Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
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THE ORIGINAL. SINCE NOW.
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20 / 66 marzo / aprile 2015
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
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Cover19/65.indd 1
collabos 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30
RONNIE FIEG x ASICS GEL SIGHT ‘ATLANTIC’ RONNIE FIEG x ASICS GEL SIGHT ‘PACIFIC’ DKNY x PONY M-100 MAISON KITSUNÉ x REEBOK CLASSIC LEATHER STASH x REEBOK INSTAPUMP FURY ROAD SUPREME x CLARKS WALLABEES MIGHTY HEALTY x REEBOK VENTILATOR CONCEPTS x TIMBERLAND 6 INCH BOOT FEATURE x SAUCONY G9 SHADOW 5 WHITE MOUNTAINEERING x ADIDAS STAN SMITH SNEAKERSNSTUFF x REEBOK VENTILATOR END CLOTHING x ONITSUKA TIGER COLORADO 85
contents 32 38 39 40 44 48 52 54 56 58 60 62 64 68 72 74 80 82 84 86 88 90
adidas SUPERSTAR PUMA TRINOMIC REFLECTIVE PACK SLAM JAM x PUMA STATES & XT2 PLUS adidas Yeezy boost shop size? milano SAUCONY ORIGINALS JAZZ O ‘gum pack’ SPERRY TOP-SIDER Striper Cvo, Striper Slip-On & A/O 2-Eye ‘Hawaiian’ SUPERGA SLIP-ON ASICS TIGER PLATINUM GEL-LYTE III lacoste LIGHT LT12 VOLTA LOW LIGHTWEIGHT ENGINEERED fred perry KARHU ARIA KARHU franco arese interview Converse CHUCK TAYLOR ALL STAR ‘LIMITED’ ACG then and now PIERRE CARDIN ADE BENT & INWARD MID NEW YORK YANKEES footwear DACTEON MAN DC SHOES TONIK SP sergio tacchini CLUB ‘limited edition’ satorisan heisei
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NIKE LE VILLAGE NIKE AIR ICARUS ASICS TIGON 2 ST NEW BALANCE 660 REEBOK PB
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Direttore responsabile Giuseppe Angelo Berto Coordinamento Editoriale Marco Colombo Redazione e testi Andrea Caviggia, Michele R. Serra, Lucia Milvia Maida, Gigi Maneo, Simone Tucci Fotografi Roberto Nangeroni, Sebastiano Pedaci, Giuseppe Repetto, Sergio V. Levi Grafica ArtK Traduzioni Sergio V. Levi Segreteria Daniela Furlan
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editoriale editorial Questo primo spicchio di 2015 non è stato certo avaro di eventi, nel piccolo mondo sneakers. E dopo più di dieci anni di vita, la rivista che tenete tra le mani continua a cercare di seguire le traiettorie - sempre più complesse - del mercato, dello stile e della cultura che ruotano intorno a questi piccoli quanto fondamentali manufatti di pelle, suede, mesh e gomma. A volte è faticoso, beninteso: la fine della stagione invernale e il lancio di quella estiva segna un momento fondamentale per i cicli del fashion business, di cui le sneakers inevitabilmente fanno parte. Dunque, quello che avete davanti è, più che un numero di Sneakers, un tour de force tra idee, progetti e prodotti. E scusate se sembriamo vagamente sciovinisti, ma ci piace iniziare da quelli italiani. Il nostro paese è ancora capace di farsi sentire, grazie a marchi storici come Sergio Tacchini (trovate l’edizione speciale delle Club, realizzate in occasione del Masters di Monte Carlo, a pagina 88) e Superga (oltre alle classiche 2750, in questa estate 2015 arrivano le Slip-On, che potete ammirare a pagina 56), o a brand relativamente nuovi, ma già capaci di suscitare per motivi diversi grande interesse, come Volta (modelli Low Lightweight, a pagina 62) o Ade (le Bent e le Inward Mid sono a pagina 82). C’è un pezzo d’Italia anche nel grande rilancio del marchio Karhu: l’orso finlandese, che spiccava sulle scarpe del grande Paavo Nurmi, è oggi passato nelle mani della famiglia Arese. Noi siamo andati a intervistare Franco Arese, che insieme ai figli si sta prendendo cura di Karhu, forte dell’esperienza maturata nel corso di una lunga carriera sportiva e manageriale: la storia del re dell’atletica italiana dei primi anni Settanta la trovate da pagina 66, insieme al ritorno di uno dei classici modelli Karhu, le Aria dotate di tecnologia Fulcrum. Continuiamo il tour ricordando lo spazio doverosamente dedicato ai grandi brand internazionali che dominano il mercato, da Asics a Saucony, da Lacoste a Converse e DC Shoes: il mondo delle sneakers è ormai globale, e i confini sono solo teorici. Così come la comunicazione e il prodotto, che viaggiano sempre più velocemente: lo dimostra l’arrivo di una catena come size? nel settore retail italiano (intervistiamo i responsabili del negozio di Milano a pagina 46), ma anche l’enorme storia di marketing legata al lancio della prima collezione di sneakers adidas disegnate dal rapper Kanye West (la commentiamo da pagina 40), oppure il rilancio della linea ACG (vi raccontiamo com’era negli anni Novanta, e com’è adesso, da pagina 74) da parte di Nike, effettuata con l’ingaggio di un designer europeo e con una distribuzione esclusiva nella catena globale di negozi gestiti direttamente dal marchio dello Swoosh, i NikeLab. Una stagione intensa, insomma, questa primavera 2015: per rilassarvi dopo aver corso lungo le pagine di questo intero numero, se vi va, potete farvi cullare dai ricordi della nostra sezione vintage. Perché raccontare il presente non significa affatto rinnegare il passato, soprattutto in un settore come il nostro, in cui le radici delle grandi storie continuano a dare buoni frutti, anche a molti decenni di distanza.
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The first quarter of 2015 wasn’t really sparing with events in our small sneaker world. And after more than ten years of life, the magazine you hold in your hands goes on trying to follow the (increasingly difficult) paths of market, of style and culture that revolve around these small but important artifacts in leather, suede, mesh and rubber. Admittedly it can get tiring: the end of winter and the start of spring-summer draws a fundamental line in the cycles of fashion business – of which the sneakers are part and parcel. So what you’re browsing, more than another Sneakers issue, is a tour-de-force among ideas, projects, products. And sorry if you find us a bit chauvinist, but we like to begin with the Italian brands. Our country is still capable of making itself heard, thanks to historical brands like Sergio Tacchini (you can find the special edition of the Club realized for the Monte Carlo Masters on page 88) and Superga (beside the classic 2750, the Slip-On is due out spring summer 2015 as you can see on p. 56), and to brands that although relatively new are already capable of attracting (for this or that reason) much interest: they include Volta (see the Low Lightweight models on page 62) and Ade (the Bent and the Inward Mid can be seen on page 82). Also the great re-launching of the brand Karhu involves an Italian element: the Finnish bear that used to peep through the shoes of the great Paavo Nurmi is now in the hands of the Arese family. We went to interview Franco Arese, who together with his sons is taking care of Karhu, fortified by the experience matured during a long-lasting sport and managerial career: the history of the king of Italian athletics during the early Seventies can be found on page 66, along with the comeback of a classic model by Karhu, the Aria, equipped with Fulcrum technology. Let’s go back and continue this tour dutifully dedicated to the great international brands which rule the market, from Asics to Saucony, from Lacoste to Converse to DC Shoes: the world of sneakers has long since become global and the boundaries are only an abstraction. The same applies to communication and the product, which run faster every day. That is confirmed by the start of a chain like size? in the Italian retail sector (we interviewed the managers of the Milan store on p. 46) but also by the huge marketing history tied to the launching of the first collection of sneakers by adidas designed by the rapper Kanye West (we discuss about him on p. 40) or the re-launch of the ACG line (we rehearse how it was like in the Nineties and how it is like now on p. 74): promoted by Nike, the line was created by a European designer and with an exclusive distribution in the global stores (called NikeLab) directly controlled by the Swoosh. It will be an intense season, this spring summer 2015. If you want to relax or take some rest after browsing the pages of this issue, you could dive in the memories of our vintage section. This because recalling our present time isn’t disavowing the past, particularly in a sector like ours, where the roots of good ideas go on feeding good results – even after a few decades.
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RONNIE FIEG x ASICS GEL SIGHT ‘ATLANTIC’
Finalmente una collaborazione utile da parte di Ronnie Fieg: invece di continuare a esercitarsi su modelli già oggetto di decine di remake, il commesso newyorchese divenuto imprenditore e re degli special project ha convinto Asics a riportare sugli scaffali un modello running dimenticato della prima metà degli anni Novanta: era precisamente dal 1992, che le Gel Sight erano rimaste a prendere polvere negli archivi della casa giapponese. Eppure si tratta di sneakers dotate di accorgimenti di design davvero unici, a partire dall’enorme elemento stabilizzatore in materiale termoplastico che avvolge il tallone. Senza dubbio Asics intende usare questa collaborazione come testa di ponte per fare rientrare a pieno titolo il modello nei cataloghi del 2015, e la notizia non può che farci piacere. Anche perché queste Gel Sight dedicate all’oceano Atlantico sono davvero notevoli: classico color-blocking in toni di blu, e materiali pregiati per la tomaia. A useful collaboration from Ronnie Fieg at last! Instead of going on experimenting on models already subjected to dozens remakes, the shop assistant from New York who became an entrepreneur and a king of special projects convinced Asics to reissue on the shelves a forgotten running model dating back to the early Nineties. For it’s exactly since 1992 that the Gel Sight was getting covered by dust in the archives of the Japanese company. And this in spite of its being a model very rich in original design subtleties, for example the huge stabilizing element in thermoplastic material surrounding the heel. There is no doubt that Asics must be seeing this collaboration as a way to fully reinstate the model in the 2015 catalogues, and this can only please us. Especially because this Gel Sight dedicated to the Atlantic Ocean is really impressive – see the classic color-blocking on the tones of blue and the precious fabrics making the upper.
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RONNIE FIEG x ASICS GEL SIGHT ‘PACIFIC’
Non c’è solo l’oceano Atlantico, nel progetto collaborativo tra Ronnie Fieg e Asics di cui parlavamo nella pagina precedente. Le scarpe escono infatti in contemporanea con l’apertura del primo store Kith in quel di Los Angeles, e dunque non poteva mancare un paio dedicato al Pacifico: sempre in nubuck e pigskin suede micro-traforati, sempre dotate di tre paia di lacci tessuti con materiale riflettente prodotto dall’azienda americana 3M, sempre con solette custom e iscrizione “Just Us” in rilievo sullo stabilizzatore. Ma metà color sabbia, metà blu oceano. E però, anche queste, già esaurite come le sorelle “Atlantic”. Nonostante il cartellino del prezzo: ben 180 dollari. The collaborative project between Ronnie Fieg and Asics that we mentioned in the previous page includes more than the Atlantic Ocean. As this model comes out we witness the opening of the first Kith store in Los Angeles – so a model dedicated to the Pacific was due as well. Still in nubuck and micro-punched pigskin suede, still equipped with three pairs of laces in reflecting materials produced by the American company 3M, still endowed by a custom insole and a ‘Just Us’ relief inscription on the stabilizer. Except that this model is half sand, half blue ocean. But again, this too (like its sibling Atlantic) is already sold out even though its price tag reads 180 bucks.
