Numero 2, Anno 2017
NutriHealth Allergeni alimentari ed etichette
Bio quanto ti amiamo Diete detox: l’Efsa le boccia
Salviamo la merenda dei bambini
Fresco vs confezionato: chi vincerĂ il Anche chi sceglie di confronto mangiare veg deve fare attenzione Boom di mal di suchi Non sempre chi mangia senza lattosio ne ha Nettari e succhi non sostituiscono la frutta bisogno realmente
PerchĂŠ legumi e cereali sono un abbinamento perfetto 1
Allergeni alimentari ed etichette Indicazioni poco chiare sulla probabile presenza di allergeni nei prodotti può indurre le persone a fare scelte sbagliate durante gli acquisti oltre alla scarsa volontà delle aziende di essere chiare e trasparenti. Tutti dobbiamo fare attenzione a ciò che mangiamo e in particolare le persone che hanno problemi di allergie alimentari. Ma alcune volte le indicazioni che si trovano sulle confezioni degli alimenti possono essere ancor più pericolose in quanto sono generiche e fuorvianti. Basta dare un’occhiata alle confezioni dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei supermercati per leggere diciture del tipo “può contenere tracce di…”, “prodotto in uno stabilimento in cui si impiegano…” seguite dal nome di tutti gli allergeni possibili presenti: latte, glutine, uova, molluschi, crostacei, ecc. È stato stimato che su 202 prodotti solo 16 (quindi solo l’8%) non ha un’indicazione sulla possibile presenza di allergeni contenuti. Bisogna tener presente però che questa è un’informazione vo-
lontaria e che si riferisce alla possibile presenza di un allergene in un prodotto. Una presenza che potrebbe essere eventuale, dovuta ad una possibile contaminazione durante la produzione del prodotto o durante il trasporto, la lavorazione, il confezionamento, ecc. Diverso invece è il discorso quando l’allergene è uno degli
ingredienti del prodotto. In questo caso l’indicazione di questo prodotto in etichetta è obbligatoria perché non si tratta più di una possibilità ma di una certezza. Le indicazioni generiche e indiscriminate sulla possibile presenza di un allergene in un alimento è inutile e fuorvianti per gli acquirenti, oltre a dare l’impressione che l’azienda non abbia nessuna voglia di essere trasparente e dare garanzie agli acquirenti ma, invece, allontanare da esse ogni eventuale responsabilità. Dare indicazioni chiare e specifiche è un modo per non indurre il consumatore in inganno e accrescere la fiducia negli acquirenti. di Roberta Graziano Fonti “Altroconsumo”, Febbraio 2016
Salviamo la merenda dei bambini Se i nostri figli mangiano male la colpa è principalmente di chi dovrebbe dare loro il buon esempio. Impariamo la regole di “una concessione al giorno” e faremo già un grande passo avanti. Se andassimo in una scuola al momento della merenda vedremmo uscire dagli zaini dei bambini barrette di cioccolato, focacce, biscotti e tanti altri “mostri”. Solo la minima parte
porta a scuola per merenda un frutto. Ma non è colpa dei bambini, la colpa è principalmente di chi mette queste merende nei loro zaini e che ha il compito di dare i buon esempio perché è
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ovvio che se noi adulti per primi non abbiamo una sana e corretta alimentazione difficilmente riusciremo a trasmetterla e a insegnarla ai nostri figli. È da piccoli che si forma il N UT RI H E ALT H
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gusto e se fin da subito si impara a mangiare troppo dolce, troppo salato o troppo grasso con molta probabilità anche da adulti si continuerà a prediligere solo questo genere di alimenti. Questo non significa, però, demonizzare tutti i tipi di snack che comunque piacciono ai bambini e che è pure giusto che assaggino. Significa solo trovare una via di mezzo: impariamo ai bambini ad alternare e variare il più possibile gli ali-
menti e a evitare la monotonia. Se facciamo pranzo e cena sani allora possiamo anche concedergli uno spuntino più goloso; se la colazione è stata un po’ troppo dolce allora possiamo scegliere un frutto o uno yogurt
a merenda; se invece deve fare tante ore di sport allora un po’ di cioccolato può aiutarlo a recuperare le energie. Impariamo a seguire quindi la regola di “una concessione al giorno” tra i cinque pasti della giornata perché il segreto di una sana alimentazione sta proprio nel variare il più possibile. di Roberta Graziano Fonti “Altroconsumo”, Febbraio 2016
