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Inviti ai vari. Ricordi e tradizione tra orgoglio e speranza

Antonello Gamaleri

Laureato in ingegneria navale e meccanica, già dirigente di aziende internazionali è stato direttore tecnico del settore traghetti passeggeri e navi da trasporto di Fincantieri Direzione navi mercantili dal 1998 al 2002; dal 2003 al 2009 è stato direttore della progettazione di base e preventivazione della Direzione navi militari. Ha poi continuato come consulente di Finmeccanica (ora Leonardo) fino al 2013. È membro dell’European Technical Committee dell’ABS, dell’Italian Technical Committee del LR e del Naval Vessels Classification Committee del Bureau Veritas. Morosini 64-67 (corso Barracuda) e Accademia navale (corso Antares).

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Il cantiere del Mar Piccolo di Taranto era il famoso Cantiere Tosi. Di antico radicamento (1914) nel Mar Piccolo (Little Bay come recita il vecchio pianetto nautico dell’Ammiragliato britannico del tardo Settecento con tutti i «fathom» accuratamente scandagliati) si era specializzato per la costruzione di sommergibili, naviglio militare e mercantile minore ed era ancora molto attivo anni Cinquanta. Al cantiere Tosi chi scrive ha visto tagliare, da due maestriesperti, con la scure, le enormi gomene di sicurezza a prua sullo scalo, dopo la benedizione e l’ordine: «in nome di Dio taglia!», e la bottiglia di vino che intanto si infrangeva sulla prua.

Resoconti delle cerimonie del 1800, quasi dei veri e propri filmati, si possono leggere in articoli apparsi sulla Gazzetta di Milano (1827) con notizie del Ducato di Genova e sulla Gazzetta Piemontese (che viene riportata in estratto nella pagina successiva) per la stessa cerimonia di cui entrambe le testate scrivevano.

Si tratta del Cantiere della Foce, dove fu varata la fregata da 50 cannoni, il Beroldo per la Marina Sarda (1).

Pianetto nautico probabilmente tratto da una pubblicazione dell’Ammiragliato britannico, fine Settecento (collezione autore). In apertura: tipico braccialetto tradizionale con le medaglie d’oro dei comandi navali. Un gioiello sfoggiato ai vari dalle mogli degli ufficiali (collezione privata).

La notizia del varo della fregata da 50 cannoni BEROLDO, 1827 (Gazzetta

Piemontese).

gegneri navali, poi la Regia Accademia navale nel 1881 a Livorno e tra il 1884 e il 1891 fu la volta delle acciaierie di Terni e Pozzuoli, della Vasca navale Froude a Spezia, dell’arsenale di Taranto, dell’Ufficio studi preparazione bellica e del silurificio di Venezia. Il Duilio era un progetto innovativo ed ebbe grande risonanza mondiale. Il Cantiere della Foce sulla spiaggia a Genova continuò anche nei decenni successivi all’Unità. Vi si costruirono anche le torpediniere tipo «Pattison» su progetto inglese, progenitrici dei cacciatorpediniere tre pipe (classe «Insidioso») dei primi anni Venti. Negli anni Trenta, i vari delle navi importanti, sia mercantili sia militari, furono fatti nel cantiere Ansaldo di Sestri Ponente a Genova e nei cantieri CRDA di Monfalcone. L’archivio Ansaldo di Genova, che ha riunito pure in parte vecchi archivi dello Stabilimento di Muggiano e di altri stabilimenti storici, raccoglie fotografie molto numerose, una miniera di informazioni per l’occhio esperto. Esse hanno in genere come soggetto solo

Il resoconto di quel varo ci mostra la cerimonia e le alcuni scorci della nave o del suo insieme da un punto di operazioni tecniche nel cantiere sulla spiaggia, a sini- vista di immagine pittorica e documentazione della ceristra della foce del torrente Bisagno, a est della vecchia monia, ma non si concentrano nella descrizione di particittà di Genova. Per il varo della corazzata Duilio a Ca- colari e sequenze interessanti a una lettura dei dettagli stellammare di Stabiail giorno 8 maggio1876 (era mi- tecnologici e ingegneristici dell’evento. Così sono ritratte nistro della Marina il vice ammiraglio Simone Pacoret le autorità all’arrivo e sul palco e poi le maestranze, altra di Saint Bon e progettista Benedetto Brin) riporto degli importante parte dell’evento, sempre nel loro complesso. estratti del resoconto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Non vi si trovano fotografie di operazioni speciali delle del Regno d’Italia del 9 maggio 1876. maestranze impegnate nella delicata manovra del varo.

