Ti porto dentro

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Tiziana Campanella

Ti porto dentro Romanzo

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Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o defunte, è assolutamente casuale. © 2016 Segmenti Editore - Francavilla al Mare

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I

Dopo una delusione è sempre difficile ripartire. E questo Annik lo sa molto bene. Il motivo per cui è così difficile, è che bisogna necessariamente mettersi in discussione, avere pazienza, stabilità emotiva e caparbietà per non lasciare semplicemente che sia. Occorre inseguire con convinzione e un pizzico di rischio ciò che, in fondo al cuore, segretamente si cerca, ma per cambiare il destino degli eventi è necessario essere allenati in un passaggio fondamentale. Prima di tutto, bisogna saper scegliere e, prima di scegliere, considerare le alternative possibili, seguire nuove intuizioni e abbandonare vecchie convinzioni. Annik si ritrova a fare i conti con la sua natura, prevalentemente istintiva e romantica che a volte non le permette di dirigere e di orchestrare la vita come vorrebbe. Andare o restare è sempre stato il suo motivo prevalente, che continuava a provocarle una profonda confusione nella quale spesso, in passato, restava incagliata. Non ha mai superato completamente dentro di sé questo divario, anzi, spesso e volentieri, si ripresenta in tutta la sua esuberanza. L’emozione è sempre lì pronta a prendere il sopravvento, ma di certo vivere dentro una cornice di riferimento, è per

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lei un grande traguardo. Annik ha trent’anni e vive a Roma, in una delle zone più belle che questa città possa offrire. Il Gianicolo. Non rientra tra il novero dei sette colli romani, ma il suo fascino è indiscutibile esattamente quanto la sua storia. Secondo la tradizione, il nome deriverebbe dal dio Giano, che fondò un piccolo centro chiamato laniculum, inizialmente abitato dagli Etruschi e situato fuori dalle antiche mura aureliane; il colle è stato poi annesso a Roma tramite il ponte Sublicio da Anco Marzio. Tra le diverse bellezze che caratterizzano questo colle si trova l’elegante via Dandolo. Annik vive da quasi circa due anni in una palazzina d’epoca, all’ultimo piano, in un attico piccolo ma delizioso, donatole per eredità, dai nonni materni, con i quali ha vissuto praticamente la sua infanzia e la sua adolescenza. I suoi genitori hanno origini belghe e dopo anni di lavoro in Italia, hanno scelto di ritornare nella loro città originaria. Annik adora quest’appartamento, dopo la morte dei nonni è stato completamente ristrutturato e trovarsi lì, le lascia continuamente un senso di quotidiana e profonda connessione con loro. Il legno chiaro del parquet e il bianco dei mobili e delle pareti rendono l’ambiente particolarmente luminoso. Una grande finestra scorrevole della cucina – soggiorno, permette l’affaccio diretto su uno dei quartieri più belli di Roma, il rione storico di Trastevere. E’ una serata di maggio non ancora del tutto mite, una punta di freddo incalza ancora le serate romane. Annik guarda l’orologio. Le undici in punto. A momenti la sua amica, Sarah, dovrebbe arrivare. Il solito squillo sullo smartphone, segnala che è dinanzi al cancello ad attenderla. Prima di uscire afferra il Rouge Chanel e con un gesto deciso delinea le labbra non molto pronunciate, ma delicate e dalla sporgenza a cuoricino. 8

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- Ciao Sarah. - Ciao Annik. Allora dov’è che si va? - Non saprei, ma l’importante è andare in un posto in cui non si va da qualche tempo, era questa la promessa, giusto? - Ho un’idea. Perché non ce ne andiamo a curiosare in via Libetta? - Per me va benissimo. Solo sta attenta a guidare, ti vorrei ricordare che sei una neopatentata! - Puoi stare tranquilla amica mia, ti riporterò a casa sana e salva! - Sai che ai neopatentati è consentito avere un tasso alcolico pari a zero? - Sì certo, ma non per questo eviteremo di aprire le danze con un primissimo giro di Martini da me offerto, per festeggiare. - Già, sperando che non ti ritirino la patente alla tua prima serata! Piene risate e sguardi carichi di complicità invadono tutto l’abitacolo mentre, al ritmo di Paint it black dei mitici Rolling Stones, Annik e Sarah procedono cautamente per strada e dopo aver effettuato due tappe e bevuto i due giri di Martini, arrivano a destinazione. Dopo svariate manovre da principianti, parcheggiano l’auto e s’incamminano per le stradine interne che sembrano già affollate di ragazzi e ragazze con in mano i loro bicchieri, già quasi tutti mezzi ubriachi. Sono vari i locali e le discoteche che lungo la via principale si possono incontrare, dal 45 Giri, al Marylin, al Goa. - Ei Annik, si cerca qualcosa di più alternativo vero? - Certamente! Cerchiamo di dare a questa serata un carattere particolare, perciò troviamo qualcosa di assolutamente fuori dal comune, non scontato, né banale.

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Arrivate alla fine della strada e intenzionate a voltarsi per ripercorrerla e scegliere il locale in cui continuare la loro inebriante serata, vengono all’improvviso attratte da una musica dal ritmo bit anni ’60 e Northern soul. Decidono così, di seguire questo richiamo insolito ma al contempo, suggestivo. Senza dirsi una sola parola si avvicinano alla fine di un vicolo senza uscita per intuire l’aria che si respira all’interno del locale. - Annik, che ne pensi? - A prima impressione, mi sembra davvero l’ideale. Con un tacito consenso si avvicinano saggiando immediatamente un’atmosfera tipica dei pub londinesi, dove dopo il lavoro o l’università, tutti indistintamente, da giovani, adulti o uomini di una certa età, si fermano come da rituale, a sorseggiare un buon bicchiere di birra, quasi per scrollarsi via di dosso quella stanchezza di fine giornata e ritrovarsi in compagnia a condividere piccoli momenti che riempiono assai la vita. Ain’t no Mountain High Enough di Marvin Gaye & Tammi Terrel prende a suonare appena Annik e Sarah fanno il loro ingresso in questo piccolo ma molto accogliente locale e subito hanno l’impressione di essere trasportate in un altro tempo e precisamente ai mitici The Fab Sixties, in una Londra definita, in quel decennio, la metropoli d’elezione, la swinging city e definita da Corrado Augias la città che si muove, la città europea dove si concentrano, si comprimono, si sovrappongono il maggior numero di novità, dal teatro al cinema, dalla musica alla moda, dall’architettura al modo di vestire, nutrirsi, fare l’amore, insomma un modo di vivere, uno «stile». Si avvicinano al bancone e con l’aria apparentemente sicura, di chi è già entrato altre volte in quel posto, cercano di catturare altri dettagli e particolari che caratterizza10

