelli scrittore militare è l'unico che ora ci sia in I talia. I quattro saggi non furono terminati per il Volpe. perchè io non volli più sottostare alle osservazioni e mutilazioni di due militari di professione messi alle costole delraccademico. Al Volpe del rnsto la parte scientifica non interessava affatto; l'importava so lo d'avere delle introduzioni alla sua collana. E io, in nome della dignità scientifica mi ribellai a un simile sistema. andando incontro alle sue basse vendette 126

Non c'è da soprendersi se era proprio l'editore Einaudi a voler pubblicare un volume così critico nei confronti dei teorici della guerra italiani, mentre il Paese aveva appenna incassato le prime gravi sconfitte nella seconda guerra mo ndi ale. Tuttavia, il volume non ebbe mai la luce. in quanto Pieri non lo consegnò alla sca denza prevista, l'ottobr e del 1941, e nell'agosto 1945 (poco dopo la liberazione). l'Einaudi rescisse definitivamente il contratto relativo127 •

Solo nel dopoguerra con i saggi su Carlo Cattaneo (1949) c Raimondo Montecuccoli (1951). lo studioso poté esporre liberamente le sue analisi della relazione tra guerra e politica, intesa nel senso clausewi tziano. Scrivendo d i Montecuccoli, Pieri poteva finalmente osservare che non era da ritenersi iQ!IlO spirito innovatore che precorre l'avvenire, ma soprattutto lo sforzo di ricavare da un ·arre militare luminosa, ma ormai al tramonto, le estreme po ssib ilità ». Un limite che lo storico collega alla natura stess a del Mo nt ecuccoli, definito «un conservatore tanto nella politica che nella guerra, stretta espressione di questa»128 •

Alla fine. nel 1955, tutto questo lavoro sul pensiero militare sarebbe confluito nel saggio Guerra e politica negli scrittori italiani, un chiaro richiamo alla relazione tra guerra e politica in Clausewitz:

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Tra Salvcmini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

Per metà sono cose edite (Machiavelli, Montecuccoli, Palmieri) e per metà inedite (De Cristoforis, Pisacane, Marselli). Per valutare esattamente questi tre ultim i ho dovuto studiarmi o ristudiarmi lo Tomini e specialmente il Ciausewitz, e trattare pure di questi auto ri . Il libro non è di amena e lieve lettura; pure tratta di argomenti che in Italia non si erano mai trattati scientificamente (i militari sono mo l to spesso fuori dal campo scientifico) [... ]129 •

L'influenza del prussiano percorreva in sottofondo come un paradigma tutto il libro, specie nelle nuove parti dedicate a Pisacane, Nicola Marselli e Carlo De Cristofori s, corredate con alcune osservazioni estese fino alla seconda guerra mondiale: Pieri riconobbe a Pisacane

l'originalità del rapporto tra guerra e insurrezione, al Marselli il tentativo di formulare una teoria scientifica globale deJla guerra e al De Cristoforis di aver riconosciuto la tendenza intrinseca della guerra ad diventare sempre più assoluta, analogo merito lo aveva attribuito proprio a Clausewitz130

Nel secondo dopoguerra, gli studi su C lausewitz però furono oggetto di una profonda revisione, volta a evidenziare come dalla sua teoria della guerra, della quale il nazismo si era impossessato, si potevano trarre spunti differenti . In particolare, Io storico tedesco Gerhard Ritter, nella sua storia del militarismo tedesco, sostenne il fraintendimento da parte dei militari delle teorie di Clausewitz, presentato ora come un sostenitore del controllo de ll a politica sul mondo militare e della necessaria imposizione di limiti alla tendenza della guerra a diven tare assoluta131 Pieri sposò le teorie di Ritter, anche se avevano un ch iaro sfondo politico, e nel dicembre 1 954, quando il saggio di Ritter era appena uscito in Germania, parlando con Salvemini di Clausewitz, evidenziava :

Quanto al Clausewitz persona, fu un'anima nobilissima, figura eroica de ll a riscossa contro Napoleone; e fu messo in realtà in disparte dopo il 1815; e il suo Vom Kriege avrebbe dovuto in ogni caso uscire dopo la sua morte, per non urtare tutto il filisteismo dell'esercito e della corte. Il Clausewitz non ha nulla di vedere coi generali prussiani che conosciamo! r.. .) Che poi delle teorie scientifiche e filosofiche del Clausewitz si sia fatto uso ed abuso, è cosa che succede sempre; non giudicherebbe Ges ù dai roghi dell ' inquisizione132 •

Inoltre, nelle ultime pagine, dedicate alla progressiva assolutizzazione della guerra, concludeva affermando che:

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Picri storico militare

La guerra di Corea ha però mostrato, dopo l'esa s perazione del fermento bellico della seconda conflagrazione mondiak che quegli elementi moderatori di cui la po litica di s pone in larga mi sura. nonché i co ntrappesi insiti negli stessi fattori della guerra, possono pur sempre, come già aveva asserito il Clausewicz, limitare l'intensità del fenomeno bellico e impedirg li il manifestarsi nella sua estrema rovinosa energia133•

Era chiara qui la ripresa delle tesi di Rittcr, a cui diede ulteriore visibilità presso il pubblico italiano, recensendolo nel 1957 sulla ~Nuova Rivista Storica» ed evidenziando proprio le sue innovative tesi riguardo il teorico prussiano 134. Soprattutto, questa attenzione è una conferma della continuità di un interesse e della duratura intluenza di Clausewit7. sullo studioso italiano, cominciata negli anni Trenta. Si tratta di un punto sinora trascurato da chi aveva studiato la penetrazione di Clausewit7. in Italia. in quanto era stato sostenuto che a Canevari e al suo lavoro si deve, negli anni Trenta, la prima presentazione del teorico pmssiano 135 • Al contrario, ci pare che Picri si mosse prima, o quanto meno in parallelo nello studio di Clausewitz, e certo in maniera più profonda: cosa che rende il teorico della guerra prussiano un po' meno ~disregarded », per riprendere la definizione di Gooch, di qu anto si pensasse.

La crisi militare del Rinascimento

Solo dopo questo lunghissimo percorso, è possibile capire m egl io la prima importante opera pubblicata da Piero Pieri: La crisi militare italiana nel Rina-Scimento nelle sue rela?.ioni con la crisi economica ed politica, uscita nel 1 934 presso l'editore Ricciardi di Napoli. In essa emerse nettamente il legame tra guerra e politica e al tempo stesso si combinò l'eredità econo mi co-giuridica e per certi versi persino quella salveminiana.

Pieri cominciò a lavorarvi verso la fine del 1927, gros so modo nello stesso periodo in cui si avvicin ò alla storiografia mi litare tedesca136 Abbiamo visto che nel 19 33 una bozza del testo fu premiata dall'Accademia dei Lincei e dall'Accademia d'Italia e con il denaro ottenuto Picri poté dare il volume a ll e stampe, nella limitata tiratura di 300 copie. Pane delle conclusioni fu anticipata nel Congresso storico di Varsavia del 19 33, cui Picri fu ammesso a pa,tecipare con una relazione su La sciemm militare italiana del Rinascimento, nella quale mirò soprattutto a mettere in evidenza il contributo tecnico italiano all'evoluz ion e dell'arte della guerra nella prima età moderna137

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Tra Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

Il volume delinea i tratti salienti dal punto di vista militare delle guerre d'Italia tra il 1494, anno della discesa di Carlo VIII nella penisola, e il 1530, anno della restaurazione dei Medici a Firenze, centrando la narrazione in particolare sulle difficoltà militari degli Stati italiani. Nella prefazione, Pieri annuncia subito che egli intende spiegare questa cris i come parte di un problema più complesso:

Ma tutto l'ordinamento militare è intimamente connesso alla costituzione politica sociale economica, e non si può comprendere esattamente da chi la trascuri; e d'altra parte uno studio dell'organismo politico-sociale che non esamini la capacità di questo ad affrontare la forma più alta di lotta che è la guerra, non può non riuscire unilaterale138

Ne lle righe successive, Pieri passa in rassegna la letteratura esistente, evidenziando il ritardo della storiografia italiana, ferma ancora al lavoro di Ercole Ricotti, edito nel 1844, mentre proprio sulla guerra nel Rinascimento «da l 1880 in poi [...]l'argomento è stato oggetto in Germania specialmente di notevoli studi che fanno parte di quella fioritura di storia militare che si lega ai nomi dello Jahns, del Koehler, del Delbriick e delle loro scuole»139 • Pieri poi accennava al lavoro dell'inglese Fredrick Taylor, uscito nel 1921, il quale, pur presentando importanti elementi di rottura riguardo lo studio delle capacità belliche italiane, però aveva mantenuto una trattazione esclusivamente tecnica, esaminando in senso tradizionale «fanteria , cavalleria, artiglieria, le fortificazioni e via di seguito»140• Neppure lo studio di Hobohm, cui pure Delbriick si rifece, era considerato da Pieri adeguato, ritenendo che alle questioni tecniche lo studioso tedesco aggiungeva solo «una specie di continuo contraddittorio» nei confronti di Machiavelli 141 •

Per quanto fosse al modello del Delbriick che Pieri suggeriva di guardare, possiamo aggiungere che egli menzionava anche quello di Oman, che sin dal 1930 lo storico italiano aveva riconosciuto come fondamentale e cui, nel 1937, lo storico britannico aggiunse un volume sulla guerra nel XVI secolo, proprio il periodo della Crisi militare. Il testo cominciava con un un'analisi delle battaglie delle guerre d'Italia in relazione alla loro importanza per lo sviluppo della tattica della nuova guerra fatta da armate di professionisti. Oman poi s i dedicava però anche alle guerre del resto d'Europa: analizzando l'esperienza inglese, le guerre di religione in Francia, la guerra d'indipendenza olandese e infine l'espansione ottomana142 .

Il lavoro di Pieri aveva una dimensione cronologica minore rispetto alle grandi storie di Delbruck e Oman. Le storie dell'arte della guerra

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Pieri storico militare

di questi ultimi due coprivano nel primo caso praticamente tutta la storia dall'antichità a Napoleone e nel secondo dal IV al XVI secolo. In tutti e tre però è riscontrabil e lo stesso approccio: prima l'illustrazione di istituzioni militari che portano all'affermazione di nuovi modi di fare la guerra e poi la verifica dell'effettiva capacità di combattimento di queste istituzioni attraverso l'analisi delle campagne e soprattutto delle battaglie decisive.

Nel periodo tra il XIV e il XVI secolo, l'elemento centrale della storia militare di tutti e tre gl i autori è l'ascesa della fanteria al posto della cavalleria medioevale come arma regina del campo di battaglia. Per Oman, la trasformazione cominciò al tempo delle guerre dei Plantageneti contro il Ga lles e la Scozia (1 296 -132 8) che dimostrarono la possibilità di impiegare gli arcieri e di sfruttare il terreno per resistere alla cavalleria pesante143 • Nella prima fase della guerra dei Cent'anni, gli inglesi si trovarono in una posizione analoga a quella in cui essi stessi avevano affrontato gli scozzesi: i francesi avevano la più forte cavalleria pesante d'Europa, alla quale gli inglesi potevano rispondere con l'utilizzo di arcieri e fanteria. A sua volta questo rifletteva una precisa costituzione politico-sociale. in quanto secondo Oman:

La forza degli eserciti di Filipp o e Giovanni di Valois era composta da una fiera e indiscip linata nobiltà, che immaginava se stessa come la forza militare più efficiente del mondo, ma che in realtà era poco più che una folla armata. Un sistema che riproduceva sul campo di battaglia le distinzioni della società feudale che era considerata daJla aristocrazia francese come la forma ideale di organizzazione guerriera. TI cavaliere francese credeva che, poiché era infinitamente superiore a qualunque contadino nella scala sociale, egli di conseguenza avrebbe eccelso nello stesso modo per valore militare. Egli perciò era pronto non solo a disprezzare tutti i generi di fanteria, ma anche a guardare la loro apparenza sul campo contro di lui come una specie di insulto al prestigio della sua classc' 44 •

Al co ntrari o, l"efficienza dell'esercito inglese, soprattutto nella prima parte della guerra dei Cent ' anni, evidente nelle battaglie di Crecy (1346) e Poitiers (1356). ma anche successivamente ad Azincourt (1415), era il prodotto di una trasformazione istituzionale che ne aveva camb iato la natura. Con il consolidamento dell'autorità regia e la cresc ita d"importanza della fanteria. i Plantageneti cominciarono a contare sempre meno sulle leve feudali. rafforzando il reclutamento attraverso Commissio11s of Array, affidate a funzionari regi posti sul territorio, con il compito di reclutare fanteria e arcieri 145 • Con il perdurare della

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n-a Salvcmini e Delbriick: la Crisi militare del Rina.scìmento

guerra e la sempre crescente richiesta di truppe, entrò in vigore anche il s istem a dell e Indenture (contratti) , con i quali anziché obbligare i nobili a prestare servizio feudale oltremanica, eventualmente organizza ndo una leva n ei propri domini, il sovrano preferiva pagarli e concedere diritti perché reclutassero un certo num ero di truppe volontarie o mantenessero una guarnigione. Inoltre, questi contratti erano completa m e nte svincolati dagli obblighi feudali e infatti alcuni contraenti non erano nemmeno vassalli del re. Con il proseguire della guerra, soprattutto nella seconda fase, il s istema dei contratti consentì il reclutamento dei veterani raccolti dal possessore di una Tndenture , inducendo la creazione di forze professionali 146 • Seppure non al livello di profondità del Delbri.ick , emerge in questi esempi una certa connessione tra guerra e politica, sia nel modo in cui viene condotta, sia rispetto alla formazione degli eserciti.

Lo storico tedesco nel suo saggio del 1887 sulla guerra burgundica aveva invece dedica t o un intero capitolo ai caratteri politici di quel co nflitto, per spiegare l ' origine e l' efficienza della fanteria svizzera, la forza che dominò i campi di battaglia europei tra la fine del Medioevo e il primo Cinquecento. Lo stesso funzionamento tattico della fanteria svizzera è ricondotto alle sue origini come massa armata di contadini e pastori che deve affrontare avversari meglio equipaggiati. Ciò indusse gli svizzeri alla formazione di quadrati di picchieri compatti, protetti da ogni lato , con gli uomini più forti nelle prime file , alle spalle dei quali si pigiava il resto della massa del popolo che con la sua coesione e pressione consentiva non solo la difesa dalla cavalleria, ma anche di caricare offensivamente. La struttura politica ed economica della confederazione fece il resto: la difesa del Paese nelle guerre burgundiche infuse negli svizzeri patriottismo e spirito di corpo, mentre la povertà dell ' economia favorì il richiamo al mestiere delle anni come mercenari. Questa nuova fanteria, estremamente disciplinata e feroce, avrebbe dominato i campi di battaglia a partire dalla fine del Trecento147 •

Lo sviluppo militare svizzero segnò secondo Delbri.ick la tappa fondamentale della formazione della fanteria europea dell'età moderna, venendo presto imitato. In Germania, fu sotto la spinta dell ' imperatore Massimiliano che, negli ultimi trenta anni del XV secolo, si cominciò ad operare con una fanteria mercenaria e stanziale addestrata alla maniera degli svizzeri: i Lanzichenecchi1 48 • Analogo era il giudizio di Oman, per cui lo scopo dell ' imperatore era disporre di un corpo di armati abbastanza efficiente da contrapporre agli svizzeri per fermarne l ' espansione 149 •

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Ebbero così origine gli eserciti professionali composti da mercenari che dominarono la scena europea fino alla guerra dei Trent'anni. L'efficienza di queste forze armate poi fu aumentata dalla progressiva e lenta introduzione delle armi da fuoco portatili e dcll'artiglieria150 , ma il vero motore delle loro prestazioni sul campo di battaglia erano la disciplina collettiva e l'organizzazione che inquadrava gli uomini in masse compatte dotate di un forte spirito di corpo1 5 1 • Il reclutamento perciò costituiva un elemento decisivo per il loro funzionamento e dipendeva dal contesto politico in cui avveniva. Per questo, ad esempio, tedeschi e spagnoli riuscirono a costituire rapidamente truppe in grado di confrontarsi su un piano di parità con gli svizzeri, mentre in Francia l'opposizione dell'aristocrazia ad un miglioramento della fanteria, che avrebbe potuto scalzarne il molo politico, assieme alla disponibilità dei mercenari, ostacolò i miglioramenti qualitativi che Carlo VUI e Francesco I provarono a introdurre152

Secondo Delbri.ick e Oman, gli eserciti mercenari non richiedevano combattenti di grande abilità individuale: un breve addestramento e inquadramento erano sufficienti per fare un soldato, di conseguenza il numero di uomini disponibili per il mestiere delle armi crebbe. Si verificò una massificazione della dimensione degli eserciti e solo i primi grandi Stati, come quello nazionale francese, l'unione di Castiglia e Aragona o la fusione dei domini asburgici, riuscirono ad avere le risorse per schierare eserciti di grandi dimensioni. In sostanza, una costruzione statale sufficientemente grande divenne il requisito politico per avere un esercito adeguato 153.Al tempo stesso, poiché le capacità finanziarie condizionavano il reclutamento, gli eserciti avrebbero dovuto essere limitati dal denaro disponibile, ma i sovrani allargarono regolarmente i ranghi oltre le loro possibilità di finanziamento, ritenendo che la vittoria avrebbe coperto i costi necessari. Di conseguenza, crebbe l ' inaffidabilità delle truppe, pronte ad abbandonare il campo o a cambiarlo se le loro condizioni di pagamento e le loro richieste non erano soddisfatte ''+.

I limiti finanziari spiegano anche le difficoltà dei piccoli Stati nel trasformarsi in grandi potenze militari. A riguardo è interessante notare la differenza nelle tesi di Oman e Delbriick circa i limiti dell'espansionismo elvetico, i quali evidenziano anche le differenze qualitative dal punto di vista metodologico esistenti tra i due. Per il primo, gli svizzeri non avevano desiderio di espandersi ai danni dei vicini, in quanto la loro «psicologia» metteva il denaro alla base di tutte le loro azioni, rendendoli più interes sati alle ricomp ense che alle conquiste, secondo la massima «Point d'argent , point de Suisse»1 ">. Al contrario, Delbri.ick sostenne che

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Tra Salvcmini e Dclbriick: la Crisi militare del Rinascimento

il progetto della Confederazione di trasfonnarsi in una grande potenza europea, eventualmente acquisendo anche i territori del Ducato di Milano, trovò la propria fine dopo il 1515. Secondo lo storico tedesco, gli s vizzeri ebbero a disposizione la migliore fanteria d'Europa, ma dipendevano dai loro alleati asburgici e francesi per artiglieria e cavalleria necessarie a completare un esercito . A sua volta, questo problema era dovuto aJle limitate risorse finanziarie a disposizione degli svizzeri, dovute a ll e piccole dimensioni, al territorio montuoso e alla decentralizzazione del potere pol itico della Confederazione156 •

Se questi erano i giudizi di Delbriick e d i Oman, è adesso interessante rileggere e comparare le pagine di Pieri . Lo studioso italiano aveva piena consapevolezza delle novità interpretative proposte da Delbriick e infatti, nell'identificare il quadro generale dell'evolu zione dell'arte militare nella prima età moderna, s i rifà allo schema di quest'ultimo:

Il carattere fondamentale dell ' arte militare moderna è dato dal prevalere della fanteria sulla cavalleria, e la fanteria che riesce ad affermarsi vittoriosa è quella degli Svizzeri, la naturale prosecutrice delle fanterie comunali italiane. La massa dei picchieri sembra ottenere quella definitiva vittoria che è mancata ad arcieri e balestrieri , l'azione tattica risolutiva , breve e brutale , tr ionfare sopra quella distruttiva , inteJligente e studiata [ ]. La guerra burgundica, che segna la fine del predominio della cavalleria è del 1476-77; la trasformazione dell'artiglieria, col largo uso di palle di ferro, si aggira intorno al 1470-1500. Il perfezionamento delle armi da fuoco portatili precede di poco il 1520. Ciò nonostante la trasformazione della cavalleria pesante medievale in cavalleria moderna e della fanteria pesante, stretta in quadrati e armata di picca, in fanteria moderna in formazioni tattiche meno massicce e munita di arma <la fuoco è avvenuta molto lentamente , così che si può considerare all' in grosso dello spazio di due secoli (1450-1650) [ ]. Proprio nel periodo che a noi interessa. dunque, hanno luogo le prime fondamentali modificazioni, l e quali fecero sentire la loro influenza sullo svolgimento delle guerre d ' Italia e di conseguenza sulle sorti della nostra penisola1 ; 7 •

Al tempo stesso, lo scopo ultimo di Pieri era indagare la crisi militare italiana e non l' arte militare: il che significa che la sua analisi si concentrò prevalentemente sulla definizione delle cause strutturali delle difficoltà militari italian e, piuttosto che sulla condotta bellica in senso stretto1 58 . Per questo, il suo lavoro è diviso in due grandi parti: la prima di circa centocinquanta pagine dedicata a tracciare le condizioni politiche ed economiche italiane tra la fine del Medioevo e il Rinascimento; la seconda, trecentosessanta pagine, traccia lo sviluppo tecnico degli eserciti

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italiani fino alla calata di Carlo VIII e poi discute i fatti militari in connessione con le debolezze al livello politico, economico e organizzativo maturate nei decenni precedenti .

I cinque capitoli che costituiscono la prima parte della Crisi militare perciò affrontano la situazione economica e politica della penisola, con una profondità (sebbene basata su fonti secondarie) comunque sconosciuta a Delbriick e ad Oman e chiaramente connessa alla lezione della scuola economico-giuridica. Il primo capitolo è dedicato all'espansione economica italiana nei secoli del Basso Medioevo, che aveva portato all'affermazione dell'artigianato italiano, soprattutto tessile, che Pieri definisce «industria», il quale dopo una fase di rapida espansione nei secoli XIII-XIV, aveva iniziato ad accusare soprattutto la concorrenza fiamminga159 • A questo poi si aggiungeva il flusso ininterrotto di denaro dovuto alle decime versate alla Chiesa dal mondo cattolico, le quali avevano favorito lo sviluppo del siste m a bancario. Tuttavia, alla vigilia del Cinquecento, il sistema fiscale della Chiesa attraversava una fase di prolungata riduzione delle proprie entrate, dovuta anche al crescente malcontento per questa imposizione 160 • Ciononostante, al momento della calata di Carlo VIII, Pieri giudica l'Italia:

(... ] un paese assai florido [...]. Gl'italiani possono a ragione sembrare ancora dei grandi ricchi[ ...]. Ma proprio nel periodo 1494-1530, in cu i si compie la rovina politica, maturano alcuni avvenimenti d ' importanza decisiva, che si accompagnano ai grandi avvenimenti politici e militari , sebbene non sembrino influenzarli direttamente: il tracollo dell'influenza italiana i n Oriente, lo spostamento dell'asse commerciale dalla linea Costantinpoli-Venezia-Bmges, alla linea Lisbona -Anversa, il decisivo affermarsi dell ' industria tessile inglese, l'apogeo dei banchieri d'Augusta. E, si potrebbe aggiungere, la piena e definitiva rotrura dell ' Europa nordoccidentale colla chiesa di Roma 1 61 •

Le difficoltà economiche, seppure non decisive, si traducono in un inasprimento della tensione politica, descritta nei capitoli dal secondo al quarto, nei quali Pieri evidenzia la crisi trasversale che attraversava gli Stati della pen isola, delineando le particolarità dei singoli casi. Due fattori però prevalgono su tutti, la duplice spaccatura esistente tra i sovrani degli Stati e i differenti strati sociali:

[ . . .] lo stato in Italia nel secolo X.V domina nelle singole città i diversi ceti delle industrie e dei commerci, ma è ben lungi dall'averli riuniti e fusi in un un ' unità che si accompagni e quasi serva di base a una su -

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periore unità spirituale e politica. Sottomessi di fronte al signore e al Principe, mercanti e artigiani sono pervasi tuttavia dal vecchio spirito particolaristico ed egoista nei riguardi dei colleghi delle altre città e della campagna162 •

Ad esempio, sulla terraferma veneta il dominio della Serenissima, giudicata da Pieri come la compagine statale più solida della penisola, è minato dal contrasto esistente tra la capitale e le città dell'entroterra che le sono ostili, le quali a loro volta sono in contrasto con il contado che invece supportava il dominio veneziano163 Nel Regno di Napoli, il più debole degli Stati italiani, invece il sovrano deve affrontare i baroni in perenne stato di insofferenza verso il potere centrale, senza poter contare sul supporto della plebe, che a causa delle condizioni economiche formava «una massa amorfa, avvilita, dominata da una cupa rassegnazione»1 64. In sostanza, a causa dell'intrinseco particolarismo della penisola, il processo di rafforzamento dell'autorità centrale che investiva le altre monarchie europee, era in deciso ritardo:

Riassumiamo: verso il 1494 non vi è in Italia una classe dirigente omogenea e affiliata, legata saldamente per tradizioni e interessi al sovrano; così come di conseguenza non vi sono dei ceti inferiori stretti saldamente a questa. Di conseguenza, lo stato presenta una solidità relativa. Ma vi è però un grande divario da paese a paese: minima nel regno di Napoli , quest'intima forza interiore è invece massima nello stato di Venezia, sebbene quivi siamo lontani da ll a monarchia assoluta che domina altrove. La crisi delle invasioni coglie però i nostri stati mentre questo delicato processo di assestamento è ancora in corso; il più debole organicamente degli stati italiani, il Regno di Napoli, soccombe; ma è pure particolarmente colpito uno degli stati in cui questo processo era meglio avviato, il ducato di lv1ilano 165 •

A questo punto, Fieri comincia la seconda parte della sua analisi , parlando nei capitoli primo e secondo (l'ordine dei capitoli qui ricomincia dal primo) dei caratteri dell'evoluzione dell'arte della guerra dal periodo comunale al Rinascimento, utilizzando soprattutto i lavori della storiografia tedesca , in particolare Delbriick e Oman166

Nel terzo capitolo invece l'autore si sofferma su Trecento e Quattrocento italiani, ricorrendo prevalentemente a fonti originali e alla storiografia nazionale , analizzando le peculiarità dello sviluppo militare italiano. Probabilmente è in questa analisi che emerge la massima profondità della connessione tra guerra, politica ed economia presente nel saggio.

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Partendo dalle caratteristiche dell'evolur.ione dell'arte bellica documentate sulla storiografia dei due precedenti capitoli. Pi eri valuta le capacità militari degli Stati italiani attraverso i loro tentativi di costituire eserciti pennanenti, lo svilup po della tattica e infine della strategia, connettendoli con le questio ni politiche generali.

Per quanto riguarda l'e sercito permanente, il frazionamento della penisola e le diversità istituzionali es istenti tra gli Stati italiani producono problemi e soluzioni diverse. 11 Ducato di Milano , sotto la guida degli Sforza, è lo stato meglio avviato alla costruzione di una forza stabile. Negli anni Settanta prevede già una forza divi sa in due eserciti: uno comprendente 11.800 uomini di cui 11.000 mercenari in servizio permanente o reclutati direttamente dal governo e il secondo di 6.500 uomini, di cui 5.000 permanenti. Dietro c'era il progetto politico di Francesco Sforza. il quale. in quanto maggiore condottiero della penisola. era riuscito a legare al ducato la principale scuo la dei capitani di ve ntura italiani, mirando a farne «un elemento meno nomade e più stabile, non più estraneo cd ostile al paese che lo stipendiava e lo ospitava»167 .

Gli altri Stati erano più indietro, soprattutto il Papato e Napoli, quest'ultimo a causa del persistere degli ordinamenti feudali, mentre di particolare interesse erano le osservazioni riguardanti Venezia e Firenze. dove la s ituazione politica scoraggiava la creazione di eserciti permanenti. Nel primo ca so, le forze permanenti furono scarse a causa delrinaffidabilità della nobiltà dell"entroterra. alla quale la Repubblica fu poco propen s a ad affidare la guida delle truppe, perché «un patrizio con una larga clientela in città e un esercito nel territorio potrebbe trasformarsi in un tiranno». Questo spinse alla costruzione di un esercito eterogeneo: forze mercenarie non sempre stabili e provenienti prevalentemente da Milano e dalla Romagna, forze au s iliarie territoriali, pure ritenute fedeli e abbastanza ben addestrate e corpi di cavalleria leggera (gli Stradiotti) che furono tra i principali clementi di successo dei veneziani 168 Nel caso di Firenze invece è la debolezza del potere dei Medici, non ancora consolidato. a impedire la creazione di una forza regol are pern1an ente, in quanto lo Stato mediceo " non è più il vecchio libero comune e neppure un vero principato, e non possiede l'antica mili zia comunale né le nuov e forze regolari del sovrano as s oluto »169 .A riguardo, sebbene non lo segnali direttamente. Pieri condivide le osservazioni di Delbri.ick, secondo cui gli s tati repubblicani della penisola e le s ignorie più deboli non costituirono eserciti stanz iali ritenendoli una potenziale minaccia interna170 • 100

Pi e ri s torico militare

Tra Salvemini e Dclbriick: la Crisi militare del Rinascimento

La tattica della guerra era altrettanto condizionata dagli elementi del territorio , pesantemente fortificato e dalla geografia, caratterizzata da numerosi ostacoli naturali. Così nel Quattrocento italiano, mentre si affermano le masse di picchieri svizzeri, adatti soprattutto allo scontro in campo aperto, la tattica italiana si centra su una cavalleria debole, perché inadatta al terreno , una artiglieria leggera ed efficace e una fanteria che combatte con una spada corta e uno scudo piccolo, capaci di garantire maggiore mobilità. Al tempo stesso pesarono notevolmente le fortificazioni campali , che inducevano ad una lunga serie di azioni preliminari per far uscire il nemico dagli accampamenti, così come si cercò il vantaggio del terreno per guadagnare la superiorità tattica. Ciononostante, negli ultimi decenni del secolo, soprattutto dopo il 1478, anche in Italia si affermò una forma di guerra controffens iva, se non addirittura offensivo-decisiva e nelle battaglie si combatté prima con tentativi di contenimento al centro e di avviluppamento ai lati da parte della cavalleria, poi anche con un assalto frontale della fanteria sostenuta dall'artiglieria. Pieri conclude perciò che la tattica italiana, pur con forme proprie, stava superando i metodi medievali verso una forma «più decisamente risolutiva ed offensiva» 171 •

Lo scopo di Pieri era dimostrare l'influenza che questi sviluppi avrebbero avuto nell'evoluzione più generale dell'arte della guerra, opponendosi alle tesi di numerosi storici del periodo, i quali, spesso riprendendo le narrazioni degli intellettuali rinascimentali, in particolare di Machiavelli, avevano ritenuto la tattica italiana arretrata. In particolare, questi studiosi avevano sottolineato la propensione dei condottieri italiani ad ev itare lo scontro risolutivo, facendo della guerra essenzialmente «un'arte», o come la definisce Oman una «partita a scacchi», in cui la manovra spesso si concludeva in una battaglia «senza sangue». Spesso questa storiografia accusava i condottieri della mancata comprensione delle innovazioni in fatto di impiego dell'artiglieria e della fanteria. Tali interpretazioni facevano giungere alla conclusione, come aveva fatto Hobhom, secondo cui la facilità della calata di Carlo VllI su Napoli fu dovuta alla ferocia delle truppe francesi sconosciuta agli italiani , per l'impiego della fanteria come arma offensiva decisiva 172 •

Pieri arrivava poi all'ultimo punto, ovvero come la strategia era influenzata dalla tattica, ma soprattutto come essa era connessa alle particolari condizioni della penisola, lette attraverso il paradigma della polarità tra strategia a1rnientatrice e logoratrice che aveva appreso dal Delbruck. Va detto che qui Pieri adopera anche la distinzione, sempre ripresa dagli studi tedeschi, interna alla strategia tra condotta politica della guerra (concezione strategica) e la condotta operativa173 .

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Riface n dosi al primo livello, secondo Pieri l'azione degli Stati italiani era dettata da specifiche circostanze politiche. diplomatiche ed economiche della penisola:

(...1gli stati hanno bilanci e risorse notevoli, e gli eserciti possono essere tenuti in campo per periodi assai lunghi; ma i nuovi eserciti di professionisti. con parco d'artiglieria. costano d'altro canto in misura spesso eccessiva. e i prestiti forzosi e le nuove tasse possono accrescere paurosamente il numero dei malcontenti. Oltre l'elemento economico c'è ancora poi quello politico e diplomatico: governi e Principi si sono relativamente consolidati, ma restano sempre numerosi i malcontenti e gl'indiffcrcnti: nobili spodestati. funzionari e condottieri infidi. amici tiepidi r... J. Inoltre le città o provincie di recente acquisto sopportano mal volentieri il nuovo dominio [.. .) vi è pur sempre stato un equilibrio instabiJe. una profonda diffidenza tra Stato e Stato, un timore morboso dell'ingrandimento altrui: così che l'alleato di oggi può essere il nemico di domani e viceversa 174 •

Tuli limiti a loro volta inducevano ad una concezione operativa prudente, ne ll a quale s i tende ad evitare lo scontro campale decisivo, logorando il nemico con azioni secondarie. perché l'esercito rappresenta un capitale investito notevole e difficile da ricostruire, soprattutto a causa della sua crescente complessità tecnica (armature, artiglierie, specialisti). Anche la manovra è infl uenzata d a questa concezione, mirando prevalentemente a distruggere le linee di comunicazioni e rifornimento del nemico, per indurlo a ritirarsi senza dare battaglia. Siamo così di fronte ad una strategia difensivo-controffensiva, la quale lascia all'attaccante l'onere di logorar si nella conquista di posizioni fortificate e del terreno, mentre il difensore attende il momento migliore per contrattaccare. Nella conclusione del suo ragionamento sulla strategia italiana, Pieri affcrma che essa rappresenta il massimo sviluppo possibile della strategia logoratrice (o d'attrito), frutto delle condizioni degli Stati italiani e condotta come un vero e proprio virtuosismo, ma:

Al tempo stesso però appaiono evidenti i difetti di questa strategia, che sono poi quelli dell'ambiente da cui si emana: un mondo ancora in equilibrio instabile, fondato sulla diffidenza più che sull'amore, su interessi contingenti più che sopra una vera tradizione politica e diplomatica: i capi hanno limitata fiducia nei soldati. i governanti negli uni e negli altri. nonché nei sudditi e negli alleati: l'edificio che un uomo di Stato o il guerriero compone volta a volta presenta sempre il carattere di qualche cosa di poco solido, di transitorio : manca in alto e in basso un profondo motivo ideale, una idea-forza che guidi capi e gregari, militari e civi -

Pieri storico militare
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TI-a Salvemini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

li, e influisca su tutta la condotta di guerra. La crisi delle guerre d'Italia avrebbe messo a nudo soprattutto i numerosi elementi negativi di siffatta prassi guerresca 1n

In questo ci pare emerga tutta l'innovazione apportata da Pieri, che aveva combinato la metodologia della storia militare tedesca con l'interesse italiano per le questioni economico-sociali appreso da Salvemini, tracciando un quadro interpretativo originale della storia militare rinas cimentale che connetteva saldamente politica, economia, istituzioni militari e condotta della guerra.

Gli ultimi tre capitoli del testo passano alla narrazione dei fatti militari nella penisola tra il 1494 e il 1530, divisi in altrettanti periodi (1494-1501, 1502-1520, 1520-1530). Non è qui necessario ripercorrere tutte le vicende narrate da Pieri per sottoporle ad un vaglio critico. Gli elementi di interesse, in sintesi, sono sostanzialmente due: il primo è che, contrariamente a Delbriick e Oman (e pur rifacendosi soprattutto al primo), Pieri non valuta singolarmente le battaglie176 , ma le inserisce nella narrazione generale delle campagne, analizzando i fattori e i mutamenti politici che condizionano e sono prodotti dagli scontri decisivi delle guerre italiane; il secondo è che nella descrizione delle operazioni, Pieri insiste stù fatto che l'arte della guerra italiana influì sui contendenti che si affacciarono nella penisola, con la sua innovatività.

Il rapido successo di Carlo VIII infatti non viene ricondotto alle sconfitte subite dagli italiani sul campo, ma ad una favorevole combinazione politica. Gli italiani si aspettavano di logorare l'esercito francese nel suo progressivo penetrare nella penisola e per farlo tentarono di volta in volta di arginarne l'avanzata creando successive linee di difesa, secondo i principi della loro strategia difensivo-controffensiva. I francesi però riuscirono comunque a farsi largo grazie al crollo interno degli Stati italiani. Secondo Pieri, il passaggio delle difese italiane nell ' Italia centrale fu possibile «grazie alle preoccupaz ioni politiche del signore di Firenze», che temendo le conseguenze interne di una sconfitta militare aprì ai francesi il proprio territorio. La seconda linea di difesa preparata dai napoletani e dai pontifici nello Stato della Chiesa non fu efficace, perché i Colonna (nemici dell ' allora pontefice Alessandro VI Borgia) tradirono e passarono con Carlo VIII. Infine, con l'avvicinarsi al Regno di Napoli , le città e i territori dell'Abruzzo e del nord del Regno insorsero contro la dinastia aragonese, a causa della cronica infedeltà della nobiltà e temendo di subire i danni dell'avanzata francese177 . Perciò , sottolinea Pieri:

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La calala di Carlo VITI mette a nudo non l'intrinseca insufficienza strategica o tattica degli italiani. ma soprattutto la loro insufficienza spirituale: la mancanza cioè d·un superiore forte sentimento di coesione sia come cittadini fra di loro e verso il proprio governo, sia come italiani n ei riguardi degli a ltri stati della penisola. Da ciò la debolezza coslituz ionalc da un lato e La fragilità e incertezza politica dall .altro. da ciò grinsuccessi politici che si traducono in insuccessi militari toslo che fra i contendenti sia apparsa una potenza estera organic amente più solida e capace d ' una politica ene rgica e risoluta 178 •

È quindi - secondo Pieri - nei limiti della politica che va rintracciata l 'orig ine delle sconfitte italiane , un dato ch e sec ondo lo studioso caratterizza tutte le guerre d'Italia. Analogo ad esempio il caso dctresercito veneziano dopo la battaglia di Agnadello (1 4 maggio 1509), combattuta in segu ito alla formazione della Lega di Cambrai, che racco g li eva l ' Imp e ro , la F rancia e g li spagno li ed era stata vo luta da papa Giulio II per rid im ensionare Venezia. rea di essersi espansa eccessivamente dopo la discesa dei francesi in Italia. La grave sconfitta è cau s ata , oltre che dalla superiorità numerica france se , d a ll e insuffici e nze del comando veneziano. riflesso di tutte le difficoltà di quell'imperfetto sistema militare. Ancora più grave, dopo lo scontro, le truppe in ritirata si trovano le porte delle città d etrentroterra sbarrate, segno del ver ificarsi del disgrega mento politico che aveva co lpito già Napoli e Milano. Alla fine, secondo Pieri. la Serenissima riuscì a salvarsi grazie alla maggiore so lidi tà politica, che permise di mobilitare le risorse d ella città e portò a lla vittor ia nell'assedio di Padova (settembre 1509), il qu a le perm ise ai ve neziani di guadagnare il tempo necessario per ap pro fittare delle crepe apertcsi nella coa l izione nemica, che avrebbe portato al rovesciamento delle posizioni e alla formazione della Lega Santa (151 1 ) voluta dal Papa contro i fran ces i 179 •

La conclusione di questo rag ionamento era che g li italiani eran o stati sconfitti mil itarmente non tanto a causa delle loro scarse prestazioni su l camp o, ma a causa delle divisioni politiche. Lam pante il caso della battaglia di Fornovo (149 5). dove g li it a liani due volte e mezzo superiori furono battuti a causa della 4>reoccupazione politica che aJ solito inceppava ogni migliore concenzion e operativa~180 • Perciò:

Debolezza interna cd esterna avevano infatti contrassegnato la vi ta po· litica italiana. L'invasione straniera aveva trovato nel 1494 un 'Italia politicamenlc divisa in stati al sommo grado gelosi e sospetto s i d'ogni recip roco ingrandimento. [ . ..1essa s i rovescia a nche nel momento in cui il

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Tra Salvernini e Delbriick: la Crisi militare del Rinascimento

processo di assestamento interno è nella fase più delicata, senza la rude e sia pur partigiana energia del vecchio stato città, e senza la for·za che viene da una nuova e più ampia concordia e da un potere superiore universalmente riconosciuto e accettato 181 •

L'altro aspetto chiave dell'interpretazione di Pi eri era quello del contributo italiano alla nuova arte della guerra. Circa quest'ultimo punto è particolarmente significativo quanto lo storico italiano afferma della battaglia di Cerignola (28 aprile 1503). Lo scontro è famoso soprattutto perché fu la prima battaglia significativa persa dai francesi in Italia. Combattuta nei pressi della cittadina pugliese, la battaglia vide gli spagnoli guidati dal Gran Capitan Gonzalo da Cordoba, che poteva contare su circa 10.000 uomini, misti tra s pagnoli, italiani e mercenari lanzichenecchi, contrapposti a 11.000 francesi, guidati dal Luigi d'Armagnac duca di Nemours, forti sop rattutto nella cavalleria pesante e per la presenza degli svizzeri. Gli spagno li sistemarono le loro forze nei rilievi ondulati vicini alla cittadina pugliese, migliorando le loro posizioni con lo scavo di un fosso, classico esempio di fortificazione campale. Lo scontro fu deciso dall'assalto della cavalleria francese, fermata proprio dal fosso, in cui il Nemours rimase ucciso e dal successivo fallimento dell'assalto della fanteria svizzera contro il centro spagnolo, tenuto dai lanzichenecchi. Anche l'impeto degli svizzeri fu spezzato dalla fortificazione, costringendoli a combattere da una posizione svantaggiosa, perché in basso rispetto al nemico, mentre venivano logorati dal tiro delle anni da lancio e degli archibugi delle ali spagnole . In breve tempo, l'assalto francese si trasformò in una rotta catastrofica. La battaglia fu identificata da Delbriick come il primo fulgido esempio di scontro tra eserciti dopo la trasformazione della fanteria avvenuta nella prima età moderna182

Al tempo stesso, la narrazione storiografica dominante dell'epoca, dovuta prevalentemente a Hobhom , attribuiva a Gonzalo l'ideazione del metodo difensivo-controffensivo che risultò vincente in Puglia e che sarebbe stato ripreso in tutte le guerre rinascimentali, anche dai condottieri italiani al servizio di sovrani stranieri, come Pietro Navarro e Prospero Colonna183 • In realtà, secondo Pieri , fu quest'ultimo, assieme al fratello Fabrizio, entrambi al servizio di Gonzalo, a disporre l'esercito spagno lo e a ideare la fortificazione campale che fermò la cavalleria francese e gli svizzeri. Per lo storico italiano, a Cerignola la tattica spagno la è <<sostanzia lm ente italiana», mentre la superiorità straniera si esercita soprattutto nell'ambito strategico, dove gli italiani sono debo-

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li a causa dei fattori di cui abbiamo detto1 84 • In conclusione, Pieri afferma che:

L'organismo degli stati italiani dal punto di vista puramente tecn ic o , non ci è risultato in complesso, non solo attorno al 1494, ma anche nel primo periodo della crisi, inferiore a quello degli ultramontani; sotto molti aspetti, anzi, superiore. Niente tornei, finte battaglie, rese in massa, ma guerre serie e sanguinose; e neppure una guerra prettamente, ostinatamente medievale, come vorrebbe lo Hobohm , ma una guerra con spiccata tendenza evolutiva, sviluppo accanto alla cavalleria pesante, di cavalleria leggera, artiglieria leggera , fortificazione permanente, fortificazione permanente e campale, fanteria destinata ad avere ragione di questa: strategia logoratrice sì, ma capace di azioni strategiche e risolutive, energiche e brillanti! Tutta l'arte militare degli ultramontani posteriore al 1494, crediamo d'averlo dimostrato è profondamente influenzata dalla strategia e dalla tattica italiana185 •

Naturalmente, quanto afferma Pieri risentiva della propria personale esperienza e del proprio sentimento nazionale: essi lo inducevano a ricercare il valore militare degli italiani dove esso era stato negato dalla storiografia esistente. Infatti, secondo Del Negro, l'obiettivo del lavoro di Pieri era duplice: rivendicare la superiorità della tecnica militare italiana e studiarne la crisi militare in relazione all'avvento dello stato moderno, ovvero dello «stato forte)). Al tempo stesso, l'antifascista Pieri si intratteneva col rapporto «antago nistico » assegnato alla monarchia sabauda rispetto a quello stato forte fascista, assegnando a quest'ultima una «funzione assiomatica» in quanto nelle conclusioni del volume sottolineava che il futuro sarebbe appartenuto al ducato di Savoia, stato capace di coniugare sviluppo politico e militare186 • Forse va aggiunto che questo va compreso alla luce della volontà dello studioso di evitare compromissioni con la retorica savoiarda di parte degli studi, influenzata come abbiamo v isto dall'azione di De Vecchi dalla quale Pieri aveva voluto svincolarsi. II libro gli valse gli apprezzamenti del mondo accademico, Alberto Maria Ghisalberti lo definì un'opera fondamentale e anche i militari, solitamente riottosi all'intromissione dei civili nella storia militare, ammisero che Pieri si era «mosso egregiamente>f187 •

Un dato fondamentale fu comunque la volontà dello stud ioso di provare a preservare l'indipendenza del dibattito negli anni del regime. A riguardo è sign ificativa la recensione che Omodeo fece del volume sulla «Critica», la rivista diretta da Croce :

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Tra Salvemini e 11clbriick: la Crisi militari! del Ri1wscimcmto

Qucst.'opcra, il maggior contributo italiano di questi anni alla storia del Rinascimento. dà un senso di conforto. Non solo perché ci fornisce una migliore conoscenza, lungamente e scrupolosamente elaborata, delle vicende militari e politiche ed economiche dell'Jtalia nei seco li XV e XVI. ma anche perché ci dà affidam e nt0 che da noi non si è ancora perduto del tutto il tipo dello studioso che vive con dedizione assoluta del suo problema, ne fa la sua id ea dominante, e lo innesta in una più vasta ~isione chiarendo i nessi e i processi [... ]. Da una parte smantella il mito degl'Italiani imbelli e inetti alla guerra: ma dall'altra. per ciò che si riferisce alla politica. riconferma. liberandolo dalle stratificazioni retoriche e senùmentali, il giudizio che la storiografia del Risorgimento aveva dato dell'età del Rinascimento 188 •

All'estero l'eco del lavoro di Pieri fu scarsa, a causa del limitato numero di copie in cui fu stampato e probabilmente anche per la barriera linguistica. In seguito, negli ann i Quaranta, su sp int a di Omodeo, Picri cominciò una revisione del saggio pensando a una ripubblicazione che sarebbe dovuta uscire prima per i tipi dell'IS PI, poi per quelli di Mondadori. ma che alla fine sarebbe stata pubblicata dall'editore Einaudi solo nel 1952. Dal punto di vista interpretativo non ci furono grandi cambiamenti da l 1934 al 1952 e il lavoro fu integrato prevalentemente aggiungendo maggiori dettagli sulla guerra franco-spagnola nel mezzogiorno:

[.. .] per la nuova edizione della mia Crisi militare nel Rinascimento: ho accettato tutte le condizioni che mi sono state proposte, intendo ora rivedere il testo e fare qualche aggiunta. Dietro precedente consiglio del Fedele mi ero rimesso a rifare le pagine relative alla guerra franco-spagnola del 1502-03 nel regno di Napoli, trattandola più diffusamente. ed ero a buon punto. quando fui arrestato 189 •

Nella nuova edizione l'apparato di note fu allegger ito su richiesta dell"editore. rendendo la prima edizione più interessante per l 'ana lisi della metodologi a di Pieri. Le modifich e rafforzarono l'attenzione all'impatto della tattica italiana difensivo-controffensiva, riprendendo quanto l'autore aveva anticipato in un o studio del 1938 a riguardo, dedicato alla battaglia del Garigliano (1 503), in cui gli spagnoli riuscirono nuovamente ad impiegare la tattica difensivo-controffensiva italiana con successo. questa vo lta lanciand osi anche all'inseguimento del nemico e facendone strage190 • Altre modifiche riguardarono il capitolo V, dedicato alle classi sociali e gli stati, che subì alcuni rim aneggiamenti , soprattutto per l'inserimento di due paragrafi dedicati al ducato di Savoia191 •

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Tabe/In di raffronto tra le edfaioni del 1984 e del 19.52

Secondo D el Negro. quest'ultimo aspetto permetteva di rimediare alla lacuna presente nell'edizione del 1952, dopo che il referendum del 1946 aveva fatto «piazza pulita dell'ipoteca sabauda>•192 • Tuttav ia, bisogna anche considerare che so lo quando fu a Torino ebbe accesso a documenti e ricerche necessarie ad approfondire questo aspetto della storia militare italiana, tanto che come abbiamo visto pensò anche di scrivere una sto ria dell'esercito sabau do, che poi decise di abbandonare, con l'approvazione di Salvemini:

Pieri storico militare
IPagin e Pagine I I Capitolo della d e ll a II I edizione n.pag. edizione n. pag. 1934 1952Prefazione VII-X 3 13-17 4 Parte I l'espansione 1-2.J. 24 19-43 23 prima economica II L'Industrialismo 24-47 23 44-66 22 italiano m 1·agricolrura 48-65 17 67 -84- 17 TV Le Finanze 66-107 -1-1 85-128 43 V Le classi sociali 1 07-152 45 129-202 73 e gli Stati Pane I L'arte della guerra 153-195 I 42 205 -233 28 seconda dal periodo comunale al Rinascimento II Il trapasso dall'arte 196-214 18 234-256 22 militare medievale a quella moderna III La guerra in Italia 215 -279 64 257-319 62 prima della ca la ta di Carlo VIII TV La crisi: 280-357 77 320-398 78 prima fase V La cris i: 358-461 103 399-565 166 seconda fase VI La cri~i: terza fase .J.62-516 54 536-594 58 Conclu~ione 517 -536 19 595-617 22
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Tra Sal vemini e Dclbriick: la Crisi militare d e l Rinascime nto

Hai avuto perfettamente ragione ad abbandonare la storia dell ' esercito piemontese dal 1559 al 1859. Non avresti avuto niente da dire salvo che i soldati piemontesi ~stavano bene al fuoco » come si suol dire in linguaggio culinario193

Nel secondo dopoguerra, la fama del testo crebbe anche a livello internazionale e nel 1950 al Congresso internazionale di scienze storiche di Parigi, scriveva Pieri a Calamandrei, fu definita:

f...] dal Prof. Ner 9 4 dell'Università di Chicago, nella sua relazione introduttiva. sopra la storia militare , la mia crisi militare italiana del Rinascimento fra i tre più significativi lavori del genere apparsi negli ultim i sessant'anni accanto cioè al Mahan , The influence of sea power upon history. e al Sombart, Krieg und Kapitalismus 'Iroppo onore in vero non chiedevo tanto 1 95 •

Con l'edizione del 1952, ristampata identica nel 1970, si assistette poi ad una vera e propria consacrazione, con numerose recensioni su importanti riviste straniere, che riconobbero unanimemente il merito di Pieri di aver compiu to una piena rivalutazione dell'arte della guerra italiana, evidenziando come essa fosse non solo all ' avanguardia, ma anche produttrice di innovazioni che si diffusero nel resto cl'Europa196• Il successo di questi anni funzionava da tardivo riconoscimento e segnava in un certo senso l'apogeo dell'interpretazione di Pieri , che uno storico delle istituzioni militari rinascimentali ha definito «geniale», anche se legata ad una visione tradizionale degli studi197

Quanto l'interpretazione di Pieri fosse stata innovativa lo sugger isce Michael Mallett, autore di un saggio importante sulla guerra nel Rinascimento italiano, uscito nel 1974, quando gli studi si erano già evoluti nella direzione della storiografia «war and society». Riguardo la condotta della guerra nell'Italia del Quattroc e nto , Mallett presentava quarant'anni dopo conclusioni del tutto analoghe a quelle d i Pieri 198 • Lo studioso britannico riconobbe che nelle battaglie del Quattrocento si trovavano già operanti molti dei fattori che furono decisivi nella guerra del Rinascimento italiano riconosciuti da Pieri: «il molo delle fortificazioni campali , la complessità del processo decisionale circa le operazioni da svo lg ere, il sagace uso del terreno e delle spie, l'uso dell'artiglieria e la coordinazione delle varie armi»199 Infine, allo storico toscano, Mallett riconosceva di aver messo le «cose a posto», in quanto prima di Pieri la storiografi.a aveva svalutato sistematicamente il molo degli eserciti italiani rinascimentali 200 • Da allora Pieri ha mantenuto la sua posizione

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Pieri storico militare

di riferimento negli studi per questi aspetti, comparendo regolarmente nelle biografie e nelle note dei lavori riguardanti la guerra nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, come opera fondamentale 201

Se oggi infine possiamo notare un limite complessivo nel lavoro di Fieri sul Rinascimento esso forse era quello intrinseco agli studi della prima generazione di storici militari, cioè quello di una sopravvalutazione della prospettiva dall'alto per spiegare vittorie e sconfitte, pur considerando politica, economia e in misura minore società. Invece, a partire dalla fine degli anni Cinquanta e soprattutto dai Sessanta, gli studi sulla guerra nel Medioevo e Rinascimento avrebbero attraversato importanti cambiamenti. Fu soprattutto con l'affermarsi dei «war and society studies» che l 'attenzione si sarebbe posta su altri temi : il rapporto stato-società-istituzioni militari, l'esperienza della guerra e gli aspetti giuridici, etici e religiosi (lato sensu culturali) ecc.

Per il periodo discusso dalla Crisi militare si pensi alle novità storiografiche impo ste dalla discussione attorno alla «rivoluzione militare» dell'età moderna, una discussione aperta nel 1956 da Michael Rob erts, le cui tesi sono state ampliate e precisate da Goeffrey Parker negli anni settanta e ottanta, facendo emergere la stretta connessione tra la dinamica della guerra e le evoluzioni degli Stati, dell'economia e della società202 • Sempre su questo filone, ma ancor più orientati alla dimensione della sto ria soc ia le delle istituzioni militari, possiamo citare gli studi di André Co rvis ier su ll 'esercito francese di antico regime, comparsi alla fine degli anni C inquant a e centrati s pecificatamente sulla composizione sociale dell'istituzione203 • Seguendo questa scia, ma dedicatasi specialmente al tardo medioevo, spicca poi la figura di Philippe Contamine, il quale a partire dagli anni Sessanta ha prestato fortissima attenzione ai combattenti e al loro reclutamento. E poi, per l'esperìenza della guerra, non possiamo non ricordare John Keegan e il suo <<Volto della battaglia» 204 Una sintes i di tutta questa evoluzione può essere considerata il saggio, più tardo rispetto agli altri, di J.R. Hale su guerra e società nell'Europa del Rinascimento, il quale offre una panoramica complessiva dell'impatto della guerra sugli Stati e le loro istituzioni, l'economia, lo sviluppo tecnico, gli aspetti giuridici connessi alla guerra e le ricadute sociali e umane del rcclutamento 205 Si tratta di sviluppi che hanno riguardato anche l'Italia, dove pure si è assistito ad un profondo rinnovamento degli studi sulla guerra m edioevale e rinascimentale, che ha però sempre riconosciuto a Fieri il ruolo di capostipite degli studi più seri206

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Tra Sal\'emini e Delbriick: la Crisi milil<m.> del Ri11asrime11to

Il lavo ro di Pieri s ul Rinascimento. che pure ai fattori economici prestò m o lta più attenzione di O elb riick e di Oman. resta quindi uno dei migliori esempi dell e origini d e lla storia militare co me disciplina accademica in Italia. Una tradizion e che guarda va preva le ntement e alla relaz ion e tra gue rra e politica e c he in Itali a s i affermò nonostante le diffico ltà imposte dalla presenza di un regim e c he es ig eva un'acritica esaltazione del valo r e militare nazional e . Un aspetto che si sa rebbe prese ntato in maniera se possibile ancora più n etta nella memoria e neg li studi re lativi a ll a Grand e guerra.

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La Grande guerra di Pieri

L'approccio critico alla storia della guerra maturato da Pieri nel suo saggio sul Rinascimento avrebbe trovato conferma nei lavori sulla Grande guerra. Pieri fu parte di quella che è stata definita la «prima generazione» di studiosi del conflitto. Si trattava solitamente di uomini che avevano combattuto e che ricollegarono lo studio scientifico della prima guerra mondiale alla loro esperienza. In Italia, lo sviluppo storiografico risentì fortemente dell ' influenza del regime fascista che censurò le voci critiche, pretendendo un 'esaltazione patriottica incondizionata del conflitto. Ciò costrinse Pieri a mantenere un «basso profilo », evitando la pubblicazione di uno studio complessivo della guerra e invece maturando una visione critica esposta prevalentemente attraverso recensioni, uscite sulla «Nuova Rivista Storica». Solo n e l dopoguerra, con l'affermazione della Repubblica e della lib e rtà del dibattito, Pieri avrebbe potuto completare ed esporre pubblicam ente la propria visione del conflitto come «secondo Risorgimento» . Una visione fortemente critica della leadership militare italiana e al te mpo s tesso ben incardinata nel paradigma storiografico antifasc ista che rivendicava l'esperi enza del conflitto come momento formativo del percorso dell'Italia verso la democrazia .

La prima generazione di studi sulia Grande guerra

Negli anni Venti e soprattutto nei Trenta, mentre lavorava alla sua sto ria del Rinascimento, Pieri cominciò a dedi carsi anche alle ricerche s ulla prima guerra mondiale. N on era il solo: in quegli anni , quella che Jay Winter ha definito la «generazione della Grande guerra» stava avviando le prime ricerche sul conflitto in tutti i maggiori Paesi coinvolti nelle ostilità Le loro narrazioni avrebbero dominato il panorama degli studi fino agli anni Sessanta , quando una seconda generazione avrebbe rinnovato i temi della ricerca.

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Si trattava di uomini che avevano avuto una conoscenza diretta della guerra , attraverso il servizio militare oppure altre forme di partecipazione allo sforzo bellico. Talora si trattava di figure di spicco del mondo politico, della diplomazia o dell'industria. La letteratura che produssero aveva come oggetto generale lo Stato e la sua condotta nella guerra, politica e militare; spesso le loro narrazioni ebbero la forma di memorie con scopo giustificatorio delle azioni intraprese. Un altro filone di studi che ebbe ampio sviluppo fu quello delle raccolte di documenti diplomatici ufficiali, spesso prodotte per dimostrare le responsabilità degli exnemici nello scoppio del conflitto . Assieme a queste, ebbero notevole importanza le storie delle operazioni scritte dagli uffici storici degli stati maggiori, pubblicate anche a llo scopo di ricavare lezioni per il futuro della guerra, ma spesso caratterizzate da un alto livello di tecnicismo e così dettagliate che richiesero decenni per essere completate1

In questo panorama, dominato dalla grande politica e dalle operazioni militari, ci furono alcune eccezion i rilevanti, come i volumi finanziati dalla fondazione americana Carnegie Endowement for International Peace. Si trattò di una serie di ricerche prodotte con lo scopo di investigare gli aspetti economici e sociali della guerra. In tutto ne furono pubblicati 132, in quella che forse è stata la più grande impresa collettiva di questo tipo mai condotta2 A parte queste eccezioni, generalmente per la prima generazione di storici il conflitto restò una questione centrata sug li aspetti diplomatici e militari, come illustra l'opera di alcune figure fondamentali di spicco di questa fase degli studi .

La prima potrebbe essere quella dello storico Pierre Renouvin (1893-197 4). Nato nello stesso anno di Pi eri, lo studioso francese si affermò dopo la guerra come una figura chiave del mondo accademico francese, prima per i suo i studi sul conflitto e poi come uno dei maggiori storici delle relazioni internazionali 3 • Renouvin era assistente universitario quando nel 1914 fu chiamato alle armi, nel 1917 fu ferito durante la battaglia dello Chemin des Dames, restando mutilato al b raccio sinistro. Dopo la guerra divenne diretto re della Biblioteca internazionale di documentazione contemporanea, un istituto creato dal Ministero della pubblica istruzione con lo scopo di studiare la Grande guerra. Dal 1922 , fu chiamato a tenere lezioni sul confl itto all'Università della Sorbona, ottenendo la cattedra nel 1932, dominando gli studi francesi di relazioni internazionali, di storia diplomatica e per ce rti vers i sulla Grande guerra fino al 1964, anno del suo ritiro.

