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di Fabio Ecca
SOVRAPPROFITTI DI GUERRA: ASSENZE E PRESENZE NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO406
di Fabio Ecca
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La Grande Guerra è stata, oltre che uno scontro militare, anche un conflitto industriale in cui la qualità e la quantità della produzione a uso bellico hanno contribuito a sancire la vittoria finale. È da questa constatazione che si deve partire per offrire una rappresentazione completa della Prima guerra mondiale. Nonostante la quasi totale assenza di questo tema dalla principale letteratura, memorialistica o meno, e dalle produzioni cinematografiche, musicali e più in generale artistiche,407 si tratta di una materia estremamente interessante: basti pensare che alcuni studi hanno stimato nell’impressionante cifra di 148 miliardi di lire il costo complessivo della guerra. 408 Questa immensa quantità di denaro non è stata però sempre spesa correttamente. Tra il 1915 e il 1918, ma anche nel precedente anno di preparazione alla guerra e nei successivi anni di pace, sono infatti compiute da una parte dell’imprenditoria italiana e straniera numerose truffe e speculazioni illecite ai danni dello Stato.409 Sono quelli che comunemente vengono definiti “sovrapprofitti di guerra”, sui quali esiste un’assenza quasi totale di ricerche, e di rappresentazioni, nonostante siano ormai trascorsi cento anni dalla Grande Guerra.410
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle spese di guerra Le prime elezioni politiche del dopoguerra, quelle del 1919 che sanciscono la nascita del quinto e ultimo governo Giolitti, sono caratterizzate anche dal dibattito sui lucri di guerra, al quale l’opinione pubblica partecipa attraverso i numerosi quotidiani che vi si dedicano.411 La presenza di
406 Questo saggio è il frutto di alcune riflessioni nate durante le mie ricerche, condotte nell’ambito del corso di dottorato, per il progetto intitolato «Indagine sul sovrapprofitto. Politica, amministrazione e impresa 1914-1922». Con l’obiettivo di studiare i rapporti tra mondo politico, amministrazione e imprese tra il 1914 e il 1922, ossia nel periodo compreso tra la Prima guerra mondiale e l’inizio del ventennio fascista, la ricerca è incentrata sui “sovrapprofitti di guerra” (cfr. F. ECCA, Denaro illecito: due casi di sovrapprofitto nella Grande guerra, Krypton, 4, 2014, consultato il 10 gennaio 2015; F. ECCA, Politica, imprenditoria e malaffare nell’Italia della Grande guerra, Percorsi storici, 2, 2014, http://www.percorsistorici.it/component/content/article.html?layout=edit&id=110, consultato l’8 gennaio 2015). 407 Interessante notare che negli anni della guerra viene prodotto dal Ministero per le Armi e Munizioni, guidato dal generale Dallolio, nei giorni successivo a Caporetto un prezioso strumento di propaganda come L’Altro Esercito (1917), interamente incentrato sulla mobilitazione e produzione industriale a uso bellico. 408 La stima è riportata da Umberto Massimo Miozzi che cita una studio del 1930 della Tesoreria dello Stato secondo la quale la spesa complessiva per la Grande Guerra è stata il doppio di quanto speso tra il 1862 e il 1913 (cfr. U.M. MIOZZI, La mobilitazione industriale italiana. 1915-1918, Roma, La Goliardica editrice, 1980, p. 27). 409 L’opinione pubblica nutre sospetti sull’operato di alcune industrie private fornitrici dell’Esercito della Marina già dopo pochi mesi dall’entrata in guerra dell’Italia. È però nel 1916 che inizia quella che si potrebbe definire “campagna stampa” di denuncia di singoli episodi di malaffare, come ad esempio quella inerente al panno grigio-verde di cui si dirà in seguito. Tra i principali artefici di queste denunce vi è Luigi Einaudi, che proprio in quell’anno sostiene che «risolvere in modo soddisfacente il problema dei lucri cagionati dalla guerra è certamente grandemente difficile» («Corriere della Sera», 6 ottobre 1916). 410 Il tema è invero presente in numerosi film, come ad esempio La Grande Guerra (Monicelli, 1959), ma non è mai centrale nella loro narrazione e quindi nella rappresentazione che viene fatta della Grande guerra. 411 Tra le numerose ricerche su questo tema piace citare: A. BARAVELLI, La vittoria smarrita: legittimità e rappresentazioni della Grande Guerra nella crisi del sistema liberale (1919-1924), Roma, Carocci, 2006 e ID., La legittimità della Grande Guerra quale vettore di innovazione della politica. Il collegio di Chieti nelle campagne elettorali del primo dopoguerra, «Abruzzo contemporaneo. Rivista dell’Istituto abruzzese per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza», 15, 2002, pp. 11-51. Più in generale sulle elezioni del 1919: S. NOIRET, La nascita del sistema dei partiti nell’Italia contemporanea: la proporzionale del 1919, Manduria, P. Lacaita, 1994.