«…omissis… la banda suonò l’inno …omissis… Le fotografie degli operai che spalmano il sego e il mastro Non v’è più alcun ritegno e la nave non si muove: pas- (maestro) che con la scure taglia l’ultima rizza a prora, sano due minuti secondi, momento terribile, di ansia qui presentate come esempio, sono tratte da riviste ameuniversale…Ah! urrà! urrà! evviva! evviva! oooh! … ap- Operai intenti a spalmare il sego e, accanto, immagine di un mastro con la scure pronto al taglio (da un giornale plausi … omissis…». In statunitense del 1945). quegli anni la Regia Marina, sia con le azioni politiche in parlamento per ottenere i finanziamenti, sia con una tenace e lungimirante azione coordinata su diversi fronti, iniziò a organizzare la flotta. Nel 1871 era stata costituita la Regia Scuola superiore navale di Genova per gli in-

ricane del 1945. Negli Stati Uniti, il fotografo sembra leggere il varo non solo come festa, ma come avventura del pensiero e della capacità dell’uomo di fare.

Il varo di una nave era dunque festa del lavoro, delle maestranze, della dirigenza e della capacità industriale, ma anche un avvenimento mondano. Ci si vestiva per l’occasione con abiti da cerimonia da mattino, come si nota in questa bella immagine tratta da un varo in Gran Bretagna. L’uomo in tight e la signora in un bell’abito di quegli anni.

Nei cantieri navali italiani degli anni Trenta furono varate le grandi navi passeggeri, tra cui il Rex a Genova, le navi per la Regia Marina e tutte le navi per la flotta mercantile. Le costruzioni degli anni Venti e Trenta furono caratterizzate dalla difficoltà di approvvigionamento di acciaio da costruzione, solitamente importato dalla Gran Bretagna anche per le navi militari, poiché la produzione nazionale di acciaio non era sufficiente al fabbisogno. L’industria siderurgica impostata con lungimiranza dalle scelte politiche di fine Ottocento era ancora insufficiente. Divenne poi sufficiente solo con il miracolo economico degli anni Cinquanta e la costruzione di nuovi stabilimenti siderurgici. Ora nel 2021 si potrebbe rischiare di regredire di un secolo se dovessimo perdere la capacità di produrre in casa l’acciaio, indispensabile per tutta l’industria manifatturiera italiana.

Oltre alle navi per gli armatori italiani e per la Regia Marina furono costruite anche navi militari per l’estero. Un esempio possono essere, tra gli altri, i cacciatorpediniere classe «Kocatepe» per la Marina turca. Interessanti le foto del varo con le autorità turche laiche, scaturite dalla rivoluzione di Kemal Ataturk, e con la madrina. Le fotografie del varo dell’Eugenio di Savoia

Una coppia elegante in Gran Bretagna negli anni Venti (archivio autore).

Accanto: varo della turbonave ROMA, 1926. Cantiere navale Ansaldo di

Sestri Ponente (Ansaldo).

1931. Due immagini che ritraggono il varo, presso il Cantiere navale Ansaldo di Sestri Ponente,

del CT KOCATEPE

(classe «Adatepe»), per la Marina Turca; in alto la madrina della cerimonia (Ansaldo).

sono interessanti per la ricchezza delle inquadrature di tutte le personalità presenti alla cerimonia. Ci mostrano il mondo italiano delle autorità dei dignitari e delle signore, la bottiglia che si infrange oltre alle tradizionali foto d’insieme della massa delle maestranze e degli invitati a terra intorno alla nave da varare. Vi sono anche le foto dei vari delle due corazzate gemelle classe «Vittorio Veneto». Una al CRDA di Monfalcone e l’altra al Cantiere Ansaldo di Genova Sestri Ponente.

