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ALL GONE 2014 Best collabo 2014 SNEAKER MUSEUM KÖLN BY THE GOOD WILL OUT QUOTE’S ARCHIVE Asics tiger london launch Just for kicks air jordan in blu PATTA x CARHARTT WIP ALIFE x PUMA SUEDE & R698 BWGH x PUMA R698 & xt2 NEW YORK YANKEES footwear SUNYA LOW iza-boa PYTHON-BOA relic ASICS GEL LYTE V ‘PREMIUM SUEDE’ LACOSTE CARNABY EVO DC SHOES N2 TAKA HAYASHI x VANS VAULT TH COURT LO LX HOUSE OF VANS berlin NIKE FREE SB FLUFF MAGAZINE x NIKE SB 1826 BOOK
v i n ta g e & d e a d s to c k s n e a k e r s 93 96 100 102 104 106 108 2
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PACKER SHOES x ASICS GEL LYTE V DENHAM x CONVERSE JACK PURCELL ‘MONOCHROME’ MEEK MILL x PUMA SUEDE ‘24K WHITE GOLD’ KITH x ASICS GEL LYTE V ‘GRAND OPENING’ WHITE MOUNTAINEERING x VANS SLIP-ON BAIt x Adidas originals EQT RUNNING SUPPORT PACKER SHOES x DIADORA N9000 MITA SNEAKERS x ASICS GEL LYTE III “TRICO” UBIQ x ASICS GEL LYTE V SNEAKERSNSTUFF x ASICS GEL LYTE V & x ONITSUKA TIGER SHAW RUNNER LEVI’S x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL STAR BEAUTY & YOUTH x NEW BALANCE CTR300 JUST DON x AIR JORDAN II FOOTPATROL x NEW BALANCE 1500 ANDY WARHOL FOUNDATION x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL-STAR LA MJC x DIADORA N9000 ‘ALL GONE’
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editoriale editorial Un personaggio con il naso appuntito si guarda intorno sconsolato. Il suo fumetto dice: “Finito un anno, ne inizia un altro. Mai una novità.” Se risulta difficile dare torto alla filosofia spicciola di questa vignetta pubblicata da un noto mensile, noi - nel nostro piccolo - cerchiamo di andare controcorrente rispetto alla malinconia del tempo che passa, e proviamo a offrirvi qualche sorpresa a ogni numero. Anche in questo primo del 2015.
A man with a pointed nose looks around with a disconsolate expression. His balloon reads, “A year is gone, another comes. No news”. Although it’s hard to contradict the minimal philosophy of this cartoon published by a famous monthly magazine, we try (small as we are) to go against the common rhetoric of nostalgia and try to bring some surprise on any issue. And this first issue of 2015 is no exception.
Anche se il numero 65 arriva nelle vostre mani solo a febbraio, non rinunciamo a un piccolo recap dell’anno solare alle nostre spalle, chiuso ufficialmente - almeno per quel che riguarda il piccolo mondo sneakers e streetwear - dall’uscita di All Gone, maxi-catalogo in veste deluxe edito come ogni anno dall’agenzia parigina La MJC, legata a doppio filo alla celeberrima boutique Colette. Siamo stati alla presentazione del libro (guardate le immagini da pagina 38), naturalmente, ma soprattutto il nostro collector-in-chief (titolo che ci siamo appena inventati) ha avuto il piacere di ricevere un paio delle Diadora N9000 ultra-limited prodotte per l’occasione: ve le mostriamo a pagina 36. Noi, rispetto all’enormità di un progetto come All Gone, ci limitiamo a un riassunto molto più circoscritto: i cinque progetti collaborativi del 2014 che, a nostro avviso, hanno spostato un po’ più in là i confini di quello che si può fare per rinnovare il concetto stesso di sneakers senza tradirne storia e tradizione. Tutto l’articolo, con scelte e motivazioni, a partire da pagina 42.
Even though the number 65 is reaching you in February, we do not omit a small recap of the solar year behind us, which was officially culminated (so far as our sneaker and street-wear world is concerned) by the coming out of All Gone, a huge catalogue in deluxe version that is published every year by the Parisian agency La MJC – closely knit to the best known boutique Colette. We participated, needless to say, to the book presentation to the public (you can see the pictures on page 38). Much more importantly, our collector-in-chief (a title we are inventing on the spot) had the pleasure to receive a pair of ultra-limited Diadora N9000 produced for the occasion. We show it on page 36. When it comes to the content and weight of a project like All Gone, we just provided a sketchy summary: we described the five collaborative projects of 2014 that in our opinion moved the limits of what can be done to reinvent the notion of sneakers without betraying its history and tradition. The whole report, including preferences and their reasons, starts on page 42.
Ma questo è anche il tempo di pensare all’anno che verrà. Passata l’abbuffata di fiere di inizio anno, i grandi brand scaldano infatti i motori in attesa dell’arrivo della stagione estiva. Che promette molto bene, almeno a giudicare dalle anticipazioni che troverete da pagina 66 in poi. Apre Puma grazie alla collaborazione con i ragazzi di Brookyln We Go Hard - che a dispetto del nome, sono parigini al 100% - una collezione capsula che vede protagonisti i classici modelli Trinomic e intende rinverdire i fasti di quella dello scorso anno, apprezzatissima da collezionisti e appassionati. Subito dopo, ecco il nuovo modello di un marchio in grande ascesa (anche) in Italia, quello dedicato alla più nota squadra di baseball del mondo, i New York Yankees. Poi quattro pagine dedicate al marchio italiano Iza Boa, che dal Veneto parte alla conquista del segmento luxury sneakers, pur con un approccio assolutamente inedito: niente effetti speciali, solo sapienza artigianale, per un look understated che racchiude in sé l’essenza dell’autentica eleganza sportiva contemporanea. La stessa che ritroviamo - su scala ben più ampia, che possiamo facilmente definire globale - nelle proposte del marchio francese Lacoste, che per la primavera 2015 si rinnova con un ibrido inedito, descritto approfonditamente da pagina 76. E ancora, una ricca sezione skate, aperta dalle nuove proposte di un brand che rappresenta gli action sports urbani da più di vent’anni e non sembra affatto aver voglia di togliere il disturbo: DC Shoes presenta le N2 dedicate a Nijah Huston, noi vi presentiamo lui e loro a pagina 80. C’è molto altro, in questo numero bifronte, che guarda al passato e al futuro: grandi novità Asics a pagina 50, un riassunto degli ultimi mesi “in blu” del marchio Jordan a pagina 60, una riflessione sul decennale del più importante documentario sulle sneakers mai prodotto a pagina 58, tutto il vintage più fresco da pagina 92. E se ancora non vi basta, c’è sempre il sito www.sneakersmagazine.it e le nostre pagine sui social network Facebook e Twitter. In più, una promessa: il nuovo anno porterà traformazioni e rinnovamento anche per quanto riguarda i contenuti del nostro giornalino. Per allargare il nostro sguardo, e dare un senso vero all’abusata espressione sneakers culture. Il momento è quello giusto.
But this also a great time to look forward to the year to come. After the nosh-up of fairs characterizing the early months of the year, the big brands warm up the engines in preparation to the hot season. Which promises to go well, at least judging from the forecasts you can find from page 66 and following. The opening is about Puma and its collaboration with the guys from Brooklyn We Go Hard (who are all from Paris, notwithstanding their name): a capsule-collection whose protagonists are the classic Trinomic models and which aims to revive the deeds of the last year’s collection, much appreciated by both collectors and fans. Subsequently, we show the new model dedicated to the best known basketball team in the world, the New York Yankees. Then four pages are about the Italian brand Iza Boa, that from the Venetian region started to conquer the luxury sneakers sector, although with an absolutely unprecedented approach. No special effects, just handicraft skills and knowhow, for an understated look embodying the essence of a genuine, modern sports elegance. The same elegance we find (on a much grander level, that we may define global) in the new releases by the French brand Lacoste, which for the spring 2015 will relaunch by releasing a fresh new hybrid model, analyzed in detail at page 76. Furthermore, a rich skate section, open to the new proposals by a brand who’s representing the urban action sports for the latest twenty years and doesn’t seem ready to get out the way: DC Shoes releases the N2 dedicated to Nijah Huston. We present you him and the N2 at page 80. There is much more than that in this two-faced issue which looks back to the past and looks forward to the future. Great new models by Asics on page 50, a summary of the last months ‘in blue’ for the brand Jordan on page 60, a reflection on the tenth anniversary of the most important docu-film on the sneaker world ever produced on page 58, all the most thrilling vintage on page 92. And if it isn’t enough, please visit us at www.sneakersmagazine.it or browse our profiles on the social networks, Facebook and Twitter. With this promise in mind: the new year will bring change and progress in the contents of our beloved magazine, with a view to expand our glance, and give a real meaning to the often abused notion of sneaker culture. That’s the right moment.
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PACKER SHOES x ASICS GEL LYTE V
Lo storico negozio di Teaneck, New Jersey, è un punto di riferimento per gli appassionati fin dai primi del Novecento (ammesso e non concesso che a quei tempi esistessero sneakers e sneakerhead...). Rappresenta, più che un rivenditore, un vero e proprio museo della scarpa: esposti - purtroppo spesso sotto vetro - modelli vecchi anche più di mezzo secolo. Per fortuna non mancano limited edition e modelli frutto di progetti collaborativi assolutamente attuali: ad esempio queste Asics Gel Lyte V chiaramente ispirate agli hiking boots da montagna degli anni Novanta. Non stupisce dunque l’ampio uso di Gore-Tex sulla tomaia. The historic shop in Teaneck, New Jersey is a reference point for the fans since the early twentieth century (on the assumption that there already existed sneakers and sneakerheads back then). More than a reseller, it represents a real museum of the shoes, exhibiting a number of models (unfortunately behind safety glass) dating back to fifty years ago. There are also some limited editions and models resulted from very modern collaborative projects – for example, this Asics Gel Lyte V clearly reminiscent of some mountain hiking boots from the Nineties. So it’s no surprise to see the vast amount of Gore-Tex making up the upper.
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DENHAM x CONVERSE JACK PURCELL ‘MONOCHROME’
Jason Denham nel 2002 è stato spedito per la prima volta nella sua vita ad Amsterdam dal marchio per cui lavorava, Pepe Jeans London. A contatto con le vibrazioni della capitale olandese, Jason si è reso conto che quella metropoli stava diventando il cuore europeo della denim culture: dunque, una volta deciso di mettersi in proprio, Jason ha fondato tra i canali il marchio che porta il suo nome. Oggi Denham presenta la sua prima collaborazione con Converse: un paio di classiche Jack Purcell, tutte bianche o tutte nere con il toecap a contrasto e un logo custom dietro la caviglia.
In 2002 Jason Denham was sent to Amsterdam for the first time in his life by the brand for whom he was working, Pepe Jeans London. As he got in touch with the vibrations of the Dutch capital, Jason realized that that city was becoming the European heart of denim culture. Thus when he decided to set up business on his own, he founded the brand bearing his name among the canals. Today Denham presents its first collaboration with Converse – a pair of classic Jack Purcell, total white or total black with a contrasting toecap and a custom logo behind the ankle.
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MEEK MILL x PUMA SUEDE ‘24K WHITE GOLD’
Da Philadelphia, Pennsylvania, il rapper Meek Mill ha costruito una carriera di tutto rispetto, che l’ha portato a contratti con le etichette di T.I. e Rick Ross tra gli altri. L’abbiamo visto spesso sul palco con modelli Puma custom creati in esclusiva. Questa volta però due modelli rivisti secondo le sue direttive saranno disponibili per il grande pubblico: si tratta delle Suede, nelle varianti high e low top, con tomaia in oro giallo e bianco. . Starting from Philadelphia, Pennsylvania, the rapper Meek Mill made a respected career which brought him in touch with labels like T.I. and Rick Ross, among others. We often saw him on stage wearing this or that Puma custom created as an exclusive. This time a couple of models reinvented according to his instructions will be available to the general public – it’ll be two Suede’s, in high and low top version, with upper in yellow and white gold.
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KITH x ASICS GEL LYTE V ‘GRAND OPENING’
Dopo la riapertura del rinnovatissimo Kith di Manhattan, all’incrocio tra Broadway e Bleecker Street, Ronnie Fieg ha iniziato un nuovo progetto insieme a Asics, lo stesso marchio che ha lanciato la sua carriera di sneaker collaborator quando ancora non aveva fondato uno store tutto suo. Il risultato sono quattro modelli running con tomaia in pelle nera e suola bianca a contrasto: l’ultimo ad arrivare sugli scaffali di Kith è un paio di Gel Lyte V, già sold out quando scriviamo queste righe nonostante il prezzo nettamente più alto della media dei modelli Asics. After the re-opening of an entirely renewed Kith in Manhattan, between Broadway and Bleecker Street, Ronnie Fieg started a new project with Asics, the same brand that launched his career as a sneakers collaborator before he decided to found a store on his own. As a result, we see four running models featuring a black leather upper and white contrasting sole: the latest to reach the shelves of Kith is a pair of Gel Lyte V, already sold out as we write these words – although its price is definitely higher than the average models by Asics.