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un tema come questo nel dibattito pubblico porta Giovanni Giolitti ad annunciare in campagna elettorale la costituzione di una Commissione che indaghi sui sovrapprofitti.412
Divenuto Presidente del Consiglio dei Ministri, lo statista piemontese dà immediata attuazione a quanto promesso e istituisce, con la legge n. 999 del 18 luglio 1920, la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle spese di guerra (d’ora innanzi Commissione).413 Composta da trenta commissari, divisi equamente in quindici senatori e altrettanti deputati rappresentativi di tutti gli schieramenti politici,414 questa ha l’incarico di verificare la correttezza delle spese sostenute dallo Stato per le forniture belliche ed, eventualmente, procedere alla revisione dei contratti, delle commesse e delle indennità di espropriazione: in poche parole proporre provvedimenti in grado di reintegrare lo Stato dei lucri indebiti o eccessivi eventualmente accertati. Composta da sei sottocommissioni diverse,415 la Commissione incontra numerosi ostacoli durante la sua breve esistenza, la cui conclusione è inizialmente prevista il 31 dicembre 1921,416 soprattutto a causa della mancata promulgazione della promessa legge che le avrebbe dovuto permettere di proporre direttamente, e senza passare per il Parlamento, provvedimenti per il recupero. 417
Tra le questioni di carattere procedurale che la Commissione si trova a dover affrontare fin dai primi giorni vi è quella della pubblicità. Da una parte i commissari devono avere quella «segretezza» tale da permettere loro di operare senza eccessivi ostacoli ma dall’altra essi non vogliono perdere il contatto con l’opinione pubblica, dalle cui denunce hanno preso avvio numerose inchieste.418 Si pensi a quanto accaduto per l’indagine sul cosiddetto “grigio-verde”: già durante i primi mesi di guerra i soldati al fronte si rendono conto che il panno delle loro divise «lasciava
412 Uscito dal suo “silenzioso riserbo” il 12 ottobre 1919, Giovanni Giolitti pronuncia infatti a Dronero (Cn) un ampio e articolato discorso, il cui contenuto appare fin da subito come un vero e proprio programma di azione politica Cfr. C. PAVONE, Dalle carte di Giovanni Giolitti, Quarant’anni di politica italiana, III, Dai prodromi della grande guerra al fascismo. 1910-1928, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 263-266. In seguito l’intervento venne pubblicato nell’opuscolo Discorso di S. E. Giovanni Giolitti pronunciato in Dronero il 12 ottobre 1919 Agli elettori della provincia di Cuneo, Torino, Tipografia Artale, 1919. 413 Fondamentale per la storia di questo organo d’inchiesta sono i tre volumi su L’inchiesta parlamentare sulle spese di guerra (1920-1923), a cura di C. CROCELLA e F. MAZZONIS, Roma, Camera dei deputati, 2002, in particolar modo il primo in cui vi sono i saggi di F. MAZZONIS, Un dramma borghese. Storia della Commissione parlamentare d’inchiesta per le spese di guerra; P.N. DI GIROLAMO, “Pescecani” o patrioti? L’Ansaldo, l’Ilva, le “Armi e munizioni” attraverso le carte della Commissione parlamentare e M. SIMONCELLI, La produzione bellica aeronautica e navale nelle carte della Commissione parlamentare d’inchiesta. 414 È da notare la presenza di ben quattro deputati socialisti, a cui si devono aggiungere un repubblicano e un socialriformista. Molti tra i commissari sono importanti personalità, come Claudio Treves (uno dei leader dei socialisti), Niccolò Melodia (vicepresidente del Senato) e Giulio Rodinò (vicepresidente della Camera). 