IL PUNTO
RECOVERY PLAN Superbonus da correggere per evitare un flop di Marco Ventimiglia
Nel Recovery Plan nessuna proroga o semplificazione nonostante l'agevolazione sia fin qui sottoutilizzata per via della sua complessità e dell'incertezza sui tempi. Diciotto miliardi di euro da spendere per l’efficientamento energetico e sismico dell’edilizia residenziale privata e pubblica: è quanto previsto dalla tanto attesa versione definitiva del Recovery Plan, ovvero il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che impiega le ingenti risorse stanziate dall’Unione europea per la ripartenza. Possono sembrare molti, ed allora è bene ricordare innanzitutto quello che è il valore dell’edilizia nella vita di un Paese: costruire, vendere, affittare immobili significa creare ricchezza e occupazione in un circolo virtuoso che viene alimentato dalle stesse persone che dentro e intorno a quegli immobili vivono, consumano e si spostano. Difficile, insomma, trovare qualcosa che come l’edilizia sia in grado di aumentare il benessere di una comunità. Quindi non stupisce, e veniamo alla cronaca di questi tempi difficili, che l’anno scorso proprio l’edilizia ha rappresentato una delle prime preoccupazioni del governo alle prese con i provvedimenti capaci di far reagire il Paese al terribile colpo della pandemia. Infatti, se è vero che in queste ultime settimane si è fatto un gran parlare
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del Recovery Plan e del suo capitolo relativo al Superbonus al 110%, non bisogna dimenticare che quest’ultimo precede di gran lunga il maxi piano di spesa, peraltro ancora in attesa di ricevere il definitivo via libera in quel di Bruxelles. L’introduzione della maxi detrazione fiscale risale ormai a più di un anno fa, contenuta nel decreto legge “Rilancio” del 19 maggio 2020. Semmai, dal Recovery Plan ci si attendevano, purtroppo invano, delle novità importanti - da rendere poi esecutive con apposito intervento legislativo - relativamente ai non pochi punti deboli manifestati dal Superbonus nel suo primo anno di vita. In primis il suo periodo di validità troppo breve, che ha già reso necessaria una proroga dei termini a fine 2022, anche se i relativi cantieri dovranno aver superato il 60% di completamento dei lavori entro il 30 giugno dell’anno prossimo. Dunque, ci troviamo di fatto già alla metà del cammino temporale dell’incentivo edilizio. Il tempo è poco anche perché, e veniamo all’altra spiccata debolezza del Superbonus, non c’è da mettere nel conto soltanto la durata dei lavori ma, soprattutto, le
pratiche per ottenerlo che sono complesse e richiedono vari mesi per entrare in possesso della documentazione necessaria. Un lasso di tempo, per di più, assolutamente variabile a seconda dell’efficienza dell’ufficio tecnico comunale che gestisce le varie certificazioni relative all’immobile interessato. Mettendo insieme tutto è facile comprendere quel che serve per produrre un deciso cambio di passo del Superbonus: un’ulteriore proroga e la semplificazione delle procedure. Affermano di averlo compreso anche le Istituzioni e le forze politiche ma, come detto, nel Recovery Plan non c’è traccia di questa consapevolezza, anche se, nel momento in cui usciamo, arrivano segnali incorraggianti dalle bozze del decreto semplificazioni. Tornando al PNRR, il capitoletto (una pagina scarsa) dedicato al Superbonus richiama innanzitutto la ratio del provvedimento: “Per far fronte ai lunghi tempi di ammortamento delle ristrutturazioni degli edifici, per stimolare il settore edilizio, da anni in grave crisi, e per raggiungere gli obiettivi sfidanti di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni al 2030. L’investimento consentirà inoltre di stimolare