Rivista Marittima Aprile 2021

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O SSERVATORIO Altra crisi politica nel Caucaso Alla fine dello scorso febbraio, la polizia ha fatto irruzione nella sede del Movimento Nazionale Unito (MNU), partito di opposizione a Tbilisi, in Georgia, per arrestare il suo presidente, Nika Melia. Il raid e l’arresto, trasmessi in diretta e video registrati da osservatori, hanno gettato il paese in una nuova, profonda, crisi politica. Dato il ruolo di lunga data di Melia come spina nel fianco del partito attualmente al potere, il «Sogno Georgiano», la sua detenzione è sembrata essere una dimostrazione di forza politicamente motivata per intimidire i critici del governo. La mossa ha provocato proteste in Georgia e UE; Stati Uniti e organizzazioni per i diritti umani hanno espresso preoccupazione. L’incidente solleva interrogativi sulla traiettoria politica e strategica della Georgia e a seguito dell’intero scacchiere del Caucaso. Per quasi due decenni, l’ex repubblica sovietica è stata lodata come una delle più brillanti democrazie della regione. Tuttavia, uno sguardo più attento agli sviluppi politici dalla sua «Rivoluzione delle rose» del 2003 rivela ripetute oscillazioni tra tendenze opposte, che riferiscono agli interessi strategici contrapposti di Mosca e dell’Oc-

Il leader dell’opposizione georgiana, Nika Melia (periodicodaily.com).

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INTERNAZIONALE cidente. L’ostilità tra il MNU e il «Sogno Georgiano» è radicata nella reciproca animosità e inconciliabile divergenza ideologica tra i rispettivi fondatori: rispettivamente l’ex discusso presidente Mikheil Saakashvili e l’eccentrico miliardario Bidzina Ivanishvili. Uno scandalo carcerario del 2012 aveva messo in moto un’inchiesta approfondita che ha portato alla luce gli eccessi extragiudiziali dei servizi di sicurezza di Saakashvili, che ha permesso al «Sogno Georgiano» di sconfiggere il MNU alle elezioni del medesimo anno e avviare un progressivo, anche se contestato, riavvicinamento a Mosca. Ivanishvili, pur non avendo un ruolo formale, resta centrale nella vita politica georgiana, mentre Saakashvili, ora in esilio (e dopo molti problemi anche in questa condizione nella città ucraina di Odessa), continua a lottare contro il «Sogno Georgiano» etichettandolo come un partito filo-russo desideroso di allontanare la Georgia dalla sua traiettoria filo-occidentale e riportare la nazione nella soffocante influenza di Mosca. La storia personale di Ivanishvili e i suoi sforzi per migliorare i rapporti con Mosca hanno aiutato questa narrativa. La realtà, tuttavia, è molto più sfumata. Ciò che è chiaro è che il contrasto tra i due uomini e tra le loro fazioni politiche è profondo, sottolineando la realtà di un paese profondamente diviso e che non ha fatto onestamente i conti con il proprio turbolento passato, sia esso recente o meno. Gli attriti tra le due linee politiche sono ulteriormente peggiorati dopo le elezioni del 2020, che l’opposizione accusa di essere state manipolate a favore del «Sogno Georgiano», nonostante l’OSCE le abbia dichiarate corrette, sebbene la pandemia Covid-19 abbia complicato gli sforzi degli osservatori elettorali. A seguito dei risultati, le opposizioni (MNU in testa) hanno deciso di boicottare l’assemblea parlamentare (la Georgia ha un parlamento monocamerale), ma come spesso accade, l’idea dell’Aventino porta a scarsi risultati e marginalizza gli assenti e l’arresto di Melia ne è stata ulteriore prova, anche se la stessa coalizione al governo è scossa da problemi interni e defezioni. Saakashvili è stato ben considerato in Occidente per le sue riforme anti-corruzione e di

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