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STUPORE .................................................................................. pag

STUPORE

È una emozione istintiva, prima di essere un atto razionale, di fronte a qualcosa, un fatto, un avvenimento, normalmente positivo. Ciò dà gioia e anche un piacere sensibile. È qualcosa di improvviso e imprevisto… Dà la sensazione di essere quasi sospesi in aria, non più ben piantati sulla terra. Si rimane con gli occhi sbarrati e a bocca aperta, senza parole.

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Credo che lo stupore si possa provare anche di fronte alla Eucaristia, quando si è in adorazione.

A proposito di stupore vedo istintivamente la Maddalena davanti a Gesù Risorto nell’istante in cui sente pronunciare il suo nome da Gesù, tangibile e vivo, che le sta di fronte, e… con quel tono di voce che le aveva conquistato il cuore. Povera Maddalena, probabilmente è riuscita solo a esclamare un “Oh…” lungo, lungo, senza poter biascicare alcuna parola. Ma in quell’ “oh” lungo c’era tutta lei, viva! Eppure viveva in un’altra vita. Fino a questo punto ci trasforma lo stupore: ci fa vivere una esperienza surreale, ma verissima.

Penso allo stupore che hanno provato gli apostoli all’apparire impensato, e impossibile, di Gesù risorto; in particolare vedo trasognato l’apostolo Tommaso trovandosi davvero alla presenza del Risorto e vivendo l’esperienza fisica delle Sue piaghe.

Penso certamente ai due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane da parte di Gesù, vivo, alla loro presenza. Provate ad osservare i volti, gli occhi dei cari apostoli all’apparire di Gesù risorto, in carne ed ossa. Forse anche loro si sono limitati a un “Oh…”, incapaci di pronunciare una sola parola. Chissà quanti sentimenti, anche contrastanti erano contenuti in quell’“Oh…” silenzioso, ma ricco di sentimenti.

Penso allo stupore ineffabile della donna Samaritana per l’affermazione di Gesù: «Sono io che parlo con te!», il Messia atteso. Un biblista di valore intitola “La brocca dimenticata” il commento a questo episodio. La Samaritana, dopo l’incotro drammatico con Gesù, è scappata via senza nemmeno preoccuparsi di attingere acqua; o forse… non aveva più sete!

Un esempio particolare è quello del cieco nato, a cui Gesù dona la vista: in lui lo stupore si traduce istintivamente in atto di fede e di adorazione: «Credo, Signore» e si prostrò in adorazione – conclude l’evangelista Giovanni. In quel frangente il cieco guarito era perfino incapace di ragionare, di esaminare la situazione. Lo stupore gioioso lo ha portato immediatamente a consegnarsi a Gesù, il Cristo visto e conosciuto personalmente.

Ancora, penso a certi fatti miracolosi che accadono ancora oggi. Perfino alcune persone ‘normali e semplici’, con il loro modo di comportarsi, ci stupiscono davvero positivamente. Vale la pena di ammirarle!

Aggiungo che talvolta viviamo certi momenti, anche solo qualche istante, di intimità con Gesù, che suscitano in noi un vero stupore. Dovremmo sperimentare un vero e profondo stupore dopo aver ricevuta la Comunione: è un augurio! In quel momento “mistico” non dobbiamo pronunciare parole, nemmeno di domande. Una cosa sola è augurabile in quell’istante: prendere atto di una realtà “nuova” come grida S. Paolo: «Adesso non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me!» (Galati 2, 20). E rimanere, anzi “stare” in silenzio!

Trovo differenza tra “stupore” e “meraviglia”. La meraviglia la vedo come qualcosa di esterno a me: significa ammirare una bellezza esterna a me, e si riferisce a qualcosa di oggettivo; lo stupore invece è solo qualcosa di interiore a me, è dentro di me, tocca il cuore e la mia sensibilità e mi coinvolge nel profondo di me stesso. Il card. Martini osa affermare che la lode a Dio, se è genuina, è una forma dello stupore: «Ogni uomo è fatto per lodare Dio: anche tutti quelli che in questo momento non ci pensano, anche tutte le persone che sembrano così lontane da una situazione di lode, sono in realtà fatte per questo. La lode è lo stupore di non essere noi il centro dell’universo, è la gioia che ci sia Qualcuno più grande di noi, che ci ama senza limiti, Qualcuno che ama ogni uomo».

Su questa scia penso che dovremmo imparare a vivere lo stupore per la nostra bellezza, specie quella morale e spirituale: ogni persona è davvero un’opera d’arte (!) perché creata da Dio, così! Dio crea ogni uomo e lo chiama “per nome”. Proprio per un tale motivo ogni uomo è bello, perché creato da Dio così com’è!

Un vescovo che viveva e addirittura respirava in Cristo affermava che un uomo, quanto più è mosso dallo Spirito Santo, tanto più è preso dallo stupore di fronte alle creature, perché tutte sono opera di Dio. E, inebriato da questo stupore, ci lasciò una preghiera, una elevazione da vero innamorato di Dio.

La intitolò “Saziarmi di Dio”: «Forse è finita, Signore, la stagione dello stupore, quando gli uomini davanti a te restavano sopraffatti dalla meraviglia, dall’entusiasmo. Non abbiamo più il senso della tua gloria, non siamo più capaci di andare oltre le umane novità e non ci lasciamo segnare dalla sconfinata bellezza e dalla tremenda esperienza della tua forza, della tua onnipotenza, della tua trascendente grandezza. Come vorrei trovare la capacità dell’uomo biblico che si esalta dinanzi a te: Dio grande, Dio sublime, Dio munifico! Riprendo in mano i Salmi per lasciarmene intridere: voglio lasciarmi prendere dalla lode, dalla esultanza nel benedirti, nel glorificarti, o Padre. Mio Dio, quanto sei grande! E quanto sono piccolo, quanto è piccolo l’uomo al tuo cospetto! Signore, che io ti conosca. Che io sappia spalancare gli occhi sulla bellezza delle tue opere, con profondità, con intensità, con entusiasmo. Lo splendore della tua gloria non mi lasci indifferente: i nostri occhi tu li hai aperti perché li saziassimo di te. Sarà questa la piena beatitudine della vita eterna, ma comincia già qui, nella fede. A misura che la mia fede cresce, lo stupore aumenta e la conoscenza di te diventa inesauribile novità che mai potrà illanguidirsi nella noia, perché tu la ricolmi di beatificanti scoperte, di entusiasmanti certezze, ogni giorno di più. Signore, mio Dio! Io ti ringrazio per quello che tu sei e per quello che di te stesso ogni giorno mi doni, lasciando traboccare luce e gloria» (A. Ballestrero, Preghiere, Piemme, p. 22).

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