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DKNY x PONY M-100
Qualsiasi turista che abbia visitato Manhattan può confermarlo: impossibile girare per il centro di New York e non imbattersi nelle quattro lettere DKNY. Donna Karan, nativa di Long Island, rappresenta un esempio delle grandi possibilità offerte dalla metropoli americana, grazie alla casa di moda che porta il suo nome, fondata negli anni Ottanta. E anche se il suo marchio non è strettamente legato all’abbigliamento sportivo o allo streetwear, la comune origine newyorchese è sufficiente per giustificare un progetto collaborativo con PONY, storico sneakers brand anch’esso orgogliosamente nativo della Grande Mela. La collaborazione ha preso la forma di un paio di classiche basket di fine Ottanta, le M-100, riviste grazie a un look in bianco totale che - oltre a essere particolarmente di moda in questo primo spicchio di estate 2015 - neutralizza le complicate architetture della tomaia di queste PONY. Interessante il mix di pannelli con stampa lucertola e traforatura diamantata che completa il quadro.
Whoever visited Manhattan as a tourist may testify: it’s impossible to walk around in New York City and failing to run into the four letters DKNY. Donna Karan (born in Long Island) and the fashion company that bears her name represent a clear example of the great opportunities that the American city can offer. And although her brand isn’t strictly concerned with the sport clothing and street-wear, the place of origin they have in common was more than enough to justify a collaborative project with PONY, another historical sneaker brand that is proud to come from the Big Apple. The collaboration took the form of a pair of classic basket shoes from the late-Eighties, the M-100, that was revisited through a look in total white that, in addition to being extremely fashionable in this early part of 2015, has the virtue of mitigating the dizzy architectures of this PONY’s upper. An interesting mix of panels with lizard print and diamond punched parts completes the picture. 12
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MAISON KITSUNÉ x REEBOK CLASSIC LEATHER
La storia del marchio Kitsuné è strana e interessante: fondata nella prima metà dei Duemila da un francese, Gildas Loaëc, e da un giapponese, Masaya Kuroki, divide la sua attività tra le passerelle e i palchi. Infatti oltre alle collezioni moda - curate da Kuroki e di successo sempre crescente - Kitsuné produce anche musica, con una vera e propria etichetta discografica. Gli artisti fungono così da testimonial per l’abbigliamento, e allo stesso tempo si assicurano di avere sempre un’immagine fashion e curatissima: la classica win-win situation. Arrivati a quindici milioni di dollari di fatturato, e ad essere distribuiti in trecento negozi in tutto il mondo, Loaëc e Kuroki sembrano pronti a fare il grande passo verso il mondo footwear. E per iniziare, cosa c’è di meglio di una collaborazione con un marchio storico del mondo sneakers? Ecco dunque le Reebok Classic Leather firmate Kitsuné: tinte neutre con accenti presi di peso dal tricolore francese (anche sui lacci), e per finire etichetta custom con il logo della Tour Eiffel.
The history of the brand Kitsuné is odd and inspiring at the same time. Founded in the early 2000’s by the French Gildas Loaëc and the Japanese Masaya Kuroki, its activities bear on the catwalk and the stage. Beside dealing with fashion collections (whose curator is Kuroki and whose success is growing) Kitsuné produces music, through a real record label. The artists are so happy to give their endorsement to the clothing lines and at the same time make sure to have their style always in order and fashionable. A typical win-win situation. Having reached a turnover of 15 million dollars, and being by now distributed in 300 shops over the world, Loaëc and Kuroki seem ready to take a big step towards the world of footwear. To begin with, what could be better than a collabo with such an historical sneaker brand? So here’s the Reebok Classic Leather signed by Kitsuné. Neutral hues with accents borrowed from the French tricolor (even on the laces), and last not least a custom label with a logo of the Eiffel Tower. 14
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FREDPERRY.COM SOCREP.IT Sneakersmagazine
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STASH x REEBOK INSTAPUMP FURY ROAD
Le sorelle Instapump Fury sono uno dei modelli più amati della storia del marchio Reebok, ma nel corso della stagione primavera/estate 2015 anche la meno nota variante Instapump Fury Road è destinata a fare la voce grossa all’interno dei cataloghi dello storico brand britannico. Ad esempio, grazie a questa limited edition realizzata insieme al writer newyorchese Stash, ormai da anni entrato nei circuiti ufficiali delle gallerie d’arte e già autore di diversi progetti collaborativi con i giganti del mondo sneakers. Per Reebok, il signor Josh Franklin (è questo il suo vero nome) aveva già prodotto un paio di Instapump Fury classiche, vestite del color turchese che da sempre caratterizza le sneakers firmate Stash. Per queste Fury Road, però, ha scelto una strada diversa: tante gocce di colore, che ricoprono l’esoscheletro che avvolge la tomaia. Non poteva mancare la tag, stampata proprio sulla valvola Pump. The sister model Instapump Fury is one of the most beloved models in the history of the brand Reebok, but in the coming spring summer 2015 the less famous Instapump Fury Road has its papers in order to rule the catalogues of the famous English brand. For example, through this limited edition realized with the writer from New York Stash, who has long since entered the official context of the art galleries and was the author of various collaborative projects with the giants of the sneaker world. Mr Josh Franklin (for that’s his real name) had already produced a pair of classic Instapump Fury for the brand, covering them with the turquoise hue that marked all the shoes signed by Stash since the beginning. But a different tack was tried in this case: a panoply of color drops sprayed on the exoskeleton wrapping up the upper. Last not least, the unfailing tag, printed on the Pump valve. 16
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SUPREME x CLARKS WALLABEES
Non sono esattamente sneakers, ma per le Wallabees di Clarks facciamo sempre un’eccezione, anche in considerazione del fatto che ormai da molti anni l’originalissimo modello della casa inglese, nato a metà dei Sessanta, è stato adottato da diverse subculture urbane, e dallo streetwear più in generale di conseguenza. Poi, qui c’è di mezzo Supreme: quando il brand newyorchese mette in piedi una collaborazione, il sold out è pressoché assicurato. Anche quando non si tratta certo di un look semplice come quello proposto per queste Wallabees 2-tone, in quattro versioni bicolore: al beige del pannello centrale si aggiungono tinte forti a contrasto. It’s not really a pair of sneakers, but when it comes to the Clarks Wallabees we always make an exception, also because the extremely original model of the English company (born in the mid-Sixties) was adopted very soon by various urban subcultures and consequently by the street-wear world at large. Another good reason is the involvement of Supreme. And when the brand from New York starts a collaboration the sold out is almost granted, even if the resulting look isn’t easy to understand, like in the case of this Wallabees 2-tone, coming out in four bicolor versions, with the beige covering the central panel being contrasted by various bright hues. 18
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MIGHTY HEALTY x REEBOK VENTILATOR
Mighty Healty è un marchio streetwear presente ormai da qualche anno sul palcoscenico globale della città di New York, anche se i fondatori non sembrano essere tipi molto inclini alle spiegazioni: sul loro sito internet - tanto per fare un esempio - non raccontano quasi nulla del processo creativo che ha portato alla progettazione di queste Reebok Ventilator in edizione limitata. Per loro, devono aver pensato, parlerà il prodotto: le storiche running - che proprio quest’anno festeggiano i venticinque dal loro primo lancio sul mercato - vengono riviste con una colorazione grigia e nera, a blocchi, in suede, resa meno rigorosa dall’intersuola spruzzata. Un altro tassello di quello che si annuncia come l’anno delle Ventilator.
Mighty Healty is a street-wear brand who’s been treading the global boards of New York City for some years now, even if its founders don’t seem the kind of guys who indulge in explanations. Their website, for example, doesn’t say anything about the creative process that led them to design this Reebok Ventilator in limited edition. They must have decided that the product will speak for itself much better than them. The historic running model (that this year celebrates the 25th anniversary since its launch on the market) was reinterpreted through a color-blocking, grey and black suede upper, rendered a bit less rigorous by a sprinkled midsole. Another wedge of a year that promises to be in the name of the Ventilator. 20
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classic leather voltafootwear.com
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CONCEPTS x TIMBERLAND 6 INCH BOOT
La sneakers boutique più nota di Boston continua a essere occupatissima: almeno un progetto colaborativo al mese, in questa prima parte del 2015. Dopo Asics e New Balance, a marzo è stato il turno di Timberland: il modello protagonista di questa limited edition è l’immarcescibile 6-inch boot, stivali impermeabili presenti all’interno del catalogo della casa americana da più di quarant’anni, rivisti in questa occasione grazie a una tomaia completamente viola. Avevamo sempre creduto che le melanzane viola fossero originarie della Toscana, e non del Massachusetts. Però il risultato di questa collaborazione convince. Peccato ne abbiano prodotte solo 160 paia. The most famous sneaker boutique in Boston is getting busier and busier. In the early part of 2015 it started at least one collaborative project per month. After Asics and New Balance, March was the month of Timberland: the leading model of this limited edition is the immortal 6-inch boot, a waterproof boot that remained in the catalogue of the American company for more than forty years, and was revisited for this occasion through a total purple upper. We had always believed that the purple eggplant came from Tuscany, not Massachusetts. Anyway the outcome of this collaboration is compelling. Unfortunately the production amounts to 160 pairs.
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Area Sport Spa - Via Aosta 8/N - 10152 - Torino - Tel. +39 011 55 36 800 - www.area-sport.it
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FEATURE x SAUCONY G9 SHADOW 5
“The Pumpkin”, la zucca: così i giocatori incalliti chiamano le fiches da mille dollari, a causa della loro colorazione verde e arancione. E se noi, qui dall’altra parte dell’oceano, possiamo discutere sull’opportunità di dedicare un paio di sneakers alla glorificazione del gioco d’azzardo, bè, un gruppo di ragazzi nativi di Las Vegas sicuramente ha un punto di vista molto diverso su questo problema. Sono gli stessi che, a poche centinaia di metri dal Ceasar’s Palace, dal Bellagio e dagli altri monolitici hotel-casinò della Città del Peccato, hanno aperto nel 2010 Feature, il primo, vero sneakers shop della metropoli più popolosa del Nevada. E che nel 2015 potranno festeggiare il primo lustro di attività e di successi.