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Cast away theaway sunshine and stepand into theinto latest 5000s, 5000s, Cast the sunshine step theShadow latest Shadow Fresh Picked thefrom Saucony Originals line. This dark duo invokes Freshfrom Picked the Saucony Originals line. This dark duo invokes the rich flavors the berry patch with inspired colorways in one of the richof flavors of the berry patch with inspired colorways in one of our mostour classic mostsilhouettes. classic silhouettes. A supportive cup for enhanced was inwhen mindthis when this A supportive heel cupheel for enhanced stabilitystability was in mind style debuted back in the butdays these it’s all flash and flavor. style debuted back in the late 80s,late but80s, these it’sdays all flash and flavor. Take pick between these and then kick back knowing that you’re Take your pickyour between these two, andtwo, then kick back knowing that you’re to be berrywith happy with your harvest. Spring harvest. going togoing be berry happy your Spring
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WHITE MOUNTAINEERING x VANS SLIP-ON
In nove anni di indefesso lavoro, Yosuke Aizawa ha portato il suo marchio White Mountaineering al successo globale: oggi, forte di due flagship store nel centro di Tokyo, della collezione coprodotta insieme a Moncler e del lancio della linea femminile avvenuto lo scorso anno, continua la sua scalata. L’ultima tappa è questa collaborazione con Vans, che ha portato al lancio di un paio di Slip-On che portano sulla tomaia la stampa “Hummingbird”, protagonista della collezione estiva White Mountaineering. Yosuke Aizawa made his brand White Mountaineering into a global success through a 9-year-long engagement. Today, with two flagship stores in downtown Tokyo, a collection coproduced with Moncler, and the launch of the woman line a year ago, he goes on climbing. The latest achievement is this collaboration with Vans, which resulted in the launching of a pair of Slip-On bearing the printed inscription ‘Hummingbird’ on the upper, a leader in the White Mountaineering’s summer collection.
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Area Sport Spa - Via Aosta 8/N - 10152 - Torino - Tel. +39 011 55 36 800 - www.area-sport.it
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BAIt x Adidas originals EQT RUNNING SUPPORT
Nonostante il DNA californiano che lo contraddistingue da sempre, lo sneakers shop americano Bait ha scelto di dedicare il suo ultimo progetto collaborativo alla città di New York. Sono lontani i tempi della rivalià tra costa est e ovest, negli Stati Uniti: ne sono ennesima prova queste adidas EQT Support con i colori della statua della libertà.
Notwithstanding the Californian DNA that always distinguished it, the American sneaker shop Bait decided to dedicate its latest collaborative project to New York city. The glory days of the rivalry between the American East and West coast are gone – this adidas EQT Support showing the colors of the Liberty Statue is just another proof.
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FREDPERRY.COM SOCREP.IT Sneakersmagazine
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PACKER SHOES x DIADORA N9000
Il marchio Diadora ha storicamente forti legami con la nazionale italiana, e il New Jersey è da sempre uno degli stati americani con più forte presenza di immigrati dal nostro paese. Quindi non c’è da stupirsi troppo se Packer Shoes, tra gli sneakers shop più noti del New Jersey, ha soprannominato “Azzurri”il suo ultimo progetto collaborativo Made in Italy - e più precisamente, made in Caerano San Marco, dove hanno sede gli stabilimenti Diadora. The brand Diadora has strong ties with the Italian national team, and New Jersey has always been one of the American countries with the most numerous Italian immigrants. There is nothing to wonder about, then, if Packer Shoes, among the most renowned sneaker shops in New Jersey, decided to dub his latest collaborative project made in Italy (or more precisely in Caerano di San Marco, where Diadora’s factories are based) ‘Azzurri’.
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MITA SNEAKERS x ASICS GEL LYTE III “TRICO”
Mita Sneakers, storica boutique del quartiere di Ueno a Tokyo, ha messo in piedi un progetto in collaborazione con i connazionali di Asics, in occasione del venticinquesimo anniversario delle Gel Lyte III, arcinoto modello running classico della casa giapponese, sfruttatissimo nelle ultime stagioni per limited edition collaborative di ogni genere. Questa versione è caratterizzata da un raffinato make up a base di suede e nubuck in due toni di blu, con cuciture a contrasto bianche. Mita Sneakers, a historic boutique in the Ueno neighborhood in Tokio, put in place a project in collaboration with the fellow countrymen from Asics, on the occasion of the twenty-fifth anniversary of the Gel Lyte III, a most renowned running model of the Japanese company, highly exploited over the last few seasons for various collaborative limited editions. This version is characterized by a refined make up comprised of suede and nubuck in two hues of blue, with contrasting white seam.
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Major League Baseball trademarks and copyrights are used with permission of Major League Baseball Properties, Inc.
Distribuito da California Sports tel 0119277943 www.californiasport.info
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UBIQ x ASICS GEL LYTE V
Dopo le Gel Lyte V “Cherry Blossom” viste nella primavera 2014, Ubiq propone al mercato una nuova limited edition di queste storiche running del catalogo Asics. La veste scelta è quasi monocroma: tomaia gialla “toxic”, eccezion fatta per gli accenti grigi dietro la caviglia. Un classico rinnovato, anche grazie all’aggiunta di una membrana in Gore-Tex che lo rende perfettamente impermeabile.
After the Gel Lyte V ‘Cherry Blossom’ that we saw in the spring 2014, Ubiq launches on the market a new limited edition of this historic running from the Asics catalogue. The chosen cover is almost monochromatic – a ‘toxic’ yellow upper, with some grey accents behind the ankle. A renewed classic, also thanks to the addition of a Gore-Tex membrane that makes the shoe perfectly waterproof.
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#MYMARATHONAS MARIE JEDIG DANISH FASHION BLOGGER
SOPHUS DANISH MODEL AND BOYFRIEND
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hummel速, the hummel速 logo and the Bumblebee速 are trademarks of hummel A/S. 息 2014 hummel A/S
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SNEAKERSNSTUFF x ASICS GEL LYTE V & x ONITSUKA TIGER SHAW RUNNER
Nel presentare al pubblico questa collaborazione con i marchi gemelli del running giapponese, i ragazzi di Sneakersnstuff, arcinoto sneakers shop svedese, hanno ricordato i tempi in cui le sneakers non erano considerate “abbigliamento corretto” all’entrata di club e locali notturni: ecco perché hanno deciso di vestire le Gel Lyte V di Asics e le Shaw Runner di Onitsuka Tiger con tessuti pregiati tipici dell’alta sartoria su misura. Gli stessi con cui hanno confezionato dei papillon in tinta. To introduce the public with this collaboration with the twin brands of the Japanese running, the guys from Sneakersnstuff, a very well known Swedish sneaker shop, revived the days when the sneakers weren’t considered ‘proper’ shoes at the entrance of night clubs and discos. Which is why they decided to cover the Asics Gel Lyte V and the Onitsuka Tiger Shaw Runner with precious tissues reminiscent of the haute couture style. The very same tissues were used to create some coupled bow ties.
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Low Leather voLtafootwear.it
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LEVI’S x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL STAR
Non è certo una novità, che il colosso del retail giapponese Beams chieda la collaborazione di grandi marchi simbolo dell’american way of life. Ma questo incrocio tra Levi’s e Converse è destinato a fare rumore: Chuck Taylor All-Star con tomaia in jeans totale, e perfino la cimosa dietro alla caviglia! Non sappiamo se piaceranno ai puristi del denim, ma senza dubbio i collezionisti orientali non se le faranno scappare. It’s really no news that the giant of Japanese retail Beams wants the collaboration of some great brands embodying the American way of life. But this crossbreed between Levi’s and Converse has the premises to make quite a stir: Chuck Taylor All-Star with upper in total jeans, and even a selvage behind the ankle. We don’t know whether the denim purists will appreciate, but there is no doubt that the eastern collectors won’t miss it.
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BEAUTY & YOUTH x NEW BALANCE CTR300
In Giappone, si sa, risiedono i più ferventi collezionisti del marchio americano New Balance: ogni anno sono moltissime le limited edition prodotte in collaborazione con le più disparate realtà artistiche e del retail nipponico. “Beauty & Youth” è l’house brand del colosso United Arrows, e per questa occasione ha rivisto il più noto modello court del catalogo New Balance, in due versioni, di cui una - quella in bianco - destinata a fare molto rumore tra gli appassionati. As it’s known, Japan is the homeland of the most passionate collectors of New Balance sneakers – every year a number of limited editions are produced in collaboration with the most diverse realities belonging in the Japanese art or retail scene. Beauty & Youth is the house brand of the giant United Arrows, and for this occasion it revisited the most famous court model from the New Balance catalogue in two versions – one of which (in white) has the premises to make quite a stir.
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Bryan Diaz
photo: Andrea Martella
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JUST DON x AIR JORDAN II
Jordan retro effetto matelassé? Non sembra una buona idea, ma se il prodotto è di alta qualità costruttiva Made in Italy, come queste Air Jordan II riviste e corrette (?) dai designer del gruppo Just Don di Chicago, bè... il dibattito è aperto. Senza dubbio, il cuore degli appassionati statunitensi l’hanno conquistato: a New York, il locale Nike Lab è stato costretto a chiudere a causa dell’intervento della polizia, e oggi un paio di queste Air Jordan viene rivenduto su internet a prezzi che sfiorano il migliaio di dollari. Jordan retro with a matelassé effect? It wouldn’t sound as a good idea, but if the product is of high constructive quality and Made in Italy like this Air Jordan II revised and amended (?) by the designers from Just Don in Chicago, well, there is room to debate. By all means, the hearts of the American fans were overcome. The police had to force the closure of the local Nike Lab in New York, and today a pair of these Air Jordan tends to be sold on the Internet for a price that can reach a thousand dollars.
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FOOTPATROL x NEW BALANCE 1500
Sarà pure triste dirlo, ma nel 2015 le enciclopedie sono in crisi: la concorrenza della rete ha quasi distrutto il mercato di questi libri che per secoli hanno preteso di raccogliere in un solo catalogo l’intero scibile umano. Rimangono però un oggetto pieno di fascino. Gli inglesi di Footpatrol, ad esempio, rendono omaggio all’Encyclopaedia Brytannica con un paio di New Balance 1500 in pelle nera con profili oro: stampato sulla soletta c’è il motto “Knowledge is key” insieme a uno splendido disegno anatomico del piede umano, preso di peso proprio dall’ultima edizione di quella storica enciclopedia.
It’s a sad (but also well known) truth that the encyclopedia is a dying species. The competition with the Internet disrupted the market for these books that purported to embrace all human knowledge within a single catalogue. They still remain a wonderful memory for many. The English guys from Footpatrol, for example, pay homage to the Encyclopaedia Britannica with a pair of New Balance 1500 in black leather and golden profiles. Printed on the insole are an inscription (“Knowledge is key”) and a beautiful anatomic map of the human foot, borrowed from the latest edition of that historic encyclopedia.
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ANDY WARHOL FOUNDATION x CONVERSE CHUCK TAYLOR ALL-STAR Negli anni Cinquanta Andy Warhol lavorava spesso per importanti marchi di calzature americani come I.Miller, producendo soprattutto immagini pubblicitarie destinate a rimanere nella memoria collettiva di quell’epoca ormai lontana. Qui invece sono le scarpe - più precisamente, sneakers: le Chuck Taylor All-Star di Converse - a mettersi al servizio di Warhol, grazie a una collezione-capsula vestita di Campbell Soup e di altre opere del fondatore della pop art. In occasione del lancio di queste limited edition, Converse ha organizzato anche un’asta benefica a favore della Andy Warhol Foundation, nel corso della quale sono state vendute opere create ad hoc da alcuni tra i più noti artisti americani della nuova ondata pop, come Ron English.
During the Fifties Andy Warhol used to work for important brands of American shoes like I.Miller, producing advertising images that would become famous and remain in the collective memory of those times. In our case it’s the shoe (more precisely, a pair of sneakers like the Converse Chuck Taylor All-Star) that helped advertise Andy Warhol’s art, thanks to a capsule collection covered by cans of Campbell Soup and other works of the pop-art founder. On the occasion of the launch of this limited edition, Converse organized a benefit auction in favor of the Andy Warhol Foundation during which were sold various works created on purpose by some of the most famous American artists of the new pop scene, like Ron English. 34
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LA MJC x DIADORA N9000 ‘ALL GONE’
A ogni fine anno, l’agenzia di comunicazione La MJC (anzi, “urban culture media agency”, come piace a loro) dà alle stampe quello che è considerato semplicemente IL catalogo dello streetwear: All Gone, un librone cartonato pesante qualche centinaio di pagine che raccoglie il meglio tra limited edition e progetti collaborativi artistici messi insieme dai marchi dell’abbigliamento di tutto il mondo. In occasione del lancio di All Gone 2014, ecco una sorpresa: un paio di Diadora N9000 Made in Italy a tiratura limitatissima. Infatti sono solo 24 le paia prodotte, distribuite a quelli che con una formula ormai conosciuta vengono definiti “friends and family”. Every end of the year the communication agency La MJC (or as they prefer to say, urban culture media agency) publishes what is generally regarded as THE catalogue of street-wear, All Gone, a hardcover book comprised of some hundreds pages that contain the very best – from limited editions to artistic collaborative projects realized by the clothing brands from every corner of the world. On the occasion of the launch of All Gone 2014 the surprise is a pair of Diadora N9000 made in Italy in very limited edition. Indeed there exist only 24 pairs of it, only distributed to the few who came to be known as ‘friends and family’.
