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SPECIALE - Milite Ignoto: un simbolo che dal passato guarda al comune futuro

Ogni nazione conserva — e deve conservare — il senso della memoria. In essa risiede il significato che i propri caduti esprimono per il concetto stesso di Patria. Non è un esercizio di retorica, ma il legame profondo che lega tutta una comunità, nello spazio e nel tempo. Così l’Italia uscita vincitrice dalla Prima guerra mondiale (costata (1) circa 680.000 militari caduti, di cui circa 406.000 per fatti bellici e oltre 950.000 feriti. Le vittime civili, si stima, furono circa 600.000 a causa delle avversità della guerra), provvedeva a fissare il proprio sacrificio, in termini di vite umane, di una guerra che aveva avuto come effetto l’ampliamento dei propri confini non già per la ricerca di uno «spazio» vitale, bensì per la ricongiunzione di pezzi della comunità italiana. Una comunità che la geografia politica, per varie ragioni, aveva frammentato nel corso del tempo. Su tale scenario si inserisce quindi il Milite Ignoto che non fu un mero atto celebrativo, bensì l’esigenza di memoria di tutto un popolo, a perenne ricordo di un sacrificio collettivo. L’idea di onorare il sacrificio compiuto da tanti uomini in arme per la Patria tramite il corpo di un ignoto soldato, fu dell’allora colonnello Giulio Douhet (1869-1930) (2), che dalle pagine della rivista Dovere, nel luglio del 1920, lanciò tale proposta. Il Milite Ignoto venne collocato al Vittoriano, il 4 novembre 1921, al termine di una cerimonia profondamente toccante: «Il 4 di Novembre del 1921 il popol nostro, che aveva, seguito con grande ansia le vicende della titanica guerra a cui milioni di uomini han partecipato con fede, lasciando sui campi della gloria il fiore della giovinezza d’Italia, votata al sacrificio sublime per la Quarta Unità, ha assistito di persona o collo spirito ad uno dei più maestosi riti di amore e di patriottismo, allorquando, nella Città Eterna, una salma ignota, coperta un tempo di grigio verde, ha salito l’altare dedicato

Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II (mole del Vittoriano), chiamato per sineddoche Altare della Patria, è un monumento nazionale italiano situato a Roma, in piazza Venezia, sul versante settentrionale del colle del Campidoglio, opera dell’architetto Giuseppe Sacconi. È situato al centro della Roma antica e collegato a quella moderna grazie a strade che si dipartono a raggiera da piazza Venezia. Il monumento ha un’ampia valenza simbolica rappresentando — grazie al richiamo della figura di Vittorio Emanuele II e alla realizzazione dell’Altare della Patria — un tempio laico dedicato metaforicamente all’Italia libera e unita e celebrante — in virtù della tumulazione del Milite — il sacrificio per la patria e per gli ideali connessi (wikipedia.it).

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alla memoria del Re Galantuomo per dormirvi il più fausto sonno degli Eroi santificati dalla devozione e dalla riconoscenza» (3). Ancora oggi leggendo il libro di Augusto Tognasso — che sta per compiere 100 anni dalla pubblicazione — si comprende il profondo significato di quell’evento, un evento che ha generato un simbolo, che tuttavia non è stato creato ex nihilo, bensì è il prodotto di uno sforzo e di un sacrificio collettivo, frutto di un genuino pensiero di una comunità nazionale.

Pertanto, ricorrendo in questo anno il centenario della tumulazione all’Altare della Patria del Milite Ignoto, e approssimandosi la Festa della Repubblica Italiana del 2 giugno 2021, appare doveroso e significativo ricordare dalle colonne della Rivista Marittima quel momento così significativo e così saldamente legato al Tricolore e ai valori della Repubblica.