The Pumpkin: that’s how the inveterate gamblers use to call the thousand-dollar chip, on the basis of its green and orange coloring. And while we can discuss (from this side of the Ocean) the advisability of dedicating a pair of sneakers to the glorification of the games of gambling, a group of guys from Las Vegas will most likely have a very different perspective on the issue. After all, in 2010 those very guys opened up Feature, the first real sneaker shop of Nevada’s most populated metropolis, at walking distance from Ceasar’s Palace, Bellagio and the other hotel-casinos of the City of Sin. And so in 2015 they will be happy to celebrate the first five years of activity and success of their shop. 24
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WHITE MOUNTAINEERING x ADIDAS STAN SMITH Con il rilancio delle Stan Smith avvenuto l’anno scorso e le collaborazioni con Rick Owens e Raf Simons - oltre naturalmente all’unione con Yohji Yamamoto per la linea Y-3 - adidas ha letteralmente conquistato il mondo del fashion tra 2014 e 2015. Oggi assistiamo all’inizio di una nuova collaborazione che potrebbe essere destinata a un futuro radioso, quella con il marchio White Mountaineering disegnato dal giapponese Yosuke Aizawa. E quale modo migliore, per iniziare, di reinventare proprio le celeberrime e onnipresenti Stan Smith? Aizawa sa di avere a che fare con un’icona che trascende i confini del semplice sportswear, e quindi non ha esagerato: materiali pregiati, una tomaia monocroma in grigio o blu e particolari custom, è tutto quello che serve.
Through the relaunching of the Stan Smith last year, and the collaborations with Rick Owens and Raf Simons (beside of course the collaboration with Yohji Yamamoto for the line Y-3), adidas became a leader in the world of fashion between 2014 and 2015. Today we witness the onset of a new collaboration that might be followed by a bright future – the one with the brand White Mountaineering designed by the Japanese Yosuke Aizawa. Can you figure out a better way to begin than reinventing the very famous and ubiquitous Stan Smith? Aizawa was well aware he was faced by an icon transcending the boundaries of mere sportswear, and for this reason he didn’t want to exceed: precious materials, a monochrome upper in grey or blue, and custom details, it’s all we need.
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SNEAKERSNSTUFF x REEBOK VENTILATOR
Sono splendide: nylon ballistic, suede e pelle di alta qualità sulla tomaia, loghi custom sulla linguetta e una piccola ape ricamata su entrambi i talloni. Ma il progetto collaborativo che mette insieme Reebok e la più nota sneakers boutique svedese è molto più che un fatto estetico: c’è di mezzo nientemeno che l’intento di salvare il pianeta. Davvero: insieme alle Ventilator “bees and honey”, Reebok e Sneakersnstuff hanno finanziato Bee Urban, una piccola azienda di Stoccolma che si occupa di impiantare arnie sui tetti dei palazzi nelle aree urbane, dando così una mano alla ripopolazione di questi insetti fondamentali per la sopravvivenza dell’intero ecosistema terrestre. Come a dire: investire in un futuro migliore per il pianeta. E poi, il miele è così buono...
A wonderful model. Ballistic nylon, suede and high quality leather on the upper, custom logos on the tongue and a small bee embroidered on both heels. But the collaborative project involving Reebok and the most famous sneaker boutique from Sweden is more than an aesthetic twist. What’s at stake is no less than the urge to save the planet. Seriously: in addition to the Ventilator ‘bees and honey’, Reebok and Sneakersnstuff funded Bee Urban, a small company from Stockholm whose mission is to install hives on the roofs of the buildings in the urban areas, to help repopulating the cities with these insects so important for the whole ecosystem. The idea, in other words, is investing in a better future for our planet. And in any case, honey is so good. 28
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END CLOTHING x ONITSUKA TIGER COLORADO 85
In italiano si chiama pettirosso, in inglese “bluebird”. I ragazzi di End Clothing, potenza del retail online originaria di Newcastle, hanno scelto questo uccello come fonte di ispirazione per la loro variante delle Colorado 85 della casa giapponese Onitsuka Tiger. Proprio in Colorado vivono infatti tre splendide varietà di questa specie ornitologica, tutte caratterizzate dallo splendido piumaggio blu: per riprodurne la lucentezza, End ha scelto suede di alta qualità e accenti blu riflettenti sulla tomaia. A completare il quadro, una piuma (bianchissima, però) ricamata sul tallone. The Italian name is ‘pettirosso’ and it’s called ‘bluebird’ in English. The guys from End Clothing, a giant of online retail born in Newcastle, focused on this bird as a source of inspiration for their version of the Colorado 85 by the Japanese company Onitsuka Tiger. There are indeed three marvelous varieties of that ornithological species living in Colorado, all characterized by a beautiful blue feathering. And in order to mimic their shine End selected a top quality suede and spread blue reflecting accents on the upper. In addition to this, a feather (in fact fairly white) was embroidered on the heel.
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adidas SUPERSTAR La scelta di adidas è stata forte: a partire dallo scorso anno sembra che il marchio del Trifoglio abbia deciso di dedicare ogni anno principalmente a un solo modello del suo sterminato archivio, con tantissime uscite speciali. Il 2014 è stato dunque l’anno delle Stan Smith, e l’eccezionale risposta da parte del pubblico sembra aver convinto il colosso tedesco che la strada era quella giusta. Così non stupisce certo che dalla sede bavarese abbiano deciso di continuare a batterla, scegliendo un’altra icona assoluta da riportare sotto i riflettori lungo tutto il corso del 2015: si tratta delle Superstar, o “Shelltoe” per gli appassionati americani, che le chiamavano così a causa di quel particolare toebox a forma, appunto, di conchiglia. Non sembrano esserci di mezzo anniversari particolari, visto che le sneakers portate al successo globale dai Run DMC negli Ottanta hanno circa 47 anni, e dunque sono ancora lontane dalla cifra tonda. Ma non importa: adidas inonderà il mercato di Superstar, tanto da rendere davvero difficile la scelta riguardo a quali aggiungere alla propria collezione. Per aiutarvi, nelle prossime pagine vi consigliamo le più interessanti - anche se non necessariamente le più belle - tra quelle uscite finora. Adidas’ choice was strong: starting last year it seems that the Trefoil decided to dedicate every year to a single model from the infinite archive by releasing many special issues. The 2014 was the year of the Stan Smith and the incredible feedback from the public apparently convinced the German giant that they were on the right track. It is no wonder then to learn that the Bavarian headquarters decided to go on, this time choosing a different icon to put under the spotlight in 2015. It’s the Superstar, also known as the Shelltoe among the American fans, because of the particular toebox that’s quite reminiscent of a shell. There are no special anniversaries in the offing because these sneakers (whose rampant success during the Eighties was mostly due to the Run DMC) are 47 years old – so no round figure in the next couple of years. It doesn’t matter: adidas will flood the market with so many different Superstar models that it will be hardere and harder to choose which pair should be added to one’s collection. In order to help you, we will point to the most interesting models (which need not be the best) in the following pages. 32
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photo: Andrea Martella
ART: BENT BTS ‘15
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SHOES
adidas SUPERSTAR ADIDAS CONSORTIUM SUPERSTAR MADE IN FRANCE
Sono arrivate sugli scaffali a fine 2014, a dire il vero. Ma non possiamo non iniziare questa breve carrellata con una versione delle Superstar che porta il concetto di OG al livello massimo, cioè a un vero e proprio ritorno alle origini di un modello. Molte delle Superstar degli anni Settanta erano infatti prodotte nell’Alsazia francese, storico distretto calzaturiero assimilabile, per qualità della produzione, a quelli veneti o marchigiani del nostro paese. E proprio in quelle terre, più precisamente nel comune di Dettwiller, il marchio del Trifoglio è tornato a far produrre una serie limitata di Superstar costruite a mano da artigiani speicalizzati. Il risultato è un vero e proprio salto nel passato, box compreso: 200 euro è ben più del doppio del prezzo medio di un paio di Superstar, eppure il sold out è stato immediato. Qualità è autenticità, evidentemente, sono due valori che vendono sempre. It reached the shelves in late 2014 to be honest. But we can’t start this brief review without mentioning a version of the Superstar that brings the OG concept to its utmost level, that is, to a full-fledged back-to-the-origins operation. Many Superstar’s released over the Seventies were produced in the Alsace region, a historic French shoe district comparable (from a quality standpoint) to the Italian districts located in the Veneto or Marche regions. Indeed the Trefoil brand (in that French region, more precisely in the Dettwiller municipality) restarted to produce a limitless series of Superstar models created by specialized handicraftsmen. The outcome is a deep dive into the past, including the box. So although 200 Euro is more than twice the average price of a pair of Superstar, the sold-out was immediate. Quality and authenticity (one may conclude) are still among the most sought-after values.
JEREMY SCOTT X ADIDAS ORIGINALS SUPERSTAR ‘WINGS’
Anche questa variante delle Superstar ha un prezzo nettamente più alto dei modelli di linea, ma in questo caso la produzione artigianale non c’entra: responsabili del cartellino esorbitante sono semplicemente un paio di piccole ali che fanno bella mostra di sé ai lati della tomaia. Sono il marchio di fabbrica di Jeremy Scott, lo stilista americano che dopo aver trasformato la sua linea con le tre strisce in un frullato di icone pop sta portando sulla stessa strada una delle maison storiche della moda italiana anni Ottanta, Moschino. Certo, Scott non ha fatto niente di più che applicare alle Superstar la formula vincente delle JS Wings. Ma visto che funziona... This version of the Superstar has a price lightly higher than the line models, but in this case the point isn’t about the craft made production. The cause of the exorbitant price-tag is just a pair of small wings that peep out through the sides of the upper. It’s the brand signature of Jeremy Scott, the American Stylist that after transforming his three-striped line into a milkshake of pop icons is guiding through the same path one of the most famous Italian maisons since the Eighties. Admittedly Scott didn’t do anything but applying the successful formula of the JS Wings to the Superstar. And since it was working…
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adidas SUPERSTAR PHARRELL WILLIAMS X ADIDAS ORIGINALS SUPERSTAR 80S ‘PIONEERS’
Continua - e allarga sempre più i suoi confini - la partnership tra il Trifoglio e il re Mida della musica pop del ventunesimo secolo, Pharrell Williams. Questa però è veramente sorprendente: un paio di Superstar in pelle nera decorate sui lati della tomaia con intricati pattern realizzati attraverso l’uso di perline colorate: sul lato esterno la decorazione copre l’intero pannello, sul lato interno solo le tre strisce adidas. Williams dice di essersi ispirato all’artigianato boliviano, però queste scarpe sono state vendute esclusivamente in un pugno di store a New York City. Il risultato estetico è piuttosto discutibile, ma la tiratura limitatissima (50 paia, è stato detto) le ha già rese desideratissime dai collezionisti: la quotazione delle paia deadstock rivendute su ebay nei giorni successivi al lancio è arrivata anche a 500 dollari, senza mai scendere sotto i 300. The partnership between the Trefoil and the king Midas of this century’s pop music Pharrell Williams is going on and broadening its scope. And this time it produced a surprising result. A pair of Superstar in black leather decorated on the sides of the upper with complex patterns made of colored little pearls. While on the outer side the ornament covers the whole panel, on the inner side it only takes the three stripes. Williams said he was inspired by the Bolivian handicrafts, but these shoes were sold exclusively in a bunch of stores in New York City. The aesthetic result is rather debatable, but the very limited distribution (50 pairs, we are told) made this model exceedingly sought-after by all collectors. The quotation of a deadstock pair on ebay in the days following the launch reached the level of 500 dollars, to go never below 300.
