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Giurisprudenza

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Fiera Highlife

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L’Europa e la legislazione nazionale in tema di lotta alla droga

Notizie in pillole

Grandi discussioni sta suscitando, in particolare in Italia, il “Piano di azione dell’Unione europea in materia di lotta contro la droga”, approvato a Strasburgo da parte del Parlamento europeo il 15 dicembre scorso.

Se dal punto di vista politico, in particolare nell’ottica di sinistra e radicali, è sicuramente un grande passo avanti in senso antiproibizionista, da quello prettamente pubblicistico occorre spendere qualche parola in più.

Per prima cosa bisogna considerare di che tipo di provvedimento si sta parlando. Il documento approvato dal Parlamento europeo è una “raccomandazione”, uno di quegli atti di cui l’art. 189 del Trattato CE fa menzione, ma solo per sottolinearne la sua non vincolatività. Attraverso esse gli organi di una organizzazione internazionale cercano di ottenere un determinato comportamento da parte degli stati membri col minimo sacrificio possibile della sovranità di questi ultimi. Tuttavia in ambito comunitario la raccomandazione assume una importanza minore rispetto ad altre Organizzazioni, ad es. l’ONU, a causa della maggiore integrazione realizzata dagli Stati che vi hanno aderito, caratteristica che consente l’emanazione da parte degli organi comunitari di atti vincolanti, direttamente applicabili, in misura così rilevante. Tuttavia è indubbio che dire che le raccomandazioni non sono vincolanti non equivale a dire che esse non sono produttive di conseguenze giuridiche e, quindi, appartengono al mondo del non-diritto. E’ chiaro che la obbligatorietà non esaurisce la gamma delle possibili rilevanze giuridiche di un atto. Con riferimento alla raccomandazione, tali conseguenze giuridiche, diverse dalla vincolatività, sono state individuate nell’obbligo per lo Stato destinatario di tollerare quella che altrimenti sarebbe una ingerenza illecita nella sua sfera sovrana, nonchè nel cd. effetto di liceità, vale a dire nella legittimazione del comportamento di chi, adeguandosi alla raccomandazione, compisse atti di ingerenza nella sfera di altri soggetti, atti che, in assenza della raccomandazione, sarebbero da considerare illeciti. Con specifico riferimento all’atto in questione, non si tratta di una autorizzazione per i singoli cittadini ad uniformarsi al suo contenuto, quanto piuttosto un “obbligo”, nel nostro caso per l’Italia, a non opporsi ad iniziative legislative di altri Stati membri che vanno in quella direzione.

Questo intervento comunitario è intervenuto, tra l’altro, poco dopo che un altro organismo internazionale aveva espresso la propria opinione sullo stesso tema. E’ il caso dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che per bocca del capo-dipartimento Salute mentale e tossicomanie, Benedetto Saraceno, dal Congresso della Società mondiale di Psichiatria, ha richiamato i Governi nazionali perchè incentivino “politiche efficaci indirizzate alla prevenzione e la cura e sviluppino interventi volti a non criminalizzare” i consumatori di sostanze psicoattive. Qui da noi, intanto, è sempre allo studio una riforma di segno del tutto opposto a quello europeo...

Faccio riferimento evidentemente al ddl Fini, approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 novembre 2003, e che dopo tanti stop and go, ha ripreso il suo, seppur lento, iter parlamentare. Il 7 giugno il ddl 2953, era stato assegnato alle Commissioni riunite di Giustizia e Igiene e Sanità del Senato, da cui è stato inserito per la prima volta all’ordine del giorno, nella seduta del 18 novembre. In tale occasione però il contenuto non è stato analizzato e discusso, in quanto si è trattato di una seduta di mero accorpamento con altri ddl presentati per lo più da esponenti dell’opposizione (in generale meno repressivi, se non addirittura antiproibizionisti) e quindi di rinvio.

In virtù delle considerazioni svolte prima, ben si giustificano le affermazioni di tanti esponenti della Maggioranza, che di fatto hanno minimizzato la portata del provvedimento europeo (su tutti cito Riccardo Pedrizzi, responsabile di AN per le politiche della famiglia, che senza mezzi termini l’ha definita “fallimentare”).

Da antiproibizionista posso solo sperare che la lentezza nel discutere il ddl Fini permetta al prossimo Governo, magari di un colore diverso, di proporre una riforma più europeista di quella allo studio in questi giorni...

USA- Oltre la scheda elettorale per eleggere il presidente, gli elettori di tutti gli Stati hanno anche ricevuto quella per votare su una serie di proposte referendarie. Nelle questioni sottoposte al voto popolare in tre Stati –Alaska, Montana e Oregon e in una città californiana- c’erano delle proposte per migliorare o permetter il consumo medico della marijuana.

Gli elettori del Montana hanno approvato la legalizzazione della marijuana terapeutica; la Initiative 148 permette infatti la coltivazione, il possesso e il consumo della sostanza a fini terapeutici, proteggendo i pazienti e gli operatori sanitari dall’arresto. Il Montana diventa così il decimo Stato USA a regolamentare la marijuana per fini medici.

