Il borgo dei segreti

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Andrea Perondi Rosamaria Perondi

Il borgo dei segreti Thriller

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Immagine di copertina “Il vecchio borgo” di Cristiano Sabelli

Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni degli autori e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o defunte, è assolutamente casuale. © 2018 Segmenti Editore - Francavilla al Mare

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Antefatto

Campagna senese Maggio 1944 Il ragazzo avanzava a passo veloce sullo stretto sentiero rischiarato dalla luna che conduceva al bosco dei castagni. Era quasi arrivato a ridosso delle prime piante, quando il Moro apparve venendogli incontro. «Ce ne hai messo! È un giorno e mezzo che ‘un mangio altro che gallette ammuffite». «‘Un fare tanto la vittima, quando ti rifocillo io ‘un ti manca niente». Così dicendo aprì le cocche del poderoso canovaccio a quadroni rigonfio di roba. «Guarda che bel pane fatto da poche ore; e di questo salame che ne dici? E di questa forma di pecorino fresco che te ne pare? Questo fiasco di vino è di quello buono, me l’ha dato il Meucci: non sarà tanto sveglio, ma quanto a vino nessuno gli insegna nulla». «Meno male. Almeno si fa godere anche un po’ il corpo. Ora sì che torna tutto!». «Piuttosto, ce l’ha fatta il tuo gruppo a non farsi beccare dagli uomini del colonnello Klagewert?». «Se ce l’ha fatta? Eccome! Siamo andati in tasca a tutti 5 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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i loro rastrellamenti, di noi non sanno né il puzzo né l’odore». «Ve la cavate bene e forse avete anche un po’ di fortuna». A questo punto sul masso piatto davanti a loro erano disposti i tocchi di formaggio e le fette di salame tagliate grossolanamente. Un po’ più a lato, tre altissime fette di pane soprammesse, aspettavano di essere divorate. La conversazione si interruppe. Poi, nel silenzio, solo il masticare avido del Moro che ficcò in bocca di tutto, fin quasi a strozzarsi. Prese il fiasco, bevve a garganella e quindi riprese a parlare. «Buona davvero questa roba, starei qui a mangiare fino a domattina». «Fammi sentire qualcosa anche a me» disse il giovane agguantando un pezzo di pecorino e afferrando il fiasco appena deposto dall’amico. «Comunque, sarete stati anche bravi, ma qui c’è anche parecchia fortuna» insisté il ragazzo. «Macché fortuna! Tutto previsto» rispose il Moro, straziando le parole col boccone. «E chi sei te per sapere prima le mosse dei tedeschi?». «Io non sono nessuno, ma la moglie di Klagewert le sa» e un ghigno furbesco gli illuminò il viso. «E che c’entra la moglie del colonnello? Non mi dirai mica... figurati se uno come te... ma dai, non ci credo” «Fai male. Lui è un colonnello, ma quella donna a letto è un generale, sarebbe capace di far gorgheggiare un muto. Sa fare certi lavori quella...». «Ma finiscila di raccontarmi le novelle. Sono cresciuto anch’io, sai» «Altro che novelle! Quella è una donna che farebbe rizzare “il bischero” a un morto! Tu sentissi com’è soda... a 6 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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me mi dice tutto. Lui a letto vale poco e quella è una donna che ‘l suo lo vole». «Ma come è possibile che tu sia riuscito a conoscerla, a entrarci in confidenza, a andare a casa sua, ma via...” «Te ’un lo sai, ma io con queste cose ci vo a nozze! Quando una femmina ti vole, il verso si trova sempre. Che donna! Guarda, lo dico altro che a te: mi dispiace che la guerra finisca, perché stare lì a baloccarmi con Ingrid è una cosa che ’un si pò raccontare». «Ma allora fai sul serio!». «Ti pare che scherzi io su queste cose? ». Il Moro era un bell’uomo, intraprendente e fortunato con le donne. Aveva fatto di questa sua propensione, dopo la lotta ai tedeschi, quasi lo scopo della sua vita; non c’era nulla da fare: quando si trovava di fronte una bella donna, magari anche solo gradevole, doveva possederla. La moglie fingeva di non conoscere questo suo vezzo, specialmente per amore dei figli. Il più grande, di otto anni e mezzo, provava per il padre un’ammirazione sconfinata, soprattutto da quando si era unito al gruppo di partigiani della zona. L’altro di tre anni, quando lui mancava, girava per casa a passo di marcia tenendosi con la manina lo scolapasta in testa per far vedere che anche lui era un guerriero. Il Moro, ventinove anni, era del 1915: aveva cominciato presto sia con le donne che con i figli. Quando aveva