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Sneakers 11/57 bim settembre / ottobre 2013

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JOHNN JOHNNYRO JOHNNYROMANO JOHNN JOHNNYROM NNYROMANOROLLFOREVER JOHNNY JOHNNYROM JOHNNYROMAN JOHNNYROMANOROL JOHNNY JOHNNYROM JOH JOHNNY JOHNNYROMANOROLLFOR JOHNNYROMANO JOHNNYROMANORO JO JOHNNYRO JOHNNYROMANOROLLF CALIFORNIA SPORTS srl Via Brunetto, 100/102 10077 Ceretta di San Maurizio (TO) Tel. 011.9277943 Fax 011.9279448 - www.californiasport.com

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EVAN SMITH : THE COUNCIL S ROMANO Johnny Romano was a young skateboarder whose determination and perseverance while battling Leukemia continues to inspire skateboarders around the world.

A portion of the proceeds from the Council S Romano will go directly to johnnykickscancer.org.

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Š 2013 Vans, Inc. Photo: Clayton Woodley / Le Panda

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/57 settembre/ ottobre 013

contents 36 focus jordan AIR JORDAN V ‘FIRE RED’ OG 40 nike lebron history 44 FREEHAND PROFIT GAS MASKS 45 ADIDAS ORIGINALS CITY MARATHON PT 46 Best Running Sneakers from the 70s 48 ASICS GT-II FOOTWEAR 50 COLMAR

54 PUMA TRINOMIC XT2 PLUS 56 AUSTRALIAN AU 532 & 530 58 CONCEPTS x NEW BALANCE 998 ‘C-NOTE’ 60 VANS VAULT TH COURT HI LX ‘PARADISE’ 62 CONVERSE PRO LEATHER 64 CONVERSE CHuck TAYLOR HI PLATFORM 66 LE COQ SPORTIF ECLAT 89 68 focus skate Nike SB PROJECT BA 72 ADIDAS SKATEBOARDING BUSENITZ ADV 74 DVS VAPOR

Vintage&Deadstock Sneakers 78 82 86 88 90 92

NIKE PENETRATOR Nike Magnum Force ASICS GN05 WAKIIHURI NEW BALANCE 999 NEW BALANCE 616 HIKING BOOTS ADIDAS ROBERT HAILLET

Coordinamento Editoriale Marco Colombo

Amministrazione

Redazione e testi Andrea Caviggia, Michele R. Serra, Lucia Milvia Maida, Beniamino Bozano Fotografia Roberto Nangeroni Grafica ArtK Traduzioni Sergio V. Levi 6

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10 NORSE PROJECTS x NEW BALANCE 1500 12 WADE SPEYER x VANS SYNDICATE SK8-HI ‘91 S 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 33

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Segreteria Daniela Furlan

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Direttore responsabile Giuseppe Angelo Berto

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settembre/ottobre 2013

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Informazioni info@ambadvertising.it www.sneakersmagazine.it

& SK8-LOWS AAPE x REEBOK INSTA PUMP FURY WIZ KHALIFA x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL-STAR OFFSPRING x ADIDAS SUPERSTAR, ZX800 & ZX8000 HANON SHOP x ONITSUKA TIGER COLORADO EIGHTY-FIVE ‘NORTHERN LIITES’ BLACK COMME DES GARÇONS x NIKE BLAZER LOW SOLEBOX x REEBOK PUMP OMNI LITE CONCEPTS x SPERRY TOP-SIDER CVO Bodega x X NEW BALANCE 577 ‘HYPRCAT’ KENZO x VANS SLIP-ON, AUTHENTIC & CHUKKA HUDSON’S BAY COMPANY x CONVERSE JACK PURCELL MAISON MARTIN MARGIELA x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL-STAR & JACK PURCELL invincible x CONVERSE first string JACK PURCELL johnny WEST NYC x SAUCONY SHADOW 5000 ‘TEQUILA SUNRISE’

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è vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, di fotografie e disegni. I contributi fotografici e di testo sono ben accetti. Testi, illustrazioni, fotografie e disegni, se non espressamente richiesti, non verranno restituiti.

L’editore è a disposizione degli interessati quando nonostante le ricerche non sia stato possibile raggiungere il detentore del diritto di riproduzione di eventuale materiale fotografico.

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editoriale

editorial

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Succede sempre così: l’estate trascorre pigra, dolce, assolata; poi arriva l’autunno, e la pioggia. Che nel nostro caso è una pioggia di modelli: tra settembre e ottobre, ar-

riva sugli scaffali dei negozi il grosso delle collezioni invernali prodotte e distribuite dai brand del mondo sneakers. Così, perfino per noi diventa difficile sce-

gliere: in questo ultimo scorcio di 2013 assistiamo a un fiorire di nuovi lanci e di progetti collaborativi, come se i grandi marchi stessero investendo il più possibile per lasciarsi finalmente alle spalle la pessima congiuntura economica degli ultimi anni e ripartire verso nuove direzioni. C’è chi punta sul ritorno di modelli e tecnologie storiche, che senza dubbio possono funzionare anche sul mercato del futuro: Puma ha recentemente riportato in produzione un super-classico del running anni Ottanta come le Trinomic XT2 Plus, presentando un remake in scala 1:1 che ha lasciato a bocca aperta gli appassionati (e che potete ammirare a pagina 54). Le Coq Sportif, sulla stessa linea, ripropone le Eclat 89 (qui a pagina 66) continuando l’operazione di recupero dello splendido archivio running anni Ottanta: tra l’altro apprezziamo molto la scelta della casa francese di farlo poco alla volta, per non inflazionare il mercato.

Altri preferiscono esplorare nuove varianti di modelli che tutti conoscono e amano. Ad esempio Asics con le GT-2, prime sneakers a usare la tecnologia Gel che avrebbe fatto la fortuna del settore running della casa giapponese fondata da Kihachiro Onitsuka: ve le presentiamo a pagina 48. I più abili in questa operazione rimangono però gli americani di Converse, capaci di reinventare in infinite variazioni sul tema le scarpe che hanno permesso al marchio della stella di diventare un classico senza tempo, da un secolo a questa parte. Guardare per credere, da pagina 62 in poi, le nuove Pro Leather e Chuck Taylor All-Star.

Infine ci sono brand carichi di storia che si propongono per la prima volta a questa fetta di mercato, debuttando con collezioni assai interessanti: quella proposta da Colmar è poco orientata verso lo stile outdoor - come sarebbe stato lecito aspettarsi, viste le radici del marchio lombardo - e invece molto casual, adatta alle strade delle città più che ai sentieri di montagna. Dopo aver toccato con mano il prodotto finito, siamo certi che queste sneakers abbiano le carte in regola per vendere molto in Italia, grazie anche al traino del marchio heritage Colmar Originals, che ha incontrato notevole successo nel corso delle ultime stagioni, soprattutto tra i consumatori giovani. Un primo sguardo a pagina 50.

Non finisce qui, ovviamente: tra le pagine di questo numero di Sneakers troverete selezionatissime proposte di marchi italiani (Australian, pagina 56), americani (Vans, pagina 60), europei (adidas, pagine 54 e 72). Lo sguardo sul mondo sneakers è necessariamente uno sguardo sul mondo (e basta).

Insomma, avete tra le mani una guida che - speriamo - possa orientarvi nel diluvio di gomma, suede e mesh che ci sta cadendo sulla testa (o forse sarebbe meglio dire, ai piedi) in questo autunno 2013.

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It’s a steady pattern – summer passes slothfully, sweat and sunny. Then autumn comes and with it, the rainfall. But in this case what’s raining is new models: during all September and October the shelves of

most shops are flooded by winter collections that are produced and distributed by the sneaker brands around the world. This makes

it more difficult to get our bearings and chose – and towards the end of 2013 we are witnessing a burst of new launches and collaboration projects, much as tough the great brands were investing to their utmost to leave behind them the ugly slump we’ve been suffering until recently and start again towards new horizons.

There are those who bet on historical models and technologies, which might also work on the future market. So Puma has recently brought back into production a super classic of Eighties running like the Trinomic XT2 Plus, by releasing a scale of 1 to 1 remake which left the fans open-mouthed (you can watch it on page 54). In the same vein Le Coq Sportif is releasing the Eclat 89 (on page 66) thus extending the salvage of the great running archive from the Eighties. By the way we much appreciated the decision to make it gradually – so as to shun the risk of inflating the market.

There are others who prefer to explore new versions of models well known and much beloved. This applies to Asics with the GT-2, first sneaker to use the Gel technology that would later ensure the success of the running sector of the Japanese company founded by Kihachiro Onitsuka – we present it on page 48.

The most clever from this point of view are the Americans from Converse who managed to remold an infinity of versions out of a model which permitted the star brand to become a timeless classic over the last century. Because seeing is believing, go to page 62 (and subsequent) to see the Pro Leather and the Chuck Taylor All-Star.

Last not least, there are brands rich of history that are making their first appearance on this market sector, through very compelling collections – in the one proposed by Colmar there isn’t much in the way of outdoor (as one might expect given the brand’s roots): it’s very casual, better suited for the city streets than for the mountain paths. After having a proof of the final product we are confident that these sneakers have all papers in order to sell a lot in Italy, also thanks to the driving force played by the heritage brand Colmar Originals which was tremendously successful over the last seasons, mostly among the young. A first look on page 50. That’s not the end of story, yet. For among the pages of this Sneakers issue you’ll find very selected proposals by Italian brands (Australian, page 56), American brands (Vans, page 60), European brands (adidas, page 54 and 72). Our look on the sneaker world is and ought to be a gaze on the whole world (period).

To sum up, you are handling a guide which we hope might be of some help in the process of finding your way through the downpour of rubber, suede and mesh that is about to hit our heads (or rather, feet) in this closing of 2013.

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NORSE PROJECTS x NEW BALANCE 1500

Cosa ci aspettiamo da un progetto collaborativo? Facile rispondere: tiratura limitata, una colorazione accattivante e materiali premium. I designer del marchio danese Norse Projects hanno seguito alla lettera questa regola aurea per il loro ultimo progetto realizzato insieme a New Balance, e chiamato “Danish Weather Pack”: due versioni Made in England delle classiche 1500. Si tratta della seconda partnership con il marchio americano, e stavolta l’iconico modello running classe 1989 viene proposto in due versioni caratterizzate da un mix di suede, nubuk e mesh in due colorazioni basic che si dicono ispirate “ai colori delle stagioni danesi”. I dettagli più interessanti sono la “N” in materiale riflettente e il ricamo sul tallone.

What do we expect from a collaboration project? Easy to answer: a limited circulation, a winning coloring, and premium materials.

The designers from the Danish brand Norse Projects applied very strictly this golden rule during the working of their latest project they realized together with New Balance, called Danish Weather Pack: two Made in England versions of the classic 1500. This is the second partnership with the American brand, and this time the iconic 1989 running model gets rereleased in two versions characterized by a mix of suede, nubuk, and mesh, and in two basic colorings that are expressly inspired by the colors of the Danish seasons. The most noteworthy details are the N in reflecting material and the embroidery on the heel.