Anche chi sceglie di mangiare veg deve fare attenzione Molte persone oggi hanno deciso di eliminare dalla loro alimentazione non solo prodotti animale ma anche loro derivati. Al di là delle motivazioni che possono spingere le persone a seguire questo stile alimentare, anche questo regime nutrizionale può nascondere delle insidie. Che il numero di persone che abbraccia ogni anno il vegetarianismo è costantemente in crescita ormai è un dato conosciuto da molto tempo. Ma ciò che più stupisce, però, è che è in crescita anche il numero di persone che adotta come regime alimentare il veganesimo, cioè persone che hanno eliminato dalla loro tavola non solo carne e pesce ma anche tutti i derivati animali, come uova e latticini. In questo regime alimentare sono ammessi, oltre ai tradizionali legumi, anche alimenti derivanti da paesi orientali, come seitan, tofu e tanti altri alimenti. Questa nuova tendenza alimentare ha subito catturato l’attenzione delle grandi aziende alimentari e della grande di-
stribuzione che ha pensato bene di creare linee di prodotti e reparti ad hoc per questi nuovi consumatori. Ma non ci si ferma qui. Sono nate anche catene di ristoranti che propongono nei loro menù piatti vegetariani o vegani. Ma come per i prodotti con carne e pesce, anche questi possono nascondere delle insidie. Ad esempio, leggendo le etichette di alcuni preparati a base di sei-
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tan, tofu e altro, come gli hamburger, wustel, ecc., anche loro contengono un quantitativo di sale abbastanza elevato, grassi, agenti lievitanti, acidificanti, coloranti, amidi, zuccheri e via dicendo. Cosa si può fare allora? Seguire quello che normalmente viene consigliato anche ai polifagi: nel limite del possibile, mettersi ai fornelli e preparasi da soli i piatti. Infatti se i prodotti preconfezionati vengono consumati saltuariamente i rischi derivanti da questi ingredienti si abbassano notevolmente. Anche per le diete veg meglio non improvvisare e fare sempre attenzione. di Roberta Graziano
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Perché legumi e cereali sono un abbinamento perfetto? Spesso si legge o ci viene detto da molti esperti che l’abbinamento tra legumi e cereali è ottimo, ma non sempre viene spiegato il perché di questa perfezione. Cerchiamo di darne una quanto più semplice spiegazione. Da sempre sentiamo dire che un ottimo abbinamento da portare sulle nostre tavole è quello tra i legumi e i cereali. Ma non tutti sanno però il perché o non gli viene spiegato. Vediamo si spiegarlo semplicemente. I legumi sono ricchi di proteine vegetali, contengono sali minerali (in particolare ferro) e fibra e sono poveri di grassi. Ma, purtroppo, i legumi sono poveri di amminoacidi solforati,
le proteine dei cereali sono particolarmente ricche di questi amminoacidi. Quindi abbinando cereali e legumi otteniamo uno dei migliori abbinamenti possibili nella nostra alimentazione perché questi due alimenti vanno a completarsi a vicenda creando un piatto perfetto. molto importanti per la nostra alimentazione, ma, al contrario,
di Roberta Graziano
Non sempre chi mangia senza lattosio ne ha bisogno realmente Oggi sempre più persone ricorrono a prodotti senza lattosio pur non avendone un reale bisogno e arredando solo un danno economico alle loro finanze e facendo gli interessi delle aziende che si stanno specializzando in questo tipo di prodotti. Questo è dovuto alla confusione che si fa tra intolleranza e mal digestione del lattosio. I prodotti senza lattosio sono un toccasana per chi ha problemi di intolleranza permettendo anche a chi ha problemi con il lattosio di non rinunciare ai latticini e a tutti i nutrienti in esso contenuti. Ma, purtroppo, molte persone consumano questi alimenti lactose free pur non avendo un vero e proprio problema di intolleranza ma semplicemente perché sono ricorsi all’autodiagnosi. Molte persone, infatti, attribuiscono i loro problemi di digestione al lattosio e le scelte che ne derivano sono due: o ricorrere ad alimen-
ti senza lattosio oppure evitare del tutti i latticini. Queste decisioni errate sono il più delle volte la conseguenza di mancata conoscenza sulla differenza tra intolleranza e non digeribilità del lattosio. Queste
