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Esperienze di un italiano su una nave di Sua Maestà britannica. Breve cronaca di un viaggio di formazione nella Royal Navy
ESPERIENZE DI UN ITALIANO
su una nave di Sua Maestà Britannica. Breve cronaca di un viaggio di formazione nella Royal Navy
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Guglielmo Domini
Tenente di vascello Stato Maggiore. Ha frequentato l’Accademia navale di Livorno, laureandosi in «Scienze Marittime e Navali» presso l’Università di Pisa (votazione finale 110 e lode), con una tesi premiata dall’Ufficio Storico della Marina Militare. È stato imbarcato su nave Caio Duilio come ufficiale di rotta (fino al 2017); successivamente sull’HMS Defender (cacciatorpediniere lanciamissili britannico) in qualità di Officer of the Watch sino al 2019, nell’ambito del Personnel Exchange Program tra la Marina Militare italiana e la Royal Navy. Specializzatosi TLC/IOC nel 2020, è attualmente capo Reparto TLC/CN-Me sul nuovo pattugliatore Thaon di Revel.
Qualora si richiedesse a un gruppo di marinai scenze professionali. Inoltre, consente di vedere un perché hanno deciso di scegliere una così mondo standardizzato e rigido, come quello militare, «particolare» attività lavorativa, ricevereste da da diverse prospettive e angolazioni. Questi programmi ognuno di loro una motivazione diversa; ci sarà però si- rivestono — a parere di chi scrive — una notevole ricuramente una risposta comune a tutti: la voglia di viag- levanza poiché, pur privandosi temporaneamente di un giare, di scoprire, di avventura. Ed è proprio ufficiale, se ne trae beneficio nel lungo pequesto desiderio di novità e curiosità che riodo, acquisendo delle lessons learned mi ha spinto nel 2017 a lasciare la mia delle altre Marine e traducendole e tranave, la mia famiglia, il mio paese e trasfe- sportandole, per quanto possibile, nella rirmi per due anni nel Regno Unito, per pre- propria formazione dottrinale, comportando stare servizio su una nave della Royal così una ricaduta, a lungo termine, beNavy, HMS Defender, un’unità nefica per tutta la Forza armata. della classe «Daring». La Marina Riassumere due anni intensi di Militare italiana mi ha infatti con- lavoro, di esperienze, di amicicesso l’opportunità, unica nel suo zie, in poche righe è compito genere, di partecipare al Person- arduo, specialmente per chi nel Exchange Program (PEP) come me non fa della scrittura il biennale organizzato tra la Ma- proprio punto di forza; tuttavia, rina Militare e la Royal Navy. cercherò di trasmettere quelli
Il PEP è un’opportunità incre- che, a mio parere, sono stati i dibile per i membri della Marina punti fondamentali di un’avvenMilitare; permette di confrontarsi con tura che mi ha segnato nel profondo un ambiente lavorativo e una cultura com- e che ha contribuito a fare di me una perpletamente diversi dai nostri, al- In apertura: l’HMS DEFENDER, unità della Royal Navy della sona e un ufficiale migliore. I largando quindi gli orizzonti e classe «Daring». Sopra: Il Crest dell’unità (Fonte immagini articolo: autore). punti chiave della mia espeaumentando le proprie cono- rienza possono essere riassunti
in quattro aspetti: tradizione, cura del personale, semplicità e operatività.