La costosa campagna per la legalizzazione della marijuana non è riuscita a convincere gli elettori dell’Alaska. Con più dell’ 80% dei voti, non è passata la proposta di legalizzarne, per i maggiori di 21 anni, il possesso, la coltivazione, l’acquisto o la vendita. La Meusure 2, che intendeva regolarizzare e tassare la sostanza sotto le leggi dello Stato, è stata bocciata, come lo fu, nel 2000, una proposta simile. Nel 1998 fu comunque già approvata la legge per il consumo medeico.

Gli elettori dell’Oregon, hanno votato contro la proposta per migliorare l’accesso alla marijuana terapeutica. La Meusure 33 avrebbe permesso di aumentare la quantità legale consentita per i consumatori/pazienti e creato un registro statale per la fornitura della stessa.

I cittadini di Oakland in California, hanno a grande maggioranza approvato la Meusure Z. La proposta getta le fondamenta per arrivare a decriminalizzare la marijuana, rendendo il consumo, privato, degli adulti, un obiettivo secondario per le forze dell’ordine; consente inoltre la raccolta di fondi e ai consumatori/pazienti di acquistarla da società autorizzate.

In Nevada invece si raccoglievano le firme necessarie per presentare petizioni popolari. Il segretario di Stato ha annunciato che i comitati promotori per legalizzare la marijuana e per ampliare i limiti del fumo del tabacco nei luoghi pubblici non hanno raggiunto il quorum richiesto. Nessuna delle tre petizioni ha raggiunto le 83.156 firme necessarie, numero minimo perchè la “Legislature” arrivi a riconsiderare le leggi vigenti nella sessione del 2005. Per la legge dello Stato, devono firmare, minimo, il 10% degli elettori che hanno votato nella precedente elezione generale.

Australia, Victoria- Rischia di rivelarsi un fiasco la campagna di sicurezza stradale basata su test antidroga per gli automobilisti partita con grande pubblicita’ poche settimane fa. La polizia ha ammesso che due dei tre guidatori risultati finora positivi nel test della saliva sono stati ‘discolpati’ dalle successive analisi del sangue in laboratorio. La polizia ha divulgato i risultati degli esami, ma ha respinto le richieste di scuse, accompagnate da minacce di azione legale, da parte dei due automobilisti che erano inizialmente risultati positivi ad anfetamine e cannabis. Il test della saliva, simile alla prova del palloncino da tempo praticata in Australia contro chi guida sotto l’influenza dell’alcool, dovrebbe rivelare la presenza di metanfetamine, o speed, di marijuana e di alcune droghe sintetiche. Le pene previste partono da 360 euro con la sospensione della patente per tre mesi, e raddoppiano per i recidivi. Nei primi nove giorni di operazione, hanno fornito campioni di saliva 283 automobilisti e solo tre sono risultati positivi, di cui due per l’appunto erroneamente.

La crescente polemica sull’accuratezza dei test non ha tuttavia convinto il premier del Victoria, Steve Bracks, a rinunciare. Bracks ha espresso piena fiducia nei test e ha paragonato le polemiche a quelle che sorsero dopo l’introduzione dell’obbligo delle cinture e della prova del palloncino. Il nuovo sistema di controlli dovrebbe essere sperimentato per un anno e concentrarsi sulle rotte dei camionisti, grandi consumatori di anfetamine, e sulle strade usate dai frequentatori di discoteche e locali notturni.

Altri Stati australiani seguono con attenzione l’andamento del programma con l’intenzione di adottarlo, e la polizia del Nuovo Galles del sud ha confermato che intende introdurlo a partire dal prossimo marzo.

Ancora più accurati, seppur in via sperimentale, i test antidroghe sulle strade del Queensland, dove

il dipartimento di ricerche tecnologiche sulla sicurezza stradale dell’universita’ del Queensland ha esaminato la saliva di guidatori/volontari rimasti anonimi per verificare la presenza di sostanze stupefacenti. I primi risultati hanno mostrato che la cannabis e le amfetamine sono le sostanze più consumate. Mentre i test dello Stato di Victoria segnalano solo la presenza di cannabis e metamfetamine, questi del Queensland rivelano anche quella di cocaina e eroina.

Ai volontari e’ stata chiesta l’età, da quanto tempo hanno la patente e con quanta frequenza guidano dopo avere assunto droghe. Da una ricerca e’ emerso che il 14% degli automobilisti del Queensland ammette di guidare sotto effetto di marijuana, cocaina, speed e ecstasy. Dall’esito di questa ricerca verranno in futuro sviluppate campagne mirate antidroghe. Già nel 1999, la commissione per i trasporti del Parlamento suggerì la necessità di effettuare test antidroghe per gli automobilisti.

ITALIA- Questa, in sintesi, la stima per il 2004 pubblicata dall’ADUC (Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori) sui risultati di un anno di attività antidroga in Italia. Sono stati sequestrati: poco più di 14.000 kg di droghe leggere e quasi 55.000 di droghe pesanti; oltre 800.000 dosi di droghe sintetiche; 280.000 piante di cannabis e 20.000 semi; circa 1.500 fiale di metadone. Per quanto riguarda le misure cautelari, sono stati segnalati circa 15.000 arresti e oltre 1.000.000 di giorni di condanna a pene detentive.

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