Il suo lavoro più importante a riguardo fu La cdse europeenne et la grande guerre : (1904-1918), pubblicato nel 1934 e aggiornato nel

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La Grand e guerra di Pi eri

1939 , 1948, 1962 e 19694. vVi nter e Prost han no sottolineato che il tes to è una storia «puramente politica, diplomatica e militare», con pochissimo spazio dedicato alle questioni economiche e social i , ad esempio g li ammutinamenti e gli scioperi del 1917 sono discussi in appena un paio di pagine5 • Essendo centrata sulle grandi narrazioni politico -militari , questa storia tendeva anche a minimizzare lo studio della guerra vissuta dai soldati, ritenendo che la loro visione fosse ristretta al campo di battaglia dove si trovavano, quindi di scarsa utilità nella discussione dei problemi più generali6 • Così forte era questo orientamento, che Renovuin, pur essendo un reduce e un mutilato, nei suoi lavori non si servì mai della propria esperienza personale per narrare le vicend e delJa guerra7 •

Un altro esempio paradigmatico degli studiosi della prima generazione , per gli aspetti più strettamente militari, potrebbe essere quello di Basi! Heniy Liddell Hart (1895 -1970), emerso nel dopoguerra come il maggiore esperto britannico di teoria militare e i cui lavori storici ebbero una notevole influenza e importanza. Nato negli stessi anni di Renouvin e Pieri , anche Liddell Hart servì in guerra, arruolandosi volo ntario n ell ' agosto 1914. Ferito nel 1915, dopo un periodo di riposo ritornò in trincea col grado di capitano, partecipando alla battaglia della Somme (luglio-ottobre 1916), dove la sua uni tà fu quasi completamente annientata il primo g iorno dell'offensiva anglo-francese ed egli stesso fu ferito varie vo lte, prima di essere messo fuori combattimento, il 19 luglio, da un attacco con i gas . In seguito, rientrò in patria dove si occupò dell'addestramento delle reclute, ma l' esperienza sul fronte occidentale segnò profondamente la sua vita e il suo approccio ai probl emi militari 8 • Nel dopoguerra , oltre ad altri lavori sulla strategia e la teoria della guerra 9 , Liddell Hart si dedicò allo studio della prima guerra mondiale, emergendo rapidamente come uno dei principali critici della condotta della guerra britannica. Fatto quest'ultimo che lo spinse a mettere in discussione la metodologia della storia ufficiale prodotta dalJe forze armate del suo Paese, ritenuta eccessivamente provinciale e ac riticamente patriottica1° Sebbene la dimensione critica avesse una notevole importanza nel suo lavoro, anch ' esso condiv id eva alcuni tratti tipici della storiografia della prima generazione, centrandosi su una narrazione anglocentrica e nazional-imperiale11 Tuttavia, come per Renouvin, un punto era chiaro, ed era espresso di per sé nel titolo del suo volume, The Real War (pubblicato nel 1930 e poi più volte aggiornato e riedito con il tito lo The First World War) Per Liddell Hart la guerra che meritava di essere studiata era quella fatta da politici e strateghi:

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Pieri s wrico militare

Qualcuno potrebbe dire che la guerra qui descritta non è abbastanza vera , in quanto la sua ·verità· andrebbe soprattutto ricercata nelle menti e nei corpi dilaniati dei singoli. lo non intendo affatto ignorare o negare questo aspetto della verità. Ma per chiunque cerchi, come faccio io nel mio libro , di vedere nella guerra un episodio della storia umana , questo aspetto è secondario. Proprio perché la guerra si ripercosse così intensamente sulla vita dei singoli, perché questi si contavano a milioni [ ] è necessario vedere la guerra in prospettiva , districandone i fili conduttori dell'aggrovigliata matassa delle miserie umane. f... 1È vero che più che nello scontro fisico delle forze la guerra venne combattuta nelle menti di alcuni individui Ma le idee e i sentimenti decisivi si svilupparono nei gabinetti ministeriali e nei comandi militari, non nelle file della fanteria o nella desolazione dei focolari sconvolti12 .

La storiografia italiana della prima generazione non si distinse da queste tendenze generali, se non per il ritardo con cui si mosse , per l'asprezza delle prime polemiche, legate principalmente alla necessità di spiegare Caporetto e per il fatto di essere presto condizionata daJ regime fascista. Come all'estero la memorialistica dei leader politici e militari, da Salandra e Cadorna, fu essenzialmente una difesa delle decisioni prese relativamente alla condotta della guerra13 Particolarmente rilevante fu il lavoro di Luigi Albertini, direttore del «Corriere della Sera» dal 1900 al 1921 e autore di una storia multivolume della crisi europea che condusse alla guerra14. Ma la storiografia in quanto ta le scontò un ritardo importante: gli archivi italiani sarebbero rimasti chiusi ancora più a lungo di quelli delle altre potenze e cominciarono ad essere aperti agli studiosi solo fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, così come le collezioni di documenti ufficiali uscirono con estremo ritardo. Si pensi alla serie dei Documenti diplomatìci italiani dedicata al periodo della guerra, che com in ciò solo nel 1954 e fu completata nel 19831 5 .A.naloghe tempist iche ebbe la relazione ufficiale dell ' esercito, cominciata negli anni del fascismo e completata solo nel 1988 1 6 .

Molto di questo ritardo fu dovuto al regime, per cui la memoria della grande guerra «doveva grondare retorica delle qualità guerriere de l popolo italiano e del regime che lo governava», caratterizzandosi perciò per un forte controllo sugli studi e sulla costruzione della memoria pubblica 17 • Al colonnello Angelo Gatti , capo dell'ufficio stor ico nel periodo di Cadorna, autore del celebre diario su Caporetto pubblicato nel secondo dopoguerra, che gli chiedeva il permesso di studiare la battaglia, Mussolini prima rispose esortandolo a procedere nel la- - 116 - -

La Grande guerra di Pieri

voro, poi fece marcia indietro asserendo che «non era il tempo di storia ma dei miti»18 •

Come all'estero, anche in I talia ci furono alcune eccezioni, a cominciare dai volumi della serie Carnegie dedicati al nostro P aese, fra i cui autori si annoverano Riccardo Bachi e Luigi Einaudi19 Oppure più tardi il lavoro di Omodeo, Momenti della vita di guerra, uscito nel 1934 e che attraverso diari e lettere, raccontava da un lato il ruolo fondamentale avuto dagli ufficiali di complemento e dall'altro sottolineava il richiamo ai valori risorgimentali dell'interventismo20 • A parte questi casi isolati, il controllo del regime però rimase forte e la storiografia orientata all'esaltazione incondizionata desiderata dall'alto , colpendo persino gli storici vicini al regime. Nel 1921, Gioacchino Volpe, che come abbiamo visto fu lo smdioso più vicino al fascismo in questi anni, ebbe da Luigi Einaudi il compito di scrivere una storia del popolo italiano nella prima guerra mondiale, come parte della serie di volumi Carnegie sull'Italia. Nel luglio 1923, Mussolini ricevette un'infonnativa secondo cui gli snidi di Volpe, che aveva avuto accesso ad alcune fonti dell'archivio storiografico della mobilitazione, stavano prendendo una deviazione sgradita al governo, in quanto lo studioso sembrava concentrarsi prevalentemente sulle agitazioni del 19172 1 Alla fine l'opera di Volpe non fu mai completata e nel 1930 , fece uscire solo un volume paziale Ottobre 1917. Dall'Isonzo al Piaue che ebbe il merito di rigettare la tesi di una cospirazione disfattista e provò ad identificare invece le cause militari della sconfitta, ut ilizzando anche spunti provenienti dalla commissione di inchiesta. Nonostante questo, il volume s i inserì pienamente nel contesto dell'atmosfera di esaltazione patriottica del regime, contribuendo anzi a sdoganare la parola «Caporetto» nell'opinone pubblica . Volpe av rebbe poi rimesso mano al testo negli anni Sessanta, nella speranza di rivederlo, ma lasciò perdere il progetto, mentre larga parte del resto della ricerca, in particolare dedicata al 1915 e al 1916, è rimasta inedita fino al 199822 • La storiografia ufficiale non fece meglio: i «generali della vittoria», il gruppo di leader militari che aveva controllato la macchina militare italiana nel conflitto, che comprese figure di primo piano del periodo fascista come Pietro Badoglio e Ugo Cavallero, cedette alla logica dell'esaltazione incondizionata della vittoria e della qualità dell 'esercito23 • Nel frattempo l'attività degli uffici storici mantenne una dimensione prevalentemente tecnica e, quando ne usciva, scadeva nel trionfalismo tipico del regime, privando gli studi di una documentazione indipendente e di un approccio critico 2 4 • Questo fra l'altro contribuisce anche a spiegare

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la limitata collaborazione tra gli uffici storici e il mondo accademico di quegli anni: Pieri sc ri sse per l'esercito solo due rassegne piuttosto gen eriche di storiografia che coprivano il periodo dall'età classica alla storia contemporanea ed entrambe prima del 1930, quando come abbiamo osservato a suo giudizio l' ari a intorno agli studi milita,ri contemporanei cominciò a farsi troppo pesante25 •

I tentativi esterni di ricostruire le operazioni andarono incontro regolarmente alla censura. Oltre al caso di Bencivenga, che vedremo meglio in seguito, accadde alla collana «Storia della guerra italiana;,, diretta dal generale Aldo Calbiati, di incappare nella censura del regime. Uscita a Milano, tra il 1934 e il 1935, per l' editore Corbaccio, la collana si riproponeva di fornire una ricostruzione integrale della condotta della guerra italiana, anche sul mare e nell'aria, coinvolgendo autori di buon livello, come Aldo Valori e Riccardo Bollati. In realtà, il primo volume fu ritirato appena uscito e fatto riscrivere da un altro autore26 • Invece, l'ultimo, Giugno 1918 di Gianni Baj Macario, dedicato alla difesa del Piave, poiché esaltava il ruolo di Badoglio rispetto a quello del maresciallo Giardino, procurò all'autore le critiche di quest'ultimo, che si sentì svil ito, e un anno di confino 27 •

La chiusura degli archivi privò Fieri e gli altri storici delle principali fonti primarie archivistiche, un problema che lo avrebbe riguardato fino agli ultimi anni della sua attività:

Quanto alrufficio storico dello S.M., fa vedere alcuni documenti ai suoi amici, ma solo fin dove garba. Così dal 1930 il Geo. Bencivenga, scri vendomi , mi disse che sarebbe stato da pubblicare il diario del Ten, CoL Medico Casal i, medico di Cadoma, e sempre dietro a lui giorno e notte; e ancora nel '34 mi scrisse che si adoperava perché fosse pubblicato. Orbene il Gcn. Faldella ha potuto vederlo per alcuni punti in difesa di Cadorna; ma poi ci ha fatto sapere che il diario contiene giudiz i personali spesso aspri su molte persone e che perciò non è da pubb l icarsi 28 !

A questo si aggiungeva la diretta intromissione di esponenti de ll e forze armate nei tentativi dello studioso di recuperare documentaz ione , come accadde nel caso delle carte del colonnello Gatti, custodite dalla famiglia :

Il Prof. Gatti, storico della Musica, frate Jl o di Angelo Gani, mi fece d ire nel marzo dell ' anno scorso che desiderava farn1i esaminare alcuni documenti lasciatigli dal fratello. ch e d e molivano Badoglio per quanto riguar-

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dava il 24 ottobre 1917. Stabilimmo, pel tramite di una professoressa torinese, un incontro nel maggio-giugno, alla villa della famiglia dei Gatti, nel Monferrato. Poi nessuno mi disse più nulla. Ora ho saputo che il Gen. Raffaele Cadorna sconsigliò vivamente il Prof. Gatti dal farmi vedere tali documenti, e lo indusse a cederli ad un e nte di Asti, con la clausola c he per vari anni ancora non debbano essere access ibili gl i stud io si. Nel 1935. il Gen. Bencivenga mi disse, a Roma , che il Gen. Adriano Alberti a veva fatto carriera per aver eliminato, come dire ttore dell'Ufficio storico dello S.M., i documenti su Caporetto che a Badoglio non garbavano. E la stessa cosa mi disse allora il maggiore Tosti. Così desidera la verità la consorteria dei badogliani ! ... 29

Solo nel 1963 , quando gli studi di Pieri erano ormai avviati alla fase conclusiva, e le sue ricerche sulla Grande guerra ormai completate, gli uffici storici avrebbero permesso ad un civile, Giorgio Rochat , di accedere per la prima volta per una ricerca indipendente30 • Va osservato che Pieri non ottenne maggiore collaborazione dai vertici delle forze armate, con cui pure ebbe una corrispondenza. Sono interessanti a riguardo alcuni suoi tentativi di contatto con Cadorna, avvenuti già nel 1921, dal quale Pieri si illudeva di poter avere informazioni aggiuntive che non comparivano nelle pubblicazioni del generalissimo, che peraltro così gU rispondeva:

(... ] Come avrà letto nella premessa al mio libro , io non avevo a mia disposizione che i comunicati ufficiali , perché tutti i documenti originali si trovano all'archivio storico del corpo di stato maggiore , col quale io non ho rapporto alcuno . D ' altronde quei documenti serviranno per la storia particolareggiata della guerra , la quale do vrà essere composta dallo stesso corpo di stato maggioré11 •

Anche questi contatti con le più alte cariche militari sarebbero stati segnati da una certa indipendenza di giu dizio dalla parte dello storico.

Nel 1923 Pieri avrebbe recensito le memorie del Cadoma per un quotidiano napoletano 32 , prestando però orecchio alle critiche di Oouhet, il quale nel 1916 aveva attaccato duramente la condotta della guerra da parte del comando supremo: le accuse erano finite in un memoriale sulla Strafexpedition, consegnato al presidente del consiglio Bissolati il 3 luglio 1916, che costò l'arresto all'autore3J Copia della recensione fu inviata a Cadorna che si prese la briga di scrivere privatamente a Fieri , dichiarandogli - non imprevedibilmente - sia che il Douhet era uno «spregevole libellista» sia che non era vero che aveva accusato le truppe di vig liaccheria nell ' ottobre del 1917:

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Nel bollettino del 26 ottobre non ho accusato le truppe - ossia l'esercito - di codard ia. H o soltanto accusato alcuni reparti della 2 • armata, ed ho anzi esal tato il valore delle altre truppe. Chi nega questo, non conosce il bollettino. Se io non avessi determinato di schivare le polemiche, avrei già da molto tempo dimostrato con quanta poca ragione mi attacchino su questo campo [... ]34

È comprensibile come queste prese di posizione di Pieri non aiutassero i suoi rapporti con l'istituzione militare ufficiale, soprattutto al tempo del fascismo 35 •

Era questo il riflesso di tutte le difficoltà che Pieri, da storico militare «la ico », dovette sperimentare per accedere alla documentazione. Tuie spirito di chiusura a difesa dell'istituzione sarebbe proseguito a lungo. Un piccolo, ma rivelatore, esempio può essere forse l'annotazione manoscri tta di Pieri che, ancora a metà degli anni Sessanta, nella quarta di copertina della propria copia della Grande guerra del generale Emilio Fal della, scriveva: «Recensione al vol. presente in Rivista militare, febbraio 1966, pp. 243-248, di E. Avallone (Elogio completo dal principio alla fine! Come Cadorna non ha mai errato, così Faldella non sbaglia o è criticabile!)»36 Nel testo. Faldella faceva va ri riferimenti al lavoro di Pieri, il quale scrisse al generale per ringraziarl o, ma nel contempo:

[ ] gli facevo garbatamente osservare che lui mi citava e mi elogiava in punti di scarsa importanza , mentre io avrei preferito che mi avesse citato, e confutato, là dove io facevo osservazioni importanti e nuove , com e dove indicavo i provvedimenti non adottati dal Cadorna, e di sua competenza, in vista dell'offensiva d'ottobre '17, e come là dove indicavo la ripetizione aggravata degli errori del maggio 1916. Al tempo stesso elogiavo va ri e parti dell ' opera sua. Il Faldella non ha mai risposto , prova che nulla aveva da rispondere, e ha finto d'essere impermalito 37 •

Sin dai primi anni Venti (e poi fino agli anni Sessanta!) lo studioso si mosse in un contesto molto difficile, nel quale reperire le fonti necessarie era complicato. se non impossibile: poi, con l'avvento del regime , la messa in discussione di temi scomodi poteva portare a pesanti censure. Stando alla testimonianza di Rochat , lo stesso Pieri sarebbe stato oggetto di un vero e proprio ultimatum, quando negli ann i Trenta provò a dedicarsi allo studio della battaglia di Vittorio Veneto: gl i sarebbe stato o rdinato di smettere, perché «la vittor ia non si mette in discussione»38 •

Tutte queste difficoltà spiegano perché Pieri ridusse consapevolmente la propria attività di cx-combattente-studioso negli anni Venti e

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Trenta. Per quanto a quel tempo uscissero le prime grandi sintesi sul conflitto all'estero, Pieri si limitò ad occuparsi soprattutto della «sua» guerra tra le Tofane e della discussione critica - sotto forma però solo di recensione - di numerosi testi stranieri e italiani. Come avrebbe dichiarato al generale Mario Nicolis Di Robilant, comandante della IV armata, con il quale pure fu in corrispondenza per il volume sulle Tofanéw, i tempi in Italia non erano maturi per sc rivere una storia integrale della Grande guerra:

Eccellenza.

Le sono mo l to obbligato della cortese sua comunicazione del 6 febbraio u.s. circa alcune mie recenti recensioni di studi sulla Grande Guerra . Ho notato però che qualche mia asserzione le è dispiaciuta perché ribadirebbe vecchi errori . E di ciò sono assai dolente. Ritengo anche io pienamente che non sia ancora giunto il momento di scrivere la storia della Grande Guerra . E proprio per questo ri mando a miglior tempo il maggior lavoro. Ma si possa fin d'ora di sbarrare il campo da false versioni e da leggende astutamente create sotto i nostri occhi e continuamente ripetute; ed è quello che cerco di fare come studioso e come combanente - ormai da vari anni, spinto soltanto da sete di verità . Perciò tanto più mi ha colpito la s ua asserzione che io ribadirei vecchi errori [ ...]40 •

Nonostante tutto, attraverso lo studio della guerra nel Trentino e i contatti con gli studiosi tedeschi che ne conseguirono, assieme a quelli con Bencivenga, approfittando del «ba sso profilo» conquistato dalle sue recensioni su ll a •<Nuova Rivista Storica», Pieri avrebbe maturato la propria visione critica della Grande guerra, di fatto avviandone lo studio scientifico in Italia.

La guerra tra le Tofane

Il primissimo scritto di Fieri sulla Grande guerra fu una nota manoscritta inviata al senatore Francesco D'Ovidio 41 , un docente universitario noto per essere uno dei maggiori filologi italiani, e rigirata da quest'ultimo alla Commissione d'inchiesta su Caporetto . La commissione fu voluta alla fine del 1917 , dalle opposiz ioni e dagli ex-neutralisti allo scopo di accertare le cause della sconfitta. Il governo e soprattutto il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, pur non potendo evitare la costituzione dell ' organismo, resa necessaria dall'impatto che la rotta di Caporetto aveva avuto sull'opinione pubblica, attuarono

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Pieri storico militare

una tattica dilatoria nel convocarla. Riunita ai primi del 1918, la commissione fu mista, metà militare e metà civile, sia il governo sia i militari agirono premendo sull'organismo per cercare di condizionarne il lavoro. La commissione sperimentò numerose difficoltà a interrogare i militari coinvolti dall'inchiesta, perché le operazioni erano ancora in corso. Al termine dei lavori, nell'estate 1919, se le conclusioni assolsero il governo Boselli (venendo incontro alle pesanti pressioni di Orlando in tal senso) dalle responsabilità politiche della sconfitta. I risultati però ebbero il merito di affermare una tesi di fondo secondo cui la causa di Caporetto era da ricercare in una serie di responsabilità individuali dei generali, da Cadorna a Capello, combinatesi con la stanchezza delle truppe, sostanzialmente smentendo le accuse di disfattismo mosse dal generalissimo alle truppe e al Paese, confermandone invece le responsabilità42

Il manoscritto di Pieri fu terminato nel dicembre 191843 e il testo quasi integralmente sarebbe finito nella primissima pubblicazione di Pieri sulla Grande guerra, uscita nell'agosto 1919: un articolo in due parti su Caporetto, scritto assieme a Novello Papafava e Pietro Silva, pubblicato sull'«Unità», la rivista di Salvemini44 • L'inchiesta deU'«Unità» avrebbe ripreso in varie parti il lavoro della commissione d'inchiesta. Pieri scrisse le parti dedicate allo schieramento italiano e alle operazioni della battaglia, riprendendo il memorandum che aveva preparato per D'Ovidio 45 Il testo pubblicato in effetti appare modificato in minima parte rispetto all'originale, prevalentemente per questioni di stile. Le differenze più rilevanti sono in apertura e chiusura del manoscritto, nella prima parte è infatti presente una dichiarazione di intenti, poi omessa nella pubblicazione, nella quale si annunciava a D'Ovidio la volontà di:

(... ] presentarle una narrazione, per quanto succinta della battaglia di Caporetto , esponendo «sine ira et studio» quanto vidi o udii personalmente in quei tristi giorni o quanto mi risultò dall'aver interrogato minutamente. durante la prigionia, decine e decine d'ufficiali presi dal nemico nella nostra ritirata46 •

Nella chiusura della pubblicazione scomparivano invece le conclusioni del manoscritto, che affermavano:

Pertanto il disastro di Caporetto non era irreparabile. e agli italiani, ammaestrati dall'avversa fortuna, era dato di poter resiste su di un fronte accorciato e di prepararsi per la rivincita. Questa in breve fu la battaglia di Caporetto. Come conclusione, faccio mie le parole pronunciate dall'On.

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La Grande guerra di Pieri

Orlando alla camera il 22 dicembre 1917: «Se gravissima fu la sciagura che ci colpì, tra le complesse cause di essa nessuna tocca l'onore del nostro esercito, che dall ' [illeggibile] sacrificio risplende sempre egualmente terso e immacolato~ 4 7 •

La chiusura del testo pubblicato invece si limitava a registrare che «quella che doveva essere la gigantesca Sedan della III armata, poté limitarsi alla perdita di 60 mila uomini, non tutti nemmeno delle truppe d el Carso, sul Tagliamento, fra Codroipo e Latisanaé8 • Un'altra smussatura di qualche rilievo era la trasformazione di «Cadoma» in «il nostro comando supremo», in alcuni passaggi49 Comunque è difficile credere che si trattasse di un tentativo di ridurre le responsabilità del generalissimo, che erano chiaramente affermate in entrambe le versioni:

[... ) la superi orità della concezione del piano d 'attacco nemico sopra le previsioni e i criteri di difesa del comando supremo italiano. In altre parole , Cadorna si lasciò trarre in inganno sovra il punto dove si sarebbe sferrata l'offensiva nemica50 •

Per rendersi conto dell'importanza di questa precoce intuiz ione, basti pensare che, a distanza di cento anni, gli studi più recenti continuano a mettere in evidenza come Cadorna sottovalutò la possibilità di uno sfondamento n el settore dell'alto Isonzo e che questo ebbe un ' importanza decisiva nella sconfitta italiana 51. Il resto dello scritto era dedicato più che altro a ricostruire gli eventi tatt ici e operativi della battaglia, evidenziando con molto anticipo alcuni elementi che sarebbero regolarment e riapparsi nelle ricerche successive : il pessimo coordinamento tra la fanteria e l'artiglieria; la lentezza nelle manovre difensive; la mancanza di riserve e la perdita del controllo della situazione da parte del comando supremo nei primi tre giorni dell'offensiva 52 • Una osservazione impor tante fu quella del pessimo trattamento dei soldati riservato nelle retrovie, di cui si incolpavano gli alti ufficiali di carriera:

Il Generale Capell o era maestro nello stancare e irritare al massimo grado le truppe, pretendendo da loro sempre di più. quanto meglio si comportavano. I generali in sottordine seguivano per lo più le orme del maestro . Scarsiss imi i riposi. e per lo più in luoghi umid i poco soleggiati, inadatti, con un contatto così amorevole con gli alti comandi, che i so ld ati, appena giunti al sosp irato riposto, desideravano tornare in trincea 53 •

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Il dato di maggiore interesse è la possibilità per Pieri di rivolgersi direttamente ad un parlamentare per raccontare la propria versione dei fatti da combattente. Non solo, ma questa versione poté essere inserita nella documentazione ufficiale e poi pubblicata, quasi integralmente, da una rivista, segnalando possibilità di apertura e dibattito che ben presto sarebbero mancate. Come sottolinea Labanca, a partire dall'autunno 1919, anche a causa deJla difficile situazione interna (si stava aprendo il biennio rosso), la scelta della classe politica, anche dei neutralisti cattolici e giolittiani, fu quella di mettere da parte le polemiche sulla guerra, sia sull'ingresso sia su Caporetto, «archiviando» in un certo senso quello che stava emergendo sia nella pubblicistica sia dalle carte della commissione d'inchiestaM. Come vedremo, questa «libertà» di pensare aUa Grande guerra in senso critico sarebbe presto scomparsa.

Dopo il pezzo su Caporetto, sempre su spinta di Salvemini, Pieri cominciò a lavorare ad un articolo che doveva trattare della guerra sulle montagne del Trentino dove aveva combattuto:

Quanto a l mio articolo sulla guerra delle Tofane l'ho già steso e lo ripulirò entro il mese ventu ro: ho scritto anche a vecchi conoscenti per avere notizie precise. Sarebbe intitolato: La i:,,uerra fra le Dolomiti - La mina del Castelletto; in tre capitoli (... ]. È s tata la più gra11de mina della guerra mondiale: 35 tonn ellate di gelatina! Io fui per quattro mesi ufficiale d'avamposto durante i lavori ed ebbi la medaglia di bronzo nell'azione sopra l'escavazione. Ho inquadrato il lavoro in rutte le azioni della zona. E questa estate conto d'andare una settimana al passo Falzarego, dove c'è un albergo non troppo caro, e rived ere quei posti: non potrebbe venire anche lei?55

Il saggio in questione sarebbe uscito però solo nell'annata 1925 (pubblicata nel 1927) dell'Archivio per l'Alto Adige, con il titolo L' Alto Adige nella Guerra Mondiale, il 1915-1916 tra le Tofane. Il testo era una dettagliata ricostruzione delle opera7.ioni nel settore dove Pieri era stato impiegato con il battaglione Belluno nella conquista del Castelletto. Oltre alla ricostruzione, meritevole per il dettaglio, il dato più importante è l'attenzione portata da Picri ai lavori di area tedesca e soprattutto a quello del generale Cletus van Pichler, capo di stato maggiore della difesa austriaca del Tirolo meridionale. Anche se Pieri definisce il suo lavoro i<tendenzioso» (e nelle successive edizioni «non sereno») non esita a citarlo ripetutamente come fonte 56 •

Oltre a essere in contatto con lo stesso Pichler57, per la scrittura del testo lo storico italiano si servì ampiamente di una memoria appositamente compilata dal maggiore Karl von Raschin , comandante del 1 °

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reggimento Kaiser-Jager, una de ll e unità che Pieri si trovò di fronte nelle fasi finali dell'assalto al Castelletto e schierata nel settore delle Tofane agli inizi dell'ottobre 1915 :

Traggo queste notizie, che rettificano quelle date da Kaiserjacher-Busch [s ic] citato, da una particolareggiata relazione che il maggiore del 1 ° Regg. Kaiser-Tager Car i von Raschin ebbe la grande cortesia di stendere a compimento di questo mio lavoro. Do in appendice la parte più saliente di questo suo Skizze ueber die Tofana-Kampfe im Jahre 1916, redatto sopra i l suo diario personale e le relazioni di combattimento dei suoi dipendenti. e colgo l'occasione per ringraziarlo ancora58 •

Negli anni successivi il lavoro di Pieri sulle Tofane sarebbe stato rivisto e ripubblicato in due edizioni, una nel 1930 e l'altra nel 1932, con il titolo La nostra guerra tra le Tofane A spingere P ieri alla revisione del testo, come annunciava egli stesso nelle due introduzioni, fu in parte la pubblicazione di opere ufficiali, come il secondo volume della relazione dell'Ufficio storico dell'esercito, edito nel 1929 e dedicato alle operazioni del 19155 9

Soprattutto però fu l'approfondirsi dei contatti con altr i ex -militari asburgici (ora studiosi) e tedeschi che s i stavano dedicando a studi sulle operazioni nel settore del Trentino . Con molti di essi Pieri stabilì una vera e propria collaborazione-corrispondenza per la ricostruzione degli avvenimenti . Tra questi possiamo ricordare Josef Polzleitner, autore di una monografia dedicata al 165° battaglione di fanteria impiegato sul fronte italiano 6<>, di cui si trovano tracce nella corrispondenza di Pieri61 e Viktor Schemfil (1879 -1960), ufficiale del 3° reggimento Kaiserjager e autore nel dopoguerra di una serie di monografie sulla guerra nelle Alpi dolomitiche , tra cui una dedicata al Col di Lana62 • Quest'ultimo assieme al Pichler fu il più importante esponente della storiografia regionale che nel dopoguerra ebbe come protagonisti exufficiali asburgici di origini tirolesi 63 . Rilevante fu anche la corrispondenza con Guido Burtscher, un ex-tenente , autore di un volume pubblicato nel 1933 dedicato proprio alle Tofane. I rapporti con quest ' ultimo portarono ad una «simpat ica collaborazione», come la definì Pieri nel s econdo dopoguerra, tale da tenere ne l 1931 un sopralluogo congiunto in Trentino per meglio definire l'andamento delle operazioni da entrambe le parti 6 .i,.

Pieri si avvalse anche della collaborazione di alcuni ufficiali italiani che avevano servito nel settore delle Tofane, per vagliare le informazioni ricevute dai suoi corrispondenti:

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Rettifiche del colonnello Carlo Rossi alla descrizione del combattimento di Fontananegra del 19-7-1916, contenuta del vo lume dello Schemfil (Da lettera del 13 febbraio 1928) . [...]Nel complesso l'azione è descritta bene, salvo alcune in esattezze che, a semplice titolo d'informazione, qui metto in evidenza:

a) Il fuoco della nostra artiglieria durò 10 minuti esattamente per parte di una sezione da 75 mm, postata sulla Forcella Fontana Negra e diretta contro le posizioni avanzate nemiche65 •

Il corrispondente di maggiore interesse però fu il generale tedesco Konrad Krafft von De!Jmensingen (1862-1953), con il quale Pieri intrattenne una notevole corrispondenza, che trascese la guerra sulle Dolomiti. Si trattava dell'ufficiale comandante dell'Alpenkorp, costituito dal)' esercito tedesco nel 1915 per s uppo rtare la difesa austriaca del Trentino, allo scopo di impedire agli italiani una rottura del fronte verso nord che avrebbe potuto minacciare la Baviera.

Circa le Tofane, ebbe importanza soprattutto la copia manoscritta di un diario (Tagebuch), il cui o riginale era negli archivi di Berlino, e che raccontava la prospettiva di Dellmensingen sul fronte trentino dal giugno 1915 all'agosto 191566 • Pieri se ne servì ampiamente per aggiungere la narrazione tedesca a quelle italiane e austriache, completando così la ricostruzione degli avvenimenti con fonti provenienti da tutte e tre le parti in causa, vagliandole criticamente, trasformando la natura del volum e da memorialistica a monog rafi ca, come lo stesso Pieri ci tenne a sotto lineare nell'introduzione alla seconda edizione:

Concepito in origine, su la base soprattutto di memorie mie personali, come semplice narrazione degli ostinati e sanguinosi attacchi al Caste lletto e della successiva grandiosa mina, venne via via amp l iandosi per collocare l' episodio nel quadro di tutte le operazioni contro lo sbarr a· mento austriaco Alto Cordevole Val parola.(... ] e la narrazione minutissima delle gesta del a0 reggimento Kaiserjiiger nella guerra mondia le, del Ten. Co l. Schemfil, fondamentale soprattutto per le operazioni dell ' ottobre-novembre 1915 e importante per la lotta di mine sul Piccolo Lagacciò . Inoltre, potei da varie parti ottenere nuovi dati e informazioni; e di particolare interesse fu la mia corrispondenza con S.E. il generale Krafft von Dellmensingen [. .. )67

L' approccio di Pieri era molto originale per i tempi, trattandosi - come egli stesso ebbe modo di rivendicare - di ,,un esempio di collaborazione tra ufficiali italiani, austriaci e tedeschi»68 • Ottenne il plauso degli ex-nemici, un dato piuttosto raro per la storiografia della prima gene-

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razione, a causa del suo carattere fortemente nazionale. Ancora oggi, Giorgio Rochat , nella sua tes timonianza su Pieri, l' ha ricordato come <•la più bella monografia che c'è su lla Grande guerra - monografia settoriale non di una battaglia singola - proprio perché fatta da uno che c'era stato, con le testimonianze, con le poche cose scritte e con i tedeschi o con gli austriaci »69 .

Da un punto di vista metodologico, certamente uno dei grandi meriti di Pieri, lo ha intuito Labanca, fu quello di rappresentare uno dei primi inco ntri tra storici austriaci e italiani, dai quali egli fu non probabilment e ma - alla luce della documentazione - certamente influenzato 70 • Questa attenzione a quanto dicevano gli ex avversari, assieme all ' accoglienza delle voci più indipendenti provenienti dalla storiografia nazionale, contribuì non poco alla maturazione della «visione critica» che Pieri ebbe della Grande guerra italiana nel suo complesso.

Una visione critica della Grande guerra

Ne l primo dopoguerra, il conflitto appena concluso e soprattutto Caporetto avevano lasciato spaccature profondissime nell'opinione pubblica. inasprite dai risultati dell ' inchiesta voluta dal governo Orlando nella quale erano emersi tutti i limiti e gli errori del comando supremo , guidato da Cadorna, assolvendo nel contempo i cosiddetti disfattisti (giolittiani, cattolici e socialisti) dall'aver causato il crollo del fronte 71 • Dopo l'inchiesta, le forze annate si trovarono di fatto messe sotto attac co, anche dagli ambienti democratici, a cominciare proprio dal gruppo raccolto intorno all' «Unità» cui Pieri contribuiva72 • Le prime aspre polemiche furono però rapidamente messe a tacere dal fascismo, il quale in tema di gestione della memoria della Grande guerra attuò una precisa s trategia di silenziamento delle critiche e di coatta 'pacificazione', mentre il Paese scivolava nella dittatura, anche allo scopo di conquistare il consenso dei militari necessario per il consolidamento del potere di Mussolini. Emblematico, da questo punto di vista, fu il conferimento del grado di maresciallo d ' Italia tanto a Diaz quanto a Cadorna, scelto come una sorta di pacificazione obbligatoria e ufficiale delle due fasi della guerra, volta a chiudere le precedenti polemiche73 • Come parte di questo processo, il fascismo censurò le opinioni critiche, las ciando per esse so lo alcuni limitati spazi, che poterono sopravvivere a patto che il confl itto fosse comunque esaltato nel giudizio di «una guerra come giusta, popolare , innovatrice e vittoriosa»7 4

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Pieri trovò il proprio spazio critico prevalentemente sulla «Nuova Rivista Storica» e in misura secondaria su altri periodici che gli consentirono la pubblicazione di schede, recensioni e rassegne (non saggi). Attraverso queste pubblicazioni egli cosh·uì una propria «visione critica» complessiva del conflitto. Naturalmente, da storico militare della prima generazione, Pieri si focalizzò soprattutto sui nodi della condotta della guerra italiana, mantenendo al tempo stesso l'esaltazione patriottica, non sorprendente nell 'ex-ufficiale interventista e salveminiano del 1914-1915. Apparentemente, ma solo apparentemente, c'era qui un punto di contatto con il regime.

Al centro di questo complesso rapporto stava il giudizio sul valore del combattente italiano (cui pure Caporetto aveva inflitto un duro colpo) e che divenne un punto centrale nelle reazioni critiche di Pieri alle accuse o ag li stereotipi frequentemente rivolti dagli autori stranieri. Nel 1928, scrivendo la recensione al volume dello studioso francese Bertrand Auerbach L'Autriche et la Hongrie pendant la guerre' 5 , pur riconoscendone i pregi e definendolo «ricco d ' informazioni» e «utile sotto molti riguardi», s i scagliava contro l'autore:

Quanto alla guerra su l fronte italiano, l'A. confessa di non essere un tecnico e di non volers i porre dal punto di vista ita li ano , e si serve quasi esclusivamente del quinto volume della nota opera Der Grosse Krieg dello Schwane (Leipzig, 1922)76, fonte assai importante. ma ostilissima all'Italia e da usare con molta prudenza: bastava che l'A. si fosse messo dal punto di vista dell'obiettività [ ... ]. Le battaglie dell' Isonzo sono tutte uguali, non si distinguono che per il numero ordinale; gl i Austriaci senza vestiti, senza nutrimento, senz'armi resistono sempre. Che dire di Caporetto? (... ] E cita con vera gioia il famoso comunicato di Cadorna, così come fu diramato in Francia: «le fameux communiqué de Cadorna, du 28 octobre, flétrit le défaut de resistence d'une partie de la 2 • armée, qui se rendit à l' ennem i 'criminellement et ignominieusement'» [ ... ]. Inutile dire che i tre corpi italiani s'arresero senza combattere così come, per citare un so lo esempio, i corpi francesi 30° e 11° il 27 maggio 1918. Quanto all'epica difesa del Piave del giugno 1918, che segnò il vero tracollo della monarchia [asburgical, il merito fu tutto della piena del fiume; e po i gli Austriaci erano spossati e mal nun·iti ! ! ! ... Non parliamo di Vittorio Veneto; fu vinto un esercita già disfatto, e del resro, se merito ci fu, esso spetta soprattutto a Inglesi e Francesi 77 !

Non era una reazione nazionalistica ottusa e chiusa. Infatti , tali stereotipi hanno avuto a lungo persistenza nelle narrazioni straniere sul fronte italiano, spesso trascurato oppure oggetto di eccessive semplifica-

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zioni , se non di veri e propri stereotipi , specie nella pubblicistica (anche recente) straniera7 8 • Agli studios i che pure non risparmiavano critiche agli italiani ma che egli rit eneva attendibili, come Dellemsingen, autore della relazione ufficiale tedesca sulla operazioni in Italia 7'>, Pi eri riconosceva che le informazioni contenute nei loro lavori, per quanto potessero risultare sgradite nella penisola, andavano comunque prese in considerazione per tracciare il quadro degli eventi :

Quanto all'altra grave questione dello stato d'animo d i parte delle truppe , non si può negare però che il Dellmensingcn ci dia notizie gravi , e per noi dolorose , ma di fronte aJle quali sarebbe vano chiudere gli occhi . Un fenomeno come quello di Caporetto è troppo complesso perché si possa spiega rl o con una so la causa , e della depressione morale del momento non s i può non cene re conto , salvo ricercare a quale categor ia di disfattisti - socialisti, giolittiani, clericali - essa spetti soprattutco, e se non vi abbia avuto parte anche il cattivo governo del soldato al fronte . Così ad esempio leggiamo (I , 57) che quattrocento nostri prigionieri in parte eran nirbati, in parte li e ti, e gridavano: «Viva la Germania!»[ ... ]. E la descrizione della rotta nella pianura friulana è dolorosa e impressionante, sebbene orma i g ià notissima. Nell'insieme p e rò i tedesch i avevano l'impressione che la crisi morale fosse soprattutto nella II Armata: i reparti della III armata e deJla zona Carnia si dimostravano assai più solid i80 •

Persino le commissioni di conco rso non poterono nega.re che questo e ra uno dei suoi più grandi pregi, quando affermarono che «gli scritti rece nti sulla guerra mondiale, sia quelli di rico struzione particolare, sia qu elli polemici con critici militari stranieri hanno pagine ed efficaci e vive anche perché vissute da valoroso soldato»81 •

Che quella di Pieri non fosse una posizione nazionalista e patriottarda, lo d im ostra, parallelamente. il suo rapporto con la pubblicistica e la nascente stor iografia italiana, a cui lo studioso prestò attenzione soprattutto nelle sue voci critiche. In una delle prime Rassegne di storia mil itare, intitolata Per la storia della guerra sul fronte italiano, uscita nel 1925, eg li diede ampio spazio ad autori che non erano particolarmente ben visti dall'ambiente militare. Tra questi, Douhet, con il suo Diario critico di guerra in due volumi, che in sostanza raccoglieva le osservazioni maturate prima di essere arrestato 82 • Per il lavoro di quest'ultimo, Pieri dimostrò un certo apprezzamento, soprattutto per le critiche alla condotta tattica del Cadoma:

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Il quale dimostra senza dubbio acutezza d'ingegno e studio appassionato dei problemi militari. [.. -1 Le critiche maggiori alla condotta della guerra sull'Isonzo e, nel maggio-giugno 16, sugli altipiani, non sono quindi frutto di osservazioni e di esperienza diretta. Ad ogni modo il Diario, sebbene spesso prolisso e ridondante di ripetizioni, contiene molte osservazioni giustissime. Vi si pone in rilevo la deficienza di mezzi con cui si è entrati in campagna, le lungaggini burocratiche ed ostruzionistiche dei comandi e dell'amministraz ione militare, il terrore della responsabilità, gli uffici inutili o troppo numerosi di personale imboscato nelle retrovie, l'inframmettenza degli alti comandi in quistioni di ultimo ordine e la loro assenza quando davvero c ' è ne è bisogno, gli ordini e i contrordini, il fare e disfare. Le critiche al famoso libricino all'attacco frontale del Cadorna sono nell'insieme cose giuste, e giustificato è il ripetuto lamento che non si sia fatto tesoro dell ' esperienza di nove mesi di guerra sul fronte francese e che si voglia avanzare a qualunque costo contro i reticolati intatti. Conveniamo coll'autore anche quando lamenta il cattivo servizio d'informazioni del Comando supremo, la mancanza d ' unità e d'organicità in mo lte azioni e lo stillicidio dei piccoli fatti d'arme, voluti per ambizione di qualche Comando, o per far apparire qualche cosa su l bollettino, su quel bollettino ch'egli trova non di rado ricco di esagerazioni e travisamenti 83 .

In particolare, il riferimento alla «libretta rossa» non era casuale . Come è noto, questo breve testo di 62 pagine, distribuito agli ufficiali ai primi del 1915, conteneva le norme per l'impiego tattico offensivo della fanteria e faceva dell'assalto frontale la forma pr in cipale di attacco, ignorando di fatto tutte le difficoltà di avanzare in un terreno allo scoperto, dichiarando al contempo che la guerra di trincea costituiva un'eccezione rarissima 84 A riguardo va ricordato il peso che per Pieri, come per gli altri storici della sua generazione, aveva una esperienza diretta dei combattimenti e la sua memoria e i suoi studi sul conflitto ne furono profondamente segnati. Come ricorda Rochat, per lo studioso, la libretta d ivenne oggetto di «odio, molti l'hanno buttata via dimenticata ecc . quelli che la ricordavano . .. Pieri stava ancora male quando ne parlava» 85

Nella stessa rassegna, lo storico esprimeva il suo apprezzamento anche per il lavoro di Novello Papafava, un altro ex -c ombattente ed autore di matrice democratica, capace di prestare attenzione alle questioni militari 86 Ex ufficiale degli alpini come Pieri, Papafava nel dopoguerra fu autore di una serie di libri di un certo pregio, tra cui Appunti militari, nel quale sottolineava come tra le basi del disastro di Caporetto c'era il dissidio tra Cadorna e il generale Capello sullo schieramento della II

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armata87 .Un aspetto che secondo Pieri, l'autore aveva espresso «con una acutezza e chiarezza che non si potrebbero desiderare maggiori[ ... ] una delle cause non ultime del disastro» 88 • L'approccio di Pieri invece si faceva molto più critico nei confronti della pubblicistica dei militari , spesso prodotta in senso auto-assolutorio. Nel 1931, attaccò duramente il volume del generale Felice De Chaurand Come l'esercito italiano entrò in guerra, secondo il quale la forza armata:

[... } ad onta delle diverse crisi che aveva dovuto traversare, degli stanziamenti perennemente insufficienti dell'antimilitarismo , dell'incuria dell'opinione pubblica e dei governi, e via di seguito, rappresentava nel 1914 uno strumento solido [.. .j. Se nel maggio 1915 l'efficienza militare italiana non era maggiore, la colpa fu esclusivamente dei governi e della classe dirigente del paese, che non avevano curato nel modo dovuto gli ordinamenti militari della nazione. In tutto questo c' è senza dubbio del vero; ma s iamo di fronte a una tesi esclusivista, e di conseguenza unilaterale: infallibilità dei militari di professione, errori continui dei non militari 89

Analoghe erano le critiche di Pieri al marescia.llo Giardino 90 • Nei suoi tre volumi di memorie riprendeva molte delle giustificazioni addotte dai militari per spiegare il disastro del 1917, a cominciare dal cedimento morale e dalla tesi che avendo l'esercito italiano portato avanti tre anni di offensive consecutive mancava di un'appropriata esperienza della guerra difensiva. Commentava Pieri:

L' A. attribuisce la rotta dell'ottobre '17 unicamente, anche per la rottura iniziale, alla mancata resistenza delle truppe, al cedimento morale. Ma non porta un solo dato di fatto al riguardo. contrariamente al suo metodo abituale. Nel secondo volume, al contrario, egli pone in rilievo come il Comando supremo, e non quello soltanto, fossero in vista della battaglia difensiva , preoccupati che non si ricadesse negli errori del passato (Il, 280,238,241,303,358,361). Dunque già prima della commissione d'inchiesta, elementi responsabili, che non dovevano fare la storia a scopo polemico [ ... ] si riteneva che avessero contribuito al rovescio con numerosi errori di carattere tecnico. Interessante poi quest ' asserzione (II, 040): «Era questa la prima battaglia difensiva , in una guerra nuova, senza dottrina stabilita». L' esperienza nostra nel Trentino, quella francese <li Verdun, e la stessa difensiva tedesca contro Nivelle prima e contro gli inglesi poi. nel "17, non avevano insegnato nulla, e si era giunti alla battaglia dell'ottobre '17 senza alcuna difensiva?! 91

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Sempre nella recensione a Giardino. Pieri sottolineava quello che a suo parere era uno dei maggiori limiti imputabili a Cadoma: il rapporto tra il comando supremo e il governo. In tutte le potenze coinvolte nel conflitto questo costituì uno dei nodi gordiani dei rapporti tra militari e politici, ma in Italia esso conobbe un assestamento assai particolare. a causa del vero e proprio isolamento ed esclusivismo voluto da Cadoma nella gestione delle operazioni 9'1 Ecco il giudizio di Pi eri già nel 1927:

In un altro punto ci permettiamo di dissentire: là ove l'A. si scaglia contro !"on. Orlando e due altri ministri rei di aver domandato al comando supremo se fosse preferibile ponar senz'altro la difesa al Mincio. n fatto rientra nella delicata questione dei rapporti tra Governo e comando supremo in tempo di guerra. Riteniamo che il Capo del governo abbia non solo il diritto, ma il dovere di sapere come vanno le cose, e quando occorra anche di dar le direttive. Nel caso particolare. !'on. Orlando aveva toccato con mano i risultati ultimi delrinfallibilismo cadomiano; il nuovo capo di stato maggiore era poco noto, dei sottocapi uno aveva avuto il suo corpo d'armata sommerso e l"altro aveva garantito, a Roma, alla Camera, il 24 ottobre. che tutto era ben disposto per rintuzzare l'offensiva. Che c·è di strano dunque, che il capo del governo. ossia la suprema autorità gerarchica responsabile, ,·olesse veder da vicino gli uomini del comando supremo e discuter con loro'? Proprio uno dei meriti del Diaz fu quello di stabilire rapporti cordiali e di sincera collaborazione col governo!. .. 9".

Ma al di là delle proprie dirette esperienze di combattente, dei contatti con gli cx-avversari, e dei commenti di Papafava, o di Giardino, o di altri, l'impostazione critica e il giudizio indipendente che Picri andava formandosi dovette molto all"influenza che su di lui ebbero la corrispondenza e i lavori di due ex combattenti: come abbiamo detto, il generale tedesco Dcllmensingen e il generale italiano Rob erto Bencivenga, con i quali sarebbe entrato in contatto tra il 1927 e il 1930.

Il primo. oltre a comandare l' Alpenkorp in Trentino n el 1915. fu nell'ottobre 1917 capo di stato maggiore della 14• Armata austro-tedesca. una unità d"élite che ebbe il ruolo principale nello sfondamento del fronte italiano su ll 'Isonzo. Del lavoro del generale tedesco, lo stu dioso italiano aveva una certa stima, e ancora nella sua sintesi del 1965 . avrebbe definito Der Durchbruch am Isonzo un volume «fra i più importanti della storiografia sulla guerra italo-austriaca>19\

Picri scrisse a Dellmcnsingen nell'estate del 1927. inviandogli copia della recensione che aveva scritto sul suo volume. ma passò quasi un

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anno prima che i due riuscissero ad entrare in contatto 95 • Fece segu ito l'invio da parte dello sto rico italiano della prima versione del suo sagg io sulle Tofane, al q u ale il tedesco appose alcune ch iose riguardanti a lcune azioni tattiche italiane e racco ntando le vicende della guerra nel Trentino dal proprio punto d i vista96 In seguito, le loro discussioni si spostarono sui problemi p iù generali de l fronte austro-italiano e in u n a lunga lettera del maggio 1928, Dellmensingen espose una serie di a m pie cons iderazioni ad un testo inviato da Pieri sulla battaglia di Capo retto, cominciando col confermare alcuni problemi interni all'eserc ito italiano riguardanti gli alti com an di e i co ll egamenti:

Onoratiss i mo Signor Professo re, [...] La sua descrizione delle cause della sconfitta di Caporetto è assai chiarame n te congegnata ed è la migliore che io per o ra abbia letto da par te italiana . La sua op i ni one si accosta a quella de l come Novello Papafava dei Carraresi. la cui opera io potei conoscere solo recentemente c intorno alla quale io più volte sono stato in corrispondenza coll'autore. Già nel mio l ibro io pote i ind icare come importanti cause della rotta l'inefficiente accordo fra i maggiori capi (Cadorna-Capello) e la mancanza di reazione da parte dell'artiglier ia. C h e la mancanza di collegamento fra i reparti di truppa sia in ciò fondata, che solo nell'ultimo tempo p ri ma dell'attacco ebbero luogo notevoli movimenti di truppe, mi sembra a lquanto dubbio. Se esse nel presidio del setto re di combattimento fossero subito e solo state i mpegnate per la durata di molte ore, la situazione sa rebbe rimasta la stessa o poco diversa Ammetto piuttosto che il collegamento fra le unità di combattimento e le diverse parti del retrostante schieramento, in montagna posso essere più gravoso e tale da esse r mantenuto solo con un assai maggiore scemp io di tempo, che in pianura o in collina. A ciò si aggiunge, a mio avviso, la circostanza che gl'ltaliani fin'allora non avevano avuto alcuna seria occasione di difendersi contro un poderoso e veramente moderno attacco Perc iò i capi, e specialmente quelli di minor grado non conoscevano abbastanza le d iffico l tà di questa difesa, che per d i più d"altra parte in montagna sono ancora magg iori 97 •

Dell m ens ingen poi offriva alcune consideraz io n i sui metod i tattici italiani e su l loro impatto nella battaglia. A suo giudizio, uno dei problem i princi p ali de l Regio eserc ito era che l'esperienza italiana era condizionata fortemente dall a guerra contro gli a ustriac i, che non disponevano dei mezzi dei tedeschi . Ad esempio, un fattore chiave del successo iniz iale di Caporetto sarebbe stato il violento bombardamento d'artiglieri a , molto superiore a quelli a cui gli italiani erano ab ituati . Dellmen-

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singen poi sosteneva che l'artiglieria italiana aveva aperto il fuoco di soppressione dell'attacco troppo tardivamente, confermando l'esistenza di collegamenti inefficienti tra la fanteria e le batterie. Infine , invitava Pieri a non esagerare l'importanza del gas, sul quale egli aveva fatto soprattutto conto per gli effetti morali «perché il soldato italiano ancora appena poteva avere imparato a conoscere, ma bene delle s ua perfidia e terribilità già poteva aver udito»98

Dellmensingen poi discuteva la questione de!Ia penetrazione nella «porta di Poni» e nella valle di Plezzo, dove le forze degli Imperi centrali avevano effettuato i due sfondamenti decisivi nello schieramento italiano, sostenendo che non era vero che era mancata la resistenza. Infatti, secondo il tedesco, a pesare furono soprattutto i metodi tattici tedeschi che non erano familiari a molti ufficiali italiani, come egli ebbe modo di apprendere dagli interrogatori, né riteneva che la situazione sarebbe stata rovesciata daI1'arrivo tempestivo delle riserve itaiiane99 • Infine, nella seconda parte della lettera, si intratteneva nuovamente sulla guerra nel Trentino, esprimendo la considerazione che per gli italiani sarebbe stato possibile conseguire successi molto maggiori di quanto avevano fatto nel 1915 100

Le conside razioni di Dellmensingen ebbero una notevole importanza per Pieri. Ancora nella biografia di Badoglio firmata con Rochat ed edita nel 1973, riguardo alla questione del mancato impiego delle artiglierie , una delle principali responsabilità imputate al futuro maresciallo nelle fasi iniziali di Caporetto, lo studioso si sarebbe richiamato al gene rale tedesco 101 • Parte delle considerazioni espresse nella lettera sul Trentino finirono nella seconda edizione del volume sulle Tofane, come appendice1 02 . Infin e, la prima parte, quella su Caporetto, fu pubblicata alla fine del 1928 sulla «Nuova Rivista Storica», dove Pieri approfittò per esporre la tesi secondo cui o ltre alla superiorità tattica tedesca avevano pesato so prattutto cause endogene, di fatto contraddicendo, almeno in parte, Dellmensingen:

a) Il dissidio Cadorna Capello e, di conseguenza, la crisi dello schieramento e il tardivo invito di rinforzi alla nostra sinistra sull'Isonzo; b) il mancato sbarramento della stretta a Nord di Foni sull'Isonzo; c) il mancato o deficiente collegamento tra il IV, il VI1 e il XVII Corpo e colla Zona Carnia: d) il mancato tiro di contropreparazione e di sbarramento da pane dell'artiglieria del XXVII Corpo d'armata ; e) il precipitato abbandono d ella stretta di Saga Tutti fatti, questi, la cui responsabilità potrà essere palleggiata fra un comando e un altro, un generale e un altro, ma è in fondo questo affare secondario 10.3.

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Senza questi limiti ed errori «nonostante le condizioni di stanchezza, gli Austro -tedeschi no n sarebbero andati oltre un grosso successo locale», suffragando le tesi di Angelo Gatti, espresse in un volume del 1 921, secondo cui mo lto della sconfitta si doveva al logoramento inflitto alle truppe dalla condotta dell'a lto comando, senza il quale non si sarebbe verificato il disastro 104. A conclusione del ragionamento, Pieri sostenne la necessità che per comprendere davvero la questione si arrivasse ad un <<esame sereno, attento e minutissimo, delle diverse situazioni dalle due parti, ora per ora . Questo esame ancora manca»1 05

In questi passaggi crediamo emerga tutta l'apertura culturale e storiografica di Pieri, capace di affermare la necess ità di integrare le due prospettive in anni difficili come quelli del fascismo. Volendo, sempre nelle stesse righe, troviamo anche il limite (più che comprensibile per un ex co m battente) di Pieri, e del suo tempo, che era quello di una rivendicazione patriottica del valore del combattente italiano senza che però - nel suo caso - questo significasse ignora re la ri cerca delle cause della disfatta . D'altra parte, questo era avvenuto anche nella sua storia del Rinascimento: era nella capacità (o meno) di combattere degli italiani (e non ne l valore degli avversari) che andavano ri cercate le cause della vittoria e della sconfitta.

A partire dal 1930, a integrare e a sorreggere la visione di Pieri sugli aspetti militari della partecipazione italiana alla Grande guerra sarebbe intervenuto il lavoro del generale Bencivenga, con la sua opera in più volumi Saggio critico sulla nostra guerra 106 L'autore era stato tra i più stretti collaboratori di Cadorna durante la guerra e nel gennaio 1916 fu posto a capo dell'ufficio segreteria del comando supremo, fungendo di fatto da capo di stato maggiore di Cadorna per le operazioni107. Essendo un colonnello, la sua funzione lo portò a svolgere funzioni molto più importanti di quelle che il suo grado avrebbe indicato. Ebbe parte rilevante nelle decisioni riguardanti la Strafexpedition e la presa di Gorizia, ma a metà del 1917 i suoi rapporti con Cadorna cominc iarono a guastarsi :

I miei rapporti col generale Cadorna furono più che filiali fino all'estate inoltrata del '17. Una sola nube passeggera velò per poche ore i nostri rapporti dopo Go ri zia, Cadorna improvvisamente mi chiese che cosa pensassi dei miei collaboratori (Pintor, Cavallero, Gazzera , Dusnasi) e se taluno di essi mi avrebbe potuto eventualmente sostituire. Io espressi senza reticenze il mio parere, il che tradiva tutto un ragionamento intimo che si svolgeva nella mente del capo, mi disse: ~s.M . mi ha detto che

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Lei appartiene alla massoneria, ed anche Badoglio . . .» Io seccamente rispos i che in vita m.ia non avevo mai accettato vincoli alla mia libertà d i pensiero e di azione, che non appartenevo ad alcuna setta o conventicola e se S.M. era così bene informato nei miei riguardi, v'era di che allarmarsi dell'esattezza delle sue conoscenze personali in altri campi ben più importanti108

Nell'agosto 1917 Bencivenga fu allontanato dal Comando supremo e gli furono inflitti tre mesi di arresti in fortezza. Dal 1 ° novembre 1917, fu al comando della brigata Aosta che condusse sul Grappa e sul Piave, conquistando una medaglia d'oro e una d'argento . Nel 1919 lasciò il servizio attivo e cominciò un'intensa attività di pubblicista e cr itico militare, per poi esse re eletto deputato, nel 1924, nella lista democratica e antifascista di Giovanni Amendola. Dopo l'omicidio Matteotti (1 O giugno 1924) si sch ierò apertamente contro il fascismo e partecipò alla secessione dell'Aventino, decadendo dalla carica in seguito ai provvedimenti di Mussolini contro i deputati aventiniani . Nel 1926, sfidò a duello Arnaldo Mussolini e non ricevendo soddisfazione accusò pubblicamente la famiglia del dittatore di viltà: di conseguenza fu radiato dall'esercito e condannato a cinque anni di confino che scontò sull'isola di Ponza. Fu durante questo periodo che cominciò la scrittura del suo Saggio critico, che uscì tra il 1930 e il 1937 presso alcune semisconosciute tipografie romane, rigorosamente soggetto alla censura preventiva sia del governo sia dei vertici dell'esercito. Come scriveva a Pieri, in relazione al volume sul 1916:

Carissimo e chiarissimo professore, ieri sera mi è stato comunicato il permesso concesso alla diffusione del mio libro e mi affretto a dargliene notizia.

Ma quale brutto quarto d'o ra ho passato! Il libro era passato alla censura politica; ma quando è andato nelle mani del gen. Pariani. questi pretendeva che il ministero della stampa mi imponesse alcune modifiche nella parte riguardante gli avvenimenti in Trentino. Preciso non so d i che si trattasse, so soltanto che avrei dovuto modificare cinque pagine! Può immaginarsi la mia rabbia in quanto le modifiche tendevano quasi certamente a travisare verità, o quanto meno ad offuscarla.

Il Pariani che nel 1916 faceva parte dello stato maggiore del V corpo, ed e ra uno dei più ardenti zelatori della marcia su Trento, vorrebbe nascondere il delitto allora commesso da lui e da i suoi altri colleghi trascinando quel buon uomo di Zopp i (un leggerone!) e influendo sullo stato maggiore della I armata. il quale a sua volta trascinava il buon Brusati a

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concedere via libera al subordinato. Non solo , ma il Pariani, amico del Cavallero, cercava di influire anche sul C.S.; e quella lettera che si cita sovente per dimostrare come Cadorna approvasse l'offensiva in Val Sugana , fu portata proprio a ll a firma in mia assenza sorprendendo la buona fede del Cadorna. Al mio ritorno ne presi conoscenza e non mancai di farne un duro rimprovero al Cavallero, il qua le si è dimostrato incorreggibile, visto che ancora alla vigilia di Caporetto, tradiva il pensiero di Cadorna, nel colloquio con Capello!

Se ciò vuole la burrasca è passata; ma ahimè con quanta trepidaz ione mi rimetterò al lavoro per la campagna del 1917! 109

L'opera di Bencivenga fu importante perché offrì a Pieri (e ai suoi lett ori) una visione dettagliata dei problemi organizzativi e operativi d ell'esercito, facendone uno studio fondamentale tra quelli italiani della prima generazione. Pieri lesse approfonditamente i volumi, come si può dedurre dalla ricchezza di annotazioni, presenti nelle copie personali ora conservate nella Biblioteca nazionale di Torino. In particolare, il volume su Caporetto contiene centinaia di appunti. Un solo esempio: laddove Bencivenga afferma «pertanto gli avvenimenti dell ' autunno ' 17 mettono in primo piano la questione dell'ordinamento del Comando supremo e del suo funzionamento», Pi eri scrive di fianco «Ciò è certamente una questione di fondamentale importanza . Si doveva però pensa re che l'esercito in guerra aveva imparato ciò» 110 .Come vedremo, la questione della costituzione del comando supremo fu uno dei principali punti su cu i Pieri aderì alle tesi di Bencivenga e questa anno t azione è uno tra i moltissimi segni di quanto egli apprese dai volumi del colonnello.