ADIDAS CONSORTIUM SUPERSTAR ‘ADI DASSLER 10TH ANNIVERSARY’
Nel 2005 apparvero per la prima volta all’interno della linea adidas Originals un paio di Superstar che commemoravano il fondatore del marchio, Adi Dassler, aggiungendo un piccolo disegno del suo viso sul tallone di quel modello iconico. La colorazione era quella più classica di sempre, fondo bianco e tre strisce nere. Dieci anni dopo, quella variante a tiratura limitata viene rivista invertendo lo schema dei colori: base nera in pelle premium e strisce più heel tab bianchi; in più, anche il toecap a forma Saràdi conchiglia è bianco sporco, per un effetto vintage. La presenza di quel piccolo bassorilievo con il volto di Dassler, ovviamente, le rende istantaneamente un oggetto da collezione. Oggi le Superstar Adi Dassler del 2005 vengono vendute a prezzi che vanno dalle quattro alle otto volte quello originario, quindi potrebbero anche essere un buon investimento per il futuro... In 2005 a pair of Superstar first appeared within the adidas Originals line to celebrate the brand’s founder Adi Dassler through the insertion of a small drawings of his face on the heel of that iconic model. The coloring was the most classic ever, white It’s upper and three black stripes. Ten years after that limited-edition version gets reinterpreted through a permutation of colors: a black base in premium leather and white stripes and heel tab. The shell-shaped toecap is off-white to confer the shoe a vintage effect. The presence of the small bas-relief portraying the face of Dassler makes this shoe an obvious collector’s gem. Today the 2005 Adi Dassler Superstar is sold for a price that ranges between four times to eight times the original price, so it might prove to be a sane investment for your future.
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TRINOMIC REFLECTIVE PACK La tecnologia Trinomic è nata nei laboratori Puma più di un quarto di secolo fa, durante il periodo dell’esplosione del running di massa, soprattutto nella forma del cosiddetto jogging (corsa lenta). Già alla fine degli anni Ottanta qualcuno ricorderà una prima collezione della casa tedesca chiamata Natural Running e identificata dal simbolo dell’esagono, che poi sarebbe diventato sinonimo di Trinomic: era infatti proprio un sistema di piccoli esagoni incorporati nella suola, simili alle celle dei nidi d’ape e realizzati in materiale plastico, a permettere un migliore ritorno dell’energia cinetica, che faceva letteralmente rimbalzare le scarpe durante la rullata sul terreno. Oggi i modelli Trinomic sono tornati stabilmente nel catalogo della casa tedesca ormai da qualche stagione, ma le versioni in arrivo per la primavera/estate 2015 sono davvero sorprendenti, grazie alla tomaia ricoperta di pannelli costruiti con materiale riflettente Scotchlite, prodotto dall’azienda americana 3M. Tre icone delll’archivio Puma, XT1 Plus, Disc Blaze e R698, vengono rinnovate con un trattamento che dona loro un aspetto futuristico. Tutte e tre, riunite sotto il titolo “Puma Trinomic Reflective Pack”, sono in vendita esclusivamente negli Store Urban Jungle italiani e nel nuovo Store Urban Jungle di Madrid. The Trinomic technology was born in the Puma labs more than a quarter century ago, in an epoch of mass running explosion, especially in the form of jogging (slow running). Many will recall that an early collection of the German brand called Natural Running and identified by the hexagon (that later became the symbol of Trinomic) started to appear by the late Eighties. Indeed it was a system of small hexagons embedded in the sole, quite similar to the cells of some honeycombs and realized in plastic materials, to enable a better absorption of the kinetic energy – a system that allowed the shoe to bounce back during the rolling on the ground. Now the Trinomic models are coming back and belong (since the last few seasons) within the catalogue of the German company, but the versions due out the coming spring 2015 are really impressive, thanks to a upper covered with panels made up of reflecting material Scotchlite, produced by the American company 3M. Three icons from the Puma archive, the XT1 Plus, the Disc Blaze and the R698 are renewed through a treatment conferring a futuristic look. All the three (united under the heading ‘Puma Trinomic Reflective Pack’) are put up for sale exclusively in the Italian Urban Jungle Stores and the new Urban Jungle Store in Madrid. 38
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Slam Jam è l’azienda fondata a Ferrara nel 1989 che per prima ha creduto nel possibile sviluppo del mercato dello streetwear nel nostro Paese. Poco più di un quarto di secolo dopo, gli store di Slam Jam - siano essi fisici o online - sono un punto di riferimento per quanto riguarda la moda cosiddetta “urban” in Italia. Per festeggiare i venticinque anni di attività e successi, Slam Jam ha realizzato uno Special Pack esclusivo, composto da due modelli iconici dell’archivio Puma: States e XT2 Plus. Le prime sono legate direttamente ai primi ricordi di Slam Jam: quelle sneakers storiche, alla fine degli anni Ottanta, erano infatti disponibili in Europa solo in pochissimi negozi; Slam Jam fu uno dei pochi ad averla, calamitando l’attenzione di tutti gli appassionati di sneakers che fecero tappa nella città estense per poterne acquistare un paio. Le States sono state riviste nel 2015 con una semplice tomaia in pelle nera senza rivestimento interno, che dona alla silhouette classica un tocco raffinato. E le XT2 Plus? Degne di nota anche quelle: mixano materiali riflettenti, mesh e dettagli in pelle, in una classica combinazione bianca/nera. Sia le Slam Jam X Puma States che le Slam Jam X Puma XT2 Plus sono vendute in un box speciale in cartone pressato. Inoltre, chi acquisterà uno dei modelli del pack nello store di Milano o sull’e-shop ufficiale del marchio riceverà in omaggio un paio di calze jacquard ispirate alle grafiche dell’artista Sol Lewitt oppure due card con stampa serigrafata degli sketch di Paolo Capezzuoli, in arte Zero-T, storico writer riminese oggi affermato artista. Ultima sorpresa: dal 28 marzo presso Slam Jam Milano e www.slamjamsocialism.com è stata messa in vendita un’ulteriore colorazione inedita e segreta delle States, per la gioia dei collezionisti.
SLAM JAM x PUMA
STATES & XT2 PLUS
Slam Jam is a company founded in Ferrara in 1989. It was the first to believe in the potential development of the street-wear market in our country. A bit more than a quarter century later, the stores of Slam Jam (whether online or offline) are a reference point when it comes to the so-called urban fashion in Italy. To celebrate the 25 years of activity and successes, Slam Jam realized an exclusive Special Pack, comprised of two icon models from the Puma archive – the States and the XT2 Plus. The first is closely knit to the early memories of Slam Jam: indeed that historical model from the late Eighties was only available in a few shops in Europe. Slam Jam was one of the few to have it, thus attracting the attention of all the sneaker enthusiasts who came to visit in the Este city to have a chance to get a pair. The States was reinvented in 2015 with a simple upper in black leather without lining, endowing the classic silhouette with a refined touch. And what about the XT2 Plus? It’s really not bad. It mixes reflecting materials, mesh and leather details into a classic black&white combination. Both the Slam Jam X Puma States and the Slam Jam X Puma XT2 Plus are sold within a special box in pressurized cardboard. More importantly, those who buy one of the models in the pack at the Milan store or on the official e-shop of the brand will get a pair of jacquard socks inspired by the graphics of the artist Sol Lewitt or two cards featuring the serigraphy of two sketches by Paolo Capezzuoli, a.k.a. Zero-T, a famous writer from Rimini who’s become a renowned artist. One last surprise: starting on 28 March another fresh new (and secret) coloring was launched on the market at Slam Jam and on www.slamjamsocialism.com for the joy of all collectors. Sneakersmagazine
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Yeezy boost Difficile riassumere quella che è diventata la narrazione più importante dell’ultimo anno nel mondo sneakers. Non stiamo parlando specificamente di prodotto, comunicazione, arte, moda, marketing: piuttosto, di tutto quanto insieme. Le Yeezy Boost lanciate ufficialmente da adidas il 14 febbraio scorso - giorno di San Valentino, ma anche centro dell’All Star Weekend dell’NBA, quest’anno tenutosi a New York City - sono un pezzo di mondo contemporaneo, una storia attraverso cui leggere il mercato, e il presente tutto. Proviamo a raccontarla, a mente fredda, dall’inizio. It’s hard to summarize last year’s most important story from the sneaker world. We aren’t talking about products, communication, art, fashion or marketing. Rather, the story is about all these things put together. The Yeezy Boost that adidas launched on 14 February (Valentine’s Day but also part of the NBA All Star Weekend that this year took place in New York City) is a piece of contemporary world, a story through which it is possible to understand the market and our present time. Let’s try to tell this story from the beginning and with a dispassionate attitude. 40
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Un buon punto di partenza potrebbe essere la metà del 2013, quando Kanye West, in procinto di svelare al pubblico il suo ultimo disco modestamente intitolato Yeezus, dichiara di aver rescisso il contratto che lo legava a Nike. L’azienda di Beaverton aveva prodotto insieme al rapper due modelli: Air Yeezy e Air Yeezy 2, basket high-top dotate di tecnologia Air a edizione limitatissima, che avevano stabilito nuovi record per quanto riguarda velocità del sold out e percentuale di guadagno nel resell. Le Yeezy 2, in particolare, erano arrivate a essere rivendute per quindici volte il prezzo retail, nei giorni immediatamente successivi al lancio: da 250 a quasi 4.000 dollari, secondo l’informatissimo sito di sneakers data analysis (esiste, lo giuriamo!) campless.com. Perché, dunque, rompere una partnership di successo? Secondo le poco sorprendenti dichiarazioni rese dallo stesso West, si tratta di una pura questione di soldi: il rapper voleva royalties su ogni paio di Yeezy vendute, Nike non era disposta a concedergliele, e così il patto è stato sciolto. Il seguito: Kanye West firma immediatamente un contratto con adidas, Nike annuncia una partnership tra Drake e il brand Jordan. A febbraio 2014 Nike mette in vendita le ultime sneakers realizzate insieme a West, le Yeezy 2 “Red October”, senza una distribuzione fisica e senza promozione. Poi West inizia a lavorare sul suo modello a marchio adidas: un anno dopo, Yeezy è ancora il nome più ricercato dagli appassionati ai due lati dell’oceano, ma questa volta ad accompagnarlo non c’è più lo Swoosh, bensì tre strisce. Così arriviamo al 2015, e a quei frenetici giorni di febbraio in cui sono caduti i veli che coprivano il lancio delle Yeezy Boost. Iniziamo da ciò che più ci preme, il prodotto: mentre Nike aveva lasciato minore libertà al rapper diventato designer, offrendogli la possibilità di costruire un ibrido sulla base delle suole delle Air Jordan (Yeezy 1) e delle Air Tech Challenge
