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NATO: dall'Europa al resto del mondo
Per cui parrebbe plausibile che anche il filosofo e so- pensatori, filosofi, economisti, politici, persuasi che ciologo francese Claude-Henri de Rouvroy di Saint- l’unico modo per poter fronteggiare il lento declino del Simon fu in qualche modo influenzato dai due religiosi vecchio continente fosse la creazione di un progetto uniquando sviluppò la sua teoria economica secondo la quale tario proprio partendo dagli scritti dei due religiosi franil progresso tecnologico, unitamente all’industrializza- cesi del XVII e del XVIII secolo. Così, il 4 ottobre del zione e al fiorire dell’economia dovessero essere le pre- 1926 nell’antica Vienna si riunì il primo congresso pacondizioni per la prosperità pacifica di tutti. Il dato, che neuropeo. In questo periodo non mancarono certo alfieri ha notevoli elementi di fascinazione, spicca nel farci no- eccellenti della necessità di creare dei nuovi Stati Uniti tare come a metà del periodo moderno, ossia in una fase d’Europa. Se per il conte Kalergi questa necessità sarebbe storica caratterizzata dalle monarchie assolute, vi fosse servita a mantenere la leadership mondiale vista la veloce un insieme di studiosi, filosofi, religiosi che avesse in avanzata degli Stati Uniti, del Giappone e dell’Unione qualche modo posto le basi concettuali e culturali per il Sovietica (4), per Winston Churchill le nazioni europee futuro progetto di integrazione europea. Una di- si sarebbero dovute consociare per fronteggiare namica non certo sfuggita all’insigne storico efficacemente l’avanzata della rivoluzione Federico Chabod, il quale notò che «esiste, bolscevica, pur ammettendo che la Gran per gli uomini del XVII secolo, un corpo Bretagna sarebbe stata solo partner e non politico dell’Europa» (3). Ma la storia membro di tale progetto, poiché l’Imeuropea percorse altri binari. Le Con- pero inglese non era solo una potenza ferenze sul disarmo dell’Aja del 1899 europea, ma anche americana, asiae del 1907, indette dallo Zar Nicola II, tica e la maggior potenza africana (5). sulla regolamentazione, ma soprattutto Non mancarono certo insigni opinioni sulle limitazioni delle armi, non porta- italiane su tale importante dibattito. Dalrono i frutti sperati. L’unico risultato l’esilio parigino, quasi profeticamente, apprezzabile fu il parziale recupero del Turati nel 1929 sostenne la necessità di prestigio internazionale da parte del- creare una federazione europea e legare l’imperatore Romanov, la quale figura L’abate Charles-Irénée Castel de Saint-Pierre, detto l’Abbé de Saint-Pierre (1658-1743), è stato quest’ultima a quella americana per era uscita decisamente appannata dopo la clamorosa sconfitta durante la uno scrittore e filosofo francese, membro dell’Académie française (wikipedia.it). Nella pagina accanto: Winston Churchill utilizzò l’espressione realizzare un monoblocco economico e politico invincibile e allontanare così guerra russo-giapponese del 1904 che «cortina di ferro» in un lungo discorso tenuto il 5 marzo 1946 a Fulton, nel Missouri (Stati Uniti) l’imminente pericolo giallo (6). Con si concluse con il quasi totale annien- in riferimento alla divisione dell’Europa con il rafforzarsi della Guerra Fredda (en.wikipedia.org). la Seconda guerra mondiale le potenze tamento della flotta russa nelle acque e le nazioni del Vecchio Continente di Tsushima. Con la Grande guerra iniziò il lungo declino persero definitivamente il ruolo da comprimarie nell’ecodell’Europa. Il Vecchio Continente cominciò a non essere nomia e nella politica mondiale e quasi immediatamente più il centro politico ed economico del mondo, altre po- si riaccese il dibattito sulla necessità di dar vita a un protenze, non europee, si proponevano con forza e determi- getto politico europeo unitario