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ALL GONE 2014 Michael Manning, artista californiano in grande ascesa nel circuito delle gallerie d’oltreoceano, si è fatto conoscere a partire dal 2010 con una serie di immagini animate (.gif) postate sul sito di image-sharing Dump.fm. La fama l’ha conquistata perà soprattutto grazie alle sue installazioni che mettono insieme video-art, scultura e giustapposizione di oggetti. Tutta roba che ovviamente non ha trovato spazio sulla copertina dell’edizione 2014 di All Gone: Manning si è limitato a seguire la linea tracciata dai precedenti collaboratori di All Gone, presentando ai lettori del più noto catalogo di streetwear un pattern astratto, costruito con pennellate di colore. In ogni caso, i lettori di tutto il mondo sembrano aver apprezzato anche questa nuova edizione del libro curato dall’agenzia parigina LaMJC, almeno a giudicare dai commenti raccolti durante le diverse feste di lancio tenutesi ai quattro angoli del globo. Nelle prossime pagine, un reportage fotografico dal primo party, quello parigino ospitato - come sempre - dalla boutique Colette. Sneakersmagazine
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ALL GONE 2014 Michael Manning, a Californian artist who’s imposing himself over the American art galleries, made a name for himself in 2010 with a series of animated images (gif) he posted on the image-sharing website Dump. fm. But he became famous mainly thanks to his installations, which combine video-art, sculpture and juxtapositions of objects. Of course none of this appeared on the cover of the 2014 edition of All Gone. What Manning did was just following in the wake of the previous contributors to All Gone, showing the readers of this most renowned street-wear catalogue an abstract pattern of colored brush strokes. In any case, the readers from the world over seemed to appreciate this new edition of the book published by the Parisian agency LaMJC – at least judging from the opinions collected during various launch events at the four corners of the world. In the following pages, a photographic reportage from the first party (held in Paris) that was hosted as usual by the boutique Colette.
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Abbiamo l’impressione che il 2014 ci abbia portato sempre più vicini alla svolta: prima o poi il numero delle collaborazioni limited edition supererà quello dei modelli di linea presenti nei cataloghi dei grandi marchi del mondo sneakers. Solo dieci anni fa l’uscita di un modello collaborativo era un piccolo evento, oggi ogni progetto deve essere davvero unico, per spiccare nel mare di release che settimanalmente tengono occupate le pagine dei siti e delle riviste di settore. Per questo motivo, stilare una lista delle collaborazioni più significative dell’anno appena trascorso assomiglia sempre più a una missione impossibile. Ci proviamo lo stesso, segnalandovi non tanto le scarpe che ci sono piaciute di più, quanto quellche sembrano, per un motivo o per l’altro, un passo più avanti.
LANCE MOUNTAIN x AIR JORDAN 1 SB
Le Air Jordan I non sono solo scarpe da basket, ma anche da skate: è un fatto. Non tanto per design e costruzione, quanto per volontà popolare: dopo la loro uscita nel 1985, le prime signature shoes dedicate da Nike a Mr.Air furono adottate da un consistente numero di skater, soprattutto per la protezione e l’ammortizzazione che offrivano - e pazienza se questo significava sacrificare un po’ di board feel. Lance Mountain a quei tempi faceva già parte della Bones Brigade di Stacy Peralta, e nel 1987 fu immortalato in uno dei più noti skate movies del periodo (The search for animal chin, si trova anche su Youtube) mentre indossava, tra rampe e pisicine vuote, proprio le Air Jordan I. Non stupisce dunque che a Beaverton abbiano scelto lui per celebrare la vita da skate di quel modello nato per i parquet e i playground della pallacanestro, con una versione SB che ricorda da vicino il periodo in cui gli skater customizzavano le scarpe colorandole con la vernice: ecco spiegato il motivo per cui Lance Mountain ha scelto di produrre Jordan tutte bianche, che con l’uso perdono lo strato esterno di vernice fino a mostrare le due colorazioni OG sottostanti. Peccato solo per l’uscita delle Converse Chuck Taylor All-Star customizzate Margiela, avvenuta più o meno nello stesso periodo: facile per il pubblico percepirle come doppioni. Un caso di scarso coordinamento tra due brand di proprietà del colosso Nike, che ha rischiato di rovinare due collabo davvero azzeccate. Fortunatamente per quelli di Beaverton, le cose sono andate bene lo stesso. The Air Jordan I is not only a basket model, but a also a skate shoe. That this is so isn’t due to its design and construction, but to a popular decision: after their launch in 1985, the first signature shoes that Nike dedicated to Mr. Air were adopted by a remarkable number of skaters, mainly thanks to their protection and damping power. Never mind if this would mean sacrificing a quota of board feel. Back then Lance Mountain was already part of Stacy Peralta’s Bones Brigade, and in 1987 he was portrayed in one of the best known skate movies of the time (The search for animal chin, still available on You Tube) while skating on slopes and pools wearing the Air Jordan I. No wonder then if Beaverton selected him to celebrate the skate career of this model that was born to tread the basketball parquets and playgrounds, with a SB version clearly reminiscent of the times when the skaters used to customize their shoes by adding colored paint. This explains why Lance Mountain decided to produce a series of total white Jordan’s, that upon being used lose the external layer of varnish thus revealing the two underlying OG colorings. The only flaw is that the Converse Chuck Taylor All-Star customized Margiela came out in (more or less) the same period, thus risking to be perceived as exact copies of one another. A case of poor coordination between two brands owned by Nike that risked to jeopardize two really spot-on collaborations. For the joy of the guys from Beaverton, things worked out nonetheless.
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END CLOTHING x SAUCONY SHADOW 5000
Forse si tratta dell’idea più “tradizionale”, tra quelle raccolte in queste pagine. Nel senso che riflette una visione classica dei progetti collaborativi: prendiamo ispirazione da qualcosa - qualsiasi cosa - del mondo che ci circonda, e costruiamoci sopra una colorazione che abbia senso. Però l’idea di accoppiare Saucony e hamburger è interessante a più livelli: da una parte c’è l’idea di mettere insieme due classici made in Usa (delle sneakers e del cibo), dall’altra il contrasto tra il salutismo del running e il godimento, non proprio sano al cento per cento, offerto dal mix di carne, pane, salse e patatine. Infine, se vogliamo andare sul simbolico, sia Saucony che gli hamburger sono stati negli ultimi anni al centro di un grande rilancio globale: il brand ha infatti rinnovato la sua immagine - che si era un po’ appannata nei primi Duemila - con la riproposizione di modelli storici rivisti attraverso collaborazioni azzeccatissime che l’hanno reso di nuovo cool, mentre il panino di carne si è trasformato, nell’immaginario collettivo, da simbolo del fast food di bassa qualità a nuova frontiera dell’alta cucina. Quante burger-boutique abbiamo visto spuntare nell’ultimo decennio, per le strade delle grandi città occidentali? Quanti chef stellati si sono cimentati in burger-gourmet (arrivando perfino a eccessi come l’uso di caviale, tartufo e foie gras)? “Anche in Inghilterra si mangia molto meglio oggi, rispetto a quindici anni fa”, assicurava il marketing manager di End responsabile di questa collaborazione, nei giorni del lancio di queste sneakers. E ammesso che il cibo non sarà mai il motivo che convince un italiano a viaggiare verso il Regno Unito, rimaniamo fiduciosi: se i cuochi inglesi metteranno nei loro piatti la stessa cura profusa dal team creativo di End su queste Shadow 5000, costruiranno senza dubbio un roseo futuro per la cucina d’oltremanica. It may be the most ‘traditional’ idea among the ones we gathered in these pages. In the sense that it reflects a classic vision of what a collaborative project is. We get inspired by something (whatever that is) in the world around us, and we add a coloring that can make sense. But the idea of combining a Saucony with a hamburger is interesting on a number of levels. For one thing, the idea is joining two classics made in the USA (a pair of sneakers and some food). On the other hand, exploiting the contrast between the health consciousness of running and the enjoyment (not so healthy indeed) produced by a piece of meat, bread, sauce and chips. Lastly, if we want to analyze the symbolic side of it, both Saucony and the hamburgers were protagonists during the last few years of a general re-launching operation. The brand renewed its image (a bit tarnished during the early 2000) with the rerelease of historic models redesigned through several successful collaborations which made it soo cool, whereas the sandwich evolved (in the public imagination) from a symbol of low quality fast food to the new frontier of haute cuisine. How many burger-boutiques have we seen appearing over the last decade in the biggest Western towns? How many starry chefs engaged as burger gourmets (going so far as to use caviar, truffle, foie gras)? “In England you eat better today than fifteen years ago”, claimed the marketing manager of End who devised this collaboration on the occasion of the launch of these sneakers. And provided that food will never provide an Italian the motivation to go to the UK, we still think that if the English cooks will pour in their dishes the same care that the creative team of End put on this Shadow 5000, they will build a rosy future for the overseas cuisine. Sneakersmagazine
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PATTA x DIADORA N 9000
Diadora si sta rilanciando sul mercato mondiale nel modo più giusto, cioé guardando alla tradizione, alla storia e alla gloria costruite in quasi settant’anni di attività, visto che l’azienda è stata fondata nello stesso anno in cui entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana, il 1948, nel cuore del distretto calzaturiero di Montebelluna, a Caerano di San Marco. Parte integrante di questo rilancio è una serie di progetti collaborativi assai azzeccati, tra i quali spicca il secondo del 2014 con Patta, importante realtà della sneakers culture europea rinata dalle sue ceneri dopo la crisi (e la chiusura) del 2012, in tempo per festeggiare il decimo anniversario dalla fondazione ad Amsterdam. Tornato a essere un punto di riferimento anche oltre i confini olandesi, il team dello sneakers shop fondato da Edson Sabajo e compagni sembra aver fatto un ragionamento molto semplice. Qualcosa tipo: “italiani e olandesi sono pazzi per il calcio, queste scarpe escono a pochi giorni dall’inizio dei mondiali di Brasile 2014, quindi direi che il tema per la nostra collaborazione ce lo offre il destino su un piatto d’argento”. In effetti il calcio è anche lo sport più legato, nell’immaginario popolare, alla storia del marchio italiano, anche grazie alla sponsorizzazione della nazionale azzurra, ininterrotta tra il 1986 e il 1994. Meno facile spiegare il motivo per cui, sulla tomaia di queste N9000 trasformate in scarpini da calcio, al classico nero si sia aggiunto il rosso: possiamo solo ipotizzare che i ragazzi di Patta, tutti più o meno tra i trenta e i quarant’anni, come tutti quelli della loro generazione siano rimasti colpiti dalla “più grande squadra dei tempi moderni” (la definizione è di Sir Alex Ferguson, che forse un pochino di pallone se ne intende), il Milan di Sacchi che - grazie soprattutto al talento delle sue tre stelle olandesi Ruud Gullit, Frank Rijkaard e Marco Van Basten - vinse tutto nella seconda metà degli anni Ottanta. Diadora is re-launching on the world market in the most proper way, that is with an eye on the tradition, story and glory they built up over almost seventy years of activity, given that the company was founded in the same year (1948) in which the Italian Constitution came into force, in the heart of the shoe district of Montebelluna, in Caerano di San Marco. An integral part of this re-launching is a series of very spot-on collaborative projects, among which a prominent role is played by the second collabo with Patta in 2014, an important reality of the European sneaker culture that was revived from ashes after the crisis (and the closing) of 2012, just in time to celebrate the tenth anniversary of the Amsterdam foundation. Coming back as a reference point even beyond the Nederland’s borders, the team of the sneaker shop founded by Edson Sabajo and friends seems to base their action on a thought along these lines: “Both Italians and Dutchmen are mad about soccer, these shoes are coming out few days before the beginning of the Brasil 2014 world cup, so the theme of our collaboration is provided by our common lot on a silver plate”. Indeed, soccer is also the sport more closely knit, according to the popular perception, to the Italian brand’s history, also thanks to the fact that it was the sponsor of the national team from 1986 to 1994. Less easy to explain why the upper of this N9000 converted into a soccer pump features some red along the classic black. We can only guess that the guys from Patta, all in their thirties or forties, were touched (like all the people of their generation) by the “greatest team of modern times” (the definition was coined by Sir Alex Ferguson, who can claim to be a bit of an expert in the field), the Milan coached by Sacchi, which thanks mainly to the talent of its three Dutch stars Ruud Gullit, Frank Rijkaard, and Marco Van Basten won everything during the mid Eighties. 44
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2014 We have the sense that the world of sneakers reached a threshold level in 2014. Sooner or later the panoply of limited-edition collaborations will outnumber the models existing in the catalogues of the great brands of the sneaker world. Not more than ten years ago the launch of a collaborative model was a small happening, today every project must be really unique to stand out in the Ocean of releases that occupy the website pages and specialized magazines on a weekly basis. For this reason, drawing a list of the most significant collaborations of 2014 is like embarking on a mission impossible. We want to try nonetheless, to show you the shoes that for this or that reason appear to be most in the forefront, not necessarily those we liked most.