Queste rappresentano la classe di navi corazzate gio-

16 marzo 1935. Due immagini del varo, presso il Cantiere navale Ansaldo di Sestri Ponente, dell’incro-

ciatore leggero EUGENIO DI SAVOIA. In alto le auto-

rità presenti alla cerimonia. Accanto: in alto, 25 maggio 1937, varo presso i cantieri CRDA di Monfal-

cone della RN VITTORIO VENETO alla presenza dei

Reali. Una bella carena da 30 nodi e 130.000 hp, quattro linee d’assi e oltre 40.000 t di dislocamento; in basso: 22 agosto 1937, varo, presso il Cantiere navale Ansaldo di Sestri Po-

nente della RN LITTORIO (poi ITALIA) - (Ansaldo). iello della progettazione e tecnologia italiana di quegli anni e le più potenti navi da battaglia dell’epoca. Il terzo esemplare della classe, la corazzata Roma, costruita al Cantiere San Marco (CRDA) fu varata il 9 giugno 1940.

Nel dopoguerra, le navi militari ormai erano costruite per lo più nello stabilimento di Riva Trigoso oltre che in quello di Castellammare di Stabia, dove fu varato l’innovativo incrociatore portaelicotteri Vittorio Veneto, il 5 febbraio 1967. Al cantiere di Sestri Ponente si costruivano in quegli anni navi mercantili per armatori italiani e le ultime grandi navi passeggeri, mentre si attrezzava il cantiere con bacini di costruzione. Il cantiere di Riva Trigoso (2) aveva mantenuto il varo tradizionale sullo scalo, sulla spiaggia in mare aperto, sostituito poi solo recentemente dalla costruzione su piattaforma orizzontale e trasferimento su un pontone con carrelli oleodinamici che spostano un’intera nave da settemila tonnellate e oltre.

Il varo della nave sullo scalo inclinato con la poppa al mare ha sempre caratterizzato i vari in Mediterraneo. Infatti, i vari erano fatti dalle spiagge dove erano cre-

Carta nautica della baia di Riva Trigoso (pagineazzurre.com).

sciuti i cantieri delle tradizionali navi di legno per tutto il 1800, sino a quelle di «ferro» di fine secolo. La complessità tecnica e tecnologica, dai primi vari di piccole navi (leudi, golette, brigantini e navi) dalle spiagge, era cresciuta enormemente al crescere delle dimensioni delle navi da varare. Fu necessario adottare l’ingegneria e studiare e calcolare per prevedere e controllare l’evento. Bisognava prevedere le interazioni dello scafo con l’invasatura collegata che entrava in acqua di poppa e su linee di galleggiamento non usuali, con pesi e baricentri tutti particolari e in continua transizione. Per curiosità, e solo da guardare, proprio perché ha anche un suo fascino grafico evocativo, lo schizzo della nave al varo (tratto da Studio Dinamico del Varo, Università di Genova, 1970) è la formula che esprime l’integrale della equazione differenziale in dx (cioè gli spostamenti sulla distanza x da percorrere sullo scalo) del moto della nave al varo.

Per arrivare ai risultati necessari dello studio del varo si elaboravano (un tempo a mano e con grande dispendio di tempo e attenzione) tabelle e grafici di posizioni relative di centri di spinta e baricentri nel transitorio dello scivolamento e dell’entrata in acqua della poppa e del galleggiamento di una parte della nave mentre ancora un parte toccava lo scivolo e poi del galleggiamento del complesso nave e invasatura. E poi un’altra complicazione era la preparazione dello scalo, sopratutto sulle spiagge con mare aperto. Per ogni varo andava rifatto lo scalo nella parte che proseguiva sotto il livello del mare per un tratto. Costi importanti e sempre soggetti alla variabilità delle condizioni del tempo e del mare.

Schizzo della nave sullo scalo con le geometrie e le forze in gioco. Tratto

da Studio Dinamico del Varo, Università di Genova, 1970 (autore).

L’integrale dell’equazione differenziale del moto della nave al varo in dx sul percorso dello scalo (archivio autore).

E c = P.h e

Equazione energia cinetica della nave dopo aver compiuto il percorso x. In alto: l’integrale dell’equazione differenziale del moto della nave al varo in dx sul percorso dello scalo. (archivio autore).