Partiamo dal primo, probabilmente anche il più affascinante di tutti. Perché tradizione? Perché, nonostante la Royal Navysi sia evoluta moltissimo negli anni, dimostrandosi all’avanguardia e innovatrice in molti ambiti, ha mantenuto salde le proprie tradizioni e con esse le radici del suo passato, anzi; e in ciò vi è un evidente parallelismo con la Marina italiana. Così le gesta dei grandi comandanti inglesi, da Francis Drake all’ammiraglio Cunningham, passando ovviamente per il celeberrimo ammiraglio Nelson, sono riprese in numerosi aspetti della vita nella Royal Navy. Fin dal giorno in cui i nuovi ufficiali (1) fanno il loro ingresso al Britannia Royal Naval College — l’equivalente della nostra Accademia navale — vengono investiti dalla storia della loro Forza armata; camminando all’interno della struttura si possono trovare cimeli che hanno fatto la storia del Regno Unito. Uno dei luoghi senza dubbio più particolari del Royal Naval College è la cappella in cui vengono tenute le funzioni religiose; al suo interno pendono dal soffitto modellini di navi da guerra, principalmente fregate e vascelli, ma il punto forte è una statua dell’ammiraglio Nelson, situata al centro della navata, che giornalmente viene illuminata da un piccolo fascio di luce entrante da una minuscola finestra, facendo così risaltare la figura dell’Ammiraglio, quasi come fosse una divinità sprigionante luce all’interno del luogo dominato dal buio.
L’addestramento stesso degli ufficiali di vascello ricalca le vecchie tradizioni. Dopo un’attenta selezione e un breve periodo di addestramento presso il Britannia Royal Naval College a Dartmouth, i giovani ufficiali s’imbarcano sulle navi da guerra per un periodo di circa 6 mesi, in cui partecipano a tutte le attività di bordo e al termine del quale sostengono un esame con il comandante dell’unità. Successivamente, si recano presso HMS Collingwood (2) dove frequentano un corso che abbraccia gli aspetti principali del warfare, ossia della tattica navale. Una volta completato e superato questo step, ritornano a bordo per un periodo che va da un anno a un anno e mezzo con lo scopo di imparare quanto più possibile sull’arte della navigazione alle dirette dipendenze del Navigator (3); quest’ultimo èil massimo esperto di bordo in tale campo. Questo periodo a bordo è propedeutico all’esame che certificherà il passaggio da cadetti a ufficiali veri e propri. Tale iterricalca in tutto e per tutto, e migliora, quanto già veniva fatto ai tempi di Nelson (4). Infatti, all’epoca i cadetti s’imbarcavano già dall’età di 11-12 anni addestrandosi direttamente a bordo, in quanto luogo fulcro del loro lavoro futuro; il comandante della nave li prendeva sotto la sua ala protettiva e ne curava personalmente l’addestramento. Questo veniva fatto perché è vetusta convinzione della Royal Navy, come del resto da sempre nella Marina Militare, che l’addestra-
Saluto a nave BERGAMINI, fregata tipo FREMM della classe omonima, dalla plancia del DEFENDER.
Il team degli ufficiali di bordo.
mento pratico sia fondamentale al fine di mantenere una Forza armata efficiente: era infatti interesse di ogni comandante essere sicuro che il mantenimento del dominio britannico dei mari.
Questo metodo di addestramento iniziale è tuttavia diverso dal nostro; gli ufficiali della Marina Militare italiana vengono addestrati per un periodo prolungato in Accademia, all’incirca 5 anni, dove viene condiviso ogni singolo momento della vita con i compagni di corso, creando forti legami che contribuiscono a far crescere il senso di unità e appartenenza alla Forza armata. Allo stesso tempo però c’è una sproporzione tra tempo passato a studiare e tempo passato a navigare, a vantaggio del primo (5). Viceversa, la Royal Navy sacrifica parzialmente le relazioni interpersonali, concentrandosi sulla formazione a bordo e sul campo. Probabilmente questo è legato anche alle differenze tra le due culture, molto più improntata alla socialità la nostra, mentre appare decisamente più straightforward quella britannica.