CONCEPTS x NEW BALANCE 997
La sneakers boutique del Massachussetts quest’anno sembra aver scippato all’onnipresente Ronnie Fieg e al suo Kith il titolo di campione mondiale delle collabo (ammesso e non concesso che esista un titolo del genere). Del resto, Concepts - con le sue vetrine a un tiro di schioppo dal campus della prestigiosissima università di Harvard - è riuscito come poche altre street-boutique a far convivere mercato alto e basso, rivolgendosi a una clientela spesso molto facoltosa (che può permettersi di scegliere tra gli scaffali su cui sono esposti marchi del lusso come Gucci, Thom Browne e Saint Laurent) senza dimenticare le radici popolari. Ecco perché Concepts può collaborare con qualsiasi brand senza snaturarsi, e può permettersi di inventare ogni volta qualcosa di diverso. Ad esempio queste classiche running tutte vestite di rosa: lo stesso colore del Rosé Brut che scorreva a fiumi nel corso dell’inaugurazione del nuovo negozio Concepts di New York, celebrato proprio con questa collaborazione. The sneaker boutique in Massachusetts this year seems to have stolen the title of Collaboration World Champion (if something like that exists) to the ubiquitous Ronnie Fieg and his Kith. After all, Concepts (with its windows so close to the campus of the exclusive Harvard University) managed to put together (like no other street boutique did so far) the high and low market, addressing a target of customers that tend to be very affluent (which means, able to browse through the shelves replete of luxury items by brands like Gucci, Thom Browne and Saint Laurent) without repudiating its popular roots. This is why Concepts can collaborate with whatever brand without risking to lose its identity. And it can also reinvent something different on any occasion. For example, this classic running in total pink: the same color of the gallons of Brut Rosé that were generously poured during the inauguration of the new shop Concepts in New York celebrated by this collaboration.
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THE GOOD WILL OUT x ASICS GEL LYTE V
Tedeschi e giapponesi? Sembrano popoli piuttosto distanti, per cultura e storia. Ma questa collaborazione li mette insieme con naturalezza, mentre i responsabili della boutique di Colonia rendono omaggio alla natura delle terre del lontano oriente: queste Asics Gel-Lyte V sono infatti ispirate ai colori dei tramonti autunnali in Giappone. Ma anche senza questa spiegazione, è difficile non apprezzare questa combinazione di tinte bordeaux, grigie e gialle. Germany and Japan? Their populations seem very different, in terms of culture and history. But this collaboration combines them pretty easily, as the managers of the boutique in Cologne pay tribute to the nature of the far East lands. This Asics Gel-Lyte V was inspired by the colors of the fall sunsets in Japan. But even if we omitted this explanation, it’d be hard not to appreciate this combination of hues ranging from burgundy to grey and yellow.
SOLEBOX x ADIDAS EQT GUIDANCE
Adidas ha affidato alle mani del più noto sneakershop di Germania le EQT Guidance rilanciate alla grande nel corso dell’ultima stagione. Hikmet Sugoer e compagni non si sono lasciati scappare l’occasione e hanno sfornato un altro gioiello, variando appena lo schema fatto di blocchi di colore che abbiamo già visto in molte occasioni sui progetti collaborativi firmati Solebox. Naturalmente, la qualità della costruzione e dei materiali è garantita dall’appartenenza alla linea Consortium del Trifoglio.. Adidas entrusted the EQT Guidance re-launched on a grand scale during the last season to the most famous sneakershop in Germany. Hikmet Sugoer and friends didn’t miss the opportunity and churned out another gem, by changing a bit the pattern of color blocks we already saw several times on the collaborative projects signed by Solebox. Of course, the quality of the construction and materials is granted by the Trefoil’s Consortium line where the new gem belongs. .
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INVINCIBLE x REEBOK INSTA PUMP FURY
Lo scorso anno le Insta Pump Fury di Reebok hanno raggiunto il ventesimo di vita. Per festeggiare degnamente il genetliaco, sono state numerose le limited edition collaborative, quasi tutte sold out. Non ha fatto eccezione questa, creata insieme alla boutique taiwanese Invincible. Che ha trasformato la tomaia dello storico modello running retrofuturistico della casa dell’Union Jack in una camicia hawaiiana. Sono uscite proprio ai primi di giugno del 2014, quindi anche perfette per la stagione. Last year the Reebok Insta Pump Fury reached its twentieth year of life. To aptly celebrate the anniversary, a number of collaborative limited editions were released, and they were mostly sold out. This one was no exception. It was co-created with the Taiwanese boutique Invincible, who transformed the upper of the historic, retro-futurist running model of the English company into a Hawaiian shirt. It came out in the early June of 2014, so it’s perfectly fit for the coming season.
RONNIE FIEG x PUMA DISC BLAZE
Tra le prime uscite dell’anno 2014 ci sono queste classiche running dei primi Novanta, il cui design fantascientifico è ancora attualissimo nel 2015. Arrivate sugli scaffali della boutique newyorchese Kith il 22 gennaio, ci sono rimaste solo per qualche minuto. Il trattamento Ronnie Fieg è lo stesso già visto su molti altri modelli, e gli ingredienti principali sono color-blocking e materiali pregiati. Anche la velocità del sold-out, per la gioia del signor Fieg e del marchio tedesco, è stata quella a cui siamo abituati. Among the early releases of the 2014 there is this classic running dating back to the Nineties, whose science-fiction design is still tremendously modern in 2015. It reached the shelves of the New York boutique Kith on the 22nd January, and there remained for less than an hour. The Ronnie Fieg treatment is the same we saw on many other models, and its main ingredients are the color-blocking and the precious materials. As for the quick sold-out effect (for the joy Mr. Fieg and the German brand), it was simply as expected.
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SNEAKER MUSEUM KÖLN BY THE GOOD WILL OUT QUOTE’S ARCHIVE
Colonia è la città del noto Duomo in stile gotico, uno dei monumenti più famosi di Germania. Ma la città di Sant’Orsola e dell’ex cancelliere della Germania Ovest post-bellica Konrad Adenauer è anche sede di molti musei poco tradizionali, tra i quali quello dello sport olimpico e quello del cioccolato. A questo singolare catalogo si è aggiunto un po’ in sordina, nel 2011, un altro tassello, che con il passare del tempo sembra aver acquistato sempre maggiore importanza: il primo museo tedesco delle sneakers. Lo Sneaker Museum ha visto la luce - ed è tuttora aperto nella semicentrale Jülicher Strasse - grazie agli sforzi di Olli Burmann e Alex Imiela, proprietari del più noto sneaker shop della città, The good will out. La prima mostra era interamente dedicata alle Dunk prodotte da Nike, il modello che forse più di ogni altro ha contribuito a rendere popolare il collezionismo di scarpe sportive nei primi Duemila, gettando le basi per il decennio di hype sempre crescente che sarebbe venuto in seguito. Poi sono venute molte altre esposizioni tematiche e perfino una rassegna cinematografica, Kicks on Film. Fino alla recente mostra dedicata ai classici moderni della storia adidas, inaugurata a fine 2014 e tuttora in corso: protagoniste, le scarpe raccolte a partire dal 2000 da Quote, collezionista berlinese che già aveva prestato il suo catalogo alla casa del Trifoglio per la realizzazione di uno speciale libro illustrato dall’inglese Peter O’Toole (nessuna parentela con lo storico attore di Lawrence d’Arabia). Insieme alle sneakers, non mancano pubblicità vintage e merchandising promozionale di ogni tipo: tutto raccolto in un percorso espositivo che si può definire unico. Se non avete tempo di farvi un giro a Colonia, nelle prossime pagine trovate una selezione di immagini che fanno venire l’acquolina in bocca.
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SNEAKER MUSEUM KÖLN BY THE GOOD WILL OUT QUOTE’S ARCHIVE Cologne is the city of a huge gothic cathedral, one of the most famous German buildings. But the city of Saint Ursula and of the former chancellor of post-war West Germany Konrad Adenauer is also home of some less traditional museums, among which the museum of the Olympic games and that of chocolate. In 2011 this odd catalogue acquired silently another plug that over time seems to have gained prominence, the first German museum of sneakers. The Sneakers Museum was realized (and is still open in the semi-central Jülicher Strasse) thanks to the engagement of Olli Burmann and Alex Imiela, owners of the best known sneaker shop in town, The good will out. The first exhibition was entirely dedicated to the Dunk produced by Nike, the model that more than anything else contributed to popularize the practice of collecting sports shoes in the early 2000, paving the way for a subsequent decade in which the hype grew more and more widespread. Then a number of thematic exhibitions followed and even a movie review, called Kicks on Film. Up to a recent exhibition dedicated to the modern classics of adidas’ history, launched in the late 2014 and still open nowadays. Its protagonists are the panoply of shoes collected since 2000 by Quote, a Berliner collector who already lent his catalogue to the Trefoil company for the realization of a special book, illustrated by the English Peter O’Toole (no relationship with the historic actor of Lawrence of Arabia). A host of vintage advertisements and promotional merchandising accompany the countless sneakers collected – and all is put in order along an exhibition path that we don’t hesitate to call unique. If you don’t have the time to make a trip to Cologne, you’ll find a selection of images that will make your mouth water in this pages.
SNEAKERMUSEUM Jülicher Str. 14 50674 Cologne - Germany http://www.sneakermuseum.de info@sneakermuseum.de tel. +49 221 993 907 22 OPENING HOURS: FRIDAYS 4-8 PM
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Lo scorso Giovedì 5 Febbraio siamo stati invitati a Londra per la presentazione europea del nuovo brand Asics Tiger: una nuova divisione di Asics dedicata ai prodotti icona parte della linea Lifestyle del noto marchio fondato da Kihachiro Onitsuka nel 1949. Dopo il lancio globale a Tokyo il 23 Gennaio, l’evento è stato occasione per Asics per presentare alla stampa internazionale questa piccola rivoluzione di sistema; Asics Tiger affonda le proprie radici nel mondo dello sport, quando nel 1986, l’azienda introduceva l’Alpha Gel nei modelli di scarpe destinate agli sportivi professionisti. La serie che nasceva, “Gel“, ebbe subito una notevole diffusione in Giappone e anche in altri paesi grazie ai suoi design unici e alle sue prestazioni tecniche. La Gel lyte è stata scelta per anni da atleti e sportivi professionisti, decretando anche sul campo il successo di questa tecnologia Asics. Asics Tiger è la nuova espressione lifestyle del brand, che combina la tecnologia giapponese per lo sport con lo street style globale e gli appasionati della sneaker culture. La gamma di prodotti è stata ricreata utilizzando materiali e colori originali dei modelli più storici e affiancandoli a nuovi design - sempre d’ispirazione classica - che sfruttano le ultime tecnologie per la performance. Momento centrale della presentazione londinese è stato l’intervento di Shigeyuki Mitsui, Managing Designer dell’Innovation Works Lab Asics in Giappone, meglio conosciuto come il padre del modello di punta dell’heritage Asics, la Gel-Lyte III. Nelle immagini (qui e nelle pagine seguenti) uno sguardo alla serata, con la sua mostra di modelli OG recuperati dagli archivi di alcuni collezionisti, il bar con il migliore “street food” giapponese, il dj set e l’originale video game interattivo che ha catalizzato l’attenzione dei giornalisti nel corso della seconda parte della serata.
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ASICS Tiger London Launch On Thursday 5 February we were in London for the European presentation of the new brand Asics Tiger – a new division of Asics dedicated to the icon products included in the Lifestyle line of the famous brand founded by Kihachiro Onitsuka in 1949. After the global launch in Tokio (on 23 January), the event gave Asics an opportunity to present to the international press this small structural revolution. Asics Tiger is rooted in the world of sport activities, when in 1986 the company introduced the Alpha Gel in some models designed to meet the needs of the professional athletes. The series that resulted, called GEL, had immediately a wide diffusion in Japan and abroad, thanks to its unique designs and technical performance levels. The Gel Lyte was used for a long time by a number of sport professionals, thus determining the success of this technology by Asics on the field. Asics Tiger is the new lifestyle expression of the brand, combining the Japanese technology designed for sport with the global street style and sneaker culture. The range of products was recreated using the original materials and colorings taken from the most legendary models, and adding new (classic) designs exploiting the latest technologies for enhancing the performance. A critical moment in the London presentation was the speech by Shigeyuki Mitsui, the Managing Designer of the Innovation Works Lab ASICS in Japan, also known as the father of the front-row model of the Asics heritage, the GEL-LYTE III. Here and in the next pages is a gallery of the celebration, including an exhibition of the OG models picked out from the archives of some collectors, the pub offering the best Japanese ‘street food’, the dj set and the original interactive video game that attracted the attention of all journalists during the second part of the night.