415 Archivio Storico Camera dei deputati, Fondo della Commissione parlamentare d’inchiesta per le spese di guerra (1920-1923) [d’ora innanzi ASCD, Spese di guerra], Verbale (s’intendono i verbali delle «adunanze plenarie» svolte dalla Commissione ed è seguito dal numero, in cifra romana, del verbale), I, p. 4. Denominate con le prime sei lettere dell’alfabeto, sono composte da cinque commissari ciascuna (ad eccezione della prima, che ne ha sette) e ognuna di loro si deve interessare di specifici settori: la A delle spese sostenute per le colonie e per la propaganda, la B di quelle per i generi di sussistenza, la C della produzione delle armi e munizioni, la D si occupa delle spese per la Marina, l’Aeronautica e la smobilitazione, la E dell’assistenza ai militari e alle loro famiglie e la F degli approvvigionamenti di generi alimentari e materie prime. 416 La legge n.1979 del 29 dicembre 1921 avrebbe poi prorogato il termine dei lavori della Commissione al 31 dicembre 1922. 417 La Commissione dovrà infatti aspettare fino alla fine del maggio del 1922 (G.U. n.122 del 24 maggio 1922) per vedere finalmente emanato il decreto di concessione alla stessa del potere di avanzare direttamente proposte di provvedimento. Bisogna inoltre ricordare come a tali ostacoli si aggiunge poi la “normale” resistenza degli industriali e dei numerosi quadri della pubblica amministrazione civile e militare, desiderosi di non perdere i privilegi ottenuti, che non raramente distruggono o disperdono la documentazione necessaria alle inchieste. 418 Ad esempio il 18 dicembre 1920 il presidente della sottocommissione D riferisce come l’indagine sulle «somme enormi, spese senza alcuna utilità per lo Stato, per la costruzione di 3650 Caproni e per una commissione di velivolina» è iniziata grazie a «due importanti pubblicazioni a stampa della collezione: “Le verità della guerra”» e a «un articolo del giornale Il Dovere sotto il titolo: “È opportuno e doveroso che lo scandalo avvenga. Le turpi istorie della nostra aeronautica”» (cfr. ASCD, Spese di guerra, Verbale, V, Allegato n.4, p. 25).
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passare l’acqua come un setaccio; così sotto la pioggia e la neve ed il forte freddo divenivano vere corazze di ghiaccio».419 Le indagini espletate durante la guerra 420 chiariscono che il panno “regolamentare”, quello cioè previsto dai contratti accordati dall’Erario alle industrie tessili, è stato sostituito da altri tessuti più economici ma senza le qualità previste dagli accordi stipulati. Acquisito il materiale di alcune inchieste precedenti, la Commissione riesce così a ricostruire le responsabilità individuali e collettive421 che hanno portato alla creazione di quelle «“corazze di ghiaccio”» e, soprattutto, a «procedere, in confronto degli industriali lanieri, ai recuperi» per un totale di 29.618.708,01 lire:422 una delle più importanti cifre mai stabilite nella sua breve vita.423 La rappresentazione della Grande Guerra compiuta dalla Commissione è quindi, almeno in un primo momento, positivamente influenzata dalla stampa, anche se successivamente gli stessi commissari si rendono conto che, essendo i quotidiani acquistati o controllati da alcuni di quegli stessi gruppi industriali su cui sta indagando la Commissione, le denunce sono spesso strumentalizzate per risvegliare l’attenzione sugli scandali riguardanti gli imprenditori concorrenti o destare inutili allarmismi per stravolgere il mercato interno.424 Non è un caso che il 22 e il 23 luglio 1922 la Commissione esamini e discuta la relazione sull’Ilva presentata dalla sottocommissione C, in cui un intero paragrafo è dedicato alle «Spese pei giornali».425
