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RISTORANTI
Autrice: Marina Caccialanza
Foto:Nicolangelo Sciacovelli
Il pesce come qualità della materia prima, il pesce come espressione ed evoluzione culturale: l’essenza del fusion d’alto livello
La parola chiave per interpretare la personalità di Hagakure, format di ristoranti etnici fondato in Puglia da Vincenzo e Gianpiero De Giglio, è “pesce”. Non si tratta, però, come si potrebbe pensare, di semplice cucina di mare. Hagakure è l’evoluzione moderna della cultura del pesce nella cucina internazionale; una tendenza fusion basata sull’espressione più alta della materia prima. Vincenzo De Giglio ci spiega come nasce e perché: “Hagakure come società di ristorazione, è nata nel 2012 dalla consapevolezza della materia prima ittica e con l’obiettivo di portare sul mercato un prodotto di altissima qualità basato sull’approvvigionamento diretto. Infatti, mio fratello ed io, proveniamo da una famiglia che, in Puglia, ha fatto la storia della pesca e del pesce, armatori di pescherecci da oltre 40 anni”. Il mare e il pescato sono i mattoni coi quali
si è costruita l’esperienza di Hagakure, ispirata alla passione per la cucina giapponese coltivata in anni di soggiorno in Oriente, attraverso la conoscenza del mondo ho.re.ca e l’analisi accurata delle potenzialità del mercato: “Non abbiamo fatto altro – spiega Vincenzo – che leggere e interpretare lo spazio di mercato evidente, sapendo di poter offrire un prodotto di qualità superiore a un prezzo evidentemente competitivo in quanto fruitori di una filiera accorciata”. 5 ristoranti lungo il tacco d’Italia, la Puglia: 3 locali a Bari, 1 a Taranto e 1 a Monopoli, per una clientela medio/alta che va dai 25 a 50 anni; un avventore colto, preparato, che ha voglia di sperimentare, sa come appagare la sua curiosità e apprezzare le sfumature dello stile Hagakure, complesso, forse sofisticato, ma dall’armonia fruibile e piacevole.
La cucina proposta da Hagakure non è catalogabile
come semplice cucina etnica o in stile orientale; certamente non è catalogabile come cucina giapponese poiché la cucina giapponese risponde a dettami molto precisi ed è unica. La cucina di Hagakure è qualcosa che si sviluppa secondo un percorso di ricerca e approfondimento in costante evoluzione, spiega Vincenzo De Giglio: “Negli anni, la nostra filosofia si è evoluta; abbiamo cominciato, nel 2012, secondo un concetto di cucina fusion asiatica ma, col tempo, sia il mercato sia il palato stesso del cliente sono cambiati, seguendo l’evoluzione della gastronomia internazionale. Il menù si è ampliato e, oggi, possiamo affermare che i menù di Hagakuri sono l’espressione di una forma di cucina internazionale moderna con tendenza all’asiatico”. Uno dei piatti più rappresentativi di quello che Vincenzo De Giglio ama definire fusion evolution è il dumpling di black cod, un raviolo di merluzzo nero dell’Alaska marinato al miso, servito con verza al wok e beurre blanc alla francese. “Negli ultimi quattro anni – racconta Vincenzo – abbiamo lavorato molto lungo un percorso di valorizzazione delle nostre brigate di cucina, scegliendo personale tecnicamente preparato. Questo ci ha permesso di ottenere risultati tecnicamente studiati e piatti in grado di colmare quel gap difficilmente colmabile tra un buon piatto e un piatto perfettamente eseguito. Sono ricette difficili da realizzare, ma certamente al di sopra della media, che ci hanno fatto ottenere, recentemente, l’ingresso nella guida Gambero Rosso”. I ristoranti Hagakure sono declinati essenzialmente in tre format: Hagakure Fusion e Sushi, il primo realizzato, orientato metà su sushi bar e metà cucina; Hagakure Noh Samba, la punta di diamante, il ristorante gourmet dove l’executive chef Daniel Cavuoto ha creato una sorta di laboratorio sperimentale per una cucina estremamente moderna e internazionale anche nel rapporto col sushi bar, elemento sempre presente, vero fil rouge intorno al quale ruota un concetto di cucina diverso, tecnico e studiato per creare un rapporto costruttivo col cliente gourmet, alla ricerca di un’esperienza gustativa che va oltre il convenzionale; infine, il Momi, più semplice, più street, per un target giovane dai 15 ai 40 anni. “Con questi tre format – conclude Vincenzo De Giglio – abbiamo raggiunto tutte le fasce di clientela possibile e soddisfatto diversi livelli di disponibilità di spesa, da chi si accontenta di un pokè a pranzo, fino al cliente sofisticato che sa apprezzare la cena gourmet”.