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WADE SPEYER x VANS SYNDICATE SK8-HI ‘91 S & SK8-LOWS S

True original: ecco due parole che definiscono la vita di Wade Speyer, storico skater che ha contribuito a gettare le fondamenta della scena di San Francisco negli anni Novanta. Da sempre parte del team Vans, oggi Wade si vede tributare un vero e proprio omaggio dalla casa americana: due modelli a lui dedicati, Vans Syndicate Sk8-Hi ’91 Pro S e Sk8-Lows S, in nero totale con il logo “Speyer” (sì, ricorda quello di un noto gruppo metal: basta aggiungere il pentacolo...) ben visibile sulla linguetta. Cuciture bianche a contrasto fuori e flanella all’interno, per rimanere al caldo durante l’inverno.

True original – here is a phrase that aptly defines the life of Wade Speyer, historic skater who contributed to lay the foundations of the San Francisco scene during the Nineties. Wade was always part of the Vans team, and today he’s being granted this big honor by the American company – a couple of models dedicated to him, Vans Syndicate Sk8-Hi ’91 Pro S and Sk8-Lows S, in total black and with the Speyer logo most apparent on the tongue (and yes, it’s quite reminiscent of a famous metal group’s logo, if you add the pentacle). White contrasting seam on the outside and flannel lining, in order to stay warm during the winter.

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AAPE x REEBOK INSTA PUMP FURY

Aape è il nuovo sub-brand di A Bathing Ape, storico marchio dello streetwear giapponese da poco caduto in altre mani orientali: quelle del colosso cinese I.T. Per presentarsi con stile, Aape ha scelto di aprire la strada alle molte collaborazioni organizzate da Reebok in occasione del ventesimo anniversario del modello Insta Pump Fury, che ricorre il prossimo anno. Facile aspettarsi che fosse scelto un pattern camouflage, per ricoprire la classica tomaia in nylon, neoprene e pelle, con parti in nylon mesh e loghi ricamati sul tallone. Uscite a fine estate, queste sneakers sono oggi in vendita solo sui siti di aste online con una quotazione circa doppia rispetto al prezzo retail.

Aape is the new sub-brand of A Bathing Ape, a historical brand of Japanese street wear that recently was acquired by another Chinese player, the giant I.T. In order to do things in style Aape decided to open the way to the many collaborations organized by Reebok on the occasion of the twentieth anniversary of the model Insta Pump Fury, next year. It was easy to expect that a camouflage pattern would be chosen to cover the classic upper in nylon, neoprene and leather, with details in nylon mesh and embroidered logos on the heel. Released at the end of summer, these sneakers are today available only on the auction websites for a quotation that is almost twice the retail price.

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WIZ KHALIFA x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL-STAR

Rap + sneakers? Da che mondo è mondo – o meglio, da quando i Run Dmc scrissero “My Adidas” – è il matrimonio perfetto. E allora non stupisce che Converse lanci una collezione-capsula di Chuck Taylor All-Star realizzate in collaborazione con il rapper di Pittsburgh Wiz Khalifa. Collezione formata da sei modelli monocromi quasi eleganti, con qualche particolare che fa la differenza, come le stampe che occhieggiano dall’interno. Stupisce solo che tra i colori proposti non ci sia il giallo...

Rap + sneakers? From time immemorial – or rather, since the Run Dmc wrote My Adidas – that’s the perfect wedding. No surprise then that Converse launched a capsule-collection of Chuck Taylor All-Star realized as a collaboration with the rapper from Pittsburgh Wiz Khalifa. A collection of six monochrome models almost elegant, with some detail that makes the difference, as the prints that peep out from the inside. One is amazed that these bold colorings don’t include yellow.

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OFFSPRING x ADIDAS superstar ZX800 & ZX8000

Non si tratta della nota band che ha animato il punk californiano negli anni Novanta, ma di uno dei più conosciuti retailer inglesi: Offspring è una potenza commerciale nel settore sneakers, e qui dimostra di essere anche un marchio capace di non indifferente creatività. La collaborazione messa in piedi con adidas reinventa infatti modelli-icona come Superstar, ZX800 e ZX8000, grazie all’uso di tre tessuti stampati con diverse fantasie - Speckle, Aztec e Snakeskin - che riescono a rendere unica questa limited edition disponibile solo attraverso il sito offspring.co.uk.

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The name Offspring doesn’t refer to the famous band which animated the Californian punk during the Nineties, but to one of the best known English retailers, a commercial power in the sneaker sector, which in this case proves also to be a brand capable of an uncommon creativity. Indeed the collaboration set in motion with adidas rethinks some icon models like Superstar, ZX800 and ZX8000, through the implementation of three different printed materials – Speckle, Aztec, and Snakeskin – which contributed to make this limited edition (exclusively available on the website offspring.co.uk) unique.

FREDPERRY.COM SOCREP.IT Sneakersmagazine

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HANON SHOP x ONITSUKA TIGER COLORADO EIGHTY-FIVE ‘NORTHERN LIITES’

Il team di sneakerhead della boutique scozzese Hanon produce regolarmente limited edition collaborative capaci di catalizzare l’attenzione dei collezionisti: è stato così anche nell’ultimo scorcio dell’estate, quando Hanon ha ospitato sui suoi scaffali un paio di Colorado Eighty-Five vestito di un’interessante combinazione di grigio, viola e arancione. Colorazione, dicono i comunicati stampa, ispirata al fenomeno della cosiddetta aurora boreale: ma allora non sarebbero state più adatte tinte sul verde/azzurro?

Boh. The team of sneakerheads from the Scottish boutique Hanon produces on a regular basis some limited collabo editions that are capable of grabbing the attention of all collectors – this is what happened during the end of summer when Hanon released on the shelves a pair of Colorado Eighty-Five covered by an interesting combination of grey, purple, and orange. The coloring, as the press release reported, was inspired by the so-called aurora borealis – but then, should it not be more proper to use some green/azure coloring? Who knows.

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BLACK COMME DES GARÇONS x NIKE BLAZER LOW

Il risultato della partnership tra Nike e il nuovo marchio della casa giapponese Comme Des Garçons fondata da Rei Kawakubo è una versione premium delle Blazer Low caratterizzata da estetica minimale con tomaia in suede e pelle, lacci cerati, logo “CDG” sul tallone e soletta in co-branding. Già esaurite quando leggerete queste righe (ci scommettiamo), sono state distribuite in esclusiva nei negozi Dover Street Market e presso i rivenditori Comme Des Garçons.

The outcome of the partnership between Nike and the new brand from the Japanese maison Comme Des Garçons (founded by Rei Kawakubo) is a premium version of the Blazer Low characterized by minimal look and suede and leather upper, waxed laces, CDG logo on the heel, and a co-branded insole. Already sold-out as you read these words (we bet), they were distributed as an exclusive to the shops Dover Street Market and to the Comme Des Garçons resellers.

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SOLEBOX x REEBOK PUMP OMNI LITE

Tomaia in nubuck, linguetta in materiale riflettente, dettagli in materiale termoplastico che cambiano colore con la luce del sole, e in più una suola “glow in the dark”: le caratteristiche sono le stesse viste sulle due recenti collaborazioni tra il negozio berlinese Solebox e Reebok, con l’unica differenza rappresentata dagli accenti rosa, non rossi come quelli delle Omni Zone né blu come quelli delle Twilight Zone. Fortunati i collezionisti che sono riusciti a completare questo trittico eccezionale di modelli basket usciti direttamente dagli archivi della casa inglese.

Upper in nubuck, a tongue in reflecting materials, details in thermoplastic fabrics that change their color under the sunlight, and on the top of it a glow-in-the-dark sole – the features are the same that appeared on the two recent collaborations between the Berliner shop Solebox and Reebok, except (that’s the only difference) for the pink accents, not red like those exhibited by Omni Zone, nor blu like those of the Twilight Zone. How lucky those collectors who managed to complete this marvelous triptych of basketball models sprung directly from the English company’s archive.

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CONCEPTS x SPERRY TOP-SIDER CVO

Lo sneakers store più noto di Boston ha da poco portato a termine l’ennesima collaborazione con i conterranei (entrambi sono originari del New England) di Sperry Top-Sider: una originale versione della CVO, uno dei modelli ormai classici del catalogo del marchio americano noto per i suoi mocassini da barca. La versione di Concepts è caratterizzata da una tomaia in canvas con stampa tie-dye, premium suede sui lati, interno e soletta in pelle. Insomma, in una parola: lussuose. C’è ancora tempo per indossarle, prima che l’inverno ci costringa a scegliere scarpe meglio attrezzate contro il clima rigido.

The most famous sneaker store in Boston has recently accomplished the umpteenth collaboration with the fellow-countrymen from Sperry Top-Sider (they too come from New England) – an original version of the CVO, one of the classic models included in the catalogue of the American brand renowned for the boat moccasin. The version by Concepts is characterized by a upper in canvas with tie-dye print, premium suede on the sides, and leather lining and insole. In a word, sumptuous. There is still time to wear them, before winter forces us to choose stronger shoes to protect ourselves from the rigors of winter.

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Bodega x NEW BALANCE 577 ‘HYPRCAT’

Bodega si divide con Concepts la supremazia tra gli sneakers store di Boston: non stupisce dunque che anche questa boutique abbia appena distribuito una collaborazione di peso. Ecco dunque un famosissimo modello running New Balance, classe 1989, rivisto attraverso una combinazione di materiali premium e un’originale ispirazione retrogame: i colori sono infatti quelli di “Star Fox”, mitico videogioco Nintendo uscito nel 1993, primo a usare una grafica (quasi) tridimensionale su una console domestica.

Difficile non rilevare che forse stavano meglio su schermo, che non sulla tomaia di un paio di sneakers.

Bodega is sharing supremacy on the sneaker stores in Boston with Concepts – it is no surprise that this boutique has just released a remarkable collaboration. Here is a very famous running model by New Balance, dating from 1989, redesigned through a combination of premium materials and an original retro-game inspiration; the colors are reminiscent of Star Fox, the legendary videogame released in 1993by Nintendo, the first which deployed an almost three dimensional graphic on a home console. One can’t help noticing that they fared much better on the screen than on the upper of a pair of sneakers.

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KENZO x VANS SLIP-ON, AUTHENTIC & CHUKKA

Nuova edizione per l’ormai usuale collaborazione tra Vans e Kenzo, marchio ormai definitvamente riposizionato nel segmento streetwear di fascia alta grazie al lavoro dei designer (anche di Opening Ceremony) Carol Lim e Humberto Leon. Per la stagione fredda 2013/2014 tre modelli-icona della casa fondata dalla famiglia Van Doren vengono ricoperte di stampe a dir poco squillanti: una jungla popolata da tigri, il cielo denso di nuvole, fulmini colorati. Disponibili Slip-On, Authentic e per la prima volta Chukka.

Destinate ad andare a ruba tra i fashion-victim.

A new edition for the by now usual collaboration between Vans and Kenzo, a brand forever positioned in the highest streetwear sector thanks to the contribution of designers Carol Lim and Humberto Leon (also belonging to Opening Ceremony). For the cold season 2013/2014 three icon models by the company founded by Van Doren family get covered by prints that appear bright to say the least – a jungle inhabited by tigers, a sky full of clouds, and colored lightning. Slip-On, Authentic and for the first time Chukka are available. All expected to sell like hot cakes among the fashion victims.