L’industria aeronautica Nell’impossibilità di analizzare tutti i sovrapprofitti di guerra accertati dalla Commissione per motivi di spazio, questo lavoro si concentra sui lucri illeciti inerenti al settore aeronautico, le cui peculiarità lo rendono particolarmente interessante. Quasi inesistente nel 1914, durante la Grande Guerra l’industria aeronautica italiana conosce uno sviluppo portentoso: se all’inizio della guerra non si registrano produzioni di motori o apparecchi italiani, nel 1918 vengono invece realizzati nel nostro Paese 14.820 motori e 6.523 apparecchi.426 In questo periodo nascono ben ventisette produttori d’aerei, diciotto impegnati nell’allestimento dei motori e addirittura sessantadue imprese dedicate alla produzione di eliche. Nei quattro anni di guerra si verifica insomma quello che Curami
419 Allegato n.25, Camera dei Deputati, Relazioni della Commissione parlamentare d’inchiesta per le spese di guerra, Vol. I, Roma, 1923, p. 485, testimonianza del generale Tettoni. 420 Si vedano in particolare le due inchieste condotte dal generale di riserva e Ispettore dei centri di Mobilitazione Attilio Gigli, di cui la prima è andata smarrita e la seconda è oggi in Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXVI, Sessione 1921-23, Documenti, Disegni di leggi e relazioni, Relazione finale Commissione Spese di guerra, Vol. I, p. 488 ss. 421 Le responsabilità di queste divise così scadenti sono infatti imputabili non solo agli industriali tessili ma anche alla Direzione generale servizi Logistico Amministrativi del Ministero della Guerra, tra cui il tenente colonnello Stiatti (responsabile dell’Ufficio Acquisti della Direzione Generale dei Servizi Logistici e Amministrativi del Ministero della Guerra) e il colonnello Citerni (responsabile della Direzione Generale dei Servizi Logistici e Amministrativi (Camera dei Deputati, Relazioni della Commissione parlamentare, cit., p. 511). 422 Ibidem. 423 È bene comunque ricordare che per la consegna del panno delle divise lo Stato effettuerà, nel periodo compreso tra il 1° maggio 1915 e il 31 dicembre 1918, un esborso pari a 1.326.000.000 lire. 424 Sul rapporto tra stampa, industria e fascismo cfr. P. MURIALDI, Storia del giornalismo italiano, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 121-137, e V. CASTRONOVO, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Bari-Roma, Laterza, 1995, pp. 312 e ss., dove vi è un efficace quadro del sistema proprietario e dei mutamenti che in esso si verificano. Tra i casi più significativi si segnalano le indiscrezioni pubblicate su «Il Giornale d’Italia» sull’inchiesta sull’Ilva (cfr. ASCD, Spese di guerra, Verbale, XXXIV, pp. 1-2) mentre nel novembre «il Paese», il quotidiano fondato dai Perrone (i proprietari dell’Ansaldo) in funzione antigiolittiana, muove pesanti accuse sull’esercizio della «Moto-aratura di Stato» su cui potrebbe essere implicata la FIAT (cfr. ASCD, Spese di guerra, Verbale, XLIV, p. 15). 425 Cfr. ASCD, Spese di guerra, Verbale, XXXVII, pp. 7-11. 426 Si consideri che negli ultimi due mesi del 1918 la produzione risente del ristagno per il cessare delle ostilità. Camera dei Deputati, Relazioni della Commissione parlamentare, cit., p. 321.
