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NATO e UE nei nuovi scenari di sicurezza. Quale rapporto?

Giampaolo Di Paola

Ammiraglio (ris). Nato a Torre Annunziata (NA) il 15 agosto 1944, è entrato in Accademia navale nel 1963. Dopo la specializzazione presso la Scuola sommergibili dal 1968 al 1974 ha prestato servizio con vari incarichi a bordo dei sommergibili e unità navali tra cui quello di comandante dell’incrociatore portaeromobili Garibaldi nel 1989-90. Ha frequentato il NATO Defence College a Roma (Italia) e dal 1981 al 1984 ha prestato servizio a Saclant (Norfolk - Virginia, Stati Uniti). Dopo importanti e prestigiosi incarichi nell’ambito dello Stato Maggiore Marina nel 1994 è capo del Reparto politica militare dello Stato Maggiore Difesa e il 30 novembre 1998 capo di Gabinetto del ministro della Difesa. Segretario generale della Difesa il 26 marzo 2001, ha mantenuto l’incarico fino al 10 marzo 2004 quando è stato promosso a capo di Stato Maggiore della Difesa, incarico che ha mantenuto fino al 12 febbraio 2008 quando è nominato presidente del Comitato militare della NATO, composto dai capi di Stato Maggiore dei ventisei paesi dell’alleanza. Il 16 novembre 2011 è nominato ministro della Difesa della Repubblica Italiana e in tale ruolo ha ricoperto anche l’incarico di cancelliere e tesoriere dell’Ordine militare d’Italia.

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ARTICOLOEDITOSUINVITODELLA DIREZIONE

Sembra trascorso un secolo e invece è passato solo un anno o poco più da quando l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump sosteneva che la NATO fosse obsoleta, mentre il presidente francese Macron ne dichiarava la morte cerebrale.

E invece l’Alleanza atlantica sembra non solo in buona forma ma anche cerebralmente molto attiva e sulla strada del ripensare sé stessa.

Del resto i nuovi scenari di sicurezza da un lato e la nuova presidenza statunitense dall’altro richiedono questo ripensamento e una rinnovata riflessione sulla strategia dell’Alleanza.

Il Segretario generale (SG) della NATO, il norvegese Jan Stoltenberg, ormai da tempo richiama gli alleati a una nuova visione per l’Alleanza, una visione da lui definita «Alliance 2030» e che in numerose dichiarazioni pubbliche ha tratteggiato basandola su tre capisaldi come segue: — una NATO che continui a essere una solida e forte alleanza militare; cioè un’Alleanza capace di maggiori investimenti nella propria difesa, dotata di moderne capacità in un epoca in cui, con l’affacciarsi di nuove tecnologie «disruptive» — quali l’intelligenza artificiale (AI), il Quantum Computing (QC), le nuove nano-tecnologie, e sistemi d’arma unmanned e ipersonici — assistiamo all’avvento di una nuova rivoluzione negli «Affari militari» per la quale gli americani hanno coniato il termine «Hyperwarfare», cioè una condotta di operazione a velocità e con tempi decisionale e di azione/reazione brevissimi e fino a ieri impensabili; — una NATO rafforzata come alleanza politica; perché la NATO è il solo luogo dove i paesi dell’Europa e nord atlantici si incontrano e lavorano insieme quotidianamente. Pertanto è necessario rafforzare questa realtà e usare sempre più l’Alleanza come un foro di franca discussione politica su tutti i temi inerenti alla sicurezza (dalla potenziale sfida russa, al Medio Oriente, all’Africa e da ultimo ma non ultimo alla Cina e all’impatto della sua crescita come potenza globale sulla nostra sicurezza); — una NATO con un approccio più globale, perché pur essendo un’Alleanza regionale, le sfide con cui si deve confrontare sono sempre più globali. Le minacce cyber, la assertività russa, il terrorismo, la proliferazione nucleare, le pandemie, i cambiamenti climatici e la Cina, la cui ascesa sta cambiamento radicalmente «the balance of Power», spostando il centro di gravità geopolitico dall’Atlantico all’Indo-Pacifico. La Cina è un competitore sistemico per struttura politica, economica e valoriale e una sfida alla nostra sicurezza in