II (Yeezy 2), si può dire che adidas gli abbia dato totalmente carta bianca. Il risultato sono sneakers alte sulla caviglia con una zip laterale, tomaia in suede di buona qualità con un pannello traforato sul toebox, chiusura a strappo sopra i lacci, intersuola Boost. Ma a parte l’utilizzo della schiuma ammortizzante capace di restituire l’energia al piede del’atleta dopo la battuta sul terreno, come si inseriscono le sneakers che vedete riprodotte in queta pagine, nella storia gloriosa del marchio del Trifoglio? A fatica, verrebbe da dire. Difficile riconoscere elementi tipici del design dell’azienda tedesca: molto più semplice vedere reminescenze di fashion sneakers come quelle a marchio Martin Margiela, oppure delle prime Air Yeezy prodotte con Nike, di alcuni modelli Jordan e, perfino, Supra. Soprattutto però, la derivazione più diretta sembra quella delle Nike Aqua Sock High Boot disegnate sotto la direzione di Geoff Hollister nel 1989: anche se quelle erano più minimali, si tratta di modelli straordinariamente simili. Il che ci porta a una conclusione: le adidas Yeezy Boost somigliano a tante sneakers, ma tutte lontane da quello che è riconosciuto come “stile adidas”. Non è detto che sia un male, per carità: West ha avuto libertà creativa e il coraggio di usarla (o riciclarla), si potrebbe dire. Forse. Ma è difficile non notare che perfino i modelli (davvero) di avanguardia disegnati da Yohji Yamamoto per la linea Y-3 nel corso di un decennio mostrano un certo grado di family feeling, molto maggiore rispetto alle Yeezy Boost. Tanto che la scelta di non apporre alcun logo sulla tomaia di queste ultime appare azzeccata: se non sembrano adidas, perché dovrebbero portare il Trifoglio? Certo, questi sono solo particolari di poco conto, rispetto all’attenzione che le Yeezy Boost sono riuscite a calamitare in questo primo quarto di 2015. Adidas ha lanciato perfino una app dedicata, chiamata Confirmed, che servirà da qui in poi per gestire la vendita di sneakers a edizione limitata Sneakersmagazine
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adidas Yeezy boost
la cui domanda supera di diverse decine di volte l’offerta. Le Yeezy Boost sono andate esaurite in pochi minuti, sia presso gli store fisici che online, nonostante il prezzo fosse nettamente più alto della media: 350 dollari per un paio. L’arrivo del modello presso alcuni Foot Locker europei, avvenuto alla fine di marzo proprio mentre stavamo chiudendo il numero di Sneakers che avete tra le mani, ha causato lunghissime file, risse, momenti di tensione con le forze dell’ordine (a Parigi, ad esempio). La quantità di pagine, commenti, tweet generata da queste sneakers è enorme, e in continua ascesa. E dunque, chi ha vinto la sfida delle Yeezy, tra Nike e adidas? Senza dubbio, tra i due giganti-litiganti l’unico che davvero sembra godere è proprio Kanye West: il rapper ha dimostrato di poter vendere un paio di scarpe ancora prima di mostrarle al pubblico, di essere senza dubbio una - forse l’unica - figura capace di influenzare radicalmente il mercato americano (e il
resto del mondo di conseguenza). E oltre a lui, naturalmente, a gioire sono i pochi fortunati reseller riusciti ad accaparrarsi un paio di Yeezy: oggi il valore medio di un paio di Yeezy Boost deadstock si aggira intorno ai 1.500 dollari/euro, circa cinque volte il prezzo retail. Quando Kanye West ha dichiarato, alcuni mesi fa, che “tutti sarebbero stati in grado di comprare un paio di Yeezy, prima o poi”, probabilmente la parte più importante della frase era la seconda: per ora, le poche migliaia di paia messe in commercio non sembrano affatto in grado di reggere l’urto di una domanda tanto imponente. Vedremo cosa ci riserva il futuro. Fino a questo momento l’unione di adidas e Kanye West ha prodotto un fenomento tanto interessante dal punto di vista del marketing e della comunicazione, quanto fiacco dal punto di vista del prodotto. Ma del resto, come abbiamo detto all’inizio, non sembra proprio essere quello il punto.
A good point to begin with may be summer 2013 when Kanye West is about to reveal the public his latest LP (modestly called Yeezus) and declares that he canceled his contract with Nike. The company from Beaverton had already produced a couple models with the rapper: the Air Yeezy and the Air Yeezy 2, two high-top basketball shoes equipped with Air technology in very limited edition, and these models set up new records in terms of sold-out speed and return ratio associated with the reselling activity. The Yeezy 2 went so far as to be resold 15 times the retail price in the days immediately following its launch: from 250 to almost 4,000 dollars according the well-informed website of sneaker data analysis, campless. com (it really exists, no jokes). So why breaking such a successful partnership? According to the non-surprising comments released by West, it was a plain matter of money. The rapper
wanted to have his royalties on every single pair of Yeezy. Nike didn’t want to grant such a request and so the contract was rescinded. The sequel: within a matter of weeks Kanye West signed a contract with adidas. Nike declared a partnership between Drake and the brand Jordan. In February 2014 Nike puts up for sale the latest sneakers realized with West, the Yeezy 2 ‘Red October’ without a real distribution and promotion. Then West starts to collaborate on his adidas model. A year after, Yeezy is still a most sought-after name among the fans on both sides of the ocean, except that this time it is accompanied by some three stripes, not a swoosh.
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Thus we reach 2015 and those frenetic days in February when the veils covering the launch of the Yeezy Boost were raised. But let us now begin from what we care about, the product.
Kanye West sulla passerella per la presentazione della collezione capsula disegnata per adidas alla New York Fashion Week, lo scorso febbraio
While Nike granted a limited freedom to the rapper (who became a designer), allowing him to create a hybrid model on the basis of the soles borrowed from the Air Jordan (Yeezy 1) and the Air Tech Challenge (Yeezy 2), it may be said that adidas gave him free reign. The outcome is a pair of sneakers high on the ankles with a lateral zipper, high quality suede upper with a punched panel on the toebox, tear-off opening over the laces, and Boost midsole. Yet besides the implementation of a damping foam capable of returning the energy after the athlete’s foot rolling on the ground, how could the sneaker you see in these pages fit into the glorious history of the Trefoil brand? Not very easily, one would say. For it’s hard to recognize any design element which is typical of the German company. Much easier to perceive some echoes of fashion sneakers like those by Martin Margiela, or of the early Air Jeezy produced with Nike, or of some models by Jordan and even by Supra. Even more importantly, the most direct relationship seems to involve the Nike Aqua Sock High Boot designed under the head of Geoff Hollister in 1989. For even if that was more minimal, the two models are amazingly similar. And this brings us to a conclusion: the adidas Yeezy Boost is like many other sneakers – but all these forerunners are quite different from what might be dubbed adidas style. This need not be a bad thing, of course. But it’s hard to fail to notice that even the really forefront models designed by Yohji Yamamoto for the Y-3 line over the last decade exhibit a degree of family feeling – quite more evident than in the case of the Yeezy Boost. To the effect that the decision to leave out any logo from the upper of this kick seems perfectly in order: if it doesn’t look like an adidas why should they bear a Trefoil? Clearly, these are minor details compared to the attention that the Yeeze Boost came to attract in this early part of 2015.
Adidas launched even a dedicated app called Confirmed, which will be used to manage the distribution of limited edition sneakers whose demand rate outnumbers (by some dozen times) the supply rate. The Yeezy Boost went sold-out within a few minutes, both at the offline and the online stores despite its price was clearly over the average: 350 dollars. The distribution of this model through some European Foot Locker stores by late March while this issue you are reading was in preparation has caused crowded lines, riots, moments of tension with the police (for example in Paris). The number of pages, comments, tweets that these sneakers triggered is huge and quickly growing up. So let us ask, who won the Yeezy challenge, Nike or adidas? By all means the only contender who seems to have solely benefited by the present situation is Kanye West: the rapper proved to be able to sell a pair of shoes even before the model was shown to the public; and thus he proved to be a major influencer (perhaps one of the few) on the American market (and consequently the rest of the world). Another party who should be content with the present result includes the few happy resellers that managed to put their hands on a pair of Yeezy. Today the average price of a pair of deadstock Yeezy Boost floats around 1,500 dollars, almost five times the retail price. When Kanye West declared, some months ago, that ‘all people will be able to buy a pair of Yeezy sooner or later’, the most important part of the sentence is probably the second: so far, the few thousand pairs on sale don’t seem quite sufficient to absorb such a huge demand. We’ll see how the situation will evolve. Up to this moment the collaboration between adidas and Kanye West generated a phenomenon that appears to be highly disruptive from a marketing and communication point of view, but also a bit faint from the product standpoint. But this latter may have never been the point of the whole story – as we tried to suggest from the outset. Sneakersmagazine
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shop
size? milano Da poco a Milano ha aperto una nuova realtà del mondo sneakers: si chiama size?, è in via Torino, pieno centro. Il nome suona a dir poco familiare, vero? Dopo anni di successi nel Regno Unito i responsabili della più nota catena di sneakers-boutique hanno infatti pensato di lanciarsi alla conquista del resto d’Europa, ed ecco così il primo negozio aperto in Italia. Appena inaugurato siamo andati da Davide, lo store manager, a farci spiegare un paio di cose. Prima un breve, doveroso riassunto: cos’è size? Size? è una catena di proprietà del colosso inglese JD Sports, nasce nel 2000 dall’esigenza di fondere uno sneaker store prettamente commerciale e una boutique, con la volontà quindi di soddisfare diversi target di clientela. In pratica: general release scelte con cura, ma anche chicche e prodotti esclusivi. Dal 6 dicembre 2014, giorno dell’inaugurazione, a oggi... com’è andata? Molto bene, il riscontro della clientela è stato ottimo. Milano del resto era già una delle città europee verso cui vengono effettuate il maggior numero di spedizioni da parte del negozio online. Aprire a dicembre non è stato facile, certo... tutto un pò fre44
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netico! Quali sono i modelli più venduti? Modelli Nike come Huarache e Trairenendor sono veramente di tendenza al momento, ma anche Adidas ci sta dando grosse soddisfazioni... io sono piacevolmente sorpreso e soddisfatto delle performance di New Balance: credo che sara’ uno dei brand del 2015. Noi in ogni caso puntiamo sull’ampia possibilita’ di scelta e sulla selezione del prodotto: vorremmo che chiunque potesse comprare da size?, dal ragazzino appassionato di Jordan fino al padre di famiglia. E vorrei sottolineare che anche per quanto riguarda l’abbigliamento c’è una selezione di marchi streetwear dei quali alcuni si trovano praticamente solo da
noi, in italia. Sono previste nuove aperture in altre città italiane? Sicuramente quando una realtà del genere si affaccia su un paese non lo fa per aprire un solo negozio... non posso dire troppo, ma tra le diverse possibilità c’è un’apertura in una delle città culla della sneakers culture italiana. A proposito di sneakers culture: Milano sta diventando una capitale? Non solo Milano. Il movimento sta crescendo in tutta italia, c’e’ voglia di imparare, di informarsi e di comunicare, i social network rendono le informazioni più accessibili e sono nati negli ultimi anni alcuni progetti interessanti come Swap Meet Italia, di cui faccio parte dal 2012.