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definisce come un «progressivo rapido passaggio dall’artigianato all’organizzazione industriale»:427 nasce un intero, nuovo comparto produttivo la cui esistenza è essenziale per quel “mito aviatorio” tanto propagandato nel successivo ventennio fascista.428
I commissari si interessano di diverse criticità emerse in questo settore, in particolare alla gestione della Direzione Tecnica Aviazione Militare (D.T.A.M.) e all’azione del commissario Chiesa,429 per quest’ultimo soprattutto per quanto riguarda il cosiddetto “affare Caproni”, il più vasto programma di ordinazione di apparecchi bellici mai realizzato. Si tratta di un complesso progetto, il cui costo è preventivato nell’impressionante cifra di 711 milioni di lire, di cui vengono pagati dall’Erario alle società costruttrici quasi 200 milioni, a fronte di soli 130 apparecchi e 1360 motori consegnati rispetto ai 4.015 aerei e 12.700 motori previsti dal programma iniziale.430 Ciononostante la Commissione non avrebbe decretato provvedimenti di recupero sull’operato del commissario Chiesa, influenzata probabilmente dal mutato clima politico che caratterizza le sue ultime settimane di attività.431 Possiamo anzi riprendere le parole di Simoncelli il quale ritiene che la stessa Commissione non ha «potuto o voluto intervenire in forma adeguata in alcuni casi più “delicati”».432
Essa interviene in ambito aeronautico solamente per quanto riguarda i rimborsi accordati dal Comitato Interministeriale per la sistemazione delle industrie belliche (d’ora innanzi Comitato),433 il cui compito principale è quello di liquidare le numerose commesse ancora in corso e facilitare il passaggio dalla produzione bellica a quella di pace. Concedendo a ogni industria un importo variabile a seconda del valore dei manufatti finiti e consegnati anteriormente al 10 dicembre 1918, della svalutazione delle parti finite, semilavorate e delle materie prime esistenti presso le fabbriche ma divenute in esubero a seguito della rescissione totale o parziale dei contratti e un indennizzo per l’ammortamento degli impianti e degli attrezzi speciali, la Commissione stima che, all’atto della sospensione dei lavori per usi di guerra, l’importo totale delle commesse per l’industria aeronautica ammonti a 2.899.900.000 lire e le commesse espletate a soli 1.129.900.000 lire.434 La differenza, di ben 1.770.000.000 lire, rappresenta un valore complessivamente superiore a quello corrisposto per quanto consegnato e sembra testimoniare come le imprese aeronautiche abbiano guadagnato soprattutto grazie ai rimborsi concessi dallo Stato. Complessivamente la Commissione avrebbe accertato che almeno sei industrie aeronautiche avrebbero lucrato, durante e dopo la Grande Guerra e approfittando degli errori compiuti, volontariamente o meno, in questi calcoli, un totale di 3.386.000 lire. In particolare, alla ditta Piaggio e C. di Sestri Ponente l’8 maggio 1922 si richiede la
427 A. CURAMI, I primi passi dell’industria aeronautica italiana, in La grande guerra aerea 1915-1918, a cura di P. FERRARI, Valdagno, Edizioni Gino Rossato, 1998, p. 124. 428 Per la costruzione del “mito aviatorio” cfr. in particolare F. CAFFARENA, Dal fango al vento. Gli aviatori italiani dalle origini alla Grande Guerra, Torino, Einaudi, 2010. 429 In realtà la Commissione si interessa anche di altri casi, come quelli inerenti all’azione della Direzione approvvigionamenti aeronautici di Torino; la vicenda sulla “velivolina” (ossia la fornitura di componenti per comporre le vernici per i teli degli aerei); l’acquisto di apparecchi Sia 7 B/1 (velivolo che si rivela particolarmente deficiente nelle sue componenti meccaniche); gli acquisti di materiale aviatorio realizzati negli Stati Uniti e l’azione di alcuni suoi ufficiali (uno su tutti il maggiore Bensa). Molte di queste inchieste si concludono comunque senza provvedimenti di recupero da parte della Commissione. 430 Cfr. ASCD, Spese di guerra, b.130 bis, f.909, sf.7. 431 Ci si riferisce soprattutto alla nomina a Presidente del Consiglio di Benito Mussolini (31 ottobre 1922) e al moltiplicarsi delle violenze fasciste anche se non si deve dimenticare la crescente ostilità verso la Commissione da parte dei gruppi industriali (e dei quotidiani ad essi legati). 432 M. SIMONCELLI, La produzione bellica aeronautica e navale nelle carte della Commissione parlamentare d’inchiesta, in L’inchiesta parlamentare sulle spese di guerra (1920-1923) cit., p. 506. 433 La sua nascita è sancita dal decreto luogotenenziale n.1698 del 17 novembre 1918. Presieduto da Ettore Conti, riunisce imprenditori e tecnici dell’industria privata (come Alberto Pirelli e Oscar Sinigaglia) e rappresentanti dello Stato, del Ministero per le Armi e Munizioni e dell’Aeronautica. 434 In tale cifra non comprende quanto liquidato alla FIAT e all’Ansaldo, rispettivamente 65 milioni di lire e 664.474.239 lire, poiché oltre alla fornitura di materiale aeronautico hanno commesse anche per anche altro materiale (ASCD, Spese di guerra, b. 1, sfasc. 1 Costo finanziario della guerra).