meno di vent’anni mise incinta la fidanzata di sedici e, per far vedere a tutti che quello non era solo un matrimonio riparatore, lo rifece. Ora si ritrovava nel bel mezzo della guerra con una moglie e due figli a carico. La sua relazione con la signora Klagewert, taciuta a tutti fino a quel momento, gli aveva portato indubbi vantaggi: sapeva sempre in anticipo dove le SS del colonnello 7 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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sarebbero andate a frugare, riuscendo a tenere così il suo gruppo al sicuro. La cosa accresceva a dismisura la stima che i suoi ignari compagni avevano per lui. Il colonnello Axel Klagewert era un uomo alto e grosso come un macigno, presuntuoso e di una crudeltà inaudita: pensava di essere infallibile e ordinava uccisioni di donne e bambini con la stessa spietata disinvoltura con cui avrebbe fatto accoppare un coniglio per il pranzo. «Sai» proseguì il Moro «ti parlo di queste cose perché c’è in ballo un bell’affarino che si potrebbe fare. Roba grossa. Ho bisogno di uno col pelo sullo stomaco». «Sono tutt’orecchi» ribatté l’amico «basta che ci si rientri bene!». «Su questo ci puoi giurare! Stai a sentire: i tedeschi stanno organizzandosi per rientrare in patria e Klagewert, che è un protetto del Führer, ha accumulato un bel po’ di averi in questo periodo in Italia: oro, gioielli, monete, quadri e chissà... Tutta roba confiscata alle famiglie dei signoroni di qui: insomma, il tesoro sta per prendere il volo per la Germania». «Be’, buon per Klagewert, ma a me...». « Io saprò dove e quando passerà il camion che trasporta quei tesori! Ti pare poco?». «La colonnella ti dice anche questo?». «Eccome! Quella puttana è convinta che ci serva per scappare insieme e rifarci una vita lontani da tutto. Che ci creda pure. Tanto le cose cambiano alla svelta, vedrai che una volta che i tedeschi si saranno tolti di mezzo anche Ingrid se ne andrà, visto che io avrò tagliato digià la corda da un bel pezzo». «Chi è Ingrid?». «Ma la mia amante, diavolo! La moglie di quel cornuto 8 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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in divisa». «Ah ». « Insomma che dici?». «Dico che la cosa mi interessa e parecchio. Ma ‘un sarà troppo rischioso?». «Macché! Per non dare nell’occhio la cassa verrà caricata su un camion con una piccola scorta, ‘un sono altro che sei. Noi gli si fa un’imboscata e s’ammazzano tutti!». L’amico restò in silenzio, strofinandosi distrattamente col dorso della mano la voglia scarlatta a forma di foglia di quercia che aveva sul polso. Poi riprese: «Bisogna far presto a nascondere la roba, altrimenti qualcuno si potrebbe insospettire. Io conosco un paio di posti sicuri». «Bene» rispose il Moro «allora siamo d’accordo: appena avrò l’informazione certa in tre balletti si va e si fa tutto». «Ora sarà meglio che torni al paese». Il Moro stette ancora lì qualche minuto per occultare le tracce del cibo consumato. Era una notte senza luna. Il camion apparve dalla curva della strada provinciale procedendo lentamente. Erano in attesa già da una buona mezz’ora sdraiati nel breve fossato dietro un cespuglio di scope tutto spelacchiato. «Ora!» fece il Moro. E d’un balzo furono davanti al camion sparandogli contro all’impazzata. L’autista cadde fulminato con la faccia sul volante e il veicolo prese a sbandare, finendo la sua corsa contro un cipresso. Dalla pancia del camion uscirono goffamente cinque soldati ancora storditi, e non ebbero neanche il tempo di imbracciare le armi che vennero freddati dalle micidiali raffiche degli sten. I due saltarono sul camion e scaraventarono sulla strada il corpo senza vita dell’autista, poi riaccesero il motore e 9 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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avviarono il veicolo attraverso i campi. «Finora è andata bene» disse il Moro «fermiamoci nel bosco per dividere. Meglio nascondere il tesoro in due posti diversi: casomai qualcuno lo trovasse non rischieremo di perderlo tutto. Si andrà a riprenderlo una volta che la faccenda sarà dimenticata». «Bene, dove si potrebbe rimpiattare?». «Io proporrei la chiesetta di San Leonardo, lì non c’è più nemmeno il prete e poi c’è un bel sotterraneo che fa al caso nostro. Magari sotto le pietre del pavimento, così nessuno si accorge di nulla! E l’altra parte del tesoro la si rinvolta in un incerato chiusa dentro una cassa. Magari si mette nel bosco vicino al borgo di San Giovanni in Sella. I padroni, tanto, sono tutti a