Come asserivo sopra, la vita stessa di bordo si rifà alle antiche tradizioni. Per esempio, tutt’oggi si festeggia un avvenimento particolarmente allegro o favorevole con il cosiddetto «splice the mainbrace», un’usanza proveniente da fine Settecento e legata agli scontri tra navi a vela. Tale locuzione indica la distruzione o il danneggiamento di parte dell’alberatura del nemico che, di conseguenza, era impossibilitato a manovrare al punto da rappresentare un facile bersaglio; al termine dello scontro, si festeggiava il fortunato colpo di cannone con una razione di rum o grog, aggiuntiva per l’intero equipaggio. Durante i miei due anni nel Regno Unito, mi è capitato di vivere questa tradizione ben due volte: una in occasione del matrimonio tra il Principe Harry e Megan Markle, duchi di Sussex e la seconda per la nascita del terzogenito del Principe William, Louis.
Un’altra tradizione che mi ha affascinato molto è l’uso di sette brindisi, uno per ogni giorno della set-
Le immagini si riferiscono alla cerimonia di saluto a bordo dell’HMS VICTORY; foto di rito degli ufficiali presenti alla Cerimonia. Sopra: la sciabola della Royal Navy regalata all’autore dall’equipaggio del DEFENDER. Accanto: il commodoro Jeremy Bailey, comandante della base navale di Portsmouth (HMNB NELSON) al momento della consegna della sciabola.
Immagini che ritraggono l’HMS VICTORY, nave museo della Royal Navy
nella base navale di Portsmouth.
timana, ogni qualvolta ci sia una festa o una ricorrenza: anch’esso affonda le sue radici nel tardo XVIII secolo ed è rimasto pressoché immutato fino ai giorni nostri. Oppure ancora, il fatto che gli ufficiali della Royal Navy siano gli unici in tutto il Regno autorizzati direttamente dalla casa regnante a brindare alla Regina da seduti: questo è legato al fatto che le vecchie unità a vela avevano un soffitto molto basso ed era considerato disdicevole brindare a sua Maestà con la testa inclinata.
La cura del personale è, a mio personale parere, uno degli aspetti su cui si basa l’efficienza della Royal Navy. Il duty of care è un concetto cardine su cui si basano le relazioni interpersonali tra militari; ogni superiore, infatti, ha l’obbligo di garantirla nei confronti dei sottoposti. È interessante notare il fatto come essa non si limiti agli aspetti professionali della vita dei marinai, bensì copra ogni singolo risvolto della loro vita (dai problemi coi colleghi al lavoro, a quelli con la famiglia, a quelli legali o finanziari). L’organizzazione di bordo prevede la figura del Divisional Officer (6), ovvero un ufficiale il cui compito è quello di aiutare le persone poste sotto di lui; è una figura trasversale all’ambito lavorativo ed è di fondamentale importanza in quanto rappresenta un punto di riferimento per i sottoposti e aiuta molto i giovani ufficiali nella loro crescita.
La cura del personale non è solamente demandata al personale di bordo. Esistono, infatti, numerose associazioni pronte a sostenere i marinai in difficoltà, sia interne alla Forza armata, con personale specializzato e competente in determinati ambiti, sia attraverso organizzazioni civili, chiamate charities, sempre pronte ad aiutare la Royal Navy allorquando non vi possa arrivare. L’importanza del duty of care risiede nel fatto che un militare senza preoccupazioni o che comunque sia conscio che ci sarà qualcuno pronto ad aiutarlo, renda meglio sul lavoro, a maggior ragione un marinaio, al quale può essere ordinato di partire con la propria unità per periodi molto prolungati, anche oltre i sei mesi. Questo riguarda anche gli alloggi forniti al personale: a chiunque lo richieda e ne abbia diritto, viene fornita una casa nella stessa città in cui lavora con un affitto a costo accettabile e spese contenute; così molti marinai riescono a portare con sé le famiglie e possono evitare il fenomeno del pendolarismo.