È un dato di fatto che Pieri - fra i pochi che ne ebbero il coraggiorecensì i volumi sulla «Nuova Rivista Storica» nel 1930 , nel 1935 e nel 1940, dandone giudi zi estremamente positivi :

Il saggio critico sulla nostra guerra del Gen. Bencivenga occupa un posto a sé nella storiografia sulla nostra guerra.[ . . .] L'opera di B. è quindi particolarmente importante sia per la dottrina e l'acutezza delraucore, che p e r la sua partico lare posizione, la quale gli consenti di vedere e sapere molte cose , e d'aver contatti colle più alte personalità militari italiane e straniere. Soprattutto notevo le è l'esame della condotta strategica d e lla guerra. abilmente inquadrato nell'ampia e sicura visione delle linee maestre dello svo lgimento di tutto quanto il grande conflitto mondiale111 •

Anche per questo i due avviarono una fitta corrispondenza , cosa che permise a Pieri di aver accesso a molte considerazioni e notizie che

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Bencivenga poteva fornirgli privatamente e anche in anteprima rispetto alla pubblicazione. I due discussero così per via epistolare degli aspetti più vari della guerra italiana, a cominciare dal ruolo di Cadoma e del Comando supremo:

Purtroppo Cadorna, come anche Joffre, si dimostrò sempre eccessivamente preoccupato per la sua posizione; ciò lo indusse a dar corpo alle ombre e a commettere atti e manifestazioni ingiustificate. Così, dopo Gorizia, l'esaltazione di Capello da parte della stampa [ ...] destò le gelosie di Cadoma; il che condusse all ' allontanamento di Capello dalla fronte Giulia ed all'increscioso incidente con Bissolati112

Bencivenga contribuì anche a rafforzare alcuni punti di vista che Pieri aveva maturato autonomamente, come ad esempio quello riguardante il ruolo fondamentale degli ufficiali di complemento, anche a suo giudizio vera guida dei reparti:

Ella ha ragione d'insorgere contro l'insinuazione che la massa degli ufficiali in congedo non abbia dato tutto il rendimento che il paese aveva il diritto di attendere. Io sono testimone che i più fulgidi esempi di (illegibilc], di entus iasmo, di vo lenterosità, si ebbero nella élite degli ufficiali di complemento,( ... ] questa massa di giovani per lo più deJJa piccola borghesia (... ] che rivestivano il grado di ufficiale passando improvvisamente dal lavoro [illegibile] all'az ione di guerra1 13

Un altro aspetto essenziale che Pieri dedusse, anticipando lo stesso colonnello, fu la similitudine degli errori del comando italiano tanto nel corso della Strafexpedition quanto per Caporetto, riflesso di un lirnite più generale dell'impostazione di comando del Cadorna:

Caro ed illustre professore, ella ha messo il dito sulla piaga. È proprio vero che es iste una spiccata analogia tra gli avvenimenti del Trentino e quelli di Caporetto! Ma la ragione non è quell a che può apparire a prima vista, cioè il male endemico della nostra alta gerarchia-l'indisciplina! Già l'indisciplina germoglia so ltanto quando il capo non ha l'indispensabile ascendente sugli inferiori; ma soprattutto quando il superiore non sa o non vuo le imporre il proprio punto di vista per difetto di convinzione! È proprio il caso del generale Cadorna. Tutto quello che fu fatto per fronteggiare l'attacco austriaco nel Trentino è avvenuto rimorchiando la volontà del generale114 •

Tale problematica sarebbe stata esposta chiaramente soprattutto nell'ultima recensione su Bencivenga, dedicata al volume sulla guerra

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nel 1917 prima di Caporetto, nel quale secondo Pieri emergeva chiaramente il limite dell 'offe nsiva a oltranza di Cadorna, che non aveva conseguito alcun risultato apprezzabile, esponendo l'esercito italiano alla tenuta di un fronte scomodo dal punto di vista strategico e tattico, logorando nel contempo il materiale umano:

Da ciò il diffu so senso di stanchezza e di sfiducia, nell'esercito e nel paese, sfmttato senza scrupolo dalla propaganda neutralista e disfattista. R esponsabile primo di questo stato di cose appariva ai più il gen. Cadorna, col cattivo governo degli uomini, colla cieca ostinazione in costosissimi attacchi frontali , colla mania della spinta sul Carso , là dove il nemico era più forte e nessuna sorpresa o manovra era possibile115.

Pieri condivideva con Bencivenga anche le critiche alla scelta di Cadorna di disporre di un alto comando estremamente ridotto, a causa del timore che la sua influenza potesse essere minata dai subalterni, rifacendosi proprio all'esperienza di quest'ultimo presso il comando supremo:

Ora costui [Bencivenga parlava di sé], semplice colonnello, godeva bensì la piena fiducia del generalissimo, ma di fronte ai Comandi d'armata non e ra nulla( ]. Insomma, il Cadorna non aveva voluto sottoposti troppo autorevoli, tali da menomare di fatto la sua autorità( ] egli non era in grado in ultima analisi, di controllare le armate. Se poco le controllava in periodi di sosta, meno ancora poteva farlo durante la battaglia . Una volta questa ini ziata, egli non era in grado di farsi un concetto proprio del suo sviluppo: non disponeva di mezzi propri di controllo, non disponeva di ufficiali di stato maggiore coi quali guidare la lotta. Questo spiega dunque la perplessità del Capo nell ' arrestare l'azion e di fronte al contrario avviso dei dipendenti Comandi. (Si ricordi che per di più il Capello asseriva d ' essere stato fermato dal Comando supremo nello sfruttamento della vittoria di Gorizia, e l ' infondata acmsa aveva trovata larga eco nei giornalisti, in uomini politici e tra gli stessi combattenti) [...]. Il troppo autoritarismo s i risolveva dialetticamente in mancanza di autorità! 116

Poco conta che il Cadorna avesse un'esatta concezione della moderna guerra di posizione , se poi eg l i non seppe e comunque non fu in grado di chiarirne e imporne l ' attuazione ai suoi più immediati e diretti sottoposti; e che strategicamente fosse ben edotto del principio dell'economia delle forze , se all'atto pratico lo lasciò violare continuamente attraverso la discorde o disarmonica azione dei suoi dipendenti! 117

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Affermare che troppo autoritarismo si traduceva in una mancanza di autorità, tra l'altro basandosi sulle affermazioni di un ex confinato come Bencivenga, ai primi del 1940, cioè quando Mussolini era diretto verso la guerra e qualunque dibattito critico interno aJ Paese era stato stroncato, è un'affermazione che rende grande merito all'autonomia intellettuale dello studioso. Infatti, ricorda Rochat, lo spazio accordato a Bencivenga da Pieri va considerato tra «le cose più coraggiose che ha scritto sul fascismo, e anche le più degne, politicamente degne, perché ricordava un uomo che si era fatto a Ponza vari anni di confino»118

Ci volle però la caduta del regime perché le sue dettagliate e lunghe, solo apparentemente tecniche recensioni, uscissero dalla «Nuova Rivista Storica» che comunque era letta nel migliore dei casi da qualche centinaio di studiosi e da qualche decina di storici accademici (una sede, insomma, appartata) . Solo con la fine deUa seconda guerra mondiale e la proclamazione della Repubblica italiana questi scritti di Pieri poterono essere messi assieme, in quelle recensioni che sarebbero confluite nel 1947 nel volume La prima guerra mondiale, problemi di storia militare, peraltro presso una tipografia torinese, e quindi con un pubblico molto ridotto.

Per la verità nel 1942 , come l'autore stesso ci ricorda nell'introduzione, era stato Omodeo a propone che gli studi di Pieri suJ conflitto potessero uscire in volume per l 'ISPI , suggerendo in seguito anche i criteri di revisione per formare una sintesi organica:

Napoli 27 aprile 1942

Caro Pieri.

ho ricevuto e letto con moltissimo interesse la serie completa dei saggi che mi avete invi ato.

Le mie impress ioni sono queste

a) Gli studi sulla guerra europea sono interessanti quanto e qualcuno più di quelli sulla guerra italiana. Perciò invece di un'appendice conviene fa m e una serie a parte e intitolare tutto il volume: Problemi di stori a militare deJJa guerra 1914-1918. Conservasi anche in quegli studi su questioni dottrinali che non si riferiscono alla guerra combattuta (i problemi su llo Stato maggiore francese, sulla formazione dell'esercito tedesco fra le due guerre, eccetera) perché concorrono a informare sui problemi della tecnica militare. Lo studio Plutarco ha mentito a parer mio dovrebbe prendere posto a fianco dell'al rro sulla costituz ion e dell'esercito francese. I piccoli studi della guerra di montagna messi in serie, dovrebbero costituire una breve appendice. --

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L' articolo in francese lo ometterei: così pure non credo che convegna quello sul capitano Guarneri con l'argomento del libro: mi dispiace, perché si tratta di un argomento assai commovente.

b) L'artico lo sulla biografia della guerra mondiale come primo articolo può andare , se del volume bibliografico si fa un cenno in nota, magari agg iun gendo alcuni periodici che nel testo si riferiscono ad esso, e si lascia sussistere col testo solo la pane che si riferi sce ai caratteri della prima guerra mondiale. Bisogna che i primi artico]j siano fra i più interessanti per incatenare l'attenzione del lettore.

e) Riordinando il materiale conv iene eliminare le frasi che tradiscono la recensione, e le frasi che si adattano agli anni spesso lontani in cui sono state scritte. Date in vece il carattere che ai vostri lavori si compete di analisi continua della letteratura dell'argomento. A me con pochi colp i di lima è riuscito dare una continuità soddisfacente a ll e analisi su Carlo Alberto e sul Gioberti. Sarà così per le vostre analisi.

d) Omettete qualche frase di convenienza e opportunità, che spesso si deve usare in un articolo, ma che in un libro è meg li o trascurare. Sarà anche necessario essere in qualche punto p iù esplicito, per quanto si riferisce alla parte di Badoglio e Caporetto, perché non tutti arriverebbero a intendere gli accenni sulla questione delle artiglierie che non funzionarono.

e) Se vi riesce possibile qualche ritocco, accentuate qua e là l'assurdo dei tecnici di strategia di pretendere che l' apparecchio di guerra sia sempre pronto per le situazioni più impreved ibili , col risultato di impoverire tante altre forze etico-politiche che nel mondo moderno sono essenziali al successo definitivo. Nella prima guerra mondiaJe i tedeschi perdettero pur avendo riportato la vittoria sui campi di battaglia. E se in questa guerra gl'inglesi perderanno ciò sarà per un diminuito spirito politico che non per una revisione critica da parte dei tedeschi [... ]119 •

Negli anni successivi Pieri avrebbe lavorato a questo progetto, ma la genesi del libro fu complicata. Abbiamo visto che un bombardamento distru ss e le bozze e poi ci fu l'arresto del 1945. Infine , seguirono altre difficoltà di pubblicazione, dovute in parte alla crisi dell'ISPI e alle difficoltà poste dalla Mondadori a Omodeo per acquisire i diritti del libro. Insomma. in un'Italia onnai democratica, Pieri dovette ricominciare quasi da zero . Solo alla fine del 1945 riuscì ad ottenere dalla Facoltà di Magistero to rin ese i fondi necessari a provvedere alla stampa del libro , che poi fu effettivamente pronto per l'inizio del 1946 , come suggerisce anche la data della prefazione all'inizio del volume. per uscire l'anno successivo120 • Pieri attuò buona parte delle modifiche che gli aveva suggerito Omodeo, dividendo il volume in due grandi parti, di cui la prima dedicata ai 141 - -

La Grande guerra di Pi eri

Pieri storico militare

caratteri generali della guerra europea, raccogliendo le recensioni sullo sviluppo degli eserciti francese e tedesco, alla guerra sui fronti occidentale, orientale, balcanico, alla crisi interna dell'Austria-Ungheria e anche alla guerra sul mare121 • La seconda parte invece è caratterizzata da una maggiore sistematicità, anche perché le recensioni furono disposte in maniera cronologica, per fornire un quadro completo della guerra italiana. Come sottolinea Rochat, nell'introduzione alla riedizione del 1986, gli elementi chiave di questo volume erano il muoversi su una prospettiva:

[... ] politico-strategica e operativa, con una netta esclusione dei problemi di politica interna, dell'organizzazione del consenso e dell'economia bellica. [... ] Il maggior contributo cli Pieri allo studio della guerra è però nell'analisi delle operazioni, che per lui non significa soltanto la ricostruzione dei combattimenti, ma anche di conoscenza critica dell'organizzazione di comando in tutte le sue articolazioni e nel suo funzionamento concreto. La produzione italiana sulla Grande guerra ha la tendenza a concentrarsi sulle scelte di vertice e sulle esperienze dei combattenti, saltando le fasi intermedie; Pieri invece ha una visione più complessa , conosce l'importanza della catena di comando e le difficoltà di tradurre i piani degli alti comandi in movimenti concreti sul terreno, la varietà di cause che concorrono a determinare il comportamento delle truppe e lo straordinario consumo di energia morale e intellettuale che richiedono non solo l ' assalto, ma anche la preparazione della battaglia e la vita ' quotidiana' di un esercito di trincea122 •

La parte del volume dove emerge maggiormente la sua qualità critica è probabilmente quella in cui confronta le tesi di Dellmensingen riguardo a Caporetto con quelle del Bencivenga. Peraltro, negli anni precedenti, Pieri aveva continuato a discutere con entrambi delle reciproche pubblicazioni, conducendo una sorta di dibattito per corrispondenza:

Convengo col Krafft che alla vigilia dell ' attacco dell ' ottobre 1917 era possibile rimediare in qualche modo al difettoso schieramento dell'ala sinistra della 2 armata. Bastava per questo occupare co ll e riserve la line massima di res istenza e sotto la protezione di queste forze ripiegare le prime linee. Era in sostanza una manovra di piazza d'armi! Ma bisognava avere il coraggio di pretenderla (come sarebbe stato dovere di Cadorna) o di attuarla (come sarebbe stato dovere del comandante della 2 armata) 1 1 •

Da queste conversazioni a tre nacque uno scritto pronto nella seconda metà del 1942124 e che sarebbe confluito nel volume del 1947, nel quale avrebbe lasciato esporre a entrambi le loro tesi, in una sorta

142

di confronto botta e risposta 125 , al termine del quale Pieri riassumeva le posizioni, traendone delle conclusioni su Caporetto ben indicative del suo approccio ai problemi più generali della Grand e guerra: Di conseguenza, s iamo del parere che Caporctto costituisca una sorpresa strategica Così ad esempio fu una sorpresa strategica per i francesi la rottura del loro fronte allo Chemin des Damcs ( ]. Ma aJrinfuori di questi due punti, ci sembra importantissimo rilevare come il Krafft [ ] mostri in sostanza di condividere tutto quanto è di essenziale nella critica del Bencivenga: cattiva disposizione delle riserve. infelice impiego del VU Corpo. intempestive esitazioni neJrordine di ritirata dalrisonzo e dal Tagliamento. inutile sacrificio della destra della 2• armata e daJlc divisioni della Carnia. [...1Anche il Krafft respinge la semp licistica spiegazione dello 'sciopero militare· t... ]. Se deficienza vi fu nelle trupp e, (...] essa potrebbe se mai riscontrarsi nelle riserve del comando supremo; ma a questo proposito la prima spiegazione è da ricercarsi nel fatto gravissimo che esse non erano vere riserve. ma brigate scese a riposo [ ... ). Il Cadorna ha dato sì, spesso, degli ordini opportuni e saggi, e che mostravano in lui la visione chiara degli sviluppi della prass i guerresca e delle necessità nuov e. ma li ha dati burocraticamente . senza curarsi che fossero eseguiti . senza mirare a far sì che diventassero norma per tutto l'esercito in alto e in basso. Occorre invece che rordine pana da una profonda convi nzion e di chi lo emana e sia al livello della capacità tattica dei comandi e delle truppe.

La leggenda. interessata leggenda. ha parlato di improvvisa e imprevedibile rottura sul fronte militare deJr alto Isonzo, il 24 ottobre 1917. a cagione di un nostro sciopero militare. e di provvidenziali disposizioni del Cadorna che hanno permesso. attraverso una mirabile ritirata strategica, di ristabilire su l Piave la situazione. arrestando per sempre l'offensiva nemica. e salvando l'Italia. Lo studio spassionato degli avvenimenti, da pane nostra e da pane del leale avversario, consente oggi di ristabilire, nelle sue linee generali, la verità. Veritas filia temporis 126 •

Alla fine. dopo venti anni di dittarura e a trent'anni da Caporetto, Pieri era riuscito ad esprimere pubblicamente la propria visione critica della Grande guerra italiana.

Nel volume del 1947, questa pro spettiva critica emerge in senso maturo e si traduce in una demolizione dei miti giustificatori prodotti nel primo dopoguerra pe r occultare le responsabilità dei vertici militari e le difficoltà attrave r sate dall'esercito. L'esperienza personale in Pieri s i fondeva con la ricerca storica. In questa fase, se è pos s ibile un paragone con un altro autore della stessa prima generazione, Pieri ri-

La
Grande guerra di Pieri
- - 143

Pieri storico militare

corderebbe Liddell Hart (che pure non era uno storico) e le sue feroci critiche nei confronti dell'alto comando britannico, maturate negli anni Trenta, se solo Pieri avesse potuto parlare e pubblica r e - come faceva Liddell Hart - e cioè se non avesse invece vissuto in u n regime liberticida c h e di fatto gli impedì di esprimere le proprie opinioni 12 ; Quello che per Liddell Hart era stata la Somme per Pieri era stata Caporetto : m a l'uno poté scriverne già negli anni Venti e Trenta, l'altro dovette attendere (recensioni su una rivista tecnica a parte) la fine degli anni Quaranta128 •

Apogeo e limiti di un'interpretazione tradizionale:

L'Italia n e lla prima g uer r a mondiale

La sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo portarono ad un rapido abbandono dell'interpretazione guerriera della prima guerra mondiale, che aveva caratterizzato la retorica del regime. Dopo il 1946, la nascita della Repubb lica, democratica e moderata, ebbe come conseguenza anche la crisi dei paradigm i nazional -liberali, come quello di Volpe . Si fece l argo allora il recupero dell'idea de ll a prima guerra mondiale come guerra patriottica, o come «quarta guerra d' indipendenza», idea lmente connessa alla nuova lotta per la liberazione che era stata la Resistenza.

Tale interpretazione, che si affermò presto n el disco r so ufficia le, era fortemente permeata dai valori de ll 'interventismo democratico e avrebbe avuto un ruolo centrale anche in larga p arte della storiografia sul conflitto fino a metà degli anni Sessanta129 Tra le grandi opere di questa corrente di studi vanno inseriti, oltre - come vedremo - alla efficace sintesi firmata da Picri, gli studi di Brunello Vigezzi sul periodo della neutral ità e la Storia poUtica della Grande guerra di Piero Melogran i , un'opera che, pur presentando alcu ni elementi di novità, è stata apprezzata per le sue ricerche arch ivistiche e la sua interpretazione «in chiave neo -moderata»130 •

Rispetto a questi studiosi, molto più giovani, P ieri era un combattente ed un esponente di quella <<generazione del 1915» che, pur con molte declinazioni diverse, raccolse i giovani interventisti della borghesia italiana (in particolare quella vicina all'interventismo democratico) sotto la bandiera degli ideali del Risorgimento, configurandola come una «terza generazione» di patrioti , «figlia dei figli» dei primi liberatori131. Quella generazione, a cinquant'anni dell 'i nizio della guerra, solo

--144 - -

in parte accantonate le grandi polemiche dei primi due decenni postbellici, mirò a delineare il «passaggio alla storia del conflitto» 132 • Naturale evoluzione delle convinzioni maturate sotto, e sostanzialmente contro, il fascismo, perciò non deve sorprendere se il lavoro di Pieri come storico della Grande guerra rappresentò e per certi versi canonizzò il connubio di ideali patriottico-democratico-risorgimentali del primo ventennio repubblicano. Poco retorico e nazionalista, Pieri racchiudeva al tempo stesso la più alta rivendicazione del valo r e dell'operato del combattente italiano e la più sferzante critica dell'operato di Cadorna. Inviso a chi voleva una versione ufficiale e pacificata (co n Cado rna e Salandra) deHa guerra. Pieri garantiva d'altro canto un ' assunzione patriottica della giustezza dell'intervento e di una guerra vinta da un ' Italia liberale.

Fra i tanti suoi scritti, in Pieri la conn ess ione Risorgimento-pri ma gue rra mondiale emerge chiaramente in un saggio del 1961 dedicato alle Guerre dell'Unità Italiana, in cui analizza brevemente le tre guerre di indip en denza e la Grande guerra. Secondo l'autore, i quattro conflitti rinettevano la progressiva capacità degli italiani «finalmente. dopo secoli di servitù. rdii affrontare gli stra nieri in campo aperto e battersi contro il comune nemico »133 • L'ultima guerra, la prima guerra mondiale, era presentata in sostanzia le cont inuità con il Ri sorgimento. affermando che rappresentava rapice di questo sviluppo, in quanto finalmente:

[...] non solo rescrcit0 ma la na1ione interna si gettava con generoso s lanci o il 24 maggio 191 5. ponendo a repentaglio tutto il suo avvenire, era destinata a superare nella sua forma, nella sua durata, nella verità degli aspetti e dei problemi. nello sforzo del sacrificio, ogni previsione di tecnici e politici. In quest"opera grandiosa e per tanti lati d"improvvisaz ion e, rifulsero speciali qualità d'uomini e virtù n ascoste di un popolo. mentre la nazione rivelava una riserva d'energie impensata. Si ebbe allora veramente il popolo in armi guidato dalla borghesia in armi1~.

TI più importante lavoro dello stu dio so però fu L'Italia nella prima guerra mondiale. già ricordato. pubblicato inizialmente per la Utet (1960) nella «Storia d'ltalia>t diretta da Nino Valeri e poi per l'Einaudi (1965). come saggio autonomo. poi riedito nel 1968 con alcuni piccoli aggiornamenti. Quest'ultima edizione è quella più compl eta e rispetto alla precedente si arricchisce di un primo capitolo dedicato agli amecedcnti della guerra mondiale. fornendo un quadro gene rale della politica europea dal 1871 al 1914 1 :15. 1 el passaggio dal 1960 al 1965-1968 al-

L,1
Grande guerra di Pieri
145

Picri storico militare

cune modifiche minori percorrono tutto il testo, assieme all'aggiunta di una cronologia dei principali avvenimenti della guerra.

La piena comprensione dell'importanza del lavoro di Pieri può avvenire, come nel caso della Crisi militare, attraverso una doppia prospettiva, da un lato comparativa rispetto ai più importanti studiosi della prima generazione di storici della Grande guerra e dall'altro nei confronti delle peculiarità nazionali della storiografia.

Negli anni Sessanta, quasi a indicare un pieno compimento della loro opera, i lavori degli storici della prima generazione furono ripubblicati: Renouvin uscì nel 1962 con una nuova edizione re1Jue et augmentée della sua monumentale storia del conflitto, mentre Liddell Hart fu ripubblicato nel 1964 e nel 1970 , come A history of the First World War, tradotto nel 1968 anche in italiano dall'editore Rizzoli 1 36 • A queste edizioni «matu re» ci riferiremo per comparare Pieri. 1\.tttavia, a riguardo è necessari a una precisazione: nel caso dell'Italia nella prima guerra mondiale è più difficile stabilire l'influenza diretta di grandi storici stranieri rispetto al saggio sul Rinascimento, in quanto mancano le note a margine e la Nota bibliografica aggiunta alla fine del testo è basata essenzialmente sulla letteratura nazionale , oppure sugli autori austro -tedeschi che avevano costituito già il riferimento precedente dello studioso. Pieri avrebbe poi fatto un altro piccolo aggiornamento bibliografico nell'edizione del 1968, inserendo ad esempio un riferimento al recente studio di Brunello Vigezzi sul periodo della neutralità, pubblicato nel 1966 e definito frutto di «una minutissima e acuta indagine»137 • Nel complesso perciò si trattava di una bibliografia aggiornata, ma essenzialmente nazionale o al massimo sufficiente per la guerra austro-italiana. Invece, dal punto di vista tematico, una comparazione degli indici dei tre volumi consente un rapido inquadramento degli aspetti comuni e delle differenze:

146

R enouvin, La. cri.•c curopéem,e l' t la Grmule guerre (cd. 19(-.4)

Parti e capitoli (p ag ine)

Introdu z ion e (1 a 4)

Lidd e ll Hart, L,, primn guerra. 111011dùi.le (trad. it. 1968)

Pa rti e cap itoli (pagine)

Dedi ca, Ring:raziamento , Indi ce d e lle cartin e, I?refa;i;ionc (5 -14)

Pieri, L' ltalin 11 ell a. prima guerra 1no11dia.le""' (cd . 196!1)

Parti e ca pi toli (pa g ine)

G li a ntccc nd ent i, L'ul timatum austriaco alla Ser b ia, La d ichiara-t ion e di neutra lità d ell ' Italia, Le proposte d el capo di stato maggio re, Le diffico ltà d e lla pos iz ione ita l iana; Sa land ra e d i San G iu liano; I primi quaranta g iorni d i guerra; Le press ioni dei belligeranti sull'Ita lia ; La politi ca d el l' Onorevole di San G iuliano : La nuova s ituazione dopo la battagl ia d ella Marna; Sarà poss ib ile in te rv en ire in Ottobre?; Il problema della mo b ilitaz ione e della radunata (1148)

Libro I: La vita politica , economica e sociale prim a ci e li.a g u erra d el 1914 (5130): Cap ito lo I - Il ruo lo dell'Eu ropa nel mon d o a Jl' inizio del XX seco lo: Cap ito lo IILa resistenza all'esp llnsione e uropea; Cap ito lo 1l[ - Il conti nente asiatico da l 1904 al 1914: Capitolo IV - li continen te ameri cano da l 1904 al 1914: Cap ito lo V - G li Sta ti europei dal 1 904 al 1914: Cap ito lo VI - I fa ttor i d ella sol idarietà intern az ionale

Libro fI : Le origini d e l connitto 1 3 '1-214: Cap ito lo I - Le rivalità tra le g randi potenze: Cap ito lo Il - Le iniz iative austro-tedesche (1905 -1911); Cap ito lo 111 - La ri s posta russa (1912-1913); Capitolo IV - Le inquietud ini de ll 'Europa: Cap ito lo - La c ris i del lug lio 1914

Parte l?dma - Le origini della gu erra (1 5-56)

Le corren ti neutraliste ; Le corren ti interven t iste; L'interventismo musso li niano ; L' impreparaz ione d egli elementi politici dir igenti; Le tra ttative del barone So nnin o; il Pat to di Londra; JI rafforzamento de l! ' esercito: An cora il prob le ma d e ll a mob ili tazione e d e ll ll radunata : Le giornate d i m aggio; Le rip ercuss ioni dell'intervento i ta liano nella monarc hia danubiana (48-77)

Parte Seconda - Le forze e i pi a ni c ontrappo s ti (57-8 0)

I p iani di fensivi degli imperi centra li; li p iano del ge n e rale Cadorna; Lo s ba lzo in izi ale; Le o p erazioni estive e autunnali ; La cr isi invernale; Il Conracl pre p a ra la grand e o ffensiva primave ril e; Le controm isure italiane e il di ss idio Jlni sati-Ca clorna; La Strafexpedition: Il momento cruciale (77 -105)

.... *" '1
i--< "' Cl § Q. "' &. :.ci "' ::i.

L ibro III : L'E u rop a in g u erra (agosto-d icembre 1 9 16) (215 422): Capitolo I - La relatività delle for1.e nell'agosto

1914: Capitolo Il - La campag na del 1914; Capitolo III - L'att itu d ine dei neutr i: interventi e mediaz ioni: Capi tolo IV - Le nuove cond izioni: la guerra lunga; Capitolo V - La lotta militare e d iplomatica nel 1915; Capitolo VI - Le l'i percu ss ioni poli t ich e della campagna del 1915; Cap ito lo VII - La guerm d'attrito; Capitolo VIII - Le cam pagne del 191 6 : Capi tolo IX - La sta nch ei-la d ei popoli: Cap ito lo X - L'offerta di pace de l d icembre

1916

Li b ro IV: L' intervento a m erican o e l' e p i logo (423-647): Cap ito lo I - L'entrata i n guerra d egli Stati Unit i; Cap itolo IlL'equi li brio delle forze e le manovre di pa ce (aprile-settem bre 1917); Capitolo Ili - La ro ttuta dell'equilibr io (ottobre 1917-marzo

19HI): Capitolo IV - La veglia d'armi: Capitolo V - La grru1 d e offensiva tedesca (marzo-luglio 1918); Capitolo VI - Il problenrn russo du,·ame J'eswte de l 1918 :

Capitolo Vll - L'offensiva degli alleati;

Cap itolo VIII - La r ichiesta d i armistizio:

<:ap itolo IX - Il cro ll o deg li Imperi centrali:

C ap itolo X - G li armisc izi

Lib ro V: La g u erra e l'evo lu z io ne d el m o nd o (21 542 2):

Cap itolo f - Le trasformazion i polit iche:

Cap ito lo Il - La vita econom ica: il d eclinc>

dell'Eu ropa: Capito lo 1TI - Le t rasformazioni socia li; Capitolo IV - La vita rel igiosa;

Cap ito lo V - Il mov imento intellettuale

Pa rteTer:za - 1914- Il corpo a corpo (81 -1 511):

La ri t i.rata sulla Marna; li vento camb ia : Flusso. r inusso e ristagno; Il fronte rus so; TI dom inio de i mari; Scena I, I.a ba ttag lia che non ci fu , ma che capovolse la s ituaz ione: La Marna: Scena Il. Il campo de ll a leggenda : 'llrn ncnherg

La caduta del m inis te ro Sa landra: La pres a di Goriz ia: Le tre spallate autunnali sul Carso: Il nuovo cacottere della guerra. Verso la guerra totale: Luci cd ombre della gra nd e guerra; I piani per la pr imavera del 1917: L'offens iva del Kuk -Vodice e con tro l' Hermada: La batt ag lia dc ll' Ortigara; Le qua tto lettere di Cadrona a p res idente del Consiglio; La battagli a d ella Bainsi.zza; L'isolamento de l Cadorna e il d iss idio Cad orna ·Capello (105139)

P a t te Qu art a - 1 9 1 5 - Il pun to m orto (159-260) : r Darda11el li: La campagna tedesca; La prima ca m pagna d'Ita li a: La conquista della Serb ia: La spedizio ne di Salon icco: Meso po tamia; li fronte interno 1915: Scena

I: n asc it.a di un «piano» i Dardanelli: Scena

Il: Tra il d ire e il fare: lo sba rco a Gallipoli: 25 aprile 1915: Scena III: La nuvola di gas a

Yp ,es : 22 apr il e 1915 : Scena IV: La battaglia non voluta: Loos, 1 5 settembre 19'15

Il contrattacco st rategico degli Imper i centrali: L'episod io di Carwno: Swnchezw e disfattismo; Il Cadorna di fronte a ll a minacc ia su l medio e a.lto Isonzo: La rottura di 1blmino e Plczzo; Il crollo della fronte dell'I so nzo; Dal Tagliamento al Piave: L'esonero di Cadrona: li Cadrona e l e offensive del maggio ' 16 e de ll' ottobre '17; Italian i e au stro-tedeschi al P iave; La difesa del Grar pa e degli altopiani : Le riper<.-ussion i della sconfitta nel Paese: Oisfouismo e r ip resa patriottica; Il contracco lpo della disfa tt a presso gli a.ll eati (139 -1 79)

Pa r t e Q uin ta - 1 9 1 6 - • L'ar r etramento

simultaneo~ (2'15422): La guer ra su i mari: Scena I. La macchina tritacarne - Ve rdun; Scena Il , L' offensi va di Brusilov; Scena

IIT. L'offensiva su ll a Somme: Scena IV, La co mparsa del ca rro armato; Scena V, La scomparsa d ell a Roman ia : Scena VI. La conqu ista di Baghdad ; Scena VII . I.a battaglia

a mosca cieca: lo futland

114 punti di Wilson e la d ip lomaz ia a us triaca; 11 patto di Roma; La riorgan izzazione dell'Eserc ic o; 1 prodromi d ella g rande offensiva austro-ungarica; La battaglia del Pinve ; Nuov i dissensi inte rni: Ripresa naziona lista: La preparazio ne alla grande offens iva italiana: Vittorio Veneto. Le prime ard ue giornate: La cris i dell 'esercitO austro-ungar ico ; La vittor ia: I risulta t i della Grande guerra (179-207)

.... .i,. 0:)
31 8. e ::i . 8 §

Conclusioni (741-744)

Parte Sesta - 1917 - 11 logormn ento (3B1464): li crollo della Ru ss ia: Lo sfo ndamento in Italia; La conqui sta di Gernsalemme; La co nqu ista d ell'Afr ica o riental e: La sco nJitta del sommergi bile; I rinforz i econom ici: La guerra a erea: La propagand a; Sce na I. L' offensiva vac ill ante e zop picanre: Arras. april e 1917 ; Scena JI . li capo lavoro d ell a guerra d'a ssedi o : Mcssin es : Scena lii. La srrada d i Pa sschcn da ele; Scena IV. La sorp resa d el carro arma to a Ca mb ra i; Scena V, Caporello

Indice ( 74 5 -773)

Parte Settima - 191!! - La fi n e (46 5-5 95) : Il piano tedesco ; La marea ri.ll uisce: Il cro ll o dell a Bulgaria; li primo seg no cl i pace: La breccia sulla linea H indenburg : Il crollo della 1\1rchia: Il croll o dell 'Austria ; Cala il s ipario s ul fro n te occ identale; Scena I. Il p ri mo sfo ndamen to; Scena Il . Lo sfondamento neJl e Fiandre: Scena lii , Lo sfon dam ento s uIl a Marna : Scena IV, La seconda bauag li a de ll a mar ina, lugl io 1918: Scena V, La •g iornata nera dell' ese rcito ted esco•: l'B agos to: Scena VI . Megi ddo : l' annientam ento delle a rmare tu rche: Scena VIT. La bau.ag lia di un sogno: St. Mih iel; Sce na VII I. La battag li a di u n inc u bo : Mosa-Argonne

Epilogo (5 95-606)

Bibliografia (60 7-62 ll)

lodi ce d ei nomi (629-639)

Nota bib l iogralicn (207-226)

Cronologia (227-248)

I ndice de i nom i (248-25 3)

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Da questo sguardo d'insieme emergono chiaramente le differenze di fondo neirimpostazione dei tre lavori. 1·opera di Renouvin mirava ad essere una storia complessiva e globale della guerra e infatti come ta l e fu giudicata sin dalla sua uscita negli anni Trenta 139 • Renouvin, in particolare pur riconoscendo l'importanza degli aspetti militari e il loro peso decisivo per l'esito finale, invitava comunque alla prudenza sottolineando come altre questioni, soprattutto la diplomazia e l'economia, dovessero essere· analizzate per una piena comprensione del conflitto:

Le peripezie della lotta militare, perché sono state drammatiche e. in fin dei conti decisive. hanno eclissato nello spirito dei contemporanei gli altri aspetti del conflitto. Pertanto. se vogliamo comprendere il senso e la portata di questi avvenimenti militari, devono essere collocati al centro di tutti gli altri elementi che hanno influito sull'esito della guerra. La diplomazia ha provato a modificare l'equilibrio delle forze; ella è riuscita a trascinare nella lotta una pane degli stati neutrali; ella si confrontava costantemente con la volontà degli avversari, per percepire le oscillazioni dell'opinione pubblica per trovare una breccia nella coalizione nemica. Certamente la diplomazia non è stata, nella maggiore parte dei casi che l'ausiliaria del soldato: ella ha sfruttato dei risultati acquisiti sui campi di battaglia; ma è un avvenimento diplomatico, indipendente dalrandamento de i combattimenti - l'intervento degli Stati Uniti - che ha cambiato il corso della guerra. Lo sforzo dei belligeranti per sfruttare al massimo le loro proprie risorse materiali e rovinare quelle del nemico hanno dato alle forze economiche un ruolo importante nel risultato della lotta. Infine, g li avvenimenti della politica interna hanno esercitato f... ] un'influenza sulla situazione militare: guardare la propria coesione morale. è stato. per ciascuno degli stati belligeranti. una preoccupazione essenzialc1,t.0

Tale attenzione si tradusse nell'approfondita analisi del primo libro. dedicato alla Vita politica. economica e sociale, prima della guerra del 1914, lungo oltre centoventi pagine, volto a ricostruire un quadro globale, non solo europeo. degli avvenimenti precedenti il conflitto14 1 • prima di guardare nel dettaglio le questioni d ipl omatiche che tra il 1905 e il 1914 portarono alla conflagrazione europca142•

Al contrario quella di Liddell Hart era dichiaratamente una storia che trascurava questi aspetti. per concentrarsi sulle dinamiche di natura prettamente militare. Come annunciava nelle prime pagine del suo volume, secondo lo storico britannico «Uno studio del processo di formazione dei ' mat eriali esplosivi' che costituiscono le cause fondamen-

150 - -

Picri storico militare

La Grande guerra di Pieri

tali del conflitto non rientra nell'ambito di una breve storia d ella prima guerra mondiale» 143 • Per questo le origini della guerra erano discusse rapidamente, mentre invece, e contrariamente a Renouvin, ampio spazio era dedicato ai rapporti di forza militari, a comparare i siste m i d i reclutamento e i piani di guerra delle potenze coinvolte nel conflitto144 • Il volume Pieri stava in un certo senso nel mezzo e p ur mirando ad offrire una ricostruzione degli avvenimenti militari, partiva dal quadro politico generale dell'Europa, meno dettagliato e internazionale di quello di Renouvin, per poi concentrarsi sui problemi italiani, soprattutto la questione della neutralità e gli scontri tra vertici politici e militari in quel periodo. Scriveva Pieri :

La neutralità fu in generale bene accolta anche nei nostri ambienti militari. Tuttavia il reciproco contegno del Cadorna e del Salandra negli ultimi giorni di lug li o era un sintomo della deficientissima organizzazione nei rapporti fra il governo e l'alta gerarchia militare. [.. .) Or dunque il Cadorna pretendeva che, dichiarata la neutralità, l'esercito venisse subito mobilitato verso l'Austria , e questo a tre giorni di distanza dalla proposta di mobilitarlo contro la Francia e al soccorso della Germania! Tanto il Saland ra che il di San Giuliano ritenevano invece che una simile mobilitazione avrebbe avuto il significato di una minaccia di guerra, e avrebbe potuto scatenare sull'Italia parte delle forze degli Imperi centrali: dichiarare la neutralità e mobilitare l'esercito sul Piave e sul Thgliamento era una contradd izione in termini. E su questo punto tennero duro 145 I

La tensione tra questioni militari e politiche percorre tutto il volume di Pieri, a cominciare dalle pagine dedicate al periodo della neutralità, nelle quali, alle discussioni relative all'interventismo e al neutralismo, si affiancano i problemi della preparazione militare in senso stretto, dal riar m o alla radunata dell'esercito, fino alle giornate del maggio 1915 146 •

La storia di Pieri potrebbe così sembrare più «nazionale» delle altre due e questo in una certa misura è sicuramente vero, se non altro perché le dimensioni del vo lume rispetto a quelli di Renouv in e Liddell Hart non consentivano diversamente. Al tempo stesso però, abbiamo evidenziato come tutta la storiografia di questa generazione si ammantasse di un carattere prettamente nazionale, volto in buona parte a valorizzare lo sforzo dei relativi Paesi. Ad esempio, nel caso di Renouvin questo si traduceva nella certezza che la responsabilità ultima della guerra ricadesse esclusivamente sulle scelte degli Imperi centrali e in particolare della Germania:

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Pieri stor ico militare

Le potenze centrali conoscevano il rischio. Esse Io hanno corso, ben decise preventivamente a imporre la loro volontà; quando hanno constatato che la Russia non intendeva cedere, esse hanno preferito la guerra generalizzata all'abbandono dei loro piani. La ferma decisione presa dalla Germania di «tenere a galla», anche a costo di un conflitto europeo, l'Austria-Ungheria, minacciata di dissoluzione dal movimento delle nazionalità, ecco qui senza dubbio la spiegazione della guerra del 1914-19181 47 •

Anche per Liddell Hart al Kaiser Gugliemo II spettava «una grossa parte - anzi la più grossa» delle responsabilità per lo scoppio della guerra 148 Pieri si trovava in una situazione diversa, in quanto era stata l'Italia a scegliere la guerra e nel suo lavoro si dichiarava critico del risultato conseguito dal patto di Londra, perché non apportava al Pae se va ntaggi decisivi nell'Adriatico in caso di vittoria e preparava il terreno della futura conflittualità con la Iugoslavia. Al tempo stesso, l'entrata in guerra, soprattutto il radioso maggio del 1915, aveva «certamente risvegliato in molta parte della borghesia e delle stesse masse popolari gl'impeti più generosi e le tendenze più nobili»149 .

L'ultimo aspetto rimand a a un altro tema che i tre storici avevano in comune, quello della guerra come banco di prova della maturità della nazione. Per Renouvin, più attento agli aspetti dell'alta politica, questo era letto nella capacità del governo francese di costruire una union sacrée, pur frutto di peripezie politiche, ma mai messa in discussione, costituendo un modello di solidarietà nazionale che non trova uguali nelle altre democrazie parlamentari e chiaramente opposto al modello politi co «i ncompiuto » della Germania imperialc1 50 . Invece, Pieri e Liddell Hart, forse maggiorn1ente attenti all'esperienza nelle trincee , tendevano a misurare la maturità dei rispettivi Paesi con la capacità delle forze armate di reggere il peso di un conflitto che diventava sempre più sanguinoso. Scriveva il primo riguardo la Somme:

Eppure, nonostante il fallimento su l piano militare, il 1 ° luglio fu una giornata di epico eroismo e, cosa ancor più importante , il positivo banco di prova della tempra morale delle nuove armate inglesi che, compiendo il più alto sacrificio dell'intera guerra , passarono attraverso la più infuocata e sanguinosa esperienza senza vacillare, anzi dando una splendida prova della loro forza d ' animo m .

Per Picri invece contava particolarmente la fiducia in un avvenuto processo di maturazione della nazione italiana in armi , attuato sotto la guida degli ufficiali di complemento durante la guerra. Isnenghi ha

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La Grande guerra di Pieri

richiamato come paradigmatico di questa lettura Omodeo e il suo libro del 1934, visto - al di là della retorica e della propaganda fascista - come una tappa fondamentale della creazione del mito del conflitto in quanto guerra di nazione e di popolo , una lettura poco interessata a n1tto quello che non rientrava nello schema concettuale della 'quarta guerra d'indipendenza' 15 2 E non a caso proprio a Omodeo si rifaceva Pieri, definendo il suo volume:

[ ...] straordinariamente imponante per la storia dell'animo con cui fu combattuta la grande guerra, per la documentazione di quanto, consciamente o no, fossero permeate dal migliore spirito mazziniano le migliaia di ufficiali di complemento, ed eletta espressione della piccola borghes ia ital iana, che credenti per prima cosa nella religione del dovere, avevano guidato nell'aspra lotta il popolo italiano condividendone sacrifici e speranze153

La guerra e le perdite inflitte agli ufficiali di carriera avevano poi spianato la strada perché le truppe fossero «guidate quasi completamente dagli ufficiali di complemento», i quali erano quasi tutti laureati o studenti che costituivano «il fiore veramente della futura classe dirigente italiana», rappresentante a sua volta uno :

[ ] straord inario ama lg ama fra questi giovani, nutriti, in gran pane di stud i classici e permeati in gran parte d'idealità risorgimentali, colla massa dei contadini e deg li operai coi quali non avevano quasi avuto contatti, ma che il supremo sacrifico affratellava fu una delle maggiori rivelazioni della guerra: ma troppi di loro pagarono colla vita l'anelito verso un'Italia migliore [. . .)154 .

Se gli id eali di patriottismo e democrazia caratterizzavano tutti e tre gli studiosi nel giudicare la guerra condotta dai rispettivi Paesi, questo non si traduceva necessariamente in una denigrazione del nemico ed esaltazione incondizionata dello sforzo bellico nazionale. Per Liddell Hart, la guerra della Germania, capace di resistere per anni a nemici numericamente superiori, era «un'impresa davvero epica, sia sotto l'aspetto militare che sotto quello umano» 155 , mentre per Pieri, nel primo anno di guerra l'Austria-Ungheria era stata capace di uno sforzo di mobilitazione «grandioso» che in I talia era stato ignorato15 6 •

Il senso critico degli avvenimenti si rifletteva anche nelle dure sferzate di entrambi ai generali dei rispettivi eserciti. Abbiamo osservato come Liddell Hart fosse stato segnato dalla sua esperienza sulla Somme, ma anche riguardo le sanguinose azioni del 1915, come l'attacco coi gas di

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Pieri storico militare

Ypres e la battaglia di Loos, si esprimeva in termini piuttosto aspri verso la leadership dell ' esercito britannico:

Ypres - Nel fuoco della battaglia è inevitabile e ampiamente scusabile che chi comanda commetta errori. Ma quando si ordinando attacchi condannati in partenza all'insuccesso per caso riuscissero risulterebbero utili, l 'operato dei capi appare indisGutibilmente condannabile. Di simili «omicidi colposi» in massa, siano essi dovuti a ignoranza, a una errata concezione della guerra o a mancanza di coraggio morale , i comandanti dovrebbero essere chiamati a rispondere davanti alla nazione 157

La differenza semmai stava nel fatto che Liddell Hart potendo scrivere in una democrazia aveva potuto esprimere liberamente queste critiche sin dagli anni Trenta. Invece, Pieri aveva potuto farlo solo nelle poco conosciute recensioni della «Nuova Rivista Storica». Solo nel secondo dopoguerra, in seguito alla maturazione democratica del Paese, i giudizi di Pieri sull'operato dei comandi italiani e soprattutto di Cadoma, ora non più protetto dalla censura del regime, si inasprirono e poterono essere pubblicati in un volume di ampia diffusione, affermando che «libretta rossa>> aveva imposto i principi «peregrini» e il «fa moso attacco frontale [che] tutto insegnava, fuorché il principio dell'infiltrazione, che rappresentò il maggior progresso tattico della prima guerra mondiale»158

La prima guerra mondiale di Pieri , se da un lato ricalcava chiaramente il modello più generale della storiografia internazionale sul conflitto, configurandosi come un importante esponente non solo a livello italiano di quella fase degli studi, dall'altro manteneva anche le peculiarità connesse all'esperienza politica italiana. In particolare, in Pieri è sempre visibile il richiamo al filone dell'interventismo democratico per il quale il conflitto avrebbe dovuto condurre in porto il p roc esso di maturazione democratica del Paese, motivo per il quale l ' Italia doveva schierarsi con le democrazie occidentali contro gli «stati autoritari» della Triplice. Il risultato atteso dalla guerra era quello di un riassetto europeo incentrato sulla piena indipendenza dei popoli, che rispettasse il principio della nazionalità1 5 9 In seguito, questo s i sarebbe poi tradotto nel supporto degli interventisti democratici alla politica delle nazionalità, poi adottata anche da Sonnino nel momento di massima difficoltà militare dell'Italia ed espressa dal patto di Roma dell ' aprile 1918 , per essere abbandonata con il crollo dell'AustJ.ia-Ungheria160 • Non è un caso che alcune delle principali critiche di Pieri nei confronti dei vertici militari riguardavano l'incapacità di comprendere l'importanza che la politica delle nazionalità poteva avere per contribuire al disfacimento dell ' impero asburgico 161 •

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Pieri, come abbiamo osservato, semplicemente ribadì più volte - dal 1919 agli anni Venti-Trenta, dal 1947 al 1965 - la propria sostanziale adesione a questi valori che guidarono la sua interpretazione del conflitto e dei suoi risultati. Scrivendo a Salvemini nel luglio 1945, affermava che il problema dell'Italia di allora era lo stesso del 1914. E in esso la borghesia, persino la piccola borghesia, doveva per Pieri avere un ruolo i mportante:

La diagnosi del male nostro è tuttora quella da Lei enunciata alla pagina XXX del suo libro: Dal patto di Londra alla Pace di Roma; «quella piccola borghesia intellettuale, nella cui sovrabbondanza numerica, e miseria economica, intellettuale e morale, e inquietudine famelica, si deve ricercare una fra le cause più gravi e men correggibili del nostro malessere sociale e delle nostra crisi politiche». Diagnosi che parve fin da allora così esatta a Giustino Fortunato!. .. 162 •

Non che a Pieri sfuggisse che anche il campo interventista aveva le proprie ombre. Innanzitutto c'erano i socialisti rivoluzionari, desiderosi di accelerare il processo di disgregazione della borghesia, introiettando lo spirito rivoluzionario nelle masse di soldati. Dall'altro lato stavano invece i nazionalisti, con il loro progetto egemonico sull'Adriatico e «permeati di positivismo darwiniano e spenceriano», che pretendevano di atteggiarsi a irredentisti e continuatori del Risorgimento, a questi poi si accodavano i dannunziani che ne rappresentavano la radicalizzazione 163

Pieri, già interventista liberale democratico, si distingueva da entrambi i filoni. Lontano dai liberali di destra, come Salandra e Cadoma, s i sentiva ancora parte dell'interventismo salveminiano, repubblicano, anche bissolatiano : una serie di correnti che si fondevano nella volontà di creare «uno stato d'animo fra i combattenti che spingesse il governo a più ardite e radicali riforme e, soprattutto, alla speranza che la guerra portasse a un rinnovamento dell'Europa intera secondo i principi nazionali e democratici»164 . In sostanza, secondo Pieri, questo insieme di correnti rappresentava l'espressione migliore che il Paese aveva da offrire, in un intreccio di valori fra il mazzinianesimo e la democrazia . Era stato grazie ad essi che il Paese era uscito vincitore dal conflitto, facendo emergere appunto il meglio del Paese, o, come lo definì Pieri, «le forze vive della nazione dopo cinquant'anni di vita unitaria e Jibera»1 6 5 •

Non accettando che il fascismo potesse essere considerato una diretta conseguenza del conflitto, Pieri dipingeva il dopoguerra come un momento in cui all'Ital ia si erano aperte grandi opportunità, purtroppo andate perse, in quanto il Paese aveva:

La
Grande guerra di Pieri
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[ ... ] sopportato virilmente l'immeritata sciagura di Caporeuo e perseverato nella lotta tino allo s facelo della grande potenza avversaria che provocava come contraccolpo, il cedimento della Germania. Ora ritalia usciva p iù di tutte le potenze europee dal grande conflitto, come quella che aveva soddisfatte le sue aspirazioni nazionali e di sicurezza. e al posto d"una grande potenza militare retrograda si trovava ad avere confinanti o vicini un certo numero di medi o piccoli stati chiamati alla vita libera e gravati di pesanti c difficili problemi interni: Stati dei quali essa avrebbe potuto in un ceno senso porsi alla testa, facendo opera illuminata di pace e di concordia. frenando il serpeggiare dei nazionali s mi egoisti cd avvelenatori, e trovando un invidiabile campo d'espansione economica e spirituale. In questo modo anche la crisi interna postbellica sarebbe stata meno grave e più breve. e la nuova Italia avrebbe potuto svolgere le sue naturali tendenze democratiche per portare a soluzione i suoi annosi problemi, senza dittatura e avventure, e senza le molte inattese dolorosissime esperienze. Oiis aliter visum: prevalsero a ltre tendenze e la magnifica occasione non fu saputa afferrare; e la vittoria rimaneva veramente mutilata 166 •

Con la fine del fascismo e soprattutto con la Resistenza. come vedremo. l'evoluzione della democrazia italiana poteva riprendere il cammino laddove esso era stato interrotto dal regime di Mussolini, in un ciclo ascendente che. comin ciato col Risorgimento e passando attraverso la guerra mondiale portava alla Repubblica. fondata sui valori della Resistenza. La prima guerra mondiale di Pi eri perciò metteva al proprio ce ntro tanto la capacità di combattere del popolo e degli italìani quanto l'azione progressiva (di maturazione) della borghesia. postasi alla guida dei combattenti : insomma, un'intima connessione tra guerra e politica. I grandi protagonisti di questa narrazione, come in generale per tutti gli storici della prima gene razione , reslavano politici e generali e centrale era la presentazione delle campagne e delle battaglie. con le annesse questioni di strategia, di scelte operative e in misura minore di tattica.

Propri o negli anni Sessanta però lo studio della storia della Grande guerra attraversò in Italia (come e forse più radicalmente che altrove) una fase di importante trasformazione. con l'affermazione di quella che è stata definita la «seconda generazione». Si trattava di studiosi nati e formati in una nuova atmosfera, frutto dei grandi cambiamenti che stavano attraversando l'Europa di quegli anni : non c'erano solo il definitivo tracollo degli imperi coloniali, la fine dell'età dell'oro e l'inizio della contestazione giovanile di ogni istituzione totale, ma si respirava soprattutto un diverso atteggiamento verso la guerra in generale. verso tutte le

Picri stork'O militare
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guerre (la mobilitazione contro la guerra fredda e poi contro il Vietnam avrebbero avuto conseguenze profonde sulla percezione della guerra in sé). Gli storici che cominciarono a formarsi nei tardi anni Cinquanta e soprattutto negli anni Sessanta, giovandosi anche dell'apertura degli archivi (che permise l'accesso a nuova documentazione) e del crescente peso della storia sociale, avevano sempre meno da spartire con la generazione di Piero Pieri.

A livello internazionale tutto ciò indusse un generale ripensamento spostando gli interessi storiografici verso la critica dell'azione della classe dirigente liberale durante il conflitto, verso Io studio dei rapporti fra guerra e società, con un'attenzione crescente al fronte interno e alla guerra «dal basso»167 In Italia, più che altrove, questa generazione cominciò ad emergere in occasione del cinquantenario (1965 -1968 ), partecipando del clima antistituzionale di quegli anni e producendo una serie di monografie fondamentali e di rottura rispetto alla tradizione storiografica precedente168 .

Un anticipo di questa nuova stag ion e di studi si ebbe con il volume di Monticone su Caporetto . In realtà, Pieri fu interpellato dall'editore Einaudi per un parere circa la pubblicazione, sulla quale espresse un parere negativo:

Il lavoro del Dr. Alberto Monticone: La battaglia di Caporetto, costituisce certamente un'assai buona tesi di laurea, ed è da lodarsi chi in un Paese dove gli studi si storia militare sono così poco coltivati, affronta con serietà e spirito di verità certi problemi. Ma in realtà, all'infuori d ' alc,·uni meritevo li chiarimenti circa l'azione del Gen. Badoglio il 24 ottobre 1917, ben poco di sostanzial mente nuovo è dato riscontrare, e difetta la visione strategica della battaglia nel suo insieme. Perciò rimango perplesso circa il proporne la stampa a cotesta casa editrice 169 •

In seguito il volume uscì per una casa editrice romana e Pieri Io recensì positivamente ribadendo in parte le critiche espresse riservatamente, ma osservando nel contempo che «non esitiamo a sottolineare la serietà e l'importanza del lavoro del M. , il quale si è posto sulla buona via nello studio del grave p roblema»110 Mentre tra quelli successivi, vanno ricordati due lavori di Mario Isnenghi, il primo sui vinti di Caporetto e il successivo sul mito della Grande guerra, usciti nel 1967 e 1970 . Entramb i affrontarono temi assolutamente nuovi: la percezione di Caporetto attraverso la letteratura; la costruzione e l'efficacia dei miti legati al conflitto, attraverso le idee deg li intellettuali, più o meno combattenti 171 • Sempre nel 1967 uscì il saggio di Giorgio Rochat

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sull'esercito italiano tra la fine della Grande guerra e l'avvento del fascismo, basato su lla pubblicistica dell'epoca, ma anche sulla prima ampia ricerca negli archivi militari da parte di un civile su un periodo ed un tema assai controverso. Il saggio tracciava sia l'evoluzione dell'istituzione in quei difficili anni sia il ruolo politico rivestito dai militari nelle vicende dell'Italia postbellica. identificando con chiarezza il tema dell'accordo politico tra fascismo e forze armate (un tema che ancora oggi riveste grande importanza negli studi su l regime). Al testo Pieri scrisse una prefazione elogiativa in cui ricono sceva l'innovazione e i meriti dell'allora giovane studioso17 2 •

Nel 1968, infine. uscì, con un impatto straordinario e per certi vers i ancora insuperato, una selezione antologica di sente nze dei tribunal i mili tari, a cura di Alberto Monticone ed Enzo Forcella: in quei testi era dimostrata per la prima volta in maniera chiara l'ottusità e la rigidità della disciplina militare assieme alla profondità del dissenso fra le truppe, un testo che - assieme agli altri sopra ricordati - mise in forte discussione resistenza di un patriottismo democratico-risorgimentale tra le truppe. Non a caso nell'introduzione i due autori criticavano proprio quell'Omodeo che aveva costituito uno dei riferimenti di Pieri:

Non si discute l'entusiasmo, il valore, lo spirit0 di sacrificio e la 'religione del dovere ' che le migliaia di ufficiali di complemento, espressione della piccola e media borghesia dimostrano nel corso della guerra Sta però il fatto che le lettere dei caduti ra ccolte dall'Omodeo e i valori che esse testimoniano costituiscono soltanto la testimonjanza dell'animo con cui gli ufficiali di complemento combatterono la loro guerra. Non dicono nulla s ull'animo con cui la combatterono i so ldati. La storia che ci raccontano i documenti di quest'ultimi è sensibilmente diversa da quella che raccontano i loro comandanti 173 •

Queste parole rappresentano ben e l'iniz io di una nuova fase culturale del Paese. e al suo interno l'avvio del tramonto della pro spettiva storiografica di Pieri, superata rapidamente negli anni successivi.

Erano anche gli anni in cui Pieri avrebbe progressivamente lasciato l'accademia. Per quanto concerneva la prima guerra mondial e, un'Italia diversa produceva una storiografia e prima ancora una percc1.ione diversa del conflitto di ormai mezzo secolo prima. Arrivava il tramonto di una storiografia di cui Pieri era stato il principale csponentem .

Le opere di Isnenghi , Rochat , Monticone-Forcella, come sotto lin ea Labanca, servirono da stimolo perché a partire degli anni Settanta il conf1itto fosse studiato anche in Italia come cesura tra l 'Italia liberale e

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il fascismo, evidenziando anche i tratti di «corrusca e inquietante mod ernità» delle strutture repres s ive impiegate durante la guerra: la politica autoritaria dei governi, la repressione nelle fabbriche , la pesantezza della giustizia militare nei confronti della truppa , l'organizzazione ferr ea della mobilitazione militare175 Tutti aspetti che «mandavano in pezzi quel tanto di consenso risorgimentale che l'interpretazione patriottica tradizionale e nazionale di quarta guerra d ' indipendenza poteva ancora suggerire»176 . Ciononostante, non si deve dimenticare come i lavori di Pieri - dapprima ancora settoriali (Tofane) e poi coattivamente appartati (le recensioni e le rassegne) - avevano potuto essere conosciuti dagli specialisti (194 7) e dal largo pubblico (1960 -1965) solo al tempo della Repubblica democratica ed avevano rappresentato comunque il primo passo di un a storiografia accademica e scientifica, ma soprattutto critica e indipendente, sulla Grande guerra in Italia, un merito che risalta ancora di più alla luce degli anni difficili per il dibattito storiografico in cui essa maturò. Con il loro lavoro, Pieri e gli studiosi della sua generazione costruirono una visione dettagliata degli avvenimenti del conflitto, che consentì alle generazioni successive di storici del conflitto, quelle emerse alla fine degli anni Sessanta, di disporre già di un nucleo informativo e interpretativo di base consolidato sulla Grande guerra, consentendo alla ricerca di orientarsi verso tematiche nuove e non trattate. L' eredità s toriografica di Pieri relativa alla Grande guerra resta quella di una pietra angolare su cui l'edificio della storiografia italiana ha potuto svi luppars i nei decenni successivi.

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Tra Risorgimento e Resistenza

Nel secondo dopoguerra, quando ormai Fieri aveva raggiunto una sistemazione stabile a Torino e si era assestato nella considerazione accademica come riferimento nella storia militare , gli interessi dello studioso si erano ormai definiti. Se da un lato giunse al completamento delle ricerche sulla Grande guerra, la libertà offerta dalla Repubblica gli permise di passare allo studio del nuovo fenomeno storico di cui era stato nel suo piccolo protagonista e testimone , la Resistenza, e di riprendere le ricerche sul Risorgimento, accantonate negli anni Trenta a causa della censura. I due fenomeni si ricollegavano idealmente all'interno di quel paradigma politico e culturale antifascista che, pur tra profonde divisioni ideologiche esistenti nello scenario politico italiano della guerra fredda, costituiva il fondamento della nuova democrazia repubblicana1 •

Nell'ambito degli stud i sulla Resistenza , Pieri operò prevalentemente attraverso analisi storiografiche che contribuirono a legittimare il i<paradigma antifascista» dominante negli studi fino agli anni Sessanta. Fi eri fece parte di quella che è stata definita la «prima fase » delle ricerche sulla Resistenza, quella degli storici -protagonisti, spesso non figure accademiche professionali - anche se non è questo il caso - ma intellettuali e uomini politici che, come è accaduto per la prima guerra mondial e, trasferirono la propria esperienza negli studi2

Nel contesto del Risorgimento, Fieri lasciò da parte le analisi politico -economiche che avevano caratterizzato i suoi primi studi, per dedicarsi maggiormente agli aspetti più strettamente politico-militari che sarebbero confluiti nella sua Storia militare del Risorgimento (1962). il quale , sottolinea Del Negro, ha mantenuto il ruolo di «indispensabile testo di riferimento di ch i s'interessa di questa fase storica»3 •

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Pieri e lo studio della Resistenza

Il dopoguerra italiano, fino alla fine degli anni Ottanta, fu dominato dal punto di vista politico, culturale e anche storiografico dal cosiddetto «paradigma antifascista•>. Dopo la Liberazione tutte le forze politiche democratiche e liberali, marxiste e cattoliche rivendicarono il proprio ruolo nella guerra al nazifascismo: comunisti e azionisti per aver sostenuto il maggior peso nella lotta armata contro i «repubblichini» e i tedeschi; i monarchici per il ruolo svolto dal Regno del Sud e dalle sue forze armate; i cattolici per quello della chiesa nel supporto alla lotta. Il clima ideologico teso, connesso alla guerra fredda , l'affermarsi del centrismo e della Democrazia Cristiana, che rivendicò (senza mai ottenerlo davvero) un ruolo egemone anche dal punto di vista culturale, il ripresentarsi di monarchici e fascisti, portarono ad una crescente contrapposizione sw ruolo della Resistenza. Tuttavia, a partire dal decennale della Liberazione (1955), fu chiaro che un paradi gma antifascista era riuscito ad affermarsi e a fondare una «narrazione egemonica» che costituiva il sostegno ideale e politico della nuova Repubblica, compreso un richiamo al passato antifascista su cui si fondava 4.