Lo stile delle cerimonie del varo

Si è già detto come la festa fosse allora, e lo è ancora tutt’oggi, anche un evento mondano. La cerimonia dunque ne è influenzata. Le signore dei vari ancora degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, come negli anni Venti e Trenta erano sempre eleganti e vestite in modo particolare per la cerimonia che si svolgeva sempre la mattina. Le madrine poi avevano tutto un loro clichè e charme particolare tra eleganza e stile. Esse erano sempre scelte nella famiglia degli armatori privati o per le navi della Marina tra personalità pubbliche o discendenti o vedove di ufficiali o decorati al Valor Militare cui erano intitolate le navi. Le mogli degli ufficiali di Marina (le consorti) invitate ai vari sfoggiavano il tradizionale braccialetto a maglia marina con attaccate le medaglie d’oro tradizionali delle navi e dei comandi navali del marito, sia navi sia comandi di terra, collezionate in modo affettivo spesso in quaranta e più anni di servizio. Le medaglie commemorative rappresentavano l’immagine simbolo della nave e qualche volta

avevano il motto sul retro. Tutte prodotte in genere dalla famosa ditta Picchiani e Barlacchi di Firenze. Nella fotografia, un esempio di braccialetto con diverse medaglie di navi degli anni Trenta.

Tra gli altri partecipanti spiccavano gli ammiragli in bianco o in blu, i politici, i vertici del cantiere e le autorità, il direttore del cantiere sempre in tuta bianca con gli ingegneri e i tecnici. Quando tutti erano sistemati nella tribuna e la rappresentanza dei marinai in armi era stata schierata e le autorità avevano preso posto, allora iniziava il rito con tutta la sua sequenza. C’erano innanzi tutto i discorsi che davano importanza alla politica, la quale doveva assicurare il lavoro per il futuro. L’armatore privato confermava in genere la bontà dell’investimento, che avrebbe portato all’azienda la nuova nave, nuove rotte e attività in crescita per la compagnia armatrice. L’amministratore delegato del cantiere si inorgogliva per il lavoro e per l’opera delle capacità non solo di ingegneria, ma anche di produzione, di lavoro delle maestranze e degli operai e rilanciava verso il politico la speranza del lavoro futuro. E gli ammiragli che, a seconda se la nave fosse militare o meno, avevano ovviamente un accento ben diverso per l’opera e per le innovazioni introdotte sulla nuova unità e richiamavano la necessità di nuove navi per la Marina, non solo per compiti di difesa, ma per consolidare il Potere Marittimo necessario per i liberi traffici internazionali. Per il rappresentante della forza lavoro, questo «spazio» è sempre stato utilizzato sin dagli anni Venti e si è conservato sino ai giorni nostri; egli parla per chi il lavoro lo ha realizzato e ne richiama la sua continuità senza dimenticare mai l’accenno all’orgoglio dell’opera compiuta. Infine, c’era la benedizione religiosa e solo dopo arrivava l’ordine del direttore agli operai. Così iniziava a impartire gli ordini assieme al direttore del varo: «togliere i puntelli (in antico), togliere le ritenute, togliere gli scontri, ecc.», e dal cantiere riceveva il via libera e l’assicurazione che la nave era ora solo vincolata sull’ultima ritenuta di prua: due enormi gomene o una grande rizza. A quel punto al lato erano pronti gli operai muniti di scure. Al via libera, il direttore ordinava: «in nome di Dio taglia!». La madrina, dal palco, con una piccola scure, tagliava con un colpo netto un cavetto che faceva cadere la bottiglia che si infrangeva sulla prua e gli operai (i maestri o mastri) con precisi colpi di scure tagliavano le ultime ritenute. La nave era libera di scivolare. Qualche attimo di attesa e batticuore in genere prima dell’inizio dello scivolamento, causa l’attrito di primo distacco, e poi la discesa iniziava e la velocità aumentava sino a che la poppa entrava in acqua e generava un’ondata che rallentava la corsa. In tutto questo scenario vi era uno sventolio di bandiere e di gran pavese. Si sentiva fisicamente la gioia, si sentivano suonare le sirene, la banda militare che intonava qualche musica a tema, gli squilli di tromba, le urla di entusiasmo, gli applausi, lo sguardo di tutti che seguivano con il batticuore e con l’emozione il primo galleggiamento una volta finito lo scivolamento. Infine, il piccolo inchino della prua finito l’appoggio della invasatura sullo scalo. Il famoso «saluto», e la nave galleggiava tra le barche festanti. Subito intorno, tutte le barche a dare il benvenuto e a dare assistenza, poi la nave messa in sicurezza dai rimorchiatori in attesa. A bordo dell’unità varata marinai festanti che agitavano i berretti. Il giorno dopo i pescatori si sarebbero dedicati a raccogliere l’enorme quantità di residui di segogalleggiante intorno allo scalo e dove era avvenuto lo scivolamento. Oggi giorno operazioni superate in parte da meccanismi e pulsanti, elettronica e sistemi oleodinamici. Seguiva poi il rinfresco, il pranzo o il buffet nei capannoni del cantiere.