Firenze e la tenuta è lasciata al fabbro e a un paio di contadini». «No, potrebbe vederci qualcuno, lì di gente ce ne passa». «Ci penso io» fece il Moro «la sotterro dove finisce il macchione, a ridosso della vecchia cava c’è un cippo etrusco di confine proprio in direzione dell’entrata: si fa una buca lì vicino. Poi disegno una cartina per farti vedere il punto preciso». «Allora ci si vede tra una settimana. Se hai bisogno di me chiedi alla mi’ moglie, te lo dice lei quando mi trovi in casa, per ora sono alla macchia con i compagni». «Va bene Moro, a presto e in bocca al lupo!». «Crepi!». Il giovane nascose il suo tesoro nel sotterraneo della chiesetta di San Leonardo, provvedendo, come anticipo sul resto, a impinguarsi bene le tasche del giubbotto da caccia con due canovacci di cotone grosso, arrotolati, gonfi di collane d’oro ed altri valori. Si mise quindi a sedere sotto un cipresso e studiò lo schizzo datogli dal Moro il 10 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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giorno prima. La cassa era sotterrata tra il cippo e la cava. Per ricordarselo riprodusse alla meglio lo schizzo con uno stecco su un piccolo spiazzo di terra che utilizzò come lavagna. Ripeté l’operazione più volte in modo da formare nella mente un’immagine precisa. Poi dette fuoco al disegno. Il colonnello Klagewert era furibondo: continuava a misurare lo studio della villa a grandi passi, sbattendo rumorosamente i tacchi degli stivali sull’antico parquet. Qualcuno l’aveva tradito, ma chi? Gli uomini che sapevano del trasporto erano tutti morti nell’agguato, e nessun altro, eccettuati lui e sua moglie, era al corrente della faccenda. Se solo avesse avuto in mano un indizio, qualcosa per capire... invece nulla, niente di niente. Masticava verde: avevano derubato proprio lui, il terrore della zona. La gente comune impallidiva solo a sentire il suo nome. Eppure era successo. “Italiani: gentaglia inaffidabile, deruberebbero anche la propria madre!” Ruggì. La battaglia di Cassino si era appena conclusa: alla fine, dopo più di quattro mesi di aspri scontri gli angloamericani erano riusciti ad aver ragione delle stremate truppe tedesche. Ormai non era più tempo di stare tranquilli. Tra poco gli alleati sarebbero arrivati anche lì. L’ordine di ripiegare sulla linea Gotica poteva essere imminente. Ora, l’importante era non mettere a repentaglio la pelle. Però, aveva contato molto su quell’oro e quei gioielli, una volta caduto il Reich gli avrebbero fatto comodo. Mentre così rimuginava qualcuno bussò leggermente al vetro della finestra del giardino. Era uno dei suoi soldati con in braccio un paniere contenente quattro bottiglie di ottimo vino rosso e un vistoso, ingombrante salame, cui era appesa una busta col suo 11 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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nome. «C’è un giovane fuori: ha portato questa roba e aspetta sulle scale per parlare con Voi». «Vedremo» grugnì Klagewert e aprì con calma la busta. Dentro c’era un biglietto senza firma che diceva: “Sono un buon amico dell’esercito tedesco e porto notizie interessanti”. «Fallo entrare» grugnì. Il giovane entrò con aria dimessa, quasi servile, tenendo il cappello in mano e a bassa voce disse: «Scusi tanto signor colonnello se la disturbo ma, sa com’è, avrei proprio qualcosa di importante da dire» E poi sibilò «Roba confidenziale». «Se sei venuto a chiedere soldi, pezzente, hai trovato il plotone d’esecuzione!». «Ma no, ho veramente da dirle qualcosa. È una cosa che mi rode...». «Non sono il tuo confessore, però se la cosa è interessante ti ascolto. Bada di non annoiarmi, altrimenti assaggerai sulla schiena il sapore dei boschi della Baviera» e indicò un grosso bastone nodoso in un angolo. «Vede signor colonnello, l’altra notte, per caso, mi trovavo sulla provinciale, quando a un certo punto ho visto spuntare due o tre uomini dal fossato proprio mentre arrivava un vostro camion, cioè, dell’esercito tedesco. Si sono messi a sparare e hanno ammazzato l’autista. Poi hanno atteso che scendessero i soldati e li hanno falciati». La cosa si faceva davvero interessante. «Ebbene?». «Ecco, vede, signor colonnello, io non sono un eroe, appena ho sentito il crepitio dei mitra mi sono nascosto nel fosso, ma ho potuto riconoscerne uno». «E allora? Chi è? Parla!». 