La maturazione di questa narrazione avvenne in un contesto politico, economico ed ideologico complicato. Tutta l'Europa era percorsa dalle spaccatura che la guerra e l'occupazione nazista avevano creato in quasi tutti i Paesi e con la fine del conflitto si era aperta una «resa dei conti» che non fu mai condotta fino in fondo, contribuendo ad alimentare le divisioni relative alla memoria del conflitto5 • Con l'inasprirsi della guerra fredda e quindi dell'anticomunismo, la storia della Resistenza perciò divenne oggetto anche del confronto ideologico. Ciononostante, anche se il processo di storicizzazione della Resistenza richiese tempo, una prima fase degli studi scientifici (di cui Pieri fu tra i protagonisti italiani) avrebbe cominciato a maturare negli anni Cinquanta e sarebbe durata fino agli inizi degli anni Settanta, completando il processo di «storicizzazione» della Resistenza 6 •

A livello europeo, come tutte le storiografie della «prima generazione», lo abbiamo visto nel caso della Grande guerra, anche Io stud io della Resistenza fu caratterizzato da una forte connessione all 'esperienza personale degli studiosi 7 • In questo periodo, le ricerche prestarono una fortissima attenzione alle componenti politicamente più attive nella lotta armata, quindi ai comunisti e agli azionisti, anche per il disinteresse verso quei soggetti che erano ritenuti r ei di «attesismo »8 •

Di conseguenza, anche dal punto di vista tematico gli elementi centra -

Pieri
storico mili tare
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li delle prime storie della Resistenza furono la guerra partigiana e la sua leadership politica9 •

Risorgimento e Resistenza

Nell'analisi degli aspetti etico-politici della Resistenza , ebbe notevole importanza il richiamo ai valori del Risorgimento. Si trattò di un punto su cui conversero, più o meno , tutte le posizioni politiche e ideologiche dello schieramento resistenziale, tanto da far affermare la definizione della Resistenza stessa come «secondo Risorgimento»10. Anche in questo caso la situazione italiana non era unica, !'«irenismo», ovvero il tentativo di coagulare le diverse facce della Resistenza intorn o ad una posizione comune e i conflitti politici e culturali che ne conseguirono, trovavano un parallelo in Francia, dove i primi passi per l'evoluzione degli studi avre bbero avuto sfaccettature simili a quelle italiane11 •

Fra i tanti segnali di questa concorrenza può essere ricordato che, già nel tempo della lotta, il Partito comunista e il Partito d'Azione si erano rifatti al Risorgimento: il primo denominando le proprie formazioni militari Brigate Garibaldi , e il secondo nella stessa propria autodefinizione, con il richiamo alla democrazia radicale di matrice mazziniana del primo Partito d'Azione (1853 -1867). Gli azionisti che si sentivano eredi dell'interventismo democratico del 1914-1915, come il loro leader Ferruccio Parri, posero la lotta resistenziale in continuità non solo col Risorgimento , ma anche con la Grande guerra, contro quello che era il tradizionale nemico degli italiani: i tedeschi12

Nel dopoguerra questa connessione costituì parte integrante del bagaglio politico e culturale dei partiti e del mondo accademico italiano, pur con utilizzi e accezioni molto diversi che potevano andare dalla retorica neoguelfa dei cattolici fino al suo utilizzo, soprattutto da parte dei comunisti, come parte dell'ideologia dell'unità della Resistenza13 Il richiamo al Risorgimento comunque costituì una base comune per la costruzione della memoria della seconda guerra mondiale, contribuendo a sostenere chi - come Benedetto Croce - aveva proposto un ' immagine del fascismo come parentesi della storia nazionale1 4.

Il paradigma in questione si traslò anche negli studi, favorendo le interpretazioni moderate della Resistenza pronte a vedere una relazione diretta Risorgimento -Resist enza che in ev itabilmente avrebbe circoscritto gli elementi invece di rottura e discontinuità che erano stati propri della lotta antifas cista, partigiana e resistenziale. Nell'Italia degli

Tra Risorgimento e Res istenza
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anni Cinquanta, per chi la Resistenza l'aveva fatta nelle file degli azionisti, come Pieri, l'obiettivo politico era la costituzione di una democrazia pienamente compiuta. Viceversa, il clima politico sembrava indirizzarsi in senso conservatore, se non reazionario, rischiando anche di «espungere, quasi, la Resistenza dalla storia del paese»15 Da queste spinte politiche derivò anche il tentativo dell e forze moderate di ridisegnare la storia della Liberazione in chiave moderata , ponendo maggiore enfasi sul molo del Regno del Sud nelle vicende del 1943-1945 . li massimo esempio di questa interpretazione moderata è possibile trovarlo in una raccolta di saggi pubblicata nel 1955 , in occasione ciel decennale della liberazione, dall'eloquente titolo ll s econdo Risorgimento. Nel decennale della. Resistenza e del ritorno alla d em ocrazia 19451955. Si trattava di nove testi, tra i cui autori comparivano alcuni studiosi di rilievo , come Luigi Salvatorelli e il generale Raffaele Cadorna, comandante del Corpo dei Volontari della Libertà (CVL), rappresentante quindi dell'avvenuto coordinamento tra le forze partigiane del Centro -Nord e il Regno del Sud 16 .

Diversa era invece l'impostazione della storiografia vicina alla sinistra, fra cui Roberto Battaglia, già azionista e poi comunista, figura fondamentale di questa fase degli studi, soprattutto per il s uo volume del 1953 sulla Storia della. Resistenza. Scriveva Battaglia:

Pun to di partenza e non d'arrivo. Qualunque siano le vicende che il futuro riserba all'Ita li a è certo che la strada delravvenire passa per la Resistenza, è certo che le forze popolari hanno messo nel paese qu el le rad ici profonde che erano manca te nel primo Risorgimento 17

Nel dopoguerra , pure in termini e da lidi molto diversi da quelli di Pieri, anche Battaglia era pronto a ritenere che lo sviluppo storico italiano andasse osservato nei tennini di un lungo percorso dal Risorgimento alla Res istenza, ma senza per questo cedere e ignorare gli aspetti di discontinuità nel passaggio dall'uno all'altra 18 •

L'ambiente degli azioni s ti, più vic ino a Pieri , avrebbe invece riproposto insistentemente la continuità di valori della democrazia radicale risorgimentale dalla lotta per l'Unità alla Grande guerra sino alla Resistenza. Al riguardo si pen s i ai richiami di Calamandrei alla Res istenza come moto di volontari che egli accomunava all'esp erienza d egli interventisti democratici del 1915-1918 19 • Ad esempio, Ferruccio Parri - peraltro presidente dell'Istituto per la storia del movimento di Liberazione - abbondò sempre nei richiami n eo-risorgimenta1i 20 • Infine , qui

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anche per la sua relazione con Pieri, è opportuno ricordare Salvemini, il quale, affascinato dall'idea mazziniana e dai sogni risorgimentali di questo per un'insurrezione popolare, riteneva che con il 1943 -1945 si fosse verificata finalmente quella piena maturazione della nazione italiana intorno all'idea democratica, capace di legare ad essa non solo gli intellettuali, ma anche gli strati popolari che avevano partecipato alla lotta di liberazione21

Pieri, dopo il 1945, era fortemente connesso a tutti questi ambienti: lettore del «Ponte», frequentatore di Calamandrei, autore di saggi per l'ISMLI, restò legato in particolare alle posizioni a matrice democraticointerventista salveminiane. Per lo stud io so, Risorgimento, Grande guerra e Resistenza erano fra loro intimamente connessi a dimostrare il processo di sviluppo unitario e costante verso la democrazia che governava la storia italiana. Tutto ciò rifletteva la sua doppia esperienza di storico e di resistente, come ricordò agli studenti dell'ateneo torinese nel 1961:

Comunque, il professore di Storia della Faco l tà di Magistero doveva aver veramente delle 'idee pestilenziali', com'ebbe a dire il capo della polizia politica fascista, l'ineffabile Maselli, perché i suoi collaboratori Andrea Dho, Sandro Bortolotti, Teodolfo Tessari, Carlo Pischedda, cui si aggiunsero poi Marcello Secco e Raimondo Luraghi, parteciparono in misura diversa e talora molto rilevante alla cospirazione alla lotta: il Dho , pur nutrito d i altri ideali. era caduto da prode in Russia obbedendo al suo dovere di soldato, e il Tessari era sfuggito alla condanna a mone con taglia . Così la vecchia tradizione di Mazzin i, di Cattaneo, e di Sa lvemini si continuava spontaneamente presso la cattedra di Storia della Facoltà di Magistero a Torino, ed era non piccola soddisfazione per il vecchio insegnante il veders i non discaro come compagno di lavoro a una tale schiera di giovani22 •

Per comprendere quanto forte fosse, per Pieri , la connessione tra Risorgimento, Grande Guerra e Resistenza è significativa una lettera che inviò ad Alessandro Galante Garrone nel 1954. Quest'ultimo, il 15 novembre aveva scr itto un articolo sulla «Stampa» intitolato La generazione del Carso, in cui evidenziava la cesura netta che separava la guerra del 1915 , cui quella generazione aveva aderito in nome degli ideali ereditati dal Risorgimento, e la completamente diversa retorica bellicista del fascismo . Tale diversità aveva nutrito ideali che costituiva no anche la base comune su cui la Resiste nza aveva lottato contro i tedeschi tra il 1943 e il 19452 ~. Il giorno successivo, Pieri inviò questa accalorata lettera all'amico:

Tra Risorgimento
e Resistenza
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Torino, 15-IX-"58

Carissimo Galante Garrone. permetti che mi congratuli di tutto cuore con te, per il magnifico articolo: La Generazione del Carso. apparso sulla Stampa di ieri. L'ho letto d'un fiato. con un senso di commozione soJJievo, non si poteva scrivere una più nobile e sincera rivendicazione dei valori morali della guerra '15-'18, va lori falsati in pieno dalla retorica gaglioffa del fascismo. negatrice di rutta la tradizione più nobile del nostro Risorgimento.

Bene hai fatto a ricordare quanto scrisse l'Omodeo in quel magnifico libro che io non mi stanco di elogiare appena posso. E ottimo è stato il tuo ricollegare la Resistenza al Risorgimento, in quanto essa aveva di più nobile, di più vitale, di valore davvero universale.

Se dovessi congratularmi per i tuoi scritti sulla Stampa ad esprimerti ogni volta il mio consenso e la mia ammirazione non ti darei tregua. non ti lascerei in pace. Ma qualche volta non riesco a trattenermi!. ..

Il 12 ottobre sc.-orso ho commemorato a Vene.zia. nel Palazzo Ducale, presenti le autorità, la grande guerra vittoriosa del 1915-18. TI mio discorso è piaciuto, ho avutO, specialmente dai giovani, molti applausi. Io parlai con tono nettamente mazziniano-salveniniamo perché non mi sento. a 65 anni. di rinnegare gli ideali nostri di quaranta e quarantacinque anni fa [ Ju .

In un"altra occasione. parlando al convegno della 4<Scuola democratica>1, tenutosi a Torino nella primavera del 1952. affermava:

Così non sì può negare. anzi si deve nei testi scolastici affermare come cosa fondamentale che il Risorgimento è stato animato da un profondo motivo spirituale, da quella che il Croce ha chiamato «religione della libertà" libertà d'opinione, d"associazione, di scampa: e che il fascismo l'ha irrisa e soppressa in ogni sua forma; e che la R esistenza l'ha riaffermata di fronte ai tribunali speciali. nelle galere, nel confino. nell'esilio e infine sui campi di battaglia durante l'aspra lotta partigiana [ ).

E resistenza e lotta partigiana significarono non solo lotta di liberazione dall'eterno barbaro: ma sforzo generoso di rinnovamento spirituale. di purificazione dopo tanti anni di vergogna r... ). Tutto questo non va nascosto ai giovani: si tratta d'un grande patrimonio morale da salvare e trasmettere; si tratta di chiarire le idee a molti illusi e ignari: e la scuola non deve mancare a questo altissimo suo compito: e i libri di testo non devono mostrarsi muti di fronte alle fondamentali esigenze della formazione spirituale dei nostri giovani. La Repubblica italiana

è sona dal sangue e dal sacrificio sopra un"immane rovina: ma è sorta dagli elementi mig l iori non dimentichi delle tradizioni della patria25 •

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In questo testo so no p resenti tutti i rich iami alla co nn essione R isorgimento-Resistenza di cui abbiamo detto: la matrice di valori democratico-liberali che nell'Ottocento avrebbero permesso la maturazio n e della nazione italiana; il fascismo come rottura nella storia nazionale che irride e contrasta questi valori; la n ecessità pe r la nuova R epubblica d i insegnare aIJe giovani generazioni i valori di democrazia e libertà come base per la costruzione della nuova Italia democratica.

L'opera dove questa connessione emerse in misura più evidente e importante fu il saggio Fascismo e Resistenza, pubb licato nel 1 956, nell'abito di un numero monografico dell a rivista dtinerari11 intitolato n on a caso Prospettive storiografiche in Italia: Omaggio a Gaetano Salvemini26. Pieri vi offriva una linea interpretativa di tipo etico-politico che faceva della Resistenza un passaggio fondame n tale della storia nazionale, in q u anto riscatto definit ivo dai mali nazio nal i post-co n cilio di Tren to . AJ tempo stesso, criticava l'impostazione classista della storiografia di sinistra e in particolare di Battaglia, sostenendo, come già aveva fatto riguardo la Grande guerra, il ruolo vitale avuto dalla borghesia tra il 1943 e il 1 945 2 7 • Tuttavia, lo sto rico rite neva anche che la R esistenza avesse confermato la piena maturità della nazione: anche il proletariato urbano aveva aderito all'opposizione armata al nazifascismo. contrariamente a quanto era accaduto nel periodo risorgimentale. Scrivendo la prefazione al lavoro di R aimondo Lurag hi sul movimento operaio to rinese nella Resistenza, affermava:

È rilievo comune che il Risorgimento italiano fu opera d'una minoranza virtuosa, la quale sia nelle città che nelle campagne trovò ben scarso segu i to nei ccci inferiori, quando non dovette lottare contro la loro aperta ostilità: e i tentativi di pochi gruppi animosi di provocare un vasto incendio rivoluzionario fallirono assai spesso nelle nostre città per la mancanza d'un proletariato industriale conscio dei suoi diritti e dei suoi doveri, e nelle campagne per l 'ostilità d'un contadiname arretrato, nelle mani d'un clero reaziona ri o. Solo dopo cinquant'anni di vita unitaria e l'esperienza della grande guerra del 1915-18. nel secondo Risorgimento si poté notare il diverso animo della popolazione sia di fronte alla nuova tirannide interna che rispetto poi all'invasore straniero, così che fu possibile la grandiosa affermazione della Resistenza armata del 1943-45 . Ma essa è un fenomeno o ltremodo complesso, che va stu diato analiticamente. pazientemente. di sui documenti , con grande sforzo di obiertività nei suoi molteplici aspeni 28 •

Tra Risorgimento e Res istenza
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Proprio perché questa volta gli italiani dimostrarono la capacità di sapere di radunarsi dietro l'ideale democratico, frutto di una maturazione che andava rintracciata in un percorso cominciato molto prima del 1943:

Da noi, Resistenza significò ben prima opposizione al fascismo, per lo meno, entro certi limiti, dal principio del 1921, quando cominciò veramente ad affermarsi; certamente dall'ottobre 1922 e in pieno dal gennaio 1925, allorché si mutò in un elemento distruttore di tutte le libertà e demolitore delle precedenti conquiste politiche e sociali, di cui l'Italia poteva andare orgogliosa29 • Comunque l'espressione può servire, perché indica la maggiore piena estrinsecazione della Resistenza fino a divenire una 'guerra totale'; e d'altro lato mostra come la fase finale non possa scindersi dal lungo precedente periodo, che la preparò30

Con la sua connessione Risorgimento-Resistenza e la visione del periodo 1943-1945 come definitiva maturazione della nazione italiana, capace per questo anche di sostenere una guerra totale, Pieri andava ad iscriversi appieno nel paradigma antifascista che dominò gli studi del dopoguerra, ricevendo anche l'apprezzamento del maggiore studioso europeo della Resistenza, Henri MicheP ' . Tuttavia, il suo contributo scientifico maggiore su questi temi va ricercato soprattutto nelle analisi dei problemi metodologici connessi alla storia della Resistenza, frutto della collaboraz ione con l'ISMLI di Parri.

Per lo studio scientifico della Resistenza

Nelle fasi iniziali, la storiografia della Resistenza fu caratterizzata da un carattere fortemente memorialistico, spesso a sfondo locale e affidata alla voce dei protagonisti, centrata sugli aspetti in primo luogo politici e poi anche militari . Non si trattava di una peculiarità solo italiana, anche in Francia lo studio della seconda guerra mondiale e della Resistenza aveva le stesse caratteristiche, come prodotto della vicinanza del conflitto3 2 In Italia , la sintesi iniziale di questa tendenza fu la «triade» di lavori di Luigi Longo, Leo Valiani e Raffaele Cadorna. Tutti e tre questi volumi rinviavano all'esperienza personale degli autori : i primi due, tra i maggiori esponenti politici rispettivamente della Partito comunista e del Partito d'Azione; il terzo, comandante militare, insisté più sul ruolo svolto dall'esercito regolare del Regno del Sud e dalla sua personale funzione di capo del CVL, con un parallelo ridimensionamento del ruolo delle formazioni politiche e dei partigianp:i _

Pieri storico militare
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A questa primissima fase fece seguito un tentativo di ridimensionamento del ruolo della Resistenza, corrispondente con la prima legislatura repubblicana (1948-1954). In seguito all'inasprimento della tensione politico-ideologica, agli effetti dell'amnistia Togliatti, alla fine del processo di epurazione, alla scarcerazione di alcuni esponenti chiave della RSI (Rodolfo Graziani e Junio Valerio Borghese per fare due esempi), alla nascita del Movimento Sociale Italiano e i processi ai partigiani, sembrò ridursi l'enfasi precedente sulla lotta resistenziale, se non proprio ripresentarsi la possibilità di un tentativo di riabilitazione del fascismo 34 • Era anche il momento in cui venivano pubblicate le memorie di protagonisti del ventennio, trincerati a difesa del proprio operato, a cominciare dallo stesso Graziani, ma anche del generale Mario Roatta, capo di stato maggiore dell'esercito nel 1943 e tra i responsabili del disastro dell'8 settembre10 •

In questo clima di «restaurazione clandestina», come lo ha definito Santomassimo, si assisté però ad una sorta di reazione , da parte dei protagonisti della lotta resistenziale (e degli intellettuali, fra cui alcuni storici, loro vicini), che può essere sintetizzata nella fondazione nel 1949 dell'ISMLI, voluta da Parri. Nasceva così un centro propulsore della valorizzazione della memoria, e al tempo stesso di studi seri e scientifici, nonché di convegni . Di quella stagione molti furono i prodotti, co m e il Congresso di Venezia sulla Resistenza e la cultura italiana 36 e il volume Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana37, che fece emergere senza mediazioni «l ' humus da cui l'esperienza antifascista e partigiana aveva tratto forza e vita>>, travolgendo la retorica ufficiale moderata 38 •

Negli stessi anni nasceva, fra gli storici, la necessità di riflettere in maniera nuova su n,tta la storia d'Italia e sul ruolo avuto in essa dalla Resistenza. Parte di questa riflessione fu il contributo magistrale di Federico Chabod, nelle lezioni sull'Italia contemporanea tenute all'lnstitut d'Etudes politiques di Parigi nel 1950, ma uscite solo nel 1961 per l'Einaudi di To rino. In queste pagine, il grande storico avrebbe illustrato una prima analisi del var iegato paesaggio politico della Resistenza, ma anche del ruolo della chiesa durante il periodo dell ' occupazione e del Regno del Sud, come elementi di cont inui tà e dello stato di cose pre-esistenti39 In quegli stessi primi anni Cinquanta, Battaglia sarebbe giunto alla determinazione che fosse arr ivato il momento di procedere alla scrittura di una storia scientifica della Resistenza, meno legata alle valutazioni di tipo celebrativo: da qui il suo volume del 1953, la prima grande ricostruzione dettagliata del fenomeno resistenziale nel suo complesso 40 •

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Pieri storico militare

L' inserimento di Pieri in questa fase fu la base che portò alla sua collaborazione con l'ISMLI, la cui fondazione Parri volle proprio in risposta a quella involuzione conservatrice e attacco ai valori della resistenza in corso. Lo studioso, in quel periodo, espresse la preoccupazione per la ripresa degli ex fascisti anche in ambito accademico e scrivendo a Saivernini nel giugno 1949 , affermava: «Purtroppo l'ambiente universitario in Italia appare sempre più grigiamente democristiano o addirittura fascist:a»4 1 • Per lo stesso motivo , i suoi rapporti con il generale Bencivenga si guastarono, in quanto questi nel dopoguerra si era avvicinato al Fronte dell'Uomo Qualunque e poi ai monarchici, accusando i governi del CLN di essere stati nominati dallo stran iero e di essere responsabili dello sfascio del Paese42

L'istituto venne costituito a Milano il 20 febbraio 1949, raccolse iJ patrimonio documentario del Corpo Volontari per la Libertà ed ebbe come obiettivo quello di dare un «fondamento organico» alla conservazione della memoria della Resistenza, che fosse basata anche su una sistemazione storica e scientifica del fenomeno. Per contribuire a questo progetto fu fondata una rivista «Il movimento di Liberazione in Italia», uscita per la prima volta nel luglio 1949, sotto la direzione di Parri, Franco Antonicelli, Mario Del Pra e Giorgio Vaccarino43 Pieri aderì immediatamente all'iniziativa, presentando una recensione molto severa delle memorie di Roatta nel primo numero:

Orbene R. colla più edificante naturalezza ci fa sapere che lo stato maggiore dell ' esercito non avrebbe dovuto dare nuovi ordini prima che il concentramento d'armata a Tivoli fosse ultimato , ossia non prima del pomeriggio del 10 settembre. Era ben naturale dunque che per oltre trenta ore le sole truppe motocorazzate disponibili per la difesa della città restassero senza ordini di sorta! E aggiunge di più che per i provvedimenti relativi alle truppe della difesa «non comportavano, per parecchio tempo, altre disposizioni». E poi ancora ripete che lo stato maggiore in fuga da Tivoli a Pescara, «non aveva, per diverso tempo, nessuna nuova disposizione da dare né al comando d ell e truppe predette né ai servizi periferici». Siamo di fronte a piena incoscienza o ad assoluta insensibilità morale. Se leggiamo la cronistoria della fuga nelle pagine di un suo sincero amico, il Gcn. Zanussi, il quale invero sentiva angoscia e vergogna in quel doloroso momento , non possiamo restare indignati del contegno indifferente e cinico del Capo di stato maggiore dell'esercito , di fronte alle sciagure della Patria e alla rovina dell ' esercito! Occorre ricordarlo bene: negli eserciti nazionali odierni , o l 'ufficiale sente d'essere al servizio della Patria e solo di qu esta, e comprende che è suo stretto do-

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vere dare il buon esempio e sacrificare ad essa anche la vita , o si muta in un puro e semplice mercenario , colla fede e l'onore , al più degli ufficiali di carri era del secolo XVIII : non c'è via di mezzo! E la nazione, fin che ha coscienza di sé, deve temere come la peggio peste il servizio di s imili 'tecnici di primo ordine'! .. . 44 •

L'a ttività dell'istituto di Parrì trovava parallelo con quanto accadeva all'estero, specie in Francia, dove negli anni Cinquanta gli studi sulla Resistenza , specie ad opera di Henri Miche! , lasciarono la fase memori alistica per avviarsi allo studio scientifico del problema. Nel dicembre 195 0 , sotto la sua guida fu fondata la «Revue d ' histoire de la Seconde guerre mondiale» e nel dicembre dell 'anno success ivo il «Comité d 'Histo ire de la Seconde Guerre Mondiale» (CHGM), sotto la presidenza iniziale di Lucien Le Fevre e con Miche! come segretario . Il centro, che se si dedicò allo studio più in generale del conflitto, ebbe anche un compito rilevante nella promozione degli studi sulla Resistenza . In particolare, si sa rebbe occupato del reperimento di una grande quantità di documentazione e testimonianze, anche per s opperir e all ' anacronistica regola della chiusura degli archivi per cinquant'anni allora vigente, in modo da poter conferire una validità scientifica alle ricerche: un progetto, sep pure molto più grande, analogo a quello dell ' ISMLI e all ' approccio proposto da Pieri al problema45

L'attività scientifica di Miche! riguardo la R esistenza fu molto più vasta e importante di quella di Pieri, anche perché fu autore di alcuni lavori di natura molto più ampia dello studioso italiano; inoltre con gli anni i suoi studi avrebbero assunto una dimensione europea. Primo passo del suo lavoro fu la pubblicazione nel 1950 di una breve storia della Resistenza, uscita nella co llana «Que-je-sais'?», come precoce inquadramento sc ientifico del fenomeno in Francia46 Ancora più importante fu la pubblicazione della sua tesi di dottorato , uno studio sulle correnti di pensiero della Resistenza, uscito n el 196247 • Soprattutto questo secondo lavoro segnò un chiaro passaggio nell'utilizzo scientifico delle fonti sulla Resistenza , che Miche( aveva avviato nel decennio precedente. Ad esempio, nel 1954 era uscita una antolog ia sulla stampa clandestina, a cura dello stesso Miche! e di Boris Mirkine-Guetzévitch, alla qua.le il celebre storico Luci en Febvre scrisse una breve prefazione sottolineandone l'importanza. del profilo scientifico e criticando ironicamente i sostenitori della necessità di lasciar tra.scorrere molto tempo dagli avvenimenti prima di pote rne scrivere «o biettivamente»48 • Come vedremo, anche Pieri si s arebbe scagliato contro questa tendenza e nel contempo -- 171

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Pieti storico militare

l'attività dei due studiosi trova un'ulteriore parallelo nella scrittura di un gran numero di recensioni e rassegne critiche, molto simili a quelle di Pieri49 Un ' impostazione che aveva il fine di inquadrare le opere per ciò che erano, allo scopo di comprenderne il valore per Io studio scientifico della Resistenza:

Poiché è scritto da un ex partigiano, scrittore di talento, il romanzo non fornisce elementi di conoscenza ma è decisamente più efficace di racconti o resoconti dei ricordi del partigiano, il quale ha vissuto l'atmosfera eccezionale dell'evento, senza però esserne pienamente consapevole50 •

Somma di questo primo sforzo metodologico fu la pubblicazione, nel 1964 , di una Bibliographie critique de la Résistance , il cui scopo era tracciare un bilancio critico e filologico di quanto prodotto nel primo ventennio intercorso dagli avvenimenti del 1944-1945, ribadendo la necessità di procedere alla ricerca sull'argomento, anche se le fonti documentarie erano per ora precluse agli studiosi:

Inoltre, il ricercatore deve sfruttare al massimo indicazioni che, in merito ad altri argomenti o per altri periodi, sarebbero quasi interamente trascurabili, come ad esempio articoli di quotidiani locali o volantini pu· ramente propagandistici. Di conseguenza, diventa impossibile dirigere l'attenzione del ricercatore unicamente su scritti particolarmente importanti e, al contrario, obbligatorio tendere a una bibliografia esaustiva, dal momento che lo storico può sperare di ricavare qualcosa da ognuno di essi. Chiaramente, abbiamo concentrato la nostra anali si soprattutto sugli studi, ancora rari, sulle raccolte di documenti e sulle memorie; ma ci è sembrato necessario citare, inoltre, in larga parte , le testimon ianze (di attori o spettatori), i racconti (anche di avventura), nonché i sagg i, i documenti contenenti immagini e i romanzi 51 •

Il percorso di Pieri presenta, pur con le dovute proporzioni, molte analogie con l' evoluzione storiografica di Miche!. Un primo punto di contatto è rintracciabile negli articoli e rassegne che Pieri scrisse per la rivista dell'ISMLI. In tutto, tra il 1950 e il 1965, si trattò di sei articoli prevalentemente di natura metodologica e critico-storiografica delle opere sulla Resistenza uscite in quegli anni.

Il primo, uscito nel settembre 1950, fu dedicato aJ Congresso storico di Amsterdam sulla seconda guerra mondiaJe (5-9 settembre 1950) , al quale gli itaJiani parteciparono con tre relazioni. La prima fu dell'ammiraglio Marcantonio Bragadin52 , che discusse la situazione della mari -

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na dopo 1'8 settembre. La seconda di Giorgio Vaccarino 53 che presentò una relazione in parte dedicata a spiegare la nuova attività dell'istituto e al carattere della Resistenza italiana. La terza era proprio di Pieri che discusse i problemi più generali della Resistenza europea. Lo studioso ci tenne a sottolineare che la presenza dell'Italia, un Paese sconfitto, in un consess o così importante era dovuta «più ancora che per la sua qualità di Paese già cobelligerante, in vista appunto del la sua Resistenza» 54 • Si era di fronte a1Ia rivendicazione di quel ruolo primario della lotta partigiana che era stato messo sotto attacco dalla memorialistica di area moderata e monarchica e in parte dal ritorno degli ex fascisti.

Proprio contro questi Pieri si scagliò nel saggio successivo, dedicato alla Resistenza nella Venezia Giulia, una lunga revisione critica del volume di Francesco Coceani, ex prefetto di Trieste e sottosegretario agli Esteri della Repubblica di Salò, in cui l'autore difendeva ìl proprio operato, come parte più generale della capacità della RSI di fermare la presupposta «ira» dei tedeschi, che si sarebbero sentiti traditi dal colpo di stato badogliano e accusava il CLN di essere il principale responsabile della perdita della città55 • Anche qui Pieri si richiamò alla necessità di non lasciare che la storia della Resistenza fosse appannaggio dei «residui elementi dell'anti-risorgimento», identificati nei fascisti, un chiaro richiamo agli studi di Luigi Salvatorelli56 •

I saggi successivi ebbero uno spessore ancora più ampio, riflesso della più generale evoluzione che gli studi stavano cominciando ad attraversare in quegli anni Cinquanta, rimodulandosi da un approccio memorialistico-polemiço ad uno più scientifico 5 7 • Pieri diede precocemente il proprio contributo di metodo che questa trasformazione comportava, pubblicando nel gennaio 1953, È possibile la storia di avven imenti molto recenti?. Presentando argomenti simili a quelli di Miche!, Pieri confutava la tesi crociana secondo cui la mancanza dì documentazione archivistica e ufficiale impediva una seria storia della Resistenza. L''incipit dell'articolo annunciava:

Il prob lema della possibilità d'una ricostruzione esatta e serena d'avvenimenti molto vicini, oggetto di accalorate passioni e d'aspre lotte non è invero nuovo; ma si è ripresentato oggi particolarmente vivo e non in Italia soltanto, di fronte alla sentita necessità di salvaguardare il patrimonio ideale da cui scaturì da noi dapprima la diuturna lotta sorda e clandestina della resistenza alla dittatura fascista, poi la lotta aperta e senza es i tazione e compromessi della guerra partigiana. La comune obbiezione è che non si devono rinfoco lare le ire e rancori; che non si deve fare della cattiva politica sotto il travestimento della storia; che bisogna lasciar pas-

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Pieri storico militare

sare un adeguato periodo di tempo perché gli spiriti s i plachino e le passioni si calmino; che trop p o materiale documentario è ancora inedito; e che insomma, mancano tutto ra i mezzi materiali e le possibilità sp iri tuali per rico struire con sufficiente esattezza ed obbiettività e la Resistenza e la lotta Partigiana, vale a dire la eventua le resistenza alla dittatura e la successiva guerra civile58 •

Rifacendosi metodologicamente allo stesso Croce, Mare Bloch, Saivernini e Arnold J. Toynbee, Pieri rigettava la tesi secondo cui necessariamente occorresse molto tempo prima di poter pas sare ad un ' analisi scientifica dei fatti recenti, in quanto la linea di demarcazione tra l' attendibilità e l'inattendibilità non era data dallo scorrere del tempo, né dalla possibilità pe r lo studioso di estraniarsi dalle proprie tendenze e convinzioni, quanto piuttosto dal «cauto procedere negli asserti e nei giudizi» in quanto «l'obiettività storica consiste[...] nel comprendere e valutare la funzione - positiva o negativa che sia - di tutte le forze politiche in moto »59 • Era poi sottolineata la questione dell'utilizzo delle fonti, riguardo alla quale l'autore evidenziava che il problema non era la mancanza di documenti , quanto la necessità di un'adeguata critica filologica dell'esistent e:

Quan to poi all'uso dei documenti contemporanei, valgo no le stesse norme che la metodologia storica app l ica anche ai documenti meno recenti o antichi, salvo diverse particolarità tecniche. Così ad esempio, se lo storico deve con ogni scrupolo fissare p er la storia medioevale il valore di certi termini, quali 'comes', 'miles', 'eques', ' respublica ' , perché altri m enti la sua ricostruzione e valutazione potrebbe essere sbagliata in partenza, così anche ogg i occorre ch'egl i c hi ari sca il significato di certi termini che pur sembrano dell ' uso più comune: rivoluzione, democrazia , pro letariato, volontà popolare, e via di seguito. Ma occorre soprattutto sgombrare il terreno da un preconcetto: che gli atti e specificatamente i documenti cosiddetti riservati, verbali, diari, rapporti confidenziali , progett i, abbiano un valore maggiore che non le narrazioni con carattere più prop riam e nte storico; e ch e di co n seguenza non sia possibile una vera storia senza ' i ghio tti inediti' per usare un'espressione chiara ai puri eruditi. Ora non v'è dubbio che nessun documento è stato mai steso allo scopo di raccontare la verità agli storici, ma bensì per produrre un ce rto risul tato pratico: ottenere una cosa, impedirne un ' altra, produrre un dato effetto sugli interlocutori , far credere una data cosaw.

Pieri poi metteva in guardia dalla censura sulla stor ia recente, in quanto po teva essere il riflesso d ella volontà di evitare che le istituz ioni fossero soggette a critica pubblica:

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Ma un altro pericolo si prospetta allora per allontanare gli spiriti dello studio della storia recente: quello di colpire l'istituzione, per sminuirne il prestigio: la Monarchia, la Chiesa, la Repubblica, l"Esercito, la magistratura, tutti termini astratti, tutti istituti rappresentati come enti metafisici i nfallib ili , vasi ripieni d'ogni virtù e d'ogni elezione! Inutile dire che proprio g li istituti della Storia per vive re e non corrompersi hanno bisogno di provarsi al vaglio della critica e delle opposte tendenze: solo le dittature e i regimi tirannici hanno bisogno di rappresentarsi sempre e dappertutto, sani, robusti, felici, di po rs i insomma fuori dalla realtà 61 •

Infine, probabilmente anche perché memore delle difficoltà che aveva avuto nella ricostruzione degli avvenimenti della Grande guerra, sotto lineava «l 'o pportuni tà di cominciare a m ette re per te mpo a c hiarir e e rendersi conto degli avvenimenti che tanto hanno influito e influiscono sulla vita della nazione». Da questo ne traeva la necessità di raccogliere la documentazione e in tervistare i testimoni , anc h e p e rché g li archi vi erano chiusi, riprendendo quanto ve niva fatto all'estero, perché «più che mai s i deve affermare oggi l a necessità di una storia della R es istenza ossia di que i supremi valori spir ituali alla conservazione dei quali è affidato non solo l'avve nire d'Italia, ma la di fesa della nostra civiltà1162 •

Pi e ri non scrisse mai un volume d edicato alla Resistenza, ma attraverso i suoi stu di s i sfo rzò di porre le fonda menta metodologiche p er raggiu ngere una maggiore maturità degli stu di e un 'anal isi ch e prescindesse dagli orientamenti politici. Una prima applicazione di questi principi m etodo logici è rintracciabile nella lun ga recen sio n e, quasi ve ntisette pag in e, ded icata all a storia della R esistenza di Ba ttag lia del 19 53, probabil men t e la maggiore opera di Picri dal punto di vist a scientifico in quest'ambito. assieme all'artico lo appena ricordato sulla po ssibilità di stud iare eve nti recenti 63

La rece nsione uscì s ul 1<M ov imento cli Liberazione» n el settembre 1954. Il testo si apre con una lung a sintesi del volume, rip e rcorso minuziosamente in tutti i suoi aspetti in te r pretativi e narrativiM. Pieri non sfugge a lla tentazione di ironizzare ogni tanto su ll 'eccessiva enfas i p osta dall 'a utore s ul ruolo dei co munisti a scap ito d el Partito d 'Az ione:

A questo proposito il B. osserva che in questo modo viene sottovalutata l'importanza delle grandi città del Nord, però, egli aggiunge non senza disinvoltura, si eviti così di lasciars i trascinare in un'insurrezione 'prematura' come quella di Varsavia. E su qu esto punto sono d'accordo Longo e

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e Resistenza
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Pieri storico militare

Parri: il primo, grazie al suo 'realismo' che gli consente di cogliere i dati essenziali degli avvenimenti; il secondo in virtù del suo 'pessimismo', (il realismo è una prerogativa dei soli comunisti), che ' lo fa arretrare dinnanzi alle speranze troppo vivide e ai proposti troppo energetici' 6 5

Va detto che in parte questo fu dovuto alla richiesta proveniente dalla redazione, come Pieri ammise sinceramente: «Le mie osservazioni finali erano più brevi, ma la redattrice della rivista , sig.na Professoressa Bianca-Ceva me ne fece aggiungere varie altre, dicendo che si trattava d ' un ' esposizione, da parte del Battaglia, troppo smaccatamente filo-comunistait66.Tuttavia, al di là di questi aspetti critici minori, nel tracciare il giudizio complessivo del lavoro, Pieri ne confermò l'assoluta validità scientifica, riconoscendone il merito «d'aver visto la Resiste n za nel suo insieme, nella sua grande e varia complessità», facendo del Battaglia un testo che:

[... ) è sempre tale da sopportare molte critiche pur rimanendo fondamentale e punto di partenza necessario per ogni ulteriore studio. Non esitiamo anzi a dire che per parlare in modo davvero adeguato sarebbe stato necessario possedere la profonda conoscenza , per gloriosa esperienza diretta e per studio dell'ampia letteratura in argomento, che è dote del Battaglia, e poter quindi ripercorrere per conto proprio tutta la via che egli ha seguito nella narrazione di tanti e così svariati e complessi discussi avvenimenti. Certo la conoscenza del materiale archivistico consentirà una sempre più sicura ed obiettiva valutazione dei fatti; ma comunque il B. ha posto in evid enza le linee fondamentali del grande avvenimento storico e ha fatto opera degna della gratitudine degli italiani67 •

Pieri insomma, al di là di qualche critica, presentò come fondamentale il libro di Battaglia, facendone lo spartiacque tra quello che avrebbe potuto essere Io studio scientifico della Resistenza e quella che era stata la fase memorialistica/pubblicistica. Da quel momento, la critica filologica - la base del lavoro degli storici - avrebbe dovuto regnare sugli studi sulla Resistenza. Per Pieri, questo emerse già negli anni Sessanta, quando sempre sulla rivista dell'ISMLI, ingaggiò una polemica storiografica sulla mancata difesa di Roma nel settembre 1943 .

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Metodologia della fonti sulla R es istenza: la questione della difesa di Roma

Una delle questioni più spinose relative ai giorni dell'armistizio fu quella della mancata difesa di Roma, l'unico punto deila penisola dove, secondo Rochat e Aga R ossi, l'esercito italiano avrebbe potuto difendere efficacemente la popolazione dalroccupazione tedesca, e che invece fu perso senza una resistenza organizzata da parte delle truppe, me ntre il sovrano e il capo del governo Badoglio s i spostavano, assieme ai vertici dell 'ese rcito. verso Pescara e poi Brindisi68 •

La mancata difesa della capitale rappresen tò uno dei nodi più delicati dell'azione del governo Badoglio e fu oggetto di un'inchiesta di una commissione che operò tra l'ottobre 1944 e il marzo 1945, composta dal Sottosegretario alla Difesa Mario Palermo (comunista). e dai generali Pietro Ago e Luigi Amantea. L'inchiesta scaricò le colpe dell'accaduto sul generale Carboni, comandante delle truppe poste a difesa della città.

Quest'ultimo nel dopoguerra intraprese invece una dura campagna di stampa contro i propri ex s uperiori, tra cui lo stesso Badoglio e i vertici del governo, in particolare Roatta, al fine di ottenere la riabilitazione deila propria immagine69 •

La ricostruzione dei fatti di Roma chiamava in causa le responsabilità de l re e del governo Badoglio e attorno ad essa si aprì nel dopoguerra un'enorme attenzione. Ad occuparsi di questo argomento fu anche Salvcmi ni , che tra il 1952 e il 1 953 pubblicò un saggio a puntate sul «Ponte»70 • Per scrivere questi testi, il grande studioso si servì anche del proprio co ntatto personale con il genera le Carboni, con il quale intrattenne una corrispondenza, durata dall'estate 19 52 fino al 1955. A partire dal 1956, Carboni fu in contatto anche con Pieri , aJ quale tra l'altro inviò copia del carteggio che aveva intrattenuto con Salvemini, p ensando ad una eventuale pubblicaz ione, poi mai fatta, intitolata Tre anni di corrispondenza episto lare con Gaetano Salvemini71 • In qu esto carteggio, lo studioso pugli ese di fatto vali dò la tesi di Carboni di essere stato utilizzato come capro espi atorio da Badoglio:

Purtroppo, il terzo articolo s u Badoglio nei quarantacinque giorni, non potrà andare avanci a seguire - o inseguire - Badoglio nella fuga da Roma alla destituzione del giugno 1944. Verrebbe in questa parte del lavoro la storia delle infamie commesse contro di Lei dalla camorra di Brindisi. Ma è opera di largo respiro, che implica materie e militari e politiche e italiane e non italiane, nelle quali il mio pensiero non è ancora maturo 72 •

Tra Risorgimento e Resistenza
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Fieri storico militare

Pieri negli anni Sessanta era interessato a Badoglio per via della biografia del generale che gli era stata commissionata e avrebbe continuato la corrispondenza con Carboni, traendone informazioni e spunti . Nel 1962, nel corso di un programma radiofonico, riprese la tesi del generale secondo cui i vertici del governo avevano rinunciato alla difesa della capitale, richiamando il corpo motocorazzato a Tivoli a protezione della loro fuga, lasciando Carboni senza ordini precisi, mentre parte delle truppe continuavano a battersi 73 •

La trasmissione causò un polemico scambio di battute con il generale Raffaele Cadorna, il quale scrisse allo storico per chiedergli su quale docwnentazione si basassero le sue affermazioni relative alla difesa della capitale 74 • L'accigliata replica di Pieri fu che esse erano riprese dalla sentenza del 19 febbraio 1949 del tribunale militare di Roma, che aveva assolto Carboni, affermando nel contempo di non ritenere che:

Lei possa essere al tempo stesso giudice e parte degli avvenimenti dell'8 -9-10 settembre 1943; e della successiva triste sequela d ' inchieste e polemiche. Concludeva rivendicando «ancora una volta, anche con lei , la mia piena indipendenza e libertà d'uomo e di studioso, non vincol ato a nessuna cli entela e a nessun partito»75 •

A questa lettera Cadorna rispose a s ua volta evidenziando i risultati della commissione d'inchiesta del 1944-1945 che aveva incolpato Carboni, fornendo a Pieri copia della sentenza76 • L'elemento centrale comunque della questione non era tanto la val idità dell e affermazioni di Cadorna o di Carboni, quanto la ricostruzione filologica degli avvenimenti attraverso le fonti. Infatti, Pieri si servì della corrispondenza con Carboni per verificare le informazioni della pubblicistica e memorialistica. Le loro lettere erano ricche di informazioni:

Carissimo Pieri, f... ] ti scrivo per la 'replica' di Monelli, pubblicata da 'TI giorno' di domenica scorsa e segnalatami ieri. [... ] In ogni modo ti segnalo alcuni 'falsi' della sua ' replica ', sui quali tu non potresti essere informato.

1 ) Dopo aver scritto che per il suo libro egli si era valso della testimonianza di Thbellini, afferma ora che se è ne valso per una nota delle sue tante edizioni'' .

[...] Il fatto che questi due altri corpi d'Armata non sono indicati nell'indirizzo dell'ordine Roatta è la prima prova che l'ordine vero è que ll o riprodotto nel mio libro. Il fatto che l' ordine De Stefanis , che pure include

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nel suo testo la difesa interna e quella esterna, è indirizzato anche quello so ltanto a me, dimostra che la variante è opera di De Stefani (o Salvi), ma egli non esita a mettere nell'ind irizz o anche Barbieri e Zanghieri perché più anziani di lui, non gli avrebbero obbedito e con ragione. Ma ciò che tag l ia la testa al toro è la pagina 225 dell'TI volume del libro 'Guerra e catastofe' di Zanussi. Zanussi come sai [ ... ) conobbe l'ordine di Roatta. Egli scrive che Roatta gli disse, a suo tempo, che nel suo fo. gl ietto a matita, senza né data né firma, era indicato che anche le trup· pe di Barbieri e Zanghieri ' però non specificate' sarebbero passate agli ordin i d i Carboni'8

Essendo interessato alla verifica dei fatti, Pieri interpellò anche Ruggiero Zangrand i, il quale all'epoca stava preparando la prima edizione del suo lavoro sul periodo tra il colpo di Stato del 25 luglio e 1'8 settembre, portato avanti con una ampia documentazione ricevuta da privati e con numerose interviste7 9 • In realtà, anche se il lavoro fu un superamento di quelli precedenti, quello di Zangrandi risenti di pesanti difetti dovuti alla mancanza della documentazione anglo-americana e degli archivi militari italiani. Inoltte, l'autore diede molto cred ito proprio alle tesi di Carboni, probabilmente a causa della simpatia che il generale s'era conquistata presso lo studioso (per il suo ordine di distribuire le armi alla popolazione) . Ciononostante il volume ebbe un'importanza cruciale per tracciare le responsabilità dei vertici politici e militari italiani attorno all ' 8 settembre 1943, superando la memorialistica e fornendo un contributo notevole , con le fonti allora disponibili, per ricostruire i fatti di quei giorni80 .Essendo all'epoca quanto di meglio fiJologicamente potesse essere disponibile, dato lo stato delle fonti, era logico che Pieri si rivolgesse a Z angrandi. Questa collaborazione s i estese, progressivamente e lo storico inviò al giornalista copia della corrispondenza con Cadoma e quella cli una relazione svolta al convegno nazionale sulla Resistenza di Roma del 23-25 ottobre 1964 , dedicata proprio ai quarantacinque giorni decisivi del 194381

Alla fine dell'anno , Il saggio di Pieri fu pubblicato sul «Movimento di liber azione», con il titolo La storiografia italiana dal 25 luglio all'B settembre: una rassegna critica dei princ ipali lavori usciti fino a quel momento sull'argomento . Molto simile per l'impostazione alla bibliografia critica di Miche!, il testo cominciava dalle memorie dei protagonisti: Paolo Puntoni, aiutante di campo di Vittorio Emanuele; Ivanoe Bonomi, presidente del consiglio dal 10 giugn o 1944; Galeazzo Ciano, considerato di «notevoliss ima importanza>> sebbene «soggetto in alcuni punti a manomissioni»; Enrico Caviglia, senatore, maresciallo d 'Italia e presente nei giorni dell 'armistizio a Roma8 2 •

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Pieri storico militare

Seguivano gli studi a sfondo memorialistico dei militari, il generale Giacomo Zanussi, come abbiamo osservato citato da Ca r boni, il cui volume era giudicato denso «d i osservazioni, episodi, giudizi, descrizioni, esami critici; e spesso una spregiudicatezza insolita per un generale. Il che non toglie che in vari punti i suoi asserti siano discutibili» . Veni- . vano poi ribadite le critiche al lavoro di Roatta, già espresse nel 1949, e si invitava alla prudenza nei confronti di quelle degli altri generali. Ad esempio nel caso dei due volumi del gen . Giuseppe Castellano sull'armistizio di CassibiJe, usciti nel 1945 e nel 1963, Pieri invitava, nel leggerli, alla «maggiore cautela e a sottoporli a frequenti controlli»83 Venivano poi le memori e di Carboni, che naturalmente erano giudicate positivamente e di «grande valore» 84 •

Si passava infine ai saggi storici veri e propri, cominciando con quello di Luigi Salvatorelli e Raffaele Mira sulla storia d'Italia nel periodo fascista, uscito presso l'Einaudi nel 1964, che Pieri considerava : «un'opera che nonostante le riserve che si possono fare in alcuni punti, deve considerarsi fondamentale; e anche le pagine dedicate alla genesi del 25 luglio rappresentano una chiara e robusta sintesi; e la situazione italiana è vista nel quadro della politica anglo-americana»85 • Apprezzamenti erano espressi anche per il volume di Gianfranco Bianchi, 25 luglio - Crollo di un regime, perché ritenuto una «ricerca accuratissima - la sola bibliografia occupa 38 pagine - sulle opere a stampa, su documenti inediti, sopra diligenti inchieste presso superstiti degli avvenimenti, anche, anzi spesso di parte avversaria»86 • Analogamente, Pieri giudicava positivamente anche il già citato lavoro di Zangrandi, per la ricerca che stava alla base 87 • Questa parte si concludeva con l'accenno positivo alle opere più generali di alcuni storici: Salvemini, Franco Catalano ed Enzo Collotti 88 .

L'ultima parte del testo era dedicata specificatamente agli avvenimenti dell'8 settembre e della mancata difesa di Roma. Su questo punto è avvertibile l'influenza di Zangrandi e di Carboni, tanto da indurre Pieri a criticare le pubblicazioni degU altri esponenti militari coinvolti e autori di volumi a riguardo, a cominciare dalla «Riscossa» di Cadorna e dal volume di Ettore Musco, che lo storico invitava ad «esaminare con cautela», affermando che la ricostruzione più efficace restava quella dello Zangrandi89 .

La rassegna storiografica di Pieri ebbe alcuni strascichi, in quanto Cadorna e Musco si rivolsero alla redazione della rivista dell'ISMLI protestando per il modo in cui erano state presentate le loro opere. Ne conseguì la scrittura di un altro breve saggio da parte di Pieri, con la pub- - 180 --

blicazione anche dell e lettere inviate da Cadorna e Musco, nel quale lo storico confutava le proteste dei due generali, sostenendo che le fonti di Zangrandi e Carboni erano più affidabili filologicamente90 • I due ufficiali protestarono ancora una volta, scrivendo nuovamente alla redazione , che informò Pieri 91 La questione comunque fu lasciata cadere, anche perché Parri probabilmente volle evitare il trascinarsi della polemica:

Volevo fare una breve recensione al libro La verità sull ' 8 settembre del Musco: poche ma sentite parole, per lui e per il suo degno compare Raffaellino; e scrissi alla Prof. Bianca Ceva. Mi rispose che già la recensione per il 'Movimento di liberaz ione in Italia ' l ' aveva scritta il Rochat, ed era già in bozze. È apparsa infatti sul numero di ottobre-dicembre '65, pp. 116-117 , ed è una cosa seria, pur non entrando nella quistione dei falsi del Musco. Mi ha scritto al riguardo che si è limitato a rilevare ' la sostanzia le uguaglianza tra il volume 1965 e quello del 1962: esempio di notevole insensibilità morale! E aggiunge: 'Ma la concertata campagna di alcuni gruppi militari e politici non ha più limiti: basti vedere le recensioni di certi quotidiani al volume del Musco!' Io ho pensato di mandare la mia breve recensione al 'Giorno ' , poi ho riflettuto in ogni caso che me l'avrebbero mutilata; e poi non voglio creare fastidi al Pietra! Poi ho pensato all'Astrolabio, che du e o tre anni fa mi chiese ed ottenne 50,000 lire di sostegno; ma ormai ho visto che Parri, forse s uo malgrado, non desidera più polemiche del genere92 •

Al di là della validità o meno della polemica, che ci interessa secondariamente, l'elemento centrale è di natura metodologica , perché Pieri basava la propria confutazione dei lavori dei generali attraverso la critica delle fonti 93 • Certamente, visto oggi, ci è chiaro quanto il lavoro di Zangrandi avesse dei limiti e come la figura di Carbonj s i esponeva a critiche maggiori di quanto Pieri fosse disposto a concedere. In particolare, riguardo il generale, la ricerca ha messo in evidenza che dimostrò una condotta ondivaga nei momenti decisivi precedenti l'armistizio, in cui sarebbe stato necessario preparare la capitale alla difesa94 • R estava il dato di fondo che, anche per la storia degli avvenimenti recenti, anche se non era di spo nibile tutto il materiale esistente, si poteva procedere alla scrittura di una storia scientifica, in quanto:

la storia è ricostruzione critica attraverso le fonti criticamente vagliate; e conta più una fonte sicura veritiera di cento o mille infide e insincere; e di questa incomoda es igenza troppa gente non riesce a rendersi conto! %

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La difesa della metodologia fatta da Pieri va inserita nel quadro più ampio di consolidamento degli studi della Resistenza. Si era ormai alla metà degli anni Sessanta, nell'atmosfera del centro-sinistra, quando la memoria della Resistenza ormai era assunta a patrimonio ampiamente condiviso dal Paese, consolidandone la funzione di «mito di fondazione» dello stato democratico e repubblicano 96 • In questa atmosfera favorevole, lo studio scientifico della Resistenza aveva assunto dimensioni notevoli , producendo una crescente riflessione teorica, un'ampia se rie di convegni di studi e l'allargamento del numero e dell'attività degli istituti di ricerca , a cominciare dall ' ISMLI, che nel 1967 ottenne il riconoscimento giuridico e un finanziamento statale per le proprie attività97 • Negli stess i anni s i assistette al moltiplicarsi di ricerche dall'innegabile carattere scientifico : la storia di Franco Catalano del CLNAI (1956); la storia della resistenza di Carli Ballola (1957); la seconda edizione dell 'ope ra di Battaglia riveduta e ampliata (1962); l'ampia sintesi divulgativa di Pietro Secchia e Filippo Frassati; l'Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza , sempre promossa da Secchia98

La prima fase degli studi scientifici sulla Resistenza giungeva così al proprio culmine, mantenendo «pur in forme pacate e con crescente corredo di apparati scientifici, la riflessione di ispirazione antifascista», riflettendo il configurarsi di un'identità politica, come confermato dalla presenza di nwnerosi protagonisti dei fatti del 1943-1945 tra gli autori delle opere a carattere più generale99

Dopo il 1968, gli studi avrebbero intrapreso un nuovo percorso, dando ormai per scontato che essi non potevano non essere basati sulla più attenta critica delle fonti e allargando lo sguardo per comprendere la Resistenza nel contesto più ampio delle strutture, economiche, sociali e politiche del Paese, concentrandosi maggiormente in una prospettiva dal basso. Ma tutto questo era lontano dal pensiero di Pieri, che, proprio alla vigilia dell'irruzione delle trasformazioni indotte nella ricerca storica sulla Resistenza dalle trasformazioni deJJa fine degli anni Sessanta, uscì dalla vita accademica.

Nel complesso, l'interesse di Pieri per la Resistenza, i suoi saggi di storiografia e la polemica filologica attorno alla questione della mancata difesa di Roma avevano avuto lo scopo sia di contrastare la riabilitazione degli ex fascisti e dei monarchici, temuta nei primi anni Cinquanta, sia di fondare storiograficamente e professionalmente (tramite una accurata critica delle fonti, come base per il lavoro dello storico) gli studi allora nascenti attorno a questo momento fondamentale della storia d'Italia. In questo modo, anche senza mai dedicarsi a ricerche

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d'archivio e alla ricostruzione di specifiche vicende, Pieri diede un proprio fondamentale contributo al consolidamento del paradigma antifascista e alla professionalizzazione di questo settore di studi, così ril evante per la comprensione e per un giudizio sulla storia d'Italia. Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che tutto ciò non era scontato . Pieri, un socialiberale, un democratico-interventista, si trovava a pubblicare nella stessa rivista su cu i pubblicavano cattolici e marxisti , alimentando un dibattito scientifico libero, trasversale alle posizioni politiche, in un Paese dove la contrapposizione ideologica costituiva l'ordine del giorno nella vita pubblica.

Le guerre del Risorgimento

La Resistenza rappresentava per Pieri l'apice di un processo di maturazione della nazione in senso democratico, che si traduceva nella capacità del Paese di saper combattere, creando una giunzione tra Stato, forze armate e cittadini . Gli italiani avevano perso quella capacità con la crisi militare del Rinascimento e l'avevano pienamente riacquisita con la Grande guerra e la Resistenza . La congiunzione tra questi momenti era necessariamente il momento in cui questa capacità aveva ricominciato a maturare, come riflesso di una più profondo sviluppo politico: le guerre dell'unificazione, sintetizzate nella Storia militare del Risorgimento del 1962. Del progetto del vo lum e, Pieri cominciò ad occuparsi nel 1951:

L'editore Einaudi insiste meco perché dopo la Crisi militare , prepari una storia militare del Risorgimento italiano , del tipo del m io articolo sull'esercito Piemontes e apparso sul «Ponte», con esame dei sistemi di reclutamento, bi lanci m il itari, spropositi ne ll a condotta di guerra, ecc. così che la s toria militare s i leghi a quella po li tica; prima voleva un lavo ro di 200 pagine, ora Io vorrebbe sempre più nutrito, di 400 circa: l'idea di fondo non mi dispiace. Che te ne sembra'? Certo la storia militare italiana nel Medio Evo che da tempo vagheggio si a ll ontana sempre più, ed è sempre rimandata!100

Alla fine il vo lu me sarebbe stato di quasi 900 pagine e fu il punto di arrivo di un lungo filone di ricerche su ll e guerre risorgimentali, influenzato dal rinascente dibattito storiografico sull'unificazione, ora libero dalle pressioni culturali del fascismo, e al tempo stesso parallelo agli studi di storia militare internazionali della prima generazione,

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Pieri storico militare

che s i occuparono delle istituzioni militari del XIX secolo in Francia e in Germania.

Negli anni del fascismo, lo abbiamo osservato, il regime intraprese un preciso sforzo di controllo sulla memoria e gli studi del Risorgimento. In quegli anni, il dibattito italiano fu segnato da quattro grandi intellettuali: Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Gioacchino Volpe e Gaetano Salvemini. Nonostante i tentativi del regime di esercitare una precisa strategia di controllo sugli studi storici, queste personalità esercitarono tutte una certa influenza sui risorgimentisti formatisi in quel periodo, tra cui vanno ricordate le figure fondamentali di Omodeo, Chabod, Alberto Maria Ghisalberti e Walter Maturi1°1 .

