Fixing 10 2017

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Anno XXV - n.10 - 1,50 euro

E ditoriale UE, cosa chiedono le imprese

L’Unione Europea può davvero rappresentare una grande opportunità per la Repubblica di San Marino. In attesa di conoscere la road map della politica rispetto alla stato di avanzamento dell’accordo di associazione all’UE – che, crediamo, debba avere un po’ più di sprint rispetto al passato e che deve essere portato avanti avendo chiari gli obiettivi e le tempistiche -, abbiamo provato a mettere assieme le richieste del mondo delle imprese del territorio. Del volano dell’economia. Di quel settore che contribuisce a circa il 35% del Prodotto Interno Lordo. Va in prima battuta aggiornato l’accordo di unione doganale del 1992, anche alla luce delle esperienze maturate e della significativa evoluzione che in questi ultimi anni hanno subito le relazioni internazionali. In questo contesto, per favorire la loro operatività, diventano fondamentali l’eliminazione del T2, ma anche l’istituzione di una dogana domestica (che permetterebbe, tra le altre cose, anche quella di “creare lavoro”) e l’introduzione della certificazione comunitaria AEO (sistema di certificazione per la semplificazione delle procedure doganali), oltre naturalmente al passaggio dall’imposta monofase a un sistema IVA. In questo modo si potrebbe finalmente compiere un passo decisivo nella direzione dell’allineamento normativo agli standard europei. Attraverso opportuni accordi difatti, questo passaggio permetterebbe di favorire e semplificare gli scambi commerciali con l’Italia e con gli altri Paesi dell’Unione Europea. Con vantaggi per tutto il sistema Paese. Alessandro Carli

Direttore Alessandro Carli

Venerdì 17 Marzo 2017

Addio competitività con i frontalieri più “cari”

C CIAA

Partito il progetto “Arduino”

La proposta del Governo è del 7% in più rispetto a un sammarinese Il costo del lavoro, già più alto che in Italia, schizzerebbe alle stelle a pag.2

G iovani

Università: le scelte dei sammarinesi

alle pagg.4-5

C GG

Il Governo targato Adesso. sm ha proposto alcune modifiche alla legge per lo sviluppo, tra cui la novità più rilevante è quella di introdurre un contributo del 7% più alto per le aziende che assumono lavoratori frontalieri. La proposta ha sollevato subito proteste accese, in territorio e fuori, visto che riguarda direttamente oltre 5mila italiani. La discriminazione e le conseguenze diplomatiche sono evidenti, ma quello che più preoccupa è il peso che questa norma potrebbe avere in termini di competitività: in primo luogo si avrebbe un aumento del costo del lavoro, che già oggi è più alto che in Italia. Inoltre penalizzerebbe ulteriormente quelle aziende che vogliono assumere e non trovano in territorio le competenze necessarie. Se le vogliono, devono pagare di più. Bartolucci alle pagg. 6-7

Nuove regole ma sui costi si discuterà

a pag.9

spazio riservato all’indirizzo


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