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HUDSON’S BAY COMPANY x CONVERSE JACK PURCELL

Hudson’s Bay Company è un mito americano: milioni di famiglie, oltreoceano, hanno infatti in casa almeno una delle coperte multicolore prodotte dall’azienda fondata nel lontano 1670 e sul mercato continuativamente da quel momento, per questo una delle più longeve al mondo. Oggi le strisce che rendono immediatamente riconoscibili le coperte di Hudson’s Bay Company vengono utilizzate per decorare le tomaie delle Jack Purcell in versione alta e bassa: il risultato è elegante e molto contemporaneo.

Hudson’s Bay Company is an American myth – millions of families overseas possess at least one of the multicolored blankets produced by the company that was founded in 1670 and remained on the market ceaselessly since then (becoming one of the most long-lived over the world). Today the stripes that make Hudson’s Bay Company’s blankets unmistakable are used to embellish the uppers of the Jack Purcell in both the high and low version; the outcome is elegant and very modern.

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MAISON MARTIN MARGIELA x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL-STAR & JACK PURCELL

Un progetto che ha fatto molto discutere, provocando altissimo hype e sold-out immediato. Converse presenta due modelli customizzati dalla nota maison francese (ma di proprietà italiana) Martin Margiela, che proprio quest’anno celebra il suo venticinquesimo anniversario. Chuck Taylor All Star e Jack Purcell proposte in alcuni tra i più classici colori Converse: rosso, nero, blu navy e giallo. Il colore sarà però visibile solo col passare del tempo: ogni singola scarpa è stata completamente immersa nella vernice bianca. A dire la verità, temiamo che potrebbero essere un po’ rigide, almeno all’inizio, ma del resto la moda non deve certo essere comoda. E molti collezionisti non oseranno mai indossarle, del resto...

A project that caused intense discussion, thus provoking a tremendous hype and immediate sold-out. Converse is releasing two models customized by the famous French maison Martin Margiela (whose property is Italian) which is celebrating its 25th anniversary this year. Chuck Taylor All Star and Jack Purcell get proposed in some of the most classically typical Converse colors: red, black, blue navy, and yellow. But the color will become apparent only over time because all shoes have been dipped in white paint. To be honest, we are afraid they might prove to be a bit stiff, at least initially, but we know that fashion need not be comfortable after all.

And many collectors will never try to wear them, by the way.

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INVINCIBLE x CONVERSE first string JACK PURCELL JOHNNY

I taiwanesi di Invincible non tanno mai fermi, almeno se parliamo di progetti collaborativi. Dopo le New Balance CM1400 lanciate la scorsa stagione, il team della nota catena di negozi firma una nuova versione della Jack Purcell Johnny, riproposta per l’occasione attraverso una tomaia tutta nera in premium suede con dettagli in pelle tono su tono e inserti leopardati, lacci in pelle e zip sul tallone. Tocco finale, il logo impresso direttamente sull’intersuola, una rarità sulle Converse, che da sola potrebbe bastare a risvegliare l’interesse dei collezionisti ormai assuefatti e indifferenti alle limited edition. La qualità costruttiva è alta, com’è lecito aspettarsi dalla linea First String.

The Taiwanese from Invincible don’t ever pause, at least from the viewpoint of collaborative projects. After the New Balance CM1400 launched the last season, the team from the well known chain of shops signs a new version of the Jack Purcell Johnny, rereleased for the occasion through a total black upper in premium suede with details in tone-sur-tone leather and leopard-skin inserts, leather laces and a zip on the heel. A final touch is the logo impressed on the midsole, a rarity for Converse, which in and of itself might be sufficient to revive the interest of those collectors already satiated and therefore unmoved by the limited editions.

The constructive quality is high – as one is allowed to expect from the First String line.

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WEST NYC x SAUCONY SHADOW 5000 ‘TEQUILA SUNRISE’

Le serate alcoliche estive sono ormai alle spalle, vero. Ma i ragazzi di West NYC, sneakers shop della Grande Mela, ci fanno venire voglia di tequila mixata con succo d’arancia e granatina: la loro versione delle classiche Shadow 5000 di Saucony è quintessenzialmente estiva, e anche mooolto anni Novanta. Un altro segnale che lo stile di quel decennio tanto importante per la storia delle sneakers sta tornando prepotentemente di moda.

The alcoholic summer nights are behind us – that’s true. But the guys from West NYC, a sneaker shop based (guess where) in the Big apple, make us want to have some mixed tequila with orange juice and grenadine: their version of the classic Shadow 5000

by Saucony is quintessentially a summer shoe and veeery much Nineties-style. Another symptom that the style of that decade is getting quickly fashionable once again.

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focus jordan

AIR JORDAN V ‘FIRE RED’ OG Sarà pure un luogo comune, ma è vero: a volte un’immagine racconta più di mille parole. Nel nostro caso è una fotografia scattata da bordo campo al Forum di Inglewood, California, nei primi giorni del giugno 1991: due uomini in tenuta da basket, uno vicino all’altro durante una partita, si contendono una palla a spicchi. Earvin “Magic” Johnson e Michael Jordan, casacca gialla (dei los Angeles Lakers) uno, rossa (dei Chicago Bulls) l’altro. Un’immagine che sintetizza in un solo momento le finali NBA del 1991, lo scontro tra quelli che sono rimasti nella storia come i due atleti più importanti della storia della pallacanestro americana. Vinse Jordan, quella volta.

In quella fotografia, però, a guardare bene c’è qualcosa più di una rivalità sportiva, qualcosa che interessa più da vicino il nostro giornalino: Michael Jordan indossa su quel parquet le Air Jordan V nella colorazione ‘Fire red’, un modello storico che a ventidue anni di distanza è tornato sugli scaffali, parte del diluvio di modelli retro-Jordan che il marchio dedicato all’MVP delle finali del 1991 (tra l’altro fu la prima volta che Jordan conquistò quel prestigioso titolo, ma non certo l’ultima) ha distribuito nei negozi nel corso del 2013.

Quel modello e quella colorazione sono rimaste scolpite nell’immaginario di una generazione di atleti e di fan in tutto il mondo, e divenute le Bulls-sneakers quintessenziali: in un periodo storico in cui i regolamenti dell’NBA erano molto più rigidi rispetto a oggi, per quanto riguarda i colori ammessi sul campo da gioco, il color-blocking delle Air Jordan V versione ‘Fire Red’ rappresentava il massimo legalmente consentito.

Base bianca, sulla quale spiccava il rosso intenso dei dettagli dell’intersuola, contrastato dal profondo nero della linguetta e di alcuni altri particolari. Non serviva altro per mettere in scena il gran finale di un particolare three-peat: non quello sportivo che i Chicago Bulls avrebbero conquistato sui parquet in tre stagioni consecutive a partire proprio dal 1991, ma quello industriale messo a segno dal designer Tinker Hatfield, che aveva preso in mano il progetto dei nuovi modelli Air Jordan a partire dal rivoluzionario numero tre. A un quarto di secolo di distanza, 36

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It’s quite a commonplace, but it’s true: sometimes an image is worth more than a thousand words. In this case the image is a photograph taken from the sideline at the Forum in Inglewood, California, on early July 1991; two men wearing a basketball outfit, confronting each other during a match, competing for the sliced ball. Earvin ‘Magic’ Johnson and Michael Jordan, the former wearing a yellow coat (of Los Angeles Lakers), the latter a red uniform (of Chicago Bulls). An image that epitomizes into a single photogram the 1991 NBA finals, the battle between those who made history thus becoming the two most important athletes in American basketball. On that occasion, Jordan won.

On closer look, however, what this photograph captures is more than sport competition, being something more relevant to our magazine: on that parquet, Michael Jordan is wearing the Air Jordan V in the Fire red coloring, a historical model that after twenty-two years comes back on the shelves, along with the flood of retro-Jordan models that the brand dedicated to the MVP in the 1991 finals (by the way, it was the first time that Jordan won that prestigious title, and not the last) sent to the shops in 2013.

That model and that coloring remained engraved into the imagery of a generation of athletes and fans over the world, and became the quintessential Bulls-sneakers: in a epoch in which the regulations of NBA were more rigorous than they are now (at least when it comes to the colors permitted on the field), the color-blocking of the Fire red version of the Air Jordan V represented the maximum that could be lawfully approved. A white basis, over which the intense red of the midsole’s details would show up, contrasted by the deep black of the tongue and some other details. There was no other purpose than putting on stage the great final of a very special three-peat – not the three-peat (relating to sport) that the Chicago Bulls would win on the parquets for the next three seasons in succession (starting 1991) but the one (relating to business) achieved by the designer Tinker Hatfield, who got involved in the new Air Jordan project

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focus jordan possiamo tranquillamente affermare che pochissime sneakers abbiano l’importanza storica di quel trittico jordaniano: III, IV, V. Le edizioni successive non sono mai riuscite a eguagliare quei fasti, nonostante il successo abbia sempre arriso al marchio del Jumpman.

Il design delle Air Jordan V era unico per diversi motivi, ma principalmente due: la suola trasparente, che fece impazzire i collezionisti dell’epoca anche in senso negativo, vista la tendenza a ingiallirsi causa umidità (problema risolto da molti con sacchettini di gel essiccante), e la linguetta riflettente. Proprio l’eliminazione di una delle due caratteristiche che avevano conquistato il mercato è diventata tratto distintivo della colorazione ‘Fire Red’, dimostrando per l’ennesima volta il coraggio di Hatfield e la sua capacità di mettere in produzione varianti inaspettate di scarpe di successo, alla faccia di chi sostiene che una formula vincente non si cambia.

Il remake arrivato nei negozi alla fine dell’estate è stato considerato di sufficiente qualità dalla community degli appassionati, rimasti scottati da quella - pessima - di altri modelli Air Jordan V riproposti quest’anno (sì, stiamo parlando delle ‘Grapes’). Facile in ogni caso notare le differenze tra l’originale del lontano 1991 e la versione 2013: oltre ad alcuni particolari volutamente diversi - come la suola trasparente che appare di un colore tra il grigio e l’azzurro e il logo Jumpman sul tallone - ci sono discordanze involontarie, come ad esempio l’aspetto del numero “23” stampato sul lato della tomaia; quello del modello originale era molto più spesso e squadrato rispetto a quello visto sul remake 2013.

Nei primi anni Novanta, le Air Jordan V rappresentarono l’apice del primo boom del marchio Jordan: ne furono prodotte più paia di ogni altro modello precedente. Oggi il ritorno di un classico come la colorazione “White/Fire Red-Black” suscita ancora sorprendenti livelli di hype. Come a dire: la moda passa, lo stile resta.

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starting with the revolutionary number three. After a quarter of a century, we can confidently claim that a very few sneakers have the historical importance of that Jordanian triptych – the III, IV, and V. The subsequent editions never managed to equal that magnificence, notwithstanding the great success that continued to accrue to the Jumpman brand.

The design of the Air Jordan V was unique in many ways, but mostly for two reasons: the transparent sole, which drove the collectors crazy also in the negative sense, given the tendency to yellow due to humidity (something that many prevented using small bags of drying gel) and a reflecting tongue. Later on, the removal of one of the two traits responsible for this model’s success became the distinguishing mark of the Fire red coloring, thus testifying once again to the courage of Hatfield and his capacity to concoct unexpected versions of successful models – so much for those who claim that a winning formula should never change.