Oltre a essere il responsabile del negozio sei soprattutto un collezionista. Qual è il tuo santo Graal? Primo, non mi sento di definirmi uno sneakerhead: sono solo un grande appassionato, adoro comprare sneakers e indossarle, punto. I veri sneakerhead hanno una profonda cultura di base dell’argomento, sviluppata in molti anni: non si parla solo di collezioni, ma di passione e di disponibilità a condividerla. Ho meno di un centinaio di pezzi nella mia collezione. Sono molto affezzionato alle Yeezy II, non tanto per il valore economico, ma perché mi hanno permesso di conoscere un sacco di amici e malati come me. Tengo molto anche alle Vans ‘The Cobra Snake’, release prodotta da Colette tre anni fa in sessanta pezzi. Sneakersmagazine
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shop size? A new reality of the sneaker world has recently opened up in Milan. It’s called size? and is located in Via Torino, downtown Milan. Its name is quite popular indeed. After some years of success in the UK, the managers of the most famous sneaker boutique chain decided to engage in a campaign to conquer the rest of Europe. So here’s the first shop that opened up in Italy. After its inauguration we met Davide, the store manager, to ask him a couple of questions. First of all: What’s size? Size? is a chain owned by the English giant JD Sports. It was born in 2000 from the need to merge the prominently commercial sneaker store with a boutique, with a view to addressing and satisfying various targets. By and large, offering carefully selected general releases and also gems and exclusive products. Since the 6th of December 2014 (the opening day), how has it gone? Very well. The feedback from the public was excellent. Indeed Milan was already one of the European cities to whom the online shop sends the biggest numbers. Clearly, opening in December wasn’t easy, everything gets done in a hurry! What are the most successful models? Models by Nike like the Huarache and the Trairenendor are extremely fashionable right now. Adidas too is giving us great satisfaction. I am surprised and content with the performance of New 46
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Balance: I believe it will be one of the ruling brands in 2015. In any case our strength is the wide range of choice and a careful product selection. Our vision is that anyone can buy shoes at size? From the young Jordan religionist to the father of a family. And let me emphasize that when it comes to clothing we have a selection of street-wear brands, some of which can only be found in our store in Italy. Should we expect other openings in Italy? Clearly when a company like this lands on a country they are likely to open more than one store. I can’t say too much, but the options include a store in one city that was a cradle of the Italian sneaker culture. By the way, do you think that Milan is becoming a capital of the sneaker culture? Not only Milan. The movement is developing in many parts of Italy and there is the will to learn, to get updated and share one’s experiences. The social networks help rendering the information more accessible. And there are some interesting projects like Swap Meet Italia, in which I also belong. Besides being the store manager you’re primarily a collector. What’s your Holy Grail? First, I wouldn’t call myself a sneakerhead: I am just a great enthusiast and I really love buying sneakers and wear them. Period. A real sneakerhead should have a deep knowledge on the subject, a long-lasting experience. There is more to it than collecting shoes, for a core element is passion and a desire to share it. I am deeply attached to the Yeezy, not so much for their economic worth, as for they allowed me to know a host of friends and maniacs like me. I also like the Vans ‘The Cobra Snake’, a release that Colette produced in 60 pieces three years ago.
Size! via Torino, 49 Milano
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JAZZ O ‘gum pack’ Sneakersmagazine magazine 48 Sneakers
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SAUCONY ORIGINALS JAZZ O ‘gum pack’
Sono state lanciate nell’ormai lontano 1981 le storiche Jazz O, modello più venduto della storia del marchio Saucony. E se trentaquattro anni di presenza sul mercato vi sembrano già un traguardo di tutto rispetto, pensate che il brand americano è nato addirittura nel diciannovesimo secolo: era il 1898, quando Saucony venne fondata da quattro uomini d’affari sulle rive del fiume omonimo (furono i nativi americani che abitavano quella zona a coniare questo nome, che tradotto in italiano significa qualcosa come “acque che scorrono con leggerezza”) a Kutztown, Pennsylvania, dove iniziarono a produrre scarpe da bambino. Quindi, facendo due conti: 117 anni fa. Numeri che fanno girare la testa, come quelli del successo di Saucony negli ultimi anni: il marchio - forte ad esempio della seconda posizione assoluta nel settore running performance oltreoceano continua a dare lustro al gigante multinazionale Wolverine World Wide che ne detiene la proprietà dal 2012, con una politica di crescita sempre azzeccata. La linea Originals, senza dubbio la preferita dagli amanti del retro running, è composta di remake dall’alta qualità costruttiva, e all’interno del catalogo primaverile del 2015 propone anche le Jazz O che vedete in questa pagina: mesh e suede sulla tomaia danno forma a runner leggere, di alto livello tecnico per l’epoca (e ancora oggi), ben ammortizzate e caratterizzate dalla silhouette affusolata, come voleva il gusto degli anni in cui le Jazz arrivarono per la prima volta sul mercato. La novità 2015 è rappresentata da una particolare customizzazione: le scarpe sono dotate anche di lacci di gomma, e piccole borchiette - sempre in gomma - spuntano dall’onda Saucony sul lato della tomaia. Non a caso queste varianti delle Jazz O sono state intitolate “Gum Pack”.
The famous Jazz O is the most successful model in the history of the brand Saucony and it was launched back in 1981. And if continuing to exist on the market for thirty-four years already is an extraordinary achievement, notice that the American brand dates even back to the nineteenth century. Indeed it was the year 1898 when Saucony was founded by four businessmen in Kutztown, Pennsylvania, on the banks of the homonymous river (the native American living there created that name meaning something like smoothly flowing waters). There they began producing shoes for children. Then, if it all adds up, it was 117 years ago. Mind-blogging figures, just like those describing the success of Saucony in the last few years. The brand (that reached the second absolute position in the running performance sector overseas) goes on bringing prestige to the multinational giant Wolverine World Wide which owns the brand since 2012, with a development policy always hitting the mark. The line Originals, by all means the favorite by the retro-running fans, includes some high quality remakes and included in the spring 2015 catalogue is the Jazz O that we show in this page. A mesh and suede upper to mould a light-weight running shoe, characterized by a high technical level (against both past and current standards), featuring great damping power and a tampering silhouette, as dictated by the trends that were dominant when the Jazz first arrived on the marked. The 2015 version includes a special customization: an additional pair of rubber laces and some small (rubber) studs that stem from the Saucony wave to adorn the upper side. This is why this Jazz O was nicknamed ‘Gum Pack’. Sneakersmagazine
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SPERRY TOP-SIDER
Striper Cvo, Striper Slip-On & A/O 2-Eye ‘Hawaiian’
Ovunque vi troviate nel mondo, estate è sinonimo di Sperry. Il marchio, fondato nel 1935 in Connecticut da Paul Sperry, responsabile della produzione di quelle che sono poi diventate le scarpe da barca per antonomasia, continua a macinare successi anche a ottant’anni dalla sua fondazione. Per la primavera-estate 2015, stagione che traghetta il brand dritto verso questo importante anniversario, le iconiche Boat Shoe A/O 2-Eye vengono riviste in chiave giocosa, grazie a una stampa hawaiiana a tiratura limitata che ricopre alcuni pannelli della tomaia. La stessa texture viene proposta sulle Striper CVO e sulle Striper in versione Slip-On, sneakers che pongono in essere il desiderio dell’azienda americana di allargare il proprio raggio d’azione ben oltre il territorio dei semplici mocassini da barca. Entrambi i modelli Striper sono caratterizzati, oltre che dalla già citata stampa made in Hawaii (quella salta subito all’occhio, ovviamente), anche da una suola in gomma vulcanizzata estremamente flessibile, che le rende adatte a ogni uso, persino per lo skate! Wherever you live in the world, summer is synonymous with Sperry. The brand founded by Paul Sperry in Connecticut in 1935, specializing in the production of shoes that very soon became the by now famous boat shoes for excellence, goes on grinding out successful releases 80 years after its foundation. For the coming spring summer 2015 (a season that’s guiding the brand towards this anniversary) the very classic Boat Shoe 2-eye was revisited under a playful guise, thanks to a Hawaiian print in limited edition that covers some panels of the upper. The very same print can be found on the Striper CVO and on the Striper version Slip-On, sneakers which represents the American company’s desire to extend their range beyond the field of ordinary boat loafers. Both Striper models are characterized not only by this Hawaiian print (which you simply can’t fail to notice) but also by a sole in extremely flexible vulcanized rubber, that renders them unexpectedly fit for any use, including skateboarding! 52
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Siamo abituati - sin da bambini - ad associare il marchio Superga alle classiche stringate in tela chiamate semplicemente 2750. Ma in questa primavera/estate 2015 spicca, all’interno del catalogo del marchio torinese fondato nel 1911, anche una notevole serie di slip-on, ideali per la stagione calda. Le tomaie in poliestere diventano tele su cui stampare fantasie floreali con accostamenti cromatici brillanti, quelle in cotone vengono costruite con tessuto camiceria Oxford o con tela extraforte perfettamente traspirante. Anche la suola in gomma, a seconda delle diverse versioni, viene stampata e colorata per rendere ancora più vasta la gamma di varianti disponibili. Dopo più di un secolo di storia, insomma, uno dei marchi più noti d’Italia sembra proprio non voler rinunciare - e ci mancherebbe - al suo ruolo di leader sul mercato, oggi ancora più forte grazie a una solida presenza internazionale. Chissà se in quell’ormai lontano 1911, qualcuno avrebbe mai potuto immaginarlo... Since an early age we are used to associate the brand Superga with the classic lace-up canvas shoes simply called 2750. But for the coming spring summer 2015 the catalogue of the brand from Turin (founded in 1911) was enriched with an impressive series of slip-on models – absolutely fit for the warm season. The upper in polyester became a canvas over which it was possible to print floral patterns with bright chromatic combinations; that in cotton is made in Oxford shirt-factory tissue or in highly transpiring extra-strong canvas. Depending on the version at stake, the rubber sole can also be printed on and colored, and this can only widen the range of available versions. After more than a century, in other words, one of the most renowned Italian brands seems decidedly unwilling (and with plenty of good reasons!) to surrender its leadership over the market – a role that is made stronger by its growing international standing. Who could have predicted such an unrelenting progress back in 1911? 54
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SUPERGA
SLIP-ON
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ASICS TIGER
PLATINUM GEL-LYTE III La linea Platinum di Asics Tiger debutta con la primavera-estate 2015, promettendo “qualità costruttiva superiore, innovazione e tecnologia ai più alti livelli”. Il marchio giapponese però non vuole certo tagliare le radici che lo tengono saldamente ancorato alla sua gloriosa storia, e dunque ricomincia da un classico assoluto come le Gel-Lyte III - che hanno accompagnato, tra le altre, le imprese della nostra gloria nazionale Gelindo Bordin alla fine degli anni Ottanta. Un’icona che si rinnova con il “Crane and Turtle Pack”, due varianti dedicate ad altrettanti animali simbolo di longevità nella cultura giapponese, gru e tartaruga appunto. Le Gel-Lyte III Crane hanno come modello la gru giapponese dalla cresta rossa, simbolo di pace oltre che di lunga vita, e sono caratterizzate da una tomaia in grigio chiaro e bianco con accenti di rosso acceso. Le Gel-Lyte III Turtle invece, color verde oliva e giallo brillante, riflettono la muta saggezza dell’animale a cui sono ispirate.Tiratura e distribuzione, ovviamente, sono limitate.