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due condizioni sono molto differenti fra di loro anche se entrambi causate da un deficit di lattasi, l’enzima che digerisce il lattosio. Le persone che hanno problemi a digerire il lattosio sono quelle che possono consumare prodotti contenente questo zucchero fino ad una certa dose (dose che può variare da individuo a individuo) al giorno senza nessun problema e sintomi Le persone intolleranti al lattosio presentano una carenza di questo enzima accompagnata da disturbi come dolore, crampi, gonfiore, meteorismo, dis-
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del lattosio o dei latticini dalla nostra alimentazione? Chi elimina del tutto i latticini dalla propria dieta va incontro a una carenza di calcio, mentre chi mangia senza lattosio, pur non avendone bisogno, fa un danno al suo portafogli, poiché questi
prodotti hanno ovviamente un prezzo più elevato dovuto al loro processo di produzione. Quello che si consiglia di fare in caso di problemi col lattosio è prima di tutto effettuare indagini specifiche per fare una diagnosi precisa e affidabile sul
problema e poi, in base alla propria soglia di tolleranza, adattare la propria alimentazione o ricorrere ad alimenti delattosati. di Roberta Graziano
Bio quanto ti amo Non sempre mangiare biologico significa necessariamente avere dei vantaggi alla salute. In alcuni casi non vi sono differenze tra prodotti bio e prodotti tradizionali. Ma seguendo delle semplici regole possiamo avere benefici per la tasca e l’ambiente. Che agli italiani piaccia il biologico ormai non è più un mistero e nemmeno che siano disposti a spendere di più. Ma questa non è una tendenza solo italiana: in tutto il mondo il fatturato del biologico si è triplicato in un solo decennio e l’Italia è al sesto posto nel mondo. Il biologico piace perché , in primo luogo, viene percepito come più salutare, genuino e sicuro e poi si crede che molti alimenti, in particolare frutta e verdura, siano più ricchi di nutrienti. Da alcune analisi e studi condotti per dimostrare i pro e contro che si hanno tra alimenti tradizionali e alimenti bio è emerso che molte delle credenze che si hanno sul biologico sono infondate. Soprattutto se si prende in considerazione non il solo alimento ma tutta la sua catena di produzione, ossia la coltivazione, il trasporto, la conservazione, ecc. Certo la coltivazione biologica prevede un tipo di coltivazione quanto più possibile sostenibile, vieta l’uso di pesticidi, ecc. Ma l’impatto ambientale di un ali-
mento è dato da tanti fattori messi insieme (consumo di acqua, energia, suolo, trasporto). Ad esempio coltivare un prodotto in serra fuori stagione comporta un consumo di risorse energetiche; i prodotti a km 0 sono da preferire perché non provocano nessun impatto ambientale dovuto al trasporto e non hanno nemmeno imballaggi troppo costosi. E l’elenco potrebbe continuare ancora. Vediamo nel dettaglio cosa è emerso dalle analisi. Per quanto riguarda i vantaggi che si hanno dagli alimenti biologici dobbiamo prima di tutto segnalare che essi sono senza dubbio più ricchi di antiossidanti e questo è dovuto al minore utilizzo di azoto nella coltivazione biologi-
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ca. Di contro i prodotti convenzionali si sono dimostrati più ricchi di fitofarmaci ma per la maggior parte il contenuto era nei limiti consentiti dalla legge. Per quanto riguarda la composizione nutrizionale, invece, gli alimenti biologici non hanno significative differenze con quelli tradizionali, né per il contenuto di vitamine né per quelli di minerali. Quindi dal punto di vista nutrizionale sono praticamente identici e chi compra solo prodotti biologici perché è convinto che ne abbia un vantaggio alla salute, deve sapere che in realtà ha solo un danno al portafogli. Ma come fare scelte giusto? Bio o non bio, basta seguire alcune semplici regole che ci permettano di salvaguardare la salute e anche l’ambiente in cui viviamo: Variare frutta e verdura, in modo da ridurre anche il rischio di accumulo della stessa sostanza contaminante eventualmente presente; Lavare con cura gli Pagina 5