divenuto maggiormente nazione alla guida della politica internazionale, come il urgente visto la costante minaccia del governo di Mosca Giappone e gli Stati Uniti d’America. Al colosso ameri- che con la sua Armata Rossa controllava oramai direttacano il conflitto regalò un’industria pesante di primissimo mente la totalità dell’Europa orientale. La politica monordine insieme a una flotta capace di gareggiare per nu- diale era determinata da due blocchi contrapposti: quello mero e qualità con la Royal Navy sino ad allora l’indi- americano e quello sovietico. Il bisogno di creare un sogscussa regina dei mari. In più, gli Stati Uniti erano entrati getto politico europeo fu sostenuto con forza e determinel conflitto come debitori degli Stati europei e ne usci- nazione da Winston Churchill il quale, nel 1946 rono come unici grandi creditori. Nell’Europa, tra le due all’Università di Zurigo ebbe a sottolineare come fosse guerre, si andò a formare un nutrito e influente gruppo di necessario «ricostruire la famiglia europea per creare gli
Stati Uniti d’Europa» (7). Washington nel 1947 fece partire il piano Marshall (European Recovery Program) per rivitalizzare l’economia europea totalmente depressa, se non letteralmente devastata, dai lunghi anni di guerra, mentre nicchiava sulle continue e pressanti richieste d’aiuto militare provenienti da Francia e Gran Bretagna. Nel frattempo, il 5 marzo del 1946 Churchill al Westminster College di Fulton (Missouri) pronunciò il famoso discorso passato alla storia come quello della cortina di ferro. In quell’occasione lo statista inglese tracciò il nuovo limes europeo, da Stettino nel Baltico a Trieste in Adriatico, tra potenze democratiche occidentali e Unione Sovietica, alla presenza del presidente americano Harry S. Truman. Con la stipula del trattato di Bruxelles del 1948, ossia un accordo di mutuo soccorso tra Gran Bretagna, Francia e il Benelux, Washington ebbe la prova che gli Stati europei erano realmente intenzionati a cooperare a un progetto comune di difesa militare. Così il presidente americano Truman sciolse le sue riserve e dichiarò che «la determinazione dei paesi liberi d’Europa di difendersi troverà la sua piena corrispondenza nella determinazione degli Stati Uniti ad aiutarli a difendersi» (8). In pratica si gettarono le prime basilari fondamenta per il Patto atlantico. L’allargamento all’Italia al Trattato non fu cosa semplice a causa delle resistenze britanniche che non volevano allargare la fascia d’intervento sino al Mediterraneo. La riluttanza inglese fu superata dall’intervento francese interessato alla presenza italiana per meglio garantirsi le linee marittime di collegamento con l’Algeria e dall’intervento personale di Truman (9). Così, il 4 aprile del 1949 a Washington dodici Stati firmarono il Trattato. Non si può non essere d’accordo con il prof. Mammarella quando sostiene che il «Patto atlantico, nonostante la sua fisionomia di accordo prevalentemente militare, diventò fin dall’inizio lo strumento che legava Europa e Stati Uniti a una alleanza politica e ideologica che appare insostituibile per il mantenimento della stabilità e dell’equilibrio in Europa e nel mondo» (10). È indubbio che senza l’apporto americano e la creazione della NATO il progetto della Comunità europea non avrebbe mai preso vita. Infatti, proprio grazie a tale organismo, gli Stati del Vecchio Continente hanno iniziato lentamente, faticosamente e non senza problemi, a creare la casa comune per le nazioni europee nonostante la continua e pressante politica estera sovietica e il diffondersi nell’Europa occidentale dei partiti socialisti e comunisti. Paradossalmente, pare evidente che, nonostante una cospicua e folta letteratura europeista, addirittura risalente alla metà del periodo moderno, il progetto europeo sia stato possibile grazie alla costruzione del Patto atlantico che come molto argutamente sottolineato dal Mammarella appare ancora indispensabile non solo perché offre un poderoso ombrello militare, ma esso stesso è divenuto sintesi e luogo di confronto dialettico politico ed economico di mondi affini. Con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, la NATO ha dovuto giocoforza cambiare veste trasformandosi in base alle esigenze dettate dal nuovo ordine mondiale e dai recenti pericoli come il terrorismo internazionale. Così per la prima volta la NATO è