Come detto in precedenza, il duty of care non riguarda solo la vita lavorativa: un altro esempio di ciò viene dall’individuazione di una serie di obiettivi che ogni militare si deve porre ogni anno; sono molto importanti perché il raggiungimento o meno degli stessi incide direttamente sulle note caratteristiche della persona. Il Divisional Officer aiuta i propri sottoposti nella loro individuazione: di massima, devono essere degli obiettivi che esulano dal proprio lavoro e devono rispettare i criteri SMART, ossia Specific, Measureable, Achievable, Realistic, Timebound (specifici, quantificabili, raggiungibili, realistici, li-
mitati nel tempo). Questo concetto deriva dal mondo del lavoro civile ma trova una grande applicazione anche nel mondo militare: i marinai sono così spinti a ricercare interessi al di fuori del lavoro. Questo non fa altro che migliorarli ulteriormente come persone e come militari, poiché lo stabilire dei propositi li obbliga sia a organizzarsi adeguatamente per raggiungerli sia ad accrescere le loro conoscenze. Gli esempi possono essere i più disparati, l’importante è che spingano i militari a confrontarsi con un ambiente diverso dal solito, uscendo quindi dalla comfort zone. Il mio incarico come Divisional Officer, incarico strettamente legato alla leadership e alla gestione del personale e quindi svolto da tutti gli ufficiali di Marina,è probabilmente stato quello che mi ha maggiormente affascinato, impegnato e migliorato di più; mi era già capitato in precedenza di avere a cuore il benessere del personale, tuttavia mai su una scala così grande e per così tanti aspetti. Pur se ancora giovane ufficiale, il Divisional Officer deve essere pronto a fornire un sostegno o una soluzione anche a militari ben più anziani ed esperti. Vengono sviluppate le qualità di leadership necessarie per poter essere un comandante cui i propri uomini guarderanno con orgoglio e rispetto. Avvicinarsi fin da giovani a queste problematiche così complesse, accelera la crescita professionale e aiuta a stabilire fin da subito le corrette priorità: il benessere del personale viene, infatti, messo al primo posto, in quanto risulta essere fondamentale per la riuscita di ogni operazione. Stabilire una relazione così aperta con i propri sottoposti non fa altro che aumentare il senso di solidarietà e coesione, tanto peculiari a bordo delle unità navali; invero, un’accurata conoscenza del proprio personale si trasforma quindi in un miglior impiego dello stesso, sfruttandone i fattori di potenza e limandone le vulnerabilità.
La base navale di Portsmouth.
Gli ultimi devono essere analizzati insieme, ossia: semplicità e operatività. Sono questi due concetti chiave nella Royal Navy e sono visibili in tanti aspetti della vita di bordo. Sono rimasto molto colpito che sia l’intera organizzazione, sia le procedure standard (Standing Procedures) fossero altamente comprensibili anche a un ufficiale straniero (come era il sottoscritto). Tutto, infatti, è rivolto verso il fine ultimo di una nave da guerra che, come è giusto che sia, deve essere sempre pronta al combattimento: dagli arredi di bordo, ai camerini, alle procedure, tutto è improntato verso l’attitudine al combattimento. Questo è particolarmente evidente durante l’addestramento: nei casi delle attività addestrative alle quali ho preso parte, tra cui il BOST (Basic Operational Sea Training) (7), tutte le esercitazioni venivano improntate al raggiungimento di un elevato livello di realismo. Per esempio, abbiamo partecipato a un’esercitazione volta a preparare l’unità alla gestione di una Disaster Relief Operation; in tale occasione era stato individuato un villaggio abbandonato che ben si prestava a simulare il luogo del disastro ed erano state addirittura ingaggiate delle comparse che impersonavano gli abitanti colpiti dall’emergenza.