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no l’arredamento. Con le loro birre in mano, oltrepassano nuovamente la soglia e siedono al bordo del marciapiede. Dei ragazzi vestiti con pantaloni rigorosamente stretti alle caviglie, con camicia aderente e cravattino comodamente adagiato sopra, se ne stanno poco più in là seduti sulle loro vespe con la birra in mano. Avranno venti, venticinque anni appena. Non curanti di tutto ciò che li circonda, sembrano davvero convinti di vivere in un altro clima, quasi quello della Swinging London. Tutto d’un tratto le urla si fan elevate e tutti si voltano a guardare nella direzione opposta. Un ragazzo dai capelli biondi, taglio corto e ben sistemato, faccia pulita da bravo ragazzo, ma dall’espressione leggermente provocatoria, sigaretta e casco in mano, avanza lungo il vicolo. Cammina spavaldamente con l’aria di chi è sicuro di sé, di piacere e di piacersi, lasciando mostrare, a ogni singolo passo, il suo stivaletto nero, appena lucidato. Un tipico parka verde avvolge le sue movenze che restano, nonostante i suoi tentativi, un po’ rigide. Sembra appartenere al gruppetto seduto e di sicuro ne rappresenta il leader. A guardarlo bene, spicca per un’impressionante somiglianza con Sting nel famoso film Qhadrophenia. Film che racconta in modo sublime la cultura mod di quegli anni. - Sai Sarah, mi piace proprio questa ricercata appartenenza. Si tratta di un modo di vestire che sposa inevitabilmente un particolare stile di vita. E di certo, se ci guardiamo intorno, il loro stile si distingue notevolmente da quella gente che sceglie di omologarsi senza sposare un’autentica vena identitaria, o chi sceglie di non scegliere e così facendo, rinuncia alla capacità di sapersi differenziare e di gustare questo piacere di chi sa stare davvero bene con gli altri, condividendo determinati valori e non altri. - Sono d’accordo con te, riescono a uscire dall’anoni-

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mato, ad affermarsi, a farsi sentire, ad avere una voce in capitolo. È proprio vero che alle volte basta crederci nelle cose, così come sembrano crederci loro. - Ho partecipato alcune volte a queste serate mod, in rione Monti, organizzate da un’altra fazione. Anche lì i ragazzi erano molto curati e le ragazze vestivano con abitini davvero adorabili e accuratamente selezionati. Credo che la loro sia una ricerca spinta non da un eccessivo sforzo di raffinatezza, ma dall’autenticità. Sembrano incarnare totalmente un modo di essere genuino, ben definito ma semplice allo stesso tempo, che non è unicamente volto all’apparire. Sembrano alimentati più da un sentimento comunitario che individuale. Sfuggono a quell’esaltazione che rincorre eccentrici ideali, ma sono profondamente motivati da un credo che non ha bisogno di troppe rappresentazioni teatrali per essere ostentato. Questa è la loro vera forza e ciò che più li contraddistingue. - Chissà Annik, che non stiamo davvero assistendo a una nuova ondata mod, in grado di librare in quest’aria un po’ stagnante, particelle di sana libertà d’espressione. - Già, intanto godiamoci la serata. All’improvviso le note inconfondibili di Out of time dei Rolling Stones iniziano a rimbombare anche fuori per la strada. Annik impulsivamente, prende Sarah per un braccio e quasi trascinandola, rientrano all’interno del locale per godersi a pieno il pezzo. Ballando al centro e sfiorandosi delicatamente tra loro a ritmo di musica, come chi è rallentato dall’assopimento dell’alcool che in tanto continua a scorrere nelle vene, Annik nota d’improvviso un ragazzo entrare. Continuando a muoversi sensualmente e lasciando i suoi occhi liberi e indiscreti di guardare dietro quella frangia aperta per metà sulla fronte, impatta come in uno scontro frontale, nel suo sguardo che subito sfug12

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gente, va oltre e si dilegua. Sguardi d’intesa scambiati tra lei e Sarah, le permettono di posizionarsi in modo da poterlo seguire con gli occhi, continuando a ballare. È un tipo particolare, il fascino è prerogativa di ogni suo movimento, capelli corti e basette delicate contornano un viso sofisticato e non comune. È uno di loro sicuro, perché tutti gli si avvicinano e lo salutano. Ha jeans stretti e dal lavaggio scuro, Clarks ai piedi e camicia in perfetto stile mod a quadretti. È uno di loro ma, si distingue da loro. Posa i suoi dischi accanto alla consolle. Mentre lui è intento a salutare i suoi amici, altre due volte i loro sguardi sembrano come spontaneamente allinearsi su un unico binario, destinati, in qualche modo, a incontrarsi. Poi così, di colpo, come spesso Annik è spinta a fare, prende nuovamente Sarah per un abbraccio e quasi come se non riuscisse a reggere neanche quel lieve vigore emotivo, escono dalla scena in modo frettoloso e improvviso. - Ei Annik, ma si può sapere perché mi hai trascinato fuori a quel modo? - Ma nulla Sarah, è perché avevo semplicemente di nuovo voglia di un’altra birra e giacché lì i prezzi sono un po’ esagerati, ho pensato che potevamo prenderle al pub qui dietro l’angolo, a minor costo. E Sarah, come in tutte quelle volte che silenziosamente acconsente senza approfondire il reale motivo, le sorride sfilando e offrendole una sigaretta. I ragazzi a quest’ora sono già quasi tutti alterati dall’effetto dell’alcool che scorre abbondantemente nelle loro vene. Comprese quelle di Annik e Sarah. Si aggiunge poi la percezione del primo caldo estivo che inebria ancor di più e diffonde contagiosa euforia. Annik quasi per scusarsi del precedente gesto inaspettato paga da bere, prende le due birre e offrendola all’amica,

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tornano con passo molto adagio a risedersi a bordo di quel marciapiede inizialmente da loro occupato. Quel ragazzo è anche lui fuori. Seduto su una vespa nera, con birra in mano e sigaretta tra le labbra a scherzare con tre amici che gli sono intorno. Ha tutta l’aria di un James Dean dei tempi moderni. Sguardo folgorante, fare deciso ma mai veramente pungente, con un’essenza tremendamente seducente. Un bravo ragazzo camuffato da piccolo diavolo tentatore. Il suo animo si accende sulle note di una splendida Beggin di Frankie Valli & Four Seasons. Annik accende un’altra sigaretta e continua a portare avanti conversazioni blande che dopo qualche birra di troppo, risultano anch’esse difficili da sostenere. - Annik, pensavo che potremmo dedicare la giornata di domani a fare shopping, dopo esserci svegliate a un orario decente. Cosa ne dici? Qualche attimo trascorre senza che Sarah abbia ricevuto una benché minima risposta o cenno di consenso. - Ei Annik, mi stai ascoltando? - Come? Scusa Sarah, che dicevi? - Ma chi stavi guardando così intensamente? - Io? Niente e nessuno, non guardavo proprio nessuno, credimi. E continuando a mantenere lo sguardo sempre in quella stessa direzione senza accorgersi della sua insistenza, guarda l’amica di scatto in pieno volto e delle risate fanciullesche prendono ad animarsi spontaneamente. - Ma ti piace quel tipo Annik? - Beh, è un bel tipo di sicuro, ma niente di più. - Ad essere sincera mia cara amica, non si direbbe dal modo in cui lo fissavi. - No dai smettila Sarah e poi non lo fissavo affatto. - Sei incredibile quando cerchi di avere ragione a tutti i 14

