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Rubrica giuridica
from 2005 02 IT
by SoftSecrets
Sentenze eclatanti e tabelle... dagli sconosciuti!
Questo inizio 2005 è stato caratterizzato, per quanto concerne le politiche e le normative in tema di stupefacenti, da alcune novità. Vi comunico, in primis, l’inserimento della Salvia Divinorum nelle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope; vi segnalo poi un paio di sentenze della Corte di Cassazione in tema di accertamento della guida sotto effetto di droghe e di possesso di stupefacenti; sempre in tema di giurisprudenza antiproibizionista, farà piacere spendere due parole sulle assoluzioni degli esponenti radicali nei processi per le azioni di disobbedienza civile del 1997 a Roma e del 2003 a Matera e Pisa.
Aggiornamento delle tabelle contenenti l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope
A nove mesi dalla prima disposizione italiana di sequestro dal commercio “dei prodotti contenenti Salvia divinorum o il suo principio attivo Salvinorina A”, nel giugno dello scorso anno, la Salvia “divinorum” è stata inserita nelle tabelle previste per legge, insieme ad altre sostanze sintetiche già segnalate dall’Unione europea sedici mesi fa. La disposizione di sequestro era stata resa indispensabile dall’ormai vasta diffusione della sostanza, ad opera degli smart shop, nei quali è possibile trovare sostanze che, pur affini alla cosiddetta “cultura dello sballo”, non rientrano negli elenchi di quelle regolamentate o vietate. Il decreto del Ministero della Salute, di concerto con quello della Giustizia, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e dunque la classificazione della sostanza è formalmente in vigore. Ma se la misura può sembrare in ritardo, paradossalmente è anche in anticipo: la cosiddetta salvia dello sciamano doveva rientrare tra le “nuove” sostanze stupefacenti classificate dalla normativa la cui gestazione al Senato si sta prolungando oltre le previsioni. Il decreto attuale “sistema” questa temporanea lacuna e mette al bando altre quattro droghe sintetiche (2CT-7, 2C-T-2, 2C-I e TMA-2) piuttosto diffuse; per queste, tuttavia, la tempistica non sembra propriamente rapida: la decisione 2003/847/GAI del Consiglio europeo del 27 novembre 2004 (a firma del Guardasigilli italiano) disponeva affinché gli Stati membri si adoperassero per inserire tali sostanze nelle tabelle di quelle stupefacenti e psicotrope.
Il caso della Salvia Divinorum esemplifica alcune vistose contraddizioni della materia legislativa e soprattutto l’assoluta arbitrarietà ovvero l’imponderabilità delle ragioni che fanno di una sostanza o di una pianta una droga illegale, una medicina soggetta a prescrizione, o un vegetale liberamente coltivabile e consumabile.
L’articolo 14 del Testo Unico sugli Stupefacenti dispone che nella tabella I venga inserita «ogni sostanza che [...] abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica [...] o che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali». Per stare al dettato di questa norma si dovrebbe bandire una bella porzione del regno vegetale, compresa una fetta notevole della più comune flora nostrana. Lo stramonio, la mandragora, la belladonna, la noce moscata, lo hyoscyamus, la ninfea, il ranuncolo hanno proprietà allucinogene e talora tossicità letale. Il vino e gli alcolici producono forti distorsioni sensoriali e, come il tabacco, sono in grado di indurre forme di dipendenza grave, ma non vengono riportati in tabella, come invece si fa per le foglie di coca, la paglia di papavero, il cactus peyote.
A parte queste gravi incoerenze, l’impianto legislativo è condannato a un permanente ritardo sull’evoluzione della produzione, dell’offerta e del consumo degli agenti psicoattivi: il Testo Unico, all’articolo 13, di fatto decreta che una sostanza è libera finché non viene inserita nelle tabelle di quelle sottoposte a controllo. Ciò implica che è possibile formulare nuove sostanze psicotrope e lanciarle sul mercato dove saranno legali fino all’aggiornamento delle tabelle, un atto che si realizza con un Decreto del Ministero della Sanità, di concerto con il Ministero della Giustizia sentito l’Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità. Un provvedimento quindi che per sua natura non può essere tempestivo. Un successivo decreto ministeriale ha disposto che vengano contemplate in prima tabella tutte le sostanze ottenute con le più comuni reazioni chimiche a partire dai principi psicotropi già sottoposti a controllo. Ma le possibilità di sintesi sono tante e tali che sul mercato vengono costantemente presentate nuove sostanze, le cosiddette «designer drugs», dagli effetti imprevedibili e dal profilo tossicologico sconosciuto.
Corte di Cassazione, sentenza n. 47903/04: Più difficile contestare la guida sotto gli effetti di droghe
Più difficile contestare la guida sotto gli effetti di droghe. Lo stato di alterazione fisica e psichica causata da stupefacenti può essere provato solo dall’esame di campioni di liquidi biologici, effettuato in strutture sanitarie pubbliche o equiparate, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 187 del Codice della Strada. In questi termini si è espressa la IV sezione penale della Cassazione, con la sentenza 47903/04, depositata il 10/12/2004, distinguendo nettamente tale ipotesi da quella di guida in stato di ebbrezza.