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Just for kicks Basket, moda di strada e hip hop rappresentano tre variabili che hanno influenzato enormemente l’evoluzione delle sneakers: sono i principali protagonisti di Just for Kicks, documentario che compie dieci anni in questo 2015. Nel 2005, mentre l’hype era tutto intorno a modelli come le Nike SB Dunk Low nelle versioni “Pigeon” e “Tiffany”, Just For Kicks veniva considerato da diverse rassegne cinematografiche (ad esempio il Tribeca Film Festiva) come un film “brillante, con un importante contributo di testimonianze storiche”. Thibaut de Longeville, il regista, ha in curriculum clienti come Nike, Universal e Bad Boy Records, e Just For Kicks ha rappresentato per lui solo il primo di una serie di progetti che girano intorno al mondo sneakers: nel 2006 de Longeville ha infatti girato un documentario su Tinker Hatfield, Respect The Architects, e quattro anni più tardi un altro intitolato Air Force 1: Anatomy of a Urban Legend. Nel 2012, dopo diversi progetti musicali, è tornato a collaborare con l’amico Bobbito Garcia, re dei collezionisti newyorchesi, per un film attraverso il quale raccontare la scena dei playground della Grande Mela: Doin’ it in the Park, Pick-up Basketball. Dieci anni dopo, Just For Kicks è ancora un punto di riferimento per gli sneakerhead? Senza dubbio. 56
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Just for Kicks è un vero testo di scuola, fin dall’apertura che ospita testimonianze di collezionisti che hanno vissuto la nascita del fenomeno nei primi anni Settanta. Ad esempio Doze, b-boy della Rock Steady Crew, che racconta la necessità per chi ballava breakdance di avere delle scarpe comode e allo stesso tempo stilose, fatto che ha spinto i b-boy all’utilizzo delle prime sneakers sportive, proprio mentre DJs e MCs eleggevano le sneakers accessorio prediletto, in quanto capace di prestarsi alla creazione di stili nuovi, grazie alle numerose colorazioni disponibili. Le sneakers insomma erano perfette per la voglia di apparire e di farsi notare di una generazione intera, purtroppo spesso frustrata dalla scarsa disponibilità economica. Ed è proprio Just for Kicks a spiegare come ques’ultimo aspetto porti i ragazzi a una vera e propria mania nella mania: la pulizia perenne e meticolosa. Se non si potevano avere scarpe nuove ogni giorno, insomma, almeno sarebbero dovute essere sempre pulite, come fresh out of the box. Spazzolino da denti e olio di gomito erano buoni alleati, per chi non poteva permettersi di comprare decine e decine di paia da far girare. Anche l’idea della customizzazione nasce dallo stesso problema: personalizzare le scarpe con lacci e pennarelli permetteva di dare alle sneakers un aspetto ogni volta nuovo e diverso, in economia. Ma torniamo ai tre elementi fondamentali citati poco sopra: hip hop, basket e streetwear si incrociano più volte, per dar vita ad un fenomeno tutt’ora in espansione, e Just for Kicks rende conto in modo sintetico di questo intreccio. Con le parole di Bobbitto Garcia, ma anche di musicisti come i Run DMC. Tra i fotogrammi del film c’è infatti una lunga intervista a DMC, un terzo del gruppo, che insieme a Bill Adler racconta come sia nata la passione per Adidas e come l’azienda tedesca si sia resa conto che quei tre ragazzi di Hollis avevano fatto per il marchio più di quanto si potesse sognare: le immagini dei concerti - in cui tutto il pubblico alza al cielo le Adidas - valgono per il Trifoglio un milione e mezzo di dollari, cioè la cifra del primo accordo di parnership con il trio firmato nel 1986. Musica, streetwear e basket tornano poi nell’intervista al designer del marchio Jordan Tinker Hatfield, che racconta come sia passato dal disegnare palazzi e uffici per la Nike a produrre scarpe per il più grande campione di tutti i tempi, e in quella a Walt “Clyde” Frazier, storico playmaker dei NewYork Knicks e primo giocatore di basket a firmare un contratto con un brand di sneakers, Puma, per la produzione di un modello con il suo nome, le Clyde appunto. E ancora nell’intervista a Damon Dash, fondatore con Jay-Z della Roc-a-Fella Records, dove si parla di come alcuni rapper (lo stesso Jay-Z, 50 Cent) abbiano condotto determinati brand a volumi di vendita e notorietà inaspettati. Tutto riassunto da Dash in una frase chiave: “Harlem dice a New York cosa mettersi, New York lo dice all’America e l’America lo dice al mondo, quindi Harlem dice al mondo cosa è figo”.
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Just for kicks Sono solo alcuni dei motivi per cui Just for Kicks è un pezzo tanto importante della cosiddetta sneakers culture, e un punto di partenza. Dieci anni dopo, sono tante riflessioni andrebbero fatte sul business delle sneakers, sull’imponente globalizzazione del mercato e della moda a cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio, nel corso del quale anche l’Italia è diventata un pezzo importante dello snaekrs game globale. Oppure sui nuovi business nati intorno al mondo sneakers: pensiamo a piattaforme come Highsnobiety, Hypebeast o Complex, realtà nate quando Just for Kicks veniva presetato al pubblico e che ora rappresentano capisaldi nel mondo della moda urban, e dell’informazione tout court. Il lavoro di Thibaut de Longeville rimane una testimonianza appassionata, da sneakerhead per gli sneakerhead; un documentario non suscettibile di scadenza, ma che anzi ha gettato le basi per un nuovo proselitismo. E aumentato di molto la consapevolezza degli adepti della setta delle sneakers.
Basketball, street wear, and hip hop are the three variables that radically transformed the evolution of sneakers, and for this reason they play the leading roles in Just for Kicks, a documentary celebrating its tenth anniversary in 2015. Back in 2005 the hype was all about models like the Nike SB Dunk Low in both the Pigeon and Tiffany versions, and Just for Kicks was considered by various movie contests (e.g. the Tribeca Film Festival) as a ‘brilliant’ movie, ‘with the important contribution of historical figures’. Now the director, Thibaut de Longeville, has a resumé including giant customers like Nike, Universal and Bad Boy Records. In his career Just for Kicks was only the first of a series of projects revolving around the world of sneakers. In 2006 de Longeville filmed a documentary on Tinker Hatfield, Respect The Architects, and four years later another one called Air Force 1: Anatomy of a Urban Legend. After various musical projects, in 2012 he started again to work with his friend Bobbito Garcia, the king of New York’s collectors, at a movie that attempted to disclose the playground scene in the Big Apple: Doin’ it in the Park, Pick-up Basketball. Ten years later, isn’t Just for Kicks still a reference point for the sneakerheads? Absolutely. Just for Kicks is like a textbook since the opening scenes, that include some interviews with collectors who joined the trend from its inception in the early Seventies. For example, Doze, a b-boy of the Rock Steady Crew, talks about the need, for all break dancers, to wear comfortable but also grand-style shoes – a need that led the b-boys to use the first sports model. Even the DJs and MCs started to treat the sneakers as their favorite accessories because they enabled the creation of new styles, thanks to the numerous colorings available. The sneakers, in other words, were magic for an entire 58
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generation of boys and girls who wanted to parade and draw attention to themselves – even though this desire was often frustrated by the scarcity of money. And Just for Kicks dwells a lot on how this scarcity led many sneakerheads to a further obsession – the constant cleaning of their shoes. For if you cannot buy a new pair every day, at least you can have your favorite kicks always shining, and pretend they are fresh out of the box. So a toothbrush and elbow grease were the solution for those who couldn’t afford to own tens of shoes to be worn in rotation. Even the practice of customization was born from the same need – modifying your shoes with the help of new laces and brushes allows you to give a new face to your kicks without spending too much. But let’s go back to the three elements we mentioned before. Hip hop, basketball and street wear interbred several times, giving birth to a phenomenon that’s still in its infancy – and Just for Kicks narrates this story through the eyes of Bobbito Garcia and rock bands like the Run DMC. Indeed, among the various contents, the movie shows a long interview with DMC, a third of the group, who narrates (with Bill Adler) how the passion for adidas was born and how the German company realized that those three guys gave the brand more than anyone might expect. The images of the concerts (when the people raise their adidas to the sky) are worth 1,5 million dollars for the Trefoil – the amount negotiated in the first partnership agreement with the trio signed in 1986. Music, street wear and basketball are also the topic of an interview with the designer of the brand Jordan Tinker Hatfield, who explains how he could move from designing buildings and workspaces for Nike to producing shoes for the greatest champion of all times. Another interview is with Walt ‘Clyde’ Frazier, a historic playmaker of the New York Knicks, and the first player ever to sign a contract with a brand of sneakers, Puma, for the production of a model bearing his name, the Clyde. An interview with Damon Dash, a co-founder with Jay-Z of the Roc-a-Fella Records, dwells on how some rappers (the very Jay-Z, 50 Cent) helped some brands reaching unexpected levels of commercial success and renown. All this is glossed by Dash in this way: ‘Harlem dictates fashion to New York, New York tells it to the US and the US forwards it to the world – so Harlem tells what is cool to the world”. These are some of the reasons why Just for Kicks is an integral part of the sneaker culture, a starting point. Ten years later, a number of issues might be discussed on the business of sneakers, on the astonishing globalization of the markets and the fashion industry that we saw in the last decade – when Italy has become a big player in the global sneakers game. One could also expand upon the new businesses that throve around the world of sneakers, which include platforms like Highsnobiety, Hypebeast and Complex, appeared when Just for Kicks was presented to the public and that today are seen as benchmarks in the urban fashion and information sector at large. The work by Thibaut de Longeville remains a passionate contribution, made by a sneakerhead for all sneakerheads, a documentary bearing no expiration date – it paved the way for a new proselytism, increasing the awareness of the sneaker religionists.
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Pare che il blu evochi serenità, sicurezza, affidabilità. Nel 1999 alcune zone di Glasgow, in Scozia, furono abbellite con file di lampioni a luce blu per l’illuminazione notturna: da allora, i crimini nelle aree illuminate di blu sarebbero calati. Lo stesso esperimento fu tentato, nel 2005, in alcuni quartieri della prefettura di Nara, Giappone: il risultato? Furti, rapine e aggressioni diminuiti del 9%, tanto che dal 2009 LED di questo colore sono stati sistemati anche in molte stazioni ferroviarie nipponiche, con l’intento di ridurre i tentativi di suicidio. Gli esperti di marketing hanno scritto decine di libri sugli effetti psicologici dei colori, ma non c’è bisogno di una preparazione universitaria per capire che sicurezza e affidabilità sono due tra le qualità che tutti quanti vorrebbero in un compagno di squadra. E che facilmente ci ricordano il Michael Jordan dei due three-peat con i Chicago Bulls. In quella squadra, quando le cose si mettevano male, c’era una tattica sola, checché ne dicesse il coach Phil Jackson: palla a Michael. Sicurezza, affidabilità, e canestri impossibili, magari proprio sul buzzer di fine partita. Sarà per questo motivo, che le Air Jordan vestite di blu sono state sempre amatissime da collezionisti e appassionati, che le venerano allo stesso modo delle combinazioni di colore rosse e nere 100% Bulls. E proprio negli ultimi mesi, a cavallo tra 2014 e 2015, sono tornati sugli scaffali tre storici modelli del brand Jordan fortemente caratterizzati dalla presenza di tonalità blu sulla tomaia. Vediamoli nel dettaglio.
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It’s told that the color blue elicits calmness, confidence, reliability. In 1999 some areas of Glasgow, Scotland, were embellished by implanting rows of street lamps shedding blue light during the night. Since then the crimes in the blue-lit areas seems to be diminished. The same experiment was tried in 2005 in some neighborhoods of the Nara prefecture, in Japan. And guess what? Thefts, robberies, and assaults have diminished by 9%. As a result a number of blue LED were introduced starting 2009 in several Japanese railway stations with a view to lower the suicidal attempts figure. The marketing experts wrote many books on the psychological effects of colors, but there is no need to have a PhD to understand that confidence and reliability are traits that anyone would want to find in their team-mates. And this reminds us of Michael Jordan and the three-peat he performed (twice) with the Chicago Bulls. In that team, when the things were taking a bad turn, there was a unique strategy (whatever the coach Phil Jackson might say): pass the ball to Michael. Confidence, reliability, and impossible points – at times during the end-of-game buzzer. It may be the reason why the Air Jordan in blue was always much beloved by both collectors and fans, who adore it to the same degree as the black and red combinations 100% Bulls. And during the last few months (across the old and new year) three historic models by Jordan characterized by the presence of a blue shade on the upper got back on the shelves. Let us see them in detail.
air jordan xi Le prime ad arrivare, il 20 dicembre 2014, sono state le Air Jordan XI nella colorazione White/Legend BlueBlack. Come tutte le release Jordan di fine anno, hanno causato un vero e proprio terremoto mediatico negli Stati Uniti. E anche qualche episodio spiacevole, come la dispersione - con le maniere forti - da parte della polizia di un gruppo di camp-outer che si era radunato di fronte a un centro commerciale in Ohio. Il blu “Legend” sulla suola di queste sneakers, indossate per la prima volta da Michael Jordan durante l’All-Star Game del 1996, era nato per ricordare il colore sociale della squadra di basket NCAA dell’Università del North Carolina (UNC), che ha lanciato la carriera del signor Air. E proprio i giocatori dell’UNC stagione 2014-2015 hanno offerto l’omaggio più significativo a Michael: all’inizio del match giocato il 21 dicembre contro Ohio State, l’intero team si è presentato sul parquet indossando quelle stesse Air Jordan XI che stavano diventando le più ricercate d’America. Inutile dire che la partita è stata vinta, 82 a 74. It’s gotta be the shoes.