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restituzione di 369.000 lire;435 alla ditta Miani e Silvestri il 6 luglio 1922 si propone un recupero 1.041.000 lire;436 alla Automobili Diatto 985.922 lire (il 9 giugno 1922), sulle 1.100.000 lire dovute437 e infine, per quanto riguarda la Gnome e Rhone, il 15 luglio 1922 la Commissione propone la restituzione di 322.027 lire.438
Conclusioni Con complesse e lunghe indagini la Commissione riesce così a stabilire che il costo complessivo della guerra è stato per l’Italia pari a 132.646.089.747,01 lire,439 di cui già a bilancio almeno 94.129.000.000 lire. Analizzando non solo i pagamenti effettuati ma anche i regolamenti e i provvedimenti adottati per la gestione della mobilitazione bellica, le modalità operative degli uffici tecnici e di quelli gestionali, la Commissione dimostra inoltre che la legislazione “di guerra” è fin dall’inizio guastata da un vizio di fondo. In particolare i rapporti tra lo Stato e i suoi contraenti non sono stati chiari anche perché le leggi e le clausole contrattuali si sono rivelate spesso illogiche e impossibili da applicare: ciò «aveva come effetto di obbligare lo Stato ad emanare disposizioni contraddittorie od a tollerare l’inadempimento o la violazione della legge».440 Questa confusione normativa ha così «consentito una gestione finanziaria della guerra piuttosto disinvolta»441 e finito con il perseguire una strategia industriale «non lungimirante perché basata sulla esaltazione dell’interesse di gruppo rispetto alle complessive esigenze del sistema economico».442
In circa trenta mesi di attività e a fronte di un costo di circa 1 milione di lire (tra stipendi, trasferte e costi di gestione ordinaria)443 , la Commissione analizza millequarantotto contratti e stabilisce che in centocinquantacinque di essi vi sono state delle irregolarità. Recupera quindi sovrapprofitti per un totale di 22 milioni di lire444 e stabilisce altri recuperi, ancora da eseguire, per 324.240.764 lire.445 Quantitativamente parlando non si tratta certo di somme impressionanti ma i meriti della Commissione sono altri e più importanti, tra i quali il principale è probabilmente quello di indicare alcune delle principali debolezze strutturali del sistema industriale italiano uscito dal dopoguerra. Non bisogna inoltre scordare che la Commissione è costretta a concludere le proprie indagini senza aver eseguito gli accertamenti su tutti i casi sospetti. Per volere di Mussolini, inoltre, il 25 novembre 1922 viene emanato un decreto legge446 in cui si stabilisce che «tutti gli atti e i documenti su cui si fonda e tutti i provvedimenti di recupero saranno presentati non oltre il termine già fissato al 31 dicembre 1922, al Governo del Re che ne curerà la comunicazione alle Camere».447 È chiara la volontà mussoliniana di controllare l’operato della stessa Commissione che, in quanto