The remake that reached the shops this summer was judged of sufficiently high quality by the fans community, who had remained stung by the – quite bad – quality of other models Air Jordan V that were rereleased this year (yes, we’re talking about the Grapes). Easy, in any case, to notice the differences between the original dating from 1991 and the 2013 version; beside some details deliberately modified (such as the transparent sole featuring a color between azure and grey, and the Jumpman logo on the heel) there are unintentional unconformities such as the look of the number 23 printed on the upper’s side: the one on the original kick was much thicker and squared compared to that on the 2013 remake.

During the early Nineties the Air Jordan V embodied the first boom’s climax of the brand Jordan: the pairs produced outnumbered any other antecedent models. Today the comeback of a classic like the White/Fire red-Black coloring is provoking high levels of hype; to wit, fashions fade, but style is forever.

AIR JORDAN V ‘FIRE RED’ OG

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LEBRON & NIKE: THE HISTORY SO FAR Dieci anni, sembra ieri. Nel 2003 Michael Jordan si ritirava dai parquet dell’NBA, tra le ovazioni di tifosi e avversari, dopo una carriera ventennale. Ma oltre le lacrime, oltre le sensazioni forti di quei giorni, si intravedeva un problema di carattere squisitamente commerciale: come avrebbe fatto il colosso Nike/Jordan a trovare un testimonial di equivalente impatto, sia sul piano sportivo che su quello dell’immagine? Chi sarebbe stato il prossimo Michael Jordan? Occorreva fare una scommessa. E come definire altrimenti la scelta di puntare 90 milioni di dollari su un ragazzo appena diciottene, che a partire dalla stagione successiva avrebbe assaggiato per la prima volta sui parquet della lega professionistica americana? Certo, era un atleta molto promettente, Lebron James, e già una star mediatica: a diciassette anni era sulla copertina di Sports Illustrated, e la diretta di una partita della sua squadra di college sulla tv americana aveva stabilito un record di ascolti. Tuttavia, quella fu a tutti gli effetti una scommessa: dieci anni dopo, possiamo tranquillamente affermare che la casa di Beaverton ci aveva visto giusto.

Con il suo strapotere fisico, infatti, James ha conquistato due titoli NBA, due ori olimpici ed è stato MVP della lega americana per quattro volte, statistica nella quale è superato solo da Jordan e da Kareem Abdul-Jabbar. Soprattutto però, al successo sportivo corrisponde quello commerciale: i modelli basket prodotti da Nike con il logo di “King” James hanno macinato numeri che temono solo la concorrenza di quelli con il logo “Jumpman” sulla tomaia.

A proposito di loghi: le prime sneakers che sfoggiavano quello dedicato a Lebron dai designer dello Swoosh, non portavano ancora il suo nome. Si chiamavano semplicemente Air Zoom Generation, e implementavano (com’è facile intuire dal nome) la tecnologia ammortizzante introdotta per la prima volta nel 1995 e già vista su molti modelli basket e running (tra i quali una vera e propria icona dei tempi come le Spiridon). L’importanza di quel progetto per Nike era chiara, e facilmente intuibile dal nome dell’uomo responsabile del team che avrebbe fatto diventare quelle scarpe una realtà: Tinker Hatfield.

Dal 2004 James ebbe il suo nome sulle sneakers, che - come le Air Jordan - iniziarono a essere identificate da numeri romani progressivi. Le Zoom Lebron II avevano un aspetto futuristico, ma il gigantesco logo Nike sulla chiusura a strappo che teneva ben fermo il collare intorno alla caviglia riportava direttamente agli anni Novanta. Il resto è la storia di un’evoluzione che passa attraverso modelli ispirati a quelli disegnati in passato per Michael Jordan (le Lebron III e IV hanno infatti qualcosa delle Air Jordan XI) e scelte di design piuttosto radicali (come la tomaia interamente costruita con il metodo Hyperfuse delle Lebron VIII), per approdare infine a un modello davvero rivoluzionario - e capace di fare impazzire il mercato - come le Lebron X del 2012, disegnate da Jason Petrie, responsabile degli ultimi tre modelli della serie. Dopo aver usato molto la tecnologia Air Max, Petrie decise di tornare a utilizzare un cuscinetto Zoom Air lungo l’intera suola, mentre la tomaia sarebbe stata realizzata con ampio uso di accorgimenti tecnici all’avanguardia come Hyperfuse e Flywire. Particolari in kevlar e fibra di carbonio completano il quadro: le Lebron X sono sneakers di altissimo profilo, molto costose (alcune versioni complete di sistema elettronico Nike+ superano i 300 euro) e soprattutto incredibilmente piene di stile.

Visto il successo di quel modello, è facile capire perché Nike abbia puntato su una silhouette tutto sommato simile per le Lebron XI, in arrivo sugli scaffali di tutto il mondo proprio nel mese in corso. Dal punto di vista tecnologico però, molte cose sono cambiate: per la prima volta l’intersuola è realizzata con ampio uso di schiuma Lunarlon, mentre la tomaia costruita con la tecnologia Hyperposite rende questo modello il più leggero della storia del marchio Lebron. Vedremo se la grafica simmetrica incontrerà il favore dei consumatori, ma possiamo già scommettere sul successo commerciale di questa nuova uscita... Anche se la scommessa più importante, fatta ormai dieci anni fa, l’ha vinta il colosso Nike.

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Air Zoom Generation:

Zoom LeBron II:

Zoom LeBron III:

Zoom LeBron IV:

Zoom LeBron V:

Air Max LeBron VI:

2003-04

2005-06

2007-08

2004-05

2006-07

2008-09

Air Max LeBron VII:

Air Max LeBron 8:

LeBron 9:

LeBron X:

2009-10

2011-12

2010-11

2012-13

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LEBRON & NIKE: THE HISTORY SO FAR It happened ten years ago, but it’s like yesterday. In 2003 Michael Jordan retired from the NBA parquets, cheered by fans and opponents, after a twenty-year career. Beside the tears, and beside the strong feelings of those days, there was an exquisitely commercial problem to face: how could the giant Nike/Jordan find another testimonial of equal strength, both in terms of image and sport power? Who would be the new Michael Jordan? There was a decision to be taken and it was a bet. For how should one call, other than that, the act of waging 90 million dollars on a guy who’s just eighteen years old and who the next season is going to tread the parquets of the American professional league for the first time? Admittedly, Lebron James was already a very promising athlete and already a media star – a year before he had a cover of Sport Illustrated, and the live broadcast of a match involving his college team attracted a wide audience.

It was, at any rate, a real bet, and ten years later we can say that the company from Beaverton got it right.

Indeed, also thanks to his physical strength James won two NBA titles, two Olympic golds and was four times MVP of the American league – a record which is only surpassed by Jordan and Kareem Abdul-Jabbar. More importantly, though, his success in sport was associated with a great commercial power: the basket models released by Nike under ‘King’ James’ logo have eaten up numbers whose only competitor is with the numbers made by the logo ‘Jumpman’. By the way, the first sneaker showing off the logo dedicated to Lebron by the Swoosh designers didn’t bear his name. That model’s name was simply Air Zoom Generation, as it implemented (as one easily infers from the name) the damping technology first introduced in 1995 and already seen on many basket and running models (among them a true icon of the time like the Spiridon). The importance of that project for Nike was clear and easy to figure out, given who was the person in charge of the team that would transform those shoes into a reality, Tinker Hatfield.

Since 2004 James started to give his name to some sneakers, which (like the Air Jordan’s) started to be identified by progressive Roman numerals. The Zoom Lebron II had a futurist look, but the huge logo Nike on the closing system fastening the collar around the ankle was too reminiscent of the Nineties. The rest belongs to the history of an evolution deployed through models inspired by old shoes designed for Michael Jordan (indeed the Lebron III and IV have something in common with the Air Jordan XI) and through rather radical decisions (like the upper of the Lebron VIII entirely made up by using the Hyperfuse method) which brought out such a revolutionary model (and a model capable to drive the fans crazy) as the 2012 Lebron X, designed by Jason Petrie, the author of the last three models in the series. Having much indulged in the use of technology, Petrie decided to start using again a Zoom Air buffer along the whole sole, and that the upper should implement technical cutting-edge devices like Hyperfuse and Flywire. Various details in Kevlar and carbon fiber crown it all. The Lebron is a very high profile sneaker, pretty expensive (some versions equipped with electronic system Nike+ may cost more than 300 euro) and more than that incredibly full of style.

Given the success of this model, it’s easy to see why Nike concentrated its efforts on a much similar silhouette for the Lebron XI, coming out this month on the shelves of all stores around the world. From a technological point of view, however, many things have changed – for the first time the midsole is realized using a lot of Lunarlon foam, while the upper in Hyperposite technology makes this model the most lightweight in the history of Lebron’s. We’ll see whether the symmetric graphic will meet the favor of the fans, but we can already bet on the commercial success of this new release. Although we know that the most critical bet was made and won, ten years ago, by the giant Nike.

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LeBron XI:

2013-14

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FREEHAND PROFIT sneakers GAS MASKS FreehandProfit usa le sneakers per costruire maschere antigas. Davvero. Questo artista di Los Angeles, che all’anagrafe si chiama Gary Lockwood, assembla maschere utilizzando pezzi di scarpe - forse saranno poco utili in caso di un attacco, ma rimangono estremamente stilose: non stupisce che questi pezzi unici vengano venduti per migliaia di dollari ciascuno. Ultimamente Gary ha prodotto tre maschere in onore dei componenti del Wu-Tang Clan, costruite usando Nike Dunk Hi, Air Jordan IV e Air Spizike. Tutte le sue altre opere - uno spasso per gli appassionati - si trovano sul sito freehandprofit.wordpress.com.

FreehandProfit makes gas masks using the parts of sneakers. Really. This artist from Los Angeles whose real name is Gary Lockwood at the city registry, builds up masks by assembling the fabrics of shoes – so maybe the result will be useless in case of an air attack but they are extremely stylish; no surprise if this unique pieces are sold for some thousand dollars each. Recently Gary has released three masks to honor the members of Wu-Tang Clan, what he made using Nike Dunk Hi, Air Jordan IV and Air Spizike. All his other works (a real fun for the fans) are available on the website freehandprofit. wordpress.com.

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ADIDAS ORIGINALS

CITY MARATHON PT Storia interessante, da raccontare. Inizia con un signore 90enne, ex direttore tecnico della produzione adidas, che cambia casa. Durante il trasloco ritrova un sample mai andato in produzione che risale a più di trent’anni prima: è un modello dalla linea eccezionale, con tomaia nel più classico mix di suede e mesh e sistema Dellinger Web implementato nell’intersuola.

Quindi, indovinate un po’ come va a finire? ... Esatto: adidas ha deciso di mettere in produzione queste nuove/vecchie City Marathon PT, in tre colorazioni (vale in questo caso, il termine OG?) dedicate ad altrettante maratone cittadine. Che sia tutto vero o poco più che una leggenda urbana, il risultato è concreto e soddisfacente.

An interesting story worth telling. It starts with a gentleman, 90 years old, a former technical director of adidas production, who is moving house and during the move runs into a sample dating back to some thirty years before which had never gone into production – it’s a model with an exceptional line, whose upper features a most classic mix of suede and mesh and whose midsole incorporates a Dellinger Web system. And guess how the story goes on…

You got it: adidas decideed to bring this new-old City Marathon PT into production in three different (might one say OG here?) colorways dedicated to three city marathons.