The first to come (on the 20th of December 2014) was the Air Jordan XI in the White/Legend Blue-Black coloring. Like all end-of-the-year releases by Jordan they caused a real media earthquake in the US. Including some disappointing episodes like the violent suppression by the police of a group of camp-outers who gathered in front of a mall in Ohio. The ‘Legend’ blue on the sole of this model (who was first worn by Michael Jordan during the 1996 All Star Game) was introduced to remember the social coloring of the basketball team NCAA of the University of North Carolina (UNC) whence the career of mister Air started off. Indeed the UNC players during the season 2014-2015 made the most significant tribute to Michael – at the beginning of the match against the Ohio State on 21st December 2014, the whole team entered the parquet wearing exactly that Air Jordan XI, that was becoming the most sought-after in the US. Needless to say, that the match was won by 82 to 74. It’s gotta be the shoes.
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air jordan iv Il 10 gennaio 2015 ecco riapparire le Air Jordan IV nella colorazione White/Legend Blue-Midnight Navy, vista per la prima volta nel 1999 come parte del programma Retro Plus, una serie di ri-edizioni di modello storici Jordan - le Air Jordan IV erano nate nel 1989, quindi esattamente un decennio prima - con nuove combinazioni di colore. Qui il blu “Legend” veste in effetti solo i loghi Jumpman, mentre gli accenti più visibili sulla tomaia rimangono quelli scurissimi del blu “Midnight Navy”. L’interesse nei confronti di questa uscita nasce soprattuto dal fatto che con essa inizia una nuova serie di modelli retro Jordan chiamata “Remastered”, che nelle intenzioni del brand dovrebbero riportare la qualità agli alti livelli degli anni Novanta, per rispondere nel modo giusto alle forti critiche che hanno investito le ultime release. Dunque, queste Air Jordan IV meritano davvero l’appellativo “Remastered”? Gli appassionati si sono divisi sul punto, ma crediamo di poter affermare - senza timore di essere smentiti - che si tratta di un notevole passo in avanti dal punto di vista dei materiali, mentre la qualità costruttiva ha ancora bisogno di una messa a punto: troppo frequenti ad esempio le sbavature di vernice, soprattutto nei dettagli dell’intersuola, per scarpe tanto costose. In ogni caso, le centinaia di migliaia di paia vendute in poche ore sono solo la prima storia di successo del marchio Jumpman in questo trentesimo anno di attività. On January 10th the Air Jordan IV has made a comeback in the White/Legend Blue-Midnight Navy coloring first appeared in 1999 as a part of the Retro Plus program, a series of re-releases of historic models by Jordan (the Air Jordan IV was born in 1989, so exactly a decade before) wearing new color combinations. Here the ‘Legend’ blue covers in fact only the Jumpman logos, while the most visible accents on the upper are the darker hues of the Midnight Navy blue. The interest with this new release comes from the fact that it starts a new series of Jordan retro models called Remastered which according to the brand’s anticipations should bring the quality back to the top levels of the Nineties, in order to give a satisfying answer to the criticisms that targeted the latest releases. So will this Air Jordan IV really deserve the name of Remastered? There is debate among the fans, but we think we can say (without fear of contradiction) that, from the point of view of materials, it’s a remarkable step beyond, whereas the constructive quality still needs a finishing – for example too often (for such an expensive model) we see the paint smears, especially when it comes to the midsole details. In any case, the hundreds of thousands pairs that were sold in the early few hours are the first successful experience of the Jumpman brand in this thirtieth year of activity. Sneakersmagazine magazine 62 Sneakers
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air jordan vii Ultime ad arrivare sugli scaffali, le Air Jordan VII nella colorazione White/French Blue-University Blue-Flint Grey. Seconda uscita della serie “Remastered”, e secondo ritorno per un modello Retro Plus, lanciato sul mercato per la prima - e unica, finora - volta nel 2002. La particolarità che subito salta all’occhio è la nuova scatola nera con accenti oro, che celebra il trentesimo anniversario del marchio Jumpman e che dovrebbe accompagnare i remake Remastered lungo tutto l’arco del 2015: niente male, una di quelle cose che fanno felici i collezionisti. Per il resto, si tratta di una versione in tutto e per tutto simile a quella del 2002, eccezion fatta per la linguetta in neoprene e la finitura della vernice sull’intersuola, un po’ più lucida rispetto al modello originale.
Latest shoe that arrived on the shelves, the Air Jordan VII in the White/French Blue-University Blue-Flint Grey coloring. Second issue of the Remastered series, and second round for a Retro Plus model, launched on the market for the first (and, so far, last) time in 2002. The special feature that clearly leaps out is the black box with golden accents, celebrating the thirtieth anniversary of the Jumpman brand and which should accompany the Remastered remakes through the whole 2015. Not bad – one of those programs that tend to excite the collectors. On the other hand, it’s a version fully reminiscent of the 2002 version, except for the tongue in neoprene and the paint finishing on the midsole, a bit glossier than the original model.
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PATTA x CARHARTT
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A fine 2013, l’apertura di un flagship store del sub brand Work in Progress, dedicato da Carhartt al pubblico europeo più fashion-oriented, in quel di Amsterdam. Un anno più tardi, ecco la collaborazione del colosso del workwear americano con il punto di riferimento fondamentale degli sneakerhead olandesi, Patta. Inevitabilmente non ci sono scarpe, in questa collezione-capsula arrivata sugli scaffali poco più di un mese fa (e in molti casi, già esaurita), ma pochi pezzi di abbigliamento dallo stile minimale, declinati nei colori tipici Carhartt: nero e marrone “Hamilton”. Il titolo del progetto è “Wild at Hartt”, ma in realtà qui c’è poco di “selvaggio”: piuttosto un idea di streetwear basic, ispirata ovviamente ai classici indumenti da lavoro americani, che sintetizza perfettamente l’appropriazione del marchio Carhartt da parte delle subculture metropolitane nell’ultimo quarto di secolo.
By the end of 2013 the opening of a flagship store of the sub-brand Work in Progress, dedicated by Carhartt to the most fashion-oriented European public, located in Amsterdam. A year later, here’s the collaboration of a giant of the American work-wear with the reference point of the Dutch sneakerheads, Patta. There are inevitably no shoes in this capsule-collection that reached the shelves a bit more than a month ago (and in many cases, already sold out), but only a few garment item featuring a minimal style, exhibiting the typical Carhartt colorings – black and brown Hamilton. The title of the project is ‘Wild at Hartt’, but in fact there is hardly anything wild here. Rather there is an idea of basic street-wear (inspired, of course, by the classic American clothes-for-work) that reflects the attraction of the brand Carhatt by the urban subcultures during the last 25 years. 64
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ALIFE x PUMA
SUEDE & R698 L.E.S. è una sigla magica, per i newyorchesi. Sta per Lower East Side, un pezzo di Manhattan stretto tra l’East River da una parte e Little Italy/Chinatown dall’altra. Un tempo era un vivace melting pot di immigrati di ogni provenienza, oggi è punteggiato di locali di ogni genere e frequentato dagli hipster che hanno occupato l’altra sponda del fiume, al di là del Williamsburg Bridge. Nel cuore pulsante di questo quartiere sempre all’avanguardia, al numero 158 di Rivington Street, ha aperto i battenti nel 1999 Alife, concept store che alla passione per le sneakers ha sempre coniugato l’interesse per arte, musica e creatività in generale. Alife da oltre quindici anni è un punto di riferimento a New York: non solo per le sue collezioni moda, ma anche grazie all’organizzazione di eventi musicali e mostre d’arte. Un percorso che si muove tra mainstream e underground, senza mai dimenticare la lezione fondamentale: “la verità viene sempre dalla strada.” Con la collezione primavera/estate 2015 arriveranno sugli scaffali dei rivenditori Puma due limited edition progettate in stretta collaborazione con il team creativo di Alife: da una parte le running R698, in una versione cromata che non potrà lasciare indifferenti collezionisti e appassionati; dall’altra le classiche Suede, riviste con nuove colorazioni asimmetriche e un paio di lacci speciali che celebrano i 15 anni di storia di Alife.
To a New Yorker L.E.S. is an evocative acronym. It stands for the Lower East Side – a piece of Manhattan sandwiched between the East River and Little Italy and Chinatown. Some time ago it was a lively melting pot of immigrants from the four corners of the world. Today it’s punctuated with every kind of restaurants and patronized by the hipsters who occupied the other side of the river at the end of Williamsburg bridge. In the bursting heart of this avant-garde neighborhood, at 158 Rivington Street, Alife (a concept store who combines a passion for sneakers with a liking for art, music and creativity at large) opened up in 1999. And for the last fifteen years it has been a reference point in New York, not only for its fashion collections, but also for the organization of musical events and art exhibitions. A path that unwinds through mainstream and underground trends, always mindful of the fundamental insight: the truth comes always from the street. When it comes to the 2015 spring-summer collection, the shelves of Puma resellers will star two limited editions designed in close collaboration with Alife’s creative team. On the one hand, the running R698, in a chromium-plated version that will not leave the collectors and fans cold. On the other hand, the classic Suede, bearing new asymmetric colorings and a pair of special laces to pay homage to the 15 years of Alife’s history. 66
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BWGH x PUMA
R698 & xt2 David Obadia e Nelson Hassan amano da sempre esplorare la cultura urbana e hanno iniziato a progettare la loro prima collezione di felpe in un piccolo studio a Parigi nel 2010. È nato così, in modo semplice e naturale, il marchio Brooklyn We Go Hard (per gli amici, BWGH), che in cinque anni è diventato un punto di riferimento per l’intera street culture europea: David e Nelson hanno messo insieme una squadra di giovani fotografi, organizzato un impressionante numero di eventi culturali, pubblicato riviste... Insomma, la moda è solo uno dei punti della loro attività: più di ogni altra cosa, Brooklyn We Go Hard vuole essere un catalizzatore di energie positive provenienti dalle strade della capitale francese. Ma al di là di ogni discorso teorico, BWGH continua a sfornare prodotti dotati di grande stile: ecco spiegato il successo della loro prima collaborazione con Puma, prontamente ripetuta per una seconda stagione in questa primavera/estate 2015. Protagoniste le classiche running dotate della tecnologia Trinomic R698 e XT2, proposte questa volta in ben sei colorazioni differenti, tutte quante a tiratura limitatissima.
David Obadia and Nelson Hassan always loved the urban culture, and started to design their first collection of sweatshirts in a small Paris studio in 2010. This is how it was born, through a fairly spontaneous process, the brand Brooklyn We Go Hard (aka BWGH), that over the last five years became a reference point for the whole European street culture. David and Nelson enlisted a team of young photographers, organized an astonishing number of cultural events, and published magazines… Fashion, in other words, is only one part of their activity because Brooklyn We Go Hard, more than anything else, purports to work as a catalyst of positive energies from the streets of the French capital. Leaving all speculation aside, BWGH goes on churning out more and more stylish products. This is what explains the success enjoyed by their first collaboration with Puma, enthusiastically replicated for the coming spring-summer 2015. The R698 and the XT2, two classic running shoes featuring Trinomic technology, are the protagonists. This time released in six different colorings, all in very limited edition. Sneakersmagazine
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Tra le proposte più basic e classiche del catalogo New York Yankees Footwear per l’imminente stagione estiva troviamo le nuove Sunya Low: design semplice ispirato a una silhouette tipicamente skate ma ideale anche per un uso casual, con tomaia in tela e suola vulcanizzata con sidestripe a contrasto, più l’inconfondibile logo della squadra di baseball più nota al mondo (dopo essere stato presente sulle maglie di giocatori entrati nella leggenda e conosciuti anche al di fuori dei confini americani come Babe Ruth, Lou Gehrig, Mickey Mantle, Joe Di Maggio) ricamato sul fianco. Among the more basic and classic models from the New York Yankees Footwear catalogue for the coming summer season we find the Sunya Low. A simple design inspired by a typically skate silhouette that is perfectly ok for casual occasions too, featuring a upper in canvas and vulcanized sole with a contrasting sidestripe, plus the unmistakable logo of the most famous basketball team in the world embroidered on the side (it appeared for so long over the t-shirts of players like Babe Ruth, Lou Gehrig, Mickey Mantle, Joe Di Maggio who’ve become a legend and are still beloved over the world).