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intervenuta al difuori del territorio europeo per richiesta dell’ONU come nel caso dell’operazioni ISAF (International Security Assistance Force) e RS (Resolute Support) ambedue in Afghanistan in supporto al legittimo governo afgano contro i talebani e al-Qaida. L’attuale sistema mondiale è drasticamente afflitto dal diffondersi dell’ormai famigerato Covid-19. Proprio le vicende pandemiche e la durissima competizione economica in corso, ma sarebbe più opportuno parlare di vera e propria guerra economica, mostrano ancora una volta la fragilità del progetto europeo che stenta a decollare come unico autonomo e coerente corpo politico nonostante siano passati quasi settant’anni dalla sua costituzione. Anche in relazione alla pandemia da Coronavirus, tralasciando i tragici aspetti umani ed economici oltre che sociali, gli Stati europei sono stati costretti a rivolgersi all’esterno della Comunità per la fornitura dei preziosi vaccini (11). Per cui, oltre alla mancanza di una politica estera e di una difesa comune, l’Unione europea è anche sprovvista di propri centri batteriologici, di laboratori e quindi di una strategia per contrastare efficacemente le possibili pandemie. Così, in un mondo economico e geopolitico assolutamente fluido, caratterizzato da una straordinaria guerra per il controllo delle nuove e antiche rotte commerciali, colonna portante dell’attuale sistema economico, s’inserisce con forza anche la geopolitica dei vaccini. Proprio quest’ultimo elemento ha la capacità di agire profondamente come fattore di forte penetrazione, poiché è in grado non solo di creare nuove alleanze, ma anche di allentare quelle consolidate da tempo. Non è certo un segreto che il governo russo e quello cinese hanno tentato di adoperare i vaccini, rispettivamente lo Sputnik e il Sinovac, come elemento attrattore e di penetrazione per allentare le maglie che uniscono i paesi appartenenti al Patto atlantico. Per tali motivi la vicenda pandemica si inserisce a pieno titolo nel grande gioco geopolitico mondiale reso assai più complesso dai numerosi attori protagonisti e da linee di frontiere assai fluide e poco definite poiché corrispondenti alle rotte marittime. È bene ricordare come la Russia stia facendo di tutto per essere il maggior esportatore di LNG (Liquid Natural Gas) in Europa, per vincolarla alla propria strategia energetica. In questa chiave di lettura vanno letti la realizzazione dei recenti gasdotti Nord Stream I, il
Il generale dell’Esercito degli Stati Uniti Austin Scott Miller, comandante, dal settembre 2018, della missione Resolute Support (rs.nato.int). Al centro: militari della Brigata Sassari e, in alto, un reparto di alpini, impegnati nella missione ISAF. La Forza Internazionale di Assistenza per la Sicurezza (ISAF) è stata una missione della NATO, autorizzata dall’ONU, di supporto al governo dell’Afghanistan nella guerra contro i talebani e al-Qaida (esercito.difesa.it).
Il Nord Stream è un gasdotto che, attraverso il mar Baltico, trasporta direttamente il gas proveniente dalla Russia in Europa (euronews.com). In alto: il gasdotto TurkStream, parte dalla stazione di Russkaya vicino ad Anapa nella regione russa di Krasnodar, attraversando il Mar Nero fino a Kıyıköy (Turchia) (en.wikipedia.org).