Oltre a questo, le procedure stesse sono volte a standardizzare quanto più possibile le reazioni dei militari nelle situazioni di emergenza; lo scopo, infatti, è quello di fare in modo che tutti si comportino allo stesso modo, nella stessa situazione. Per quanto a prima vista questo possa sembrare come una limitazione delle abilità delle persone, in realtà non è assolutamente così. Infatti, con degli standard così rigidi, ma allo stesso tempo così semplici da seguire, tutti hanno la possibilità di fornire una performance lavorativa di buon livello; il militare che possiede maggiori abilità, in questo contesto, ha la possibilità di emergere ancora di più, diventando così un punto di riferimento per tutti gli altri. Tutto ciò si riflette anche in un sistema di valutazione del rendimento del personale molto semplice e diretto; annualmente, ogni militare viene valutato in base a quanto effettuato nell’anno precedente. Vengono considerati solo 12 campi, dalla leadership allo spirito di squadra, passando per le capacità professionali e il coraggio; viene data poi l’opportunità al Divisonal Officer di esprimere la sua opinione sulle performance dell’anno in corso, sulle potenzialità del militare e sulle competenze sulle quali si deve concentrare per migliorare ancora. Questo sistema è estremamente efficiente e meritocratico; infatti, una valutazione più o meno buona influirà sui futuri impieghi del militare e sulla sua possibilità di promozione. In breve: è interesse delle persone, come conseguenza, dare il meglio di sé in ogni circostanza.
Ho cercato di riassumere i miei due anni analizzando soltanto i punti focali di questa esperienza, ma il quadro non sarebbe completo senza ricordare i forti legami che ho stretto con i miei colleghi; adattarsi a una cultura diversa, parlare un’altra lingua, lavorare per un’altra Marina, sono tutti aspetti che rendono complicato l’ambientamento. Tuttavia, ho avuto la fortuna di essere imbarcato con persone splendide, che mi hanno fatto apprezzare ogni singolo momento, per quanto fosse duro e stressante, facendomi sentire uno di loro, piuttosto che uno tra di loro.
Gli aspetti che ho cercato di evidenziare mirano proprio a sottolineare quanto sia facile lavorare in questi contesti. L’esperienza maturata all’interno della Royal
Navy fa comprendere l’importanza di un’autorevole tradizione che lega tra loro gli uomini e guida i loro passi al fine di perfezionare ogni singolo aspetto della vita del marinaio in armi. È la tradizione che ha rappresentato l’esempio cui l’organizzazione ha sempre guardato, creando un organismo pieno di vitalità, semplice nella gestione e incredibilmente efficace nella sua operatività. Nel fare questo, la Royal Navy non ha mai comunque dimenticato di sostenere il personale imbarcato, affinché chi vada per mare possa partire con animo sereno, conscio che qualcuno si prenderà cura della sua famiglia e dei suoi affetti. In poche parole, saper coniugare e flettere tradizione con innovazione ed efficienza crea un unicum.
Questo è il messaggio che ho mutuato dalla mia esperienza britannica nell’ambito del Personnel Exchange Program, costituendo per me una grande opportunità che certamente mi consentirà di svolgere meglio il lavoro a bordo delle nostre unità navali, focalizzando la mia azione di comando su quattro punti cardinali: tradizione, cura del personale, semplicità e operatività.
Sono dunque particolarissimamente grato alla Marina Militare italiana — cui mi onoro di appartenere — per avermi concesso l’opportunità di poter frequentare una Marina antica e alleata come quella britannica. Tale significativa esperienza ha infatti contribuito alla mia crescita personale e professionale e in particolare mi ha permesso di integrare, con angolature diverse, la preparazione accademica e professionale già ricevuta dalla nostra Accademia navale e a bordo delle unità della Marina, grazie ai cui pluriennali insegnamenti mi è stato possibile certamente integrarmi in una realtà diversa come quella inglese. Parimenti, tale esperienza ha cimentato in me il senso profondo di «unione» che il mare porta con sé verso i marinai e in particolare fra marinai di nazioni amiche e alleate. Ritengo quindi che tali iniziative siano particolarmente fruttuose per un necessario ampliamento di orizzonti poiché inducono a riflessioni, personali, profonde le cui ricadute accompagnano il percorso umano e lavorativo, affinché si possa così servire sempre meglio la propria nazione e la propria Marina. 8
I punti chiave secondo l’esperienza dell’autore, in sintesi, così come espressi nell’articolo.
