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VERGINE E MADRE ................................................................ pag

VERGINE E MADRE

Suppongo che molti conoscano già questa poesia-preghiera, che è una delle più alte di tutta la letteratura italiana. Apprezzata, forse, di più per il contenuto.

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Dante termina la sua Divina Commedia (siamo al XXXIII canto, l’ultimo del Paradiso) con una straordinaria preghiera alla Madonna, quasi per affidare alla Madre di Dio la sua opera monumentale. Dante non osa rivolgere personalmente una tale preghiera a Maria SS. La affida a S. Bernardo, considerato dalla cristianità il “cantore di Maria”.

Riporto il testo della poesia-preghiera, perché è un testo che non si presta a una spiegazione troppo razionale: va vissuta interiormente, va contemplata interiormente nel cuore; bisogna fermarsi in silenzio a “sentirla” in uno stupore esultante.

Ecco il testo:

Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’eterna pace Così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridiana face

di caritate, e giuso, intra i mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disianza vuol volare sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantnque in creatura è di bontate.

(Dante, Divina Commedia. Paradiso, Canto XXXIII, versi 1-21)

Non oso (e non so) “spiegarla”. Mi limito a qualche suggerimento, affinché ciascuno la viva in se stesso, nel profondo del suo cuore. E ne resti avvolto in una vera contemplazione. Proverà una gioia ineffabile, e scaturirà spontaneamente dal suo profondo “io” una vera preghiera mistica.

Più che una poesia, vedo una elevazione spirituale, che vorrei chiamare “teologica-geometrica”. Non vi spaventi questa terminologia. Qui ciascuno è invitato a vedere e a godere il contenuto che è vera e profonda teologia. La struttura è molto schematica e… geometrica: usa nella successione delle terzine una vera decrescenza geometrica.

La parte che prendiamo in considerazione comprende 21 versetti, precisamente sono 7 terzine. È risaputo che i numeri 3 e 7 erano considerati i numeri indicanti perfezione, e talvolta perfino “perfezione religiosa”. Come non vedere in questa scelta la volontà di Dante di esprimere la somma perfezione in Maria?

Anche la suddivisione delle terzine parla chiaro: Dante dedica le prime 4 terzine per cantare Maria in rapporto con la Trinità. Poi dedica 2 terzine (è vera decrescenza geometrica) per cantare il rapporto tra Maria SS. e noi uomini. Da ultimo dedica una sola terzina per cantare le bellezze spirituali e morali della Madonna.

Dante non si limita a contemplare le bellezze come fossero delle semplici qualità morali, sia pure molto belle e preziose. Egli le vede come realtà, che riguardano l’essere di Maria, delle realtà concrete. Dante dice: «quantunque in creatura è di bontate», non parla solo di bellezza.

Noi, probabilmente, ci saremmo aspettati molto più spazio al canto delle sue virtù, incominciando dalla fede. Noi vediamo Maria con occhi umani, così come lei ci appare e sempre in rapporto

a noi. E In fondo pensiamo che la bellezza di Maria sia opera sua, un suo merito. Invece Dante vede che la grandezza di Maria SS. è opera di Dio; Dante sa che la sua straordinaria bellezza consiste nel suo speciale, unico, divino rapporto con la Trinità SS. Tutto il resto (il rapporto di aiuto con gli uomini e anche il suo personale splendore) sono solo conseguenze della sua vita beata in rapporto con la Trinità.

Questa è teologia vera, cattolicissima. Non lascia spazio al sentimento personale, che è sempre mutevole.

QUALCHE SUGGERIMENTO per la nostra personale riflessione

Le prime quattro terzine dicono, anzi, fanno brillare lo splendore di Maria nella mente di Dio. Dante usa delle espressioni opposte in se stesse, che umanamente si escludono a vicenda (vergine e madre, figlia del tuo figlio), impossibili da connettere tra loro, da mettere insieme. Espressioni perfino innaturali secondo l’esperienza umana. Nemmeno permettono di ragionarci sopra. L’esperienza nostra, saggia e inequivocabile, dice che la verginità di una donna esclude “per natura” la maternità in quella donna. E viceversa. Eppure Dante inizia la sua preghiera affermando la verità di questa assurdità… umana! Ma, se accogliamo quanto afferma Dante, rimaniamo “afatici”, incapaci di parlare; eppure il cuore gioisce per uno stupore ineffabile ma reale. Ed è felice! Nella natura non si è mai visto che questi duplici opposti si possano realizzare contemporaneamente nella stessa donna. Eppure Dio rende reali anche queste due impossibilità, per la gloria di Dio e per cantare che a Dio nulla è impossibile.