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PYTHON-BOA Abbiamo seguito il marchio Iza-Boa sin dalla prima collezione, presentata al pubblico un paio di anni fa, e ci è piaciuta da subito l’idea di scarpe capaci di ibridare stile casual e ispirazione workwear, e allo stesso tempo caratterizzate da un’altissima qualità costruttiva Made in Italy. Era solo questione di tempo prima che il brand veneto, fondato da due esperti manager del settore calzaturiero, espandesse i suoi orizzonti verso il mondo delle sneakers: succede in questa primavera estate 2015, con il lancio delle prime vere sportive a tutto tondo che portano impresso il marchio del serpente. Proprio la pelle di serpente è il tema attorno al quale viene sviluppato lo stile delle Python-Boa: non è però la tomaia a portare il disegno snakeskin, ma la suola in gomma, ennesima dimostrazione dell’approccio davvero originale del marchio Iza-Boa. La tomaia delle Python-Boa si distingue per l’impiego di pellami non tradizionali, caratterizzati da imperfezioni casuali che permettono di ottenere un look vissuto istantaneo, senza essere costretti a usare processi d’invecchiamento artificiale. Gli artigiani Iza-Boa manipolano le pelli prima, e poi le scarpe, per esaltare o ammorbidire i segni indelebili lasciati dal tempo, ricontestualizzandoli su ogni singola scarpa che in questo modo assume un’identità diversa da ogni altra. Questo particolare stile di lavorazione è stato battezzato “Relic”, e offre allo sguardo una inconfondibile patina vintage originale. We followed the brand Iza-Boa since its first collection, presented to the public a couple of years ago, and since the beginning we liked the notion of shoes designed to conjoin casual style and work-wear inspiration, and at the same time characterized by a terrific constructive quality Made in Italy. It was only a matter of time before the Venetian brand, founded by two expert managers from the shoe industry, started to expand their horizons towards the sneakers world. It’s happening right now, on the occasion of the spring-summer 2015, through the launch of the first really sports shoes bearing the snake brand. For the content of this Python-Boa revolves entirely around the snake leather. Except that this time the snakeskin pattern is peeping through the sole, not the upper – and that is another sign of the original attitude of mind marking the brand Iza-Boa. The upper of the Python-Boa is characterized by the use of nontraditional hides, punctuated by random imperfections that give the shoe an instant worn-out look, without the need of any artificial ageing process. The craftsmen at Iza-Boa manipulated both the hides, and then the shoes, with a view to intensifying or softening the indelible sings of time, thus re-contextualizing them on every single shoe that in this way takes on an identity of its own that marks it from any other. This particular mode of manufacturing was called Relic, and it offers an unmistakable original vintage patina to the eye. Sneakersmagazine
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Il 1993 è l’anno del debutto del David Letterman Show, di Doom e dell’Unione Europea. Ma anche - guardando al nostro settore di riferimento - delle Gel Lyte V di Asics. Nonostante la concorrenza di modelli eccezionali - tanto per fare qualche nome: Air Jordan VIII, New Balance 998, Saucony Jazz 4000 e naturalmente Nike Air Max 93 - le Gel Lyte V sono riuscite a ritagliarsi uno spazio importante nel cuore degli appassionati, e di tutti i ragazzi degli anni Novanta. L’elemento distintivo di queste running storiche è senza dubbio il calzino in neoprene, che rendeva più confortevole la calzata e aumentava la stabilità del piede all’interno delle scarpe: questo e altri particolari del design rendono le Gel Lyte V apprezzatissime ancora oggi, a più di vent’anni di distanza. A dimostrarlo, ci sono le molte edizioni collaborative realizzate dalla casa giapponese nel corso delle ultime stagioni. Ma in questa primavera/estate 2015 non ci sono solo collabo: anche le colorazioni di linea sono davvero efficaci, come ampiamente provato da queste versioni monocrome in suede di alta qualità, un paio verde scuro e un paio grigio. In vendita nei migliori sneakers stores del mondo.
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GEL LYTE V ‘PREMIUM SUEDE’ The 1993 was the year of debut for: the David Letterman Show, Doom, and the European Union. But also (when it comes to our area of competence) of the Asics Gel Lyte V. Notwithstanding the competition of some exceptional models (just to mention a few: the Air Jordan VIII, the New Balance 998, the Saucony Jazz 4000 and of course the Nike Air Max 93) the Gel Lyte V managed to occupy a central place in the fans’ hearts, as in the mind of the whole Nineties generation. The distinctive thing of this running model was by all means the sock in neoprene, which would render the shoe more comfortable while enhancing the food stability within the shoe. This and other elements of design still render the Gel Lyte V much appreciated today – after more than 20 years. That this is so is confirmed by the many collaborative editions realized by the Japanese company over the last few seasons. But for the coming spring-summer 2015 the usual collaborations aren’t all there is to it; for the default colorings are also compelling, as testified by these monochromatic versions in high quality suede: one in dark green, the other in grey. For sale in the best sneakers stores in the world.
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CARNABY EVO
Il marchio simbolo dell’eleganza sportiva francese trova ancora una volta ispirazione nello stile del suo fondatore, il “coccodrillo” René Lacoste: imbattibile campione del tennis all’alba del ventesimo secolo, artefice principale delle sei vittorie francesi in coppa Davis nello stesso periodo, poi imprenditore geniale, inventore della polo in cotone pique e della racchetta da tennis in acciaio. Questa volta però a finire sotto i riflettori è la vita privata del patriarca, e precisamente il suo felice matrimonio con la campionessa di golf Simone de la Chaume: per la collezione spring/summer 2015, infatti, Lacoste ripropone l’eleganza sofisticata e minimale che da sempre si ritrova sui green su cui viene giocato questo nobile sport. La nuova versione delle Carnaby Evo che scopriremo sugli scaffali a primavera rappresenta un perfetto esempio di ibridazione: una silhouette di ispirazione inconfondibilmente court viene rivista con lo stile chic che ci potremmo aspettare di trovare anche su di un percorso a 18 buche. Dunque, tomaia e interno in pelle premium monocroma, con branding sobrio ed elegante: il classico coccodrillo della maison francese è lavorato a sbalzo sul lato della tomaia e dietro la caviglia. In bianco totale, oppure con tomaia nera a contrastare il bianco della suola. The brand epitomizing French sport elegance was inspired once again by the style of its founder, the crocodile René Lacoste – an unbeatable tennis champion in the early twentieth century, a major contributor to the six French victories in the Davis cup during the same period of time, then a clever entrepreneur who invented the polo t-shirt in piqué cotton and the tennis racket in steel. This time it’s the founder’s private life to have come under the spotlight – more precisely his happy wedding with the golf championship Simone de la Chaume. For within the 2015 spring-summer collection Lacoste re-releases the precious and minimal elegance that always adorned the greens over which this noble sports is still practiced. The new version of the Carnaby Evo that we’ll find on the shelves next spring represents a perfect example of hybridization. A shoe exhibiting a court-inspired silhouette gets reinvented through a typical chic aura you might expect to see also on a 18-hole golf course. That is, upper and lining in monochrome premium leather, and a sober and elegant branding: the classic crocodile representing the French maison embossed on the side of the upper and behind the ankle. In total white, or with a black upper to contrast the white sole. Sneakersmagazine magazine 78 Sneakers
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Sotto i dread locks, c’è molto. E infatti, Nyjah Huston - portoricano/californiano classe 1994 - di recente ha tagliato i lunghi capelli che l’avevano fatto diventare personaggio da copertina nelle scorse stagioni di skate. Quelli se ne sono andati, il talento è rimasto: il 2014 è stato probabilmente l’anno migliore nella breve e sfolgorante carriera di Nyjah, che ormai da un paio di stagioni vince ogni gara a cui si presenti. Non stupisce dunque che DC Shoes coccoli il suo ultimo idolo delle folle con un paio di signature shoes nuove fiammanti, le N2, che promettono di essere le scarpe da skate più resistenti di sempre: il marchio americano ha infatti sviluppato una nuova mescola di gomma chiamata Super Rubber, che garantisce il 50% di resistenza in più rispetto ai materiali comuni, offrendo al contempo maggiore sensibilità sulla tavola e grip notevole. In questo modo la suola “pareggia” le performance della tomaia realizzata in pelle scamosciata Super Suede, creata anni fa e nota tra gli skater per la sua capacità di allungare di un bel pezzo la vita delle scarpe. Dunque, sia suola che tomaia promettono di rendere le N2 pressoché indistruttibili. Ma non finisce qui: la fodera antibatterica interna in Ortholite e i fori di areazione permettono la massima traspirazione del piede, mentre la linguetta imbottita conferisce un elevatissimo comfort. Infine la soletta super performante realizzata con tecnologia Impact G e posizionata nella zona del tallone permette un ulteriore assorbimento degli urti, anche durante un utilizzo prolungato nel tempo. Certo, il look ipertecnologico potrebbe far storcere il naso a qualche purista dello stile classico... ma il futuro è oggi, e non c’è spazio per la nostalgia. 80
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DC SHOES
N2
Behind the dreadlocks, we find a man. Indeed, Nyiah Huston (a Portorican-Californian guy born in 1994) got a haircut and so renounced a major detail that helped him becoming a cover-magazine celebrity during the last few seasons. So the hair is gone, but the talent remains and the 2014 was probably the best year in the short and shining career of Nyjah, who’s been winning many competitions in the last few seasons. No wonder then if DC Shoes cuddles their latest hero by releasing a pair of fresh new signature shoe, the N2, which has the premises to be the more resistant skate model of all times. Indeed the American brand developed a new mixture of rubber called Super Rubber that grants the skater the 50% of additional resistance compared to common materials, thus offering him more sensitivity and grip on the board. In this way the sole equals the performance of the upper in chamois leather called Super Suede, invented a few years ago and already famous among the skaters for its capacity to prolong the shoe’s life. Thus both the sole and the upper are now capable of rendering the N2 almost indestructible. This isn’t the end of the story, however, because the antibacterial lining in Ortholite and the aeration holes enable the highest perspiration to the foot, while the padded tongue grants an unprecedented comfort. Last not least, a super performing insole with Impact G technology right below the heel allows a high shock-absorption ratio, even after a long-lasting use. Admittedly, the hyper technological look might embitter a bit the purists of classic silhouettes. But the future is now, there is no reason to be nostalgic. Sneakersmagazine
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New Vans Vault models are coming: designed by Taka Hayashi, a Japan-Californian artist, illustrator, skater and pioneer of the street-sports between the Eighties and Nineties. It’s become a constant appointment the collection marked by the initials TH, and we surely won’t complain: the sneakers designed by Hayashi are always different from the usual Vans models. This TH Court Lo LX isn’t an exception, with its look that positions itself midway between skate and classic tennis, premium materials and a constructive quality decidedly higher than the rest of Vans catalogue (and this will be reflected by the price tag).
In arrivo nuovi modelli Vans Vault disegnati da Taka Hayashi, artista, illustratore, skater nippo-californiano e pioniere degli sport di strada tra Ottanta e Novanta. Ormai si tratta di un appuntamento fisso a ogni stagione, quello con la collezione contraddistinta dalle iniziali TH, e la cosa non ci dispiace: le sneakers disegnata da Hayashi sono sempre diverse dalle solite Vans. Queste TH Court Lo LX non rappresentano certo un’eccezione, con il loro look a metà tra skate e tennis classico, materiali premium e una qualità costruttiva senza dubbio più alta rispetto al resto del catalogo Vans (che si riflette inevitabilmente sul cartellino del prezzo). 82
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TAKA HAYASHI x VANS VAULT
TH COURT LO LX
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A settembre vi abbiamo raccontato l’inaugurazione della House of Vans di Londra, un progetto è a dir poco grandioso, aperto a fine estate dopo un anno di lavori: una struttura enorme, suddivisa in cinque tunnel e nascosta sotto la Waterloo Station della capitale inglese, che nelle intenzioni del brand diventerà uno spazio creativo aperto a tutti, cinque giorni alla settimana. Con arte, musica, e naturalmente skate. Ma House of Vans, più che un luogo, è un’idea lanciata dal brand americano: una piattaforma creativa dedita alla costruzione di eventi capaci di incanalare le energie creative di alcune tra le metropoli più vive del mondo globalizzato. Ecco spiegato lo sbarco di House of Vans anche a Berlino, Sneakersmagazine magazine 84 Sneakers
all’interno di alcuni magazzini industriali dismessi della zona di Friedrichshain: Neue Heimat, “nuova patria”, è il nome della struttura che ha ospitato, il 20 gennaio scorso, un party capace di mettere insieme grandi nomi dell’elettronica tedesca (Hotflush DJs) e inglese (The Bug), senza dimenticare - non c’è neanche bisogno di dirlo - lo skate. Prima della festa infatti, spazio al Bright European Skateboard Awards, gli oscar europei della tavola a rotelle. Tra i vincitori anche diversi appartenenti al team Vans, come il giovane olandese Daan Van Der Linden, che si è portato a casa il titolo di Rookie of the Year. Ma il premio più importante, Kingpin European Skateboarder of the Year, è andato al lettone Madars Apse.
HOUSE OF VANS berlin
Last September we told you about the inauguration of the House of Vans in London, which is really a grand project (to say the least): it opened up at the end of summer after a year of works. This huge structure, comprised of five tunnels under the Waterloo Station, according to the brand’s blueprint should become a creative space open to everybody, five days a week, featuring art, music and, of course, skate. Even more than a place, the House of Vans is a big idea launched by the American brand, a creative platform dedicated to the organization of events capable of canalizing the creative energies of one the most lively cities over the world. This is what explains the opening of
another House of Vans in Berlin, in the vicinity of an abandoned industrial complex in the Friedrichshain neighborhood. Neue Heimat (meaning New Homeland) is the name of the structure that on the 20th of January hosted a party which gathered some great names from the German (Hotflush DJs) and English electronics (The Bug), with a focus – needless to say – on skate. Before the party, the Bright European Skateboard Awards (the European Oscar of skateboard) took place. Among the winners some members of the Vans team, like the young Dutch Daan Van Der Linden, who got the title of Rookie of the Year. The most important prize, the Kingpin European Skateboarder of the Year, was awarded to the Latvian Madars Apse. magazine Sneakersmagazine
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NIKE
FREE SB A Beaverton va forte l’ibrido: Nike ormai ha abituato il mercato al remix di modelli storici, che vengono reinventati, uniti tra loro, evoluti. Ma questa è davvero una novità inaspettata: la leggerezza e la flessibilità della suola “Natural Motion” della linea running Free incontra lo skate. Il problema, naturalmente, è che le scarpe da skate devono essere dotate di una notevole resistenza, a causa degli abusi a cui sono inevitabilmente sottoposte da chi usa la tavola quotidianamente. Così, il settore ricerca & sviluppo dello Swoosh ha rinforzato la suola Free che conosciamo, e il risultato promette di coniugare durevolezza e board feel a livellimai visti prima. Annunciate con due colorazioni in limited edition “QuickStrike”, le Nike Free SB sono arrivate definitivamente sugli scaffali a gennaio. Non vediamo l’ora di provarle ai piedi...