Whether the story is true to the facts or just another urban legend, the outcome is real and satisfying.

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Best Running Sneakers from the 70s

Le top-qualcosa sono un esercizio divertente: dal Nick Hornby di Alta Fedeltà in giù, c’è sempre un buon motivo per compilare una lista del “meglio di”. Le possibilità sono infinite, e il valore di queste liste rimane sempre relativo: cosa sta fuori e cosa dentro, è certo una questione di gusti personali, di contesto. Eppure la lista in sé sembra dare maggior valore agli oggetti di cui è composta, e ci rassicura proprio perché capace di mettere dei limiti a un catalogo che parrebbe infinito. E non c’è esempio più calzante di catalogo infinito di prodotti, che il mondo sneakers: centinaia di migliaia di modelli si sono affacciati sul mercato nell’ultimo secolo, e perfino noi - che sappiamo tutto - ne abbiamo visti solo una piccola parte. Così, per mettere in ordine le cose e forse per rassicurare anche il nostro animo di collezionisti, abbiamo deciso di iniziare a compilare liste di scarpe che consideriamo importanti. Il criterio di selezione è divisione è assolutamente arbitrario, ma del resto, questo accade per ogni lista. No? Iniziamo con una lista cruciale: le migliori running sneakers degli anni Settanta. In questo periodo infatti si assiste a una vera e propria rivoluzione copernicana nel mondo delle scarpe sportive: mentre si afferma sempre di più l’idea che gli atleti possano migliorare le loro performance anche grazie all’equipaggiamento giusto, nascono le prime scarpe che davvero possiamo considerare “tecniche” in senso moderno, grazie a nuovi metodi di produzione industriale e alle visioni di designer capaci di guardare verso il futuro. Ecco i nomi della lista.

The top-what rankings are an amusing exercise: from Nick Hornby’s High Fidelity down, there’s always a good reason to compile a best-of list.

There are infinite potential decisions to make, and the usefulness of these rankings is always relative – for of course what they include or leave out is as much a matter of personal taste as a matter of context. Yet a list bestows more value on the items that are included, and it reassures us to the extent that it places a limit to a serial catalogue that might otherwise become infinite. There isn’t perhaps a more fit example than our beloved sneaker world – hundreds of thousand models have made their appearance over the past century and even we – who know almost everything – have known only a small part of them. So with a view to putting some things in order and reassuring ourselves we decided to start to compile some lists of shoes that we deem important. The selection criteria will be clearly arbitrary but that’s what any list ultimately does, isn’t it?

Let’s begin with a crucial list: the best running sneakers of the Sixties. This because during that decade a true Copernican revolution took place in the context of sport shoes – the idea that the athletes could improve their performance by using the right equipment becomes widespread, and the first shoe that we can properly call technical in a modern sense makes its appearance, also thanks to new methods of industrial production and to the insights of clever designers that are capable of looking ahead. Here’s the list’s names.

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ONITSUKA TIGER MARATHON,

NIKE ASTROGRABBER,

1968-69

1974-75

ETONIC STREET FIGHTER,

NIKE WAFFLE RACER,

1976

1977

MADE IN JAPAN,

MADE IN usa,

MADE IN JAPAN,

MADE IN USA,

NEW BALANCE 355,

NIKE LDV,

1977

1977-78

MADE IN USA,

ADIDAS FORMEL 1,

MADE IN WEST GERMANY,

1978

ADIDAS TRX,

MADE IN WEST GERMANY,

1979-80

MADE IN USA,

BROOKS 430, MADE IN USA,

1978

NIKE BERMUDA,

MADE IN USA,

1979 -80 Sneakersmagazine

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ASICS

GT-II

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C’è tanta tradizione running in casa Asics: l’azienda giapponese è da sempre legata a doppio filo alla corsa, e in questo settore ha ottenuto i successi maggiori della sua storia, soprattutto dopo l’introduzione della tecnologia Gel a metà degli anni Ottanta. Proprio al 1986 risale il lancio delle GT-II, prime sneakers sulle quali era stata implementata l’idea di cuscinetti di silicone inseriti all’interno dell’intersuola, per migliorare l’assorbimento degli impatti sul terreno. Un’idea ancora valida oggi, tant’è vero che i runner continuano a usare le Asics GT-II per la loro attività sportiva, a quasi trent’anni di distanza.

Per l’autunno/inverno 2013 Asics ha regalato agli appassionati una serie di remake delle GT-II, con tiratura e distribuzione limitata a una rete di boutique specializzate, come a sottolineare lo status di chicca per appassionati raggiunto da questo modello-icona. Una buona alternativa all’altro classico di casa, le Gel Lyte III, di cui ormai anche i collezionisti sembrano essere sazi.

There is much running tradition in the brand Asics – the Japanese company has always been tied to running and in this sector obtained the best successes in its history, especially after the introduction of Gel technology in the mid Eighties.

Indeed the year 1986 marks the launch of the GT-II, the first sneaker which incorporated the concept of silicon pads inserted into the midsole with a view to improving the absorption of the energy released by the foot’s impact on the ground. A still practical idea – as confirmed by the fact that runners are still using the Asics GT-II for their sport activities, almost thirty years after that launch.

For the fall-winter 2013 Asics donated to the fans a series of remakes of the GT-II released in limited editions that were distributed to a specialized network of boutiques – with the intention of emphasizing the jewel-for-fans status of this icon model. A good alternative to another classic released by Asics, the Gel Lyte III, which seems to have sated even the collectors.

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COLMAR FOOTWEAR Dopo l’anteprima pubblicata qualche mese fa, ecco arrivare la collezione: suede, pelle e gomma nella loro splendida concretezza. Sneakers a marchio Colmar, certo una faccenda interessante per noi vecchi appassionati, che consideriamo importante sopra ogni altra cosa la storia e le radici di un marchio, e siamo alla continua ricerca di un’autenticità sempre più difficile da trovare.

La storia di Colmar è storia dello sport italiano: nata a Monza nel 1923 per volontà del patriarca di casa, Mario Colombo, iniziò con la produzione di cappelli in feltro e ghette, per specializzarsi poi nel secondo dopoguerra nel settore degli sport invernali. In seguito divenne simbolo di quarant’anni di sci azzurro, compresi un periodo d’oro mai più tornato (purtroppo): quello della Valanga Azzurra di Gros e Thöni.

Non c’è da stupirsi, se la linea di abbigliamento Originals proposta negli ultimi anni dal brand è stata un grande successo anche oltre le piste da sci, conquistando le strade delle nostre città grazie a cappotti e piumini prodotti grazie a un know-how stilistico e tecnico affinato in novant’anni di storia.

After the preview we published some months ago, here’s the collection – suede, leather and rubber in their wonderful concreteness. A pair of sneakers by Colmar is something of a certainty for old enthusiasts like us – for we always give a tremendous importance to the history and roots of a brand, being always in search of genuine things that nowadays are becoming ever more difficult to find out.

The history of Colmar belongs in the history of Italian sport; born in Monza in 1923 from an idea of the patriarch, Mario Colombo, the company began to deal with felt hats and spats and it was not until the second World war that it started specializing in the winter sport sector. Subsequently it became the symbol of forty years of Italian national ski teams, a stretch of time including a golden age never come back (unfortunately): that of the “Valanga Azzurra” of Gros and Thöeni.

No surprise then if the line of clothing Originals proposed in the last few years was a great success even outside the ski runs, flooding our towns with overcoats and padded jackets thanks to a stylistic and technical know-how honed in ninety years of history.

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COLMAR FOOTWEAR

Ora, Colmar può finalmente vestire una nuova generazione di appassionati dalla testa ai piedi grazie all’introduzione della collezione Colmar Footwear, realizzata in collaborazione con un’altra azienda lombarda, la Wage Italia srl, già forte dell’esperienza accumulata come licenziatario del marchio Drunknmunky e attualmente responsabile del progetto Colmar Originals Footwear.

In queste pagine vi presentiamo alcuni modelli Colmar Footwear in distribuzione per la stagione autunno-inverno 2013, tutti con il marchio Originals in bella vista e tutti parte delle linee 2.0 e 3.0 del catalogo: Renton, mid-top in ecopelle con dettagli in pelle scamosciata e interni in tessuto traspirante (disponibili in versione maschile e femminile); Travis, running classiche dalla linea sfuggente; Coleman e Grady, entrambe con tomaia in pelle e rinforzi in suede. Nella versione femminile le Grady arriveranno sugli scaffali in una speciale declinazione animalier: tutte in pelle di prima qualità, sfoggiano sulla tomaia inserti di tessuto stampato Made in Japan.

Presto le vedremo in giro, e siamo pronti a scommettere sul successo di questa proposta 100% italiana.

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Now Colmar can seduce and satisfy a new generation of fans by releasing the collection Colmar Footwear, realized in collaboration with another company from Lombardy, the Wage Italia srl, already experienced as a licensee of the brand Drunknmunky and now in charge of the project Colmar Originals Footwear.

In these pages we show some models by Colmar Footwear that are distributed for the fall-winter season 2013, all exhibiting the brand Originals and all belonging with the lines 2.0 and 3.0 of the catalogue: Renton, a mid-top in eco-leather with details in chamois leather and perspiring lining (available in both male and female versions), Travis, running from the classic receding line; Coleman and Grady, both with leather upper and suede reinforcements. In the female version Grady arrive on shelves in a special animalier declination: all leather of first quality, feature on the upper inserts printed fabric Made in Japan.

We will soon see these shoes around, and we are ready to bet on the success of this entirely Italian proposal.

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PUMA Trent’anni e non sentirli. La tecnologia Trinomic è nata nei laboratori ricerca e sviluppo di Puma ormai più di trent’anni fa: era il periodo dell’esplosione del running di massa, soprattutto nella forma del cosiddetto jogging, che altro non è che corsa lenta. Con Trinomic viene prodotta alla fine degli anni Ottanta una prima collezione chiamata Natural Running, caratterizzata dal simbolo dell’esagono: era proprio un sistema di piccoli esagoni incorporati nella suola, simili alle celle dei nidi d’ape e realizzati in materiale plastico, a permettere un migliore ritorno dell’energia cinetica, che faceva letteralmente rimbalzare le scarpe durante la rullata sul terreno. Il successo è immediato, tanto che nel 1990 la casa di Herzogenaurach produce nuovi e ancora più evoluti modelli con tecnologia Trinomic, tra cui la mitica serie XT Plus.

Proprio di quella serie fanno parte le Trinomic XT2 Plus, che Puma ripropone quest’anno in un remake a edizione limitata, in tutto e per tutto identico all’originale. Si tratta di training sneakers neutre prodotte per la prima volta nel 1991, e caratterizzate da suola ammortizzante e flessibile, soletta interna a cuscinetto, sistema di allacciatura integrato, tallone rinforzato per una maggiore stabilità e tomaia in mesh e suede con una speciale colorazione glacier gray–fluo yellow–puma white tipicamente Anni Novanta. Gli inserti fluorescenti Visible Technology, infine, migliorano la visibilità nelle ore notturne. Ma il particolare che ha reso le Trinomic XT2 Plus molto amate dagli appassionati è la suola trasparente, che lascia intravedere la struttura ammortizzante ad esagoni.

