EDITORIALE
Digitalizzazione e rivoluzione verde: i grandi temi della ripartenza di Luca Baldin
Il PNRR ha tracciato, senza possibilità di equivoci, le linee guida su cui si svilupperà l’economia dopo la gravissima crisi determinata dalla pandemia. Un investimento complessivo che sfiora i 200 miliardi di euro costituisce la più grande opportunità in cui si potesse sperare per riallineare il Paese alle economie più sviluppate. Come ha detto recentemente Gianni Massa, Vicepresidente del Collegio Nazionale degli Ingegneri, “a sorpresa è entrata in pista la safety car”, e l’Italia, che arrancava nelle retrovie tra i Paesi sviluppati, con trend di crescita da prefisso telefonico, ha ora un’occasione unica, quella di recuperare lo svantaggio e di collocarsi stabilmente tra le economie trainanti del terzo decennio di questo millennio, risolvendo alcuni dei suoi problemi strutturali. 200 miliardi di euro, attualizzando i valori, sono infatti più del Piano Marshall che nel secondo dopoguerra ha prodotto il famoso boom economico e tutto, a partire dalla crescita significativa della fiducia delle imprese e dalla revisione al rialzo delle previsioni sul prodotto interno lordo di quest’anno e del 2022, lascia intendere che assisteremo ad un rimbalzo a “V”. Ma a saltare sul tram della crescita economica non saranno tutti, e proprio la struttura del PNRR appare eloquente nell’indicare i settori trainanti, con i progetti di digitalizzazione e di transizione ecologica a farla da padrone assoluto, assieme a quelli sull’istruzione e la ricerca, che sono, per così dire, complementari. Se parliamo di digitalizzazione e di rivoluzione green, infatti, parliamo di nuove tecnologie, di nuovi servizi, di conversione della old economy in new economy ad elevato tasso di sostenibilità, e tutto questo necessita di competenze e di nuove professionalità, anche in campi apparentemente tradizionali, come quello dell’edilizia. Un settore in cui già i valori in campo dichiaravano da tempo una conversione in atto, con un 50% del valore complessivo del
nuovo costruito dato da impianti, il che fa assomigliare sempre più l’edificio a una macchina complessa, che bisogna saper realizzare, ma anche gestire. Già il boom degli anni 50 era stato trainato dal settore delle costruzioni, oltre che dalla conversione di un’economia da prevalentemente agricola a industriale. In quell’occasione, però, avevano prevalso un’eLuca Baldin sigenza di natura quantitativa: tanti edifici senDirettore Responsabile za andare troppo per il Smart Building Italia Magazine sottile sulla loro qualità, perché bisognava dare casa ad una popolazione in forte crescita e il consumo del suolo pareva non costituire un problema. Oggi l’approccio è diverso, la popolazione non cresce più e la crisi climatica impone di convertire gran parte del patrimonio costruito in termini qualitativi, mediante operazioni di sostituzione e di riconversione. In questo quadro si va a collocare la ripresa, che prelude una stagione di profonde innovazioni di cui si intravede soltanto la portata e che ha spinto già da qualche tempo a parlare di quarta rivoluzione industriale, quella della cosiddetta cibernetica, dei big data e dell’IoT. Smart Building e Smart City, da concetti visionari, stanno scendendo rapidamente a terra e, paradossalmente, proprio la pandemia ha determinato un’accelerazione impressionante di tutti i processi. Ora c’è bisogno di regole semplici, progettisti accorti e aggiornati e di maestranze qualificate per tradurre in sviluppo allargato quella che fino a pochi mesi fa sembrava solo una nicchia di mercato molto, forse troppo avanzata. ■
SMART BUILDING ITALIA
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