Con il collasso del regime, l ' interpretazione gentiliano-volpiana del Risorgimento fu abbandonata, consentendo l'emersione di una visione liberale e moderata. Omodeo fu uno degli esponenti di maggiore rilievo di questa tendenza e, come abbiamo osservato, già durante il ventennio aveva attaccato la patina agiografica imposta dal regime sugli studi. Ai primi degli anni Quaranta, analizzando l'opera politica di alcuni esponenti di spicco del Risorgimento , a cominciare da Cavour, Omodeo era giunto alla conclusione che il tratto distintivo del successo del loro progetto politico fu la capacità di saper coniugare il realismo con un progetto politico centrista-moderato basato su una politica del «possibile» anziché del «des iderabile»102

Simile fu l'impostazione di Alberto Maria Ghisalberti, nel secondo dopoguerra direttore dell'Istituto per la storia del Risorgim ento. Dopo il 1945, la sua figura acquisì crescente importanza per la riorganizzazione dell'Istituto che attuò e per i suoi studi, nei quali, pur mantenendo la convinzione sull'efficacia del mazzinianesimo, evidenz iò l'abilità della classe djrigente moderata piemontese di realizzare l'unità grazie ad una politica realista 103 • Importante da questo punto di vista fu il suo volume su Massimo D 'Azeglio, figura fondamentale neJia crisi attraversata dallo stato sabaudo dopo la sconfitta del 1849, capace però di salvare lo Statuto albertino come pilastro della causa liberale in Italia, accettando la pace draconiana imposta dall'Austria104. Per Ghisalberti, come per gli altri studiosi moderati, restava importan te anche il ruolo svolto dalla casa Savoia, come elemento coagulante del sommovimento politico risorgimentale. Una funzione riassumbile nella massima: iiinsomma, Mazzini, Garibaldi, Cavour hanno fatto l'Italia una: ma chi permise loro di farla fu Vittorio Emanuele II»105 •

Pieri, lo abbiamo osservato a proposito del referendum del 1946 , era ormai disincantato circa la funzione storica della monarchia. Un proble-

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ma dimostrato dalle sue discussioni con Fran cesco Cognasso, affennatosi come l'eminente storico filo-sabaudo nel periodo fascista e sostenitore della assoluta centralità della dinastia nella vita nazionale106. Nel dopoguerra, i due sedettero assieme nel comitato torinese dell'Istituto di Storia del Risorgimento, diretto da Luigi Bulferetti . Il comitato aveva il compito di gestire il locale Museo del Risorgimento e, con il ricorrere degli anniversari del 1848-1849, ebbe anche una funzione culturale di primo pia.no in città. All'interno del comitato, Pieri e Cogna.sso rappresentavano la contrapposizione tra due precise tendenze: una, supportata anche da Bulferetti, desiderosa di trasferire nello studio del Risorgimento e nell'assetto organizzativo dell'Istituto la ventata di novità portata dalla recente esper ienza resistenziale; l'altra più tradizionale e strettamente legata alla tradizione sabaudista torinese e spalleggiata anche da l presidente nazionale Ghisalberti 107 .Negli anni successivi le iniziative intraprese dall'Istituto furono periodicamente occasione di scontro tra Pieri e Cognasso, con conseguente inasprimento dei rapporti, che riflettevano una ben più importante contrapposizione storiografica:

(. . .] Cognasso, il quale, già in urto con me perché non l'avevo appoggiatO nella sua lite co l Gen. Mondini, mi ha preparato un colpo mancino, e nelle elezioni per il rinnovamento delle cariche alla Deputazione di Storia Patria, mi ha fatto escludere dal consiglio direttivo. Ma ti assicuro che non ho perso né il sonno né l'appetito: io non faccio la collezione delle cariche; e trovo anche giusto che s i faccia un po' di rotazione. Ad onta di tutto, io ho mandato una lettera di ringraziamento al Cognasso, per l'opera preziosa da lui svolta al Museo, dolenti di non averlo più fra noi. E lui non ha nemmeno risposto. Negli ultimi mesi non era più venuto nemmeno alle adunanze, e mai aveva giustificato l'assenza108 !

Per Pieri importante fu anche l'influsso di Luigi Salva.torelli, antifascista e importante intellettuale del periodo. Salvatorelli fu autore di un fondamentale saggio, Pensiero e azfone nel Risorgimento, pubblicato a Torino nel 1943, in cui evidenziò il real ismo politico cavouriano, ma anche la necessità di analizzare il Risorgimento come nazionale, popolare e spirituale109 La sua visione del Risorgimento era simboleggiata nel binomio Mazzini-Cavour, considerate figure complementari, uno rappresentante del1'iniziativa rivoluzionaria democratica dal basso, l'altro quella liberale monarchica dall'alto . Al tempo stesso però, Salvatorelli «da buon razionalista illuminista arretra davanti alla mistica finale unità di Mazzini, nella quale[ .. .] avverte una specie di totalitarismo, e si arrocca nelle posizioni separatistiche liberali di Cavour»110 • Salvatorelli

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diede molto risalto alla tesi del Risorgimento come momento in cui la storia italiana era tornata a riallacciarsi a quella europea, dopo Io stacco imposto dalla controriforma, che aveva isolato politicamente e culturalmente il Paese11 1. L'influsso della cultura illuminista e della rivoluzione francese, che il fascismo aveva cercato di minimizzare, era considerato decisivo per il risveglio degli italiani, riallacciando la storia del Paese al ciclo rinascimentale, quando era al centro di quella storia europea. Pieri non poteva che concordare apertamente con questa impostazione e nella Storia militare del Risorgimento avrebbe datato al 1748, con il trattato di Aquisgrana, il momento in cui «si è soliti rilevare una rinnovata coscienza degli italiani»11 2

Le influenze su Pieri però non si limitarono alla scuola liberale. Alla fine degli anni Quaranta, la storiografia sul Risorgimento fu radicalmente trasformata dall'emergere dell'interpretazione marxista, maturata soprattutto in seguito all'uscita di uno dei «Quaderni dal carcere» di Antonio Gramsci, dedicato appunto al Risorgimento. Pubblicato nel 1949, il volume affermava che il Risorgimento era una rivoluzione passiva, perché non seppe coniugare la trasformazione politica conseguente all'unificazione con una rivoluzione sociale basata su una riforma agraria per legare le masse contadine al riscatto nazionale113 • Poco precedente era stato il volume di Emilio Sereni, il quale aveva individuato nell'unificazione un processo di conquista regia, che marginalizzò le classi popolari, per evitare che assumessero un ruolo politico nello stato postunitario114.

Le tesi della storiografia marxista sarebbero state contestate dai maggiori esponenti di quella liberale. Nel 1956, Rosario Romeo, il quale si sarebbe rapidamente proposto come il maggiore erede di questa corrente, in un saggio dal titolo Risorgimento e Capitalismo avrebbe difeso l'opera degli uomini di governo del Risorgimento sul piano economicosociale, affermando che l'alternativa «giacobino-democratica» propugnata dalla storiografia marxista, non comprendeva che la scelta moderata costituisce la premessa necessaria a qualunque futuro sviluppo economico-sociale del Pa ese data l ' arretratezza italiana115 •

L'impostazione gramsciana comunque avrebbe continuato ad esercitare una certa influenza, ispirando le ricerche di importanti studiosi come Giorgio Candeloro e Franco D ella Peruta. II dibattito tra marxisti e liberali era una diretta conseguenza del clima politico postbellico e anche della necessità di spiegare l'evoluzione dello Stato italiano verso la dittatura fascista in relazione ai problemi sorti con l'unità. Significativa a riguardo fu l'opera del britannico Denis Mack Smith, il quale con il -- 186 --

suo saggio Cavour and Garibaldi del 1954, illustrò il peso che i conflitti nella leadership p olitica risorgimenta le ebbero nel distmggere i propositi di riforma dei democratici . Seppur basato s u un'im postazione metodologica diversa da qu ella marxista, il lavoro di Mack Smith contribuì ad alimentare questa contrapposizione negli studi116 • La trasform azione della storiografia ebbe un impatto notevole anche sull'oggetto delle ricerche spostò l'attenzione sulle questioni economiche e sociali, piuttosto che sulla storia politica tradizionale, che aveva costituito il filone dominante degli studiosi precedenti (anche di Pieri)117 •

Il sinteti co inquadramento deJJo sviluppo della ricerca che abbiamo presentato serve pe r meg lio comprendere la posizione di Pie ri in relazione a l d ibattito d i queg li anni . Circa le influenze determinanti sul suo lavo ro, è egli stesso a indicarcele nel volume del 1962 :

Mi basta accennare alle opere fondamentali del Tivaroni, del Bolton King , del Rosi, dello Spellanzon , e agli studi del Croce, del Salvemini , dell'Omodeo , del Salvatorelli, alle pagine del Gramsci e del suo fede l e interprete Candeloro che fo r mano la base di ogni studio sul R isorgimento1 18 •

E ancora: Gli srudi di Romeo , del Romano, del Mack Smith e della De Palma hanno chiarito molto questo lato troppo trascurato del Risorgimento in Sicilia, alla sperata divisione dei beni demaniali, compiuta solo in parte, e in realtà a favore dei coltivatori abbienti '119

Soprattutto di Mack Smith avrebbe detto che era: 'opera d'importanza fondamentale , basata sopra un ' amplissima indagine archivistica , rappresenta la rivendicazione della politica di Garibaldi e degli elementi democratici ch e lo attorniavano rispetto alla politica di Cavour e dei suoi agenti moderati e conservatori. Il volume è importante anche per le discussion i a cui aveva dato origine120 •

Il volume del 1962, come ha sottolineato Del Negro, completa un lungo processo di costruzione che cominciò ben prima, in occasione de l centenario del 1848-1849, che come tutti g li anniversari ebbe importanti ricadute quantitative sulla produzione storiografica. In quegli anni, Pieri scrisse quattro importanti saggi dedi cati alla prin1a guerra

d'indipendenza: La guerra regia nella pianura padana (1948), Carlo Cattaneo storico militare della prima guerra d'indipendenza , L'esercito

Tra Risorgimento e Resistenza
Guerra regia e guerra d'i popolo in Pieri
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Pieri s torico militare

piemontese e la campagna del 1849 (1949), L'esercito napoletano e la. prima guerra d'indipendenza (1950) . A questi poi si sarebbero aggiunti altri lavori, soprattutto in occasione del centenario della seconda guerra d'indipendenza e i primi saggi complessiv i , tra cui il già citato testo sulle guerre dell'unità ita li ana. Significativa fu la relazione tenuta a Milano in occasione del 38° Congresso di storia del Risorgimento (28 maggio -1 ° giugno 1959):

Tale relazione, bella o brutta che fosse, mi era costata sette od otto mesi di lavoro (d'un lavoro che avrebbe potuto servire per una vera monografia) : mi ero studiato le tre grandi relazioni austriaca, francese e italiana, e quanto di rilevante era apparse da parte di storici e critici militari austriaci, tedeschi, francesi, italiani1 21 •

La relazione fu pure apprezzata dagli studiosi presenti, tra i quali spiccava la figura di Henry Contamine, ma ebbe un carattere molto tecnico, dimostrando un certo inaridimento interpretativo, frutto probabilmente della crescente stanchezza dello studioso1 22 Le relazioni e i saggi composti in oltre un decennio comunque furono la base su cui Pieri avrebbe costruito poi la sua opera finale123 •

Il lungo saggio sulla guerra regia nel 1848 segna il punto di inizio della sua analisi sul tema della guerra regia e della guerra di popolo, mostrando, insieme a quelli successivi su Cattaneo, la persistenza dell ' influenza di Salvemini su Pieri, della sua visione dell 'Ita lia come «democrazia in cammino>t124 • Vi emergono già i temi dominanti che caratterizzeranno il volume sul Risorgimento riguardo alle istituzioni militari degli stati preunitari. Per scriverlo Pieri compì un ' approfondita ricerca, probabilmente con la collaborazione di Carlo Pischedda 125, con materiale d 'arc hivio inedito del Generale Eusebio Bava, comandante del I corpo d 'a rmata nella prima guerra d'indipendenza126, e dell 'a rchivio segreto cli Carlo Alberto . Sempre basato sul binomio guerra e politica , da questo studio Pieri avrebbe ricavato un'immagine fortemente critica del sovrano, che pur era stato oggetto cli esaltazione nella storiografia precedente, specialmente negli anni ciel fascismo. Ne l testo è forte l'influenza ciel lavoro di Omodeo su Carlo Alberto, il quaJe demolendo l'agiografia prec edente aveva messo in evidenza come il re sabaudo fosse simile agli aJtri esponenti delle monarchie europee della R esta uraz ione1 2 7 •

Pieri fa così emergere nuovamente la connessione tra politica e istituzioni militari, analizzando la riforma degli ordinamenti militari, at-

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tuata negli anni Tr enta , che trasformò l'esercito piemontese in un 'armata professionale, affidata ad ufficiali provenienti prevalentemente dalla nobiltà, ritenuti politicamente affidabili. Tale sviluppo fu conseguenza dei moti del 1820-1821 , che aveva messo in crisi il riformismo piemontese e il partito illuminista che l'aveva sostenuto, producendo anche nell'ambito militare una ripresa degli elementi reazionari , rimasti sconcertati dall'abdicazione di Vittorio Emanuele I, ritenuta un attentato contro lo Stato128 • In questo modo, furono messi da parte gli elementi più capaci e vitali della borghesia, che costituivano ad esempio il nerbo dell'esercito francese e quindi il cuore della sua efficienza . Da allora, il numero di quadri disponibili si dimostrò cronicamente insufficiente per preparare adeguatamente le riserve, rendendo anche impossibi le utilizzare gli uomini, inquadrare i volontari e condurre que ll a «guerra di popolo» che pure sarebbe stata necessaria per fiaccare gli austriaci e verso la quale invece il sovrano fu sempre diffidente. Inoltre, Pieri tracciò una dettagliata ricostruzione della condotta della guerra, mettendo in luce la debolezza e l'incapacità dell ' alto comando piemontese e in particolare d el sovrano, che intervenne r ipetutamente in maniera errata nelle operazioni, alterando spesso decisioni già prese e alimentando l'incertezza dei generali. Queste debolezze politicoistituzionali e della leadership di comando riflettevano l'inadeguatezza politica del Piemonte albertino a condurre una guerra nazionale e rappresentarono la principale causa della sconfitta, nonostante la relativa debolezza dell'Austria , tanto da spingere lo studioso a definirla la guerra delle <<opportunità perdute»129

Nel 1949 , seguendo questo filone, Pieri analizzò il lavoro di Carlo Cattaneo sull' in su rrezione milanese e la guerra del 1848-1849. Lo studioso pose il problema metodologico di verificare le informazioni di quello che era stato il capo delle cinque giornate di Milano, vagliando soprattutto le sue accuse nei confronti della condotta della guerra da parte di Carlo Alberto. Pieri riconobbe la correttezza di buona parte delle critiche rivolte da Cattaneo al sovrano, che agì con diffidenza nei confronti del movimento insurrezionale e dei democratici, minando i questo modo le possibilità di successo nel conflitto130. Connesse furono anche le discussioni con Cesare Spellanzon, un giornalista di formazione democratica poi datosi agli studi storici, fortemente influenzato da Cattaneo. Secondo Spellanzon, nell'agosto 1848, alla vigil ia della capitolazione, Carlo Alberto avrebbe deciso di concentrare l'esercito a Milano per impedire un'insurrezione popolare e la proclamazione della repubblica13 1 Pieri, dopo una minuziosa analisi, scartava questa tesi, ritenendola frutto

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Pieò storico militare

di errori interpretativi della documentazione e, pur non negando i timori di Carlo Alberto nei confronti di una deriva giacobina, e dichiarava che la decisione di andare a Milano era dovuta alla volontà di tentare un'ultima resistenza, poi bloccata dalla firma dell'armistizio1 3 2 •

Negli anni successivi, Pieri proseguì lo studio dei conflitti risorgimentali con le analisi sulla guerra insurrezionale, dedicandosi dallo studio del pensiero di alcuni de i maggiori patrioti e intellettuali italiani : Carlo Bianco, Gugliemo Pepe, Cesare Balbo, Carlo Pisacane e Giacomo Durando. Tutti avevano in comune l'esperi enza militare nel periodo napoleonico, oppure la partecipazione alle rivoluzioni che investirono Italia , Spagna e Belgio nel periodo 1820-1821, dalle quali vollero ricavare modelli insurrezionali che potessero essere applicati anche per produrre una guerra rivoluzionaria in Italia133

La prima analisi fu su Carlo Bianco d i Saint Jorioz (1795 -1843), esule dopo le rivoluzioni del 1821, amico di Mazzini ed esponente della Giovine Italia di Marsiglia, autore di un trattato in due volumi Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia, pubblicato a Malta nel 1830 134 • Pieri dedicò un lungo saggio all'analisi del pensiero di Bianco , perché fu il primo a sistematizzare un modello teorico insurrezionale per l'ind ipendenza italiana, influenzando anche i pensatori successivi, a cominciare da Mazzini13 5 • Perciò il suo trattato divenne il paradigma sul quale analizzare anche i lavori degli altri patrioti:

Il trattato del Bianco è indubbiamente un'opera singolare, e fa meraviglia che da oltre un secolo non sia stato preso in esame. Frutto di grande studio e di lunga meditazione [...] può dirsi il primo lavoro che affronti in pieno il problema della guerra insurrezionale [... ] che dovrà essere opera del popolo italiano, senza aiuto straniero136•

Il lavoro del Bianco de lineava la possibilità di condurre una guerra insurrezionale nella penisola mobilitando larga parte della popolazione maschile atta al servizio militare, costituendo in questo modo un esercito rivoluzionario di centinaia di migliaia di uomini, divisi per bande, sostenuto dalla massa della popolazione, appoggiato al difficile territorio italiano e per questo in grado di resistere indefinitamente all'eventuale nemico 1 ~ 7 Tuttavia, al Bianco, Pieri contesta due problemi chiave :

a) L'azione insurrezionale si manifesta nella sua maggiore efficienza quando è a sostegno d'eserciti regolari che attraggano su di sé il grosso o comunque una parte notevole delle forze del nemico; e s i svolge con

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particolare efficacia sulle sue linee di comunicazione, e soprattutto quelle più arretrate; b) l'unanimità degl'Italiani d ' ogni ceto e d ' ogni condizione in una simile guerra che volgerebbe sempre più verso la sua forma assoluta, richiedendo tenacia e sacrifici senza limiti, è un semplice atto di fede: l'adesione delle masse rurali, ossia dei nove decimi della popolazione , presupposto per il Bianco stesso indispensabile, non è per nulla dimostrata né dimostrabile 138 •

Fieri quindi criticava Bianco per la sua mancata comprensione di alcuni problemi militari di base, soprattutto in relazione allo sforzo economico e logistico necessario a far funzionare un così grande numero di combattenti. Inoltre , dal patriota non sarebbero state tenute ben presenti le condizioni politiche e sociali dell'Italia che impedivano un simile progetto e in particolare il ruolo del clero, che se in Spagna (il principale riferimento di Bianco) aveva appoggiato l'insurrezione, difficilmente avrebbe fatto lo stesso in Italia139 •

Il trattato, pur nei suoi limiti, rappresentò lo spunto di discussione per gli altri studi di Pieri sul problema insurrezionale, a cominciare da quelli su Mazzini . Qui si vide l'influenza di Salvemini, perché Pieri riconobbe nell ' analisi insurreziona le mazziniana un progetto politico che legava le istanze militari con quelle politiche e sociali, mantenendo la necessità di un esercito regolare, ma che «vede neUa lotta e come elemento di questa la rigenerazione delle plebi agricole» . Semmai, Mazzini viene criticato, come Bianco, per non aver ben tenuto presenti le considerazioni logistiche ed economiche connesse alla costituzione di un così grande numero di combattenti140

Venivano infine le anali s i di Cesare Balbo e Gugliemo Pepe , che in virtù della loro esperienza militare avevano cognizioni «meno utopistiche» dei problemi connessi a l funzionamento di un esercito e del suo mantenimento, oltre che delle circostanze favorevoli dal punto di vista internazionale che erano necessarie per l'efficacia dell'insurrezione , come nel caso della Spagna delle guerre napoleoniche, in cui fu fondamentale il ruolo britannico141 •

L'ultimo patriota esaminato era Carlo Pisacane (1818-1857), ex ufficiale dell ' esercito borbonico, volontario nella guerra del 1848, capo di stato maggiore dell ' esercito della Repubblica romana nel 1849 e organizzatore di una tragica spedizione nel Regno delle due Sicilie nel 1857, che gli costò la vita. Pisacane pubblicò un volume s ulla guerra del 1848-1849 e una raccolta postuma di Saggi storici-politici militari , polemizzando con Mazzini suJl'impossibilità della guerra di bande in Italia considerate

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una «chimerica idea», ritenendo che gli insorti sarebbero stati utili solo se operanti nel proprio territorio e contro un nemico temporaneamente vincolato ad una fortezza o ad un ostacolo naturale. Al contrario, l'esperienza del 1848-1849 mostrava che il problema dell'insurrezione non era acquisire il controllo di città e campagne, ma come affrontare la controffensiva dei reazionari e del loro alleato austriaco. Perciò, all ' insurrezione bisognava collegare una trasformazione economico-sociale, la ridistribuzione della terra, che creasse le basi per legare gli strati sociali inferiori alla rivoluzione. Nella fase successiva, le bande sarebbero state riunite in un nuovo esercito, con capi eletti, e costituito dai giovani fino ai venticinque anni, quindi un esercito nazionale, ma al tempo stesso di caserma1 42 • Pieri rilevò come ciò costituisse il limite di Pisacane, legato ad una concezione militare cresciuta nell'orbita dell'esercito di caserma napoletano della Restaurazione. Secondo lo storico, poiché Pisacane fu influenzato soprattutto da Jomini e non conosceva Clausewitz, non riuscì a riconoscere la fondamentale evoluzione della guerra che tendeva all'assolutizzazione e quindi ad eserciti di massa sempre più grandi. In sostanza, Pisacane sarebbe incorso nel paradosso di non comprendere la relazione tra politica e guerra, in cui una rivoluzione sociale induce anche ad un modo di fare la guerra rivolu zionario e tota1e1 43

Nel tracciare i limiti all'azione e pensiero dei patrioti del Risorgimento , in realtà Pieri trovava la maggiore speranza in Giuseppe Garibaldi. Le discussioni sulla figura dell ' Eroe dei due mondi in questi anni risentì dell'atmosfera più generale della contrapposizione storiografica tra liberali e marxisti. Ghisalberti ed Emilia Morelli, i più interessati al nizzardo tra i liberali, richiamarono alla necessità di «rispettare» la sua figura come quella di altri eroi del Risorgimento, seppure ridimensionandone il ruolo rispetto a Mazzini e ad altri personaggi minori. Invece, la storiografia marxista insistette sul ruolo minore svolto dall'azione umana nel processo di unificazione, ritenendo che il peso degli eroi nel processo di unificazione , come Garibaldi, fosse stato sopravvalutato144

La posizione di Pieri, come nei casi precedenti, analizzava la questione da una prospettiva militare, identificando nell'azione di Garibaldi un principio di trasformazione della relazione tra politica e guerra in Italia e sottolineando i limiti della sua azione, attribuiti prevalentemente agli ostacoli posti sulla sua strada dal governo regio . In un saggio del 1961, dedicato specificam ente all'eroe dei due mondi, Pieri attribuisce a Garibaldi il merito di saper collegare il volontarismo dei suoi uomini, che consentì di disporre di truppe disciplinate e calme, all'elaborazione di un metodo tattico efficiente di controffensi-

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va all'arma bi a nca che costituì il segreto de i suoi successi sul campo di battaglia145 • In sostanza, un principio politico efficace si tradusse in un modo di fare la guerra efficiente.

I volontari d i Gari baldi, per la loro stessa costituzione, consentirono al generale una guerra mobile, capace di rapide manovre in grado di assicurare la sorp r esa. È quindi proprio nel volontarismo che andrebbe ricercata la possibilità per l'Italia di accen dere una guerra di popolo in grado di rovesciare le sorti della situazio n e. Tuttavia, nel 1848 questo tentativo fu tardivo, a causa della diffidenza della monarchia sabauda e nel 1859, quando i volontari accorsero pure numerosi in Piemonte, fu attuato solo parzialmente . Garibaldi fu relegato ad una posizione relativamente marginale, a capo di un corpo, i Cacciatori delle Alpi, che rappresentava «un singolare compromesso fra la guerra di popolo e guerra regolare>i 14 6 Ciononostante, il richiamo volontaristico del garibaldinismo fu inarrestabile anche a guerra inoltrata, per quanto il Piemonte non riuscisse a servisene per il prevalere della struttura dell'esercito regio, per sua natura incapace di assorbire il potenziale militare dei volontari:

Tale era adesso l ' afflusso dei volontari, che Garibaldi avrebbe potuto formare una bella divisione; ma il Cavour dopo S. Martino gli scriveva che sarebbe stato necessario devo lverne una parte a ripianare le perdite dell'esercito piemontese. L'esercito di caserma si mostrava inetto a raccogliere e utilizzare le molte forze vive del Piemonte147 •

Proprio il fatto che aI volontarismo garibaldino non fosse stato concesso lo spazio che meritava rappresentava il limite della condotta italiana nelle guerre del Risorgimento, per questo diverse ad esempio da quelle dalla Prussia del 1866 e del 1870. Solo con la prima guerra mondiale e la Resistenza si sarebbe arrivati ad una piena mobilitazione delle forze della nazione, insomma a quella

[. .. ] grande lotta in cui per la prima volta città e campagna, patrioti e clero, si trovarono uniti, in cui la tenacia e lo spirito di sacrificio raggiunsero a volte le più alte vette. Ma l' Italia del Risorgimento, divisa e lacerata dopo tre secoli di servitù, ebbe tuttavia in sé tali forze da giungere all'unità dopo cinquant' anni d i martirologio e di lotta gloriosa , attraverso una lunga cris i rivoluzionaria ricca d'episodi singolarissimi, e in mi a Garibaldi spettò il grande onore di rappresentare e sintetizzare quanto di più nobile le forze popolari sapevano esprimere148 •

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Un'interpretazione che rientra in quel ritorno in scena di Garibaldi, come vessillo della gue r ra di liberazio n e nazionale conclusasi nel 1945, legata all'accezione della Resistenza come «secondo Risorgimento» cara agli azionisti149 •

U lavoro di Pieri sulla contrapposizione tra guerra regia e guerra di popolo non è direttamente iscrivibile in una delle due scuole che dominavano il dibattito in quegli anni . Tuttavia, abbiamo osservato come egli assorbì da entrambi i filoni per costruire una propria immagine dell'efficacia militare degli italiani, tale posizionamento <(intermedio» finì col non farlo sempre apprezzare dai colleghi.

Nel 1954, Roberto Cessi, importante storico di formazione materialista, ma anche un conservatore metodologicamente e rigido sostenitore della scuola economico -giuridica, affermava che «L'onesta e giudiziosa opera di Piero Pieri ha avviato a una migl ior comprensione dello svolgimento bellico, ma più forse nell'aspetto tecnico che in quello politico»150 . Era questo il riflesso di una polemica tra i due riguardante il lavoro sulla guerra regia del 1948 , risultato sgradito allo studioso veneto che dopo averlo letto aveva scritto a Pieri «come a uno scolaretto» 151 • In sostanza, il Cessi accusava Pieri di ignorare le necessità del realismo politico, a vantaggio di una descrizione dei fatti tecnicistica:

[ ] nei qua li si riflette l'espressione immediata dell ' azione, e con i criteri militari e anti storici di un Clausewitz e d i un Delbruck, maestri di arte della guerra, ma ignari di politica e di storia. Vero è ch e le operazioni militari costituiscono un problema politico, e assai male se ne può apprezzare contenuto e validità storica fuori del quadro politico, del quale furono parte integrante e indissolubile. La prospettiva tecnica adottata dal Pieri, dal Porzio e dal Kisziling incontra spesso smentite nella documentazione viennese 152 •

Le parole di Cessi rimandavano anche alla poca comprensione nell ' accademia italiana per la metodologia della storia militare. Paradossalmente, alcuni studiosi della nuova scuola marxista si espressero con maggiore favore . Della Peruta, autore nel 1959 di un importante volume sul ruolo dei democratici nel Risorgimento 153 , pur avendo una posizione più radicale rispetto a Pieri, riconosceva apertamente che lo studioso aveva accuratamente esaminato il pensiero mil itare di Cattaneo1 54 Invece , nel terzo volume della sua Storia dell'Italia moderna, Candelora avrebbe definito il lavoro di Pieri sulla guerra regia de l 1848 come «il più chiaro, spregiudicato e al tempo stesso equilibrato» allora disponibile15 ;;.

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Il principale limite dell'interpretazione di Pieri, come ha sottolineato Del Negro, era nella tendenza a risolvere la contrappos izione tra le due forme di guerra nel segno del «concorde sforzo», lasc iando in un cono d'ombra il variegato fronte dell'Antirisorgimento e trascurando le contraddizioni che spesso interessarono il rapporto fra la guerr a di popolo e la guerra regia. Tale approccio inoltre, lo avrebbe indotto a evitare l'analisi dell'azione antipartigiana dei reazionari, i quali sebbe ne fossero meno procl ivi nell'analisi teorica delle loro controparti democrat iche, la monopolizzarono invece sul p iano pratico1 56 • Significativa a riguardo è l'analisi dell'atteggiamento di Garibaldi in Sicilia nel 1 8 60:

Ma Gariba ldi non era venuto in Sicilia per risolvere un problema sociale. Il suo proclamarsi d ittatore in nome del re, col motto 'Italia e Vittorio Emanuele', significava che l'impresa aveva per scopo l'unità d'Italia, senza intempestive deviazioni di carattere sociale: le grandi riforme sarebbero state impresa doverosa dell'Italia unita e libera157 !

Si era ben lontani dalle posizioni della recente storiografia di Romeo e Mack Sm ith ai quali pure lo storico militare diceva di aver prestato attenzione. Per lo stori co siciliano, la vittoria del moderatismo borghese segnò un indubbio p rog resso, nel Nord perchè permise l'affermazione di un ceto d irigente che aprì la strada verso un moderno assetto capitalistico, nel Sud (specie in Sicilia), perchè, anche se i ceti d ir igenti che rimasero al potere non su bi rono un ricambio, riuscirono comunque a integrarsi nella n uova vita nazionale1 5 8 • Viceversa, per il britannico, il confl itto politico, riflessosi nelle scelte militari, tra moderati e democratici, anal izzato attraverso la contrapposizione tra Cavour e Garibaldi, non era stato risolto dall'unità e anzi avrebbe costituito un elemento di instabilità decisivo nella vita del nuovo regno1 5 9 • La posizione di Pieri, situata a latere di questa evoluzione più generale degli studi, era un ennesimo rimando al fi lone democratico-azionista, che rappresentava l'Italia del seco n do dopoguerra come democrazia ormai matura, in opposiz ione all' Italia liberale prodotta dal R isorgimento e per questo democrazia i ncom pleta160• Da questo derivò una visione del Risorgimento incompiuto, ma che preparava la futura maturazione dell'Italia, pienamente espressa nel vo lume del 1962 :

L'esame dei caratteri e degli sviluppi delle guerre del Risorgimento e della rivoluzione i taliana ha mostrato deficienze e lacune numerose, ma anche una capacità combattiva, un eroismo, un'abnegazione diffuse , da fa-

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re della rivoluzione italiana , colle due fasi luminose del 1848-1849 e del 1860, una singo lare caratteristica della storia europea del secolo XIX1 6 1•

Un'impostazione di fondo che rimandava alle tesi più generali del maestro di sempre, Salvemini, della cui opera scientifica riguardo il Risorgimento. Pieri non esitava a dichiarare che sarebbe stata ancora per molto tempo a «servire di lume e guida nel campo sdentificoit 162 • Lo storico militare perciò si ricollegava alla visione del Risorgimento di processo «faticoso c penoso» , ma che permise alla fine la costruzione della patria italiana. Un'interpretazione opposta sia ai sostenitori del moderatismo sia ai marxisti e volto a sostenere, nel turbolento secondo dopoguerra italiano, un riformismo diretto contemporaneamente contro il conservatorismo e l'ideologia rivoluzionaria classista della sinistra 163 •

La Storia militare del Risorgimento e la storiografia militare internazionale

Il pinnacolo, anche se non pienamente compiuto , del lavoro di Pieri sulle guerre dell'unità fu il volume del 1962, la Storia militare del Risorgimento: guerre e insurrezioni . Il testo richiese dieci anni di lavoro per essere completato, in un contesto cli difficoltà lavorative, specie dovut e agli impegni di faco ltà al Magistero e forse ad un certo affaticamento di Pi eri. che ormai si avviava ai sessant'anni. In questo probabilmente va rintracdata la tendenza, notata da Rochat , ad una minore profondità rispetto ai problemi politici e la quas i assenza di quelli economici, rispetto al lavoro sul Rinascimento 164 •

Lo stesso problema probabilmente contribuisce anche a sp iegare Io sbilanciamento dello s pazio concesso alla prima guerra d 'indipendenza rispetto alla seconda. La narrazione degli eventi del 1848-18 50, basata sulle profonde ricerche del 1948-50, occupa infatti 358 pagine, contro le 138 della seconda guerra d'indipendenza. mentr e 23 sono quelle dedicate alla terza. Il vo lume si co nclud e con la sconfitta di Garibaldi a Mentana (1867) e non analizza la presa di Roma (1870) che in realtà concluse il ciclo delle guerre del Risorgimento 166 • Dalla ripartizione interna appare evidente lo sq uilibrio verso la prima parte. che come vedre mo Pieri cominciò ad analizzare neg li anni successivi alla seconda guerra mondiale, mentre le s ucces s ive, prodotte tra gli anni Cinquanta e Sessanta, furono più ridotte anche a causa del crescente affaticamento dello stud ioso. Il volume comunque rappresenta uno

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sforzo notevolissimo, per la sua ampiezza (quasi 900 pagine), per la dens ità dei fatti narrati e per la profonda conoscenza della letteratura, espressa in forma sintetica nel saggio bibliografico di quaranta fitte pagine alla fine del volume1 66

Il testo riprende in gran parte le precedenti pubblicazioni e in buona parte dei passaggi è possibile osservare poche modifiche rispetto ai lavori usciti precedentemente. Tra le parti più nuove, soprattutto dal punto di vista in terpretativo, stanno le pagine iniziali dedicate alle guerre napoleoniche, intitolate Il risveglio guerresco italiano (17961815), come abbiamo visto frutto dell'influenza di Salvatorelli. Il capitolo affrontava il coinvolgimento degli italiani nelle guerre napoleoniche, analizzando la condotta delle truppe sotto le diverse bandiere e concludendo che dopo la crisi militare del Rinascimento, quello era il primo momento in cui gli italiani avevano dimostrato di essere tornati ad avere una effettiva capacità di combattere sia come forze regolari che come forze insurrezionali1 67 •

Altre parti appositamente costruite per il volume, o ltre a quella sul 1866, furono quelle dedicate alla spedizione dei Mille168 Abbastanza nuove furono anche le pagine dedicate ai primi anni di vita dell'esercito italiano (1860-1866), nelle quali Pieri espresse nuovamente le sue critiche per le scelte conservative in materia di ordinamenti militari, intraprese dal neonato Stato unitario, ora dominato dalle correnti moderate, per la dispersione del patrimonio rappresentato dell'esercito meridionale di Garibaldi, con il cui scioglimento «la vicenda degli sforzi degli elementi democratici italiani fra il 1851 e il 1861 per una piena utilizzazione delle forze vive della nazione si potrebbe considerare al termine>t169 Tali analisi confluirono in parte come introduzione un volume di documenti sulle forze armate neJl'età della destra che uscì lo stesso anno 1 70 Infine, nuove furono pure le pagine finali sulla spedizione nello Stato pontificio, terminata nella sconfitta di Mentana (1867), nelle quali Pieri rintraccia i limiti dei metodi tattici di Garibaldi di fronte al progredire delle armi da fuoco 171 •

Nel complesso il lavoro rappresenta una sistematizzazione degli studi precedenti, non a caso frequentemente ripresi e lo stesso Pieri ci avverte che il suo scopo era raccogliere i temi di ricerca che lo avevano lungamente accompagnato nella sua analisi del rapporto tra guerra e politica:

Diversi miei successivi lavori sulle guerre del Risorgimento lo mostravano , come pure saggi sui nostri teorici della guerra e della rivoluzio-

'Ira
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ne [... ). Mi giunse perciò assai gradito l'invito dell"editore Einaudi a continuare il lavoro e a presentarlo in forma sin tetica in un 'opera che abbracciasse le guerre e le insurrezioni e il correlativo svolgimento del pensiero militare italiano172 •

Il tema delle guerre e delle insurrezioni, o come abbiamo visto della «guerra regia» e «g uerra di popolo», rifletteva appi eno il problema più genera le degli eserciti ottocenteschi tra coscrizione di massa e l'ese rcito professionale. Non a caso, nel volume tra i riferimenti di Pieri compaiono due studi che si dedicarono approfonditamente a questo problema: que11o di Gerhard Ritter, cui abbiamo accennato in relazione a Clausewitz, e quello, di molto precedente, ma ancora imp ortante negli anni Cinquanta del francese Jo seph Monteilhet, sulle istituzioni militari francesi da l 1814 al 1926 (poi 193 2), nel qu a le è descritta l'evo lu zione dell'ese rcito francese attraverso una analisi g iuridi co-istituzionale di tipo tradizionale, ma stretta proprio intorno alla tensione t ra nazione armata ed esercito professionale. Per comprenderne l'importanza, va detto che è l ' unico saggio francese di storia mi li tare a cui Pieri dedicò un'intera recensione1 73 •

I tre lavori sono certamente comparabili per alcuni punti in comune, anche perché gli sto rici militari di questa generazione era no attenli essenz ialmente a dinamiche politico-islituzionali: ordinamenti, uomini al comando, pensiero militare e condotta delle operazioni. Inoltre, Pieri, Monteillhet e Ritter avevano un punto in comune: avevano la necessità di spiega re le difficoltà e il processo di sviluppo storico dei ri spett ivi Paesi alla luce degli ordinamenti militari, per comprendere alcuni fenomeni chiave della storia nazionale.

Ritter fu membro della resistenza tedesca e fu coinvolto nel complotto per assassinare Hitl er d el lu g li o 1 944. dopo il quale fu arrestato dàlla Gestapo e internato in lager fino alla caduta del Terzo Reich. Ie lla sua opera in più volumi sul militarismo tedesco intendeva dimostrare che la deriva bellicista della Germania era dovuta all'irrompere delle masse sulla scena politica dopo la rivoluzione francese. differenziandosi in questo da Pieri. per il quale come abbiamo visto la tradizione liberale di maturazione verso la democrazia costituiva un punto fondamenta le174 • Lo studio di Ritter su l militarismo era certamente più esteso di quella di Pieri, se non altro perché la parte dedicata alla tradizione militare pru ssi ana, quindi focalizzata sulla que stio ne dell'esercito di mestiere contro il popolo in armi, occupa tutto il libro primo del primo vo lum e del suo lavoro che termina con la fine del cancellie-- 198 --

Picri stori<.'O militare

rato di Bismarck (1890) 175 • Differente era la figura di Joseph Monteilhet (1877-1964), padre dello scrittore Hubert Monteillet: laureato in legge e poi magistrato, era un pacifista che si dedicò alla storia militare saltuariamente. Il suo pensiero fu largamente influenzato dal lead er socialista francese Jean Jaurès, al centro della battaglia pacifista francese prima della Grande guerra11<> . TI suo libro sulle istituzioni militari in Francia, diventato poi un class ico dell 'ana lisi giuridico-istituzionale, era volto a dimostrare la necessità dell'esercito di leva per lo sviluppo democratico del Paese e non a caso nella prima edizione era sottoti tolato Dall'esercito permanente alla nazione armata, poi di ventato Dalla pace armata alla pace disarmata nell'edizione del 1932. Il testo da allora è rimasto come classico del pensiero della sinistra francese sulla questione degli ord in ame nti militari 177 • Anche in questo caso l'analisi si estendeva oltre i limiti crono logici del vo lume di Pieri, superando la Grande guerra, ma lo sguardo sul periodo dalla rivoluz ione francese alla fine dell'Ottocento era piuttosto ampio 178 •

I tre volumi condividono l'interesse comu n e di illustrare lo sviluppo militare in relazione a l problema della contrapposizio ne tra nazione armata (o esercito di popolo) o esercito professionale (esercito regio).

Ritter è più attento alle dinamiche politiche e Montcilhet a quelle giuridico-istituzionali, mentre Pieri spende molta parte ciel testo ad analizzare le operazioni militari , dettagli ai quali gli altri due studios i risultano meno interessati.

I parallelismi nell'impostazione metodologica dell'analisi risultano comunque evidenti, a comi nci a re dalla dichiarazione di intenti, in cui si centrava il punto delle analisi sul ruolo della politica nella guerra e viceversa. Scriveva Ritter:

li problema di cui tratta il mio libro è di carattere storico politico, non sociologico: la politica (Staatkur,st, letteralmente 'arte dello stato') e la tecnica militare (Kriegsshandwerk, letteralmente ·mestiere della guerra').

o per megli o dire il 'p roblema del militarismo', ma anche questo è inteso soltanto come probl ema politico 179 •

Monteilhet invece riprendeva le tesi dello studio so Henri Berr, secondo cui la comprensione del lo sviluppo delle istituzioni mmtari era fondamentale per comprendere la storia politica di uno stato 180 • Infine , per Pieri:

La gue rra[ ... ] come il Clausewitz lucidamente intuì, essa è l'espressione, quanto più vo lge verso la sua naturale forma, dello sforzo di tutto il pae-

Tra Risorgimento
e Rc.-sistenza
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Pieri storico militare

se, d'ogni sua attività convogliata verso la grande lotta e l ' alta meta. E la storia mibtare affonda le sue radici nella struttura economica, sociale e politica di uno stato, e può essere un utile forse e necessario complemento alla storia politica18 1 •

La stessa stiuttura dei temi rimanda ad una vicinanza di interessi e modi di svolgimento dell'indagine. Come Pieri, anche Ritter parte dal Settecento e dall e sue conseguenze sulla Germania, analizzando, come abbiamo anticipato , il pensiero di Claus ew itz182 • Si segnala qui un ' attenzione al problema del pensiero militare e dei teorici della guerra che pure costituisce carattere comune all'opera dei due studiosi, come abbiamo osservato dalle numerose analisi compiute da Pieri, poi regolarmente confluite nello studio del 1962183 • Lo sviluppo di Monteilhet è meno attento alle dinamiche teoriche, ma il punto di partenza della sua analisi è comunque nella rivo lu zione francese e nelle guerre napoleoniche , vere genesi del moderno «ese rcito di popolo» , rappresentato soprattutto dalla Guardia nazionale una «nazione in armi contro il nemico della patria»184

Nella s ua analisi, lo storico tedesco analizza il problema dello sviluppo dell'esercito prussiano, osservando la contrapposizione tra i fautori e teorici di un'armata di massa basata sulla coscrizione, come Gneisenau, e quelli di un esercito del re, che avrebbe riguardato tutta la storia prussiana fino al cancellierato di Bismarck. Il prevalere d ell'esercito regio viene così ricondotto ad una precisa strategia politica di contenimento delle aspirazioni popolari e ad un'impostazione di rigida selezione sociale che lascia agli aristocratici e a una borghesia socialmente selezionata il controllo dell'istituzione :

TI rigido attaccamento alla monarchia del co rpo ufficiali rimase in alterato e il suo spirito di corpo si trasm ise ai giovani della borghesia colta ch e si nutrì di nobili tradizioni piuttosto ch e di idee progressiste, legato ad uno spirito di corpo pericoloso soprattutto perché favoriva l'imitazione da parte dei borghesi dei costumi della nobiltà , compreso l'orgoglio di casta.[ ] Tvolontari studenti e gli ufficiali della milizia del 1813 erano stati invece del tutto inunwù da questo s pirito 'militaristico'. Tuie conseguenza può quindi essere considerata una conseguenza indiretta del passaggio dall'esercito popolare all ' esercito regio di cui ci siamo così a lungo occupati, e che l ' esito del conflitto cons olidò definiti vamente . Ma - e ciò è ancor più importante - venne consolidata anche la particolare posizione dell'esercito nello stato monarchico costituzionale: al di là delle lotte di partito esso divenn e uno strumento di potere della corona, del quaJc nessun parlamento osò più mettere in discuss ione la struttura di potere interna [. .

.)185
200 - -
• --

D'altra parte questa tradizione seppe dimostrare la sua efficacia nel coniugare poli ti ca e guerra entro limiti sostenibili grazie alla direzione del duo Bismarck-Helmut von Moltke, il capo di stato maggior e prussiano nelle guerre del 1 864, 1866 e 187 0-1871186 .Tuttavia, Ritter esp rime la consapevolezza che con la guerra franco-prussiana si assistette all ' apice e ad un mutamento di quella tradizione militare, di cui aveva voluto tracciare il distacco rispetto alla deriva delle due guerre mondiali. Sottolineava lo storico tedesco che la vittoria nella guerra del 1866 contro l' Austria fu «nello stile politico di un gabinetto», mentre quella imposta a.lla Francia nel 1 871:

(.. .] anche se non di impronta schiettamente nazionalista, fu tuttavia dominata dalla coscienza che esistevano contrasti nazionali insuperabili f.. .]. La guerra nazionale aveva provocato gl i effetti da lui paventati, scatenando passioni smodate e odi inconciliabili che nessuna arte politica avrebbe potuto facilmente dominare187•

L'impostazione di Monteillhet è molto diversa, in quanto a suo giudizio «l'esercito permanente è, per il solo fatto di esistere, un fattore di guerra»188 • Non solo, ma l' esercito di caserma professionale rifletteva il militarismo e il monarchismo della Restaurazione e poi del Secondo impero, essendo uno strumento a sup porto di una politica di aggressione quanto di mantenimento dell'ordine interno . In particolare, questo era valido per l ' imperatore Napoleone III , nonostante le guerre d i Crimea e d'Italia avessero dimostrato che nell'epoca delle nazioni un esercito di mestiere era ormai insufficiente189 Di fatto, questo creò le premesse per la sconfitta del 1870-1871 ad opera della Prussia, la quale però in virtù della prolungata resistenza delle raffazzonate forze di coscritti imp iegate dall ' esercito repubblicano dopo l ' abdicazi one di Napoleone III, dimostrò comunque la superiorità dell ' esercito di popolo190• Un'opportun ità che la Terza Repubblica non seppe impiegare e, sebbene nel 1872 la neonata assemblea nazionale approvasse la costituzione di un esercito nazionale basato sulla coscrizione, questi ordinamenti furono progressivamente annacquati dalla costruzione di un esercito semiprofessionale che creò i presupposti per le difficoltà militari del 1914191 • Al di là di tutto un elemento però emerge, nuovamente d i natura politica, e cioè che «i rapporti che veniamo a stabilire tra la democrazia e il servizio obbligatorio sono latenti e profondi»192

A conclusione di ques t o ragionamento, possiamo osservare come Ritter e Monteillhet offrono chiari parall elismi con le osservazioni di

Tra Risorgimento e Resistenza
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201

Pieri circa gli eserciti italiani. Non è un caso che lo studioso italiano fece riferimento ad entrambi per l'analisi dello svi luppo degli eserciti preunitari, soprattutto di quello napoletano e piemontese, come abbiamo visto allo scopo di sottolineare la debolezza del primo in relazion e alla prima guerra d'indipendenza 193

Lo studio risorgimentale e della prima Italia unita di Pieri riscosse immediato successo : Candeloro Io inserì tra le opere gene rali raccomandate nella bibliografia della sua Storia dell"Italia moderna, in questo punto il lavoro di Pieri delineava «cri ticament e le vicende belliche insurrezionali e i dibattiti sui problemi militari in connessione con lo sviluppo politico, economico e sociale nell'età del Risorgimento>+ 19\ Oggi. come sottolinea Del Negro, il volume s i presenta per molti versi ancor più come un lavoro tradizionale, specie se comparato alla storiografia più recente, più sensib ile alla contaminazione con le a ltre scienze sociali e attenta alla storia della cultura: per intendersi quella invocata come necessaria da Banti e Gi nsborg. Tuttavia. si tratta di interpretazioni odierne e non comparabili alla fase degli studi di Picri. per il quale l'intreccio guerra, politica e patriottismo riassumeva e conchiudeva l'interpretazione d el Risorgimento 19 5 • Tale stagione era comunque destinata a rapidamente chiudersi e nel 19 64 lo storico marxista Ernesto Ra gionieriavrebbe parl ato di «fine del Risorgimento», riferendosi alla scomparsa della militanza e alla partecipazione degli storici ai valori risorgimentali , alla quale Pieri aveva chiaramente aderito in virtù del suo patriottismo di matrice democratico -azionista 196 • Ancora oggi però la Storia militare del Risorgimento si può considerare come runica sintesi complessiva dei conflitti dell'unificazione, fondamentale punto di partenza critico per lo studio delle guerre dell'unità 197 •

Pieri sto rico militare
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Conclusioni

Il volume si è aperto con una citazione in cui era affermato il problema della marginalizzazione a lungo sofferta dalla storia militare. un problema che alrinizio della carriera di Pieri riguardava decisamente anche l'accademia italiana.

Nel 1967, a Perugia, si tenne il primo Congresso degli storici italiani. In quell'occasione Pieri fu presente con una relazione dedicata proprio alla storia militare. Era il segno di una avvenuta accettazione della disciplina nell'alveo della storiog rafia, superando in parte quella marginalizzazione che lo srudio della guerra aveva a lungo sub ito. Affermiamo in parte, perché lo stesso Pieri sosteneva in qu e ll'occasione che:

[...) se la storiografia militare non ha avuto e non ha in Italia l'importanza di quelle relative ad altre forme dell"attività pratica dello spirito, se presenta manchevolezze e lacune, mostra tuttavia i segni , per quanto isolati. di un promettente risveglio: spetterà alle nuove generazioni non lasciar appassire e sperdere questa nuova fioritura1

Se Pieri esprimeva ancora la preoccupazione per le difficoltà della disciplina, annunciava anche remergere di una nuova generazione di studiosi, inserendo idealmente la storiografia militare italiana in un passaggio che si co nsumò a livello europeo neg li anni Cinquanta e Sessanta. un decennio di ((compresenze" tra sto rici militari che avevano un metodo ormai consolidato, ma tradizionale, come quello di Pieri, e aie.une istanze di rinnovamento che sarebbero esplose so pratrutto sotto l'innusso della nuova corrente dei «war and so ciet y studies»2 •

L'anno prima dell"uscita del volume sul Risorgimento, in Gran Bretagna era uscito l'importante stud io di Michael Howard sulla guerra francoprussiana, segno tangibile di un rinnovamento degli studi di storia militare, che si rifletté anche nella creazione nel 1962 di un dipartimento di War Studies al King"s college di Londra3 • In Europa, come in Italia, proprio negli studi di storia militare. una nuova generazione di storici sta-

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va affermandosi: oltre a Howard, ad esempio, André Corvisier. La storia militare loro e dei loro allievi, o più giovani colleghi (in Regno Unito, ad esempio. Brian Bond e John Keegan; in Francia Henri Contamine), avrebbe spostato il campo di osservazione dalle guerre, intese come studio delle campagne (]'histoire bataille), allo studio delle istituzioni miJitari in tempo di pace, alla cultura professionale, agli aspetti sociali del servizio militare. Negli anni Settanta e Ottanta, questa prospettiva sarebbe arrivata anche in Italia causando una autentica esplosione degli studi4 • Tale nuovo approccio emerse inizialmente nel volume di Rochat sull'esercito del primo dopoguerra del 1967, poi dispiegatosi ampiamente in quello sulla storia dell 'esercito italiano uscita nel 1 978 G . L'anno successivo usci l'importante raccolta di scritti di Piero Del Negro, che avrebbe costituito il filone di studi lungo cui la storia militare italiana si sarebbe evoluta in seguito, superando il modello tradizionale di politica-guerra di cui Pieri era stato fondatore e principale portatore. Lo scopo comune di questi studiosi. per citare Del Negro, e ra proprio andare al di là della storia militare come l'aveva fatta Pieri:

La se rie politica-guerra abbraccia le biografie dei 'signo ri della guerra' , le descrizioni e le analisi delle battaglie e delle campagne, i diari e le memorie degli ex combattenti: una Iettcramra [... ] alla quale la tradizione militare italiana si conserva fedele, che 'essenzialmente resercito è fatto per la guerra·. La serie esercito-politica richiede invece l'analisi dei rapporti tra i mi li tari, lo Stato e la società civile, esige ricerche che restituiscano la dimensione ideologica e organizzativa dell'istituzione militare, ne misurino il peso politico ed economico, la collochino, in una prospettiva di lungo periodo, al centro di una rete di interrelazioni strutturali6 •

Si consumava così il passaggio ideale tra la prima e la seco nda generazione di studios i italiani di storia militare. Pieri si pose al culmine, ma anche alla chiusura del ciclo, cominciato negli anni Trenta, che aveva portato all 'affermazione in Italia della storia militare come disciplina accademica: un'affermazione avvenuta in un mondo universitario inizialmente poco ricettivo alla disciplina, attraverso il passaggio sto rico di un regime che provò a censurare il lavoro dello studioso, ma che con il tempo dovette riconoscerne il valore. Pieri riuscì a fare della storia militare una disciplina accadcmicamenlc accettata anche in ItaJia , un fatlo che non sarebbe stato possibile se n za l'apertura. il rigore e la tenacia che costiruirono le basi del s uo lavoro e che rappresentano ancora oggi una fonte di ispirazione per le successive generazioni di studiosi della guerra e delle istituz ioni militari.

Piero Pieri
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Note

Piero Pieri, ovvero dei risultati e delle difficoltà della storia militare in Italia

1 P. PrERJ. Sn r /es dime11sio11s de l'histoire mititaire, in "Annalcs ESC". a . 1963. n. 4. pp. 625-638.

2 G. Duav. La domenica di /Jouvi11es 27 luglio 1214 (1973), Torino, Einaudi, 1977.

1 J. K trGAN, li volto della ba/taglia (1975), Milano, Mondadori, 1978.

• M. HOWARD, La guerra e le armi nella storia d'Europa (1976), Roma-Bari, Latcrza. 1978.

s G. Roa-!AT, Omaggio a Piero Pieri, in "Nuova rivista sto rica", a. 1967 n. 1-2. pp. 121-126; G. Q uAZZA Profilo di 11110 storico: Piero Pieri , in "Rivista di storia contemporanea". a. 1982 n. 3, pp. 455-464; O. BoVJo. Piero Pieri, in "Rivista militare", a. 1980 n. 1 , pp. 107-111: G. R ocHAT . Piero Pieri e la storia militare all'Università dagli armi Trenta agli anni Sessallta del Novecento, in P. DEL NEGRO (a cura di), Le Unirlersità. e le guerre dal Medioevo alla seconda guerra mondiale, Clucb. Bologna. 2011. pp. 247-253: F. IÉVA. Pieri, Piero, in Dizionario biografico degli italiani, http: //www.trcccani.iUcnciclopedia/piero-pieri_%28Dizionario-BiograJico%29 / . Per un'antolog ia. cfr. P. P1 ERJ, Scritti vari. Giappichelli. Torino. 1966 (Pubblicazioni della Facoltà di Magistero. Università di Torino).

6 G.R R oM,\GNANI Ercole Ricotti: 11110 storico in uuiforme. in Id -,Fortemente moderati *. Intellettuali Sllbalpini fra Sette e Ottocento. Edizioni dell'Orso. Alessandria, 1999, pp. 219-229.

7 A. CAsALI. Storici italiani fra le due guerre: la Nuova rfoista storica, 1917-1943, Guida, Na poli. 1980.

8 P. PI ERJ . La storia militare. in La storiografia italiana negli ultimi v1mt'anni, Milano. Marzorati, 1970, pp. 1351 -1357.

9 La storiografia militare italiana negli ultimi venti armi. Angeli. Milano, 1985.

10 R. LURAGHJ , Storia militare, in f,a. storiografia italiana degli ultimi vent'anni, voi. III. Età contemporcmea. a cura di L. D c Ro sa. Latcrza. Roma-Bari. 1989.

11 G. ROCHAT . Piero Pieri e la storia militare all'Università dagli anni 'Trenta agli anni Sessanta del Novecemo, cit.

12 Stato Maggiore R. Esercito, Ufficio Storico, G11ida bibliografica di ctiltura militare, a curo di L SuSANI , A. M. G111SALBERTT A. DRAGO. Tipografi a regional e. Roma. 1942.

13 P. P1ERJ. La crisi militare italiana nel Rinascimento nelle sue relazioni con la crisi politica ed economica. Ricciardi , Napoli, 1934: poi Id .. n Rinascimemo e la e-risi militare italiana , Einaudi. Torino, 1952.

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15 J. MONTEILITTT. Les instit11tions mìlitaircs de la France (1814-1924). De /'armée permanente à la Natio,1 am1ée. Alcan, Paris. 1926.

1 • C. W. OMAN, A histonJ of the art of war. The Middle Ages /rom the fourth to the frJ1irtee11th ce11t11ry. Mcthucn. London. 1905: poi Id A history of the art of war in the Middle Ages. 2 voli.. 1924: Id .. A history of the art of 1var in the sixteenth ce,ztury. Methuen. London. 1937.

" A. CORVI SIER (a cura di). Histoirl' militaire de la France, 4 voli., Puf, Pari s, 1992.

' 8 M. HowARD. La guerra e le a-rmi nella storia d'Europa ('I 976). cit.

205

19 P. KENNEDY, Ascesa e declino delle grandi potenze (1988), Milano, Garzanti, 1989; Id , L'antagonismo anglo-tedesco (1980) , Rizzoli, Milano. 1993.

20 H. STRACHAN, European armies and the conduci of war, Allen & Unwin, London, 1983; Id . , The first world war, vo i. I, To arms, Oxford. Oxford university press, 2001; Id . , The changing character of war, Europaeum, Geneva, 2007.

21 Semmai , era ricercato per certificare il va lore degli autori inglesi. più o meno grandi: cfr. C. FALLS , L' arte della guerra. prefazione di Piero Pieri, Cappelli, Rocca San Casciano, 1965 (ed. or. 1961) .

•t G. Rcx:HAT, Piero Pieri e la storia militare all ' Università dagli anni Trenta agli anni Sessanta del Novecento, cit.

23 P. Praru, Storia militare del Risorgimento Guerre e iwmrrezioni , Einaudi. Tor ino , 1962.

24 P. P1ER1, L'Italiei nella prima guerra mondiale (1958), Einaudi, Torino , 1965.

2 5 P. Prnm, G. RoO!AT, Pietro Badoglio, Utet, Torino, 1974.

26 N. LABANCA, Sviluppo e cambiamento nella storia militare deilla seconclci guerra mondieile ad oggi, in "Revue internationale d ' histoire militaire", a. 2013 n. 91, pp. 11-81.

27 Mer itoriamente sostenuta dalla Fondazione Filippo Burzio di Torino. in particolare su impulso del prof. Luigi Bonanate.

lntrodu:tione e nota metodologica

-i M. HuGHES - W.J. PH n,POTI, lntroduction, in Palgrave Advances in Modem Military History , edited by M. Hughes and W.J. Philpott, Palgrave MacMillan, London-New York, 2006 , p. 1 .

2 G GAI.ASSO, Storia de/lei storiografia italiana , Laterza, Roma-Bari, 2017, pp 85-93;

I. PoRCIANJ - M. MoRE'ITI , L' insegnamento della storia nell'Università. italiana dopo l'Unità, in Manuales y textos de la enseìianza en lei universidad liberal, a cargo de B. Castillo, Editoria] Dickinson, Madr id , 2004, pp. 593-610; ancora oggi resta fondamentale per la comprensione di quel periodo, B. CROC E, Storia della storiografici italianei nel secolo d eci1nonono, 2. voli., Laterza, Bari , 1921 .

3 Croce e Gentile fra tradizione nazionale e filosofia europea. a cura di M. Ciliberto, Editori Riuniti. Roma, 1993.

• Il pensiero metodologico di Croce fu espresso in B. CROCE, Teoria e storia della storiografia, Laterza, Bari, 1913.

5 M . MoRETII, Pcisquale Villari, Storico e Politico , Liguori , Napoli, 2005 .

6 E. ARTIFONI, Salvemini e il Medioevo, Storici italiani fra otto e 1101,ecimto, Liguori, Napoli, 1990; Gaetano Salve-mini metodologo delle sci em:e sociali, a cura di D. Antiseri, Rubbettino, Soveria Mannelli , 1996.

7 I. C ERVELLI, Gioacchino Volpe. Gu ida, Napoli, 1977; G . TuR1, Tl problema Volpe, in •Studi Storici•. 19, (1978) , pp. 175-186; F. CossALTER, Come nasce uno storico contemporcmeo: Gioacchino Volpe tra guerra , dopoguerra , fascismo. Carocci, Roma, 2007; E. D1 Rrnm o , La storia e l'azione: Vita politica di Gioacchino Volpe, Le Lettere, Firenze, 2008 .

8 Una sintesi di questo sviluppo istituzionale in G. BBLARDEW , Il ventennio degli intellettuali. Cultura, politica , ideologia nell' Italia fciscistei, Latef'ta. Roma-Bari , 2005, pp. 37-65

Tuttavia, Belardelli dà molto peso ai limiti di questa penetrazione, mentre, sulla effettiva capacità del regime di mobilitare il mondo della cultura, si vedano le osservazioni d i G. TuRJ , Lo stato educatore, Politica e intellettuali nell'ltaliei fascista, Laterza, Roma-Bari, 2002, pp. 49 -75 e R. VNAR ELLI, Fascismo e storia d'Italia, Il Mulino , Bologna, 2008, pp. 115-116.

Piero Pieri
206

9 M. BAJ O'sl. Risorgimento in camicia nera. Studi, istituzioni, musei nell"ltalia fasci· sta, Comitato di Torino dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Torino , 2006.

10 La figura centrale fu soprattutto Chabod con la sua muova storiografia». cfr. G. SAS· so, Il guardiano della storiografia: profilo di Federico Chabod e altri saggi. Guida, Napoli. 1985; Federico Chabod e la • Nuova storiografia,. italiana dal primo al secondo dopoguerru (1919-1950). a cura di B. Vigezzi. Jaca Book. Milano. 1984.

11 M. &\: Cll!N J, Transmitti,ig Knownledge: 17re professionalization of Italian Historia11s , in •Storia d ella sto riog rafia•. n. 57. 2010, pp. 4-5. 85-109.