Come ben noto, al Vittoriano, la salma del Milite Ignoto è tumulata in un loculo sepolcrale rivestito, all’esterno, da una lastra che riporta inciso in latino: «Ignoto Militi». Furono prescelte undici salme, sconosciute, esumate dai luoghi dove più aspra in guerra era infuriata la battaglia. Esse furono disposte, alla fine, in

Antonio Bergamas fu arruolato nell’Esercito austriaco. Nel 1916 Antonio disertò, fuggì in Italia e si arruolò volontario nel 137º Reggimento di fanteria della Brigata Barletta con il nome di Antonio Bontempelli, una falsa identità imposta dal Regio Esercito per accogliere tra le sue file gli irredentisti. Mentre guidava l’attacco del suo plotone, durante un combattimento alle falde del monte Cimone di Marcesina, il 16 giugno 1916, fu raggiunto e ucciso da una raffica di mitraglia. Al termine della battaglia, nelle sue tasche fu trovato un biglietto nel quale si pregava di avvisare dell’avvenuta morte il sindaco di San Giovanni di Manzano, l’unica persona al corrente della sua reale identità. La salma di Antonio fu dunque riconosciuta e sepolta assieme agli altri caduti nel cimitero di guerra di Marcesina sull’Altipiano dei Sette Comuni. Tuttavia, a seguito di un violento bombardamento che distrusse il cimitero, Bergamas e i compagni periti con lui risultarono ufficialmente dispersi (wikipedia.it). Accanto: Maria Maddalena Bergamas (Gradisca d’Isonzo, 23 gennaio 1867-Trieste, 22 dicembre 1953) è stata la donna italiana che fu scelta in rappresentanza di tutte le madri italiane che avevano perso un figlio durante la Prima guerra mondiale, del quale non erano state restituite le spoglie (wikipedia.it).

maniera volutamente non più distinguibile tra loro; ce n’era anche una proveniente dal Basso Piave, nel settore dove vi erano i caduti della Regia Marina, precisamente dal cimitero militare di Ca Gamba, nei pressi di Jesolo. La scelta fu affidata a una «mamma spirituale» del Milite Ignoto, ovvero Maria Bergamas, il cui unico figlio era morto e disperso in battaglia. Il 28 ottobre, nella Basilica di Aquileia: «Il Generale Paolini (4) e l’on. Paolucci (5) porsero il braccio a Maria Bergamas che, sorretta dai due Eroi, lentamente, quasi ogni passo segnasse la via di un destino, camminò verso i feretri ove fu lasciata sola a compiere il rito seguendo l’impulso del suo spirito. Il momento era solenne; il silenzio che regnava nel Tempio, era rotto a tratti dai singhiozzi; sui volti sfigurati di tutti correvano delle lacrime. S. A. R. il Duca d’Aosta, il Ministro della Guerra on. Gasparotto e le autorità tutte avevano gli occhi bagnati di pianto, mentre, nella rigidità della commozione, austera, seguivano ansiosi le mosse di Maria Bergamas. Lasciata sola parve per un momento smarrita; teneva una mano stretta al cuore, mentre coll’altra stringeva nervosamente le guance. Poi, sollevando in atto d’invocazione gli occhi verso le navate imponenti, parve da Dio attendere che Ei designasse una bara come se dovesse contenere la spoglia del suo figliolo. Quindi, volto lo sguardo alle altre mamme, cogli occhi sbarrati, fissi verso i feretri in uno sguardo intenso, tremante d’intima ambascia, incominciò il suo cammino. Così, trascinandosi a fatica, raccolti l’anima e il cuore nelle pupille che scrutavan le bare, trattenendo il respiro, giunse di fronte alla penultima, davanti alla quale, oscillando sul corpo che più non la reggeva e lanciando un acuto

La cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria durante la Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate del 4 novembre 1921, con le bandiere dei reggimenti di fanteria che omaggiano la salma (wikipedia.it). In basso: la bara del Milite Ignoto non ancora inumata all’Altare della Patria (esercito.difesa.it). Nella pagina accanto: 25 aprile 2020, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella rende omaggio al Milite Ignoto in occasione del 75º anniversario della liberazione (Presidenza della Repubblica).

grido che si ripercosse nel tempio, chiamando per nome il suo figliolo si piegò, cadde prostrata e ansimante in ginocchio abbracciando con passione quel feretro. Il rito era compiuto» (6).

