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GLORIA RECIPROCA ................................................................ pag

GLORIA RECIPROCA

«Quando fu uscito, Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei ora dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”» (Gv 13, 31-35).

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Il brano si trova nel vangelo di Giovanni in una posizione particolare: è alla fine del cap. 13. È opportuno ricordare che l’evangelista Giovanni dedica ben cinque capitoli all’ultimo incontro di Gesù con i suoi amici alla sera del Giovedì santo: è davvero un commiato solenne e cordiale, in cui il Maestro desidera imprimere nel cuore degli amici un ricordo di Lui, che sia un “vademecum” per la loro vita.

L’intensità emotiva ed affettuosa da parte di Gesù è palpabile; pertanto le parole che Gesù consegna agli amici, le ultime parole per loro, vanno centellinate e assaporate.

Dicevo che sono ben cinque i capitoli che Giovanni dedica all’Ultima Cena di Gesù, dal cap. 13 al 17, e comprende la mistica preghiera al Padre. Il nostro brano è la conclusione del cap. 13. All’inizio Giovanni, unico tra gli evangelisti, presenta Gesù che prima della cena lava i piedi agli apostoli. Era un gesto quasi umiliante perché era riservato agli schiavi: in tal modo Gesù insegna con chiarezza che il compito è il servizio umile verso gli uomini. È l’atto con cui Gesù dà inizio al commiato dai suoi amici.

Poi dà l’annuncio che è arrivata l’ora di compiere la sua missione, che è la passione e la morte per noi uomini.

A questo punto Gesù ci dà il suo insegnamento fondamentale. Nei pochi versetti del brano, solo sei, colgo tre parole che costituiscono la base dell’insegnamento di Gesù: un verbo: glorificare; un aggettivo: nuovo; un avverbio: come.

GLORIFICARE

Nei primi due versetti ben 5 volte viene usato il verbo “glorificare”, fino quasi a mancarci il fiato (si usa dire). È volontà di Gesù, mediante la penna dell’evangelista, stamparci nella mente e nel cuore (siamo nel primo dei 5 capitoli dell’Ultima Cena!) che il fine di tutta la vita di Gesù è la gloria di Dio!

Tutto ha principio dal Padre: è Lui che dà gloria al Figlio, perché il Padre è il principio di tutto; il Figlio, perché è Figlio, “deve” dare gloria a Suo Padre! Inoltre, secondo lo stile di Giovanni, ripete, rovesciandoli, i termini della gloria.

Chiediamoci adesso: che cosa significa “glorificare”, e come Gesù glorifica il Padre?

La risposta è chiara e inequivocabile: “glorificare” significa: rendere chiaro, far sapere e conoscere, addirittura proclamare ad alta voce chi è e com’è Dio Padre.

Ci chiediamo ancora: perché Dio Figlio si è incarnato e come rende gloria al Padre?

Quindi si tratta di far sapere a tutti che Dio è amore, solo amore, totalmente amore; e dire che il Figlio si è incarnato solo per amore verso noi uomini peccatori. Inoltre, proclamare che Gesù, il Cristo, dà gloria al Padre, vivendo la sua “ora”, cioè morendo in croce; ma, per amore (!), non per qualche altro motivo.

È proprio la morte in croce di Gesù, accettata e affrontata solo per amore, che proclama ai quattro venti che Dio è totalmente amore, esageratamente amore, quindi cerca sempre il bene degli uomini, nonostante siano peccatori.

È proprio un mistero impossibile da capire da parte di noi uomini.

NUOVO

Mi piace leggere questo aggettivo sotto due aspetti: innanzi tutto significa “diverso”; diverso dalla situazione precedente, e diverso dall’interpretazione comune, quella più facile e immediata. La diversità dell’amore di Gesù sta nel fatto che l’amore che lui ci dona non è semplicemente “umano”, ma è “divino”, addirittura “trinitario”.

In effetti Gesù parla subito di un amore diverso dall’amore puramente umano. E nello stesso tempo, l’aggettivo “nuovo” indica

un amore che va al di là del tempo, della storia; un amore che entra nientemeno che nell’eterno.

Più chiaramente dice che si tratta di partecipazione alla felicità divina, e… per sempre!

COME

«Come io vi ho amato». L’amore non è mai un “boomerang”: l’amore vero, specialmente quello divino, può essere rappresentato da una semiretta.

L’atto dell’amore parte da me e va al fratello, perché in lui vedo Gesù, Dio. E a Lui, solo a Lui tende il mio atto d’amore verso il fratello.

N.B. Per un approfondimento sugli elementi del “come” rimando al mio opuscolo intitolato COME. Lo stile del cristiano.

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