12 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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«Si tratta di un partigiano. Lo chiamano il Moro: è uno che sta sempre alla macchia. Abita vicino alla vecchia casa del mulino; l’ho visto più volte andare e venire da Villa Bardi Ricciarelli mentre passava dal giardino». «Da casa mia! Da casa mia! Villa Bardi Ricciarelli è casa mia, mentecatto! Ma sei sicuro verme italiano schifoso!? E chi mi dice che non sono tutte fandonie che ti sei inventato?» Sbraitò. «E che me ne verrebbe in tasca?». «Chissà? Magari qualcosa». «Ma vede signor colonnello, il Moro diceva in giro che avreste mandato via un camion di notte e che lo sapeva bene perché era, mi perdoni colonnello, “intimo” con la signora sua moglie». «Cosa! Mia moglie?!?! Pezzente! Sei stanco di vivere?». «Non mi giudichi male signor colonnello, io ho così tanto rispetto di lei che non le mentirei mai. Ma vede, purtroppo, credo di avere capito proprio a questa maniera. Mi pare che il Moro avesse detto anche il nome della signora». Dopo una pausa calcolata, aggiunse «Forse... Ingrid... può darsi?». Non c’erano più dubbi, era vero! Il colpo fu durissimo, non poteva essere che sua moglie: quasi nessuno sapeva che si chiamava Ingrid, tutti la conoscevano come Helda. Ingrid era il suo secondo nome, quello con cui la chiamavano affettuosamente in Germania i componenti della sua famiglia d’origine. Quella troia lo doveva aver suggerito al suo amante per essere vezzeggiata mentre era a letto con lui. Maledetto nome, lui non l’aveva mai sopportato! Per questo la chiamava Helda, come tutti gli altri. Quella schifosa non solo l’aveva tradito, ma gli aveva anche tolto “il suo paracadute di fine guerra”. Maledetta! 13 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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Era così che lo ricambiava dopo tutto quello che aveva fatto per lei? Eppure lui l’aveva sempre ricoperta di soldi e di gioielli, facendola godere in ogni momento del lusso più raro e sfacciato, trovandole un posto d’onore al desco nelle più importanti casate di Germania: quella puttana della Westfalia. Quando la conobbe, fu abbagliato dalla sua prepotente bellezza a tal punto da essere pronto a tutto pur di possederla e mostrarla di fronte al mondo che conta. Nonostante tutto questo, era stato tradito. Non c’era da dubitarne: anche lei avrebbe avuto la sua parte al momento giusto! Ormai il tesoro era andato: l’avevano preso i partigiani e non c’era più niente da fare. La sua rabbia esplose in tutta la sua prepotenza con un fortissimo pugno a spese della sua scrivania. Quei due l’avrebbero pagata cara, avrebbero dovuto rimpiangere di essere nati. Si sentiva come se gli stessero per scoppiare le vene del collo, pareva un toro inferocito. Il giovane per prudenza indietreggiò di qualche passo. Poi alla fine si riprese, e, rivolto al suo silente interlocutore, disse: «Dimmi tutto quello che sai, pezzente». «Ecco, vede colonnello, pare che la signora, dato che era intima del Moro, parlasse molto con lui. Sa, è un uomo che piace alle donne...». «Forza, non ti fermare, o ti strappo la lingua!». «Ecco, sì, insomma, lui si vantava di essere intimo della signora, andava dicendo che lei per lui non aveva segreti...». A questo punto Klagewert, che oltre la voglia di pavoneggiarsi con lei non provava per la moglie alcun sentimento, disse: «Molto bene, ora che hai sputato il rospo 14 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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non ti resta che dimostrare quel che hai detto. Tu mi condurrai a casa di quell’uomo e me lo indicherai di persona e bada bene di non tentare di imbrogliarmi o di farne parola con qualcuno, altrimenti ti uccido con le mie mani!». «Non dubiti, io sono un’omo fidato. Mi pare che proprio domani sera sarà a casa dalla moglie con altri del suo gruppo. Io ho buoni orecchi. «Aspetto notizie, pezzente». «Non dubiti signor colonnello, le farò avere un messaggio. I miei rispetti». Sempre rigirando il lurido cappello fra le mani, indietreggiò fino alla porta e scomparve. Klagewert sputò sul pavimento al suo indirizzo. Il piano del falso amico del Moro era molto semplice: sapeva di cosa fosse capace il tedesco: nessuno si sarebbe salvato. Uno dei tanti eccidi compiuti dalle SS e niente altro. E non ci sarebbe stato bisogno di spartire l’oro con nessuno. La notte seguente il giovane dette il segnale e raggiunse il punto d’incontro dove l’aspettava il colonnello con una decina di soldati armati di tutto punto. Klagewert dispose che lui fosse alla testa della fila. Arrivati in prossimità della casa il giovane bussò alla porta nel modo convenuto. Dall’interno una voce femminile chiese: «Chi è?». «Sono io!» rispose quasi urlando. «Arrivo subito» Appena l’uscio si aprì, insieme a lui entrarono con irruenza i soldati, dando uno spintone alla donna che cadde. Poi entrò Klagewert. Nella grande cucina la famiglia era raccolta a tavola per la cena, accanto al Moro sedevano altri due partigiani. «Ecco è lui» disse il ragazzo indicandolo. 