Secondo i giudici lo stato di alterazione da stupefacente, così come all’art.187 del CdS, non può essere dedotto da elementi sintomatici esterni, valutati in modo discrezionale dagli agenti che accertano l’infrazione, ma solo effettuando analisi di laboratorio.
Profondamente diversa la disciplina dettata dall’art.187 del CdS, che, con riferimento all’ipotesi di guida in stato di ebbrezza, consente di provare il reato anche solo sulla base degli elementi sintomatici riscontrati dagli agenti.
La constatazione da parte degli agenti di circostanze oggettive e sintomatiche della possibile assunzione di stupefacenti, quali difficoltà nel linguaggio, tremore o lentezza dei movimenti, non rimane del tutto priva di effetti. In base a questi elementi alle forze dell’ordine è consentito accompagnare l’automobilista nelle strutture sanitarie per effettuare i necessari accertamenti.
Già un’ordinanza della Corte Costituzionale, la n.306 del 25/07/2001, aveva affermato che le attuali conoscenze tecnico-scientifiche non consentono di verificare l’effettivo uso di sostanze stupefacenti con sistemi empirici o mediante apparecchiature analoghe all’etilometro, che pur essendo meno invasive del prelievo di campioni biologici, garantiscono risultati immediati e affidabili. Per questo l’apparente disparità di trattamento delle due fattispecie e il diverso sistema di prova previsto non possono dirsi ingiustificati, ma sono al contrario legittimi.
Corte di Cassazione, sentenza n. 49085/04: Solo il mercato fa l’ingente quantità
Un chilo e mezzo di cocaina, corrispondente a 10.442 “dosi droganti”, non sono automaticamente una “ingente quantità” che faccia scattare la specifica aggravante. Lo ha stabilito la sesta sezione penale (sentenza 49085/04) della Cassazione. Nel caso in questione si trattava di valutare l’applicabilità dell’art. 80, comma 2, del Testo Unico, che prevede un inasprimento di pena dalla metà ai due terzi nei casi in cui la quantità di droga abbia così oltrepassato i confini dell’ordinario da rappresentare un pericolo per la salute pubblica o almeno per un numero indefinito, ma rilevante, di tossicodipendenti. Il condannato ha fatto notare che la quantità di droga con la quale era stato sorpreso non era eccessiva, “considerato anche che il mercato di destinazione era quello romano”. La Cassazione gli ha dato ragione, chiarendo che un chilo e mezzo di cocaina pura “non integra di per sé un quantitativo ingente, a meno che in relazione alle caratteristiche dell’offerta di droga, alla sua capacità di diffusione e alle condizioni di assorbimento del mercato di riferimento esso determini in concreto un pericolo alla salute pubblica di elevata intensità”.
Disobbedienza civile: assolti i radicali
“È una sentenza importantissima, non solo per me e per i miei compagni, ma per tanti che sono in carcere, dove spesso avvengono suicidi, tanti sconosciuti”. Così Marco Pannella, al termine della lettura della sentenza che lo ha assolto dall’accusa di cessione di sostanze stupefacenti, emessa dalla I Sezione penale della Corte d’Appello di Roma, in merito alla disobbedienza civile del 12 ottobre del ‘97 in piazza Navona. Si sono concluse con il proscioglimento dei tre radicali accusati di spaccio anche le udienze preliminari di questi giorni presso il Tribunale di Pisa e quello di Matera, in quanto “il fatto non è punibile per l’inidoneità dell’azione a ledere il bene giuridico protetto dalla norma penale”. I militanti radicali avevano distribuito hashish nel corso di manifestazioni di disobbedienza civile, tecnicamente cessione di stupefacente, atto che la legge prevede, a qualsiasi titolo avvenga, comportamento equiparato allo spaccio.
Le difese hanno dimostrato da un lato che non è possibile valutare l’esatta quantificazione di singole “dosi droganti” (cioè se la singola bustina potesse recare “effetti droganti” sull’assuntore), poiché l’effetto drogante è riferibile solo a un consumo intensivo e continuativo. Non è praticamente mai dato di riscontrare, nei consumatori, effetti di dipendenza fisica da cannabis, se non a dosaggi “abnormi”, ottenuti solo in condizioni sperimentali e/o di laboratorio, e di fatto estranei all’uso comune. La quantità minima per indurre dipendenza sarebbe pari a 210 mg al giorno di principio attivo (da non confondere con il peso “lordo” della sostanza) consumato quotidianamente e continuativamente per parecchie settimane.
La seconda strada si inserisce nella dinamica stessa della disobbedienza civile e della non circolazione della sostanza: si può parlare di non punibilità “motivata dalla non idoneità della loro condotta a ledere la norma giuridica in quanto effettuata in presenza delle forze dell’ordine, che hanno impedito la successiva circolazione della sostanza e indipendentemente dal fatto che la norma punisca chiunque cede a qualsiasi titolo o per qualsiasi scopo”.
[Per approfondimenti:
www.aduc.it; www.retecedro.it;
www.dirittoegiustizia.it ; G.Amato, I traffici illeciti di sostanze stupefacenti, Giuffrè editore, Milano, 1999.]