Gli inviti ai vari negli anni Cinquanta e successivamente

Dalla vecchia scatola, dove erano conservati, ho ritrovato degli inviti ai vari, permessi per entrare in cantiere, cartoncini per la tribuna delle autorità, inviti a ricevimenti, e inviti a bordo di navi italiane, inglesi e americane del dopoguerra. Ci appare una Taranto dimenticata, primi anni Cinquanta per poi arrivare a una Genova anni Sessanta, Settanta e Ottanta.

Rivivono così le immagini del cantiere del Mar Piccolo, e le buste con i timbri postali, gli indirizzi e tutti gli stampati con istruzioni e informazioni sulla nave e sulla cerimonia, invitano alla lettura delle formule e delle parole usate nei cartoncini dei vari e degli inviti con lo stile degli anni, la forma, i caratteri e i modi. Sono tutti da osservare e fanno capire qualcosa dei gusti e dello stile ormai dimenticati di allora e di quelli

Inviti al varo dell’avviso scorta CIGNO.

Cantieri di Taranto, Mar Piccolo, 1957 (archivio autore).

Invito al varo della MN CESARE D’AMICO. Cantieri navali di

Taranto, 1957. In basso: varo della

fregata ALPINO, Riva Trigoso, 10

giugno 1967 (archivio autore).

di oggi. I cartoncini invito sono scritti quasi sempre con il carattere corsivo inglese. La forma è quella tradizionale ed è nominato chi invita: in genere per i ricevimenti all’Ammiragliato o a bordo è la moglie dell’ammiraglio comandante e, per i vari e per i ricevimenti, i vertici dell’industria cantieristica. Poi era scritto a macchina o a mano il nome dell’invitato e quasi sempre è aggiunto: «e consorte»,oppure la forma è differente: «La SV è invitata, ecc.». Nel varo si concentrava, soprattutto un tempo, l’aspetto tecnico e del primo contatto con il mare, ma raccoglieva e raccoglie antiche paure, superstizioni e riti; ma anche un rito sacrale che segue tutta una serie di passi. E la nave ha una «madrina» e viene «sacrificato» simbolicamente il vino come negli antichi sacrifici pagani, rompendo la bottiglia sulla prua che la bagna. La nave viene benedetta dal sacerdote perché opera dell’uomo e dovrà affrontare i pericoli del mare e viene recitata la Preghiera del Marinaio. Solo dopo la benedizione, il direttore del Cantiere, ormai esauriti tutti i discorsi dà il via alla sequenza delle azioni, che sembrano anch’esse rituali, ma seguono invece la razionalità dell’ingegneria.

I vari di fine anni Sessanta a Riva Trigoso (allora Cantieri Navali Riuniti) hanno visto la classe delle nuove fregate per la Marina. Una classe di navi con progetto innovativo. Si percorre un po’ anche la storia evolutiva dei progetti e delle navi vedendo poi quelli dei successivi anni Settanta e Ottanta.

Lo stile dell’invito è molto tradizionale, come tutto ancora in quegli anni. Ed era segno di eleganza anche formale.

Per le navi mercantili e per le grandi navi da crociera costruite da Fincantieri in bacino, la cerimonia del varo viene negli anni via via sostituita con quella della consegna all’armatore privato. La cerimonia racchiude anche altri aspetti di successo contrattuale dell’impresa tra costruttore e armatore e di inizio di attività commerciale della nave.

La cerimonia è quella che gli inglesi chiamano «battesimo» (christening o naming). Così la cerimonia si è trasformata: c’è sempre la madrina e sempre la bottiglia che si infrange sulla prua. Ma, la madrina spesso non è più legata all’armatore, ma può essere una personalità pubblica, un’attrice, una modella in ausilio al marketing del business commerciale.

Per un certo tempo ancora nel mondo mercantile dei grandi armatori italiani è stato mantenuto il vecchio stile tradizionale.

Per le grandi navi da crociera invece lo stile è cambiato in modo radicale per seguire il gusto internazionale e sopratutto l’immagine del business ben studiata dal marketing tra il grande armatore internazionale e Fincantieri. Interessati entrambi a dare grande evidenza anche pubblicitaria all’evento.