12 M. M usrt. Adolfo Omodeo. Storiografia e pensiero politico, Il Mulino. Bologna. 1990.

13 G. ZA7.ZARA, La Società degli storici italiani tra politica professionale e tutela corpomtiva (1962-1974). • Memoria e ricerca•. 19 (2005), pp. 175-192: ·[l torpore delle istituzioni'. a <.-ura di A. Caracciolo, C. Pavone e N. Tranfaglia, in • Passato e Presente-, 5 (1984). pp . 13-27.

H M. A\:UUNI , Storici e storia. Genrrazioni a confronto nel lungo dopoguerra italiano. in •Storia d ell a storiografia•. 49 (2006). pp. 49-51.

15 P. FAVI LLI, Marxismo e storia: saggio sull 'innovaxione storiografico in Italia (19451970), Franco Angeli. Milano. 200 6.

16 M. lsNEXCHJ. Storia e storiografia. in w cultura italiana del Novecento, a cura di C. Stajano, Latcrza, Roma-Bari. 1996. pp. 687-724.

17 F. AN OREUCO - G. T URI, Indirizzi storiografici e organizza.zione della ricercci, in •Passalo e Presente>, 4 (1983) . pp. 3-10; P. Vu.ù\NJ, La vicenda storiografica itaLiana, co11tir111· itcì e fratturi', in L<, storiografia contemporanen, indirizzi e problemi, a cura di P. Rossi, Il Saggiat0re, Milano, 1987. pp. 391 -399. una visione alternativa. nella quale invece si pone il dopoguerra come rorrura. in E. Di RIE.,-zo . Un dopoguerra storiografico, Le Lettere, Firenze, 2012, una recensione critica M. ANGELINI. Review of E. Di Riem:o . U11 dopoguerra storiografico. Storici italiani tra guerra civile e Repubblica. in .Cromoh s•. 9 (2004), pp. 1 -6. http:// www.cromohs.unifi.it/9 2004/ angelini clirienzo.html (ultimo accesso 1 no,·cmbrc 2017).

18 P. D EL NEGRO. w storia militare dell'Italia moderna nello specchio della storiografia del Novec<'nto. in ,Cheiron. Materiali e strumenti di agg iornamento storiografico•, a. xn, n. 23, 1995. pp. 11-14.

19

• L\ BANCA , Sviluppo e cambiamento della storia militare dalla Seconda guerra mon· dia/e ad oggi, in •Revue intcmationalc cl'histoire milita.rie». n. 9 1. 2013. p . 24.

"' J. 8 1..ACR. R ethi11king Military history, Routlcdge, Lonclo n, 2004, pp. 186-187; S. MORlllO - M.F. P,wKov1 c , What is militllry history. Polity Prcss. Cambridge, 20132 • pp. 35-37.

21 Le vicende personali di Delbriick sono ri costruite in A. 8 UO!O U. lntroduction , De/bn1ck's Life and Work, in H. 0ELBR0CK, Delbrìick's Modem Military History, <'diteci aud translatecl by f\ndrew 811chol½. Univcrsity of cbraska Prcss. Lincon -London. 1997 , pp. 140.

22 A. L'\MBfiRT , 'l'he Fo1mdatio11s of Naval llistory: /01!11 K11ox Laughton, the Royal Navy ami the Historical Professio,1, Chatam. Lond on. 1998; I.F.W. BECK EIT, i\ guido to British military History. 11ie subject C1nd the Sources. Pcn&Sword. Barnsley. 2016, kindle edition , pos. 3+9.

23 G. R OC HAT. Omaggio a Piero Pieri. in • Nuova Rivista St0rica•. 1967. n. 1 -2. pp. 121-126; G. ROCH AT, Piero Pieri e la storia militare a/l ' UnitJersiui dagli anni Trenta agli 01111i Sessanta del No·vecento. in I.e Università e le guerre dal Medio<'vo alla Il r111erra mon ·

Note
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Piero Pieri

dia/e, conveg no CISUI, Padova, 19-20 novembre 2009. a cura d i P del Negro, Clueb, Bologna, 2011; G. QuAZZA, Profilo di uno storico: Piero Pieri, in «Rivista d i storia co ntemporanea~, a. XI, 1982, pp. 455-464; O. Bovio. Piero Pier-i. in • Rivista militare». n . 1. 1980, pp. 107-111 ; F. IÉVA, Pieri Piero , in •Dizionario biografico degl i italiani• , li nk: http://www.treccani .it/enciclopedia/piero-p ieri_%28Diz io nario-Biografico%29/, link consultato il 31 maggio 2016 .

24 BNUTO. Arch ivio storico. Relazione del direttore Stelio Bassi per gli anni 1 97 677, p 43.

25 BNUTO, Stefania Tdranto. Inventario de l fondo •Piero Pieri• , pubblicazione interna della Biblioteca nazionale, Torin o 1999.

26 BNUTO, Carte Pier i, Non inventariate, da Dono Pieri 614 (Raffaele Ciarnpini. Thiers et le Risorgimento: d 'après de d ocuments in èd its, Institute Français de Rome 1948), Pi eri a Bianca ed Edvige Calza, 20 agosto 1962, p. 1.

27 F. DE NINNO - F. BERGAMASCO, Piero Pieri, l, o guerre, lo storico, i libri. Biblioteca n azio nal e universitaria di Torino , Torino, 2016.

28 S. D'ONGHIA, Lo storico e l'economista. Lettere di Piero Pieri a Giovarmi Carano Dormito (1935-1949). in •L'acropol i: rivista bimestra le-, A. 13, n 3 mag (2012) p. 304326: F. TORQ-IIANI, Storici rn-ilitari negli anni del Begime : Pie ro Pieri e Plinio Fraccaro. Con le lettere di Pieri a Fraccaro, i n •Bollettino della società pavese di storia patria•, a. CX, n. s .. (2010). pp. 237-254.

29 Si tratta di ap p ena due lettere, una del 1938 in cui Pieri richiede delle pubblicaz ioni dello studioso per la biblioteca dell'Università di Messina e la seconda del 1960 in cu i gli augura una rap ida ri presa di salute , in Istituto Italiano per lo Studio dell'Età Contempora nea, Carte Chabod, Cartegg io Pieri-Chabod , Pieri a Chabod, 1 febbra io 1 938; Pieri a Chabod. 20 marzo 1960.

Parte prima UN PROFILO BIOGRAFICO

Capitolo 1 - La vita e i tem11i di Piero Pieri

1 E.A. MARCHIS01"l'O - J.T. SMrrH, The legacy of Mario Pieri in Geometry and AnaNtics, Bi rkhau ser, Bo ston-Basel-Berl in, 2007, p . 5.

2 BNUTO, Fondo Pieri, b. 4, f. 9, Bozza mano scritta di una lettera d i Pieri a Ulderico Barengo, 10 n ovembre 1942.

3 Fondazione Croce. Carteggio Croce, Carteggio per anno e per corrispondente, N. 1795, Pieri a Croce, 21 magg io 1 946.

4 ACS, Ministero de ll a pubblica istruzione, Direzione Generale Istruz ione Universitar ia , Fascicoli dei professo ri o rdin ari, 1940-70, 3 ° Versamento, b. 377 , Fascicolo del Prof. P iero Picri. Manoscritto contene nte il curricu lum di Pieri, 25 giugno 1924.

s 'Il'Stimonianza resa da Fab io Bortolotti, pronipote di Pieri. alla co nferenza «Pie ro Pieri. le guerre, la sto ri a, i libri•, Torino, 16 giugno 2016.

6 BNUTO, Carte Pieri, Carte Pieri Martinetto, b. 47, Minuta di Pieri a Sa lvemin i . 25 maggio 1951 .

7 IlSS, Archivio Omodeo. Corrispondenza N. 4074, Pieri a Omodeo 9 luglio 1942.

8 Fondazione Gentile, Serie 1, Corrispondenza, Sottoserie 2, Lettere inviate a Gentile, b. 100 , Fieri a Gen tile, Savignana, 17 luglio 1929 .

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208

9 lstoreto, Archivio Quana, b. 133, f. 1057, Università 1JCT.1962-30.IV.1964, Piero Pieri a Guido Q u azza, 14 febbraio 1963, ci tato in L. Il OCCAI.ATT'P, Guido Quazza. l'archivio e la biblioteca come autobiografia. Franco Angeli, Milano 2008, p. 105.

10 Pieri a Giovanni Cara.no Don Vito , 25 febbraio 1942, lettera citata in S. D"Ol'IGHIA, Lo storico e l'economista, cit., p. 323.

11 G. R OCHAT Piero Pieri e la storia militare. cit p. 247. n. 2.

12 8_NUTO, Carte Pieri. Cane Pieri Martinetto. Copia del diploma di Laurea in Lettere di Pi ero Pieri, Regia università di Pisa, li Rettore David Supi n o, prot. 9 / 1043, 11 luglio 1919; l vi, Copia del diploma di abilita1ione, Scuo la normale super iore Pisa. 8 luglio 1920.

13 8NUTO, Intervista a Fabio Bonolotti e Gabriell a Pieri, autore: R oberto Orlandini, Torino 4 maggio 2016. min: 1:00-1:20.

" Sull'esperienza della guerra in montagna: E. C\\L\NNJ. Il fuoco e il gelo, La Grande Guerra su/Il' montague, Laterta , Roma- Bari, 2014: D. LEONI, La guerra verticale, Uomini. a.11imali e macchine .~nl fronte cli montng11a 1915-1918, Einaudi , To rin o, 2015.

15 BNUTO, Carte Pieri, Carte Pi eri Martinetto, Motivazione della medaglia al bronzo al valor militare, Belluno 24 luglio 1919, da Fondo della Famiglia Pieri.

16 BNUTO, Fondo Pieri. b. 1, n. 35, Celso Trevisan a Piero P ieri. Lettera manoscritta, Vicenza 7 luglio t972.

17 P. PtERI . L'Alto Adige nella guerra mondiale: il 19 I 5-1916 tra le Tofane, in «Archivio per l'Alto Adige,., voi. 20, 1925, pp. 191-258; P. P1ER1, !,a nostra guerra tra le Tofrme, 2. ed. riveduta e aumentata. Perrclla, Napoli. 1930: P. P11:R1. La nostra guerra tm le Tofane. 3. ed. riveduta e aumentata, Pcrrella. apoli. 1932.

11 Archivio storico della ormale, Cane Silva. Pieri a Silva, 2 novembre 1933, p. 4.

19 P. PlbR I, Un episodio cli prigio11ia, La morte del capitano Enea Guameri. Medaglia d'oro alpina. Associazione nazionale alpini . Milano 1924, p . 3.

:,o BNlJfO, Carte Pieri, Cane Pieri Martinetto, Comando generale del genio, I ufficio distaccat o lavori, Medaglia d'argento al val o r e militare. Belluno 24 luglio 1919.

21 P. P1rn1. U11 episodio di prigionia. cit .. pp. 5-17.

22 Ivi. pp. 23-29.

23 Ivi , pp. 33-34.

11 Il fatto che Picri citasse questa frase di Douhet lo afferma il nipote Fabio Bonolotti in BNUTO. Intervista a Fabio Bonolotti e Gabriella Pieri, realizzata da Roberto Orlandini, Torino, 4 maggio 2016, Min. 2:00-2:30.

15 BNUTO, Carte Pieri, Carte Picri Martin etto b. 45. Minuta di lettera di Pieri a Salvemini, 25 febbraio 1951. p. 1.

26 G. ROCHAT , Omaggio a , cit., p. 120.

27 ISRT, Fondo Salvemini, Corrispondenza Salvemini, Scatola 86. Picri a Salvcmini. senza data. e.a . maggio giugno 1919. p. 2.

21 lvi , p. 3.

2 • AUSSME. H 4, b. 8, Memorandum di Piero Pieri pe r Senatore d'Ovid io rimesso al presidente della Commissione d'Inchiesta su Caporetto. manoscritto. 28 dicembre 1918. Ringrazio il capo dell'ufficio swrico. Colonnello Filippo Cappellano. per avermi fornito copia di quc.-sco documento.

30 G. ROCHAT, !,'esercito italiano eia Vittorio Veneto a Mussolini, Latcl7.a, Roma -Bari 1967. p. 61.

31 P. PtERI, Ricordi di w1 com batt en te , 1918-1919, in Fascismo e a11tifascismo. lezioni e testimonia11ze. Feltrinelli. Milano. 1962, pp. 119-120.

Note
- -
209

Piero Pieri

32 P P1 ER1. La. Resta.ura.zione ·in Toscana., 1814-1821 , in •Annali Della R. Scuola n ormale d i Pisa•, Pisa. voi. XIV, 1922, pp 1 -255

33 TSRT, Fondo Salvem ini, Corrispondenza co n Salvem ini, scato la 104 , Pieri a Salvemi ni, 2 dicembre 1952 .

3• ASUT, Fascicolo personale di Piero P ieri, Prof. Piero Pieri, Servizio neJle scu ole secondarie, prot. n . 3667 , 10 maggio 1960.

35 BNUTO , Fondo Pieri, Estratto da d ono Pieri, b. 1 , n. 158, Lettera di Cocchia a Pieri.

3{> L'esperienza del giornale è raccontata in S.G. PUGLIESE . Ca.rlo Rosse/li: Socia.list Heretic and Antifascist Exile, Harvard Univ ers ity Press, Harvard , 1999, pp 66-167. (ed it Bollati Bo ringhieri , Torino, 2001).

37 M. FRANZINEU.I, Tntroduzione, in G. SALvEMINJ, Dia.rio di un fuoriuscito 1922- 1933, Bollati Boringhieri. Torino. 2002. p. xvi i.

38 Che questo passaggio ebbe u n certo impatto su Pieri. lo si deduce an che dal fatto che all'epoca copiò integral mente, p resso casa di Gius tino Fortunato, la lettera di risposta di Salvemini al Rettore dell'Univers ità d i Firenze de l 2 dicembre 1925, con la quale dopo essers i dimesso (5 novembre 1925) lo storico denunciava il cl ima di intimidazio ne im poste dal regime nell'Università: Archivio Pieri-Marinetto. Carteggio con Salvemini, b. 1 , Tuascrizione di Pieri de lla lettera di Salvemini al Rettore dell ' Univers ità d i Firenze del 2 dicembre 1925. Pieri stesso poi confermò la cosa a Sa lvemini nel dopoguerra: •Il testo della sua lettera del 2 dic . 1925 e ra già in m io po ssesso. conservato religiosamente . Lo leggemmo in casa di G iu stino Fo rtunato, che me lo lasciò cop ia re-, in ISRT, Carte Sa lvemini, Corrispon d e nza con Sa lvemi ni. b. 119 Pi eri a Salvemini, 4 novembre 1945, p p. 2-3. 39 ISRT, Corrispon d e nza Salvemini , Scat0la 86, Pieri a Salvemini, 30 marzo 1925, p. 2.

'° G . R ocHAT, Omaggio a... , cit. , p. 120 .

•• BNUTO, Carte Pieri, Carte Pieri Martinetto , Corri spondenza con Giustino Fortunato. Fortunato a Pieri , 23 novem bre 1924.

• 2 P. P1 ER1, Adolfo O"wdeo. in •Nuova Rivista Storica*, vo i. 30, 1946. n. 1, pp. 218219 .

• 3 A. OMODEO , Libertà e storia. Scritt-i e discorsi politici, a cura di A. Galan te Garrone. Einaudi , To ri no, 1960.

44 Is toreto , Archivio Alessa ndro Galante Garrone, Fondo corris pon den za, Fascio - lettera P, o 477. Piero Pier i, Pi eri a Garrone, 1 novembre 1960.

45 N. VALERJ, Profilo di Pietro Silva., in Stml-i in onore di Pietro Sii.va, a. cura. della facoltà di magistero dell ' Università di Roma, Le Monnier, Fi renze , 1 957, pp . vi i-xix; L. M!CHEI.ITTA, Pietro Silva, Storico delle relazioni internazionali. in ~Clio • 30 (1994), n. 3, pp 496-527

46 A ri guard o basta co nfro ntare !"edizione del 1927: P. Sn.vA, TI 1'v!editerraneo dall'Unità di Roma all'Unità d'Ttalia, Mondadori, Milano , 1927, con quelle del 1936 e del 1941. IDEM, n Mediterraneo dal/.'Unità di Roma all'Impero Ttaliano, lspi , Milano. 1941.

47 BNUTO, C arte Pieri. Carte Pieri Mart in etto, Carteggio Pieri -Salvemini. b . 25. Minuta di Pier i a Salvem in i, 16 luglio 1948 .

.s BNUTO, Carte Pier i. Carte Pieri Martinetto. Cartegg io Pieri-Salvemini. f. 5 Salvem ini a Pieri. H arvard 3 febb raio 1946, p. 2

'9 ANP, Carte di Pietro Silva. Pieri a Silva, Savignana (Pisto ia). 11 agosto 1929.

50 Arc hivio Fon dazione Luigi Salvatorell i, Carteggio Salvatorelli-Picri, Lettera di Pieri a Salvato rell i, To rin o, 4 novembre 1955

51 Fondazione Benedet to Croce, Carte Croce, Co rri spon denza per anno, 1931 , n . 1008. Pier i a Croce , 26-2 -1931. p. 1.

- - 210

52 8 CROCE, Capitoli introduttivi di una storia dell ' Europa nel secolo decimonono, Sangiovanni, Napoli, 1931, La copia personale ricevuta da Pieri è conservata alla Biblioteca Nazionale di Torino, come Dono Pieri op. 939, questa edizione venne poi ampliata già nel 1931 e pubblicata cfr. B. CROCE , Introduzione ad una storia d'Europa del Secolo XIX Laterza, Bari, 1931. anche questa è presente nella biblioteca di P ieri, come PJERJ OP. 341 7.

53 G . G ALASso , Nota del Curatore. in B CROCE, Storia d 'Europa nel Secolo XIX , a cura di G. Galasso, Adclphi, .Milano, 1991, pp 457-460.

54 BNUTO, Fondo Pi eri , b. 3, f. 28, Croce a P ieri 1 marzo 1931, ringrazio la dott.ssa Teresa Leo della Fondaz ione Croce per avenni aiutato a decifrare la grafia di questa lettera.

55 H . GoETZ, Il giuramento rifiutato. 1 docenti universitari e il regime fascista, La Nuova Italia, Firenze, 2000.

56 G. VOLPE, L'ltu/i.a in cammino: l'ultimo cinquantennio, Treves, Mi lano, 1927; IDEM , L' Italia moderna , 3 voli . , Sansoni, Firenze, 1943-1952, ma anche G. BEt.ARDELLI , il mito della nuova Ital-ia, Gioacchino Volpe e il Fascismo, Tl lavoro, Roma, 1988.

57 Nell'archivio di Luzzarto, presso l'omonima biblio teca di aerea econ omica dell'Univers i tà di Venezia, è c,ustodita parte della corrispondenza con Pi eri. che consta di se i le ttere in cu i s i parla prevalentemente di q u estioni organ izzative riguardanti la rivis ta.

sA Sulla sto ria della r ivista e il suo ruolo s i veda : A. CASALI, Storici italiani fra le due guerre: la Nuova Rivista Storica, 1917- 194:3, Guida, Napol i , 1980.

5 9 ACS. Ministero della p u bbl ica istruzione, Direzione Generale Istruzione Universitaria, Fascico li dei professori ordinari. 1940-70, 3° Versamento. b 377 , Partito n azionale fascista , Federazion e ufficio tesseramento , Pieri Piero di Silvio, 6 maggio 1934.

60 P. POM.B EN J, Demagogia e tirannide. Uno st.udio sulla forma partito del fascis,no, Il Mulino, Bo l ogna, 1984, pp. 237-2 55

61 I SRT. Fondo: Fernando Schiavetti. 1.C.51.158, Pieri a Schiavetti 29 gen naio 1955, Pieri firmò il manifesto segno c h e Sch iavetti aveva dato il s uo assenso, in Ibidem.

62 ANP, Carte d i Pietro Sil va, Pieri a S ilva, 14 febbraio 1929.

63 P. PrER1, Ricordi di Gino Luzza.uo e d e lla sua rivista, • Nuova Rivi sta Scorica,., anno XLIX. fase. J.11, 1965, pp . 1 53-154.

64 Q u,\ZZA , Profilo di uno storico , cit., p. 457.

65 ANP, Carte di Pietro Silva, Pieri a Silva , 9 febbraio 1930

66 Dati basati su •Nuova Rivista Storica", Indici 1923-1967, pp. 36-37.

67 RocHAT, Omaggio a , cit ,p. 121.

6 8 P P 1ERI, La Crisi mil-itare italiana nel Rinascimento nelle su e rela.zioni con la crisi politica ed economica. Riccardo Ricciardi e ditore, Napoli 1934.

69 M. ANGELINI, Clio amo11g the Camicie Nere. ltalia11 h-istoria11s and their Allegiances to Fascism (1930's -1940 's). in In the society of /<àscists. Acc/anwtion , Acquiescence, and Agenly in J\fossolini's ltaly, a cura d i Giulia Al banese, R oberta Pergh er, Palgrave MacMillan. New York-London, 2012. p. 228. n 25

10 ANP, Carte Sil va , Pieri a Silva, 30 novembre 1933.

71 Ibidem.

72 ACS, Mi nistero della Pubblica istruzione , D irezione generale dell'istruzione superiore. Div I, Pos. 21, Co ncorsi a cattedre universitarie, 1924-1925, b. 60, Relazione del concorso per una cattedra di storia moderna della R. Università di Napoli, 7 novembre 1932, pp. 7-8.

73 AlW. Carte Si1va, Pieri a Silva. M.agnelfo, Bolzano, 20 agosto 1934; il saggio premiato fu P. Pn::ru, Il regno di Napoli. dal luglio 1799 al marzo I 806, Ricciardi Napoli, 1928.

74 ACS. Ministero della Pubblica istruzione. Direzione generale dell'istruzione superiore. Div. I. Pos. 21. Concors i a cattedre universitarie. 1924-1925. b. 87, Concorso per

Note
-- 211 --

professore straordinaria di storia politica moderna e contemporanea nella R. Università di Perugia, Relazione del concorso, pp. 39-40.

75 BNUTO, Fondo Pieri, busta 2, f. 12e, Lettera per Salvemini, Torino 15 .1 .1947 .

76 USS, Archivio Omodeo , Corrispondenza n . 4079, Pieri a Omodeo, 11 novembre 1935, sottolineatura mia.

77 M. ANG ELJNJ , Confronting 1he Present: Fascist Fore-ign policy and War, in •St0 ri a della Storiografia• , n 57, 2010, pp. 110-131

78 P.G. Z UNIN O, Tra stato autoritario e coscienza nazionale Chabod e il contesto d ella sua opera, in Nazione , na?.iona/i.smi ed Europa n e ll'opera di Federico Chabod: atti del Convegno, Aosta, 5-6 maggio 2000, Olshicki, Firenze, 2001, pp. 107-131.

,v P. D EL N EG RO, Esercito , stato e società. Saggi di storia militare, Cappelli , Bologna. 1979, p. 64 e ss.; G.P. RoMAGNAN 1, !}anomala carriera di uno storico: Ercole Ricotti tra l ' Accademia delle Scienze e l'Università di Torino , in IDEM, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, Deputazione subalpina di Storia Patria, Tori n o, 1985, pp. 354-357.

80 G. MoNSAGRA'n, Camillo Manfroni, in Di?.ionario Biografico degli italiani, voi. 68, 2007, http: //www.treccani .it/ encicloped ia/ camillo -manfroni (D izi onario-Biografico)/ . ul timo accesso 12 giugno 2016.

81 TSRT. Carte Salvemini, Carteggi con Salvemini, b. 119, Pieri a Salvemini, 4 novembre 1945, p. 2.

82 lvi p. 1.

83 BNUTO. Intervista dell'autore a Giorgio Rochat, 24 maggio 2016, min. 35 :4036:30.

84 IJSS, Carteggio Omodeo. n. 4073, Pieri a Omodco, Messina , 12 novembre 1938; Il lavoro su Luigi Rizzo a cui fa riferimento è P. PrERJ, Il significato storico dell ' episodio di Premuda, G. Principato, Messina, 1938.

85 HSS, Archivio Omodeo, Corrispondenza n. 4075, Pieri a Omodeo, 19 dicembre 1936.

86 Su Grazioli l 'unica biografia esistente è L. L O NGO, Francesco Saverio Grazio/i , Ussme , Roma , 1989.

87 ANP. Carte di Silva, Pieri a Silva, 26 agosto 1935.

113 IISS , Archivio Nicolini. Corrispondenza, Pieri a Nicolini, agosto 1938 .

89 BNUTO, Fondo P ieri, b 2, f. 65, Lettera di Corrado Barbagallo a Piero Pieri , datata a mano 1936 dal destinatario.

9° Fondazione Spirito e De Felice , Carte di Ugo Spirito, f. 1249. Pieri a Spirito, Messina 18 gennaio 1937 , p. 2.

91 IlSS. Archivio Omodeo , Corrispondenza, N 4034, Pieri a Omodeo, 15 settemb re 1945, p. 4.

9'i ACS, Ministero della pubblica istruzione, Dire-.Gione Generale Istruzione Universitaria, Fascico li <lei professori ordinari, 1940-70 , 3° Versamento. b 377, Fascicolo del Prof. Piero Pieri , R. Università degli snidi di Mess ina, Consiglio di facoltà , Adunanza del 2 dicembre 1938.

93 Fondazione Gentile, Serie 1 - Corrisponden za, Sottos erie 2 , lettere inviate a Gentile b. 100, Pieri a Gentile, Messina 2 gennaio 1939 , p 1.

94 lvi, p. 3.

95 ISRT. Fondo Salvemini, Corr ispondenza con Salvemini. b. 119, Pi e ri a Salvcmini , 24 luglio 1945, p. 2.

96 ASUT, Verbali del consiglio di facoltà di magis tero . n. 787, seduta del 26 ottobre 1940, p 75.

Piero Pieri
-- 212 --

91 IISS, Archivio Omodeo, Corrispondenza, Risposta alla minuta 4038 , Pieri a Omodeo, 21 aprile 1943.

98 A. O'Ons1, La cultura a Torino tra le due guerre, Einaudi, Torino, 2000, pp. 74-75.

99 Pieri a Giovanni Carano Don Vito, 25 luglio 1940, citata in S. O'ON GH IA, Lo storico e l'economista... , cit., pp. 321 -322.

100 II dattiloscritto originale di quest ' ultimo testo, mai pubblicato, esiste ed è conservato tra le cane della famiglia Pieri -Martinetto. Consta di un testo di circa 170 pagine a cui mancavano so lo le appendici e una revision e. BNU'IO, Cane Picri, Carte Pieri Martinetto, Le Istituzioni militari romane, 1937-1938, ma come vedremo, continuò a parlare della redazione di questo testo anche dopo la guerra.

101 ISRT. Fondo Salvemini, Corr ispondenza con Salvemini, b. 122, Pieri a Salvemini, 8 settemb re 1946 , p . 4.

102 AST, Fondo Einaudi. Corrispondenza con autori e collaboratori ital iani. b. 158, f. 2405, Pieri a Einaudi, 7 luglio 1941.

103 G GAI.ASSO, La memoria, la vita, i valori. lntinerari crociani, Il Mulino, Bologna. 2015. p . 487 .

1°' Fondazione Benedetto Croce, Archivio Croce , Corrispondenza per anno e per corrispondente, 1942 , n. 857, Pier i a Crot:c. Torino 29 aprile 1942.

10 • IISS, Archivio Omodeo, Corrispondenza, N. 4058, Omodeo a Pieri, 18 marzo 1942

106 IISS, Archivio Omodeo, Corrispondenza, N. 4056. P ieri a Omodeo, 24 marzo 1942, p. 3 .

1 01 IISS, Archivio Omodeo, Corrispondenza N. 4074, Pieri a Omodeo , 9 luglio 1942.

108 Sono debitore d i questa osservazione al Prof. G iorgio Rochat.

109 IISS , Archivio Omodeo, Corrispondenza, N. 4041, P iero Pieri a Omodeo , 26 novembre 1942.

1 1° Fondazione Croce , Archivio Croce, Corrispondenza per anno e per corrispondente, 1943 , N .1056. Pieri a Croce. 27 luglio 1943.

111 Su Pischedda si veda F. TRANTET,LO , Carlo Pi.~chedda, Atti dell'Accademia delle Scien7.e, Accademia delle Scienze di Torino, 1brino, 2008, pp. 25-30; C. Pischedda. in Piemonte risorgimentale, Studi in onore di Carlo Pischedda 11el suo settantesimo compleanno, Centro di Studi P iemontesi, Torino, 1987, pp. 11-27.

1 12 BNUTO, Carte Pieri , b. 1, f. 74, Lettera di Pischedda a Pieri, 23 settembre 1943. p. 2 , ringrazio la Prof.ssa Rossana Ro ccia per aver confermato l'identità del mittente di questa lettera.

113 ASUT, Verbali de l consiglio di facoltà di magistero. n. 787, seduta del 28 febbraio 1944, pp 34041.

114 BNUTO, Fondo Pieri , busta 2, f. 12e, Lettera per SaJvemini, Torino 15 1 1947 , p.1.

115 G . DE LUNA, Storia del Partito d 'flzione, 1942 -1947, Editori Riuniti, Roma , 1997, p. 72.

116 Conversazione avuta dall'autore con Fabio Bortolotti. 16 giugno 2016.

117 BNUTO, b.1. f. 58. Pagine manoscritte di Pieri in cui si parla della s ua prigionia n e lla primavera del 1945.

118 Conversazione avuta dall'autore con Fabio Bonolotti e Gabriella Pieri, 16 giugno 201 6.

11 9 ASUT, Fascicolo personale, Piero Pieri fase. Varie, 14 febbraio 1945 , Azzo Azzi al Caao della provincia di Torino, Gabinetto 14 febbraio 1945.

Note
213 --
--

Piero Pieri

120 BNUTO , Carte Pieri, Carte Pieri Martinetto, Carceri g iudiz ia ri e di Torino, Certificato di detenzio n e, Uffic io matricola, 10 g iugno 1945.

121 ASUT. Verbali del consiglio di facoltà di magistero , n. 788, seduta del 16 magg io 1945, p. 7.

122 ASUT, Fascicolo personale Piero Pi eri, Mario Allara p reside della faco l ta d el magistero, e per cc. A Piero Pieri n. 2158. 20 settembre 1945.

123 ACS, Ministero della pubblica istruzione, Direzione Generale Istruzione Universitar ia, Fascicoli dei professori ordinari, 1940-70 , 3° Versamento, b. 377, Fascicolo del Prof. Piero P ieri, Ministero dell ' Istru zione superio re, Prof. Piero Pieri trasferimento, 29 dicembre 1 945 .

124 Per una panoramica rimandiamo a G. MoNTRONI, La continuità necessaria . Università e professori dal fascismo alla Repubblica, Le Mo n nicr. Firenze, 2016

m BNUTO, Fondo Pieri , busta 2, f. 12e, Lettera per Salvemini, Torino 15.1.1947.

126 Fon d azione Croce, Archivio C roce, Corrispo n den za per a u tore e p er an n o, 1946, N 1795, Pieri a Croce, 21 maggio 1946, p. 1

127 lvi , p. 3.

128 Fo n dazione Sal vatorelli, Carteggio Salvatorelli-Pieri, Picri a Salvatorelti, 20 d icembre 1961

129 P Pn,R1 , La prima guerra mondiale. Problemi di storia militare, G h eroni, Torino. 1947 .

130 P. PrERI, La, Crisi militare italiana del Rinascimento, Ein audi, To rin o, 1952, nuova edizione 1 970

131 P. P 1ER1, Guerra e politica negli scrittori militari italiani, Riccardo Ricciardi. Milan o-Napol i, 1955.

132 Pieri a G iovan ni Ca rano Don Vito, 7 lugl io 1946, in S. D ' O NGHJA, Lo storico e /"economista . . . . cit. , p. 324.

133 BNUTO, Carte Pieri , Car te Pieri Martinetto, Carteggio Pieri-Salvcmini, b. 22, Minuta d i Pieri a Salvem ini, 20 aprile 1948.

134 ISRT, Fon do Salvem i n i, Corrispondenza con Salvcmini, b. 122, Pieri a Salvem ini, 8 settemb re 1946, p. 3 .

•as Arch iv io Mo n da.dori, Arch ivio Storico Acne. Sez. Alberto Mondado ri, fase. Omodeo Adolfo ed Eva. Adolfo Omodeo a Mondadori, Napoli 30 nov. 1941.

136 Archivio Mondadori . Archivio Storico Ame, Sez. Al berto Mo n dado ri , fase. Omodeo Ado lfo ed Eva, Nota manoscritta con i contratti delle opere ced u te all'Ispi dalla. Mondador i, senza data

137 Archivio Monda.dori, Archi vio St0 ri co Arne, Scz. Alberto Monda.dori. fase. Omodeo Adolfo cd Eva, Mo n dadori a Omodeo, ·17 dicemb re 1945.

138 Fondazio n e Croce, Archivio Croce, Corrispondenza per anno e corrispondente, 1946, N. 1 795, Pieri a. Croce, 21 maggio 1946. p. 2 .

139 F. N 1couN1, Benedetto Croce, Utet, Torino 1962, p . 414.

140 BNUTO, Fondo Pieri busta 2, f. 12e, Lettern per Salvcm ini, 23 gennaio 1947 , pp. 1 -2.

1 41 lvi, p. 2

142 ISRT. Fondo Salvemini, Co rrispondenza con Salvemini, b 119, Pieri a Salvemini, 24 lugl io 1945, p. 1.

l-l'l lvi , p. 8.

'""' BNUTO Cane Pi eri , Carte Pieri Martinetto, Carteggio Pieri-Salvemini , b. 3. Salve.~ mini a Picri , 8 sette mbre 1945 .

- - 214

145 BNUTO, Carte Pieri, Carte Picri Martinetto, Carteggio Pier i-Salvemini. b. 14, Minuta di Pieri a Salvemini, 5 luglio 1947.

1 "" Per le vicende del partito rimandiamo bre\'emente a C. NovEw. /I Partito d'azione e gli italiani. La Nuova Italia. Firenze. 2000. pp. 189-262: G. DE Lu:s;A, Storia del partito ... , cit .. pp. 167-308.

147 USS. Archivio Omodeo , Corrispondenza. N. 4031, Pieri a Omodeo. 15 marzo 1946.

148 BNUTO, Carte Pieri, Cane Pieri Maninetto. Carteggio Pieri-Salvemini. b. 77, Sa!vemini a Pieri. 26 marzo 1956.

" 9 L. L EVI - S. P ISO"IE, Trent'an11i di r,ita del movimento federalista europeo. Franco Angeli, Milano, 1973. pp. 240, 250.

IS-O ISRT, Fondo Salvemi, Corrispondenza con Salvemini, b. 104, Pieri a Salvcmin i , 3 giugno 1956.

151 BNUTO. Cane Pieri. Cane Pieri Martinetto. Carteggio Pieri-Salvemini. b.80. Minuta di Pieri a Sa!vemini. 28 febbraio 1957.

152 P. 80RGNA, Un paese migliore. Vita di Alessandro Galante Garrone, Laterza, RomaBari, 2012. p. 305.

163 Che Picri frequentaSsc Calamandrei lo si deduce da una lettera per Salvcmini. in cui afferma che nel 1949 proprio a casa di Calamandrei c:onobbe N. Papafava. in: BNUI'O. Cane Picri. Cane Pieri Maninetto. Carteggio Picri-Sahemini. b.45. Minuta di Pieri a Sah'emini. 25 febbraio 1945. p. 2; mentre da un'altra minuw è Sa!vemini che mette in contano Picri con G. Spi n i per la prima volta. chieden do di scrivergl i per segnalargli qualcuno che potesse farg li da assistente all'Università di Messina. dr. BNUI'O. Carte Pieri, Carte Pieri Martinetto, Carteggio Pieri-Salvcmini b. 50. Salvemini a Pieri. 20 novembre 1952.

1"' Lo deduciamo dal modificarsi dell'intestazione delle lettere che passò da •Caro professore- e dall'utilizzo del «Lei~ alla formula ~caro e illustre amico~ e a!J'utiliz:ro del •tu•. ISRT. Cane Calamandrei, IV. 26.46. 64, 4, Pieri a Calamandrei, 26 dicembre 1952

155 A. D'0RS1 . L'Italia delle idee. Il pensiero polilico in un secolo e mezzo di storia. Bruno Mondadori. Milano. 2011. p. 291: Sul •Ponte- si vedano i due saggi introdurtivi di Isnenghi e Franzinelli alle raccolte di testi provenienti dalla rivista: M. lsNE.'-Gm. Dalla Resistenza alla desiste11za. L'Italia del «Ponte,. (19+5- 1947). Latcrza, Roma -Bari. 2007; M. FRANZl:\ELLI, Oltre In G11C'rra Free/da. L'Italia del HPonte" (1948-1958), Latcrza, RomaBari, 2010.

156 ISRT, Cane Calamandrei. IV.26.46. 64. 3, Pi eri a Ca!amandrci. 23 febbraio 1951. m G. GRASS1. L'Istituto nazio-nale per la storia del movime11to di liberazio11e i11 Italia e gli Istituii associati. in Storia d'Italia nel secolo 11e111esimo, a <.'Ura di C. Pavone. Guerini e Associati/Mibac, Roma 2006. pp. 115-118

1 58 BJ\1UT'O, Carte Picri, Carte Pieri Martinello. Carteggio Pieri-Salvcmini, b. 38. Minuta di Pieri a Salvemini. 17 novembre 1950 .

159 L. P OLESE R EMAGGI. La nazio11e perduta. Ferruccio Porri nel .\'ovecento italiano. Il Mulino, Bologna, 2008. pp. 86-87.

1 60 P. PI ERJ, lntroduxione , in G. R oc1uT, L'esercito italiano ... , cit., p. viii.

161 lstoreto, Archivio Giorgio Vaccar ino. b 5. f. 27. hozza di lettera di Parri alla Presidenza del consiglio, Firmata Ferruccio Parri.

1 • 2 P. fuR1. L'Italia 11ella prima guerra mo11diale. I 915-1918. Volume IV. Storia d'Italia. a <.'Ura di N". Valeri. UICL. Torino. 1960. pp. 673-836: P. P!Eru.1)//alia nella prima guerra mondiale. Einaudi. Torino, 1965.

163 P. PTFnt, Storia militare del Risorgimento. G11c>rre e insurreiioni, Einaudi. Tori no, 1962.

N"ote
- - 215

Piero Pieri

164 P. Pmru, È possibile la storia di avvenimenti molto recenti?. in •Il Movimento di Liberazione in Italia•. f. 22, n. 7 (1953), pp 7-15

165 Archivio storico della Normale, Carte Cantimori, Pieri a Cantimori, 20 dicembre 1939.

166 AST, Fondo Einaudi, Corrispondenza con autori e collaboratori italiani, b. 158, f. 2405. Serini a Pieri, 10 febbraio 1954; D. CANriMORI - R. DE FELIC.E, Giacobini italiani, Laterza, Bari , 1956.

167 Ivi, P ieri a Serini, 13 febbraio 1954.

168 / verbali del mercoledì. Riunioni editoriali Einaudi, a cura di T. M UNARI, voi. I. 1943-1952, Einaudi, Torino, 2011, pp. 316,359,361.

169 Iv i, voi. I , p 57 , voi. Il. 1952-1963, Einaudi, Torino, 2013, pp. 28, 200. 504.

170 ASUT, Fascico lo personale Piero Pieri, Pieri al preside della facolta del magistero, 25 maggio 1953.

171 BNUTO. Carte Pieri , Carte Pieri Martinetto, Carteggio Picri-Salvcmini. b. 82, Minuta di Pieri a Salvemini, 24 maggio 1957, p. 2.

172 P. PTERJ, Niccoi-0 Machiavelli, in W. HAHALWEG. Klassiker der Kriegskunst. Wehr und Wissen Verlagsgellschaft, Darmstadt, 1960, pp. 103-118; IDEM, Raùnondo Montecuccoli, pp 134-149.

173 P. Prnru, The Jtalian front, in V.J . ESPOSITO, A Coincise history of World War I, Pral.~ ger. Westport, 1964, pp. 161-169.

174 P. 'PTERI Sur les dirnensio11s de l'histoire militaire, in •An nales•, n. 4, luglio-agosto 1963, pp. 625-638.

176 Numero monografico a cura di Piero P ieri e Maria Tettarnanzi, -Torin o. Rivista mensile della città e del Piemont~ , aprile 1955.

176 Cito per brevità un esempio particolam1ente rilevante perché apparse sull'•Unità•, un quotidiano d i colore non proprio vicino alle idee politiche di Pieri: P. PrnR1, Centinaia di migliaia di contadini e operai 1nassacra.ti per gli errori dei generali, in •L'Un ità•. 24 ottobre 1968.

177 P. Pmru, Aspetti pol-itici e militari della prima guerra mondiale, in -Tcr-.to Programma• , n 2 (1962), pp. 543 -545.

178 Caporetto riveduta e corretta. Riscontro di un dibattito del Telegiornale diretto da Hombert Bianchi, in • Radiocorriere TV•, 25 febb raio-4 marzo 1967, pp. 16-17.

179 P. PIER!, Storia della prima guerra mondiale, Rai Bri , Roma, 1965.

180 G.P. BRUNETI'A, Il cinema neorealista italiano. Da "Roma città aperta. a fff soliti ignoti», Laterza, Roma-Bari, 2009.

181 ACS. Ministero d ella pubblica istruzione. Direzione Generale Istruzione Universitaria, Fascicoli dei professori ordinari, 1940-70, 3° Versamento, b 377, Fascicolo del Prof. Piero Picri, Decreto del presidente della repubblic, 23 ottobre 1969; lvi , Università degli studi di Torino, Piero Pieri, Attività quale professore fuori ruolo, 23 giugno 1965.

182 ASUT, Verbali del consiglio della facoltà di magistero, Seduta del 17 marzo 1964, p 221.

183 ASUT, Verba li del consiglio di facoltà di magistero , n. 789 , Seduta dc 26 febbraio 1954, p. 35; Iv i, R elaz ione sul prof. Raimondo Luraghi. 2 dicembre 1963, p . 205.

184 BNUTO, Intervista dell 'autore a Giorgio Rochat, Torre Pellice, 24 maggio 2016, min . 20:30-22:00, 22:30-23:30, 24:50

1 es Su Zangrandi si veda la recente raccolta di saggi. lsmvro ROMANO PE R LA STO RIA o'ITALIA DAL FASC ISMO ALLA R ESISTENZA, Ruggero Zangrandi: un uiaggio nel Novecento. L' Anna/e Irsifar, Franco Angeli, Milano, 2015: Su Carboni , G. S1 RC.ANA, C,iacomo Carboni, in

- - 216

Dizio11ario Biografico degli italiani. voi. 34. 1988. hnp:// www.treccani.it/enciclopcdia/ giacomo-carboni (Dizionario-Biografico)/ ultimo accesso 20 giugno 2016.

186 Scriveva Pieri ad Armando Saitta nel febbraio 1962: .iSenza dire che la Utet mi fa continue premure per una monografia su Badoglio, in una collana diretta da N in o Val er i [... ] monografia di cui ho preso l'impegno da quasi due anni•. in ANP. Carte Saitta, Pieri a Saitta. 3 febbraio 1962.

187 BNUTO. b. 1, n. 36. Giacomo Carboni a Piero Pieri. Roma. febbraio 1964.

188 BNUTO, Intervista dell'autore a Gio rgio Rochat, Torre Pe llice. 24 maggio 2016 , min: 1 :30:00-1:34:30.

18'' P. PIBRI - G. ROO!AT Pietro Bacloglio. Utct, Torino, 1973.

190 Tstoreto. Archivio Quana, b. 136. f. 1060. Copia del verbale della Seduta straordinaria di facoltà presso l'Istituto spagnolo, 20 febbraio 1967. p. 3.

191 lvi , pp. 2-3.

191 lstoreto. Archivio Quazza, b. 136, f. 1060. Facoltà di magistero. Seduta del 20 febbraio 1967. Ore 19. Ordine del giorno del Prof. Benini.

193 Tst0reto. Archivio Quana, b 1 36, f. 1060. Quazza a Pieri, 15 marzo 1967: lvi, Pieri a Quazza. 20 marzo 1967. p . 1.

Parte seconda PIER! STORICO MILITARE

Capitolo 2 -Tra Salvemini e /)e/bn'ick: la Crisi militare del Rinascimento

1 ISRT, Fondo Salvemini. Corrispondenza con Salvem ini, b. 104. Picri a Salvemini, 21 novemb re 1954.

1 8NUTO. Intervista dell'autore a Giorgio Rochat. Torre Pcllice. 24 maggio 2016. min. 26:00-26:35.

' J.8. HAITENDORF. War history at Oxford, in J.B. H.~TTENDORF - M.H. MURFEIT, 77ie l,imitations of military power. Palgravc MacmiUan, London, 1990, p. 8: l.F. W. BECKETI, A guide to Brilish .... cit., pos. 270.

• Per una prospettiva sulla combinazione di storia e poliòca in Salvemini rimandiamo alla raccolta di saggi: Gaetano Sa/vernini tra storia e politica, Atti del co11veg110 di studi s11 •Gaeta110 Salvemini rra e politica e storia•, a cura di G. Cingari. Loterza, Roma -Ila ri , 1986.

5 Sul rapporto tra scienza e sco ria: P. V1LLAR1, La storia è una scienza? in IDEM. Scritti Vari. Zanichelli. Bologna. 1924, pp. 3-136: sulla figura di Villari rispetto alla cultura italiana del periodo: M. MoRf:TTl. Preliminari ad 11110 stlldio su Pasquale Vi/lari, in •Giornale critico della filosofia italiana• (1980). pp. 190-232; G. CACCIAroRF., Cultura. positivisticu e metodo storico i11 Tralia. in I otM, La lancia di Odino. Teorie e metodi della storia in Italia e Gem1ania tra '800 e '900. Guerini e Associati. Milano. 1994. pp. 87-155: sull'influenza su Salvemini. sempre M. MORET11, SalllPmi11i e \'il/ari, Frammenti, in A,vmFRI, Gaeta110 Salvemini , cit., pp. 19-68.

6 G. SALVEJ,UNI. La mia autobiografia po/irica. in IDEM, OperP, voi. TV. Tomo TT , Mr>vi111e11to socialista e questione mericlionale. a cura di G. Arfè. Feltrinclli, Milano, 1963.

7 M. MoRE111. Paoli Cesari', in Dizionario Biografico degli italiani. volume 81. 2014. http: //wv,w.ttcccani.it/enciclopcdia/cesare-paoli_{Dizionario-Biografico)/ . ultimo accesso 15 luglio 2016: E. ARTIFON I, Salvemi11i e il Medioevo. Storici italiani fra ofio e 11ovece11to, Liguori. Napoli. 1990. pp. 73-85. --

Note
-
217 -

8 G SALVEMINJ, Magnati e popolani in Firenze. Dal 1280 al 1295, Carnesecchi e Fig li , Firenze, 1899, pp. 1 -22 .

9 Ivi, pp. 22 -75.

10 B. CROCE, Storia della sto riografia , cit , voi. 2, pp. 239, 250-251.

11 F. BARBAGALLO . T,e origini della storia contemporanea in Italia tra metodo e politica, in •Snidi Storici», a. 29, n . 3, Lu glio -Settembre (1988), pp. 575 -578.

12 RERUM SCRIP1'0R fG. SALVEM.l.Nl], T pmtiti politici milanesi nel secolo XIX, Biblioteca dc!J'Educazione Politica. Milano, 1899.

13 ISRT, Corrisponde nza Salvemini, Scato la 86 , Pieri a Salvem in i, 6 maggio 1925, pp. 1-2.

1 • P . PIER! - C. P 1SCHEDDA, Prefazione, in G. SALYEMINI . Scritti sul Risorgimento, a cura di P. Pier i e C. P ischcdda. Feltrinelli, Milano, 1963, p. VlJI.

15 P. C..WINA - L. GR!l.LI, Gaetano Salvemini e Gioacchino Volpe, dalla storia medioevale alla storia contemvoranea, Edizion i della Normale, Pisa, 2008, pp. 118-127, 149-188.

16 A. CASALI, Storici italiani tra le due guerre, cit pp xiii -xiv; E. ARTIFONI, Crivellucci, Salvemini, Volpe e una rivista che non si fece, in • Annali della fo n dazione Ein audi•, Torino. 1979, pp. 273-295.

1 7 G. G/\.IJ\sso . Da Mazzini a Salvemini. TI pensiero democratico nell'Ttalia moderna, Le Monnier, Firenze, 1974, p. 267.

1 8 G. SALVEMINT, Il pensiero religioso, politico, soe,iale di Giuseppe 1\l!azzini, 'Ihmarchi, Messina, 1905; I DEM La rivoluzione francese, Pallestri ni, Milano, 1905.

19 G SALVEMIN I, La dignità cavalleresca nel comune di Firenze, Ricci, Firenze , 1896

20 E. ARTIFONI, Sa/vernini e il medio1mo ... , cit., p. 77.

21 Lo sappiamo perché nel d icembre 1945, Salvemi ni riferendosi a l testo g li suggeriva: •Se hai tempo da perdere, e ti riesce di d are u n'occhiata a quel libricciartolo, credo che ti d ivertirai a leggerlo•, BNUTO, Carte Pieri -Marti netto, Carteggio co n Sa1vcm ini. b.

4, Salvemini a Pieri 8 dicembre 1945.

22 BNUTO, Fondo Pi eri b usta 2, f. 12e, Minuta di lette ra per Salvemini, Tor in o 15.1 .1947, p. 2-3.

23 Le modifiche sono segnate con la grafia d i Pieri e con appunti datti loscritti all ' interno dell'edizione del Mazzini de l 1920, dove in particolare Pieri propone l'a ggiunta d i alcu ne parti e l' allargamento delle Appendici A, B, C. da BNUTO, Dono Pieri 3100 Gaetan o Salvcmini, Mazzini, La Voce. Firenze. 1920; queste modifiche poi sono presenti nell'ed izione successiva del volum e: cfr G. SAt.VEMINJ, Mazzini, La Voce, Firenze , 1925

u L. PUBBLICI - R. RJSALITI, Nicola Ottokar storico del medioevo: da Pietroburgo a Firenze, Leo Olschki, Firenze, 2008; il volume in cui Ottokar cr iticava Salvcmini era N. OrTOKAR, Il comune di Firenze alla fine del dugento, Vallecchi , Firenze, 1926.

25 P. PIERJ, Nicola Ottokar. Il comune di Firenze alla fine del dugento, in • Archivio storico ita liano», LXXXV (1927), disp . Ili. pp . 1 27-1 28

26 IS RT, Fondo Salvemini, Corrispondenza con Salvem in i, b 11 9, Pieri a Salvem in i 24 lu glio 1945, p. 4.

27 BNUTO, Carte P ieri-Martinctto. Cartegg io con Salvemini, b. 5, Sa lvemini a Picri, 3 aprile 1946.

2 8 D. CANTIMORJ, Note sugli studi storici in Italia dal 1926 al 1951, in IDEM, Storici e storia . Eina ud i , Tori no, 1971. p. 269. Storiografia nei confronti della quale Salvem ini manten ne semp re u n app roccio polemico: F. TE~S!TO RE . Note sulla storiografia di Gaetano Salvemini. in •Stud i Storic i•, anno 26, n 4, ottobre-d icembre (1985), pp 813 -825

Piero Pieri
218

29 fSRT. Fondo Salvemini. Cor rispond enza Salvcmini, b 86. Pieri a Salvemini, 27 novembre 1919 pp. 2-4.

30 P. PlERI. La restaurazione i11 Tosca1111 (1814-1821). in Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa, voi. XXVIII, Mariotti, Pisa. 1922, pp. 40-73.

3 1 l vi, pp. 156-251.

" lvi , pp. 252-253 .

13 lvi, p. 255.

34 R. Ct.\SCA, L"arte dei medici e Speziali nella storia e 11el commercio fiore11ti110 del secolo Xff al XV, Leo Olschki, Firenze, 1927.

35 P. P1Eru. hitomo all'arte della seta in Firenze. Cooperativa tipografica Azzoguidi. Bologna. 1927. p. 18.

J<> ISRT, Fondo Sakemini. Corrispondenza con Salvemini, b. 119. Pieri a Salvemini, 24 lu gl io 1945, p. 4.

:i 7 P. PIER!. La crisi militare del Ri11asci111,mto cit.. cd. 1934. pp. 133-134.

is P. PtERJ. Ancora di Crotone nel 1799. in •Rivista storica di culrura Calabrese,,. \·ol. IV (192+); IDEM. Taranto e .llonsig110r Capace/atro. in • Archivio storico italiano•, voi. LXXXll (1924), pp 198-228; si veda anche P. Sm.1.A - G. CAPACELATRO, in Dizionario biografico degli italiani, Volume 18, 1975, consultab il e a: http://www.treccani.it/cnciclopedia/g iuscppe-capecelatro (Oizionario-13iografico). link consultaco il 17 luglio 2016.

"' L. BLA.s;CH. LA Storia del Regno di Napoli dal 1801 al 1806. in •Archivio storico per le provincie napoletane>, nuova serie, Vll, 1921. pp. 5-254

4-0 N. CORTESE, /,uigi Bla11ch ed il partito liberale moderato 11aµoleta110. in •A rc hivio storico per le province napoletane». nuova serie. VIII (1 922). pp. 255-312

11 P. P!Eru. recensione a Blanch, Il Reg110 di Napoli dal 1801 al 1806, in •Archivio st0rico italiano•, SerieVTT. voi. Il. ottobre (1925). p. 286 .

42 l v i, pp . 291-292.

• 3 P. P1ER1. La distruzione della flotta napoletana (8 ge11naio 1799). in Studi di storia 11apoletana i11 011ore di Michela11gelo Sd,ipa. I tea . apoli. 1926. pp. 603-618; I DE.\I . U1111 pretesa cospirazio11e a Napoli nel settembre 1799, in • Rassegna storica del Risorgimento•. Serie VII. voi. Vlll (1927), pp. 488-506.

44 Gramsci annotò che il testo •S tudi a il difficile regime delle classi nel Mezzogiorno e il nascere del pensiero liberale che sostituiva il vecchio g iacobinismo del 1799. Oo,·eva essere molto intert-ssante-. cfr. A. GR,\\ISCI. Quaderni dal Carcere. Einaudi, Torino. 2014. Q. 3. noca 134.

•s JSRT. Fond o Salvemini. Corrispondenza con Salvemin i, b. 119, Fi er i a Salvcmini, 24 luglio 1945. p. 4: una copia autografata del saggio. datata 27 maggio 1926. con dedica a Volpe è cusJOdita nello Bibliotc..'Ca di Sant'Arcangelo di Romagna. Fondo Volpe. OPU 14-0, Pieri Ois.

"" P. PrER1, Il Rl'g110 di Na71oli e/al luglio 1799 al marzo 1806, in ~Archiv io sto rico per le province Napoletane,,, voi. LI. 1926. pp. 5-119: Picri poi unì le due parti in un volume e ne fece stampare cento copie dall'editore Ricciardi di Napoli: ISRT, Fondo Salvemini. Corrispondenza <.'On Salvemini. b. 119. Picri a Salvemini, 4 novembre 1945, p. 8. " l vi, pp. 162-163.

43 P. P1Eru . Il Regno di Napoli dal luglio 1799 al mar?.o I 806. in •Archivio sto rico per le province Napoletane,,. voi. LII. pp. 226-227.

• 9 Ivi. pp. 228-234.

l-0 Si vedano per esempio: P. P!Eru. ù1 questione di Malta e il governo 11npoleta110, 1798-1803. in •Arch ivio storico italiano~, se rie VJI . vo i. VIT (1927), pp. 3-62; id , Il cardi-

Noce
219

Piero Pieri

nale Ruffo e Nelson a Napoli nel giugno 1799, in ~Nuova Rivista Storica». Voi, XIIl (1929). pp. 488-491; P. PIERI, Il clero meridionale nella rfooluzione d el 1799. in •Rassegna storica del Risorgimento~, XVII (1930) , pp 180-18 6.

51 ISRT. Fondo Sa lvemini, Corrispondenza con Salvemini, b. 122, Pieri a Salvemini, 8 settemb re 1946, p. 3.

52 P. P 1ER1, La storia di Messina nello sviluppo della sua età comunale. D'Anna , Messina, 1939; recensione di G. CARANo DoNVJTO, La storia di Messina nello sviluppo della sua etù comunale di Piero Pieri. in •Estratto dall'Archivio s t orico per la Calabri a e la Lucania•, anno X (1940), pp. 75-79.

63 P. P1ER1, La storia del Risorgimento, in •Leonardo•, 20 agosto 1927 , p. 200.

54 P.G. ZUNr.'/O, L'ideologia del fascismo: miti. credem,;e e valori nella stabilizza:cione del regime, Il Mulino, Bologna, 1985, pp. 88 -99.

55 M. BAJONT, Risorgimento in camicfa nera, cit pp. 139-191.

56 M. ANGEI.INT, Transmitting Knowledge. cit., pp. 51-53.

57 C. PAVONE , Dal Risorgimento alla Resistenza, Edizioni dell'Asino, Assago, 2010, pp. 8-19.

58 Per u n profilo degli studiosi appartenenti a questa scuola e d i come ess i occuparono posiz io ni sempre più importanti in questi anni si veda il pur simpatetico M. U. M1ozz1, La scuola storica romana, 1926-1936, voi. I, Profili di fitorici, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 1982.

59 IISS, Archivio Omodeo, Corrispondenza n. 4078, Pieri a Omodeo. 9 febbraio 1936; Luzio era uno stud i oso del Risorgimento, famoso per gli studi estre m amente agiografici su Carlo Alberto e per le sue ricerche s ulla massoneria . (A. Luz10, Carlo Alberto e Giuseppe Mazzini, Bocca, Tori no, 1923; lnEM. /,a massoneria e -il Risorgimento italiano. Zanichelli , Bologna, 1925). Negl i a nni Tre n ta, divenne uno degli esponenti ch iave de ll ' establishment accademico italiano, membro dell'Accademia dei L ince i e vicepres idente di quella d'Italia dal 1932 al 1939. Proprio per l a s u a configurazione di storico sem iuffici ale de l R isorgimento, Luzio si attirò l e nitichc di Omodeo, il quale l o accu sò di produrre gi ud izi storici caratterizzati da una •specia le te n denzi osità•. mentre evidenziava il progressivo scadere degli studi riguardanti Car lo Alberto. la cui figu ra n el ventenni o assunse un a dimens i one esclusivamente agiografica., Si veda la polemica di A. 0MODE0, fo leggenda di Carlo Alberto nella Recente storiografia, Eina ud i, Tori n o, 1940, pp . 9-76, èit. p. 10.

60 ISRT, Fondo Salvemini, Corrispo nd enza con Sa lvemin i, Pieri a Salvemi n i, b. 122. 17 febbraio 1946 , p 1

61 Pier i a Carano Don Vito, 23 d icembre 1941, in S. D'ONGHJA. Lo storico e l 'economista, cit., p. 322.

62 F GJLBERT, From Clausewil.z to Delbriick and Rintze Achievements ltnd failures of military history, in «Joumal of Strategie Studies~, voi. 3, n. 3 (1980) , pp. 13-14; A . G,\T, A history of military thought. From Enlight,nent to the Cold War . Oxford Univers ity Press, Oxfo rd , 2006 , p. 374.

63 Cari von Clausewitz (1780-1831) è n oto soprntturto per il suo trattato Vom Kriege (D e lla guerra) che ha costituito la massima espressione del pensiero occi dental e sulla natura della guerra. Nato da una famigl ia della piccola nobiltà prussiana, dopo essersi unito ali' esercito nel 1792, combatté nelle guerre napoleon i che, assistctt c alla sconfitta del suo Paese a causa di Napoleone (1806). Fu poi a l servizio dello 1.ar nella legione m s so-tcdesca durante l a campagna di Russia (1812) e infine, d i nuovo nell'esercito p ru ssian o durante la l,'1l erra di liberazione nazionale (1813 -1815) contro i francesi. Durante la Restaurazio-

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ne, C lausewitz fu direttore della scuola di guerra prussiana e morì nel novembre 1831 di colera, mentre prestava servizio su l confine con l'impero zarista, dove stava svolgendo i l compito di comandante de facto dell'eserciro mobilitato in segu i to all'insurrezione polacca del 1830-1831. La molteplicità di esperi enze militari lo portò a salire l ungo i gradi della gerarchia, dimostrandosi un brillante organizzatore e conoscitore della macchina militare. Al tempo stesso, Clausewitz possedeva un eccezionale senso della storia, che nel corso della sua vita lo portò ad analizzare almeno 130 battaglie, arricchendo la formulazione teorica ch e sarebbe co nfluita nel Vom Kriege , pubblicato postumo tra il 1832 e il 1834. Per u na biografia che spiega l'evoluzione in tellettuale d i Clausev.ritz attraverso la sua carriera militare si veda: D. STOKER. Clausewitz. His life and work, Oxford University Press. Oxford, 2014; per il lettore italiano: G.E R usooN1, Clausewitz, il prussiano, Einaudi. Torino, 1999, pp. 1-272.