North Stream II e il TurkStream a sud. Proprio l’elevato costo di realizzazione di quest’ultimo (12) convalida il dubbio che la costruzione del gasdotto risponda maggiormente a questioni politiche, o meglio geopolitiche, che a mere opportunità economiche. Il consolidamento, la militarizzazione e lo sfruttamento della Northern Sea Route conferisce un notevole vantaggio strategico ed economico alla Federazione Russa decisa a sfruttarlo sino in fondo per ampliare la propria proiezione economica. Il rafforzamento russo nel Mediterraneo tramite l’amicizia serba in Adriatico, l’acquisizione del porto di Tartus in Siria e il dinamismo diplomatico che consente la navigazione della propria flotta in Egitto, Turchia, Grecia e il radicarsi in Libia, non possono che non suonare come un campanello dall’allarme. In più, con la realizzazione di una propria base navale a Port Sudan, la Russia di Putin si stabilizza in un corridoio navale d’importanza strategicomondiale, porta d’accesso a Suez e trait d’union con la Belt and Road Initiative. Di fatto, la base russa a Port Sudan, nel Mar Rosso, potrebbe interrompere il collegamento tra il Mediterraneo e l’Indo-Pacifico, che sarebbe opportuno iniziare a considerare come unico coerente specchio d’acqua (13). Certamente non è un caso che proprio nel Corno d’Africa stia aumentando la presenza di basi navali e militari delle potenze talassocratiche rilanciando, in qualche misura, il ruolo involontario di nazioni come lo stesso Sudan, l’Eritrea (14) e la Somalia, dove è già forte lo stanziamento di forze militari turche (15). Naturalmente la presenza di una base navale russa quasi al centro del Mar Rosso può anche essere letta come il tentativo di Mosca di creare un trait de union con quella del quasi alleato cinese di Gibuti. Un collegamento che unirebbe la Russia alla Belt and Road Initiative fortemente controllata dalla Cina. In più questa a sua volta si collega con Vladivostok e alla Northern Sea Route creando, di fatto, un’unica fondamentale rotta, o meglio circuito, probabilmente il più importante del mondo.
È opportuno ricordare che proprio il terminale gasiero di Sabetta nello Yamal è stato realizzato grazie a considerevoli investimenti cinesi (16), i quali stanno anche fabbricando in proprio navi rompighiaccio come la Xuelong 2. Che la Russia e la Cina in taluni settori
hanno deciso di viaggiare affiancati, rimane un dato di fatto. Poi la massiccia presenza cinese nei porti mediterranei credo che delinei chiaramente la volontà di Pechino di radicarsi definitivamente nel mare con il più alto tasso di scambi commerciali del mondo. Oltre al porto del Pireo, la Cosco possiede Valencia (51%), Casablanca (49%), Vado Ligure (40% Cosco, 10% QPI), Bilbao (40%), Ambarli (26%), Port Said (20%), mentre la CMport il porto di Tanger Med (20%), Marsiglia (25%). A questi si aggiungono Cherchell in Algeria, Haifa e Ashdod in Israele e parte del porto di Taranto in Italia grazie a un accordo con la turca Yilport (17). Per poi non parlare del sogno cinese di creare ex novo una sorta di Panama II nel Nicaragua per sfidare economicamente, frontalmente, il canale centro-americano, vero pivot del sistema economico e mercantilistico americano. In pratica tutta quella letteratura del diciannovesimo e del ventesimo secolo anglo-americana che riguardava il famigerato Yellow Peril (18)sembra che nel nuovo millennio stia prendendo vita.
Va da sé che la sicurezza dell’Europa passi inevitabilmente attraverso il Patto atlantico e il Mediterraneo, per cui l’Italia sarà chiamata ad assumere un ruolo importante nel prossimo futuro. L’attuale sistema geopolitico per quanto fluido e quasi sprovvisto di limes ben definiti risponde ancora alla massima napoleonica secondo la quale la geografia è destino (19). Per cui è difficile pensare a un ruolo di primaria importanza nel Mediterraneo dei paesi europei nordici, soprattutto dopo la Brexit. Che la NATO si trovi difronte alla sua più grande sfida degli ultimi anni sembra del tutto evidente. Dopo un periodo di appannamento determinato dal radicarsi su alcune posizioni dell’ex presidente americano, Biden sembra voler rilanciare il Patto atlantico donandogli nuova vita e probabilmente ampliandone competenze e raggio d’azione in base alle nuove esigenze mondiali. Se questa poteva essere una mera ipotesi determinata dall’ultra attivismo in politica estera del nuovo presidente americano, che non ancora insediato aveva intrapreso un fittissimo programma d’incontri con numerosi capi di governi in tutto il mondo, dopo il recente incontro