The Platinum line of Asics Tiger comes out this spring-summer 2015, with this statement of purpose: ‘superior constructive quality, top-notch innovation and technology’. The Japanese brand doesn’t want to cut the roots that anchor it to its glorious history, and so they restarted from an absolute classic like the Gel-Lyte III (which supported, among others, the feats of our national glory Gelindo Bordin in the late Eighties). An icon that renewed itself with the ‘Crane and Turtle Pack’, two versions dedicated to two animals that represent longevity in the Japanese culture, the crane and the turtle. The Gel-Lyte III Crane is inspired by the Japanese crane exhibiting a red crest, a symbol of peace and long life, and is characterized by a light grey and white upper with bright red accents. The Gel-Lyte III Turtle, on the other hand, features olive green and bright yellow, and reflects the silent wisdom of the animal that inspires it. It goes without saying that both the edition and distribution are limited. 56
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Le radici di casa Lacoste sono saldamente ancorate al mondo dello sport, visto che il fondatore del marchio è un tipo come René Lacoste. Prima di tutto è stato il campione immenso delle sei vittorie francesi in coppa Davis e solo in seguito l’imprenditore geniale che portò sul mercato la polo in cotone piqué e inventò la racchetta da tennis in acciaio. A un certo punto della sua storia, il marchio del coccodrillo ha deciso di creare la linea Lacoste Sport, per declinare lo stile sporty chic - che da sempre lo contraddistingue - in una chiave ancora più moderna, capace di rimanere al passo con lo sviluppo tecnologico che da qualche decennio stiamo vivendo. Fanno parte di questa collezione le LT12 Trainer, modello estremamente attuale che può vantare una costruzione ultraleggera (come tutti quelli della linea L.ight), una tomaia traspirante grazie al largo uso di pannelli in mesh, e una calzata estremamente confortevole garantita dalla particolare costruzione avvolgente del sockliner. L’ammortizzazione è migliorata da una soletta interna completamente rimovibile, mentre la trazione è resa perfetta dal particolare disegno della suola ultra-flessibile. Insomma, dal punto di vista tecnico, si tratta di sneakers a cui non manca nulla, neppure l’occhiello dietro la caviglia per infilarle e sfilarle con la massima comodità.
The roots of house Lacoste are firmly anchored in the world of sport, as the founder of the brand is a guy like René Lacoste. First of all the unequalled champion who won the Davis Cup six times, and only subsequently an ingenious entrepreneur who brought on the market the piqué cotton t-shirt after inventing the steel tennis racket. But there came a time in history, when the brand of the crocodile decided to create the line Lacoste Sport, with a view to reinterpreting those sporty-chic style that marked the brand since its inception through an even more modern inspiration – one that might be capable of keeping pace with the technological development that’s become an essential element of several sport activities. They are part of this collection, the LT12 Trainer, that can boast a ultra-light construction (like all models in the Light line), a highly transpiring upper abounding in mesh panels, a really comfortable wearability granted by the particular encircling construction of the sockliner. While the shoe’s damping power is enhanced by an entirely removable insole, the traction is rendered perfect by the particular design of the ultra-flexible sole. To sum up, it’s a sneaker that lacks nothing from a technical point of view. There is even a eyelet to let you slip it on and off with the maximum ease and comfort. 58
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VOLTA
LOW LIGHTWEIGHT ENGINEERED La nuova collezione del marchio Volta Footwear per la primavera-estate 2015 si ispira alle coste del sud d’Italia, “dove i colori sbiadiscono per l’intensità e il calore del sole”, come recita la presentazione fornita alla stampa dalla casa italiana. L’idea è quella di produrre sneakers ibride facili da indossare - grazie all’allacciatura elastica - e leggerissime. Dunque stile casual, ma senza rinunciare alle performance garantite da un modello sportivo ad alto contenuto tecnologico: non fanno eccezione le nuove Volta Low Lightweight Engineered, con la tomaia ultratraspirante che calza sul piede come un guanto, garantendo il massimo comfort. Completano il quadro di questo modello alcuni accorgimenti tecnici come l’intersuola in EVA ammortizzante e la suola in gomma ad alta resistenza. Un altro instant classic, insomma, che rischia davvero di diventare must dell’imminente estate italiana. The new collection of the brand Volta Footwear for the spring-summer 2015 is inspired by the coast line of southern Italy: ‘where the colors fade away through the intensity and heat of the sun’ (as the press release of the Italian brand puts it). The idea is producing hybrid sneakers that might be easy to wear - thanks to an elastic lacing system - and lightweight. This means a casual style, without renouncing the performance granted by a sport model with high technological content – the new Volta Low Lightweight Engineered is no exception, with a hyper-perspiring upper that fits the foot like a glove, thus granting the greatest comfort. Completing the picture are a few technical details like the midsole in dumping EVA and a sole in highly resistant rubber. Another instant classic, in other words, that runs the risk of becoming a must-have by the next Italian summer. 60
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fred perry Quante vite ha avuto, Frederick John Perry? A diciott’anni campione del mondo di ping pong - pardòn, tennistavolo - a Budapest, nel 1929, quando solo poco tempo prima conosceva a malapena le regole di quel gioco. Subito promise a suo padre che avrebbe vinto la Coppa Davis entro quattro anni. Mantenne la promessa, ma esagerò un po’: a ventisette anni ne aveva vinte quattro con la nazionale inglese, portandosi a casa nel frattempo i titoli di Wimbledon (tre), Us Open (tre), Roland Garros e Australian Open. A venticinque era fidanzato con Marlene Dietrich, a ventotto comprava il Beverly Hills Tennis Club di Los Angeles insieme al più forte professionista americano, Ellsworth Vines: il doppio inaugurale lo giocarono con Charlie Chaplin e Groucho Marx come compagni. A trenta girava in lungo e in largo gli Stati Uniti, in tour sportivi con l’amico Ellsworth, a bordo di una Buick nera, famoso come una rockstar (non fosse che le rockstar, a quel tempo, non esistevano ancora). A quaranta era stato sposato già tre volte, con figli vari e una popolarità che non accennava a diminuire, nonostante l’aristocratica lega tennistica inglese l’avesse bandito dai tornei, perché era diventato un professionista oltreoceano contravvenendo alla regola dell’amatorialità che a quei tempi imperava in Gran Bretagna. Fu in quel periodo che venne avvicinato da un sarto viennese, Tibby Wegner, che gli propose di creare una sua linea di abbigliamento... Servirebbero pagine e pagine del nostro giornalino per rendere conto di tutto ciò che è stato, Fred Perry. Ma se volessimo riassumerlo in un tweet (del resto, sono questi gli anni giusti), sarebbe così: icona di sport e di stile. Lo stesso stile che ritroviamo in ogni collezione del marchio che porta il suo nome, e che ormai da anni produce sneakers che sono l’epitome dell’eleganza sportiva. Vedere per credere queste immagini della stagione primavera/estate 2015 in corso.
How many lives has Frederick John Perry lived? In 1929 he was 18 years old. He went to Budapest to become the world champion of ping-pong (sorry, tennis table), a discipline whose rules he had started to learn a few months before. Then he promised his father that within the next four years he would win the Davis Cup. The promise was kept, but even too much: at 27 he won the fourth cup with the English national team, and in the meantime he obtained several titles: from Wimbledon (three) to the Us Open (three), from the Roland Garros to the Australian Open. At 25 his girlfriend was Marlene Dietrich, at 28 he bought the Beverly Hills Tennis Club in Los Angeles with the strongest American professional man, Ellsworth Vines. Their inaugural doubles was played with Charlie Chaplin and Groucho Marx. At 30 he was journeying through the United States with his friend Ellsworth, driving a black Buick, famous like a rock star ahead of his time (for back then there was simply no rock star). At 40 he could boast three marriages, several children and a renown that was far from fading away, although the aristocratic English tennis league had banned him from the tournaments because he had become an overseas professional thus infringing the rule of amateur sport then in force in the UK. At that point in time he was approached by a Viennese tailor, Tibby Wegner, who proposed him to create a clothing line… We would need pages and pages of this magazine to rehearse more fully what Fred Perry accomplished. Bu if we wanted to sketch it by a single tweet (because this is the latest fashion), it might read something along these lines: a sport and style icon. The very same style that we find in all collections by the brand bearing his name, and that’s been producing sneakers embodying this sporty elegance. Seeing is believing: so take a look at these pictures on the spring summer 2015. 62
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ARIA
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In questo momento storico molti si lamentano del fatto che le aziende italiane finiscono in mani straniere, ma a guardar bene accade anche il contrario: una famiglia di imprenditori italiana ha di recente acquisito il controllo di uno storico marchio sneakers europeo, precisamente finlandese, e si appresta a rilanciarlo sul mercato sfruttando l’esperienza accumulata nel corso di molti anni di permanenza nel settore. La famiglia Arese sembra infatti avere progetti importanti per il brand Karhu, e noi non possiamo che dirci felici alla prospettiva di veder tornare sugli scaffali alcuni modelli running davvero notevoli prodotti dall’azienda nordeuropea nel corso dell’ultimo secolo. O quasi: Karhu - che in finlandese significa orso - è effettivamente stata fondata nel 1916, ed è stata al fianco di molti tra i più grandi atleti del nord lungo tutto il corso del ventesimo secolo. Avremo modo di raccontarvi molte storie che girano intorno all’orso della Finlandia, ma per prima cosa vogliamo presentarvi una delle prime sneakers di questo grande rilancio: le splendide Aria, viste per la prima volta intorno alla metà degli anni Novanta e dotate di uno dei ritrovati tecnologici più interessanti tra quelli sviluppati dal reparto ricerca e sviluppo di Karhu. Si tratta del sistema Fulcrum, una piccola leva in phylon (materiale plastico leggero e resistente) inserita nell’intersuola e utile a trasferire velocemente l’energia all’avampiede nel momento immediatamente successivo alla battuta sul terreno. Semplice ed efficace. Ma ciò che fa la differenza dal punto di vista estetico è la combinazione di mesh, pelle e suede sulla tomaia, e la combinazione di colori quintessenzialmente nineties. Godetevi le immagini in queste pagine e, nelle successive, l’intervista all’uomo dietro il rilancio di Karhu: Franco Arese, leggenda dello sport italiano. Sneakersmagazine magazine 66 Sneakers