In realtà tutta la vicenda di quel simbolo è intessuta di attimi come anche l’arrivo a Roma, davanti a un’Italia unita e, in quell’istante, tutta in ginocchio e al di sopra delle parti davanti a quel treno speciale che l’attraversava, da Aquileia fino alla capitale. Essa fu riscritta, nel 1969, da Giulio Bedeschi (1915-1990) (7) e sarebbe pertanto stonato e inutile aggiungere ulteriormente, in queste poche righe, a quelle pagine sempre attualissime e da antologia.

Vogliamo casomai ricordare, in questa sede, altri attimi, universali, di un simbolo che, oltre la propria, singola Bandiera per la quale è caduto, appartiene all’umanità tutta.

In Gran Bretagna, per esempio, esiste, nell’imponente Abbazia di Westminster, sepolto «tra i re», un Milite Ignoto britannico lì collocato a imitazione di quanto deciso dai francesi con la fiamma eterna posta nell’Arco di trionfo, a Parigi.

Fu molto più dura per i tedeschi dopo la più spaventosa guerra e conseguente sconfitta. Così, soltanto nel 1932, Berlino decise di fare qualcosa utilizzando, a questo scopo, la Neue Wache, un tempietto ottocentesco dedicato, in precedenza, ai caduti delle guerre napoleoniche prima dell’inaugurazione, nel 1913, del gigantesco monumento di Lipsia. Gli austriaci, a loro volta, riconsacrarono, a diversi anni di distanza e con discrezione, la Heldenplatz (Piazza degli eroi) di Vienna.

Più complicato il caso del tempio giapponese Yasukuni Jinja. Ideato nel 1869 in nome dei caduti morti per l’unità nazionale e la piena restaurazione, dopo secoli, del potere imperiale, avviando così (sia pure a passi forzati) quel paese, fermo da oltre tre secoli, all’avanguardia del mondo moderno, lo Yasukuni Jinja è, appunto, un tempio Shintoista, ovvero un luogo sacro. Avendo accettato, nell’agosto 1945, nonostante tutto, di rispettare le prerogative dell’Imperatore, gli statunitensi lasciarono pertanto spazio, al momento della resa di Tokyo, anche a quel tempio, con tutto ciò che esso rappresentava in termini di cultura, sacrificio e fede nel progresso. Quel sacrario ospita quasi due milioni e mezzo di ceneri e salme di uomini e donne, militari e civili, nipponici e stranieri, caduti per cause di guerra per l’impero del Sol Levante.

Non possiamo non citare infine «The Tomb of the Unknown Soldier» (lett. La tomba del soldato sconosciuto) monumento dedicato al Milite Ignoto americano, prescelto tra alcune salme di militari non identificati e caduti in combattimento, sui campi di battaglia in Francia, della Grande guerra. Il monumento, molto famoso, è situato presso il cimitero nazionale di Arlington, in Virginia (Arlington National Cemetery). La salma prescelta rientrò negli Stati Uniti a bordo del vecchio incrociatore Olympia mentre le altre rimasero in Europa nel cimitero di Meuse-Argonne American Cemetery.

Si potrebbero menzionare numerosi altri esempi, ma, volendoci fermare — ancora una volta solo per un attimo — sulle dolorose e costose lezioni che questi luoghi ed eventi suggeriscono, è impossibile non formulare alcune riflessioni di fondo valide per tutti, sotto qualsiasi latitudine, cultura e bandiera.

La prima è che certe manifestazioni non si impongono: si sentono e nascono spontanee nel profondo del popolo, di ogni popolo.