NOTE
(1) Per poter entrare come ufficiale nella Royal Navy è necessario sostenere un colloquio con l’Admiralty Interview Board (AIB), una commissione deputata a valutare l’attitudine militare e l’attitudine al comando dei concorrenti. Per poter essere ammessi bisogna avere un’età compresa tra i 17 e i 29 anni, ma vi sono delle eccezioni che permettono di arruolarsi fino ai 39 anni. I cadetti non conseguono nessuna laurea durante l’iter addestrativo, tuttavia, qualora si volesse essere ammessi ai corpi tecnici (i corrispettivi del nostro Genio Marina), è necessario averne conseguita una prima di arruolarsi. Grazie a una legge del 1912 e tutt’ora in vigore, è concessa la possibilità di transitare al ruolo ufficiali ai militari che hanno dimostrato eccellenti doti e notevole leadership durante la loro carriera in Marina. (2) HMS Collingwood è la struttura addestrativa più grande della Royal Navy, sede della Maritime Warfare School. Situata nei pressi di Fareham, nel sud del Regno Unito, al suo interno vengono svolti corsi per tutti i membri della Royal Navy, in particolare per gli aspetti di arte bellica, navigazione, sopravvivenza in mare e leadership, nonché l’addestramento contro attacchi CBRN (Chimici, Batteriologici, Radiologici, Nucleari). (3) Il Navigating Officer (NO) è un ufficiale di vascello che ha deciso di specializzarsi nell’arte della Navigazione. Per poter essere nominato NO è necessario partecipare ai corsi organizzati presso la Maritime Warfare School di HMS Collingwood. A bordo è il responsabile della sicurezza della navigazione e da lui dipendono tutti gli ufficiali di guardia in plancia. Tutte le manovre (come per esempio quelle di avvicinamento all’ormeggio) vengono effettuate direttamente da lui o sotto la sua supervisione. (4) Grazie al prestigio di cui gode la Royal Navy, la carriera in Marina è particolarmente ambita. Di conseguenza, fin dal XVII secolo era possibile imbarcare come cadetti sulle navi della Royal Navy già dai 12 anni. Ciò permetteva di vivere numerose esperienze, anche belliche, che sarebbero state fondamentali nella crescita professionale e personale dell’ufficiale. I giovani cadetti venivano affidati dai genitori al comandante della nave, che ne curava personalmente l’addestramento sia etico, sia militare. (5) Come già detto in precedenza, l’addestramento degli ufficiali della Royal Navy prevede solo un periodo di 6 mesi presso il Britannia Royal Naval College, dove gli allievi vengono introdotti ai principi basilari dell’arte militare. Terminato questo periodo, la crescita dei cadetti avviene principalmente a bordo, sotto la supervisione del comandante della nave. Dopo circa due anni dall’ingresso in Marina, i cadetti vengono sottoposti a un esame finale volto a verificare le conoscenze acquisite. L’iter di addestramento degli ufficiali della Marina Militare italiana prevede invece un periodo presso l’Accademia navale di circa 5 anni, al termine dei quali i cadetti conseguono una laurea in base al corpo di appartenenza. Ai mesi passati sui libri, vengono affiancati, nel periodo estivo, alcune settimane di imbarco sulle unità della nostra Marina. In particolare, l’imbarco su nave Vespucci svolto dai cadetti al termine del primo anno di Accademia è particolarmente importante per loro crescita e permette di vivere un’esperienza unica al mondo. (6) Il ruolo di Divisional Officer (DO) viene svolto da tutti gli ufficiali della Royal Navy ed è la figura cui fanno riferimento i subordinati. I suoi compiti principali sono di conoscere, comandare, guidare e gestire la sua Divisione. Da questi discendono specifiche responsabilità tra cui lo sviluppo del lavoro di squadra, il curare il benessere dei propri uomini, nonché il mantenerne alto il morale e curarne l’addestramento. (7) Il BOST è un’attività addestrativa simile al Tirocinio navale, il quale viene svolto dalle nostre unità navali presso il Centro di Addestramento della Marina Militare di Taranto.