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costi. E comunque, il tipo, ti guarda anche lui. - Ma no che non mi guarda, dai smettila Sarah, figurati se adesso anche lui mi fissa. Anzi lo sai cosa ti dico? Che ne diresti di andare via? - Via dove Annik? Tocca smaltire un po’ di alcool prima di riprendere la guida. - Non saprei, possiamo andare a farci un giro e comunque puoi stare tranquilla tesoro, guido io. Ho un’idea. Prendiamo le ultime birre e andiamole a bere sul Gianicolo. - Ok, si va. Nell’esatto istante in cui Annik, dopo aver tirato un’ultima volta la sua sigaretta per lasciarla spegnere sotto il suo tacco e prendendo lo slancio per rimettersi in posizione eretta, si accorge che il tipo s’incammina proprio verso di loro. Annik ha pochissimo tempo per guardare Sarah e leggere il da farsi, ossia se dileguarsi o trattenersi lì ancora per un attimo. Sceglie di restare. Nel frattempo il tipo si è ormai fatto vicino. - Ciao ragazze, stavate andando via? Una voce quasi inaspettata, sembra pronunciare quelle parole con una tonalità timbrica molto profonda e decisamente peculiare che ridesta Annik dal suo stato di leggero e piacevole torpore. - Sì, a dire la verità eravamo in procinto di andar via. Siamo state catturate dalla qualità della musica e così siamo entrare a dare un’occhiata. - Avete fatto bene. Mi fa piacere che abbiate gradito. Qui ci ritroviamo esclusivamente per questo. Ci piace selezionare buona musica, suonarla solo su vinile e ascoltarla in compagnia di qualche buon amico. Comunque io sono Christian. - Io mi chiamo Annik e lei è Sarah.

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- Allora, pare che andiate proprio via. - Sì. D’un tratto lui, con fare particolarmente sicuro di sé ma rispettoso e genuino allo stesso tempo, ritratto di un ragazzo indefinibile, lascia prontamente scivolare il suo braccio intorno alla schiena di Annik e quasi sussurrandole all’orecchio, prosegue. - Non mi farete stare mica in pensiero vero? Ce la fate a guidare? E dopo un iniziale stato di stordimento, quasi involontariamente Annik si ritrova con altrettanta disinvoltura a ricambiare quel gesto che sa di affetto, sembrato così premuroso, lasciando scivolare la mano dietro la schiena. - Non ti preoccupare. Sono io a guidare, la mia amica, è neo patentata e per l’esattezza da ventiquattro ore. I loro sguardi s’incontrano seriamente per brevissimi istanti poi, riprendono la parte, continuando a sottolineare il piacere di quella cortese preoccupazione. Fino a quando lui stringe in modo più energico la presa a sé e Annik, senza quasi programmarlo è spinta a contraccambiare con la stessa intensità. Si salutano così, senza dirsi nemmeno una parola e prendendo Sarah sottobraccio s’incamminano lontano dal vicolo.

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II

Una settimana è trascorsa e ad Annik sono toccati cinque turni serali all’Auditorium parco della musica di Roma, dove lavora. Quando è lì, Annik è una hostess, ma quando è a casa da sola, tra quelle quattro mura, è semplicemente una romantica creatura, troppo spesso autodefinitasi sconsiderata, ma sempre fedele alla passione più vera e più pura. Ed è proprio qui che intimamente, prova a sbocciare anche grazie alla scrittura. Da diversi anni è ormai visceralmente legata a questa forma d’arte. È nato come un rituale ma è diventata per lei una ragion d’essere che le appartiene e la contiene. È il suo tratto distintivo, la più preziosa delle sue doti. Quando la mano e soprattutto il cuore, lo suggeriscono, allora siede a scrivere al tavolo di vetro trasparente dinanzi la finestra lasciata sempre aperta, cosicché il vento possa sfiorare e spostare la tenda bianca e andare con lo sguardo al di là di essa. La musica, è la sua compagna di viaggio inseparabile, da cui non può prescindere, che amplifica lo scorrere dei pensieri e permettere alla mente di correre libera, per i suoi sentieri. All’inizio di un’opera è necessario sospendere regole rigide di organizzazione, bisogna solo lasciare muovere le dita sulla tastiera che quasi si scontrano e s’intrecciano,

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tanto è forte il desiderio. Quando passa troppo tempo tra una lettera e l’altra, invece, vuol dire che il ritmo è lento e non si è dentro e allora, in questi casi, è meglio sospendere. Ma quando invece la spinta mormora come un vulcano incandescente, è sufficiente solo poggiarle e lasciar loro comporre le parole che vogliono, senza giudizi, né censure, solo spinte dall’irrefrenabile bisogno di dire. E allora sì che vengono fuori note che insieme riescono a comporre una musica che acquista un senso unicamente nel loro divenire. Arido è quest’ultimo periodo per Annik e lento il ritmo della sua scrittura. Questa sera però, si sente particolarmente ispirata. Sul tavolo c’è accanto a sé, l’immancabile bicchiere di vino che insieme, alla musica, sguinzagliano la creatività. Il diario, sul quale in questo periodo scrive per appuntare frammenti di pensieri non ancora edificati, è rosso. Rosso come il fuoco, come il cuore che arde di passione. Un’unica segreta passione, quella di amare intensamente. Smisuratamente. Continuamente. Follemente. Sopra ogni cosa. Ma amare semplicemente la vita non basta, bisogna saper canalizzare questo entusiasmo e questa gioia di vivere verso qualcosa, in una direzione per tendere verso un obiettivo concreto. La paura non può e non dovrebbe smorzare questa forza vitale, il rischio deve prevalere in virtù di qualcosa per cui vale la pena lottare. Come? Con la ricerca imperturbabile di quella passione che è in grado di infervorare gli animi. Annik inizia solo adesso a prendere confidenza con tutto ciò che è rimasto per tanto tempo, forse troppo, sepolto. La sua sensibilità le permette molto bene di sentire quando l’emozione è presente, quando può essere vissuta a trecento sessanta gradi e può sfociare liberamente. 18

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Nella sua ultima lettura Annik, è rimasta particolarmente colpita dal modo in cui Nabokov, scrittore da lei particolarmente considerato, in Lolita fosse riuscito a parlare con precisione e ineguagliabile ricchezza, della forma che assume la passione per il protagonista. È riuscito a far riecheggiare, in quel lettore che era disposto ad ascoltare, quel particolare ritmo che è prevalso in lui. Vi sono mille forme che la passione può assumere e altrettante possono essere quelle per descriverla. Ma a volte, terribili possono essere le conseguenze di quelle che tentiamo di definire forme d’amore, che in realtà nascondono intenso e soffocato dolore. Nabokov fa di Lolita la sua unica ragione di vita, legata profondamente anche a una certa quota di sofferenza. Ama sapendo che non sarebbe giusto prima di tutto per se stesso, amare a quel modo e allora non può che manifestarlo per metà, poiché l’altra è costantemente impegnata a pensare cosa sia giusto o sbagliato, rincorrendo una linea di condotta da seguire, entro la quale rientrare, per non destare strani sospetti. Hambert è portatore consapevole di una grande e tormentata forma di amore, che trascina con sé ombre molto più grandi della forma originale. Ma sono modi di amare che appartengono in realtà a molti e non meritano il giudizio di nessuno. Eppure lui condanna perennemente se stesso, ogni giorno, ogni notte. Ogni istante della sua vita è legato a questo doppio filo che pende con eguale intensità e che porta a un’unica reale pena: la fissità. Che punisce con un’attesa eterna e inappagabile di qualcosa che in passato è sfuggito o è stato per sempre perduto. Alienato resta Hambert, dal suo stesso desiderio inesprimibile di amare totalmente e pienamente qualcuno che, allo stesso tempo, sa di non poter mai avere, perché spinto dal bisogno incolmabile di possedere, ignorando