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alimenti sotto acqua correte prima di consumarli; Quando possibile sbucciare gli alimenti: in questo modo si eliminano già una buona parte di contaminati; La cottura elimina molti contaminanti e pesticidi; L’acqua di cottura non sempre è utilizza-
bile; Consumare frutta e verdura di stagione permette di limitare l’uso delle serre e i consumi di energia; Acquistare prodotti sfusi perché si evitano gli imballaggi costosi e difficili da riciclare, in certi casi; Acquistare prodotti a
km 0 perché non necessitano di trasporto a lungo raggio e si riducono le emissioni inquinanti. di Roberta Graziano Fonti “Noi crediamo in BIO”, Altroconsumo, Settembre 2015
Diete detox: l’Efsa le boccia L’Efsa è stata chiamata a verificare quanto promesso dalle diete detox a base di bevande e il risultato è clamoroso: sono state tutte bocciate. Sono la nuova moda americana che purtroppo è arrivata fino a noi: le diete detox a base di succhi e bevande. Visto il clamore che tali diete stavano suscitando anche l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, è stata costretta prendere una posizione su questa nuova moda, verificando la fondatezza degli slogan di queste ditte. E il risultato era un po’ quello che ci si aspettava: sono stati tutti bocciati per mancanza di evidenze scientifiche. È stata evidenziata che la mancanza di carboidrati e proteine derivante da questo regime dietetico è pericoloso in quanto porta ad affaticamento dell’organismo. Inoltre le diete liquide e monotone portano a disturbi del comportamenti alimentari che in America, patria natia di queste diete, sono stati denominati “juicexeria”, ossia anoressia causata proprio da chi si nutre di succhi. Se proprio volete assaporare i
centrifugati di frutta e verdura, beh, potete sempre riprendere la sana e vecchia abitudine di prepararli da soli in casa e abbinarli alla dieta tradizionale: sicuramente ne avrete beneficio in fatto di equilibrio e varietà della dieta. Quindi seguendo le regole della dieta alimentare, basata sulla piramide alimentare, e mangiando le consuete 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, anche
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come succhi o centrifugati, la nostra salute ne guadagnerà sicuramente. di Roberta Graziano Fonti “Noi crediamo in BIO”, Altroconsumo, Settembre 2015
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Fresco vs confezionato: chi vincerà il confronto? Molti di noi non sanno scegliere tra alimenti freschi e confezionati perché temiamo che la comodità si perda a discapito della qualità. Ma non sempre è così. Vediamo le indagini che dicono. Ormai tutto lo sanno: bisogna mangiare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, possibilmente di stagione. Questo è quello che ci viene continuamente detto da tutti gli esperti di salute e nutrizione. Ma quello che molti si chiedono, però, è se possono essere anche confezionate o devono essere per forza fresche e se ci sono differenze tra questi due tipi di alimenti. Vediamo di dare qualche risposta a questo secondo dubbio. Molti prodotti in scatola, già puliti, cotti e pronti all’uso, in realtà non hanno molte differenze dal punto di vista nutrizionale ma solo nel prezzo: quelli confezionati costano di più. Quindi il prodotto in scatola e congelato può affiancare quello fresco.
Un punto a favore dei prodotti già pronti sta invece sull’igiene: questi prodotti si sono rivelati più puliti, senza traccia di corpi estranei presenti in quelli freschi. Anche dal punto di vista microbiologico si sono dimostrati più sicuri ma, da questo
lato bisogna dire che comunque la cottura abbatte sempre la carica batterica, eliminando ogni pericolo. Per quanto riguarda il sapore dopo la cottura, c’erano delle
differenze tra alimenti freschi e conservati e come c’era da immaginare quelli freschi hanno vinto, anche se non di troppo, su quelli conservati. Per quanto riguarda il contenuto di vitamine se prima della cottura queste sono in quantità superiore negli alimenti freschi, dopo la cottura la situazione si allinea. Per avere minor perdita di nutrienti, però, bisogna fare anche attenzione al tipo di cottura che si sceglie. La cottura al vapore, al microonde e al forno sono quelle che conservano di più i nutrienti negli alimenti. di Roberta Graziano Fonti “Sfida dell’orto”, Altroconsumo, marzo 2016.