435 ASCD, Spese di guerra, b.18, fasc.187, Relazione sulla sistemazione della ditta Piaggio & C., p. 27. 436 Ivi, fasc.189, Sistemazione della ditta Officine Meccaniche già Miani & Silvestri, p. 38. 437 Ivi, fasc. 188, Relazione sulla sistemazione della Ditta “Automobili Diatto” di Torino, p. 26. 438 Ivi, fasc.185, Sistemazione della ditta Gnome e Rhone di Torino, p. 34. 439 Dati desunti da Camera dei Deputati, Relazioni della Commissione parlamentare, cit., pp. 12-13. 440 Ivi, p.20. 441 F. DEGLI ESPOSTI, Le spese per i servizi aeronautici nella Grande Guerra, in L’aeronautica italiana nella I guerra mondiale: Atti del Convegno a cura di G. MONTINARO e M. SALVETTI, Roma, Aeronautica militare-Ufficio Storico, 2010, p. 544. 442 P. FRASCANI, Finanza, economia ed intervento pubblico dall’unificazione agli anni Trenta, Napoli, Istituto italiano per gli studi filosofici, 1988, p. 120. 443 La somma è desunta esaminando la documentazione in Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guerra Europea (d’ora in avanti ACS, PCM-GE), 19-22-9, b.188, fasc. Commissione parlamentare d’inchiesta sulle spese di Guerra, sfasc. Spese per il funzionamento della Commissione. 444 Camera dei Deputati, Relazioni della Commissione parlamentare, p. 6. 445 Cfr. Camera dei Deputati, Relazioni della Commissione parlamentare d’inchiesta per le spese di guerra, Vol. II, Roma, 1923, pp.844-847. 446 Cfr. ACS, PCM-GE, 19-22-9, b. 188, «Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra», sf. «Proroga dei poteri / Decreto Legge del 19 novembre 1922 n.1487» e G. U. del 25 novembre 1922, n. 276. 447 L’originale, con in calce la firma autografa di Vittorio Emanuele III e di Benito Mussolini, si trova in ibidem.
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istituto parlamentare, avrebbe dovuto consegnare la propria documentazione ai due rami del Parlamento, ed è altrettanto chiara la volontà del duce di evitare pubblicità ai risultati dell’inchiesta, di cui infatti viene vietata «ogni pubblicazione parziale o totale», pena sei mesi di carcere e 5.000 lire di multa per i trasgressori.448 A parte le pressioni degli ambienti economici e finanziari, in particolare degli industriali che sono assai preoccupati dall’attività della Commissione,449 questa decisione è frutto di una precisa strategia politica da parte del neocostituito governo che vuole preservare una rappresentazione positiva della Grande Guerra, anche perché Mussolini ha deciso di assumere l’«Italia di Vittorio Veneto» a mito fondante e legittimante del fascismo.450 Questa immagine non può essere compromessa in nessun modo, tantomeno mostrando a quali meschini e sordidi interessi particolari sia servita la guerra.