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l’esistenza di forme più adattive d’amore. Ma Hambert non può saperlo, perché quella stessa fissità gli impedisce di vedere. Esistono a questo mondo, condizioni che trasformano l’amore in forme spietate mosse da un mostruoso dolore. Si può avere allo stesso tempo, voglia di amare e paura dell’amore? Sì. E Annik lo sa molto bene. È un’ambivalenza che avvelena e distorce il senso della realtà. I pensieri continuano a entrare e uscire dalla sua mente, si affacciano e, con la stessa facilità con la quale entrano, escono senza troppo soffermarsi. Forse, non è ancora il tempo giusto per acciuffarli e registrarli. Si ferma un attimo, chiude il computer, sfila una sigaretta e l’accende. Nuove sensazioni ancora indifferenziate scorrono insieme a una Lady Jane che prende a suonare e a riecheggiare con l’intensità di un tamburo. Strane cose si muovono, avverte una certa predisposizione verso vergini esperienze, non sa ancora quali ma, lievi emozioni in punta di piedi, iniziano a bussare. Quello che Annik ora può solamente fare, è stare a vedere, scoprire se è disposta ad aprire le porte della percezione. Porte della passione. Mick Jagger sussurra e diffonde con la sua voce onde sonore che letteralmente drogano il suo cervello. È completamente immersa in questa profusione di suoni che per un attimo allentano la sua coscienza e permettono a un’immagine precisa, di fare il suo ingresso. Il volto di quel ragazzo compare nitido davanti ai suoi occhi. Non si è mai certi di richiamare in modo definito il volto di qualcuno che si è visto per una volta sola ma, non è certo questo il suo caso. Come dal nulla sembra riaffiorare non una vaga impressione, ma una precisa sensazione legata a quell’immagine, quasi fosse stata incisa dentro senza troppa intenzione e consapevolezza. Per effetto di uno strano 20

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gioco di sinestesia, accade che due livelli s’intreccino dando corpo e sostanza a ciò che viene colto differenziandosi dallo sfondo emergendo in una forma ben distinta. Nessuna perplessità, nessun dubbio. Viene fuori da sé, in tutta la sua esperienza estetica di bellezza. Non c’è pericolo che questa figura possa confondersi con il resto, i segni distintivi permettono di metterla a fuoco in ogni dettaglio. Due occhi scuri, profondi che vorrebbero parlare e dire di più di quello che riescono a fare, sembrano in grado di calamitare a sé tutto ciò che contatta il proprio raggio d’azione. Si unisce, a quella di Jagger che continua a cantare, la voce di quel ragazzo che insinuandosi incalzante, primeggia. Annik, abbassa la testa, spegne la sigaretta e pensa ai modi bizzarri del linguaggio che la passione utilizza per affacciarsi, al di fuori della ragione. Ma ancora la sua attenzione è richiamata su quell’immagine. A quel suo sofisticato modo di fare. Il suo accento, appena marcato, non spoglia la sua essenza sincera, che sembra essere alla ricerca di un’anima in grado di compensare e sanare le sue pene. Per non parlare di ciò che riattiva nel suo stomaco il suo odore, che è di certo il vero richiamo istintivo e d’immediata comunicazione chimica non verbale, tra due persone. Annik, teme che possa essere alterata anche la sua chimica di base. Forse, a un qualche livello, questo è già accaduto. Una reazione chimica è cominciata, non è ancora possibile enumerare tutti gli elementi ma, nell’insieme, sente che provocano un gran fermento. Alzano tanto rumore. Compongono una nuova musica. Mettono tutto quanto in totale agitazione. Ogni volta che Annik è distratta e la sua attenzione è potenzialmente disinvestita, le serve davvero un millesimo di secondo per poterla automaticamente reinvestire su quella stessa figura che è pronta a ricompor-

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si immediatamente, per staccarsi e librarsi da uno sfondo troppo neutro. Non riesce a quantificare esattamente qual è l’arco di tempo necessario a questo spostamento ma, è talmente breve da essere inferiore a un batter di ciglia, meno di un singolo respiro, meno di qualsiasi altra cosa che ovviamente non sia in grado di richiamarlo. La potenza con la quale l’immagine entra imperante nel suo campo visivo è notevole, ma lo sono altrettanto quell’insieme di sensazioni che contemporaneamente si presentano, facendo aderire la bellezza di quella composizione visiva alle sensazioni che gli donano quel preciso connotato emotivo. E poi d’improvviso, prende a salire un’ondata di calore che dalla schiena sale e si espande fino alla testa, alle guance che tendono a tingersi di rosso appena, alle labbra quasi protese, alle pupille di dilatarsi e al cuore di ammorbidirsi. È quell’indescrivibile ondata di piacere che attraversa il corpo completamente, lo inebria di profumi e riempiono l’atmosfera di bollicine spumeggianti. È una corrente in grado di accendere ogni senso al massimo livello. La bellezza è insita nel saper custodire tutto questo sfavillante tumulto. Il volto di quel ragazzo come una lampadina si accende e illumina tutto il buio che c’è intorno. Annik, si lascia distendere sul letto mentre continua a essere investita da queste piacevoli sensazioni. L’epicentro è proprio sopra di lei, non c’è possibilità di ridurre o regolare l’intensità con la quale si manifesta. All or Nothing degli Small Faces, canzone che adora, prende a suonare. È esattamente così. È tutto o nulla. E quando c’è, viaggia alla massima velocità. È una pioggia d’incredibili sensazioni che scuotono tutto il corpo e la fanno sentire viva. Forse non ha mai sentito un profumo così forte. L’elemento che è più in grado di catturarla è la voce, che adesso nel dubbio si chiede se, 22

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proprio perché avvertita così tremendamente seducente, non sia solo la scia di un’eco, uno scherzo dettato dal puro caso. Nonostante questi tentativi di messa in discussione, il volto di Christian le continua a tornare in mente. Tenta come può, di allontanare questo pensiero. È un profumo passeggero, mormora per autoconvincersi. Ci saranno altri profumi da annusare e scoprire, così come altre voci da ascoltare, anche se, quella di Christian, sembra davvero avere un ritmo del tutto particolare. È apparso così all’improvviso, dal nulla. Senza alcun preavviso. Non si può calcolare quando questo succede. Accade e basta. Tutto nasce dal primo incontro puramente casuale, ma che, potrebbe anche essere l’ultimo. Annik, in fondo, teme che possa davvero essere così. Non esiste, d’altronde prospettiva che possa farle pensare il contrario. Non può rintracciarlo se non esclusivamente nella sua mente. Non lo conosce, potrebbe essere chiunque e soprattutto, ovunque. Eppure è così grande e smisurato ciò che un singolo incontro, in lei, ha lasciato. Conosce solo il suo nome, legato visceralmente a una folgorante scia di sensazioni che la rapiscono. Questo è tutto ciò che le resta. Con internet e facebook, oggi basterebbe un semplice clic per rintracciare qualcuno. Ad Annik sarebbe sufficiente un secondo vero incontro per continuare ad annusare la sua essenza e poi chissà, magari, approfondire la sua conoscenza. Ma Roma è grande e non resta che confidare nel destino.