«La NATO e l’Unione europea hanno iniziato un percorso di riflessione e di studio che le condurrà a rinnovarsi e a meglio adattarsi al futuro per meglio rispondere alle sfide e alle minacce del nuovo contesto geopolitico e geostrategico» (Fonte immagini testata: repubblica.it e iss.europa.eu). In basso: il Segretario generale della NATO, Jan Stoltenberg che «ormai da tempo richiama gli alleati a una nuova visione per l’Alleanza». Qui ritratto assieme

alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (EC).

senso lato e alla nostra primazia tecnologica, una sfida che richiede un approccio collettivo e coordinato tra Europa e Stati Uniti per accrescere la nostra competitività e resilienza e per difendere un ordine globale liberale fondato sulla «Rule of Law».

È sulla base di questa visione e su mandato dei capi di Stato e di Governo dell’Alleanza che il SG della NATO

ha costituito all’inizio del 2020 un gruppo ristretto di saggi (tra cui l’italiana Marta Dassù) per riflettere e fare proposte sulla NATO del futuro, una riflessione che costituisse una base propositiva inziale per la definizione di un nuovo «Concetto Strategico dell’Alleanza» in sostituzione di quello attualmente in vigore, approvato a Lisbona nel 2010 e non più riflettente il contesto strategico attuale e futuro, in cui la Russia è ritornata a essere un protagonista globale con proiezioni di potenza mondiale e non più regionale (e non più un partner strategico come nella prima decade di questo secolo) e la Cina è emersa come un nuovo rivale sistemico.

Il risultato del lavoro del gruppo di saggi, co-presieduto dallo statunitense A. Wess Mitchell (diplomatico e senior US official) e dal tedesco Thomas de Maizière (ex ministro dell’Interno e della Difesa della Germania) si è articolato in un sostanzioso rapporto presentato al SG NATO e ai paesi membri nel novembre 2020 dal titolo: NATO 2030 - United for a new Era.

Come ci ricorda Marta Dassù in un suo articolo per l’Aspen Institute (1), la «visione» e le conclusioni del rapporto possono essere sintetizzate in tre messaggi chiave come segue: — primo: il contesto di sicurezza in cui opera la NATO è cambiato profondamente dal 2010 in poi ed è dominato dalla competizione tra grandi potenze e da rischi globali crescenti e richiede un nuovo concetto strategico. L’assertività russa è diventata più eclatante e pericolosa (Georgia, Crimea, Ucraina, Siria, Libia, Bielorussia, avvelenamenti Skripal e Navalny e più di recente e per quel che più direttamente ci riguarda come Italia e Forze armate, il caso di presunto spionaggio militare). Parallelamente, la Cina è emersa prepotentemente come «rivale» sistemico; il fianco Sud è sconvolto da numerosi conflitti e la rivoluzione tecnologica «disruptive» sta avendo un impatto distruttivo sul contesto di sicurezza.

La conclusione che si può trarre da questa analisi è che la NATO per rimanere rilevante per la sicurezza dei suoi paesi membri e per contribuire alla stabilità internazionale deve acquisire una prospettiva globale. Ciò significa avere un approccio più globale alla sicurezza che per esempio rafforzi il partenariato con i paesi dell’area Asia-Pacifico, quali il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, la Nuova Zelanda e l’India.

È interessante qui osservare come questa riflessione richiami e sia armonica con la posizione assunta di recente dagli Stati Uniti sotto la presidenza

Il diplomatico e senior US official A. Wess Mitchell (useu.usmission.gov)

co-presidente, assieme al politico tedesco ed ex ministro dell’Interno e della Difesa della Germania Thomas de Maizière (accanto) - (financialtribune.com), del gruppo ristretto di saggi istituito all’inizio del 2020 per riflettere e fare proposte sulla NATO del futuro.