15 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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Il Moro si alzò da tavola e gli venne incontro. Era incredulo. Poi, livido di rabbia gli sibilò tra i denti “Traditore schifoso!”, presagendo quel che sarebbe potuto capitare alla sua famiglia, supplicò: «La prego Colonnello Klagewert, prenda me! I miei familiari non sanno niente, loro non si occupano né di guerra né di politica». E sputando in faccia all’amico gridò: «Che tu sia per sempre maledetto!» «Ah, ah, ah, bella questa conversazione sincera tra italiani! Mi diverte» e secco ordinò: «Disponeteli tutti allineati sulla parete di fronte, ma questo signore qui» e indicò il Moro «legatelo a quella sedia là vicino al caminetto». Due soldati, a schiaffi e spintoni, fecero allineare tutti alla parete; altri due militari afferrarono il Moro per legarlo alla sedia. Questi si dibatté, ma lo fecero piegare colpendolo dappertutto con il calcio dei fucili. Ora era lì, seduto e legato; il volto devastato da ferite larghe e profonde si mostrava ai suoi. A un cenno del colonnello i mitra crepitarono e i corpi caddero lasciando imbrattata la parete di quel sangue innocente. Il Moro, come impazzito, si contorceva sulla sedia nel tentativo vano di liberarsi. Un soldato lo afferrò da dietro e lo tenne fermo. Lui, persa ogni illusione, si abbandonò ad un pianto disperato e sommesso, tale da straziare il cuore a chiunque, ma non a Klagewert. «Ora tocca a te» gli disse accostandoglisi all’orecchio: «Sai, voi vermi italiani mi fate schifo, ancora di più quelli che fanno i partigiani. Se poi ne trovo uno che mi scalda anche il letto quando non ci sono, mi arrabbio davvero». L’uomo biascicava parole incomprensibili mentre versava lacrime miste a sangue. Il colonnello, soddisfatto, estrasse la pistola, gliela puntò contro i genitali e fece fuoco due volte. Il partigiano cadde a terra contorcendosi. Tra i gemiti soffocati, quasi rotolando insieme alla se16 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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dia, disegnava col sangue una scia discontinua e ineguale sui mattoni del pavimento. Il tedesco, ormai pago, gli sparò in testa: «Non sono poi tanto cattivo, i gesti di pietà li so fare anch’io! ». Dopo, con tutta calma, prese l’accetta appoggiata in un angolo della cucina e con tre colpi decisi gli staccò la testa. “Questo è un bel regalino per la mia signora moglie” pensò e, preso il sacco di tela bianco appeso al muro per la farina, afferrò per i capelli quel macabro resto e ve lo infilò dentro, poi sibilò: “Possiamo andare”. Il silenzio calò sulla casa. Di lì a poco, da dietro la legnaia, si affacciò cautamente un ragazzino di quasi nove anni con il terrore esploso negli occhi, che accostatosi ai cadaveri abbracciati della madre e del fratellino, vi si aggrappò con forza, chiamandoli con tutto il fiato che aveva, quasi a volerli riportare in vita. Qualche ora dopo lo zio materno, avvisato dai partigiani, riuscì a fatica a staccare il bambino da quei poveri corpi. Mentre lo portava con sé, il piccolo aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto. Era l’alba quando il colonnello rientrò nella villa recando il macabro sacco. A passi felpati salì le scale, e, arrivato in fondo al corridoio, spalancò con violenza la porta della camera della moglie e accese la luce. Lei, stordita, con la voce ancora impastata dal sonno, chiese: «Che c’è, che succede?». «Nulla» rispose freddamente Klagewert «solo questo». Ciò detto rovesciò sul letto il sacco sporco di sangue. Il colpo fu tale che la poveretta cominciò a gridare in modo ossessivo il nome dell’amante correndo scompostamente per la stanza e sbattendo dove capitava, ferendosi; finché, all’improvviso, si accasciò. Il colonnello andò alla finestra e l’aprì, e con ferocia sollevò il corpo della donna gettandolo di sotto; un tonfo 17 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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sordo risuonò sul selciato del cortile. Subito dopo, richiusa la finestra, si ritirò nella sua camera, e, come d’abitudine, fumò il suo mezzo sigaro ascoltando al grammofono “La cavalcata delle valchirie”, infine, si sdraiò sul letto addormentandosi all’istante.