“La tecnologia Trinomic e i prodotti che la utilizzavano hanno contribuito in maniera significativa a portare il running in strada negli anni Novanta” ha dichiarato Ron Perkins, Senior Footwear Designer for Lifestyle di Puma “La XT2 Trinomic ha qualcosa di unico ed autentico rispetto ai modelli di calzature hyper-running di oggi.” Ecco, autenticità è la parola chiave: era tempo che non vedevamo un remake così ben fatto, complimenti ai designer del brand tedesco.

Le Puma Trinomic XT2 Plus sono in vendita in Italia da Par 5 a Milano, Back Door a Bologna, Undici a Sassuolo, Sneakers 76 a Taranto, Suede Store a Roma. Online, sul sito unotre.com 54

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TRINOMIC XT2 PLUS Being thirty-year-old but feeling younger. Trinomic technology was born in Puma’s research and development laboratories more than thirty years ago – it was the time of the explosion of mass running, mainly in the form of so-called jogging, which means nothing other than slow running. Along with Trinomic a first collection called Natural Running was released toward the end of the Eighties, being characterized by the symbol of hexagon – indeed it was a system of small hexagons embedded into the sole, reminiscent of the cells of honeycombs but realized in plastic material, to enable a better recovery of kinetic energy, which caused the shoes bounce back during the rolling on the ground. It was an immediate success, so much so that in 1990 the company from Herzogenaurach produced new and more evolved models with Trinomic technology, among which the mythic series XT Plus.

The Trinomic XT2 Plus belongs exactly in that series, so Puma this year rereleases it in the form of a limited-edition remake, quite completely identical to the original. A pair of sneakers first produced in 1991 and characterized by high-damping and flexible sole, padded insole, integrated lacing system, reinforced heel to grant high stability and upper in mesh and suede with a special coloring: glacier gray-fluo yellow-puma white in pure Nineties style. Last not least, the fluorescent inserts by Visible Technology improve visibility during night hours. But the detail which rendered the Trinomic XT2 Plus much desired by the fans is the transparent sole, which allows you to see the hexagon damping structure.

‘Trinomic technology and the products that would exploit it contributed to a great extent to bring on the street the practice of running during the Nineties’, said Ron Perkins, Puma’s Senior Footwear Designer for Lifestyle. ‘The XT2 Trinomic has something unique and authentic with it compared to nowadays’ hyper-running shoes models’. Here the key word is authenticity – for some time we haven’t been seeing such a well done remake: congratulations to the German company’s designers!

The Puma Trinomic XT2 Plus is available at Par 5 in Milan, at Back Door in Bologna, at Undici in Sassuolo, at Sneakers 76 in Taranto, at Suede Store in Roma. Or online, at unotre.com

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AUSTRALIAN

AU 532 & 530 Marchio italiano noto soprattutto per l’abbigliamento da tennis, Australian sponsorizza ormai da un pezzo entrambe le nazionali della racchetta italiane, anche se nel corso degli anni è stato adottato anche da subculture giovanili che con lo sport hanno poco o niente da fare (tipo la rave culture inglese degli anni Novanta, giusto per fare un esempio). Le AU 532 e 530 che vi presentiamo in queste pagine - mid-top caratterizzate da tomaie in pelle o suede che appaiono perfette per la stagione invernale in arrivo - in effetti sembrerebbero più a loro agio sulle strade cittadine che non sui campi da tennis: scommettiamo che saranno presto adottate da chi ama il look casual.

Si tratta in fondo di un altro segnale del cambiamento dei tempi: tanti anni sono passati da quando Leardo Gabrielli, abbagliato dalla passione per i grandi tennisti australiani della sua epoca (anni Cinquanta), primo tra tutti il grandissimo Rod Laver, fondò la sua azienda calzaturiera in Lombardia. Dopo anni di successo sui campi, il brand, grazie al lavoro svolto con dedizione e cura dei particolari da Sport Up, distributore ufficiale, continua a produrre modelli di altissima qualità, destinati anche a chi frequenta poco gli sport con la racchetta.

An Italian brand mostly famous for tennis clothing, Australian sponsors since long both national Italian teams of tennis, although as a symbol it was borrowed over the years by young subcultures that have little or nothing to do with sport (like the English rave culture during the Nineties, to mention only an example). Indeed the AU 532 and 530 that we present in these pages – two mid-top shoes characterized by leather or suede upper which should be perfect to face the upcoming winter season – would seem to be more fit to some urban streets than a tennis field; let’s bet they will be soon taken in by those who love casual look.

After all that’s another symptom of how things are changing; so many years has passed since Leardo Gabrielli, dazzled by the passion for the great Australian tennis players of his time (the Fifties), and first of all the great Rod Laver, founded his shoes company in Lombardy. After years of success on the fields, the brand, thanks to the work with dedication and attention to detail by SPORT UP, the official distributor, continues to produce models of the highest quality, with a view to seducing even those who don’t patronize very much the racket sports.

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CONCEPTS x NEW BALANCE

998 ‘C-NOTE’

L’8 ottobre 2013 il governo americano ha messo in circolazione una nuova versione delle banconote da 100 dollari, i cosiddetti “Benjamins” – ovviamente a causa del faccione di Benjamin Franklin che vi si trova stampato sopra. Già da fine settembre invece, sono arrivate sugli scaffali di pochi e selezionati rivenditori le New Balance 998 che portano i colori dei centoni statunitensi: un’idea dei creativi della boutique americana Concepts, che però non hanno potuto portarla fino alle estreme conseguenze.

Sarebbe stato certo divertente vedere un paio di 998 fatto solo di fibre di lino e cotone, come la carta usata per stampare le banconote negli Stati Uniti (nella misura di circa 38 milioni ogni giorno), ma probabilmente si sarebbe trattato delle running shoes meno resistenti della storia: meglio rimanere su classici come gomma, suede e mesh...

On October 8 2013 the American government issued a new version of the 100 dollars banknotes, which are called Benjamins because of the face of Benjamin Franklin that is printed on them. By the end of September, on the other hand, the shelves of a few and selected resellers were invaded by the New Balance 998 that bears the colors of the aforementioned US $ 100 bill – a concoction by the creative guys from the American boutique Concepts, who didn’t want to go so far as to break all the limits: it would have been fun to see a pair of 998 made solely of flax and cotton fibers, like the paper which is used to coin the US banknotes (in the number of about 38 millions every day), but most likely it would have been creating the least resistant running shoe in the history; better to confine oneself on such classic materials as rubber, suede, and mesh.

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VANS VAULT

TH COURT HI LX ‘PARADISE’ Sono davvero piene di particolari che fanno la differenza, le ultime sneakers disegnate da Taka Hayashi per la linea Vans Vault. Certo, la stampa floreale non sembra molto adatta alla stagione fredda che si avvicina, ma potrebbe costituire un’interessanta macchia di colore capace di cambiare qualsiasi look invernale. Fiori e teschi arrivano direttamente dalla classica estetica skate degli anni Novanta, ma Hayashi aggiunge il suo tocco personale grazie a elementi che richiamano la cultura dei nativi americani, come la toppa di pelle cucita sul lato della caviglia (à la Converse Chuck Taylor). Il risultato è molto convincente, anche grazie alla qualità costruttiva e dei materiali, come sempre quando si parla della linea premium del brand fondato dalla famiglia Van Doren.

The latest sneakers designed by Taka Hayashi for the Vans Vault line are full with details that make the difference. Perhaps the floral print might seem to be ill-suited to the upcoming cold season, but it might provide an interesting hint of color that may be capable of embellishing whatever winter look. Flowers and skulls come directly from the classic skate esthetics that was raging during the Nineties, but Hayashi crowns it all with his personal touch and puts elements which refer to the native American culture, such as the leather patch sewn on the ankle’s side (à la Converse Chuck Taylor). The result is quite convincing, also thanks to the construction and materials quality, which is exactly what one would expect from the premium line of the Van Doren brand.

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CONVERSE

PRO LEATHER Tra le prime “signature shoes” della storia, le Pro Leather furono dedicate nel 1976 da Converse al grande Julius “Dr.J” Erwing, geniale ala piccola capace di condurre i suoi Philadelphia 76ers al terzo―e finora ultimo, nonostante Iverson―titolo NBA nel 1983. La popolarità delle Pro Leather non si è fermata insieme alla carriera di Erwing: ancora oggi rimangono tra i modelli più venduti di casa Converse. Come a ogni stagione la casa americana sforna nuove idee capaci di mantenere sempre fresco e contemporaneo il look di questa icona immarcescibile. Così quest’anno il modello si tinge di nuove grafiche e colori dettati dalle ultime tendenze, e arricchisce il suo profilo pulito di un dettaglio che la rende più fashion, ma anche più comoda: la zip laterale.

Among the early signature shoes in the history of sneakers, in 1976 the Pro Leather was dedicated by Converse to the great Julius “Dr. J” Erwing, capable of bringing his Philadelphia 76ers to the third (and so far last – notwithstanding Iverson) NBA title in 1983. The popularity of the Pro Leather didn’t fade with Erwing’s career – nowadays that’s one of the most sold model in the Converse catalogue. Every year the American brand churn out new ideas to keep the look of this imperishable icon fresh and modern. This year the leather upper has been covered by new, up-to-date colors and prints, and a new detail has been added: the side zip adds a fashion touch and makes easier to slip your feet in.

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CONVERSE

CHUCK TAYLOR, PRO LEATHER & PLATFORM ‘ANIMALIER’ Converse propone per l’autunno/inverno 2013/2014 nuove versioni dei suoi modelli storici all’interno della linea limited, d’ispirazione animalier. Maculati e pellicce sono mixate ad uno stile rock aggressivo, rendendo così più fashion Chuck Taylor, Pro Leather e Platform. Queste ultime sono le Chuck Taylor All Star con la suola più spessa che abbiate mai visto: un classico del basket americano, ormai quasi centenario e adottato da qualsiasi subcultura giovanile dell’ultimo secolo, che viene rivisitato aggiungendo un massiccio plateau in gomma.

Tutti i modelli sono frutto del lavoro, quasi artistico, di esperti artigiani: ogni singolo paio è lavorato manualmente, e questa volta l’uso dell’aggettivo “limited” è davvero azzeccato.

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Converse introduces new versions of his iconic models for the fall/winter 2013/2014 season, in a limited collection all covered in animalier prints mixed with an aggressive, rock look: Chuck Taylor, Pro Leather and Platforms are now more fashion-looking than ever.

The Platforms are the Chuck Taylor All Star with the thickest sole you ever saw: a classic of American basketball, by now an almost hundredyear-old model, which was endorsed by a great many young subcultures of the past century, gets now revisited by adding a massive rubber plateau. Every model is hand-finished by expert italian artisans, so this time the use of the word “limited� is really right.

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LE COQ SPORTIF

ECLAT 89

Strano a dirsi, le Eclat 89 sono state proposte per la prima volta nel 1985. Al di là dei discorsi filologici, però, questo remake proposto da Le Coq Sportif per la stagione in corso appare davvero notevole. Le caratteristiche tecniche e costruttive sono infatti fedeli a quelle che hanno reso l’originale un modello molto amato dai runner a metà degli Ottanta: la suola spessa è sormontata da un rinforzo con scritta stampata “Le Coq Sportif” sul tallone, e l’allacciatura è facilitata da occhielli in plastica a contrasto.