Boom di “mal di sushi” Con la moda dei sushi bar sono aumentati i casi di “mal di sushi”, un tipo di intossicazione alimentare che con dei semplici accorgimenti potrebbe essere evitata. La sindrome sgombroide è un’intossicazione alimentare forse poco conosciuta ma che stranamente è in aumento. Questa sindrome si manifesta con nausea, vomito, diarrea, mal di testa, rossore della pelle su viso e collo e, nei casi più gravi, con
shock anafilattico, ingrossamento della glottide e rischio di soffocamento. È causata dall’eccesso di istamina, una sostanza che si forma dalla degradazione dell’istidina presente nella carne di alcuni pesci (tonni, sgombri, sardine e
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acciughe). Quando il pesce fresco viene conservato male, questo viene attaccato dai batteri che trasformano l’istidina in istamina. Il pericolo legato all’ingestione dell’istamina riguarda non solo il pesce crudo fresco o surgelato, come accade
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per il sushi, ma anche a tutti i tipi di conserve di pesce che non vengono preparate o conservate nella maniera corretta. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento di sushi bar ma, purtroppo, si è notato anche un aumento di questa intossicazione alimentare, tanto da soprannominarla “mal di sushi”. Solo le basse temperature sono in grado di ridurre i rischi legati all’ingestione dell’istamina ed ecco perché è molto importante rispettare la catena del freddo
quando si manipola il pesce anche nelle nostre case. Come? Seguendo delle semplici regole: Quando si compra il pesce fresco, assicurarsi che esso sia adagiato su un letto di ghiaccio; Durante il trasporto fino a
casa, utilizzare borse termiche; Le conserve di acciughe devono essere conservate in frigo; Nei sushi bar accertarsi che la vetrina del pesce sia refrigerata altrimenti.. meglio desistere. di Roberta Graziano
Fonti “Mal di sushi”, Test Salute, Dicembre 2016
Nettari e succhi non sostituiscono la frutta Le bevande a base di frutta che tanto piacciono ai bambini e che mettono l’anima in pace alle mamme in realtà non sono dei sostituti della frutta ma solo un carico eccessivo di zuccheri. I succhi di frutta non sono tutti uguali, ad esempio abbiamo succhi, bevande e nettari, e ognuno può contenere diverse quantità di frutta. Tutti però hanno una cosa in comune: l’eccessivo contenuto di zucchero. Tutte le mamme considerano il succo di frutta o le altre bevande a base di frutta, bevande sane per i propri bambini perché non sono gasate e contengono frutta, o almeno così si crede. Ma prendiamo ad esempio i nettari di frutta. In realtà i nettari di frutta non sono assolutamente dei sostituti della frutta e lo zucchero in essi contenuti li rende molto simili agli snack che mangiano di solito i più
piccoli. Quindi esagerare con queste bevande è sbagliato perché, oltre al problema delle carie, possono provocare obesità e dipendenza. Gli ingredienti base dei nettari di frutta sono acqua, succo e zucchero, anche se sono concessi anche additivi, edulcoranti, antiossidanti e acidificanti.
Dunque quello che si deve capire è che i nettari di frutta non sono frutta: bere un brick all’albicocca non equivale a mangiare un’albicocca. E nemmeno il contenuti di fibra, vitamine e zuccheri sono uguali: mentre i primi due sono scarsi, gli zuccheri eccedono. Queste bevande, qualunque esse siano, sono da considerarsi snack a tutti gli effetti e come tali non devono diventare costanti nell’alimentazione dei più piccoli. di Roberta Graziano Fonti “Più frutti meno succhi”, Test salute, Febbraio 2017
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