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III

Ore 8:30 di una soleggiata domenica mattina. La sveglia continua a suonare ma Annik sembra non avere alcuna intenzione di volersi alzare. Scosta leggermente le lenzuola bianche intorno alle quali si è avvinghiata, quasi come per sentirsi legata a qualcosa, a qualcuno. Poi, muovendo le dita della mano per tentativi ed errori continuando a mantenere gli occhi chiusi, ferma la sveglia musicale. Dopo poco riesce a portarsi seduta e camminando a piedi scalzi sul parquet come solitamente adora fare, si dirige verso la cucina. Prepara e mette su il caffè. Oggi le tocca un turno infernale di dieci ore all’auditorium, per via di una grossa conferenza che vi si terrà. Guarda la sua divisa già preparata sulla sedia, camicia bianca, gonna e giacca blu e scarpe a decolté. Oggi preferirebbe davvero non indossarla. Poco più avanti, nel corridoio, intravede la valigia che immediatamente le fa venire in mente di prendere le prime cose dall’armadio, passare a prendere Sarah, senza neanche avvisarla e partire. Ma l’idea appena formulata, presto scivola via. Infila la divisa, poi mette un lieve velo di trucco ed esce. Percorre la strada un po’ distrattamente, rallenta quando potrebbe aprire il gas e spinge sul pedale quando non

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vi è spazio sufficiente per farlo ed è costretta poi, a frenare di colpo. Se potesse, sarebbe pronta ad accelerare e correre anche a fari spenti nella notte, rischiando un incidente frontale. La prudenza non è mai stata il suo forte ma, bisognerebbe modulare e combinare entrambi, freno e acceleratore. Sarebbe meglio stare un po’ più attenti. Innanzitutto è necessario partire inserendo la prima marcia fino a quando il motore non richiede di passare alla seconda e poi ancora di scalare in terza e, se s’incontra un ostacolo, decelerare, scalare e tornare a un ritmo normale fino a, se necessario, fermarsi. L’arrivo al parcheggio dell’auditorium la distoglie da questi intrighi personali. Percorrendo il lungo viale porticato saluta via via i colleghi che incontra bloccandosi di colpo davanti al cartello pubblicitario che preannuncia il tanto atteso concerto della grande Patty Smith, che in occasione dell’evento di “luglio suona bene” sarà finalmente in città. Questo la riempie d’immensa gioia donandole istantaneamente la carica per sostenere le lunghe ore di lavoro. Apre le doppie porte e si reca in postazione. - Ciao Annik, oggi ci tocca eh? - Ciao Veronica. Eh già, a quanto pare. Annik ama molto il luogo in cui lavora, nonostante le lacune in termini di gestione del personale, è felice di orbitare intorno ad un indiscusso centro culturale, palcoscenico nazionale e internazionale, in grado di accogliere artisti ed eventi di vario genere che connotano e alimentano l’anima della stessa città. Proprio qui, nel cuore di legno di ciliegio che sembra ancora vivo, vibra ogni tipo di forma e genere musicale. E non esiste linfa più vitale al mondo di ciò che la musica è in grado di suscitare. La musica è per Annik essenziale, e dopo l’ossigeno e insieme all’amore, rappresenta ciò che le permette sempre 26

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e comunque di pulsare. Ogni genere è portavoce di determinati movimenti espressivi-artistici e culturali che danno voce a quel sottofondo che in un preciso momento storico scorre e divampa negli occhi e nell’anima della maggior parte della gente, portando con sé anche disagi esistenziali dichiarati in modo geniale e poetico. È sempre stata la sua immancabile compagna, rendendo il tutto come più consistente. La musica è l’unica vera costante indiscussa della sua esistenza, così come lo è la scrittura. Ma pensare di ascoltare semplice musica e lasciarsi trasportare totalmente dall’esperienza musicale, sono due processi molto differenti tra loro. La musica, forma d’arte dal potere innegabile ma dall’inspiegabile comprensione a tutt’oggi del suo meccanismo d’azione, ha sempre affascinato e riempito la vita di Annik. Forse perché funziona a un livello molto profondo ed è fondamentale per chi, proprio come Annik, non riesce facilmente a trovare le parole per potersi esprimere e dar voce al fiume indiavolato e disorganizzato che a volte prende vorticosamente a girarle dentro. Ma soprattutto crede che, il vero segreto della musica, sia quello di mettere in relazione le persone, a un livello arcaico e viscerale, non verbale. Non a caso, come sostiene Levitin, grande musicista Jazz e neuroscienziato, per fare musica è necessario l’uso coordinato e ritmico dei corpi e che l’energia venga trasmessa dai movimenti corporei allo strumento musicale. La musica funziona perché chi la scrive, la compone e la suona, crea quei ganci che per uno strano effetto di risonanza s’impigliano nella mente di chi li ascolta, funziona perché è in grado di cullare l’ascoltatore in uno stato di fiducia e sicurezza in cui è possibile percepire un senso del luogo e di ordine. Ma oltre a questo sentimento dato dall’aspettativa e dalla regolarità, devono comunque essere necessariamente presenti uno spazio ed

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un tempo dedicati a ciò che la mente non si aspetta, a quel grado di imprevedibilità che promuove un brivido di misteriosa complessità. Anche qui, nella musica così come nell’amore, si tratta di mantenere un giusto equilibrio tra la semplice aspettativa e le incalcolabili sorprese. La musica è magica perché crea quell’invisibile collante tra sensazioni ed emozioni che altrimenti non andrebbero forse colte. La meraviglia è che questo non richiede la partecipazione indispensabile della ragione che può finalmente spegnere i suoi mulinelli. La musica permette di stare in beato silenzio dentro un ordine non logico, reale e autentico che le parole a volte non sono in grado di sfiorare. La musica consente di accordarsi l’uno con l’altro; il groove lo permette, attraverso il suo battito pulsante e la sua ritmicità. La musica respira, accelera e rallenta proprio come il mondo reale e vitale. Fenomeno che risveglia la sensibilità di Annik. Fenomeno poi, non così scontato. Non tutti sono particolarmente sensibili a questo tipo di attrazione così affascinante e catturante. Questo dipende da quanto si è inclini all’apertura a questo tipo di percezione influenzata da filtri che sono emotivi. Chi solitamente è avverso alla vita e la affronta con ostilità, sarà in un certo senso, meno propenso a cogliere questo tipo di sfumature e sottigliezze, sarà diverso invece per chi si lascia facilmente investire profondamente dalla passione e dall’emozione, come Annik. Ma questo, così come la chiusura totale e il diffidare, comporta dei rischi e a volte degli svantaggi. Sono, evidentemente, due facce che appartengono a una stesa medaglia. Nel caso di Annik, dovrebbe, piuttosto, badare ad arginarle le sue porte percettive, troppo spesso sovraeccitate dalla profusione di emozioni. Certo è, che della musica proprio non si può avere paura, anzi semmai, costituisce la più piacevole tra le forme di dipendenza. 28