Un tale inizio rende impossibile ogni spiegazione e ogni commento razionale. Si è invitati solo a vivere un silenzio contemplativo, senza ragionarci sopra; solo si è chiamati a godere spiritualmente e a glorificare Dio per queste due impossibilità umane, che Dio ha realizzato in Maria. Tutto il resto è secondario, perché tutto è quasi una naturale conseguenza di un particolarissimo capolavoro della Grazia in Maria SS.

“Vergine madre”: “vergine” esprime la libera decisione di Maria di essere tutta e sola di Dio; “madre” esprime l’amore infinito di Dio. Quindi in questo contrasto si incontrano e si realizza-

no reciprocamente le due libertà: quella di Dio e nello stesso tempo quella della donna, Maria. Se la verginità esprime tutta la spiritualità di Maria, la maternità non annulla la libera scelta, di amore, della verginità, ma la completa con l’atto supremo di una donna. Tutto questo, ovviamente, è opera-dono di Dio! Ripeto: qui ci vuole solo il silenzio contemplativo e beatificante.

Lo stesso vale per l’altra affermazione dantesca: “figlia del tuo figlio”. Qui non oso fare alcun commento: mi piacerebbe ascoltare un commento adeguato da parte di qualche mamma. Vera! Una verità ci insegna Dante anche con questa affermazione: Dio non è sottoposto alla natura; Dio è divinamente libero dalla stessa natura e la usa liberamente secondo il Suo volere.

“Umile e alta più che creatura”. Dante osa vedere Maria SS. come la prima, la più “simile” a Dio tra tutti gli uomini, di sempre. Nello stesso tempo vede in Lei la più consapevole della propria nullità (addirittura, non esistenza!) al di fuori di un vero rapporto con Dio. La vede e la contempla nella luce della Trinità, quasi ammessa alla comunione intima con la Trinità. Per questo motivo, dice Dante, è da sempre il punto terminale, forse il fine, del pensiero-volontà di Dio. “Termine fisso d’eterno consiglio” è il fine sicuro, inequivocabile, certissimo di “eterno consiglio” esprime proprio il pensiero e la volontà di Dio stesso. Maria SS. è una tale, unica creatura perché Dio l’ha pensata e creata così.

Per tale fatto Maria è “alta più che creatura”. È semplice: perché Dio l’ha voluta così.

Quasi esagerando, Dante dice: “termine fisso d’eterno consiglio”. Sì, esagerando: Dante osa cantare che Maria è diventata, pertanto, il fine della volontà di tutte e tre le Divine Persone verso l’umanità.

Le successive tre terzine, seconda, terza e quarta, sono uno sviluppo della prima. Non penso che valga la pena di commentarle: si rischierebbe di umanizzarle troppo. Ritengo buona cosa rileggere più volte, da solo, nel silenzio, e molto lentamente queste prime terzine, fino a quando il cuore si sentirà beatificato e colmo di stupore.

Le terzine cinque e sei le sento più… “razionali” È inutile: se vogliamo chiedere qualche aiuto a Dio, afferma seraficamente Dante, dobbiamo necessariamente rivolgerci a Maria SS. Allora

Gesù, sarà “costretto”, per amore alla Sua Mamma, ad accontentarci (pensa alle nozze di Cana). Addirittura Ella sa intuire in anticipo i nostri bisogni.

La settima terzina (solo la settima!) è un vero Magnificat che canta tutte le bellezze di Maria, che non sono soltanto delle belle qualità splendenti, ma sono semplicemente la realtà di Maria, per volontà di Dio. Noi avremmo certamente richiesto più spazio per cantare le sue bellezze, ma giustamente Dante pensa che queste sono solo conseguenze del rapporto unico di Maria con la Trinità. Ed è questo che la rende unica, al di sopra di ogni donna di sempre.

Per ulteriori spiegazioni e commenti ciascuno si rivolga ai suoi autori spirituali preferiti.

Di fronte a una tale preghiera-poesia di Dante, l’unica cosa utile è stare in silenzio e lasciar cantare nel cuore un tale capolavoro, anche di teologia e di autentica spiritualità.

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