Espropriato il Parlamento del potere di ricevere la documentazione prodotta e raccolta dalla Commissione, Benito Mussolini si guarderà bene dal promuovere la pubblicazione, parziale o totale, delle sue inchieste o della sua Relazione generale finale che, stampata il 6 febbraio 1923 in due volumi,451 viene diffusa a un ristretto e selezionato pubblico solo il 10 marzo. Sono pochi i quotidiani, ormai controllati per la maggior parte dal fascismo, che ne continuano a parlare, anche perché alcuni fra i loro rappresentanti sono direttamente coinvolti in questi scandali, come Carlo Bazzi, il direttore de «Il Nuovo Paese» che ha fondato un Sindacato nazionale delle cooperative attraverso il quale ha partecipato all'alienazione dei residuati bellici.452 Sono molteplici inoltre le personalità fasciste direttamente coinvolte nelle inchieste, tra cui i ministri Giurati453 e De Stefani e lo stesso Mussolini, «sospettato di personali connivenze con alcuni di questi speculatori e affaristi».454 Chi ancora ne parla, come il «Corriere della Sera»455 o i quotidiani dell’opposizione,456 rischia però di risvegliare l’attenzione su questo tema dell’opinione pubblica. Particolarmente interessante è sotto questo punto di vista l’interpellanza parlamentare presentata dai deputati socialisti Lazzari, Assennato, Nobili Oro e Vella in cui si chiedono «le ragioni politiche che gli hanno fatto limitare la pubblicazione della relazione d’inchiesta sulle spese di guerra». 457 La risposta del governo pone di fatto la parola fine alla questione perché dirama, attraverso l’agenzia Stefani, un comunicato in cui si legge: «Il Governo ora non ha altro compito che quello di significare a tutti i cittadini ed alla stampa nazionale di non prolungare più oltre una polemica e una discussione che non hanno alcuna ragione di sussistere».458
448 Ibidem. 449 Cfr. M. CANALI, Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, il Mulino, 1997, pp. 87-88 e 90-91. 450 È questo un giudizio largamente condiviso dalla storiografia: per una prospettiva interpretativa particolare e emblematica cfr. G. BELARDINELLI, Il mito della «Nuova Italia». Gioacchino Volpe tra guerra e fascismo, Roma, Ed. Lavoro, 1988. 451 Camera dei deputati, Atti parlamentari, legislatura XXVI, sessione 1921-23, N. XXI, Documenti, -Disegni di legge e relazioni, Relazioni della Commissione parlamentare d'inchiesta per le spese di guerra - 6 febbraio 1923, vol. I e II, Tipografia della Camera dei deputati, Roma 1923. 452 Vedi anche V. CASTRONOVO, La stampa italiana, cit., pp. 327-8. 453 Vedi M. CANALI, Il delitto Matteotti, cit., pp. 89 e ss. e G. SALOTTI, Affarismo e politica intorno alla liquidazione dei residuati bellici (1920-1924), «Storia contemporanea», 5, 1990, in particolare pp. 850 ss. 454 C. MAZZONIS, Un dramma borghese. Storia della Commissione parlamentare d’inchiesta per le spese di guerra, in L’inchiesta parlamentare sulle spese di guerra (1920-1923) cit., p. 217. 455 A titolo esemplificativo, si vedano gli articoli del 16 marzo, 20 marzo, 21 marzo, 23 marzo (rispettivamente «un’inchiesta del Governo sulle alienazioni dei materiali di guerra», p. 1, «L’inchiesta sulle spese di guerra e le polemiche per la vendita dei materiali» p. 1, «La questione dei materiali residuati di guerra. Nuovi particolari e nuove polemiche» p. 1, «Le responsabilità per i materiali di guerra. Polemiche sulla portata e gli effetti delle risultanze d’inchiesta» p. 2). 456 Tra questi si distingue «l’Avanti!» che ad esempio il 17 marzo 1923 pubblica l’articolo I succhioni dello Stato. Gli amministratori dell’"Ilva" nelle risultanze dell’inchiesta sulla guerra. 457 «Corriere della Sera», 23 marzo 1923, p. 2. 458 Ivi, 24 marzo, p. 3.
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Finisce con questo ordine perentorio la discussione pubblica sui sovrapprofitti di guerra, 459 la cui assenza nelle successive rappresentazioni della Grande Guerra ha portato a un’importante lacuna nell’immaginario collettivo e nella storiografia. L’assenza e la presenza di questo tema sono stati fattori politici, ancor prima che economici, determinanti nel primo dopoguerra e per la vigente rappresentazione della Prima guerra mondiale. In occasione dei cento anni dall’entrata in guerra del nostro Paese, riproporre un tema così straordinariamente attuale e allo stesso modo complesso pone nuove interrogativi sul rapporto tra industria, amministrazione e politica durante la guerra del 191518 e sulle origini del fascismo.
459 Solo «l’Avanti!» ne continua a parlare per qualche giorno (Lo scandalo per i residuati di guerra. Dopo le polemiche la parola al magistrato del 26 marzo e Il Governo e l’inchiesta sulle spese di guerra del 28 marzo).
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