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Ci sono posti che valgono la pena di essere vissuti e assaporati, e l’auditorium è di sicuro, per Annik, uno di questi. Finito il suo turno di lavoro, se ne torna a casa. Alla guida, un sorriso sembra come rincuorarla, legato a un pensiero molto preciso. Stimolata da qualcosa d’inaspettato e inspiegabile, avverte un senso di apertura nel petto. E improvvisamente, si sente libera. Libera di respirare, di fermarsi, di correre, di poter rientrare, o stare fuori tutta la notte, libera di viaggiare, di scegliere, di andare o di restare. Libera di poter decidere cosa ha più voglia di fare. Libera di starsene anche seduta in macchina sotto casa per ore a guardare. È questa per lei, una sensazione davvero appagante, quella di essere in pace con se stessa. L’unico tasto dolente resta, l’amore. Non sa ancora definirlo. Se fosse una melodia, non saprebbe dire a quale genere appartiene e, soprattutto cosa, l’ascolto di tutto ciò provocherebbe in lei. In passato ci ha provato, ma quando questa passione, toccava corde profonde, iniziavano a vibrare a un’intensità che diveniva insostenibile. Così rinunciava. Per paura che le due melodie potessero non combaciare. Appena rientrata in casa Annik sente suonare alla porta. È Alex, il suo vicino. - Ciao Annik, ti ho sentito rientrare. - Ciao Alex, vieni entra e versati pure da bere mentre io intanto mi cambio. Tempo di liberarsi dalla divisa e di infilare i suoi shorts, si dirige in cucina a piedi scalzi. - Com’è andata oggi a lavoro? - Così. È andata. Niente di entusiasmante. Purtroppo tutte e tre le sale sono state destinate al grande convegno, pieno di gente che si crede illustre solo per l’utilizzo che se ne fa del proprio cognome, gente che difficilmente lotta

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per quello che crede. Son bravi a organizzare parate e allestire vetrine d’esposizione, troppo spesso imbastite solo sulla finzione. - Beh, voi italiani siete ottimi dispensatori di buone parole. - Su questo Alex, hai pienamente ragione. Già, ma le parole non bastano, soprattutto se sono poi così scollate dalla realtà e dalla concretezza. Ormai sai osservare il nostro paese, nonostante tu sia qui solamente da pochi mesi, meglio di chi ha occhi per guardare ma preferisce non vedere. Ma basta ti prego cambiamo discorso. Dimmi piuttosto, cosa sei riuscito a combinare in accademia oggi? È tutto pronto per gli open studios? - Everything is ready! Domani mattina ci saranno da sistemare gli ultimi particolari, ma praticamente ci siamo. - E le tue fotografie dove e come sono state esposte? - Lo vedrai tu stessa domani. È una sorpresa! Scambiandosi uno sguardo di amichevole intesa, fanno tintinnare i loro bicchieri e si concedono totale relax abbandonati nelle forme del divano bianco. Annik accende una sigaretta. - Ascolta Alex, posso dirlo anche a qualche mia amica o l’ingresso è esclusivamente riservato? - Quest’anno le disposizioni sono diverse e pare che l’ingresso sia aperto a tutti, perciò puoi dirlo a chi vuoi. - Bene Annik, allora vado e ci vediamo domani sera, alle sette in punto. - A domani allora, buona notte. E senza che Annik lo accompagni alla porta ma restando a guardare un punto fisso inesistente oltre la finestra come spesso le piace fare, lo saluta e lo sente percorrere le scale fino al suo pianerottolo. Alex è un fellow arrivato a Roma da New York, per 30

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studiare per un anno intero, presso l’American Academy in Rome. Lo conosce fin dai primi tempi, ed esattamente dal momento in cui ha deciso di non soggiornare negli alloggi ma di trovare una sistemazione in via di un discorso che si protrarrebbe oltre la scadenza della borsa di studio. Ed è così che un giorno fecero la loro conoscenza davanti all’ascensore della sua palazzina e da quel momento hanno subito instaurato una amicizia particolare. Si avvicina allo stereo, mette su un po’ di musica. Mentre Live Forever degli Oasis inizia a suonare, Annik resta quasi bloccata, senza nemmeno respirare. Di nuovo, quel volto nitido in un batter d’occhio nella sua mente, compare. Quasi, vi fosse già un inspiegabile e invisibile legame. Per allontanarlo, posa immediatamente il bicchiere, ormai vuoto, si dirige in camera da letto e mette a tacere ogni strano sospetto.

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Da un momento all’altro, Sarah dovrebbe arrivare e sancire l’inizio delle danze presso gli open studios. L’American Academy in Rome, è un’accademia statunitense istituita nel 1894, situata nel cuore del Gianicolo che gode di una vista talmente bella da mozzare il fiato. Ogni anno è previsto l’arrivo dei nuovi fellows, giovani spumeggianti, intellettualmente interessati e interessanti, che conducono studi nell’ambito delle Belle Arti o Fine Arts, come le chiamano loro. Forse non esiste un’altra città come questa, che sia in grado di eguagliare la capacità di ampliare e dissertare la loro sete di conoscenza. Sono davvero fortunati. La bellezza storica e antica di Roma è rintracciabile visivamente ed emotivamente a ogni angolo di ogni strada e vicolo, quasi ancora perfettamente lasciati intatti come allora, nonostante gli edifici si siano moltiplicati vistosamente, è incredibile come quell’impronta resti fedele ad un antico passato. Il campanello suona, Sarah non poteva essere più puntuale, forse, perché conosce molto bene la folle impazienza nel tollerare le attese di Annik che, in pochi secondi, corre davanti allo specchio per colorare le labbra con un rosa pastello, infila la borsetta preferita a tracolla bianca e

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nera, tira la porta e con calma scende. - Ciao Annik, allora pronta? - Oh yes! Let’s go to American Academy my friend! - Benissimo, direi che ti sei immedesimata già perfettamente nella parte! Entrambe con un sorriso sulle labbra e con l’animo leggero di chi è prossimo a festeggiare, si allontanano dalla palazzina e s’incamminano verso l’ultimo tratto di via Dandolo, proseguendo per viale XXX Aprile, per poi finalmente imboccare via Masina e guardare ergersi sulla sinistra, in tutto il suo splendore, l’intero complesso. È uno dei più begli esempi d’integrazione architettonica in grado di far intrecciare passato e presente in modo davvero sublime. Colonne e cancelli immettono in un giardino che infonde cordiale e gioviale benvenuto, il tutto meravigliosamente arricchito da un prato verde perfettamente curato e una fontana rotonda che dona all’immagine, nella sua interezza, quel giusto tocco di romanticismo. Una prima larga e ampia scalinata introduce alla prima parte dell’edificio, composto da due ali, perfettamente simmetriche. Annik e Sarah scelgono quella alla loro destra. Ogni passo palesa insaziabile curiosità. Appena varcata la soglia, sono immediatamente catturate dalla luminosità delle stanze in cui gli artisti, i fellows, dipingono, lavorano, studiano, creano. Un’immensa vetrata fa da volta, da cappello a una grande stanza quadrata, permettendo ai raggi del sole di filtrare e illuminare le opere esposte. La gente tutt’intorno osserva con fare attento e disinvolto, percorrendo in senso antiorario e in modo ordinato, da garantire a tutti una sosta sufficiente per meglio gustare ogni fotografia e dipinto. A conclusione del giro, poco prima di uscire, un banchetto assortito da pregiate bottiglie di vino bianco e fresco prosecco, insieme a vas34