a Bruxelles tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, assume carattere di concretezza. In occasione di questo meeting, Blinken ha poi incontrato i ministri degli Esteri dei paesi afferenti all’Unione europea. Un chiaro segno della volontà americana di rinsaldare l’antica amicizia e di meglio coordinarsi in campo internazionale con l’alleato di sempre. I temi trattati sono stati numerosi e tutti di eccezionale importanza, come le continue ingerenze russe tese a destabilizzare i rapporti tra le nazioni appartenenti al Patto atlantico e all’Unione europea, includendo anche la strategia energetica di Mosca e la realizzazione del North Stream II tesa a rendere l’Europa e la sua crescente richiesta di LNG dipendente dalla Federazione Russa. Il disarmo nucleare, la necessità di contrastare il sogno egemonico cinese e quella di pensare, realizzare e produrre una strategia pandemica unitaria, sono stati solo parte dei temi trattati in questo fittissimo incontro. A prescindere dall’origine e dalle motivazioni del contagio del Covid-19, il virus s’è dimostrato una vera e propria arma asimmetrica di eccezionale incidenza non solo nel mondo economico e sociale, capace di condizionare in modo immediato e diretto la geopolitica mondiale. Per tale motivo, nell’incontro della città del Manneken Pis, Blinken «ha ribadito che quelle sui temi della stabilità e della comunità transatlantica sono sfide comuni tra Europa e Stati Uniti» (20). Vera novità e punto nodale dell’incontro è stato l’Indo-Pacifico (21) e il rafforzamento dell’alleanza Quad (22), composta da India, Giappone, Australia e Stati Uniti, (Quadrilateral Security Dialogue), che da status di alleanza informale sta molto rapidamente diventando il perno di una complessa ed efficace politica contenitiva dell’espansionismo cinese, tanto da meritarsi l’appellativo di NATO Atlantica. Una necessità divenuta oramai impellente dopo la realizzazione del trade asiatico RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) che con i suoi 14 paesi è il più grande patto commerciale del pianeta capace di contenere circa il 30% dell’economia e rivolto a una massa di 2,2 miliardi di consumatori. Con questa mossa il governo cinese non solo ha assorbito tutti i dieci paesi dell’ASEAN, ma ha anche attratto quattro democrazie storiche alleate degli Stati Uniti quali: l’Australia, la Corea del Sud, il Giappone e la Nuova Zelanda. Oltre a essere attrattore economico e politico, quest’area di libero scambioasiatica isola l’India, vero
competitor cinese e tende a sostituire in un prossimo futuro il dollaro con lo yuan negli scambi internazionali. Le vicende relative alle durissime repressioni a Hong Kong e nello Xinjang, zona strategica poiché è la regione di congiunzione tra Cina e Pakistan, oltre a essere elemento di continua pressione sulla Mongolia è anche la base di partenza dell’immigrazione cinese nella sconfinata steppa russa adoperata magistralmente dal governo di Pechino come vero e proprio elemento di pressione economico sul governo di Mosca sono altri elementi di discussione.
Chiudono questo quadro complesso e articolato la questione delle isole cinesi militari artificiali nelle acque filippine e l’annosa questione di Taiwan. Per cui Biden ha approfittato dell’incontro di Bruxelles per delineare la nuova strategia atlantica che seguirà la difesa dei diritti umani e il consolidamento del Quad come nuovo organismo atlantico asiatico fortemente collegato alla originaria NATO. Infatti, non è improbabile che questo patto a quattro possa brevemente essere arricchito dalla partecipazione di altre nazioni asiatiche quali Corea del Sud e Nuova Zelanda. Questo nuovo arto atlantico potrebbe avvalersi del contributo della flotta di altre nazioni NATO quali Francia e Gran Bretagna intenzionate a partecipare alle prossime esercitazioni navali nell’Indo-Pacifico per rafforzare la loro presenza in quell’area marittima attraversata da oltre il 60% del commercio mondiale. Le vicende pandemiche, la continua geometria variabile della geopolitica delle nuove rotte, l’attivismo destabilizzante della Federazione Russa e il desiderio egemonico della Cina rilanciano in pieno il ruolo internazionale del Patto atlantico che da bastione democratico euro-americano dovrà brevemente tramutarsi anche in sentinella indo-pacifica. 8
Il presidente «Biden, con il suo staff, ha deciso di giocare la partita su tutto il globo terracqueo rilanciando la NATO». Qui ritratto assieme a Tony Blinken, 71o segretario di Stato degli Stati Uniti (Fonte immagine: ispionline.it).