La tomaia è in mesh strutturato, con base rinforzata da inserti in pelle scamosciata e da una sezione in cuoio martellato. Il logo “Practice” sulla striscia in tessuto completa il look.

Oddly enough, the Eclat 89 was first released in 1985. Beside such philological concerns, however, this remake proposed by Le Coq Sportif for the current season is really remarkable. The technical and constructive features are a faithful translation of those traits which in the mid Eighties rendered the original model so much beloved by all runners: the thick sole is covered by a reinforcement bearing the printed inscription “Le Coq Sportif” over the heel, and the lacing is made easier by contrasting lace-holes made in plastic. The upper is in structured mesh, and the basis is reinforced by chamois leather inserts and by a section in hammered leather. The Practice logo on the tissue stripe crown it all.

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focus skate

NIKE SB PROJECT BA Vent’anni di esperienza, su e giù dalla tavola: Brian Anderson è uno dei pro skater più rispettati d’America. Nel corso del tempo, Brian è riuscito a espandere la sua attività in molte direzioni, senza mai perdere la rotta e rimanendo sempre fedele alle sue radici. Da qualche tempo a questa parte ha iniziato una collaborazione con la divisione Nike SB, con l’obbiettivo preciso di realizzare una nuova skate shoe capace di rappresentare un nuovo punto di partenza per il settore: scarpe create da uno skater per gli skater, con il non indifferente vantaggio di poter contare su tutto il know-how tecnologico e produttivo della casa di Beaverton.

Il risultato? Sneakers che appaiono rivoluzionarie.

Nike ha costruito il suo successo sulle scarpe da running, tra la fine dei Settanta e gli anni Ottanta, e anche se in seguito ha consolidato il suo primato aggredendo altri settori di mercato, la corsa rimane al centro dei pensieri dei designer dello Swoosh. Per la prima volta, però, un elemento di design tipicamente running viene applicato alla silhouette di un paio di scarpe da skate: la punta delle Nike SB Project BA è infatti leggermente all’insù, proprio come in tutte le running sneakers che si rispettino. Secondo Brian Anderson questo accorgimento molto semplice può cambiare la vita di uno skater: una forma del genere aiuterebbe tremendamente nell’esecuzio ne di flip tricks. Se lo dice lui, c’è da credergli.

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focus skate

A twenty-year-old experience, up and down the board – Brian Anderson is one of the more renowned skaters in the Us. Over time Brian managed to expand his activity in many directions, while never losing his course and remaining faithful to his roots.

For some time by now he’s started a collaboration with the Nike SB division with a view to realizing a new skate shoe that could be capable of representing a new starting point for the sector – shoes created by a skater for other skaters, with the benefit represented by being in a position to rely on the technological and productive know-how of the company from Beaverton.

The outcome? Sneakers with a revolutionary look.

Between the late Seventies and the Eighties Nike has based its success on the running shoes and even if its supremacy was subsequently established by attacking other market sectors, running is still at center stage in the minds of the Swoosh designers. That’s the first time, however, in which a piece of design typically running gets applied to the silhouette of a pair of skate shoes – indeed the tip of Nike SB Project BA looks slightly upwards, just like any other running sneakers worth the name.

According to Brian Anderson this very simple invention might improve a skater’s life – such a shape would be of incredible help in the execution of flip tricks. And if he said so, we can only trust him.

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NIKE SB PROJECT BA

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ADIDAS SKATEBOARDING

BUSENITZ ADV

aIT: dietro questa sigla si nasconde l’Adidas Innovation Team, gruppo di lavoro dedicato alla progettazione di nuove soluzioni tecnologiche che riescano a fare evolvere i modelli della casa tedesca. Lavorando sulle Busenitz della linea adidas Skateboarding, l’Innovation Team le ha portate un passo più avanti: le Busenitz ADV sono caratterizzate dalla presenza di Nano Heel Cushioning nell’intersuola, piccoli cilindri elastici che aiutano a dissipare l’energia dell’impatto del piede sul terreno, aumentando di conseguenza ammortizzazione e comfort. Altri accorgimenti tecnici - come il particolare disegno della suola (Vector traction, lo chiamano) destinato ad aumentare il grip, o la presenza di sacche imbottite in schiuma che proteggono il piede (Geofit Collar) - completano il quadro di sneakers che uniscono stile e contenuto tecnologico, al servizio di chi skatea. aIT – what this abbreviation refers to is the adidas Innovation Team, a team work whose mission is designing new technological solutions that could help evolve the models produced by the German brand.

Working on the Busenitz of the adidas Skateboarding line, the Innovation Team brought that model a step beyond – so now the Busenitz ADV is characterized by the presence of Nano Heel Cushioning in the midsole, small elastic cylinders that help dissipate the energy produced when the foot hits the ground, thus increasing both comfort and damping power. Other technical devices – such as the special design of the sole (Vector traction, as they call it) whose function is to augment the grip, or the few foam-stuffed bags that protect the foot (called Geofit Collar) – crown this sneakers that combine style together with technological content – for the satisfaction of those who love skating.

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DVS

VAPOR Il marchio DVS ha ormai una storia lunga alle spalle: fondato in California nel 1995, nel pieno della febbre skate degli anni Novanta, ha macinato successi per il decennio successivo, fino allo stop brusco avvenuto nel 2012, quando la compagnia ha dichiarato bancarotta. Ma il marchio non è rimasto a prendere polvere: immediatamente rilevato dal colosso americano Subsequential Brands Group, è rimasto operativo e oggi sta andando incontro a una notevole fase di rilancio. Non si tratta solo di stile, ma anche di ricerca e sviluppo: gli ultimi modelli mandati in produzione sono tecnologicamente all’avanguardia.

Prendiamo un classico di casa come le Vapor: nell’intersuola contengono VaporCell, uno dei più efficaci sistemi di ammortizzazione che abbiamo visto negli ultimi anni, in grado di triplicare la capacità di assorbimento degli impatti rispetto ai passati modelli DVS, già noti per il comfort ma considerati non all’altezza per quanto riguarda il board feel. Nel caso delle Vapor, invece, la sensibilità del piede sulla tavola cade esattamente nel giusto mezzo che ogni skater ricerca: non troppa, a discapito della protezione, né troppo poca.

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The DVS brand has by now a long-lived history. Founded in 1995 in California, during the skate fever of the Nineties, it collected a number of successes for the subsequent decade, until the harsh stop experienced in 2012 when the company went bankrupt. But the brand didn’t rest abandoned – it was immediately acquired by the American giant Subsequential Brands Group, which remained operative for long, and today is living a remarkable rebirth. It isn’t just about style, but also about research and development – the latest models which were brought into production were technologically in the forefront.

Take a classic model like the Vapor – the midsole contains VaporCell, one of the most efficient damping systems we saw for the last few years – capable of tripling the capacity to absorb energy when hitting the ground compared to the older DVS models, already famous for their comfort but not so up to the task when it comes to the board feel. In the case of Vapor, on the other hand, the sensitivity of the foot on the board meets exactly the middle position that any skater seeks for – neither too much (to the detriment of protection) nor too little.

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Vintage&Deadstock Sneakers

Crate-diggin’: un termine nato nel mondo del collezionismo di dischi, ma che può tornare utile anche per le sneakers.

Certo, noi non scaviamo dentro le scatole di cartone nei mercatini, ma più spesso tra siti internet, vecchi negozi di provincia e rivenditori specializzati. Così ogni giorno incontriamo modelli vintage sconosciuti, e soprattutto tante storie che vale la pena di raccontare: ad esempio quella di Robert Haillet, grande tennista in attività tra i Cinquanta e i Sessanta che purtroppo mai riuscì a lasciare il segno nella storia del suo sport. In compenso, fu al centro di una curiosa vicenda di sneakers: a lui infatti adidas dedicò un modello di successo, tra i primi “firmati” della storia della casa tedesca. La popolarità raggiunta da quelle scarpe, eleganti ed essenziali, convinse il marchio del Trifoglio a non farlo uscire di produzione quando Haillet si ritirò, ma a “passarlo” a un altro atleta della racchetta, il signor Stan Smith. Il resto, come si dice, è storia: tutti hanno dimenticato Robert Haillet e le Stan Smith-prima-di-Stan Smith. Noi oggi ve le mostriamo da pagina 92, rendendo giustizia a un uomo e a un modello di importanza cruciale nell’evoluzione delle scarpe sportive.

Altra storia, altre sneakers: parliamo delle Asics GN 05 dedicate a Douglas Wakiihuri, grande runner africano degli anni Ottanta, noto anche per lo stile. Per sapere perché, meglio andare a pagina 86.

Nel nostro scavare, abbiamo incontrato anche classici di colossi americani come Nike New Balance, entrambi questo mese in doppia razione. Godetevi le basket Magnum Force e Penetrator (da pagina 78 a pagina 85), oppure iniziate da M999 e M616 (da pagina 88 a pagina 91), a seconda dei gusti.

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Crate-diggin’ – a phrase taken from the world of vinyl-disc collecting may prove insightful when it comes to sneakers. Sure enough, we don’t go about digging all the boxes in district markets, we’d rather apply this technique on the internet websites, old provincial shops, and specialized resellers. So we run every day into some unknown vintage models and through this into so many stories that are worth telling – for example, the story of Robert Haillet, a great tennis player in action between the Fifties and Sixties who unfortunately didn’t left any trace in the history of tennis.

At least he was protagonist of an amazing sneaker episode: adidas had dedicated to him a successful model, among the first signed models the company ever released. Now when Haillet retired the popularity enjoyed by this elegant and minimal model led the Trefoil brand to keep it into production and commit it to another tennis player, mister Stan Smith. What happened afterwards is sneaker history (as they say): Robert Haillet sunk into oblivion dragging with him the Stan-Smith-before-Stan-Smith. We excavated this gem on page 92 with a view to do justice to both the man and a model that played such a central role in the evolution of sport shoes.

Another story, another model – we’re talking about the Asics GN 05 dedicated to Douglas Wakiihuri, a great African runner during the Eighties, well known for his style. To learn why, just go to page 86.

In the digging process we also met some classics released by American giants like Nike and New Balance, both supplied in double dose. Enjoy the basket Magnum Force and the Penetrator (from page 78 to 85) or start with the M999 and the M616 (from page 88 to 91) according to your mood.

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NIKE

PENETRATOR

Made in Korea, 1983

Al di là delle immancabili battute sul nome (continuano a circolare, tra i vecchi sneakerhead) le Penetrator sono senza dubbio tra le sneakers più interessanti dei primi anni Ottanta, non a caso rimaste in catalogo per un intero lustro, in un periodo in cui i modelli basket andavano e venivano nello spazio di una stagione. Nel 1983 e nel 1984 la produzione veniva portata a termine negli stabilimenti coreani del marchio di Beaverton, fatto che garantiva una notevole qualità costruttiva: ecco perché oggi sono soprattutto le Penetrator di quel periodo a essere molto ricercate, dopo anni in cui erano poco considerate dai collezionisti (fino al 2010 nei mercatini giapponesi di Shibuya e Harajuku si potevano trovare per l’equivalente di poco più di cento dollari, oggi servono cifre ben più consistenti).