Il marketing e il nuovo stile di Fincantieri hanno «contagiato» anche gli inviti ai vari delle nuove navi della Marina a partire dall’ultimo varo tradizionale, al cantiere di Riva Trigoso, del troncone di poppa del Cavour, poi unito con la parte di prua nel bacino galleggiante di Muggiano. Un’operazione di raffinata tecnologia, che è stata poi studiata presso di noi da altre diverse Marine. Per le navi militari, il varo è rimasto l’evento importante che marca il processo di costruzione della nave. Non si tratta più ormai del varo tradizionale, ma di un varo tecnico. La nave, nei moderni processi costruttivi è oggi quasi completa, costruita su una piattaforma in piano e fatta galleggiare in bacino dopo il trasferimento su chiatta. La consegna della nave avverrà poi terminate le prove in mare e la messa a punto degli apparati. Ma intanto si nota dai cartoncini di invito come il gusto e lo stile siano variati e come il marketing e l’immagine abbiano fatto premio sulla tradizionale forma e stile degli inviti. La cerimonia nel suo complesso ha mantenuto invece la maggior parte delle sequenze fondamentali tradizionali, così la festa per le maestranze e le autorità, pur con un indirizzo a razionalizzare.

Varo della fregata CARABINIERE,

Riva Trigoso, settembre 1967 (in

alto). Varo del CT AUDACE, Riva

Trigoso, 1971 (accanto). In basso: varo della nave idrografica

AMMIRAGLIO MAGNAGHI, Riva

Trigoso, 8 ottobre 1974, e a seguire, i cartoncini di invito per il

varo della fregata AS MAESTRALE,

Riva Trigoso, Cantieri Navali Riuniti, 1981 (archivio autore).

Conclusioni

La capacità di progettare e costruire navi moderne in acciaio con gli apparati di propulsione in evoluzione fu consolidata in Italia dopo l’Unità verso gli ultimi decenni del 1800 e poi tenacemente sviluppata e mantenuta sino ai giorni nostri, in parallelo alla crescita delle industrie strategiche e delle acciaierie necessarie e al servizio di tutta l’industria manifatturiera.

Ovviamente, l’abilità italiana di costruire navi in legno era antichissima, come testimoniano gli sforzi compiuti da Roma al tempo delle guerre puniche e poi, l’organizzazione standardizzata della costruzione delle galee nella Repubblica di Genova (ponentine, più alte di bordo e più immerse) e della Serenissima Repubblica di Venezia (levantine, più basse di bordo e meno immerse). È interessante ricordare come in Dante, Inferno, canto XXI, vi sia un famoso passo che attesta la nomea dell’arsenale di Venezia come modello (3). La parte nuova arrivò con lo sviluppo industriale e le navi progettate e costruite da un complesso di ingegneria, maestranze e imprenditoria che possiamo definire «contemporaneo», con organizzazione sociale diversa dal passato. Il varo ha preso quindi questa moderna forma di festa ed evento modano e politico al tempo stesso. L’industria navale, rispetto ad altre industrie, suscita nei suoi addetti un particolare amore per il prodotto nave, un amore che si estende incondizionatamente dall’operaio al dirigente. Esso trova proprio la pubblica espressione nella cerimonia del varo, dove si uniscono e si fondono l’amore per il proprio lavoro e dell’opera compiuta con l’orgoglio delle capacità presenti insieme con la speranza per il futuro e mantenendo ben cari e vivi la tradizione e i riti con antichissime radici. 8

Consegna della GRANDE FRANCIA,

Napoli 2002. Accanto: varo del

CAVOUR (troncone di poppa), Riva Trigoso 2004 e del CAIO DUILIO (classe

fregate tipo «Orizzonte») Riva Trigoso 2007 (archivio autore).

NOTE

(1)Il Beroldo, fregata da 50 cannoni della Marina Sarda. Esistono due ex voto di due persone diverse in due santuari liguri diversi per la tempesta superata nel 1856 davanti alle coste del Madagascar. (2) Il cantiere di Riva Trigoso attivo sin da fine Ottocento. Prima Cantieri del Tirreno, poi Cantieri Navali Riuniti e infine Fincantieri. (3) «Quale né l’arzanà de’ Viniziani/bolle l’inverno la tenace pece/a rimpalmare i legni lor non sani/ché navicar non ponno in quella vece/chi fa suo legno novo e chi ristoppa/le coste a quel che più viaggi fece/chi ribatte da proda e chi da poppa/altri fa remi e altri volge sarte/chi terzeruolo e artimon rintoppa».

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