NOTE
(1) Castel de Saint-Pierre C. I., Projet pour rendre la paix perpétuelle en Europe, libro n. 1, Parigi, 1713, p.6. Esistono svariate edizioni successive a quella presa in esame. (2) http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/ISSMI/Corsi/Corso_Consigliere_Giuridico/Documents /20558_ patto_briand_kellog.pdf. Sulle vicende delle conferenze navali si legga: Mazzetti A., Marina Italiana e Geopolitica Mondiale, Roma, Aracne, 2017 e Minardi S., Il Disarmo Navale italiano 1919-1936, Roma, USMM, 1999. (3) Chabod F., L’idea d’Europa e civiltà moderna, a cura di Platania M., Roma, Carocci, 2010, p.19. (4) Mammarella G. e Cacace P., Storia Politica dell’Unione europea 1929-2013, Bari, Laterza, p.5. (5) Il saggio nel quale espresse tale visione imperiale inglese comparì a sua firma sul Saturday Evening Post del 15 febbraio del 1930, a ridosso del previsto Trattato Navale di Londra del 22 aprile 1930, dal significativo titolo The United States of Europe. (6) Schiavi A. (a cura di), Esilio e morte di Filippo Turati, Roma, Opere Nuove, 1956, pp.339-342. (7) Gilbert M., Churchill, Milano, Mondadori, 1991, pp.414-415. (8) Mammarella G., L’America da Roosevelt a Reagan, Bari, Laterza, 1984, p.164. (9) Cacace P., Vent’anni di politica estera italiana 1943-1963, Roma, Bonacci, 1986. (10) Mammarella G. e Cacace P., Storia Politica dell’Unione, cit., p.44. (11) Mazzetti A, La geopolitica dei vaccini, in Porto&Interporto, aprile 2021. (12) Il costo di realizzazione era stato inizialmente stimato in 11,4 miliardi di euro, ma sembrerebbe che la cifra realmente spesa per completare l’opera si aggirasse intorno ai 30 miliardi, https://it.euronews.com/2020/01/09/turkstream-cosa-c-e-da-sapere-sul-nuovo-gasdotto-appena-inaugurato. (13) Sul superamento del concetto pur sempre attuale di Mediterraneo allargato si legga l’interessante articolo Infinito Mediterraneo di Poddighe G. su Analisi Difesa del 3/10/2020. (14) Sul ruolo delle potenze nel Corno d’Africa e più in specifico su quello americano in Eritrea si legga: Turi A., Nel Corno d’Africa il gioco delle Potenze, Il Guastatore, n. 7 2021. (15) La presenza turca in Somalia, di Rotondo E. su Analisi Difesa del 23/10/2020. (16) Sull’argomento si veda Rivista Marittima, settembre, 2020. (17) Su tale questione è ancora incorso un’indagine del Copasir. (18) Nel XIX secolo in America e tra alcune nazioni europee si diffuse la paura che potenze asiatiche come la Cina potessero dominare il mondo cancellando la cultura occidentale, appunto il Pericolo Giallo. Questo timore dette vita a un vero e proprio genere letterario. Dopo la guerra sino-giapponese la paura non scomparve, ma si spostò semplicemente dalla Cina al Giappone. Sull’argomento si legga: Piana E., The Yellow Peril, in Future Wars, Storia della distopia militare, (a cura di Ilari V.) Quaderno di Storia Militare 2016, Milano, ACIES, 2016. (19) A cura di F. Perfetti, Napoleone, Aforismi, massime e pensieri, TEN, Roma 1993. (20) Paniccia A., Mazzetti A., Vi spieghiamo perché il l’Indo-Pacifico è un mare (anche) nostro, Formiche.net, 25/03/21. (21) Paniccia A., Shenoy V., La Cina e India le nuove frontiere, Porto&Interporto, gennaio 2021. Si veda anche nello stesso numero Mazzetti A., Un ponte geopolitico tra oceano Atlantico e Indiano. (22) Shenoy V., Il Quad procede con l’Exercise Malabar: la prima mossa per contenere la Cina nell’Indo-Pacifico, Geopolitica.info, 22 novembre 2020.