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soi di mandorle salate e taralli, sembra come ringraziare cortesemente ogni visitatore. Entrambe, scambiandosi uno sguardo di reciproca intesa, si precipitano al tavolo imbandito e con movimenti aggraziati riempiono i loro calici quasi fino all’orlo, e con delicatezza riposando la bottiglia, si dirigono verso l’uscita. Appena fuori i loro bicchieri si toccano e il primo brindisi, in questa mite serata di fine maggio, può finalmente prendere il via. Dopo aver ripetuto lo stesso giro anche nell’ala speculare, salendo una seconda rampa di scale, s’introducono nel cuore dell’edificio. Un ampio e immenso portico incornicia uno spazio aperto abbellito anche qui, da una graziosa fontana bronzea, rappresentante un piccolo cupido. Qualche lanterna accesa tra una volta e l’altra, rende lo scenario davvero suggestivo. Prima di proseguire ai piani superiori, Annik e Sarah sono spontaneamente condotte dalla scia delle persone che le precedono, a visitare i giardini retrostanti. E una volta oltrepassata una piccola porticina, si ha l’impressione di ritrovarsi in un altro scenario. Cinque ettari di giardino si prospettano come in un quadro, in cui trovano agiatamente spazio meli, albicocchi, peschi, ciliegi, melograni, pini e tigli, mentre una restante parte settentrionale resta dedicata alla coltivazione di fiori e ortaggi, il tutto meravigliosamente incorniciato da una siepe di rosmarino profumato. E ancora, come se questo già non bastasse a renderlo così bello, file di aiuole rettangolari orlate da mattoni e riempite da erbe aromatiche e da ortaggi e bellissimi fiori ornamentali, donano colore e carattere all’intero giardino. Un lungo sentiero che si dirama è deliziosamente costeggiato da ciliegi in fiore e ancora, fontane di Simon Verity permettono, con il loro ininterrotto scroscio dell’acqua, di creare un degno sottofondo musicale e di accompagnare chi, in questo paradiso terrestre, ha la fortuna di poter restare, seduto

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su una delle panchine all’ombra del caldo sole romano. In lontananza poi, è possibile scorgere la storica Casa Rustica, un piccolo edificio che risale al XVI secolo e nel quale, come una ragazza si appresta alla gente a spiegare, la sera del 14 aprile del 1611, gli Accademici dei Lincei organizzarono un banchetto in onore di Galileo Galilei, che quella sera mostrò la sua nuova invenzione puntandola verso il cielo ed esortando tutti a scrutare le meraviglie del cosmo visibili grazie al primo cannocchiale. È emozionante pensare a come ancora oggi in questo luogo, come un tempo, artisti e studenti vengano a studiare e a meditare. - Non so cosa darei, mia cara Sarah, per passare qui pomeriggi interi, sdraiata a leggere e a scrivere su una di queste panchine. Qui si ha davvero la sensazione che niente e nessuno possa disturbare e interrompere il flusso creativo. - Hai proprio ragione Annik. Ti ci immagino, sembra davvero un posto adatto a te. Dopo essere rimaste per il tempo necessario a raccogliere per quanto possibile, un po’ di quell’atmosfera così magica e inebriante, entrambe in contemporanea riportano la loro attenzione sui bicchieri ormai vuoti e istintivamente, scambiandosi un sorriso appena accennato, si dirigono ai piani superiori, pronte per un altro giro. - Chissà dove si troverà Alex, sai non mi ha voluto dire nulla a proposito della sua postazione. - Eccolo Annik, mi sembra di averlo intravisto proprio qui nella prima sala. - Hi girls! Welcome! - Alex eccoti finalmente! E avvicinandosi con la sua solita esuberanza Annik lo saluta con un bacio sulla guancia, cosa che fa per un attimo imbarazzare Alex che prontamente si rivolge a Sarah 36

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per salutarla e ringraziarla di essere venuta. E mentre i due sembrano intenti nella conversazione, Annik si guarda intorno, esplorando l’esposizione di fotografie in bianco e nero del suo amico. - Ehi Alex, accidenti ma sono bellissime. - Dici sul serio Annik? - Certo, lo sai che dico sempre quello che penso. Hai avuto una brillante idea. Non c’era bisogno con lo sguardo e con la mente di andare a ricercare o inventare chissà quale fantastica o spettacolare immagine o paesaggio da fotografare. Tu hai tutte le ragioni nel ritenere che una delle tante bellezze si trovi proprio sotto i tuoi occhi e la sfiori ogni giorno con mano. È troppo bella per non rendersene conto e per non relegarla a degna musa ispiratrice dei tuoi scatti. Queste fotografie rendono l’American Academy ancora più affascinante e soprattutto la rendono esplorabile da un punto di vista che forse, solitamente non si coglie, ma che tu hai qui perfettamente saputo riportare. E poi trovo eccezionale l’idea, di ogni scatto, di partire dall’interno di una stanza e andare oltre, attraversare i muri e con un grandangolo abbracciare ciò che vi è anche fuori, unendo, in questo modo, l’interno con l’esterno, e legare staticità e movimento. Lo trovo sensazionale. - Devo ammettere Annik, che hai colto pienamente il loro significato. Sei sempre pronta a stupirmi. Mentre Alex con galanteria si occupa di riempire i due bicchieri di fresco buon vino alle due fanciulle, Annik resta ancora per qualche momento invaghita piacevolmente dalle fotografie, assorta a contemplare frammenti di momenti che sembrano catturarla e riempirla di emozioni. - Brindiamo Alex, alla tua bravura e al tuo senso artistico! Cin! Tutti insieme allegramente innalzano i bicchieri al cielo

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per quasi fissare questo piccolo ma significativo momento di gloria. Annik prolunga il suo sguardo su Alex e presa ormai da un disinibito senso di euforia donato gentilmente dal buon vino, farnetica qualcosa sulle abilità del suo amico, per il quale ormai da tempo, ha cominciato a provare un sincero affetto. E mentre resta immersa in questi pensieri privati, avvicinandosi all’improvviso a lui con uno slancio di enfasi, lo abbraccia e gli concede un altro bacio. Scostandogli poi delicatamente i biondi capelli dal lobo dell’orecchio gli sussurra: - Complimenti, sei davvero bravo. Poi rivolgendosi con altrettanta enfasi a Sarah le propone una pausa sigaretta. - Andate pure ragazze e date un’occhiata anche alle altre stanze, soprattutto quelle del secondo piano, dove è possibile ammirare una vista spettacolare. Ci rivediamo tra un’oretta giù in cortile quando sarà tutto finito. E salutando Alex con un occhietto di conferma, Annik e Sarah abbandonano quella sala e proseguono percorrendo un lungo, stretto e buio corridoio che contrasta con le ampie e luminosissime stanze alle quali dà accesso e dove gli altri artisti espongono le loro opere. Decidono di entrare in una stanza particolarmente affollata che attira proprio per questo ancora più osservatori. Mentre si accingono a compiere il consueto giro per osservare più da vicino, Annik resta assopita per un attimo con lo sguardo perso nel vuoto, quasi la sua mente avesse colto qualcosa che però non riesce ancora a spiegare ma che sembra far convogliare tutta la sua attenzione che per effetto delle bollicine tende ora a dileguarsi. Poi l’immagine si accende in tutta la nitidezza. Per un breve, brevissimo istante le è parso di vederlo ancora, proprio lì presente, 38