64 A. GAT, The origins of niilitary thought. Prom Bnlig htment lo Clausewitz, Claredon Press. Oxford, 1991 , p. 167 .

65 Per un inq u adran1ento intellettuale d i questa connessione e anche per la messa in discussione degli approcci interpretativi tradizionali su Clausewitz, H. STRACHAN, Clausewitz's On war: a biography, Grove Press. New York, 2007; in italiano: P. PJ\RET, Clausewitz, in P PAR ET - N LABANCA, G11erra e strategia nell"età contemporanea, Marietti 1820, Mil ano, 1992, pp. 111-1 26; G.E. R usc01''1, Clausewitz... , cit .. pp . 282-306.

66 Sono soprattutto il primo e !"ultimo capitolo del Della Guerra affrontano questi aspetti, discutendo la natura della guerra e le prospettive future, cfr. C VON CLAUSEWITZ, Della C,uerra Mondadori, Milano, 2004 (8' ed ), pp 19-94, 771 -8 62.

67 H . STRACHAN - A. H ERBERG-ROTHE, lntroduction, in I DEM . Clauseu,itz in the 1\venty-First Cerllury, Oxford University Press, Oxford , 2007. p. 1; M . HowARO, 11te influence of Cla:usewitz. in C voN CLAusEwrrz. On War, Princeton University Press, Princeton, 1976, pp . 27-44.

68 H. STRACHAN, On war. cit., p. 22 .

69 J.L. WALLACE, Misperceptions of Clausewit z 's On War by the German military, in M. I. HANDEL, Clausewitz and the Modern Strategy, Routledge, London, 2002, pp. 150170, una riva lutazione, che discute questa pro spettiva soprattutto per quanto riguarda l'apprezzamento de ll" avanzamento tecno logico, in A.J. ECHEVARRJA, After Clausewitz German military thinkers before the First World War , Un i vers i ty of Kansas Press, Lawrencc. 2002.

10 J. KEEGAN, n 110/to della battaglia. Azincourt, Waterloo e la Somme. Il Saggiatore, Milano, (2 • ed.), 2010 . p. 53.

71 A. Buc.'HOLZ , J-Jans Delbriick and 'The German Military Establishme111. University Press of Iowa, Iowa City. 1985, pp. 21-22.

72 H D ELORO CK, Geschichte der Kriegskwist im Rahmen der politischen Geschichte, voi. I. Das Altertum, Georg Stilke, Berlin, 1920, p. IX.

73 BucHOLZ, Hans Delbriick , cit., p. 33.

74 H. D ELBROCK, Die Perserkriege und die Rurgunderkriege, Walter e Upoland. Berlino. 1887: l DE.M, Die Strategie des Perikles erliiutert durch die Strategie Friedrichs des Crrossen, George Reimer, Berlin, 1890 .

75 Una sinwsi di questi problemi metodologici si trova in un resoconto che raccog lie due lezioni tenute da Delbriick all'Università di Londra i l 6 e 7 ottobre 1913, H. D ELBROC'.K . Numbers in History, Universi t)• of London Press, London , 1913 .

76 B. H EUSER, Reading Clausewitz. Pimilco. London , 2002. pp 108-110; Per una discussione su questi due poli all'interno dell'establishment militare tedesco si veda: R.T.

Note
221 - -

FOLEY, Grmnan Strategy a11d the Path to Verdun. Erich von Falkenheyn an the Development of Attrition, Cambridge U n iversity Press, Cambridge, 2005, soprattutto le pp 14-81.

77 A. BuCHoIZ. Hans Delbruck .... cit., pp. 29-44; G.E. R uscoNI, Clausewitz ... , cit., pp. 322-323.

78 H. DELBRùC.K , Geschichte der Kriegskunst im Rahmen der politischen Geschichte. Georg Stilke, Berlino 1900-1920: vol. 1 Das Alterum (1900) , voi. 2 Die Germanen (1902). vo i. 3 Das Mittela/.ter (1907), voi. 4 Neuzeit (1920).

79 Si accen n ava qui al co nc etto d i annientamento e attrito di c ui dicevamo prima, G .A. CRAIG, Delbruck . The Military Historian, in Makers of Modem Strategy. From Machiavelli to Nuc/ear Age, ed ited by P. Paret , Princeton Un iversity Press, Princcton, 1986, p. 339, questo saggio non è presente nell'ediz ione italiana che abb iamo citato in precedenza.

80 Ivi, p. 340, Paret qui si riferisce al volume 3, Das Mittelalter. p. 614, dove Delbriick afferma che la capacità degli svizzeri di respingere l'invasione di Carlo il 'Iemerario (14741477), duca di Burgundia, va rin tracciata nella genu in a democraticità della confederazion e, paragonabil e nel su o funzionamento politico all'Atene di Clistene. En tramb i, i casi s torici infatti rimandano ad eserciti di fanteria pesante composta da cittadini-s oldati che sconfissero un'invasione da parte di eserciti di cavalleria e arcieri coscri tti, rec lu tati da mo narchie.

81 Su Jomini si veda, J. SHY, /omini , in P. PAR ET - N. L>\BANC\, Guerra e strategia.... cit., pp 61 -100

s<z J. GoOCH. Clausewitz Disregarded ltalian military thought and doctrine, 18151943, in •Jo urnal of Strategie studies•, 9:2-3 (1986), pp. 304-306. 318-319; V. ILARJ - L. Bo zzo - G. GIACOMJELLO, Clausewit:c in Italia, edizione aggiornata del saggio in pubblicato in R. PoMMERIN, Clausewitr. goes global: Carl von Clausew itz in the 21st ce11tury, MilesVerlag , Berlin, 2011. pp. 1 73 e ss; il testo d i Canevari era E. C\NEvARJ, Clausewitz e la guerra moderna, Campitelli, Roma. 1930.

83 O. BLAIT<) Della guerra, Pagine scelte, Schippo. Torino, 1930.

s+ B. CROCE, Azione successo e Giudizio, note al margine al «Vom Kriege del Clausewitz», in ~Atti della Reale accademia di scienze morali e politiche•, vo i. L, Tipografia Sangiovanni, Napoli. 1933, p. 153

s., Fondazio ne Croce. Arch ivio e Biblioteca di Benedetto Croce, Corris p ondenza per anno. 1933. n. 938, Pieri a Croce, 23 dicembre 1933 (864 CR) .

86 Fondaz io ne Croce, Arch ivio e Biblioteca di Benedetto Croce. Corrispondenza per a nno, 1934, n. 705, Pieri a Croce, Napol i, 21 gennaio 1934, p. 1.

87 Tra questi figurano: H. CAl\tOX. Clausewitz, Chapelot, Paris, 1911, corr is ponde al Dono Pieri 677; B.E. PALAT, La philosophie de la guerre d'a7Jrès Clausewitz, Lavauzelle. Paris , 1922, corrisponde al Dono Pieri 1900; C. vON CLAUSE\\.TTZ, La campagne de 1796 en Italie, Baudoin , Paris, 1899, corrisponde al Dono Pieri 768, il quale contiene delle annotazioni di Pieri; lnEM, La Campagne de 1813 et la campagne de 1814, Chapelot, Paris, 1900, corrisponde al Dono Pieri 767; IDEM , La campagne de 187 2 en Russie, C hapelot, Paris, 1 900, corrisponde a Dono Pieri 766.

88 Si veda, P. PJER r, La crisi m'ilitare del Rinascimento , cit .. cd. 1934, pp . 243. 385; IDEM, La prima guerra mondiale cit., pp. VIII, 40. 83. 87, 352; IDEM, Storia militare del Risorgimento ... , cit., pp. XVI, 35, 134-135, 158, 161-163 , 165,205.425, 570, 582, 583. 585, 788.

89 BNUTO, Archivio Pieri-Martinetto, Testo della conferenza tenuta a Parigi all'Ecole des hautes etude sociales, 17 maggio 1962, p. 2, poi pubblicato con modifiche in P. PIERJ, Sur le dimension , cit., pp. 625-638

Piero Pieri
- -
222

90 Ivi, p. 3.

91 P. P1ER1. li legame fra guerra e politica dal Clausetoitz a noi. in «Relazioni del X congresso internazionale di scienze storiche-, Roma 4-11 senembre 1955. p. 291.

n BNUTO, Arch ivio Fieri -Martinetto , Testo della conferenza tenuta a Parig i all'Eco le dt'S hautes etude sociales. 17 maggio 1962. p .5.

91 G. ROCHAT Omaggio a.... cit.. p. 122.

94 P. P1ER1. Ha11s De/bnick. in Scritti vari. cit p. 293.

9 5 Si veda ad esemp io, G. DE SANCTIS, Storia dei Romatzi, voi li, La conq11ista del primato i11 Italia. Bo cca. Torin o, 1907, pp. 194. n. 1. 2. 197. n . 5. 201 n. 3, 204 n. 1. 2. 205. n. 1, esprimendo tra l'altro ripetutamente apprezzamenti per l'opera dello studioso tedesco. Su Giannelli. G.M. D ELLA Fn-:A. Giulio Gim111elli. in Dfaio11ario Biografi<:{) degli italiani. voi. 54 . 2000. h ttp: / / www.treccani .i t/enciclopedia/giulio-giann elli (D izi onarioBiograli co)/, lin k consultato il 20 luglio 2007. Va detto che Giann elli fu tra g li storici penalizzati dal fascismo perché rifiutò un'esaltazione acritica della romanità. ad esempio. pur essendo uno dei maggiori esperti di storia romana del periodo. non fu chiamato a collaborare alla «Mostra augustea della romanità• allestita a Roma.

96 P. PrnR1, Tntomo all'arte della guerra di Nicco lò Machiavelli, Azzoguidi, Bologn a, 1927. pp. 3-4.

97 W. ERBE.'1. Kriegsgeschicltte des Mittelalters. Oldenbour. Miinchen -Bcrlin, 1929.

99 P. P1ERJ Recensione a Willtelm Erbe11. in •Rivista storica italiana•, Serie VII , XLVll (1930). p. 166. riguardo Oman, Pieri qui s i riferische a C .W. OMA.'-1, A hi.sto1·y of tlt e art of war. The Middle Ages /rom tlte r'ourth to th e Fourteetllh Ce11t11ry, Mcthucn & Co. London. ed. or. 1898. edizione utilizzata qui 1905. con un capitolo aggiunto.

"" ISRT. Fondo Salvcmini. Corrispondenza con Salvemini. b. 10+, Pieri a Salvemini. 29 novembre 1955.

100 BNUTO. Carte Pieri -Ma rtinetto. Corteggio con Ilenci venga. Benci venga a Pieri. 8 o tt obre 1933. p. 6.

101 Lo si deduce dal timbro della censura delle Carceri Nuove di Torino. datato 20 marzo 1945, dove la R SI rinchiudeva i detenuti p olitici t0 rine,-si nel period o dell'occupa · zio n e tedesca . si veda la copia di H. D ELllROC.K, Geschicltte der Kriegsk,mst cit., conser· vata in BNUTO, Dono Pieri 884/ 4. ' "' E. GABBA. Fraccaro Pli11io. in Dizio11ario biografico degli italiani. volume +9. 1997: http: / / www trcccani.it/encicloped ia/plinio-fraccaro %28 Oizionario-Biografico%29/ ulti· mo accesso 20 luglio 2016.

103 Picri a Fraccaro, 23 febbraio 1938 . P. ToRCHJANt, Storici militari 11egli armi del Regime, cit p. 246: Picri qui si riferiva al passaggio dell'i\b urbe co11dita di Tito Livo. nel quale l'autore romano parlava della tattica di banaglia romana nell'epoca delle guerre san ni tiche, sostenendo che il combattimento era iniziato dagli llastati che po i ord inata· mente retroced evano, per essere sos titui ti da principes che effettuavano la seco nda fase dello scontro e per poi riunirsi co n Hastati e Triari. in un'u nica massa che passava ordinatamente all'attacco. (T. Livo. Storia di Roma, a cura di L. Pcrrelli. Utet, Torino, 1976, libro VUl/8. pp. 310-314): quest0 passo di Livio all'epoca era stato utilizzato p er sostenere che la legione manipolare roman a già all'epoca della p rima gue rra san nitica (343-341 a.C.)

aveva ragg iunto la flessibilità che avrebbe avuto nell e guer re dell'espansione mediterranea della Repubblica. In realtà. Delbriick. basandosi su un passo del De re militari di Catone. sostenne che Li,·io si sbagliava avendo scambiato quella che era una esercitazione utilizzata per addestrare le truppe. in una vera e propria tattica di combattimento. Inoltre, era improb abi le che il difficile terreno dell 'Appenn ino. dove i romani affrontavano i sanniti.

Noce
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consentisse un movimento così lento e complesso mentre il nemico stava a guardare. Da questo, Del briick deduceva che la piena affermazione di questo tipo di ordinamento fu molto più lenta e tardiva di quanto g li studi esistenti affermassero. Siamo di fronte all'accettazione di quella critica delle fonti, specie per quanto riguardava l'età classica , che fu uno dei principali punti dell'innovazione metodologica del Delbriick, cfr H D EL1l R0CK, Geschidite der Kriegskunst..., cit., voi. I, pp. 279 -290.

1°' P. Prnru. La guerra attraverso i secoli, in •Nuova Rivista Stor ica», Luglio-Ottobre (1930), pp. 475485, cit. p. 476; ma si veda anche la recensione al lavoro di E. BASTICO, L'evoluzione dell'arte della guerra, 3 voli., Casa editrice militare italiana, Firenze, 1930, in P. PIEIU, Rassegna di storia militare. La guerra nel passato, nel presente e nell'avvenire, in •Nuova Rivista Storica», Settembre-dicembre (1931), pp. 532-533, apprezzato perché seguendo l' indirizzo d el Blanch e d e l Mors elli l'autore •cons idera gli istituti militari e le forme di guerra come risu ltante delle condiz ion i, economiche, po litiche, sociali, intellettuali, in una parola, della civiltà di una data nazione o di un dato periodo», ci t. p. 532 .

10 • P. PtERI, La crisi militare del Rinascimento , cit.. ed 1934, p. 243.

106 BNUTO, Archivio Pieri-Martinetto, Testo della conferenza tenuta a Parigi all'École des hautes etudes sociales, 17 magg io 1962. p. 5.

101 ANP, Carteggio Cantimori-Pieri, Pieri a Cantirnori. Torino, 5 ottobre 1955.

108 P Pr ERJ, L'l!1Joluzione delle milizie comunali italiane, in •Rivista Storica Italiana», IV, fase. IV, ottobre-dicembre 1933. pp. 563-614, ora in f oEM, Scritti vari, cit., p. 43, 89 .

109 lvi, p. 89.

110 TTSS, Archivio Omodeo, Corrispondenza, n. 4081, Pieri a Omodeo, 24 maggio 1935.

11 1 G. R ocHAT, Omaggio a Piero Pie-ri, cit., p. 123 .

112 M. HoOOHM, Machiavellis Renaissance der Kriegskunst, 2 voll. Curtius, Berlin, 1913; il lavoro di Hobohm aveva poi susci tato l'aperta approvazione di Dclbriick soprattuttO per le critiche di Machiavelli alla condotta della guerra da parte dei condottieri italiani, cfr. Geschichte der Kriegskunst , cit . , voi. IV, Neuzeit, cit., pp. 118-134 .

113 P. PJERI, Intorno all'arte della guerra del 1\tlachiavelli, cit., p. 28.

'" Si vedano anche le osservazion i di M. MALLETI, Signori e mercenari: la guerra nell'Italia del Rinascimento, I l Mulino, Bologna. 1983. pp. 279-280 e F. CARDINI, Quell'antica festa crudele Guerra e cultura della giwrra dal medioevo alla rivoluZ'ione francese, Il Mulino. Bologna, 2013, pp. 85 -86.

m P. PrERr, L'arte militare italiana nella metà del secolo XV negli scritti di Diomede Carafa conte di Maddaloni, in Ricordi e studi in memoria di Francesco Flamini, Perre lla. Napoli, 1931, pp. 89-107, cit. p. 107 .

116 P. Pnm1. Il •Govern o et exercito de la militia» di Orso degli Orsini e i 'memoriali' di Diomede Carafa. in .Archivio storico per le province napoletane», XIX (1933) , pp. 99-212.

117 P Pmu. La crisi militare del Rina.çcime-mo. cit p. 247.

118 Biblioteca comunale •A. Baldini» Sant'Arcangelo d i Romagna, Fondo Gioacchino Volpe, Carteggi, f.383, 24/1/2/a Pieri a Volp e, Napoli. 3 febbraio 1935. p. 4.

119 G.M. BAR8 l1I'O, Machiavelli e i totalitarismi, Guida, Napoli, 1981, p 33

120 P. PrERr, Tntrod11.zion e . in N. MAauAVELLI, Dell'arte della guerra, Edizioni Roma, Roma , 1937. p. LXVII.

121 V. h .1\RI - A SEMA, Marte in Orbace. La concezione fascista della guerra. N uove ricerche, Ancona, 1984, p . 94.

122 E. GENTILE, La Grande Italia. n mito della nazione nel XX secolo, Laterza, RomaBari, 1997, pp. 193-207; A. GrARrnNA -A. VAUCHEZ, Tl mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini, Laterza. Roma-Bari. 2000. pp . 211 -287.

Piero Pieri
- -
- -
224

1

• 1 BNUTO. Carte Picri-Manincno. Carteggio con Bcnci\'enga, Bencivenga a Picri. Roma 12 giugno 1936.

m ISRT, Fondo Salvemini, Corrispondenza con Sa lvemini, b. 119 , Pieri a Sa!vcmini. 24 lug lio 1945, p. 5.

m A. BuCHOLZ . Ha11s Delbriick.. cit p. 13.

.,. AST, Fondo Einaudi. Corrispondema con autori e collaboratori italiani. b. 158, f. 2405. Lettera di Pier i datata 6 l uglio 1941 all'Ed i tore Einaudi, p. 1

m lvi. Einaudi a Picri. 11 agosto 1945.

,te P. PlElu. I.a Jonnazi<me dottri11ale di Raimorufo Mo11tecuccoli. in • Revu e lntemationale d'Histoire militarie-, Tome m (1951), Roma Tipografia Rct,,rionale, 1952. pp. 1-25, cit. p. 25.

1"'1 ISRT, Fondo Salvem i ni, Corrispondenza con Sa lvcmini. b. 104, Pieri a Salvcmini. 9 marzo 1955.

110 P. PrER1. Guerra e ,,otitica 11egli seri/lori italia11i. Ricciardi, Milano. 1955. pp. 165299.

131 H STRAC: HAN, Cla11sewit?. a11d the Dialectics of war, in H. STRACIIA.'1 - A. HER· BERG-ROTHE, Cla11sewitz i11 the 1loe111y-First u11111ry cit pp. 25-26: A.J. EO!EVARRIA. C/auseroitz a11d Co11tem11oran1 War. Oxford Universi!}' Press. Oxford, 2007. p. 88.

13 • lSRT. Fondo Sa lvemi n i, Corrispondenza con Salvemini, b. 104 Pieri a SaJvemini. 21 novembre 1954. p. 2.

111 P. PIERJ. Guerra e politica. cit., p. 322.

m P. PIER!, I.a storia del militarismo tedesro, in •Nuova Rivista Storica•, Gennaio-april e (1957), pp. 130-157. ma soprauutto le pp. 136-137: va sotto lineato come Pieri ne lla recensi o ne si rifacesse all'edizione tedesca del resto. G. RtTIER . Staatsku11st 1111d Kriegslumdwerck. Das Problem des •militarismus• i11 Dt>utschlarul, Oldenbourg. Miinchen, 3 voi! 1954-1957, di cui al momento in cui era uscito il primo to m o del secondo volume, dedicato al piano Sch l ieffen. mentre il saggio sarebbe stato tradotto in italiano nel 1967. col titolo / militari e la politica nella Germa11ia moderna. Da f.èderico il Grande alla prima guerra mondiale, Einaudi. Torino. 1967

m ). Gooc11, Cla.11scwitz disregarded... , cit., pp. 320-321.

136 Scriveva Pieri a Silva di aver ricevuto copia del suo libro sul Mediterrant'O che •mi è pre1ioso anche per un lavoro che sto iniziando ora sulla crisi italiana nel Rinascimento•. in Archivio storico della ormale, Carteggio Pieri-Silva, Pieri a Silva, 18 novembre 1927 .

'"7 P. Pmn,, La scienza militare italiana del Ri11ascime11to, in ~Bulletin of t·he international commitee of Historical SciencCSJ>, n. 20. Luglio (1933), Seventh intemational congress of historical scicnces. Warsaw. 1933, Sciemilic Repons , Presses uni,·ersitaire de France. Paris, 1933, pp. 685-700.

133 P. Prnru, I.a crisi militare cit., ed. 1934, p . Vl.

••• Tbidem. I testi a c.ui Pieri si riferisce. M. JA11:-.s. Handbuch ei11er Geschid,te tles Kriegswesens vo,r der U?.eit bis zur Re11aissa11ce, Grunow. Leipzig. 1880 e il già citato G. KOHl .F.R, Die E11twickltmg des Kriegsmesens 111u/ der Kriegfiihrung i11 rier llitterzeit vo11 Mitte des 11 Jahrh1mderts bus w de11 i lussitenjriegen, Kocbner, Brcslau, 1889.

1'° F.L. T AYLOR . 77,e Art of War i11 ltaly. 149+-1529. Cambridge Universily Press. Cambridge. 1921.

141 P P 1ER1, La crisi militare cit cd. 1934. p. IX.

" 2 C.W. OMAN. A history of the art of war in the Sixteenth Ce11111ry, Mehthuen & Co. London. 1937.

141 C.W. OMAN, A liistory of the art of war in the Mìdtlle Ages cit pp. 557-588.

144 lvi, p. 592.

Note
225

145 Ivi, p. 593 .

t<IQ Ivi, pp. 594-595 .

1 • 1 H. D ELBROCK, Der Perserkriege und die Burgunderkriege... , cit., pp . 169-180, argomentazioni espanse poi in IDEM, Geschichte des Kriegskunst . . . , cit., III, pp. 568-660.

148 DEtURùCK. Geschichte des Kriegskunst , cit., IV, pp. 8-16.

149 0MAX, The art of war in the Sixteenth . . . , ci t., pp. 74-75 .

1 • 0 A cui Delbriick dedica due capitoli specifici del q u arto vo lu me de l suo lavoro, Gescliichte des Kriegskunst . , cit., IV, pp 26 -59.

151 (vi , pp. 67-68.

152 Ivi , pp. 18-1 9, 24.

1 • 3 Ivi, pp 71 -72.

154 lvi. pp. 73-75.

155 OMAN, '11ie art of war in the Sixtee111h .. . , cit . , pp. 63-64.

156 DEt.0ROCK , Geschichte des Kriegskunst . . , c it., IV, p. 101.

15 7 P. P mu, La crisi militare , cit., pp. 196-197. Va detto che qui le osservazi on i di Pieri si estendono anche al pe ri odo successivo alle guerre d ' Italia , ma anche in q ues to si rifà a Delbriick, il quale pure tratta del.la transizione della cavaller ia da quella medievale a moderna in Ge.~cliichte des Kriegskzmst , cit., TV, pp 137-169. al te m po stesso rid i mens i ona le p r etese di Oman che gli a r cieri ing lesi costituiscano le basi per l'inizio di q u esta trasformazione. P. P1ER1, La crisi militare cit., pp. 185-187.

158 P. PIERI, La crisi militare , cit., p IX.

159 IvL pp. 1-18.

160 Ivi, pp. 18-20 .

16 1 Ivi, p. 2 1.

162 lv i, pp. 43-44.

163 lvi , pp. 48-63.

164 Iv i, p. 119.

165 Ivi , pp. 145-146.

166 Si vedano le lun g h e n ote a margine a pp. 154, 196 che rimandano nuovamente agl i studi di Jahns, Kohler, Oman, Delbriick e a quelli di E. DANIELS, Geschichte des Kriegswesens, voi. 11, Neuzeit, Leipzig, 1913 e P ScHMITTHENNER, Krieg und Kriegfiihmng im Wandel der WeUgeschichte, Akademische Verlagsgesellschaft Athen a ion Wi l dpa rk. Potsdarn, 1930, q u esti u ltimi d u e fondamentali soprattutto per la ricostruzione tat tica delle battaglie. Si vedano l e osservazioni di K D EVRIEs, Infantry ·waryare in the Early Fonrteenth Cent1.1ry . Discipline, "Tact-ics and Technology, Boydell Press, Woodbridge, 1996, p. 1 .

161 Ivi, p. 216.

168 lvi. pp. 221. 226-227

169 ibidem.

170 H. DELBRùCK , Geschichte des Kriegskunst... , cit . , IV, p. 25.

171 P. P1ER1, La crisi militare , pp. 240-243, cit p. 243.

17 2

Queste tesi s i posso n o trovare in C .W. OMAN, The art of war in Sfa;teerzth . . . , c it., p. 92, ma qu es te osservazioni eran o riprese dall'ed iz i o n e del volume s u lla guer ra ne l Med i oevo del 1928. mentre per gli italiani atte rriti da l ~furortl" francese, cfr M. H oBOHM, Machiavellis Rena·issa11ce der Kriegskunst, co n trapposte a q u este tesi in vece erano a ltre opere, vicine alla scuo la storiografica di Dclbriick e a c u i P ieri si rifaceva : F. KNORREK, Das Gefecht bei Arbedo am 29 VI. 1422. Ei11e Studie zur /(riegsgeschichte des Mittelalters. Nauck, Berlin. 1910 e W BLOCK, Die Condottieri S11tdien iiber die sogenannten unblutigen Schlachten . Ebering, Berl in , 1913, n elle quali si affermava che l e battaglie tra i condottieri

Piero Pieri
226

erano feroci come quelle del resto d'Europa e che l'unica differenza di rilievo era che gli italiani non uccidevano i prigionieri , contrariamente agli svizzeri , questi giudizi erano poi ripres i anche da Delbriick. cfr. Geschichte des Kriegskunst.. . , cit.. IV, p. 24.

173 P. P IF.R I, l ,a crisi militare , cit. , pp 243-244. nota 2 .

11 • Ivi, p. 245.

175 Ivi, p. 248 .

110 Sia Delbriick che Oman ded icano ampie parti dei loro lavori all'anali s i tattica d egl i scontri, i l primo si sofferma su Ceri gnola (1503) , Ravenna (1512), Novara (1513), La motta (1513), Mar ignano (1515) , Bicocca (1522) , Pavia (1525). H. D ELBROCJ< , Geschichte des Kriegskunst , cit., IV. pp. 82 -111; Oman anal izza Fornovo (1495) , il Garigliano (1503). Ravenna (1512) , Novara (1513) , Bicocca (1522). Pavia (1525), C.W. OMAN , 7'he art of war in Sixteenth Century ... , cit., pp. 105-186 .

177 P. P1ER1. La crisi militare , cit. , pp . 284-297 .

11 • Ivi, pp. 298 -299.

119 Ivi, pp. 386-416 .

1 00 Ivi, p . 312.

181 Ivi , pp 536-538.

182 H. DELBROCK. Geschichte des Kriegskunst ... , cit., IV, p. 82 .

1 8" M. H o BOHM, Machia!Jellis Renaissa11 ce de r Kriegskunst .. . , ci l., v oi. Il. p . 518. ripreso da Deibriick.

1 0+ Ivi , p . 363 .

186 lvi, p. 5 1 8 .

186 D EL NEGRO La storia militare de/l'Italia moderna , c it., p 18.

187 lvi , p. 19.

188 A. 0 M OD&O, Recensione a Piero P-ieri - !,a crisi militare nel Rinascimento nelle sue r e lazioni con la crisi ec onomica ed politica, in ~La Critica», n . 33 (1935). pp. 218-220, ma anche R. C!ASC:A, Recensione a La crisi mil'itare del rinascimento, in Nuova Rivista Storica», voi. XX (1936), n. 1, pp. 120-123 .

189 IISS, Archivio Omodeo. Corrispondenza , N . 4033. Pieri a Omodeo, Torino 21 d icembre 1945.

1"'1 P. P 1ER1, [,a battaglia d el Garigliano del 1503, Proia. Roma, 1938 .

19 1 P. P1ER1. Il Rinascimento e la crisi militare italiana, cit. , (ed . 1952). pp. 188-202 , per le parti sul Piemonte e il capito l o sulle classi s ociali e gli Stati e le pp. 536-594, per l e modifiche relative alla guerra ne l Mezzogiorno .

192 P. D EL NEG RO , La storia militare dell 'Italia moderna ... , cit., p . 18 . 19" ISRT, Fondo Salvem ini , Corrispondenza con Salvemini, b 122. Minuta d i Salvem in i a Picri. 16 ottobre 1946. p. 1.

194 fohn Ulri ch Ncf (1899-1988), importante st0r ico dell'economia di origine s tatunitense.

195 ISRT. Carte calamandrei. TV 26 46. 64. 2. Picri a Calaman drei 9 febbraio 1951

196 Tra le altre: f. D Etu MEAu , Revue de P. Pie ri. Il Rinascimento e la crisi militare italiana , i n • Revuc Hi s torique•. f. 2, tome 210 (1953), p. 368; H . BARON, Reviews of Book.ç, N. Valeri, Vitalia n ell 'età d e i principati Piero Pieri, n Rinascimento e la crisi militare italiana, in

•The Arnerican Histori cal Review•, vo i. 58, n. 4, Lu glio (1953), pp . 893-894;

C .F. DELEl,L, ltalian Historical Scholarship: A d e cade of RecoveriJ cmd Develo71ment, in •The fournal of Modem Historyi,, voi. 28, n. 4, dicembre ('1956), pp 383-384. Una racco l ta delle recens ion i ital iane è in ASTO. Fondo Einau d i , Recens ioni, b . 273, f. 3711, fra gli altri che reccns i ono Pieri positivamente: L. SALVATO!lllU.I, • La Stampa•, Tor ino 3 giugno

Note
-- 227 --

Piero Pieri

1952, E. RAG10NIER1, •Il nuovo corriere», Firenze 22 giugno 1952, D. CANTIMORI, «II Nuovo corriere» Firenze, 16 sette mbre 1955.

197 F. STORTI. Le istituzioni militari in Italia tra medioevo ed età moderna, in •Snidi Storici,., anno 38, n . 1, gennaio-marzo 1997, p. 258.

198 M. MALLtTr, Signori e mercenari, cit.. p . 181.

199 Ivi , p. 184.

200 1vi, p . 277.

201 Rimandiamo ad a lcun i esempi: P. Co:-;TAMJNE, La Guerra nel Medioevo, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 428; F. CAR01.'!1, Quell'antica festa crudele, cit., p. 466; W. BARBERI$, Le armi del Principe. T,a tradizione militare sabaudci, Einaud i, Torino, 1988, p. 127; D. ELLis, 'f'he military revolution in Sixteenth century Europe, l.B. Thuris, London, 1995, p. 2; M. PELLEGRINI, Le guerre d'Italia, 1494--1530, Il Mulino, Bologna, 2009. p. 201; ltaly (Hi storiography), in 'l'he Oxford Encyclopedia of Medieval Warfare and Technology, vo i. I, Oxford University Prcss, Oxford , 2010 , p. 431; P. GRILW, Cavalieri e popoli in armi: le istituzioni militari nell'Italia medievale, Latcrza, Roma-Bari, 2008, p. 2 .

202 M. RoBERTS, The militanJ revolution, 1560-1660, Boyd. Belfast, 1956; per il d ibattito a riguardo G . PARKER, The military revolution, 1550-1660, a myth?, in •The Journal of Military History,., XLVII (1976), pp. 195-314; C.J. ROBE RTS, The Military Revolution debate. Readings on the Transformation of Early modem Europe, Westwicw, Boulder, 1995 .

I tesi di riferimento sono G. P,IBKER, La rivoluzione militare, Il Mu lin o, Bologna, 1990; J. BLACK, A military revolution? Military Change and Europeun Sodety, 1550-1800 , MacMillan, Bas ingstoke , 1991.

2 0:i Tra gli altri, A. CoRVISIER, Un problème socia/ de l'Ancien Régime. La composition de l'armée, in ~Acnialitè de rHistoire», febbraio 1958, pp. 3-9, I DEM, L'arméefrançaise de la fin du XVlle sièc/e au ministère de Choiseul : le soldat, Puf, Paris, 1964.

20t Abbiamo già citato lo stud io d i Keegan, per Contamine e la guerra nel Medioevo, oltre al già citato vo lume sul Med ioevo si veda P CONTAMJNE, Guerre état et societé à la Fin du Moyen Age. Etu d es sur l'Armées des rois de France. La Haye , Paris, 1973.

205 J. R. HALE , Guerra e Società nella storia dell'Europa moderna (1450-1620), Laterza, Roma-Bari, 1987, ed. or. War and Society in Renaissance Europe, 1450-1620, St. Martin Press , New York, 1985.

206 Rimandiamo alla discussione presente nei due saggi storiografici e.urati proprio da Settia e Del Negro, nei quali pure è resto omaggio a Pieri come iniziatore degli snidi a riguardo in Italia, in Storie di guerre ed e.~erciti. Gli studi ilaliani di storia militare negli ultimi 25 anni, a cura di N. Labanca , Unicopli, Milano, 2011, in particolare le pp . 213216. 242-246.

Capitolo 3 - Lei Grande guerra di Pieri

1 J. W1NTER, Approaching the History of the Great War A User's Guide, in The Legacy of the Great War, Ninety Years on, editcd by J. Winter. Missouri Uni versicy Press, Columbus. 2009, p. 2

2 J. W1NTER - A. PnosT, The Great war in History Debates and controversies, 1914 to Present, Cambridge University Press, Cambr idge, 2005, pp. 110-113 .

3 Per uno schizzo biografico si vedano, R.R. , Pierre Renouvin (1893-1973). in •Revue historique,., voi. 255, f. 2, april e-giugno (1976), pp. 325-329; J-B. D u ROUSELLE, Pierre

- - 228 - -

Renouvin et la science politique. in «Revue française de science politique». voi. 25, f. 3, giugno (1975), pp. 561-574.

4 P. RENOUVJN, La crise europeenne et la grande guerre: (1904-1918), Felix Alcan, Paris , 1934.

• J. W INTER -A. PROST, The Great war... , cit., p. 10.

6 lvi, p 14.

7 J.J. BECKER, Pierre Renouvin, in V. SALES, Les Historiens, Armand Colin, Paris, 2003, pp. 104-118.

8 B. BONO, Liddell Hart. A Study of his Military Thought, Cassell. London , 1977, pp. 17-1 9.

9 Sul pensiero militare di Liddell Han, o ltre al già citato Bond si veda, A. GAT, Fascist and Liberal visions of war, Claredon Press , Oxford , 1990, pp. 146-177; J.J. MBARsHEù\.lER, Liddell Hart and the Weight of History, Brassey's, London , 1998, pp. 84-98.

10 I F W. BECKETT, Brit·ish military history , cit.. Kindle edition. pos. 167

11 H. STRACHAN, «The Real War»: Liddell Hart, Cmttwell, and Falls', in The First World War ancl British miUtary history, edited by B. Bond, Claredon Press, Oxford, 1991 , pp. 41-53

12 B. LIDDELL HART, La prima guerra mondiale, 1914-1918, Rizzoli, Milano, 1968, p. 12.

13 L. CADORKA, L-a guerra alla fronte italiana fino all'arresto sulla linea del Piaue e del Grappa (1915-1918), 2 vol i. , Treves, Milano, 1921; A. SALANDRA. La neutralità italiana 1914. Ricordi e Pensieri, Mondadori, Milano. 1928, IDEM, L'interoento, 1915. Ricordi e pensieri, Mondadori , Milano, 1930.

14 L. AulERTINT. Le origi:ni della guerra del 1914 3. voll Bocca. Milano. 1942-1943

15 Documenti diplomatici itali ani (DDI). Ser ie V, 1914-1918, in undici volumi, curati da A. Torre, E. Ancheri. P. Pastorelli e F. C urato.

16 MINISTERO DEU./\ GUERRA, poi U FFICIO STORICO DELL'ESERCITO, L'esercito italiano nella Grande Guerra, 7 voli., Ufficio dello stato maggiore dell'esercito, Roma, 1927-1988.

11 N. L\BANCA, M011umenti, documenti, studi, in Dizionario storico del/.a prima guerra mondiale, a cura di N. Labanca, Laterza, Roma-Bari, 2014. p. 430.

18 A. MONTICONE, lntroduzi.one, in A. GA·m, Caporetto. Diario di Guerra, Il Mulino, Bologna, 19972, p. XIII.

19 R. BACHI, L' alimentazione e la politica annonaria in Italia, Laterza-Yale University Press, Bari -New Heaven , 1926; L. ETNAUDI. La condotta economica e gli effetti sociali sulla guerra italiana, Laterza-Yale Un ivers ity Press, Bari -New Heaven, 1934.

20 A. 0MOOEO, Moment-i della vita di guerra. Dai diari e dalle lettere dei caduti, Laterza. Bari, 1934.

21 Il carteggio di queste informative è in ACS, Segreteria particolare del duce , Cartegg io Ord inario. b. 5. 511 -1 -2. Vo lpe Gioacchino, ma più in generale su queste vicende, G . BELARDELLI, TI mito della nuoua Italia e B. BRACCO , Storici italiani e politica estera, tra Salvemini e Volpe, Franco Angeli, Milano, 1998.

22 G. VOLPE , Ottobre 1917. Dall'Isonzo al Piaue, Libreria d'Italia , Milano-Roma. 1930; ID EM, Il popolo italiano nella Gra11de guerra 1915-1916, a cura di A Pasquale, Luni, Roma, 1998; E. D 1 R 1ENZO, La storia e l' azione, cit p 712.

23 G. ROCHAT, L' esercito italiano ... , cit., pp. 372-377.

2

• O. Bovro, L'ufficio storico dell'esercito. Un secolo di storiografia militare, Ussmc. Roma , 1987. p 10

25 P. Pum 1, f,a storiografia in Italia 11el 1927. in ~Bollettino de ll'Ufficio storico del comando del corpo di stato maggiore>, III, 1928. pp. 128-136: I DEM, La storiografia i11 lta-

Noce
229

Piero Pieri

lia nel 1928 , in ~Bollettino dell'Uffic io storico del comando d el corpo di stato maggiore-, IV, 1929, pp. 18-33.

26 C. GELOSO, Tl primo anno di guerra. L.t operazioni dell'esercito, Corbaccio, Milano, 1934.

27 P. Prnru, L'Italia nella prima guerra mondiale, cit., p. 215; ma s i veda anche G. R o<.HAT, Ultalia nella prima guerra mondiale: problemi e interpretazioni di ricerca, Feloinelli, Milan o, 1971 , p. 44 La questione riguardava po i lo scontro che tra gli stessi generali della vittoria c'era riguardo il lo ro ru o lo nella battaglia in questione. segno delle ge los ie personali che pure infl ui va no sugl i studi, P. POZZATIO, Polemiche tra vincitori: le ragioni TW$C0Ste di un successo, in La /Jattaglia del Solstizio, a cura di P. Pozzatto e L. Cadeddu, Gaspari, Udine, 2009. pp. 196-20 6.

23 BNUTO, b. 1, f. 101, Bozza dattiloscritta di Lettera a Nino Valer i s ulla biografia di Badoglio, Torino 21 febb raio 1966, p 2.

29 Fondazione Salvatorelli , Carteggio Salvatorelli-Pieri, Pieri a Salvatorelli, 20 di cembre 1964. p. 3.

30 G. R OCHAT , L'esercito italiano , cit., pp. XI-XII.

3 ' BNUTO, Carte Pieri-Martinetto, Carteggio con Cadorna. Cadoma a Pieri , Firenze, 11 maggio 1921 .

32 P. Prnru, A proposito di Cadorna, in • Il Mezzogiorno*, 12-1 3 maggio 1923 .

33 E. LEHMANN. La guerra dell'aria, Giulio Douhet, stratega impolitico, Il M ulino, Bologna, 201 3, pp. 71 -94.

34 BNUTO, Carte Pieri-Martinetto, Cartegg io con Cadoma, Cadorna a Pieri , Firenze 14 maggio 1923.

35 Interessato a qua n to Douhet aveva scritto, ai prin1i degli anni Sessanta , Pieri avrebbe provato anch e ad ottenere informazioni dall 'Ufficio storico dell 'eserc ito, tramite il generale Luigi Mondini, suo amico, quale gli scrisse in rispos ta alle s ue richi este di documentazione: ~caro Pieri, sono rie n trato a Torino J ] e non ho trovato alcuna ri sp osta da quel generale dell'aeronautica aJ quale avevo richjesco notizie su D ouh et . Presto o tardi che sia in missione fuori d ' Ita)ja o che atten da , a mi a vo lta, informazioni ( ] Che abbia ritenuto di poter fare a meno di rispondermi. Credo però poco probabile qu<--sta ultima ipotesi , ma al giorno d'oggi c'è da aspettarsi di tutto. Se lo credi, potrei tentare con l'ufficio storico dell'aeronautica, del quale però n o n so ch i s ia attualmente il capo»: BNUTO, b. 1, f. 45, Mondi ni Luigi a Pieri, Lettera del 29 agosto 1962; In segui to, lo stato maggiore dell'aeronautica s i limi tò a inviare a Pieri u n breve curriculum e un vo lu me di scritti inediti del generale Douhet , cfr. BNUTO, b. 1, f. 47, Ri ch iesta informazioni sto rich e, Generale Mo n dini Lui gi, capo d ell 'Ufficio storico dell'aeronautica a Pieri, 12 ottob re 1962, prot. N 963/160.

36 Nota d i Picri sulla Quarta di copertina del volume, E. FALDEWI, La Grande C',uerra, Longanesi. Milano. 1965, a utografata da Fald e lla , da BNUTO, Dono P ieri, 946 2 2.

37 BNUTO, Fo n do Pieri, b 1, f. 101, Appu n ti dattiloscritti intitolati «La 'memoria' de l Gen . Capello•, p . 5.

38 BNUTO, Intervista dell'autore a G iorgio R och at, Torre Pellice, 24 maggio 2016, 34:20-34:50.

39 Nell'arc hivio d i Pieri presso la b ib)joteca nazionale è custodita u na copia del diario manoscritto d el generale: BNUTO, Dono Pieri, b. 2, f. 1 e 1b, appunti e diario del generale Di Robilam. li d iario narra la prospettiva del general e sull e vicende di Caporetto, quando era comandante della IV armata, cfr L'Italia nella prima guerra mondiale , cit. , p. 162.

40 BNUTO. b . 1, f. 49. Bozza di lettera manoscritta d i Pieri a Robilant, 12 febbraio 1932.

- - 230

41 Il fascicolo personale di D'Ovidio è consultabile a : http://notes9 .senato.it/web/ sen regno.n sf/ All / 25F24C2C9AA3F57F4125646F005B5C8F/$FTLE/ 0890 %20D 'Ov idio%20Francesco%20fasc icolo.pdf (ultimo accesso, 1 novembre 2017).

42 N . WANCA, Caporetto . Storia, e memoria di una disfatta, Il Mulino, Bologna, 2017, pp. 152-155; anche L. FALSINI, Proce.~so a Caporetto. I documenti inediti della disfatta. Cadorna e Badoglio, gli alti comandi gli ufficiali. i soldati, Donzelli. Roma. 2017.

43 AUSSME , H 4, b. 8, Memorandum di Piero P ieri per Senat.ore d'Ovidio rimessa al presidente de ll a Co mmissione d 'I nchiesta su Caporetto, manoscritto. 28 dicembre 1918

"" Sulla figura di Papafava come commen tato re di fatti militari nel primo dopoguerra si veda: V. MocAVERO. Novello Papafava tra grande guerra, dopoguerra e fascismo. Alle radici di un'opposizione liberale (1915-1930), Cierre edizioni, Padova. 2010.

46 P. P1ER1. La rotta di Caporetto, in •L'Un ità~, VIIl, 21 agosto 1919, pp. 175-179, 29 agosto 1919, pp. 182-184, Pieri scrisse le pp. 178-179 e 182-183.

46 AUSSME, H 4 , b. 8, Memorandum di Piero Pieri per Senatore d'Ovidio rimessa al presidente della C-0mmissione d'Inchiesta su Caporetto, manoscritto 28 dicembre 1918 p 1

47 Ivi. p . 4 .

48 P. P1ER1, La rotta di Caporetto , cil. p. 1 6.

49 Memorandum , p. 2, 7, cfr. P. PmRl, La rotta di Caporetto, cit., p. 5, 9.

60 Memorandum, p. 1, cfr. P. PIER!, La rotta di caporetto, cit., p . 5.

" M. MoNDINI, Il Capo La Grande guf!rra del Generale Luigi Cadorna, Il Mulino. Bologna, 2017. pp 290-291.

52 Memorandum pp. 4 . 5 , 16, 17, si veda ad esempio il pezzo: •Dopo q u asi due anni e mezzo di guerra, la prima linea, e non presso la brigata Friuli so ltanto era ancora assai deficiente: deplorevole ine,uria! - Mediocre la linea dello Slatenik; buona ed ottima quella del massiccio del Monte Nero; Mediocre e scadente que ll a dallo S leme a Tolmino, e tutta quanta dominata dal nemico che temeva le creste ad una distanza che variava dai dieci a trecento metri sopra di noi. Una brutta trincea guarniva il fondo valle di Tolmino• (Manoscritto, p. 4. cfr. P. Pmru, La rotta di Caporetto . .. , cit., p. 7) .

53 Manoscritto pp. 13-14, dr. P. PIER!, La rotta di Caporetto . .. , cit., p. 15.

54 N LABA:s'CA, Caporetto , cit pp. 156-157.

55 TSRT. Corrispondenza Salvemini, Scatola 86. Pieri a Salvemini, 30 marzo 1925, p. 1.

56 P. P1ER1, L'Alto Adige nella guerra mondiale .. . , cit. , p. 194. nota 1, il saggio dell'austriaco è C. VON PIGl-!LER, Der Krieg in Tiro/, 1915-1916, Pohlsschroder, Innsbruck, 1924.

57 Lo deduciamo da una lettera di risposta di Pichler a Pieri del giugno 1925 , quindi precedente all'uscita del saggio. nella qua le il generale austriaco inviava al lo studioso italiano i contatti del maggiore Karl von Raschin, BNUTO, Fondo Pieri, b. 3, f. 39, Pichler a Pieri, 22 giugno 1925

68 P. fuRI, L'Alto Adige nella gu&rra mondiale .... cit., p. 205, nota 1 .

59 MINISTERO DELLA GUERRA, COMANDO DE~ CO RPO 01 STATO MAGGIORE UFFICIO STORICO, Le operazioni del 1915, 2 voli., Istituto Poligrafico dello Stato, Roma. 1929.

60 J. POLZLEITN ER, Landsturrn im Hochgebirge: Da.s osterreichische La11dstunn-Jnfanteriebataillon Nr. 165 an der itali1mischen Front, Salzburg, Vorw. Druck Zaunrith. 1929.

61 BNUI'O, Fondo Pieri, b. 3, f. 11d, Polzleitner a Pieri, 13 ottobre 1931

62 'Tracce della co rri spondenza con Pieri in BNUTO, Fondo Pieri, b. 1, f. 66, Schemfil a Pieri, senza data. Tra i suoi lavori van no ricordati V. Sa-rEMFTL, Col di lana: genaue Geschichte der T<ampfe (1915-1917) um den heissestumstritte11e11 Berg der Dolomit, Teucsch. Bregenz, 1935. trad. it.: Col di Lana: 1915-1917. Mursia, Milano, 1993.

Note
231 --
--

63 G. BARTH-SO\I..MANI, 171e memory Landscape of the South-Western Front: Cultural Legacy, Promotion of Tourism, ()T European Heritage? in J. BORGSCHWENTNER - M . EGGER - G .

BARTH-SC'.ALMANI, Other Fronts, Oth(}r Wars? First World War stttdies on the Eve of t he Centenr1ial, Brill, Lcidcn, 2014, p. 477.

64 ISRT, Fondo Salvemini, Corrispondenza con Salvem i ni. b. 122, Pieri a Salvcmini. 8 sette mbre 1946, p 3.

65 BNUTO, Fondo Pieri. Carte non inventariate, da Dono Pieri 1254. Datti loscritto su lettera ricevuta dal Colonnello Carlo Rossi riguardo un volume di Schemfil sui combattimenti ncllcTofane dell'estate 1916.

66 BNUTO, Fondo Pieri , Carte Fieri-Martinetto, Carteggio con Krafft Von Dellmensingen, Diario, manoscritto d i Von Dellmensingen , 22 pagine manoscritte , se n za data.

67 P. Prnru, La nostra gu(}Tra tm le Tofane ...• 3 • cd rived u ta e aumentata, Prefazione alla seconda edizione, pp. 5-6, nell'introdu z ione alla terza Pi eri avrebbe ringraziato anche Brutschcr per il soprallu ogo fatto assieme nel 1931, ivi, p. 7.

68 Archivio storico della Normale. Carte Silva, Carteggio con Pieri, Picri a Silva, 24 luglio 1930, p. 1

,;; BNUTO, Intervista dell'autore a G iorgio Rochat, Torre Pell ice, 24 maggio 2016, min. 33:00-33:40.

10 N. 1ABANCA, Introduzione: per una storia transazionale, in La guerm italo-austriaca, 1915-1918, a cura di N. Labanca e O. Ùberegger, II Mulino, Bologna, 2014, p . 14.

7 1 COM.MJSSIONE o'INcHIESTA, Relazione della commissione d'Inchiesta. Dall'Isonzo al Piave (23 ottobre-9 nove,nbre 1917), 3 voli., Stab ilin1ento poligrafico per l'amministrazione della guerra, Roma 1919 .

72 G. R ocHAT, L'esercito italiano . . . , c it., pp . 62-63.

73 N . LABANCA. Caporetto , cit., p 167.

74 G. RoCHAT, L'Italia nella prima guerra mondiale, in •R ivista d i storia contemporanea•, voi. 5, n. 1. gennaio (1976), p. 13 .

76 B. AUERBACH, L'Autriche et la Hongrie pendant la guerre, Alcan, Paris, 1925.

76 M. S CHWARTE, Der grosse Krieg 1914 -1918, vo i. 5, Der osterreichisch-ungarische Krieg, Barthu, Leipzig, 1922.

77 P. P1ER1, Recensione a Bertrand Auerbach, in ~Nuova Rivista Storica», anno Xll, fase. III, Maggio-giugno (192 8) , pp 342-343.

78 Stereotipi che perd u rano spesso ancora oggi. Si vedano le osservazion i di N icola Labanca in N. 1ABANCA, 77re Italian Front, in The Cambridge History of the First World War, edited by J. Winter. voi. I, Cambridge Un iversi ty Press, Cambridge, 2014, pp. 266-267 e di J. GOOCH, The ltalian Army and the First World War, Cambridge Un iversity Press. Cambridg e, 2014, pp. 2-3.

79 K.K. VON DELLMENSINGEN, Der Durchbruch am lsomw, 2 voll., Stalling, Oldenburg. 1926

80 P. PTERI, La battaglia di Caporetto e del Grappa nell'opera di uno storico ufficiale tedesco, in •N uova Rivista Storica•, anno XI, f. III-IV, Maggio-Agosto (1927), p 348.

81 ACS, Ministero della Pubbl ica istruzione. Direzione generale dell'istruzio ne s uperiore, Div. I, Pos. 21, Concorsi a cattedre universitarie, 1924-1925, b. 87, Concorso per professore straordinaria di sto ria politica moderna e contemporanea nella R. Un iversità di Perugia, Relazione del concorso, p 40.

8'l G. D outtET, Diario critico di guerra, 1915-16, 2 volt., Paravia, Torino, 1921.

83 P. PiERJ, Per la storia della guerra sul fronte italiano . Il diario critico di 1111 militare. in •Nuova Rivista Storica•, anno IX, fase. I. genna io-febbra io (1925). p 116

Piero Pieri
.
232

84 J. Gooc:H, 'nie Italian Anny , cit., p. 56 .

85 BNUTO, I ntervista dell'a u tore a Giorgio Roc h at, Torre Pellice, 24 m agg io 2016, min . 2: 1 6:08 - 2 :17:10 .

a<> G. R OCHAT - M. lsNENGHJ, La Grande guerra, 1914- 1918, TI Mulino, Bologna, 20142 , p. 504.

97 N . PAPAFAVA, Appunti militari, Taddei, Ferrara, 1921 .

88 Più prudente si dimostrava verso la difesa di Badoglio operata dallo s tesso autore in u n saggio più recente: •Apprezziamo lo sforzo de l Papafava imperniato s ulla spiegazione d ell'equivoco del tiro di controp reparazio n e dell'artig lie ri a e s u ll' i nterpretazione di due punti del famoso fonogramma del 22 ottobre; rico n osciamo ancora u na volta le doti di perspicuità , di ch iarezza e anche d i sottigliezza deU'A., ma ci sembra ch e la q u estione allo stato attuale, sia ancora più che mai oscura•, la recensione è in P. PIERJ, Per la storia della guerra sul fronte italiano. Atzcora Caporetto, i n •Nuova Rivista Storica•, anno IX, fase. I, gen naio-febbra io (1925), p. 123

89 P. Prnru, Rassegna di storia militare. La preparaz-ione militare italiana nel 1914-15, in ~Nuova R i vista Storica-, a n no XV, fase. V-VI, settembre-dicembre (1931), pp. 538-539.

90 G. GIARDINO. Rievocazioni e riflessioni di guerra, 3 voll , Mondado ri, M ilano, 1929-1930. Quest ' ultimo era uno dei maggiori esponenti dell 'esercito: capo di Stato maggiore della II e poi della V armata, comandante della 48' divisione d i fa n teria e infine ministro della guerra (gi ugno-ottob re 1917) nominato su proposta di Cado rn a Durante il suo mandato sostenne la necessità d i un irr igidimento auto ritario dello Stato per suppo rtare lo sfo rzo bellico, prima di essere costretto alle dimissioni a cau sa delle sue o t timistic h e valutazioni sulla s ituazione militare al momento dell'offensiva a u stro-tcde,-sca. Ciò nonostante , dopo Caporerto fu nominato , assieme a Badoglio sottocapo di stato maggio re di Oiaz, lasciando dopo la guerra il serviz io perché la strada per l'avanzam e n to di carriera gli fu sbarrata da questi ultimi due, si veda G. Roc.1-1,,T, L'esercito italiano . .. , cit., pp. 286-287.

91 P. Pnm1, Rassegna di storia militare. La guerra dal novembre 1917 al novembre 1918, in «Nuova Rivista St0rica», anno XV, fase. V-VI, settembre-d icembre (1931), p. 547.

92 D. CESCHJN, La diarchia imperfetta, Esercito e politica nella Grande guerra, in M. MoNDJNT, Armi e politica. Esercito e società nell 'Europa contemporanea, in •Memoria e Ricerca•, n . 28, maggio-agosto (2008), pp. 4 1 -55; M. MoNDJNT, Pot ere civile e potere militare, in Dizionario storico ... , a cu ra di N. Labanca cit . , pp . 3543.

93 P. PrnR 1 , La gu.erra dal novembre 1917 al novembre 1918 , cit p 548.

9' P. P1ER1, L'Italia nella prima guerra nwndiale , cit . , p . 224.

95 BNUTO , Fondo Pieri , Carte Pieri -Martinetto, Carteggio con Dellmensingen , Dellm ens ingen alla Società editrice Dante A lighie ri , 18 ap ril e 1928, la lettera sp iega che Dellmensingen aveva r ispos to alrindirizzo di Bolzano da cui Pieri gli aveva scritto (dove p robabilmente si trovava in vacanza) e non aveva ricevuto risposta, la lette ra venne poi rigirata a P icri.

96 BNUTO, Fondo Pieri. Carte Pieri -Marti netto, Carteggio con Dcllmen sin gen , Dell mensingen a P ieri, 30 ap ril e 1928.

97 BNUTO, Carte Pi eri-Martinctto. Carteggio con Krafft Von Dellrnensingen, Trascrizione in i taliano fatta da Pier i di una lettera di Krafft Von Dellmensingen, Monaco 21 maggio 1928, p . 1.

98 l v i p. 4.

99 Ivi, pp. 5-6.

100 lvi, pp 12-13.

101 P. PIEru - G. Rcx::HAT, Badoglio ... , cit.. pp . 320-322 .

Note
233

102 K.K. VoN DELJ.ME:-iStNGEN, La mancata irruzione del maggio 1915, in P. P1ERl, La nostra guerra tra le Tofane , 2' ed . (1930), pp. 175-178.

103 P. P1ERI, Sulle cause militari della rottura del fronte dell'Isonzo Discussione col generale Krafft Von Dellmensingen. in ~Nuova Rivista Storica•, V-VI, ottobre-d icem bre (1928). p. 621 .

104 Pieri s i rifaceva ad A. GArn, Uomini e folle d ·i guerra, Treves. Milano. 1 921.

105 Ibidem.

106 R. BENCIVENGA, Saggio critico mila nostra guerra: voi. I , li periodo della neutralità, Tipografia Agostin iana, R om a , 1930; voi. II, La campagna del 1915, Ti p ogr afia Madre d i Dio , Roma, 1933; voi. III, La campagna del 1916: la sorpresa di Asiago e quella di Gorizia, Tipogra fi a Madre d i Dio, Roma. 1935; voi. IV. La campagna del 1917: La scalata alla Bains-izza: verso la crisi dell'autunno del 1917 , Industria t ipografica romana, Roma , 1937; vo i. V, La sorpresa strategica di Caporetto: appendice al saggio crit-ico sulla no çtra guerra, Tipografia Mad re d i Dio, Roma , 1932.

101 Le in for mazion i biografiche sono tratte da G . ROCI-Lo\T, Bencivenga Roberto, in Dizionario biografico degli italiani, vo i. 8, 1966. co ns ultab il e a http:// www.treccan i. iUencicloped ia/roberto-bencivenga (Dizio nari o -Biografico)/, ul tim o accesso 1'11 ago sto 2016.

108 BNUTO, Carte P ieri-Martin etto. Carteggio con Bencivenga , minuta di lettera d i Bencivenga al Gen. Dongiovanni , Roma 17 ge nnaio 1936 .

109 I3NUTO, Carte Fieri-Martinetto. Carteggio con Bencivenga, Be ncivenga a Pieri, 21 febbraio 1936 .

110 BNUTO, Dono Pieri 317, R . BENCIVENGA, La sorpresa st rategica di Caporetto. Appendice al saggio critico sulla nostra guerra, Tipografia Madre d i Dio , Roma, 1932. p 233

111 P. P rnru . La battaglia della 8ainsi7.7.a e la cris i dell'autunno 1917, in •Nuova R ivista Storica•, anno XXIV, fase. I-II, gennaio-aprile (1940). p . 101, le a ltre recensioni so n o in P. P IER! Rassegna di storia militare , in ~Nu ova Rivista Storica•, XV (1931), pp 533534; P. PlERI , La crisi dell'ottobre-novembre 19 1 7 . in •Nuova Rivista Storica•, XIX, (1935), pp . 224-254.

11 2 BNUTO, Carte Pieri-Martinetto, Carteggio con Bencivenga, m in uta di lettera di Bencivenga al Ge n. Bongiovanni, R oma 17 gennaio 1936

113 BNUTO. Carte Pi eri-Martinetto. Cartegg io co n Bencivcnga, Bencivenga a P ieri, Pieve di Cadore, 19 marzo 1936. p. 1.

11 ' BNUTO. Carte P ieri-Martinetto, Carteggio co n Bencivenga, Bencivenga a Pieri,13 agosto 1936. p. 1. C h e Pieri fosse arrivato da solo a questa conclusione lo conferma u na lettera a Salvemin i d el 1 952, •Un 'u ltima cosa: non può g iudicare degli errori militari di Caporetto senza tener presente la grave rec idi va d i Cadorna rispetto all'offensiva d el Trentino . Io per primo lo posi in evidenza e il Bcncivenga mi scriveva sorpreso di non averlo cosi pensato e rilevato egli stesso•, ISRT. Pondo Salvemi, Corrispon denz a con Salvem in i, b 104, Pieri a Sa lvemin i, 14 dicembre 1952. p. 2.

m P. PrERI . La battaglia della Bainsizza .. . , cit .. p. 106.

11 6 Ivi , p . 107.

111 lvi, p 108.

118 BNUTO, Intervi sta dell'autore a Giorgio Rochat, 1brre Pellice. 24 maggio 2016 , m in. 11 :00-12:00.

119 IISS, Archivio Omodeo, Corrispondenza, n. 160 , Mi nu ta di Omo d eo a Pieri , 27 apri le 1942.

120 ASUT, Verbali d el cons igl io d i facoltà di magistero, n. 788. Seduta de l 25 ottobre 1945. p 159

P iero P ieri
234

121 P. P1eR1. Problemi di storia militare cit. , pp. 7-149.

122 G. ROC HAT, Introduzione, in P. P1ER1. Problemi di storia mil'itare ... , ed . 1989. p. XI .

m BNUTO. Carte Fieri-Martinetto, Carteggio con Bencivenga, Bcncivenga a Pi eri. 13 agost0 1936 , p. 2 .

124 Ne accenna Picri a Omodeo, IISS , Archivio Omodeo, Corrispondenza , N. 4041, Piero Pieri a Omodeo, 26 novembre 1942.

125 P P1ER1 Problemi di storia militare , La crisi dell ' ottobre-novembre 1917. Le osservazioni del generale Krafft Von Del/mensingen al libro del generale Bencivenga. pp . 338-351.