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Capitolo primo

Campagna toscana Aprile 1980 «Accidenti! Il caffè che viene con queste macchinette è ristretto, cremoso, fumante, ma ha sempre quel sapore di roba preconfezionata che non ti solletica mai le papille» concluse il commissario, guardando con aria sconsolata il bicchierino di plastica ormai vuoto. «Che vuole, commissario, con queste macchine si risparmia: invece di 300 lire con 150 si prende» rispose l’agente Giovanni Montoni. «Sì, ma è senz’anima». L’agente Montoni stette zitto, non voleva commettere gaffe: non avrebbe mai sospettato che il caffè avesse avuto l’anima, però di fronte alla parola di un superiore... In quel momento comparve dalla stanza accanto l’agente Marzio Caltabellotto, un veneto sulla cinquantina ormai in Toscana da venticinque anni, che porse subito un fascicolo al commissario: «Si tratta della denuncia fatta dal Cavicchi ieri sera». «Chi è ’sto Cavicchi?». 19 Segmenti Editore © 2018 - Riproduzione vietata


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Prima Edizione: 2018 ISBN 9788899713126 © 2018 Segmenti Editore - Francavilla al Mare Psiconline® Srl - 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A

Sito web: www.segmentieditore.it e-mail: redazione@segmentieditore.it

I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi.

Finito di stampare nel mese di gennaio 2018 in Italia da Services4media Srl - Bari (BA) per conto di Segmenti Editore (Marchio Editoriale di Psiconline® Srl)

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