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lì tra tutta quella gente. Di nuovo quella precisa sensazione che le fa nell’immediato e con assurda precisione, identificare quella figura che emerge lasciando tutto il resto su un banale sfondo. Le è sembrato di vederlo, ancora lui. Inspiegabilmente appare, come un fulmine a ciel sereno che fa smettere di respirare, e apparentemente immobile è tutto d’un tratto, attraversata da una corrente di totale eccitazione. Poi, come se la forza di questo incantesimo svanisse con la stessa facilità con la quale si presenta, la mente torna lucida e come per individuare una plausibile spiegazione, inizia a scrutare ogni viso e gli occhi della gente lì presente, per cercare una conferma di percezioni che restano solo erronee impressioni. Una leggera delusione la fa sospirare e chiudere per un attimo gli occhi. - Ehi Annik, tutto bene? Sei diventata strana all’improvviso, quasi avessi riconosciuto qualcuno. - Oh no Sarah, mi sono sbagliata. Per un momento ho creduto di aver intravisto una persona, ma mi sono confusa. Dai riempiamo i nostri bicchieri e continuiamo il nostro giro. Mentre Sarah con i due bicchieri si avvicina al banchetto dei balocchi, Annik si porta davanti alla finestra e con lo sguardo va a collocarsi oltre, a sfiorare tetti e palazzi e a raggiungere quel sole che si appresta ormai a tramontare. Lo continua a fissare. Gli occhi continuano a tracciare quei contorni nel cielo infinito. - Che stupida che sono. Come ho potuto pensare di incontrarlo qua? Cosa me l’ha fatto ipotizzare? Non c’è nulla in questo particolare ambiente che rimandi al suo ricordo. A dire la verità, non so proprio un bel niente di lui. Potrebbe essere ovunque. La città è troppo grande sareb-

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be una ricerca inutile e senza senso. Resta esclusivamente un’immagine. - Annik, eccomi qua. Brindiamo a noi, cin! E sbattendo i bicchieri con un fare energico, con la propensione a voler scacciare via qualcosa, riprendendo il sorriso sulle labbra, si dirigono al piano superiore. Ancora un’altra meravigliosa scalinata le introduce alla parte più incantevole dell’edificio, il terrazzo, dal quale è possibile vedere quasi tutta Roma, pennellata da una tonalità rosa corallo, tinte che la rendono ancora più romantica e la incorniciano rendendola, senza ombra di dubbio, la più bella delle opere d’arti che questa sera è possibile ammirare. Da un gruppetto di ragazzi, che si erano in un angolo appartati, se ne staccano due che vanno dritto nella direzione delle ragazze. Il più disinvolto ed estroverso, intrattiene facilmente una pseudo conversazione con Sarah, mentre Annik sembra quasi abilmente farsi da parte scivolando via via sempre più lontano, prendendosi tutto il tempo e la giusta distanza per studiare un poco le impressioni suscitate dall’altro ragazzo, dall’aria molto più intrigante e da una modalità più riservata. Dopo essersi incontrati brevemente con lo sguardo, lui si appresta ad andarle incontro. - Hi. - Hi. - What’s your name? - My mane is Matt, e tu come ti chiami? - Annik. Parli un ottimo italiano. - Abbastanza, l’ho studiato per diversi anni in America. - Da dove vieni? - Los Angeles, California. - Wow, che meraviglia e come mai sei venuto qui? Annik sfila una sigaretta e lui con fare sicuro e movimenti delicati, tira fuori l’accendino dalla tasca e la fa 40

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accendere. Poi ne accende una anche lui. - Because it’s wonderful! È bellissimo qui. Sono innamorato del vostro paese. - Anche tu sei un fellow? - Sì, le mie fotografie sono esposte qui al secondo piano, nella prima stanza. - Cosa hai scelto per soggetto? - Le coste del mare. Sono un appassionato. Sono persino andato fino al Golfo di Napoli e nella costiera amalfitana per poterle fotografare. - Non potevi scegliere location più appropriata. Adoro quei luoghi, ci sono particolarmente legata, rappresenta la perla del paesaggio italiano, ne sono convita. Sarah, perché non si va tutti all’interno ad ammirare le opere di Matt? E senza neanche risponderle verbalmente ma acconsentendo spontaneamente alla proposta, i quattro s’incamminano verso l’interno, accompagnati dalla descrizione accurata di Matt che li guida di opera in opera. Mentre Sarah e il suo boy, li seguono per forza d’inerzia, tenendosi in secondo piano, Annik è interessata dal modo in cui Matt sembra far prendere vita a ogni momento ritratto in quegli scatti e, contemporaneamente, un’altra descrizione prendere forma silenziosamente nella mente. Quella che lo dipinge come un tipo alto e magrolino, dai capelli mori e un po’ ribelli, lasciati morbidi sul viso e dai lineamenti dolci, non presuntuosi, con due occhi non molto grandi e caldi come il colore della terra che osservano ma che mantengono con eleganza, una certa distanza. Dopo aver terminato il giro e assaporato l’essenza di ogni fotografia, Annik e Sarah si apprestano a salutare l’allegra compagnia ringraziandoli a dovere, quando Nicholas, l’altro ragazzo, preso da uno slancio d’enfasi e da una

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certa riluttanza a lasciar andare così presto Sarah, con fare sospetto di chi ha appena avuto una brillante idea, dice: - Ehi, ragazze, questa sera, qui nei giardini dell’accademia, non appena termina questa cerimonia formale, aprono i veri festeggiamenti ai fellows. Un vero e proprio party privato! Ovviamente agli esterni non è permesso partecipare, ma Matt ed io sappiamo come farvi entrare. Che ne dite? Annik e Sarah restano a fissarsi per qualche istante, sentendo gli occhi dei due ragazzi puntati su di loro in attesa, e dopo un attimo d’incertezza e confusione, senza esitazione accettano questo allettante e del tutto singolare invito. - Ok ragazze, vi dico come ci organizzeremo. Quando si saranno fatte più o meno le undici, ormai la cena formale con docenti, direttori e presidenti sarà terminata, le luci dell’ingresso principale, visibile benissimo anche dall’esterno, verranno spente e si apriranno le danze. Questo è il segnale. Entrare dal cancello principale è impossibile, perciò voi vi farete trovare poco più avanti, davanti ad un piccolo cancelletto secondario che accede all’archivio fotografico. Poi, ci penseremo Matt ed io, a farvi entrare. Dopo essersi salutati lanciandosi svariati sguardi d’intesa e di furbizia, Annik e Sarah, giungono alla fine del loro giro, costrette a lasciare quel meraviglioso posto incantato. Anche se non per molto. Tornando al piano inferiore, rincontrano Alex. - Ciao ragazze allora vi è piaciuta la mostra? Le opere sono state di vostro gradimento o avete per lo più goduto esclusivamente solo del buon vino? - Entrambi caro, te lo assicuro! Abbiamo anche fatto la conoscenza di tuoi tipi, Matt e un certo Nicholas che ci hanno, se così si può dire, invitate ai banchetti esclusiva42

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mente a voi riservati. Li conosci vero? - Ovviamente Annik, sono praticamente i due che qui tra tutti sanno decisamente come far parlare di sé e non mi sorprende che vi abbiano fatto questa proposta. - Ma tu ci sarai non è vero? - Sì, cenerò qui ma poi contavo di tornarmene a casa. - Ma no dai Alex, devi assolutamente restare. - Gli eventi mondani e di confusione non sono di certo il mio forte ma, per questa volta, farò un’eccezione. - Perfetto! Allora ci vediamo tutti quanti dopo.

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Prima Edizione: 2016 ISBN 9788899713027 © 2016 Segmenti Editore - Francavilla al Mare Psiconline® Srl - 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A

Sito web: www.segmentieditore.it e-mail: redazione@segmentieditore.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi.

Finito di stampare nel mese di settembre 2016 in Italia da Universal Book - Rende (CS) per conto di Segmenti Editore (Marchio Editoriale di Psiconline® Srl)

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