Dal punto di vista strettamente tecnico, le Penetrator erano un’evoluzione delle storiche Nike Blazer, che come molte altre sneakers da basket della generazione dei Settanta stavano lasciando il posto a modelli più evoluti come Nike Air Force, Nike Legend, Nike Fortress e Nike Recognition.

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The Penetrator – notwithstanding the inevitabile jokes inspired by its name (and they are pretty sharp among sneakerheads) – is by all means among the most interesting sneakers of the early Eighties, and it’s no coincidence that it remained in the catalogue a half-dozen years, in a moment when the basket models would come and go within a single season. In 1983 and 1984 the production was completed in the Korean factories of the brand from Beaverton, and this would ensure a remarkable quality of construction – this is why today the most sought after model is the Penetrator dating back from that epoch, after being barely noticed by collectors for some time (until 2010 in the Japanese markets of shibuya and Harajuku one could find a pair for the equivalent of a hundred bucks but today one needs to spend more more to have it).

From a strictly technical perspective, the Penetrator was an evolution of the historic Nike Blazer, which (like many other basket sneakers from the Seventies generation) were being substituted by more evolved models like the Nike Air Force, the Nike Legend, the Nike Fortress and the Nike Recognition.

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Nike

Magnum Force

Made in Korea, 1992-93

Vero, non sono note e celebrate come le Air Jordan ____ (mettete pure voi un numero romano qualsiasi, da I a VIII almeno), le Air Flight o le 180 indossate dal grande Charles Barkley. Forse perché le Magnum Force non sono legate ad alcun nome storico dell’NBA. Però basta uno sguardo per innamorarsene. Le ricordiamo con nostalgia anche nel nostro paese, sempre presenti nelle vetrine dei negozi sportivi specializzati nel settore basket, durante tutta la prima metà degli anni Novanta. Ci sono sempre piaciute.

Una decina di anni fa erano sicuramente tra i modelli meno ricercati, tanto che le quotazioni di un paio deadstock non superavano i sessanta dollari. Oggi invece se ne trovate un paio in buone condizioni potete sperare di venderle anche per quattrocento: tutte le Nike coeve hanno raggiunto quotazioni ragguardevoli, forse perché molti collezionisti nati negli anni Ottanta le ricordano come primi amori...

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We have to admit that the Air Flight (or the 180 used by the great Charles Barkley) isn’t so famous nor so admired as is the Air Jordan____ (add your favorite Roman numeral from I to VIII). This may be due to the fact that the Magnum Force isn’t associated to any historical name of the NBA. Yet you simply need to take a look to fall in love with it. In Italy too this model inspires fits of nostalgia, since over the first half of Nineties you could always spot a pair in the windows of some sport shop specialized in basketball. And we always loved it. A decade ago it was by all means among the less sought after models, so much so that the quotations of a deadstock pair wouldn’t reach 60 bucks. Today if you find a pair in good repair you may even hope you’ll be able to sell it for four hundred bucks – all coeval models by Nike reached astonishing prices, perhaps because many collectors that were born during the Eighties still see them as their first love.

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Nike Magnum Force

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ASICS

GN05 WAKIIHURI

Dieci anni di ricerca, e alla fine le abbiamo trovate: un paio di Asics da corsa, modello davvero super e capace di solleticare l’entusiasmo di ogni collezionista che si rispetti. Sono dedicate a Douglas Wakiihuri, corridore africano attivo tra gli anni Ottanta e i Novanta: nato a Mombasa, in Kenya, era specializzato nella corsa su lunghe distanze, e principalmente nella maratona. Campione del mondo nel 1987, vinse anche la maratona di Londra e quella di New York negli anni successivi. La sconfitta più inaspettata della sua carriera arrivò invece nel 1988 alle Olimpiadi di Seul, quando nella maratona olimpica della capitale coreana arrivò secondo dietro Gelindo Bordin. Tuttavia, quell’argento non ha scalfito il suo status di grande vincente della storia dell’atletica, noto anche per lo stile, visto che durante le gare indossava sempre un guanto bianco: non si trattava di un omaggio a Michael Jackson, che in quegli anni si stava guadgnando a suon di album multi-platino la qualifica di “king of pop”, ma semplicemente di un accessorio utile a detergere il sudore che gli rigava il viso durante quelle corse.

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Made in Korea, 1988

A ten-year-long search and in the end we found it: a pair of running Asics, a super model that will excite the hearts of all collectors deserving the name. It’s dedicated to Douglas Wakiihuri, an African runner in action between the Eighties and Nineties. Born in Mombasa, Kenya he soon specialized in long distance running and above all the marathon. A world champion in 1987 he also won the London marathon and the New York marathon the following years. The most unexpected defeat in his career arrived in 1988 during the Seoul Olympics, when he placed second (behind Gelindo Bordin) in the marathon disputed in the Korean capital.

That silver medal didn’t tarnish his status as great winner in the history of athletics – nor his fame as a man renowned for his style: this came from the fact that during the races he used to wear a white glove. It wasn’t however a homage to Michael Jackson, who during those very years was becoming the King of pop by dint of multi-platinum albums, but more simply of a practical accessory he used to wipe the sweat from his face during those tough races.

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NEW BALANCE

999

Sono senza dubbio uno dei modelli New Balance più interessanti tra quelli prodotti in un periodo d’oro per il design della casa americana, gli anni Novanta. Uscite per la prima volta proprio a metà di quel decennio magico, le 999 sono tornate sul mercato di recente: in grande spolvero, soprattutto grazie ai progetti collaborativi messi in piedi da New Balance insieme ad alcune delle più note realtà creative dell’universo sneakers.

Trovarne un paio d’epoca, deadstock, sembrava invece una missione impossibile, che siamo riusciti a compiere solo pochi mesi fa, per un colpo di fortuna. Il prezzo di queste sneakers vintage è già abbastanza alto, ma destinato a crescere visto che i remake potrebbero far conoscere questo modello a nuove generazioni di collezionisti.

In ogni caso, non facciamone solo una questione di denaro: è un piacere rivedere le 999 sugli scaffali, per diversi motivi. Il primo è senza dubbio il fatto che New Balance abbia deciso di continuare e produrle negli stabilimenti statunitensi, senza rinunciare alla qualità costruttiva per cui le 999 sono apprezzate da chi corre. E poi si tratta davvero di un modello capace di rivoluzionare il settore running, una ventina di anni fa: tra i primi ad implementare il sistema Abzorb, la costruzione dell’intersuola con all’interno schiuma ammortizzante, che tuttora troviamo nascosta all’interno di molti modelli New Balance.

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Made in usa, 1994

This is by all means one of the most interesting models which New Balance has produced during the Nineties, a golden epoch for the American company. First released around the middle of that magic decade, the 999 has recently come back on the market – and in full trim mainly thanks to the collaboration projects set up by New Balance with some of the best known creative realities of the sneaker universe. Finding a deadstock pair, on the other hand, seemed to be a mission impossible which we have accomplished just a few months ago – out of a lucky stroke. The price of these sneakers is already pretty high but it’s expected to rise up as the remakes might have the power to introduce this model to new generations of collectors. At any rate, it’s not merely a matter of monetary value – it’s rather a pleasure to see the 999 back on the shelves, and for two good reasons. The first is, by all means, that New Balance decided to keep the production in the American factories and thus to protect the constructive quality which renders the 999 much appreciated by runners over the world. Second, it’s really a model that some twenty years ago had its papers in oorder to radically transform the running sector – being among the early models which implemented the Abzorb system (the construction of the midsole incorporating damping foam), a solution still exploited by many models by New Balance.

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NEW BALANCE

616 HIKING BOOTS

Super rare queste New Balance da montagna di fine anni Ottanta: un colpo di fortuna ci ha permesso di aggiudicarcene un paio a buon prezzo, durante un’asta online. Si trattava della risposta della casa americana alla linea All Conditions Gear di Nike, un piccolo conflitto nel settore degli ibridi sneakers/ outdoor che stava crescendo in quegli anni, e che oggi è definitivamente esploso.

Davvero notevole la colorazione, ingannevole invece il codice 616, usato più volte da New Balance nel corso degli anni anche per modelli molto diversi tra loro. Ci chiediamo quale sia il motivo di questa scelta...

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Made in usa, 1988

This mountain New Balance dating back to the late Eighties is definitely a very rare model: only a lucky stroke allowed us to obtain a pair for a good price during an online auction sale. This model represented the American answer to the All Conditions Gear line

by Nike, a small competition within the hybrid sneaker/outdoor sector that was already on its way back then, and whose full explosion we observe today.

A really remarkable coloring, but a misleading use of the 616 code, that over the years New Balance has used several times – even for models that differ a lot from one another. We are still wondering why.

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ADIDAS

ROBERT HAILLET

Made in france, 1964

Interessante storia, quella delle adidas dedicate a Robert Haillet. A proposito, chi diavolo era Robert Haillet? Improbabile che coloro i quali soni meno che grandi esperti della storia del tennis se ne ricordino: giocatore francese di livello internazionale, Haillet non riuscì mai a lasciare la sua impronta sulla storia dello sport. Il suo miglior piazzamento consegnato agli annali è una semifinale al Roland Garros nel 1960, anno in cui fu battuto dal nostro Nicola Pietrangeli che si sarebbe poi aggiudicato il prestigioso torneo parigino.

Nonostante non si tratti di un campione di primissimo livello, Haillet è una figura a suo modo importante per la storia delle sneakers: a lui infatti fu dedicato da adidas uno dei primi modelli “firmati” dei Sessanta. E quando Haillet si ritirò dai campi nel 1971, la casa tedesca decise che quello stesso modello sarebbe stato dedicato a un nuovo giocatore, un americano che stava scalando le classifiche mondiali. Nacquero così le Stan Smith.

Ecco spiegato il motivo per cui le adidas Haillet sono oggi tanto ricercate dai collezionisti: anche usate, valgono intorno ai 500 euro e le rare aste online terminano sempre intorno a cifre che i profani considerano inspiegabili. Ad aumentare il prezzo c’è anche il fatto che si tratta di uno dei pochi modelli adidas di quel periodo prodotti in Francia: ai tempi, la casa tedesca aveva pochissimi stabilimenti al di fuori della Germania Ovest.

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ADIDAS ROBERT HAILLET An interesting story hinges on the adidas dedicated to Robert Haillet. By the way, who the hell was he? It’s unlikely that those who aren’t very well versed in the history of tennis could know the answer. An international-level French player, Haillet hasn’t managed to leave his mark in the annals of sport. The best placing he ever committed to memory is a semi-final in 1960 Roland Garros, the year in which he was beaten by Nicola Pietrangeli who would later win the prestigious Paris tournament. Although Haillet was never a top notch champion, he stands out in a peculiar way as an important figure in the history of sneakers: indeed one of the first adidas signature models of the Seventies was dedicated to him. And when Haillet retired from the fields in 1971 the German company decided that this same model should be dedicated to an emerging player, an American guy who was climbing the world rankings. This is how the Stan Smith was born. And this is also one reason why the adidas Haillet are so much wanted by all collectors – whether used or new, their worth floats around 500 Euro and the rare on-line auction sales tend always to reach prices that the laity might judge very hard to understand.

What concurs to raise the price so high is that this kick is among the few adidas models of that time that were produced in France; back then the German company possessed a very few factories outside West Germany.

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