Biden per un rilancio della collaborazione tra le de- Questo rischio potenziale ci conduce al terzo messagmocrazie dell’Indo-Pacifico, il cosiddetto Quad gio chiave; (Quadrilateral Security Dialogue, Stati Uniti, Giap- — terzo: la relazione tra NATO e Unione europea è pone, Australia e India) (2) in chiave di competizione assolutamente centrale ed essenziale. Va certamente ine contenimento della Cina. coraggiato lo sviluppo di un’efficace ed efficiente di-

Analogamente, oltre a fronteggiare con un’efficace de- mensione della Difesa europea, ma in un quadro di terrenza la Russia, la NATO dovrà far fronte alla perdu- piena sinergia e complementarietà con la NATO e in rante minaccia del terrorismo, all’emergere di nuove sfide e rischi nella regione artica e all’instabilità del fianco Sud europeo, perché come dice il rapporto «quando i paesi del vicinato meridionale della NATO sono più sicuri, anche la NATO è più sicura»; — secondo: la seconda decade di questo secolo ha visto la crescita di potenze autoritarie il cui scopo è di indebolire le democrazie occidentali e l’ordine globale liberal-democratico consolidatosi negli ultimi settant’anni dalla fine del Se- I leader del Quadrilater Security Dialogue (QUAD) hanno recentemente rilanciato la collaborazione tra le democrazie dell’Indo-Pacifico. Da sinistra: il primo ministro indiano Nerendra Modi, il 46o presidente degli condo conflitto mondiale. Ma, oltre Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro giapponese, Yoshihide Suga, e Scott Morrison, primo ministro dell’Australia (yahoo.com). a questo, la sicurezza degli alleati NATO è esposta alle minacce globali derivanti dal cam- un contesto di più forti legami istituzionali e politici tra biamento climatico, dalle pandemie e dai pericoli deri- le due organizzazioni senza esclusioni o preclusioni per vanti da un uso perverso (malware) del dominio i paesi europei della NATO non UE. cibernetico. In sostanza viviamo in un’epoca di simulta- Quest’ultimo messaggio chiave della riflessione in neità strategica, dove cioè le minacce e le sfide alla sicu- ambito NATO ci introduce alla prospettiva europea rezza sono multidimensionali. Da questa constatazione il della dimensione di sicurezza. secondo messaggio chiave, ovvero che la NATO pur ri- È chiaro come l’affermazione di Macron sulla NATO manendo una forte Alleanza militare, per guadagnare e «cerebralmente morta» fosse un’iperbole polemica mimantenere il supporto pubblico, così vitale in democrazia, rata a risvegliare l’UE e i suoi membri da quello che lui dei cittadini dell’Alleanza, dovrà anche attivamente so- riteneva un letargo strategico. Del resto lo stesso Macron, stenere la dimensione della «Human Security» e della re- il 19 febbraio 2020, nel suo intervento all’edizione spesilienza delle nostre società democratiche. ciale a distanza della tradizionale Conferenza sulla sicu-

Questo richiede di aprire un nuovo capitolo nella rezza di Monaco di Baviera, affermava: «credo nella lunga storia dell’Alleanza di continuo adattamento, un NATO e credo che la NATO abbia bisogno di un nuovo capitolo necessario per evitare il rischio di disaccop- impulso politico per chiarire il suo concetto strategico e piamento nella valutazione delle sfide, dei rischi e delle il suo approccio politico» (3). minacce tra gli Stati Uniti focalizzati sull’Asia-Pacifico In realtà, a partire dall’approvazione nel giugno (il famoso «pivot to Asia-Pacific» di obamiana memo- 2016 della Global Strategy for the EU’s Foreign and ria) e gli alleati europei essenzialmente focalizzati sul Security Policy, nella quale per la prima volta si faceva teatro e sul vicinato europeo. un qualche riferimento al concetto di autonomia stra-

tegica e all’esigenza che «l’UE sia rafforzata come Comunità di sicurezza: gli sforzi europei nel campo della sicurezza e difesa dovranno permettere all’UE di agire autonomamente ma anche di contribuire a intraprendere azioni in cooperazione con la NATO», l’UE ha iniziato un progressivo percorso di rafforzamento sia istituzionale sia operativo delle proprie capacità nella dimensione della sicurezza. Mi riferisco alla PESCO (Permanent Structured Cooperation) ma anche all’European Defence Fund che per la prima volta nella storia dell’Unione stanzia risorse comuni per la ricerca tecnologica e lo sviluppo di capacità militari nel settore della Difesa dell’ordine di circa 8 miliardi di euro in 5 anni, certo non molto ma comunque un inizio.