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NIKE FREE SB
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In Beaverton the hybrid whoops it up – and Nike has accustomed the market to their historic models being remixed, reinvented, combined, and interbred. But this is really an unexpected invention – the lightness and flexibility of the sole ‘Natural Motion’ (in the running line Free) meeting the skateboarders’ needs. The thing is that skate shoes have to possess a high resistance due to the shocks to which they are inevitably submitted by those who use the board on a daily basis. So the Research and Development department of the Swoosh decided to reinforce the Free sole we already knew, and the outcome seems to conjoin durability and board feel on an unprecedented number of levels. The Nike Free SB (released in two colorings in QuickStrike limited edition) finally reached the shelves in January. We look forward to try them on.
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FLUFF MAGAZINE x NIKE SB
1826 BOOK
Romanzi-fiume come Infinite Jest di David Foster Wallace, e perfino l’Ulisse di Joyce, sono racconti brevi al confronto: il libro prodotto da Nike SB con la collaborazione di Fluff Magazine, rivista olandese dedicata allo skateboard, conta ben 1826 pagine, per un peso di svariati chili. Ovviamente, viste le dimensioni, si tratta di un oggetto di arredamento più che di un libro. E contiene pochissime parole, per lasciare spazio alle immagini scattate dal fotografo Marcel Veldman agli skater del team Nike SB, nell’arco di un viaggio attraverso i cinque continenti durato quasi un lustro. Per la precisione, 1826 giorni: uno per ogni pagina. Vero skate porn per gli appassionati.
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Interminable novels like Infinite Jest by David Foster Wallace, or even the Ulysses by Joyce, become short stories by comparison: the book produced by Nike SB with the collaboration of Fluff Magazine, a Dutch magazine about skateboard, is comprised of 1826 pages, and amounts to a few kilograms. Of course, given these dimensions, it’s an interior design project more than a book. And it contains very few words, so all the room is left to the images taken by photographer Marcel Veldman who portrayed the skaters of the Nike SB team, during a journey across the five continents that lasted almost five years – more precisely 1,826 days, one for each page. A real skate porn for the fans.
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Vintage&Deadstock
SNEAKERs
J
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Vintage&Deadstock SNEAKERs
NIKE Miami
M ade in u sa - 198 2
La città della Florida è nota in tutto il mondo per le spiaggie e il clima tropicale (pare che da quelle parti la temperatura non scende mai sotto i quindici gradi), più che per il tennis. Eppure il torneo che vi si svolge dalla metà degli anni Ottanta ha visto tra i vincitori giganti della racchetta come Andre Agassi, Ivan Lendl e Roger Federer. Quindi in fondo non è così strano che Miami abbia dato il nome a un modello 100% court del catalogo Nike, molto simile alle Wimbledon e alle Tennis Classic. Dire tennis in casa Nike significa dire John McEnroe, il giocatore più irascibile della storia statunitense, che tra gli anni Settanta e Ottanta ha indossato tutti i modelli storici prodotti a Beaverton. Un’icona made in Usa, come le Miami - che infatti sono rimaste un’esclusiva americana, e mai arrivate sul mercato europeo. Oggi però il mercato del vintage è globale, e dunque il valore delle Miami si può misurare, in dollari: duecento, per la precisione. Sneakersmagazine
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NIKE Miami Admittedly, Miami, Florida is more famous for its beaches and tropical weather (the temperature goes hardly below 15° C), than for tennis. But the tennis tournament that continued to take place in Miami since the mid Eighties consecrated a lot of racket giants like the champions Andre Agassi, Ivan Lendl, and Roger Federer. So it’s definitely no surprise after all that Miami gave its name to an purely court model of the Nike catalogue, very similar to the Wimbledon and the Tennis Classic. Uttering the word ‘tennis’ in connection with Nike is tantamount to evoking John McEnroe, the most irascible player of the American history, who wore all the historic models produced in Beaverton during the Seventies and Eighties – another icon made in the Us, like the Miami, that remained an American exclusive, and never reached the European market. Now that the vintage market has become global, the worth of the Miami can be measured in dollars, and it’s 200. 94
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NIKE
Air Strong M ade in Taiwan - 1994
Ogni modello è legato a doppio filo a una faccia, nella storia delle sneakers da basket americane: le Air Strong di Nike, ad esempio, sono legate a quella di Alonzo Mourning, gigante originario della Virginia e storico centro dei Miami Heat. Oltre ad aver vinto il titolo proprio con gli Heat nella fase finale della sua carriera, ha collezionato sette apparizioni all’All Star Game oltre a una lunga serie di riconoscimenti. Oggi la squadra di Miami ha ritirato la sua maglia con il numero 33, ma gli appassionati si ricordano bene le sue Air Strong, caratterizzate dal sockliner imbottito con linguetta in mesh a maglie larghe. Strano che a Beaverton non abbiano ancora prodotto un retro model, forse pensando che una silhouette cosÏ particolare potrebbe scontrarsi con i gusti del pubblico dei Duemila.
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NIKE Air Strong
In the history of the American basketball sneakers every model is closely knit to a face. The Nike Air Strong, for example, is associated to the face of Alonzo Mourning, a giant from Virginia and a historic center of the Miami Heat. Beside winning the title with the Heat in the early part of his career, he appeared seven times in the All Star Game and collected a long list of awards. Today the team from Miami has withdrawn his t-shirt bearing the number 33, but the fans keep a vivid memory of his Air Strong characterized by a padded sockliner with tongue in wide-mesh. Strangely enough, no retro model has been attempted so far in Beaverton – perhaps in the belief that such a particular silhouette might clash with the expectations of today’s public.
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Vans
Urchin M ade in Spain - 1994
A metà degli anni Novanta, Vans stava passando uno dei periodi più difficili della sua storia: a causa della concorrenza di brand come Airwalk e Etnies ha scalzato il marchio della famiglia Van Doren nei cuori degli skater, che sembrano avere fame di novità più che di classici come Sk-8 Hi e Caballero. Anche le Urchin risentono della congiuntura sfavorevole, ricuotendo un successo piuttosto modesto sul mercato. Rimangono però un pezzo di storia, e un must per i collezionisti di skate shoes, peraltro anche piuttosto economico: difficile pagarle più di una settantina di dollari.
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In the mid Nineties Vans was experiencing one of its most difficult periods. Due to the competition of brands like Airwalk and Etnies substituted for the brand founded by the Van Doren family in the hearts of all skaters, who apparently were hungry of new models rather than classics like the Sk-8 Hi and the Caballero. Also the Urchin suffered from the negative circumstances and was hardly a success on the market. It remains nonetheless a piece of history and a must for all collectors of skate shoes, being also quite cheap – it’s price goes rarely above 70 bucks.
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airwalk Groovy
M ade in Korea - 1989
Eccole qua, le concorrenti principali di Vans negli anni Novanta. A dire la verità, però, queste Airwalk assomigliano (molto) di più alle classiche Converse Chuck Taylor All Star, con la tomaia in tela alta sulla caviglia e il logo “Airwalk” tondo sul lato interno. Un vero e proprio rip-off, diremmo oggi, ma eseguito con notevole abilità, soprattutto grazie alla stampa allover del simbolo della pace. Dal sapore hippy, sembrano molto adatte alle spiagge di Venice Beach di fine Ottanta. E infatti, non a caso le troviamo spesso ai piedi delle band hardcore californiane di quel periodo, su fotografie che possiamo ormai a ragion veduta definire d’epoca. Non si può dire che il collezionismo di Airwalk vintage sia granché sviluppato, in questi anni, e dunque non stupisce se il valore difficilmente supera i cento dollari. Here is the main competitor of Vans during the Nineties. To be honest, however, this Airwalk is much more reminiscent of the classic Converse Chuck Taylor All Star, with upper in canvas reaching the ankle and the round Airwalk logo over the internal side. A real rip-off, as we might call it today, but executed with a remarkable competence, mostly thanks to the allover print symbolizing the value of peace. With a hippy flavor, it looks fit to an Eighties Venice Beach environment. Indeed, it’s not a coincidence that we often saw it on the feet of this or that Californian band of the time, in pictures that we can legitimately call old-fashioned. We can’t say that collecting the Airwalk vintage is a trend nowadays, so it’s no wonder if their worth hardly rises above a hundred bucks. 102Sneakersmagazine
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Reebok
ERS Money M ade in KOR E A - 1991
A cavallo tra anni Ottanta e Novanta Reebok puntava molto sulla tecnologia ERS (Energy Return System) che garantiva notevole ammortizzazione e soprattutto prometteva - come da nome - di restituire parte dell’energia prodotta dalla battuta del piede sul terreno. Anche se alla fine fu Nike ad averla vinta sul mercato grazie al sistema Air, l’ERS ebbe il suo momento di gloria, grazie soprattutto al running e al cross training. Le Money sono invece tra le poche scarpe da basket graziate dalla tecnologia ERS, con la suola caratterizzata dai 4 “tunnel” ben visibili sotto il tallone. Ma quello che faceva davvero la differenza era il nome, chiaramente scritto sulla linguetta. Anche se qualcuno potrebbe considerarlo ironico, visto che in fondo le Money altro non erano che alternative economiche alle più costose Pump. E a proposito di soldi: la quotazione di un paio dead stock si aggira intorno ai 150 dollari. In between the Eighties and Nineties Reebok invested a lot on the ERS (Energy Return System) technology which granted a high damping power and promised (as its name suggests) to return part of the energy released by the foot’s impacts on the ground. Although in the end it was Nike who conquered the market through the Air system, the ERS experienced a glory period mainly thanks to the running and cross training sectors. The Money is among the few basketball shoes empowered by the ERS technology, with a sole comprised of 4 tunnels that can be seen below the heel. But what made all the difference was its name inscription, clearly visible on the tongue, however ironic this may appear now, since the Money was nothing after all but a cheap alternative to the more expensive Pump. And by the way, the quotation of a deadstock pair floats around 150 dollars. 104Sneakersmagazine
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adidas ZX310
M ade in FRANCE - 198 6
La linea ZX di adidas è nata nel 1984 per offire una risposta alle necessità dei runner, che si trovano ad affrontare diversi tipi di terreno durante l’attività agonistica. La soluzione proposta dalla casa del trifoglio era un’ampia collezione di sneakers, ognuno progettato per un utilizzo mirato. Le sneakers della linea ZX uscite prima del 1988 sono identificate da numeri a due zeri (da 220 a 930), quelle successive alle Olimpiadi di Seul da numeri a tre zeri (da 4000 a 9000): ecco perché questo modello running del 1986 è identificato da sole tre cifre. Le ZX 310 non sono mai state oggetto di remake, e rimangono piuttosto rare: la quotazione supera facilmente i 400 dollari per un paio dead stock. Un prezzo inevitabilmente destinato a scendere appena la casa tedesca metterà in produzione i modelli retro, come del resto ha fatto di recente con le “sorelle” 710. Queste ultime tra l’altro non sembrano aver avuto il successo che ci aspettavamo, nelle scorse stagioni, e francamente è un peccato.
The ZX line by adidas was born in 1984 to meet the needs of those runners who were confronted with various grounds during their training and sport activities. The solution concocted by the trefoil company was a wide range of models, each of which designed for a specific use. The sneakers in the ZX line released before 1988 are identified by three-digit numbers (from 220 to 930), while those that appeared after the Seul olimpics are called by four-digit numbers (from 4000 to 9000). This is why this 1986 running model is identified by a three-digit number. The ZX 310 was never targeted by a remake and it remains fairly rare – its quotation can easily overcome the threshold of 400 dollars for a deadstock pair. A price that will inevitably go down as soon as the German company will put in production the retro models – as it recently did with the sister-model 710. The latter, by the way, didn’t seem the successful remake one would have expected in the past few seasons, and that’s really a pity.
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NIKE
Air Flight One M ade in korea - 1995
Hanno i colori degli Orlando Magic, e ci mancherebbe: l’uomo che la ha portate alla fama imperitura nei Novanta era la stella di quella squadra. Infatti di lì a poco Anfernee Hardaway avrebbe ottenuto le prime signature shoes della sua carriera, destinate a rimanere nel cuore degli appassionati per gli anni a venire. Ma prima, indossò queste Air Flight One, talmente belle che perfino Michael Jordan ne indossò un paio, naturalmente in una partita contro i Magic. Un solo remake in tempi recenti per questo modello, in una limited edition quickstrike.
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This model bears the colors of the Orlando Magic, and how could it be otherwise? The man who brought it to eternal success during the Nineties was a star in that team. Anfernee Hardaway was about to obtain the first signature shoe in his career, a model that would remain in the fans’ hearts for the next decades. Prior to this, however, he wore this Air Flight One – such a wonderful kick that even Michael Jordan used it, against the Magic, of course. It was only subject to a remake in recent years, for a quickstrike limited edition.
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NIKE Air Fligh One
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