126 lvi, pp. 352-353.

127 Jl MF.ARSHEI MER, T.iddell l-lart ... , cit. , pp. 60-61.

12 8 B. L1D OELL HART, La prima guerra mondiale ... , dt., p. 322.

129 M ISNENG~n - G. ROCl-!AT, La Grande guerra , cit., p. 506

130 lvi , p. 508; B. VIGEZZI, L' Italia d i fronte alla prima guerra mondiale , vo i. L L'Italia neutrale. Ricciardi. Napoli. 1967 . I DEM , Da Giolitti a Salandra , Vall ecchi. Firenze, 1969: P. MEI.OGR ANl , Storia politica d ella Grande guerra, Laterza , Bar i, 1969.

13 1 E. PAPA OJ A, Di padre in figlio, la generazione del 1915, Il Mulino, Bologna , 2013, pp. 14-15 .

1 ;• 2 N LA.BANCA , Monumenti, documenti, studi, pp. 431-432

133 P. Prnru. Le guerre dell 'unità italiana, in Nuove questioni di storia d e l Risorgimento e dell'Unità d'Ttalia, Marzorati, Milano. 1961. p . 1.

134 Ivi, p. 73.

1 35 P. P1 ER1, L'Italia nella pl'ima guerra mondiale , cit., ed . 1968. pp . 11-24.

1"• P. RENOUVJN, La Crise européenne et la Première guerre mondiale, Quatrie me edition. Revue et augmentée. Presses Un ivers itai re de France. Paris, 1964; B. ÙOO!lLL HAR1'. La prima guerra mondiale cit., I ed. it. Rizzo li, Milano, 1968.

137 P. P1ER1, L' Italia nella prima guerra mondiale. Einaud i. Torino. 1968 , p. 210: B. V1GEzz1, L' Italia e l'l111.er·vento. Ricciardi. Milano, 1967 .

1" 8 Nel volume di Pieri mancano le parti , abb iamo d iviso i capito li secondo quella che ci sembra la loro omogeneità tematica. In grassetto sono indicate le parti degli altri due vol umi.

139 C. SEYMOUR, La crise européenne et la Grande Gi1erre, 1904-1918, by Pierre Renouvin, in •The American Historical Review», voi. 40, n. 4 (Ju l. , 1935) , pp. 741 -746.

140 P. RENOUVIN , La crise européenne .... cit. , p. 1.

141 l vi. pp . 5-130.

m Ivi , pp. 131 -214.

l4'l B. LJODEtL HART. La prima guerra mondiale .... cit.. p. 17.

1 Ivi, pp. 57-80

m P. P1ER1, L'Italia e la prima guerra mondiale cit pp. 3 1 , 33.

1"' Ivi, pp. 51 -74.

147 P. RENO UVIN , La crise européenne cit. , p. 214 .

l"'l B L100ELL H<1.RT, L<i prima guerra mondiale , cit , p 27.

n 9 P. Prnm. L' Italia e la prima guerra mondiale ... , cit.. pp. 64-65, p. 73 .

150 P. RENOUV JN, La cl'ise europeenne .... cit.. p . 326, sulla superiorità dcll'Union Sacrée francese rispetto a quelle britannica, italiana e anch e russa , ivi, pp 327-328 Sulla defin izione della Germania come sistema politico incompiu to. ivi. p. 93.

151 B. LIDDELL H,\RT La prima guerra mondiale ... , cit.. p . 308.

152 M. Ism:NGHt, TI mito d ella (',rande guerra. Il Mulino, Bologna, 1989, pp. 261 -262

Note
235

153 P. P1ERl, L'Italia nella prima guerra mondiale p. 222.

154 Ivi, p . 87.

155 B. LIDDELL HART , l,a prima guerra mondiale ... , cit., p. 605.

156 P. PIERI , L' Italia nella prima guerra mondiale , cit., p. 75

157 B. LmDELL HART, La prima guerra mondiale , cit., p. 245.

158 P. PfER J, L'Ttalia nella prima guerra mondiale . . . , cit. , pp. 69-79.

159 Su questi aspetti. M FRANZINELU, Per nna guerra di giustizia e libertà, Gaetano Salvemini, in M [NSF.N GHI - D. CESCHIN, Gli italiani in guerra. La Grande guerra: uomini e luoghi del ' 15-18, Utet, Torin o, 2008, pp . 270 -277; A. FRANGIONI, Salvemini e la Grande guerra: interventismo demo~-ratico, wilsonismo e politica delle nazionalità., Rubettino , Soveria Man nell i , 2011.

160 R. VIVARELLI, Storia delle orig-ini del f ascisnw. L'Italia dalla Grande guerra alla Marcia su Roma, voi. T, Il Muli no, Bologna, 19912 , pp . 1 96-208.

161 Interessanti so n o le osservazioni rispetto all'episodio d i Ca rza no. «Nel luglio 1917, un gruppo di disertori cechi propose a l comandante dell a 15• div isione italiana di catturare il ponte di Carzano co n un a operaz ione offens iva. D a quella pos iz ione forse sarebbe stato possib il e avanzare a nche su Tre n to, m a l'operazione, cominciata il 19 settembre, no n andò come doveva, nonostante i cechi rispettassero appieno i patti pres i , a causa della lentezza del coman d o italiano che s i mosse pru d e n temente, mostrando: [. ] da un lato la refrattarietà e scarsa capacità delle nostre al te gerarch ie militari a sfruttare situazioni e poss ibili tà inso li te rientrami tuttavia nel quadro della nuova guerra di popo lo; e dall'altro come il pro lungars i di questa accentuasse sem pre p iù la cr is i in terna della duplice monarchia», P. PrnR1, L'Italia nellu prima gttP:rra mondiale , cit pp. 142-146.

162 ISRT, Fondo Salvem ini , Cor ri spon d enza con Salvemini , b. 119 , P ieri a Salvcroin i, 24 lu glio 1945, p. 8 .

163 P. PmR1, L'Italia nella prima guerra mondiale cit., p. 52

1 "" Ivi, p. 53

16 5 Ivi, p. 205 .

166 !bide,n.

167 J. W LNTBR - A. PROST, The Great War .. . , cit . . pp. 15-25. Vale la pena di ricordare alcun i nomi per rendersi conto d i questa trasformazio ne e d ei filoni di ricerca che diventa ron o dominanti: G u y Pedroeini. co n i su oi s tu di sugli amm utinamenti francesi de l 1917, uno dei tem i p iù scomodi per le interpretazioni naz ional -patriottiche che avevano dom inato gl i studi fino a quel momento (1967); Paul P ussell con il suo studio su ll a memoria del co nflitto come cesura culturale tra Ottocen to e XX secolo (1975) e infine Eric J Leed. per le trasformazioni menta li indotte dall'esp erienza bellica sulla ps ico logia deg li ind ivi dui ; G. PEDROCINI, Les Mutiniers français de 1917 . PUF, Paris. 1917; P. FUSSELL, The Great War and the Moderr1 Memory, Oxford University Press, Oxford, 1975; E.J LEE D. No Man's land, Combat a.nel Identity in the First World War. Cambridge Unive rs ity Press. Cambridge, 1 979.

168 M. ISNENGHI -G . RoCHAT. La prima guerra mondiale , cit . , p. 508.

169 AST, Fondo Ei naudi, Corrispondenza con autori e collaboratori italian i. b. 158 , f. 2405, Pieri alla Case editrice Einaudi, 22 gen na io 1 952.

170 A. Mo NTICONE, La battaglia di Caporett o, Stu d ium, Roma. 1955, Recensione di Piero Picri, in • Il Ponte». IX (1955), pp. 2110-2112.

171 M. {SNE~GH I, I vinti di Caporetto nella letteratura di guerra., Marsilio , Padova. 1 967; I DE M, n mito della Grande yuerrct. cd . or. Laterza . Roma-Bari, 1970.

Piero Pieri
236 - -

172 P. Pmru . Prefazfone, i n G . RoCHAT, Da Vittorio Veneto a Mussolini , cit., pp. I-XI.

173 E. FOR CELLA - A. MONTI C0 1''E, Plotone di esecuzione: i processi nella prima guerra mondiale, Laterza, (ed. or. Bari 1968). ed citata, p. XXIII.

174 I n un cer to senso , l' ultim o strasci co del suo p aradigma storiografico critico della Grande guerra è ri n tracci abil e nel vo lu me su Badoglio d el 1973, il quale per ò co m e abbiamo visto fu composto lungo tutto il d ecen n io precedente. Di q u esto volu me , P i eri red asse la prima parte, fi no al 1918 . nella q u a l e su 464 pagine n e ded icò 411 al 19151918 , tracci a ndo un minuzioso resoconto dell'attività m ilitare del protagon ista, ma sempre nell'ottica di cr itica o p erativa ch e lo aveva caratter izzato Soprattutto è evidente la d ifferenza risp etto a ll a pa rte s tu diata da R ochat , il q u ale racconta invece le vicissi tudin i de lJ a poli tica militare fascista e dei rap porti pol itici tra l' istituzion e e il regime. ma anch e q u elli tra i gruppi di potere dello stato fascista (monarchi a, forze arm ate, ecc.), P. PrnruG. R OCHAT, Badoglio , cit.; le pp. 19-53 affrontano la g i ovin ezza del m aresciallo e la su a parteci pazione a ll a guerra di Li b i a, que ll e da 54 a 464 i nvece narran o le viciss itudin i della Grande guer ra, co n le parti dedicate a Caporetto e al ru olo di Badoglio che copro n o quas i metà di qu esta parte, Ivi, p p. 241 -41 3.

175 Un q u adro in A. VE:--rrno1''E , La seduzfone totalitaria : guerra, modernità, violenza politica (7914-1918), Donzelli , R oma , 2003 .

n 6 N LAnAxCA Monumenti, documenti, studi, cit., p. 435.

Capitolo 4 - 'l'ra R·isorgimento e Resistenza

1 G. FORMI GONl, Storia d'Italia nella Guerra Fredda (1943-19 78), II Mul in o, Bologna, 2016, p 220.

2 S PELI, Le stagioni del dibatt-ito stori ografico sulla Res istenza, in A AooST1- C. CoLO M 1l1N1, Resistenza e autobiografia della nazione, Isto reto/ se b 27, To ri n o, 2012 , p . 24.

3 P. DEL N EGRO, L' età napoleonica e il Risorgimento , in IDEM, La storiografia militare in Francia e in Ttalia negli ultimi 1Je11t ' anni. Due esperien7.e a confronto, Secondo incontro franco -italiano (Vene7.ia 2 7-28 aprile 2001), ES!, Na p oli 2003 , p . 63 .

4 F. foo\RD1, La guerra della memoria . La resistenza nel dibattito politico italiano dal 1945 a oggi Laterza , Roma-Bari, 2005 pp 4-40; M. CONSONNl, L'eclisse dell'antifascismo. Resistenza, questione ebraica e cultura politica in Italia dal 1943 al 1989, LatCI'.la, R oma-Bari, 2015.

5 K. LowE. Il continente selvaggio, L'Europa alla fine della S econda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari , 2014 , pp. 160-178.

6 J-P Azt M.A, F. Bt oARJOA, L'historisation de la Résistance, in •Espr it,. , n. 198, n 1 , gennaio 1994 , pp . 22-23.

7 D. Bmu ssA, Introduzione, in C. PAVONE, N . Bonn10, Sulla guerra civile. La Resistenza a due vod, Boll ati Boringhi eri, Torino, 201 5, p. VII.

8 C. PAVONE , La resistenza oggi: problema storiografico e prob lema civile, in E. COL· LO'ITI - R. SANDru - F. S ESSI , D'izionario della Resistenza. Luoghi. Formazfoni , protagonisti , voi. 2 , Ei n aud i , To ri no, 2001, p 708

9 S. P ELI, La resistenza in Italia, Ei n aud i, Torino. 2003 , p. 203 .

1 0 P.G . Z UNINo, La R epubblica e il suo passato. Il fascismo dopo il fascismo, il comunismo, la democrazia: le origini dell' Italia contemporanea. I conti con il fascismo nell 'Italia del dopoguerra, II Mulino, Bo l og n a , 2003, p p. 299 e ss .

11 O . W rE v 10RKA, La m émorie désunie. Les souveniers politique des années sombers, d e la Lib ératio11 à nos jour, Editions du sol ei!, Pa ris, 2010 , pp. 67-147

Note
237

12 C. PAVONE. Una guerra cfoile Saggio storico sulla moralità della Resistenza, Bollati Borighieri, Torino. 1991, pp. 179-181, 186.

13 Sull'accezione del «Secondo Risorgimento» rispetto alle diverse parti della Resistenza si veda sempr e C. PAVONE, L~ idee della Resistenza. Antifascisti e fascis# di fronte alla t.radizione del Risorgime11to, in •Passato e Presente», n. 7, gennai o-febbraio 1959, pp. 8509 1 8 , ora in C. PAVONE, Dal Risorgimento alla Resistenza, Edizi oni dell ' As ino, Roma, 2010.

14 F. FoCAR.0 1, Il cattivo tedesco e il bravo italiano La rimozione delle colpe nella Seconda guerra mondiale. Laterza, Roma-Bari , 2006 , pp. 33-51; P.G . ZUNTNO, La repubblica e il suo passato, cit., p p. 284-312.

15 C. Novuu, Il partito d 'azione , cit., p. 272.

16 AA VV , Il seco11do Risorgimento. Nel dece11nale della Resistenza e del ritorno alla democrazia 1945-1955, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1955.

17 R. BATIAGLIA, Storia della Resiste11za italiana, E inaudi , Torino, 1953.

18 Ivi, p 199, 203, per una testimonianza d iretta s i veda R BATTAGLIA. U11 uomo, un 11artigiano, Il M u lino , Bologna. 2004, ed. or. 1945, pp. 128-129.

19 G. S ANTOMASS IMO , Memoria pubbl-ica della Grande guerra e Res·istenza , in S CAL.\MAN DREI, J linguaggi della memoria civile: Piero Calamandrei e la memoria della Grande guerra , Le Balze, S iena , 2007, pp. 145-156.

20 C . PAVONE , Dal Risorgimento alla Resistenza. , cit., p. 5.

21 Tesi (.'Sprcsse soprattutto in G. SALVEAUN I, Parl-igiani e fuoriusciti, in «l i Mondo• , 6 dicembre 1952. pp . 3-4; ToEM, La guerra per bande, in Aspetti della Resistenza. in Piemonte, a cura de ll'Istoreto, To rin o, 1950, pp. xiii-xvi.

22 BNUTO, Carte Pieri-Martinetto , Carte non i nventariate, Cop i a di un d i scorso «Alla direzione d i 'At eneo' d i Torino• , 23 .4 .1961, p . 4.

23 A. GALANTE GARROXE, fo generazione del Carso, in ~La Stampa>, 15 novembre 1954, p. 3.

24 lstoreto. Archivio Alessa n dro Galante Garrone, Fo n do corrispo n denza. Fascio-lettera P, n 477, Pie ro Pi eri, Pieri a Garronc. 15 settembre 1958 , p . 1.

25 P. P IE R! , La tradizione della Resistenza e l'insegnamento della storia , in •Nuova Rivista Storica• , settemb r e-dicembre (1952) pp. 515-517; le stesse posizioni le avrebbe espresse in forma analoga negl i a n n i successivi, si vedano ad esempio i test i di due confe r enze tenute a Roma nel 1965 e a Ferrara n el 1966, sempre sull' in segnamento della sw ri a della Resi stenza, in BNUTO , Fondo Pier i, Carte Pieri-Martinetto, Carte non inventariate, Copia della registrazione d i una lezio n e te n uta presso l'Università di Roma , Istituto romano per la storia d'Italia dal fasc ismo alla Resistenza , Roma, 8 febbraio 1965, firmato Lamberto Mercuri; P. PIElu, L'insegnamento della storia della Resistenza. Ferrara 31-X-1966. in cui i concetti espressi sono i dentici

26 P. Pmu, Fascismo e resistem~a . in • ltinerari• , TV, n. 22 -24 (1956) , pp. 571 -602.

27 S. ROGAR!, La resistenza com e autobiografia. della nazione , 1956-1965, in ~In/ formazione» notiz iario dell'Istituto storico della Resistenza in Toscana, X.Ill , p 9.

28 P. PIER!, Prefazione, in R. LURAGHT, Il movim ento operaio Torinese durante la Resistenza, Ei naudi, Torino, 1957, p. 10.

2'i P. PIER!, Fascisnio e r esistenza , in • Intinerari•, TV, n 22-24 (1956) , pp. 571-602.

30 lvi, ora in Scritti Vari ... , cit., p. 411.

31 H. Mlcm1, Fascisme et résistance italienne , in • Revue d ' h is t0 ire de la Deuxième Guerre mondia l e» , 8' Année, No 30 (Avr il 1958) , pp. 112-113.

32 ) BLANc, L'histoire de la Résistance avant le travaux du Comité d'histoire de la Deuxiéme Giierre Mondiale, in L. Douzo u, Faire l'histoire de la Résistance . Presses U n iversita ire de Rennes , Rennes, 2010, pp. 15-29.

Piero Pieri
238

33 L. LoNGO, Un popolo alla 11uz cchia, Mondadori, Milano 1947; L VALIAN!, Tutte le strade conducono a Roma. La N uova Italia , Firenze, 1947: R. CAOORNA. La riscossa, Rizzoli. Milano. 1948.

34 F. FOCAR01. La guerra della memoria , cit p. 30, per la questione dell'epurazione e dell'amnistia rimandiamo a H. WOLLhR, I conti con il Fascismo. L'epurazione in Italia dal 1943 al 1948, Il Mulino. Bologna , 1999; M. FnANZINELLJ, 1;a11111istia Togliatti. 1946. Il colpo di spugna sui crimini fascisti. Fcltrinelli, Milano, 20162 •

35 R. GRAZIANI . llo difeso la patria!. Garzanti. Milano. 1947: M. ROATIA. Otto milioni di Baionette. Mondadori. Verona. 1946.

36 Al congresso Pieri era presente. ISRT, Corrispondenza Salvcmini, Scatola 102, Pieria Salvcm ini, 2 ottobre 1956.

" 7 Lettere dei co11da11nati a morte della Resistenza italiana. a cura di P. Malvezzi e G. Pirelli. Einaudi. Torino. 1952.

38 G. S,\.YTO~IASSL\tO. I lunghi inverni della Resistenza, in •ln/formazione-. notiziario delrlstituto storico della Resistenza in Toscana, Xlll. 1994, p. 6.

39 F. C llAll OD, L'Italia con temporanea (1918 - 1948). Einaud i, Torino, 1962. soprattut· to il Cap itolo l della Pane Terza. La guerra e il crollo del Regime fascista. pp. 104-143.

4-0 R. D E LONGIS. Per u11 ritratto di Roberto Battaglia. in R. D E LoNG!S - M. G1m.ARDI. Arte. Resistenza. Storia. Un ritratto di Roberto Battaglia. Biblioteca di scoria moderna e contemporanea. Roma. 2015, p. 9.

41 ISRT. Corrispondenza Salvemini, Scatola 102. Pieri a Salvemini, 11 giugno 1949.

'" F. Foc:ARDI, La guerra della memoria, cit., p. 22. Scriveva Picri a Salvemini riguardo Bcncivcnga: ~peccato che negli ultimi tempi si sia messo col Giannini e con Umberòn. Proprio dal 1945 i miei appono con lui si raffreddarono molco•. BNUTO. Carte Pieri. Cane Pieri-Martineno, Corrispondenza con Salvemini, b. 56, Pieri a Salvcmini 8 maggio 1953.

<:J Noti7.i<J Biografiche. in F. PARru, Scritti . a cura di E. Collotù e G. Rochat, Scritti 19151975. Fcltrinclli. Milano, 1976. pp. 32-33; B. CEvA . Origini e vice-ude dell'istil11to 11aziorrale. in «TI movimento di Liberazione in Italia•, n. 99. aprile-settembre (1970), pp. 3-12.

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49 Alcuni esempi: H. M10,raL, Bibliographie sur les Maquis, in •Revue d'histoire de la Deuxi èmc Guerre mondiale», 13• année, n. 49 (Janvicr 1963). pp. 111-120; i r>FM. Les HMé-moires~ d11 gé-nera/ <le Gaulle. in •Rcvuc d'histoire dc la Deuxièmc Guerre mondiale,.. 7' annéc. n. 27 (Juillet 1957), pp. 31-41.

50 H. M1 C11E1. Sur le parti com11111niste cla11d('sti11e, in •Revuc d'histoire dc la Deuxième Guerre mondial e•. 14· année, n. 54, L'occupation de la Prancl' (Avril 1964), p. 104, recensione di A. LECOUR. /,e partisa11. Flammarion. Paris, 1964.

1ote
- - 239

61 H. M!CHEL, Bibliographie critique de la Résistance, Institute Pédagogique nationale, Paris, 1964, pp. 12-13.

5 2 Fu tra l 'altro a u tore d i un importante volume critico s ulla guerra della marina, M . BAAGAOIN, Che ha fatto la Marina.? 1940-45, Garzanti, Milano, 1949 , di cui Pieri scrisse una recensione abbastanza positiva sul •Movime nto di Liberazione», n 9 (1950), pp. 49-54.

53 G. Vaccarino (1916-2010). Ex partigiano, nel dopoguerra fu nominato segretario del CLN torinese. Imprenditore con la passione per gli stu di storici, nel 1955 ottenne la libera docenza in Storia del Risorgimento, presso la cattedra di Walter Maturi. Vaccarino fu nel comitato ed itoriale della rivista dell ' ISMLI con la qual e avrebbe collaborato a lu ngo e avrebbe continuato a presenziare all'estero partecipando alla prima conferenza internazionale di storia della Resistenza , tenu tasi a Liegi nel settembre 1958.

s... P. PlERI, La Resistenza italiana a/ congresso storico internaziona/ e di Amsterdam, in «li movimento di liberazione in Italia» n. 8, settembre (1950), p. 3.

35 B. COCEANI, Mussolini, Hitler, Tito alle porte orientali d'Italia, Cappelli, Bologna, 1948.

56 P. PTERT, fo resistenza nella Venezia Giulia, in «TI movimento di liberazione in Italia•, n. 8, novembre (1950), pp 39-48

57 Significativo di questa evoluzione in corso fu il saggio di R. BATIAGUA, La storiografia della resistenza in Italia. Dalla memorialistica al Saggio storico, in «Il movimento di liberazione in Italia», n. 57, ottobre-dicembre (1959), pp. 80-131.

58 P. P!ERI, È possibile la storia di avvenimenti molto recenti?, in •Il movimento di Lib erazio ne in Italia•, n. 22. gennaio 1953, p . 7.

59 Ivi, p . 9, c.fr. L. SALVATOREUI, Pensiero e azione del Risorgimento, Einaudi, Torino, 19452 Appendice .

6() Ivi, p. 12.

61 lvi, pp. 13-14.

62 Ivi, p. 15.

63 Sull'importanza del lavoro dal punto di vista storiografico si vedano l e osservazioni di C. PAVONE, La resistenza oggi , cit., p. 703.

6' P. PIERJ, Considerazioni intorno ad una storia della resistenza italiana, in •Il movimento di Liberazione in Ital ia». n. 22, gennaio 1953, pp. 29-52 . Simile per approccio fu il lungo riassunto critico. pubblicato sul • Ponte• dell'apri le 1955, e dedicata al volume di D. LIVlO, Guerra Partigiana. Raccolta di scritt-i a cura di Giorgio Agosti e Franco Venturi, Einaudi, Torino, 1954; P. PIERI, La guerra partigiana nel cuneese, in ~n Ponte>, aprilemaggio 1955, pp. 657-672.

65 P. PmR1, Recens ione a R. BATIAGLIA, Stori.a della Resistenw, in Considera7.ioni intomo ad una storia della resistenza italiana, in •Il Movimento di Liberazione>, gennaio 1953, p. 44.

66 BNUTO, Carte Picri, b 4. f. 1. Lettera di Piero Pieri a Francesco Colombo, 10 settemb r e 1959. p. 1.

67 P. PIER!, Recensione a Roberto Battaglia, pp . 52, 59.

68 E. AGA Rossi. Una nazione allo sbando, 8 settembre 1943, Il Mulino, Bo l ogna. 2003 2 , pp. 118-120; G. RocHAT, Le guerre italiane 1935-1943 . Dall'impero d'Etiopia alla disfatta, Einaudi, Torino, 2005, pp . 426-427; per la ricosm1zione degli avvenimenti resta importante R. 2.A.'IGRANDI, L'Italia tradita, 8 .çettembre 1943, Mursia. Milano. 1971; per una testimonianza critica invece il volume di E. Lussu, La <'difesa" di Roma, a cura di Renzo Ronconi. Aragno, Torino, 2007 (ed. or. 1943).

Piero Pieri
- - 240 - -

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10 G. SALVEM INI, Badoglio 11e/la Seconda guerra mondiale, in • Il Ponte,,, voi. 8, f. 8. f. 9. f.12. pp. 1097-1103, 1222-1236, 1724-1736: 1953, voi. 9, f. 3. f. 7. pp. 300-316. 933-94-9.

71 La copia del dattiloscritto è in BNUT'O. Cane Pieri, Carte Pieri-Martinctto, Carteg· gio con Carbon i. 'Ire anni d i corris pond enza episto lare con Gaetano SaJvemini , dattiloscrit· to in nove parti dattiloscritte. Il testo riproduce in copia le considerazioni di Carboni sulla questione della difesa di Roma e dell'8 settembre. con le risposte di Salvemini in copia.

"' lvi, Parte m. p. 3. Copia di una lettera di Salvemini. 27 settembre 1952, Firenze Via San Gallo .

73 •Terzo Programma•, n. 2, 1962, Rai-Eri.Torino 1962. pp. 329-341.

74 8;-.JUTQ. Carte Pieri-Maninctto. Carteggio Pieri -Raffaele Cadoma. Cadoma a Pieri 5 marzo 1963.

7s BNUTO. Carte Pieri-Martinetto, Carteggio Pieri -Raffaclc Cadoma, Pieri a Cador· na. minuta. 4 apri le 1963.

76 BNUTO. Carte Pieri-Martinetto. Carteggio Picri -Raffaele Cadoma. Cadoma a Pil.'ri, 11 aprile 1963.

77 BNUTO, Carte Pieri-Martinetto. Carteggio con Carboni, Carboni a Pieri, 12 marzo 1964.

78 BNUTO. Carte Pieri -Martinerto. Carteggio con Carboni. Carboni a Pieri. 28 febbraio 1965.

79 R. Ù'IGR,\NOI, 1943: 25 luglio-8 settembre, Feltrinelli. Milano, 1964.

60 E. AGA Ros~,. 1,'8 settembri' di Ruggero Zanyrandi, in Ruggero Zangrandi, tm viag· gio nel 11ovece11to. Annale lrsfar. Franco Angeli, Milano. 2015, pp. 54-55.

8 1 ffiSIFAR. Archivio Storico. Ruggero Zangrandi, b. 56. f. 841. in cui sono contenute copie delle due lettere di Cadoma a Picri che abbiamo citato, mentre nella b. 57, f. 861. è presente la bozza dattiloscritta della relazione al co nvegno cli Roma da l titolo •La sto ri ografia italiana da l 25 luglio all'8 settembre,,.

a:i P. PlERI, La storiografia italiana relativa al 25 luglio e al/'8 settembre. in ~n movimento di liberazione in Italia•. n. 77, ottobre-dicembre 1964. pp. 5-7.

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66 lvi, p. 14: G. 81ANG!l. 25 luglio - Crollo di u11 regime Mursia. Milano. 1963.

17 lvi. p. 15.

18 lvi, p. 16. di Salvemini era citato il saggio su Badoglio uscito su •li Ponte», F. CA ·

TALANO. /,'Italia dalla dittatura alla democrazia 1919 -1948, Lerici. Milano, 1962; E. COL· LCYITI. J:ammilli.waxione tedesca dell'Italia occupata, Lcrici, Milano. 1963.

89 Ivi. pp. 17-21.

"° P. PIER!. L'8 sellembre e la difesa di Roma. in •li movimento di liber.vione in Italia • n. 78. gcnnaio-mol'7.o (1965). pp. 90-98.

9 ' 8NUTO, Carte Pieri, Corte Pi cr i-Marlinetto. Carteggio con Bianca Ceva. Bianca Ceva a Pieri, 20 maggio 1965.

Note
241

92 BNUTO. b. 1, f. 101. Bozza dattiloscritta di Lettera a ino Valcri sulla biografia di Badoglio, p. 2.

93 Per preparare la risposta al Musco e anche per il suo studio su Badoglio. Picri continuò infatti a cercare di raccogliere materiale e \'agliarlo criticamente attraverso Zangrandi. BNUTO, Carte Pieri. b. 1. f. 100, Zangrandi a Pieri. 3 gennaio 1965.

94 E. AGA Rossi, Una nazione allo sba11do ... , cii., pp. 116-117.

95 P. PrERI, L'8 settembre cit., p. 95.

96 F. FOCARDI. La guerra della memoria .... cit., pp. 40-46.

97 E. Cou.am, 1/ lsmli e la rete degli istituti associali - Cinquant'anni di vita. in •Italia contemporanea,,. n. 219 (2000). pp. 181-183.

96 R. BATIAGUA. Storia della resiste11Za italiana. 2• ed. Einaudi. Torino. 1962: R. CARu BAtLOLA . Storia della Resistenza. Edizioni dell'avanti, Milano , 1957; P. SFC:CHIA - F. FRAS· s,m, Storia della Resiste,iza. La guerra di Liberazione it1 Italia, 1943-1945, Editod Riuniti. Roma, 1965: Enciclopedia dell'antifascismo e d<'lla Hesistemm. a cura di P. Secchia, 6 voll. La Pietra. Milano. 1968-1969: per una rassegna storiografica del periodo che documentava questa evoluzione, M. LEGNASI, Recenti contributi alla storia della Resistemm, in •Studi storici•, anno 7. n. 3, l uglio -settembre 1966. pp. 591-613.

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100 ISRT. Corrispondenza con Salvcmini , b. 104, Pieri a Salvem ini. 21 gennaio 1951 .

101 A. BA,,.,,. Il Risorgime11to italia110, Laterza. Roma-Bari. 2013. p. 139.

102 M.L. SALVAOORI. Liberalis1110 italia110. i dile111mi della libertà. Donzelli , Roma. 2011 . pp. 22-23; A . 0MODEO, L'opera politica del Co11te di Ccwour. parte I. La Nuova Italia, Firenze, 1940.

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io; A.M. GHJSALBERTI, Di una bucma bibliografia e di alc1111i cliscutibili giudizi. in •Rassegna storica del Risorg imento•. Lffi, 1971. p . 623.

106 Un breve profilo in P. C.\M'.L-\N, /,a medievistica. in A. D'ORSJ. La città. la storia. il secolo. Ce11to anni di storiografia a Torino. Il Mulino. Bologna. 2001. pp. 181-197: il suo volume più importante riguardo il ruolo della casa Savoia fu F. COG.'IASSO. f Savoia nella po/irica europea lsp i, Milan o. 1941.

107 M. BAIONI. Ce11to anni di storia e me111oria risorgim<'11tali, 1895-1995. Il co111itato di Torino pr>r la storia dell'Istituto per la storia del Risorgimento. in «Rivi sta storica del Risorgimento•, 1997, f. li, p. 222-2 26.

106 BNUTO. Carte Pieri, b. 1. Bozza dattiloscritta di Lettera a d Aldo Va lori sul la b iografia di Badoglio. Torino 21 febbraio 1966.

109 L SALVATORELU, Pensiero e azione cit p. 5.

110 W. M,,ruR1, Le i11terpretm1io11i del Uisorgime1110. l,ezioni di sto1'ia della storiografia, Einaudi, Torino, 1962, pp. 555 -5 57.

111 L. S.\L\'ATORFLLI. Pen,siero e azione .... cit.. p. 4-0.

Piero Picri
242

112 P P 1ER1, Storia mili tare del RiBoryimerito, ci t , p. 3.

113 A. GRAMSC I, Il Rworgimento Eina u d i , To r ino, 1949.

114 E. SERENl, Il Capitalismo nelle campagne, 1860-1900, Eina u d i , To r ino , 1949 .

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116 Preface, in Society and Politics in the Age of Riso rgimento. Essays in Honour of Denis Mack Sm·ith , e d i red by J.A. Davis and P. Ginsborg, Camb ri dge Univer s i ty P ress . Camb r i dge, 1991, p p x ii i-x iv; D. MACK SMrrH , Cavour and Garibaldi. 1860 . A study in politica/ conflict, Camb ridg e Uni ver s i ty P ress , Ca m bri dge, 1954, e d it., Einaudi, Torino, 1958.

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124 W. Jvi.ATURJ , Le interpretazioni ci t., p p. 457,463 ' 25 È intui b il e dal fatto che n el 1 94 7 Pi schedda pubb li cò u n saggio s ulla con d otta mili tare del sovran o n e l 1 848-1 849 sulla Nuova R ivi sta Storica: C . PlsCHBDDA, L'azione di Carlo Alberto nelle campagne del 1848-1849, in • Nuova R ivista Storica,.. a. XXXI, f. 1 -2 (194 7), pp. 125-154.

126 I n seg u ito anal izzate come saggi o in d i pen den te, P. PJERJ, Il generale E. B. nelle su e carie inedite del 1848-49, in Studi di storia medievale e moderna in onore di Ettore Rota, Bari, 1956, p p. 497 -548, d i Bava p oi P ieri avrebbe scritto anche la voce d el Dizionario Biografico degli Italiani, vo i. 7, 1 970 , consul ta b ile a: http ://www.treccani.it/enci cl o p ed i a/euseb io -bava (Diz io n a rio-Biografico)/ , ultimo accesso. 25 agosto 2016.

127 W. MAT URI, Tnterpretazioni , cit., pp 533 -534

128 W. BAIU3 ER1S, Le armi del principe. La tradi.zion e milita, e sabauda , Eina u d i , Torino , 1988 , p 315 .

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Note
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159 D. l'v1AcK SMITH, Cavour e Garibaldi cit., p. 540.

160 Erano queste le tesi di G. SALVEMINI, Fu l'Italia prefascista una democrazia? , i n •Il Ponte>, gennaio (1952), pp. 166-181, regolarm e nte ri preso da P. P IBRI , Fascismo e Resistenza , in Scritt·i vari p. 417.

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167 Ivi , p. 44

168 Ivi. pp 634-726.

169 Ivi, p . 740.

110 lvi, pp. 727 -745, P. PfERI, Le forze armate nell'età della destra, G iuffrè, M ilano, 1962, soprattutto le pp. 36-71.

171 lvi , pp . 768-786 , in particolare le pp. 784-785: «Garibaldi era stato un vivace assertore de l pri n c ipio della superiorità dell'azione tattica ri sol utiva all'arma bianca, e l'ap· plicazione del princip io aveva permesso tante volte di rimediare all'inferiorità delle armi da fuoco di cu i i garibaldini dispo n evano. Ma già nella campagna del Trentino, egl i aveva dovuto sperimentare come di fronte alle carabine de i cacciatori tirolesi , sosten u te per di più dal vantaggio del terreno, l'azione tattica risolutiva non desse sempre i risultati desiderati. E o ra p iù che mai la cosa si faceva manifesta~.

172 lvi , pp. XVI-XVII.

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Note
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188 J. MONTHF,11..ET, Les in.stitutions militaires .... c it . , p. xvi .

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Piero Pieri
254

Indice dei nomi

A

Aga Rossi, E. , 177, 240n , 241n , 242n

Ago , P. , 177

Agosti, A. , 23711

Agosti, G. , 239n

Albanese, G. , 211 n

Alberti , A. , 118

Albertini, L. , 27 , 116 , 229n

Alessandro VI, Borg ia , 103

Allara , M. , 214n

Amantea , L. , 177

Amed eo di Savoia, 36

Ame11dola , G . , 136

Ancheri , E. , 229n

Andre ucci , F., 207n

Angelini. M. , 207n , 211n , 212n. 220n

Antiseri D. , 20611 , 217n

An tonicelli, F. , 170

Anto11ic elli, L. , 58

Arfé , G . , 2 1 7n

Artifoni , E. , 206n , 217n , 218n

Au erbach , B. , 127 , 128, 232n

Avallon e, E. , 120

Azéma, J.P. , 23711

Azzi , A. , 45, 213n

B

Bachi, R., 117 , 229n

Badoglio, ~ , XIX , 60 , 117 , 118 , 157 , 177 , 178 , 217n , 233n , 237n , 242n

Baioni, M. , 20711, 220n , 242n

Baj Macario, G. , 118

Balbo , C .. 190 , 191

Baldasseroni, A ., 71

Ballola, C . , 182

Banti , A. , 202 , 242n , 246n

Barbagallo, C . , xvii , 27 , 28 , 29 , 30 , 212n , 218n

Barberis , W. , 228n, 243n

Barbieri, C . , 179

Barbu to, G .M ., 223n

Barengo, U. , 20811

Ba ron H. , 227n

Bart h-Scalmani , G . , 230n

Bartoletti , G . , 10

Bassi , S. , 208n

Bastico, E. , 224n

Battaglia , R. , 3 , 164,167 , 169 , 175,176 , 182, 238n, 239n, 240 n ,242 n

Bava, E , 188 , 243 n

Becker J.J. , 22911, 245n

Beckett, I.F.W. , 65 , 20711 , 21711 , 229n , 246n

Belard elli, G., 206n, 21111 , 229n

Be ncivenga, R. , 30 , 41 , 89 , 118 , 121 , 135,137 , 138 , 139 , 140 , 142 , 225n , 233n

Bergamasco , F., 10, 208n

Bianchi , G . , 180 , 24111

Bianchi , H . 59 , 216n

Bianco , C. , 190 , 191 , 243n , 244n

Bidussa, D., 237n

Bismarck , O. von , 199 , 200 , 201

Bissolati , L, 29 ,

Black, J., 207n , 22711 , 23711, 238n

Blanc, J., 238 n , 239 n

Blanch , L., 50 , 72, 219n , 224n

Blatto, O. , 80, 222n

2 55

Bloch, M. , 174, 239n

Block, W. , 226n

Bobbio, N., 237n

Boccalatte, L., 209n

Bollati, R. , 118

Bol ton , K. , 187

Bonanate, L. , XII, 10 , 206n

Bond,B. , 204,227n,229n

Bongiovanni , L, 233n

Bonomi, I. , 179

Borghese J.V., 169

B0rg11a, P., 215n

Bonolotti, E., 16

Bortolotti, F.,8 , 10, 41, 44, 45, 165 ,208n,209 n ,214 n

Bottai G., 45

Bottai, G., 39, 45

Bovio O. , 5, 20511, 208n, 229n

Bozzo, L., 221n

Bracco, B. , 229n

Bragadin, M. , 172 , 240n

Brunetta, G.P., 216n

Brusati, U. , 147

Brusilov, A.A., 148

Bucholz, A. , 207n, 221n, 225n , 222n

Bulferetti, L., 185

Burtscher, G. , 125

Burzio, F., X

Cacciatore, G. , 216n

Cadeddu, L., 228n

Cadoma, L. , 7, 44, 116 , 118, 119,120,127 , 129,131 , 132, 133 , 135,137 ,1 38,139 , 143, 145,147,148 , 151 , 153 , 155, 229n,230n,233n,234n

Cadorna, R. , 7 ,1 18,164, 168, 178, 18 1 , 239n 241n

Calamandrei, P. , 7 , 23, 54, 109 , 164,215n,227n,238n

Ca lbia ti, A. , 118

Calza, E., 208n

Camanni , E., 209n

Camon, H., 222n

Cancian, P., 241n

Candeloro G. , 3 , 187,194,202 , 186 , 194 , 286n

Canevari, E. , 80, 92 , 222n

Cantimori D. , 3 , 7 , 31, 56, 57 , 85 , 216n , 218n,224n,228n

Capacelal tro , G., 72, 219n

Capello, L., 87, 88, 122 , 12 3, 130 , 133,138 , 139, 148 ,222n

Cappellano , F., 209n

Carano Don Vito , G . ~8, 30 , 74 , 76 , 208n,209n , 213n,214n, 22011

Carboni , G., 60 , 177 , 178 , 179, 181,216n , 217n , 223n , 228n , 241n

Cardini, F. , 224n , 228n

Carli, Ballola, R., 242n

Carlo Alberto, 141 , 188, 189 , 190 , 212n, 220n, 243n

Car lo VIII , 29 , 93 , 98, 101 , 103, 104, 109

Caro il Temerario, 222n

Casali , A. , 20511 , 211n, 218n

Castaldi , F., 59

Castellano , G., 180, 241n

Catalano, F., 180, 182

Catone, 223n

Cattaneo,C . , 67,68,88 , 165,187, 188 , 189 , 194,243 n

Cavallero, U., 117,135,137

Caviglia, E., 179

Cavina, P. , 218n

Cavour, C.B., 184, 185 , 187 , 193, 195 , 242n

Cellini, B. , 36

Cervelli, I., 206n

Ceschin. D ., 233n , 236n

Cessi, R., 194, 244n

Indice d ei n omi
e
256 - -

Ceva, B. , XV, 176, 239n, 241n

Chabod, XVI,3 , 7 , 8,30,33,34 , 35, 41,19,184,20711,20811,239n

Chiusano, V., 10

Ciampini, R., 57

Ciano, G., 179

Ciasca , R. , 30, 50, 71, 219n, 229n

Ci liberto, M., 206n

Cingari G. , 21711

Clausewitz, C. vo11, 4, 58, 65, 76 , 77, 78,80,81,82,85 , 87, 90,192 , 194, 198,199 , 200, 220n, 221n,222n , 223n , 225n

Clistene, 222n

Cocchia, A., 21011

Coceani, B., 55, 240n

Coceani, F., 173

Cognasso, F., 185. 242n

Collotti, E., 55, 180 , 23711, 239n, 241n , 242n

Colombini, C., 237n

Colombo , F., 240n

Co lonna , P. , 105

Colucci , L., 243n

Consonni, M. , 237n

Contamine, H., 188

Contamine, P. , 110, 204, 228n

Corbin, E., 73 , 74

Cornelissen, C. , 245n

Corsi C., 88

Cortese, N. , 34 , 72 , 219n

Corvisier, A., XVIII, 110, 204, 205n,206n , 228n

Cossalter, F. , 206

Costa, G., 29

Cracciolo , A., 205n

Craig, G.A. , 222n

Cravarezza, F., IX

Croce , B., XVI, 2, 3 , 7 , 9 , 15, 16, 23,27,28,29,32 , 43,47 , 48 , 49,50,66,80, 187 , 163,166,

174 , 184, 187, 206n, 208n, 210n, 211n, 214n, 220n,222n

Curato, F. , 22911

D

D ' Azeglio, M. , 184, 242n

D'Onghia, S., 8, 208n , 2090, 213n,214n,220n

D'Onofrio , E. , 29

D'Orsi, A, 213n, 215n

D ' Ovidio, F., 121, 122, 209n, 23111

Dainelli, G., 17, 21

Daniels , E. , 22611

Davis, J.A. , 24311

De Banolomeis, F. , 61

De Chaurand, F. , 131

De Cristoforis, 40 , 47 , 88 , 90 , 91

De Felice, R. , 58, 216n

De Gaulle, C ., 239n

De Longis, R., 239n

De Luna, G., 213n , 215n

De Ninno, F. , IX, XI, XVI, XVII , XVIIl, XIX, XX , 208n

De Rosa , G., 58

De Ruggiero, G. , 46

De Sanctics , G., 223n

De Santis, F. , 82

De Stefanis, G. , 178,179

De Vecchi, C.M . , 25 , 26, 75, 106

De Vries, K. , 226n

Degli Orsini, O. , 224n

Del Negro, P., XV, XVII, 10, 108 , 161 , 187 , 195,202,205n, 207n,208n,212n,227n, 22811, 237n,243n,246n

Del Pra , M., 170

Delbriick, H., XVII, XVIII, XIX, 4, 65, 76, 77 , 78 , 79,81 , 82 , 83 , 85, 87, 89,93 , 95,96, 97 , 98 , 99,100 , 101 , 103,110,194, 205n , 207n , 217n, 220n, 22111 , 222n, 223n, 224n,226n , 227n

Indice d ei
nomi
257

Della Fina, G .M ., 223n

Della Peruta, F., 186, 194, 244n

Dellmensingen, K.K. von, 6, 7, 126,129,132,133,134, 142, 143,232n,233n,234n, 235n

Delumeau, J., 227n

Deneboude, J.F., 239n

Dho, A. , 165

Di Nucci, L., 245n

Di Rienzo, E., 206 n , 207n, 229n

D i Robilant, M . N . , 121, 230n

Diaz, A., 127, 132

D u rouselle, J.B., 228n

Douhet, G . , 20, 119, 129, 209n, 230n,232n

Douzou, 238n, 239n

Drago, A. , 205n

Duby, G., XIII, 205n

Durando, G., 190

Dusnasi, 135

Echevarria, A.J., 221 n, 225n

Egger, M . , 232 n

Einaudi, G , 40

Einaudi, L., 1 1 7, 22911

Ellis, D., 228n

Erben, W., 83, 223n

Erco le, F. , 36

Erodoto, 78

Esposito, V.J., 216n

Ettore, R., 29

Eugenio di Savoia, 88

F

Faldella, E., 118, 120, 230n

Falls, C., 206n, 229n

Falsini, L., 231n

Favilli, P., 207n

Febvre, L., 239n

Federico Guglielmo di Prussia, 77

Federico II di Prussia, 78, 85, 89, 225n,245n

Filippo di Valois, 94

Flamini, F., 224n

Foa, V., 53

Focardi, F., 237n, 238n, 239n, 242n

Foley, R .T. , 222n

Forcella, E., 158, 237n

Formiconi, P. , 237n

Formigoni, G., 237n

FortunatO, G., 7, 23, 24, 51, 74, 155,210n

Fosco lo, U., 88

Fraccaro, P. , 8, 30, 83, 223n

Frangioni, A., 236n

Franzinelli, M., 210n, 215n, 236n, 239n

Frassati, F., 182, 242n

Fussell, P., 236 n

G

Gabba, E., 223n

Gabrie le, M . , XV

Galante Garronc, A., XVI, 7, 25, 54, 165, 166,210n,215n,238n

Galasso, G . , 206n, 211n, 213n, 218n

Galli della Logg ia, E , 245 n

Galli, G , 68

Garibaldi, G ., 184, 187, 192, 193, 194,195,196, 197,244n,245n

Gat, A. , 221n, 229n

Gatti, A. , 116, 118, 135, 229n, 234n

Gazzera, P., 135

Geloso, C., 230n

Gentile, E., 212n, 224n

Gentile, G , 2, 7, 1 6, 28, 184, 207n,211n

Ghi lardi, M., 239n

Ghisalberti, A.M., XV!l, 75, 106, 184, 185, 192,205n,222n,242n

Indice dei nomi
E
258
- -

Giacomiello, G., 222n

Giannelli, G., 82, 213n

Giardina, A., 224n

Giardino, G., 118, 131, 132, 233n

Gilbert, F., 220n

Ginsborg, P. , 202 , 243n, 246n

Ginzburg, L., 27

Gioberti, V., 141

Giolitti, G., 50, 235n

Giovanni di Valois, 94

Giulio Il, 104

Gneisenau, A.N. , v, 76, 200

Goetz, H., 211n

Gonzalo da Cordoba, 105

Gooch, J., 79 , 92, 222n, 225n, 232n,233n

Gramsci, A., 72, 186, 187 , 219n, 242n

Grassi, G., 215n

Graziani, R. , 168, 239n

Grazioli, F.S., 36, 89, 212n

Grilli, L., 218n

Grillo, P., 228n

Guarneri, E., 19, 141, 209n

Guglielmo Il, 152

Guicciardini, F., 28, 88

Hahlweg, W., 58, 216n

Hale, J.R., 110, 228n

Handel, M.I., 221n

Hattendorf, J.B., 65, 217n

Heberg-Roth e, A., 221n, 225n

Heuser, B., 221n

Hintze, O., 220n

Hitler, A., 55, 198. 240n

Hobohm, M., 87, 93, 101, 105, 106,224n,227n

Howard, M., XIII, XVIII, 203, 205n,221n,246n

Hughes, M.. 206n

IIéva, F., 5, 205n, 208n

Ilari, V., xv, 79, 222n, 224n

Isnenghi, M., 152, 157, 158, 207n, J

215n,233n,235n,236n, 244n

Jahns, M., 226n

Jaures, J., 199

Jomini, A.H. , 4, 77, 79, 91, 192

Keegan, J. , XIII, 77, 110, 204 , 205n,221n,228n

Kenned y, P., XIX, 206n

Kier, E., 245n

Kiszling, R., 194

Koheler, A., 83, 225n, 226n

Kohler G, 224n, 225n

La Malfa, U., 53

Labanca, N., IX, X, XX, 10 , 124, 127, 206n.207n,221n, 222n,228n,229n,231n, 232n, 235n,237n,246n

Labriola, A., 66

Lambcrt, A. , 207n

Lange, F.. 77

Laughton, J.K., 4, 206n

Lecour, A., 239n

Le Fevbre, L., 171

Leed, E.J., 23611

Legnani , M., 242n

Lehmann, E , 230n

Lemmi, F., 75

Leoni, D., 209n

Leo, S., 10

Levi, L., 215n

Levine, N ., 245n

Indice dei nomi
H
K
L
259
--

Liddel Hart , B.H., 58, 115, 143, 146 , 147,150 , 152,153,154, 229n,235n,236n

Lipsius, 84

Livio, D., 240n

Longo,L., 168,175, 212n,239n

Lovett, R.A., xix

Lowe, K., 237n

Luraghi, R., 59, 165 , 167, 205n, 216n,238n

Lussu, E., 29, 240n

Luzio, A., 75, 22011

Luzzatto, G., 7 , 29 , 30 , 211n

Machiavelli, N . , 40, 47, 51, 58, 82,84, 87 , 88, 89,90,91,93, 101,216n,222n,223n,224n, 226n,227n

Mack Smith, D., 186, 187, 195, 208n,243n,244n

Mallett, M., 109, 224n, 228n

Malvezzi, P., 239n

Manfroni, C., 35. 212n

Marchisotto, E.A., 208n

Marselli, N., 80, 91

Marx, K., 66

.Massobrio, G., 246n

.Matteotti , G., 136

Maturi, W., XVII, 3, 27, 32, 121, 184,240n,24211,243 n

Mazzini, G., 24, 67, 165, 184 , 185 , 190, 191,218n,220n,244n

Mearsheimer, J.J., 229n, 235n

Melograni, P., 144, 235n

.Mercuri, L. , 238n

Meriggi, M., 10, 243n

Miche), H., 168, 171,172,173 , 179,238n,239n

Micheletta, L.. 210n

Miozzi, M. U., 220n

Mira, R. , 180, 241n

Mirkine-Guetzévitich, Boris, 171, 239n

Mogavero, V., 231n

Moltke, H. von, 77, 201

Momigliano, A., 31

Mondini, L., 7, 185, 23011

Mondini, M., 231n , 233n

Monelli, P., 178

.Monetti, A., 1 O

Monsagrati, G., 212n

Mont, A., 52

Montanari, E., 15

Montecuccoli, R., 39, 40, 41, 47 , 58,90,91 , 215n,225n

Monteilhet, H., xvii , 198, 199, 200 , 201 ,206 n,245n

Montico11e, A., 157 , 158 , 205n, 229n,236n,237n

Montroni, G., 214n

.Morandi , C. , 3, 27, 31, 75

Morelli, E., 192

Moretti, M., 10, 206n, 217n

Morghen, R. , 7, 31

Morillo, S., 207n

Morselli, G., 224n

Murfett, M.H., 217n

Musco, E., 181, 242n

Mussolini , A., 136

Mussolini , B. , X, 23, 35, 43 , 55 , 89, 116 ,1 17 ,1 27,136 ,1 40,147, 156,209n.211n,224n,240n

Mustè, M., 207n

Napoleone, 79, 82, 91, 94

Napoleone Ili, 201

Navarro , P., 105

Nef, U.J., 109

Nelli, P., 59

Nicolini, F., 7 , 212n, 214n

Nivelle, G.R., 131

Novelli, C., 215n, 238n

Indice dei nomi
M
N
260 - -

Oman, C.W., XVIII, 65, 93 , 94 , 96,97 , 98,99 , 101,103 , 110 , 205n,223n,225n,226 n ,227n

Omodeo , A. , XVI , 3 , 7 , 8 , 23 , 34, 39 , 41,48,49, 75,86, 106 , 107,117,140 , 141,153,166

184, 1 87 , 188 , 207n,208n, 210n , 212n,213n,215n , 220n, 224n,227n,234n,235n , 242n

Orano, P., 34

Orlandini, R . , 6, 8, 209n

Orlando, V.E , 121 , 122, 123, 132

Ottocar, N., 52. 68 , 217n

Palat, B.E. , 222n

Palermo, M ., 177

Palmieri, G. , 40 , 47, 88 , 90, 91

Paoli, C., 66 , 67, 217n

Papadia, E. , 235n

Papafava , N . , 22 , 130 , 132 , 133 , 214n,231n , 233n

Paret, P., 221n, 222n

Pariani, A. , 136, 137

Parker, G. , 110, 228n

Parri, F. , 47, 53, 55, 58, 1 64 , 164, 168 , 169,170, 176,215n , 239n

Pasquale, A. , 229n

Pastorelli , P. , 229n

Pavkovich , M .F. , 207n

Pavo ne , C., 207n, 215n , 220n, 237n , 238n, 240n

Pedrocini, G., 236n

Peli , S. , 237n

Pellegrini, M ., 228n

Pepe , G , 190, 191

Pergh er, R. , 211n

Pericl e, 78

Perona, G. , 242n

Philpott, W .J., 206n

Pich ler , C. von, 124, 125, 23 1 n

Pieri, G. , 6 , 10, 45, 209n, 213n

Pieri , M., 15, 44, 208n

Pieri, S. , 14 , 44

Pili , J., 10

Pi n tor, P. , 135

Piraino, D., 25 , 26

Pirelli, G. , 239 n

Pisacane, C., 91, 190, 191 , 192, 2 44n

Pischedda, C . , 43 , 44, 57, 59 , 165 , 188, 213n, 218n, 243n

Pisone, S. , 21 3n

Plutarco , 140

Polese Remaggi , L , 215n

Pollio , A , 80

Polzleitner, J. , 125 , 231n

Pombeni, P. , 211n

Pommerin, R. , 222n

Pontieri, E. , 32, 33, 34

Porciani, I., 206n

Porticelli , F., 10

Porzio, G . , 194

Pozzatto, P. , 230n

Prost, A. , 115, 229n, 236n

Pubblic i, L., 217n

Pugliese, S.G . , 210n

Punto n i , P. , 179

Quazza , G., 5, 7 , 17 62, 205n, 208n,209n, 211n,217n

Quilici, N ., 34

Ragionieri, E., 3, 202, 228n, 246n

Ranke , L. vo n, 77 ,

Raschi n , K. , V, 124, 125 , 231n

Re, Emilio, 56

R enouv in, P. , 114, 115, 147 , 152, 150 , 151,228n ,2 29n,235n

Indi ce dei nomi o
p
Q
R
261 - -

Rial! , L., 243n, 244n

Ricotti , E. , XTV, 35 , 82 , 93

Risaliti, R., 217n

Ritter, 91, 198, 200 , 201 , 225n, 245n

Rizzo, L., 36, 212n

Roatta, M., 169, 177, 180 , 239n

Roberts , C.J. , 228n

Roberts, M., 110 , 227n

Roccia , R. , 213n

Rochat, G., XI , XV, XIX, XX, 5, 8 , 10 , 17 , 35 , 39,55,59,60,65. 82,119,120,127,130,140 , 142,157,158 , 177,196 , 204, 205n, 206n , 207n, 209n , 210n, 211n , 213n , 215n,216n,217n , 22311 , 22411 , 22911 , 23011,232n, 233n , 234n , 235n , 236n , 237n, 239n,240n , 245n , 246n

Rodolico , N., 34

Rogari, S., 237n

Romagnani, G.P. , 205n, 212n

Romano, A., 187

Romeo , R. , 186, 187 , 195 , 243n , 244n

Rosi, M. , 187

Rosse lli, C. , 23

Rosselli, N., 23

Ros si, C., 126 , 232n

Ro ss i, E., 23, 53

Rossi, P. , 207

Rota, E., 30

Ruffini , F., 27

Ruffo, F. , 72

Rusconi , G. E. , 221n, 222n

Saintclivier, J. , 239n

Saitta, A , 7 , 21711

Salandra, A., 116 , 145, 151, 155 , 229n,235n

Salvadori , M.L. , 242n, 2 4 5n

Salvatorelli, L. , 164, 173, 180 , 185,197 , 210n, 214n, 227n , 230n,240n,241n,242n,243n

Salvemini, G. , xvii, 2 , 3, 6, 7 , 9 , 16, 17,22,23,26,30,35 , 49 , 50, 52, 61 , 65,66,67,68 , 91 , 103,109 , 122 , 124,155 , 165 , 167,170, 174, 177,180 , 184, 187,191 , 196 , 206n, 208n, 209n, 210n, 212n, 213n, 214n, 215n, 216n, 217n, 218n, 219n, 220n, 223n, 225n, 227n, 229n , 231n , 232n , 234n, 236n, 238n, 239n, 241n, 242n, 243n , 244n

San Giuliano , A., 147 , 151

Sandri , R., 237n

Santomas simo, G., 238n, 239n

Saragat, G. , 59

Sass o , G., 207n

Schamhorst, G. von, 76, 77

Schemfil, V. , 125 , 126, 231n

Schiavetti, F., 29, 21111

Schipa, M., 219n

Schlieffen , A.G. von, 225n

Schmì tthenner, P. , 226n

Schwarte , M. , 128 , 232n

Secchia, P., 182 , 242n

Secco, M. 165

Sema, A. , 224n

Sereni, E., 186, 243n

Serini, P. , 21611

Sessi, F. , 237n

Se ttia , A. , 228n

Seymour, C. , 235n

Sforz a, F., 100

Shy, J. , 22211

Silva, P., 7 , 21, 30, 37, 20911, 21011 , 211n , 212n , 225n , 232n

Sircana, G., 216n

Sismondi , J.C.L.S. , 82

Smìth, D.M. , 243n

Smì th , J. T., 208n

Indice dei nomi
s
262
--

Solari, G . , 27, 46

Solmi, S. , 31

Spellanzo n , C., 7 , 187, 189 , 243n

Sp ine lli , A . , 58

Spin i, G . , 54 , 215n, 243n

Spirito , U. , 7 , 30, 212n

Stell a, P. , 2 1 9n

Stoker, D., 221n

Storti, F. , 228 n

Strachan, H. , XIX, 206n, 22111, 225n, 229n

Su sani , L., 205n

Su pino , D. , 209n

Ta b ellini, U., 178

Ta lamo , G. , 242n

Taranto , S. , 208 n

Taylor, F.L. , 225n

Tessari , T. , 165

Tessito re, F. , 218n

Tertam anzi, M ., 216n

Thes eid er, D ., 46

T ito J. B., 55

Tito Livio , 84 , 223n

Ti varoni, C., 187

Torchiani, F. , 8 , 208n , 223n

Torre, A., 229n

Tosti , A . , 119

Toynbee, Arn old J. , 174

Trama, A. , 10

Tranfag lia, N . , 60 . 205n

Tran iello, F , 212n

Trevis an, C. , 1 8 , 20911

Tu ri , G , 206n, 207 n

Valeri , N , 7 , 46, 56 , 145 , 210n , 215n,217n,227n , 230n , 242n

Valiani, L. , 168, 239n

Valori , A. , 118

Vauchez, A. , 224n

Vegesio , 88

Veillon, D . , 239 n

Ventrone , A , 237n

Venturi, F , 240n

Vieuxsseux , G P. , 57

Vig ezzi, B. , 144, 1 46 , 207n, 235n

Villan i , P. , 20 7 n

Villari , P. , 2 , 66, 206n, 217n

Vitri oli , D. , 80

Vittorio Emanuele I, 189

Vi tto ri o Emanuele II, 184 , 195

Vittorio Emanu ele III, 179

Vivar elli , R. , 206n, 236n

Vo l pe , G. , xvii , 2, 7 , 28, 32, 33 , 34, 36 , 66,67, 75,88 , 89 , 90 , 116 , 117, 144, 1 84, 20611 , 211n,219 n , 224n,229n

Wallace , J.L. , 221 n

Wieviork a , O , 237n

Wilkinso n , S , 4

Wi nter , J. , 113, 1 15 , 228n , 229n , 232n, 236n

Z ahora , B. , 10

Zanghieri , G , 179

Zangrandi, R , 7, 60, 179 , 180 , 1 8 1 , 2 1 6n , 240 n , 241n

Zanuss i, G. , 170 , 179, 180 , 241n

Ùberegger , O . , 232n

Vaccarino, G., 7 , 170 , 172, 215n, 240n

Zazz ara, G . , 207n

Zopp i, U . 1 36

Zunino , P.G. , 212n, 220n ., 237n, 238n

Zurlo, G . , 73 263 --

Indice
d ei nomi
T
V
u
w
z

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