Pur tuttavia, a fronte d’una Unione che procedeva ancora timidamente sia in campo di volontà politica sia capacitivo nel settore della Difesa, Macron rilanciava l’iniziativa di una forte autonomia strategica dell’Unione nel campo della sicurezza con l’acquisizione di importanti capacità militari «High End» da svilupparsi e acquisire in Europa anche attraverso una consolidamento e un rafforzamento della base industriale europea della difesa. Questa visione francese è stata ripresa recentemente dal presidente Macron nel suo intervento alla sopra citata Conferenza sulla sicurezza di Monaco nel febbraio scorso nel corso della quale ha affermato: «il concetto di autonomia strategica per l’Europa non significa un tentativo di staccare l’Europa dagli Stati Uniti danneggiando la NATO, ma invero l’opposto, perché se si guarda alla questione del «burden sharing» nell’Alleanza, si vedrà come una larga parte degli investimenti e degli impegni sia sostenuta dagli Stati Uniti. Io penso che questa (l’autonomia strategica dell’Unione) sia la via per ribilanciare la relazione transatlantica e per dare evidenza all’alleato e amico americano che noi (gli europei) siamo un partner affidabile e responsabile e credo anche che avere una Unione europea che investa molto di più nella Difesa ci renda molto più credibili come membri della NATO» (4).

Tuttavia il dibattito sull’autonomia strategica dell’Unione rilanciato dalla Francia è ancora percepito con riserve dalla Germania, che guarda con prudenza se non timore a una politica militarmente più assertiva e muscolare da parte dell’Unione e teme il rischio di un potenziale disaccoppiamento dalla NATO e dagli Stati Uniti, rischio ancor più decisamente percepito dai paesi europei settentrionali e orientali che vedono in una forte presenza NATO e statunitense in Europa la sola garanzia di una deterrenza e difesa efficace dalla eventuale possibile minaccia russa.

Anche nei circoli politici e d’elaborazione del pensiero strategico dell’alleato statunitense si intravede una doppia anima sul tema dell’autonomia strategica europea. Infatti, da un lato, il desiderio di vedere gli europei incrementare in misura sostanziale, sia finanziariamente sia operativamente il loro contributo alla difesa comune, dall’altro il timore che il concetto di autonomia strategica possa alla lunga sottendere, anche in maniera non voluta, un qualche effetto «disaccoppiamento», con conseguente indebolimento dell’Alleanza. È in questo contesto che va inquadrata la più recente iniziativa europea nel settore della sicurezza, cioè l’elaborazione in corso di una «Strategic Compass» (bussola strategica) per l’Unione nel campo della difesa e sicurezza. L’esercizio è nella sua fase iniziale, dovrebbe concludersi in un anno e ha lo scopo prioritario di dare maggior concretezza e direzione strategica all’ambizione europea di diventare un più significativo «Security Player». A tal scopo, la bussola strategica partirà dalla valutazione delle minacce e delle sfide di sicurezza che fronteggiano l’Unione al fine di individuare le concrete capacità necessarie a rendere l’Unione più capace, più efficace e più operativamente pronta e tempestiva nella risposta alle crisi e nel fornire sicurezza. L’Unione dovrà accrescere la propria resilienza anche attraverso un accesso sicuro ai così detti «Global Commons» (quali: cyber, spazi marittimi, spazio); determinare le proprie vulnerabilità e deficienze nel settore della sicurezza e difesa e accrescere l’assistenza e solidarietà reciproca tra i paesi membri dell’Unione.

In questo contesto, come ha rappresentato il generale Graziano (5), presidente del Comitato militare europeo nella sua audizione sullo Strategic Compass alla Commissione difesa senato a fine marzo di quest’anno, vi è l’esigenza avvertita dalla componente militare dell’Unione di dotarsi di robusti sistemi di comando e controllo, di una capacità di pianificazione avanzata, di più efficaci procedure per la generazione delle Forze, di più efficaci procedure per lo sviluppo della capacità militari in ogni possibile scenario, inclusi quelli più impegnativi

che richiedano un «Full Spectrum Force Package» cioè capacità militari «high end» (come si dice nel gergo operativo, ovvero di alto/altissimo livello).