La seconda riflessione è che il tempo non passa invano. Non passa e basta. Determinati avvenimenti e tragedie si traducono nella necessità di ricordare, onorare, conservare; in una parola vivere (certo solo per un istante, ancora e sempre un istante), esperienze che non sono trasmissibili, ma i cui effetti modificano per sempre le menti, cioè la cultura, collettiva. Alcuni di questi simboli sono universali, altri invece particolari. La storia del «simbolo» del Milite Ignoto da particolare — caso italiano — diviene universale poiché oggi quasi cinquanta Stati (8) posseggono monumenti al proprio «Milite Ignoto»!

La terza e, a nostro avviso, più importante conclusione è che si tratta di «cicatrici dell’umanità», anche a quattro generazioni di distanza e, in quanto tali, non chiedono di essere riaperte o sezionate. Esse sono piuttosto la prova indelebile di quanto possa riuscire a fare, e sopportare, l’umanità; beninteso non singoli, eccezionali eroi, che pure ci furono e ci saranno sempre e verso i quali vanno la gratitudine e l’ammirazione generale, ma infiniti, comuni cittadini, uomini e donne, giovani e vecchi, che mai avrebbero pensato di affrontare le «tempeste d’acciaio» di Ernst Jünger. Loro non ce l’hanno fatta ma rimangono a perenne monito di tutti «i vivi». Ricordiamocelo, anche in tempi di dolorosa pandemia, perché si tratta sì, di un messaggio di sacrificio, ma anche di vita, di speranza, di coraggio, di progresso e di fede al di sopra, conviene ripeterlo, di tutte le parti. 8

Accaanto: la tomba del Milite Ignoto a Parigi, alla base dell’Arco di Trionfo, monumento noto in Francia come Arc de triomphe de l’Étoile. Si trova alla fine del viale dei Campi Elisi, al centro di piazza della Stella (oggi chiamata «Charles de Gaulle»). Fu voluto da Napoleone Bonaparte per celebrare la vittoria nella battaglia di Austerlitz (wikiwand.com). In basso: la tomba britannica del Milite Ignoto (spesso nota come «The Tomb of The Unknown Warrior»), custodisce un membro non identificato delle Forze armate britanniche ucciso su un campo di battaglia europeo durante la Prima guerra mondiale, in rappresentanza di tutti i soldati al servizio del Regno Unito, deceduti nel corso di tale conflitto. La sua sepoltura avvenne l’11 novembre 1920, nell’Abbazia di Westminster, a Londra; contemporaneamente alla simile sepoltura di un Milite Ignoto francese all’Arco di Trionfo in Francia, rendendo entrambe le tombe le prime a onorare i morti sconosciuti della Prima guerra mondiale. È il primo esempio di tomba del Milite Ignoto (wikipedia.it). A sinistra: la tomba del Milite Ignoto al cimitero nazionale di Arlington si trova su una collina che domina Washington, D.C. Il 4 marzo 1921, il Congresso ha approvato la sepoltura di un non identificato soldato americano dalla Prima guerra mondiale in Plaza of the New Memorial Amphitheater. Il sarcofago di marmo bianco, di forma piatta sul lato principale e sollevato agli angoli e lungo i lati da lesene neo-classiche, o colonne, incastonati nella superficie. Scolpite nel pannello est che si affaccia su Washington, D.C., ci sono tre figure greche che rappresentano la pace, la vittoria e il valore. Le sei corone, tre scolpite su ciascun lato, rappresentano le sei principali campagne della Prima guerra mondiale. La scritta sul

retro della tomba è composta dalle parole: «Qui riposa nella gloria onorato un soldato americano noto solo a Dio». Il sarcofago è stato posto sopra

la tomba del Milite Ignoto della Prima guerra mondiale. A Occidente della stessa ci sono le cripte di militi sconosciuti della Seconda guerra mondiale e della Guerra di Corea, più una cripta vuota onora i membri dei servizi mancanti da tutti i conflitti. Queste tre tombe sono contrassegnate con lastre di marmo bianco a filo con la piazza. La cripta vuota originariamente deteneva i resti di un milite sconosciuto della Guerra del Vietnam, ma è stato identificato nel 1998 e le sue spoglie restituite alla famiglia per la sepoltura a Saint Louis (wikipedia.it).

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