In conclusione, sia la NATO sia l’Unione europea hanno iniziato un percorso di riflessione e di studio che le condurrà a rinnovarsi e a meglio adattarsi al futuro per meglio rispondere alle sfide e alle minacce del nuovo contesto geopolitico e geostrategico, di cui si è discusso nella prima parte di questo articolo. La sfida delle sfide sarà quella di assicurare piena e forte coerenza strategica e operativa ai due processi così da evitare ogni rischio, seppur larvato e non voluto, di disaccoppiamento tra le due organizzazioni, pur nel rispetto delle rispettive autonomie decisionali e al contempo di far crescere in misura significativa le capacità militari europee in un quadro europeo e atlantico così da assicurare agli europei ruolo e capacità militare più significative e bilanciate all’interno dell’Alleanza atlantica.

In questa sfida, l’Italia (insieme alla Francia, la Germania ma anche al partner britannico) può e deve giuocare un ruolo importante. La convinzione e l’impegno dell’Italia sia nella NATO e il rapporto transatlantico che nella crescita del ruolo sicuritario dell’Unione europea è non solo tradizionalmente nota ma anche al di sopra di ogni sospetto, e lo è ancor più oggi con l’attuale governo di unità nazionale sotto la guida del presidente del Consiglio Mario Draghi e l’alta vigilanza istituzionale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Inoltre, sul piano operativo, le Forze armate italiane sono impegnate in un importante processo di ammodernamento tecnologico e capacitivo, anche sostenuto da una valida ed efficace base industriale.

Giusto per citare un solo esempio come segue. Le capacità operative di assoluto livello come l’F-35, a disposizione oggi sia delle forze aeree che navali italiane (è recentissima la qualificazione ottenuta dalla portaerei Cavour negli Stati Uniti a operare il Joint Strike Fighter), rendono lo strumento militare italiano partecipe di una ristrettissima élite transatlantica dotata di tale esclusiva e avanzata capacità. Inoltre, il sostanziale rinnovamento in corso della componente navale nazionale consente all’Italia di giuocare un ruolo di primo piano nella dimensione marittima sia nell’ambito della NATO sia in quello europeo, una dimensione che acquista ancor più peso e rilevanza a fronte della ascesa globale della Cina.

Queste potenzialità e capacità militari fanno a buon diritto dell’Italia un ruolo importante nei processi di adattamento delle due organizzazioni di cui siamo parte e vanno sostenute e dirette con una guida politica e politico-militare coerente in grado di assicurare una piena e più avanzata coordinazione, complementarietà e interoperabilità tra NATO e Unione europea.

In estrema sintesi: «più Italia in Europa, più Europa nella NATO». 8

«Le capacità operative di assoluto livello come l’F-35, a disposizione oggi sia delle forze aeree che navali italiane (è recentissima la qualificazione ottenuta dalla portaerei Cavour negli Stati Uniti a operare il Joint Strike Fighter,nell’immagine il velivolo sul ponte di volo dell’unità), rendono lo strumento militare italiano partecipe di una ristrettissima élite transatlantica dotata di tale esclusiva e avanzata capacità». Accanto: il presidente del Comitato militare dell’Unione europea, generale Claudio Graziano secondo il quale «vi è l’esigenza avvertita dalla componente militare dell’Unione di dotarsi di robusti sistemi di comando e controllo, di una capacità di pianificazione avanzata, di più efficaci procedure per la generazione delle Forze, di più efficaci procedure per lo sviluppo della capacità militari in ogni possibile scenario» (Fonte immagine: difesa.it).

NOTE

(1) Marta Dassù, La nuova NATO e la sfida con Pechino, 7 dicembre 2020, aspeniaonline.it, https://aspeniaonline.it/la-nuova-nato-e-la-sfida-con-pechino. (2) Roberto Menotti, Biden, il «Quad» indo-pacifico e la diplomazia costruttiva, 15 marzo 2021, https://aspeniaonline.it/biden-il-quad-indo-pacifico-e-la-diplomaziacostruttiva. (3) europeanaffairs.it, 21 febbraio 2020, https://www.europeanaffairs.it/blog/2020/02/21/conferenza-di-monaco-macron-guarda-ad-oriente. (4)europeanaffairs.it, 21 febbraio 2020, 21 febbraio 2020, https://www.europeanaffairs.it/blog/2020/02/21/conferenza-di-monaco-macron-guarda-ad-oriente. (5) Un compasso strategico per la Difesa europea. La linea del gen. Graziano, https://formiche.net/2021/03/strategic-compass-graziano-difesa-europea.

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