KARHU ARIA In this historical moment many people complain that an increasing number of Italian brands get sold to foreigners. But an inverse process is also in progress. A family of Italian entrepreneurs has recently acquired the majority of an historic sneaker brand, born in Europe, more precisely in Finland, and they are eager to re-launch it on the market exploiting the experience developed over many years in the sector. The Arese family seems to have important projects for the brand Kahru, and we can only feel glad at the prospects of seeing some of the running models produced by the north-European company some decades ago getting back on the shelves. Kahru (a word meaning bear in Finnish) was founded in 1916 and accompanied most of the greatest athletes over the whole twentieth century. We will have the time to rehearse many traditional stories about the Finnish bear. To begin with, we want to present you one of the first models resulting from this ambitious re-launching project. The marvelous Aria, first released in the mid Eighties and equipped with one of the most interesting technological findings, developed by the research and development office of Karhu. It’s called the Fulcrum system, and is comprised of a small lever in phylon (a lightweight and resistant material) inserted into the midsole with the function of transmitting the energy to the forefoot immediately upon the foot’s contact with the ground. Quite easy and efficient at the same time. But what makes the difference, from an aesthetical point of view, is the combination of mesh, leather and suede on the upper, and the combination of peculiarly Nineties colorings. Enjoy the images shown in these pages, and read in the following the interview with the man who promoted the Karhu comeback: Franco Arese, an Italian sport legend. Sneakers Sneakersmagazine magazine
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Campione italiano degli 800 metri nel 1968, 1969, 1972 e 1973; dei 1500 metri nel 1966, 1967, 1968 e 1970; dei 5000, nel 1971; dei 1500 indoor nel 1972; dei 3000 indoor e del Cross corto nel 1970. Campione europeo dei 1500 metri nel 1971. E tanto altro: Franco Arese è stato un re dell’atletica italiana, a cavallo tra Sessanta e Settanta. Ma se gli chiedi di ricordare quei tempi, nei suoi occhi sembra apparire solo un accenno di nostalgia: “Sì, ero piuttosto popolare in quegli anni. Ricordo che nel 1972 venne a trovarmi a Cuneo Alfredo Pigna della Domenica Sportiva, e si fermò tre giorni, per mettere insieme il servizio che sarebbe andato in onda la settimana successiva. Ma anche Luigi Gianoli della Gazzetta dello Sport, l’anno prima, stette con me per un paio di giorni... quell’anno, il Corriere dello Sport mi nominò atleta italiano dell’anno. Ero su tante prime pagine. Credo fosse perché a quei tempi l’atletica era molto considerata dai media, più di adesso.” La carriera di Franco Arese è, in effetti, una finestra per osservare un momento importante per lo sport italiano. Magari lasciandosi guidare dai suoi ricordi, che iniziano nel decennio del boom: “Da ragazzi eravamo come i kenyani, io e mio fratello. Nel senso che come gli atleti africani che sono arrivati dopo, noi vivevamo all’aperto, in campagna. Era il se-
condo dopoguerra... stavamo in giro tutto il giorno, non dico sempre scalzi, ma spesso. Andavamo a pescare senza lenza, con le mani. E le prime corse serie le abbiamo fatte per sfuggire al guardiapesca, che non ci ha mai preso. La nostra era una famiglia di contadini, noi andavamo a scuola a piedi, quatro chilometri tutti i giorni. Eravamo abituati a camminare, a correre. E questo ci aveva preparato per l’atletica scolastica, che ai tempi aveva un peso mica da poco: c’erano i campionati studenteschi provinciali, regionali, nazionali... Io vinsi nel 1963 la finale nazionale a Terni sui 1000 metri, la mia carriera è iniziata lì. Mamma era molto contenta, anche quando poi mi iscrissi alla Società Atletica Cuneo. Credo che lei fosse fosse felice soprattutto del fatto che andavamo a correre invece che al bar, ma non pensava che ne avrei fatto una vera carriera... Meno di dieci anni dopo, nel 1971, avevo tutti i record italiani” - continua Franco sorridendo - “Non si era mai visto uno di Cuneo che detenesse tutti quei record.” La storia di Franco Arese non finisce a trent’anni, con i successi sulle piste. Il campione passa presto dai record ai budget: “Ho smesso di gareggiare nel 1976, a maggio. A giugno ho iniziato a lavorare per Sergio Tacchini. Ho fatto il rappresentante,
quello che si chiama “il marciapiede”, prima di aprire la mia agenzia.” Così inizia la seconda vita, quella da imprenditore, che dalla campagna piemontese arriva ai vertici di una multinazionale dello sport come Asics, di cui è stato presidente in Italia per trentun anni di seguito (molto probabilmente, si tratta di un altro record). Franco ha dunque avuto l’occasione di essere testimone dell’evoluzione del mondo sneakers sia dal lato degli atleti che da quello dei manager, mettendo a frutto nella sua seconda vita l’esperienza accumulata nella prima. “Io ho iniziato a correre con scarpe di tela, per niente tecniche”, racconta. “Lì magari andavi lo stesso, perché eri forte, ma le scarpe certo non ti aiutavano. Il primo modello che ricordo avere una concezione più moderna erano le adidas Achil, all’inizio degli anni Settanta. Io correvo con quelle, e mi ci trovavo bene perché proteggevano decentemente il tallone. Certo, le scarpe di oggi sono dei bijoux al confronto: adesso vedo in giro sneakers che avvolgono il piede come un guanto, che proteggono i tendini... Chi corre oggi, senza dubbio ha una vita più facile.” L’esperienza da dirigente presso alcuni grandi marchi dell’abbigliamento sportivo è stata, nelle parole di Franco Arese, imSneakersmagazine
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franco arese inte rview portante quanto quella negli stadi dell’atletica: “Ho avuto la fortuna di conoscere personaggi importanti di questo mondo come Horst Dassler, figlio di Adi, e soprattutto Kihachiro Onitsuka, il fondatore di Asics e Onitsuka Tiger. Entrambi mi hanno insegnato molto riguardo all’industria delle scarpe sportive. Andavo spesso a trovare Onitsuka in Giappone, quando ero a capo di Asics, e lui era davvero un uomo che riusciva ad ispirarti. ” Ma come giudica Franco, atleta della vecchia guardia, l’invasione del mondo della moda da parte dello sportswear, avvenuta dopo gli anni Ottanta? “Credo che sia l’ennesima prova del fatto che lo sport esercita sempre un grande fascino in tutta la cultura popolare, nei media. Per questo gli atleti sono ancora testimonial perfetti, rappresentano ancora un ideale a cui tendere. L’invasione dei modelli retro, originali, o come li volete chiamare, è molto interessante dal punto di vista del costume... Speriamo però che la moda aiuti tutti quanti, in generale, a essere più sportivi, oltre che a sembrarlo. Oggi la gente fa poco movimento, per il modo in cui viviamo e lavoriamo, e questo è pericoloso per la salute, punto.” Franco non parla certo per sentito dire: tre anni fa ha rischiato la vita per una pancreatite, e ha deciso che mai avrebbe permesso che uno stile di vita sedentario minasse ancora la sua salute. Del resto, per un tipo che ha corso lungo tutto l’arco della sua gioventù, fermarsi è semplicemente innaturale. E non solo fisicamente. A settant’anni infatti, Franco Arese ha raccolto un’altra sfida: rilanciare sul mercato un marchio storico del running europeo, che può contare decine di modelli eccezionali, sebbene quasi dimenticati, all’interno del suo archivio. “Oggi la mia famiglia è proprietaria del marchio finlandese Karhu, ne abbiamo acquisito la maggioranza dopo una lunga trattativa. Per me è l’ennesima sfida, è una cosa esaltante, una di quelle che ti rallentano l’invecchiamento”, dice sorridendo. “E poi c’è di mezzo la Finlandia... Negli anni Settanta io mi trasferivo in Finlandia per qualche mese ogni estate, perché allora tutti i meeting più importanti - eccetto Zurigo e Berlino - erano in Scandinavia: Oslo, Stoccolma, Göteborg... Stavo lì, mi allenavo: fa fresco, la gente è simpatica, mi piace il nord Europa. Ho ancora un sacco di amici da quelle parti. La Scandinavia rappresenta la natura, l’aria pulita, sono valori che piacciono in tutto il mondo. Io sento buone vibrazioni arrivare da questo marchio, l’orso mi sfagiola sul serio... non è solo un prodotto di qualità, è anche una questione di valori, appunto. Karhu era il brand delle scarpe usate dal grande Paavo Nurmi, uno dei più importanti atleti della storia, e poterle calzare oggi è una cosa che mi riempie d’orgoglio.” 70
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Italian champion in the 800 meter race in 1968, 1969, 1972 and 1973; in the 1500 meter race in 1966, 1967, 1968 and 1970; in the 5000 in 1971; in the 1500 indoor in 1972; plus the 3000 indoor and the short Cross race in 1970. He also won the European championship on 1500 in 1971. And much more: Franco Arese was a king of Italian athletics between the Sixties and Seventies. But if you ask him to rehearse those times, a hint of nostalgia well up into his eyes. “Yes, I was fairly popular back then. I recall Alfredo Pigna of the Domenica Sportiva, he came to Cuneo in 1972 to interview me and spent three days there to prepare a reportage that was broadcasted the following week. Luigi Gianoli of the Gazzetta dello Sport had come a year before and stayed a couple of days. That same year the Corriere dello Sport called me the Italian athlete of the year. My photographs appeared on many covers. The reason for this is that athletics was much covered by the media, more than now”. Franco Arese’s career is like a window facing on a crucial period of the Italian sport history. One way to get it is following his memories to the boom’s decade. “I spent my youth with my brother, we were like two Kenians, for (like the African athletes that became famous subsequently) we used to live in the open air. It was after the Second World War, we used to spend our days barefooted – not always, but very often. We used to fish with our hands, no fishing line. And we started to take running seriously only to escape the fish warden, who never nabbed us. Our family was a peasant family, and we walked to school, four kilometers every day. We used to walk and run all day long. And this way of living trained us for the athletics we made at school, that was pretty important back then. There was plenty of student tournaments at any level: of the province, the region, and national. In 1963 I won the national final in Terni in the 1000 meter race: that’s the beginning of my career. My mother was very happy – so I enrolled in the Società Atletica Cuneo. I think she was happy that we went to run instead of going to the pub. But she couldn’t imagine that it would become my career. Less than ten years later, in 1971, I had won all the Italian records” – says Franco with a smile. “It was absolutely unprecedented that a man from Cuneo could be the holder of so many records”. The story of Franco Arese goes beyond his thirtieth birthday, with all his records on track. The champion moves from the records to the budgets. “I quit the competitions in May 1976. As soon as June 1976 I started to work with Sergio Tacchini. I worked as a business agent, what we call the sidewalk, before opening my own agency”. Thus begun his second life, as an entrepreneur, who leaves the Piedmont
countryside to reach the top of a multinational of sport like Asics, where he was the Italian president for 31 years (and this is likely to be another record). Franco had the opportunity to witness the evolution of the sneaker world both from the athletes’ and from the managers’ standpoint, exploiting in the second part of his life what he had learned during the first. “I started to run with my canvas shoes, absolutely non-technical”, says Franco. “In fact you could made it anyway, because you were strong, but your shoes gave you no help. The first model I can remember to express a modern approach was the adidas Achil from the early Seventies. I would run with that, and it was ok because those shoes were good at protecting the heel. I must say that today’s models are like jewels by comparison: I know of sneakers that wrap up your foot as a glove, models designed to protect your tendons. For those who run today, life is not that tough as it used to be back then”. His experiences as a manager of some great brands of clothing were equally important, according to Franco Arese, as those on the athletics racecourse. “I had the fortune to meet important people in this world, like Horst Dassler, the son of Adi, and more importantly, Kihachiro Onitsuka, the founder of Asics and Onitsuka Tiger. I learned a lot from both men regarding the sport shoe industry. When I was a manager of Asics, I would often visit Onitsuka in Japan, and he was really a man who could inspire you”. From the perspective of an oldguard athlete, what do you think of the sportswear’s invasion of the fashion world during the Eighties? “I think it’s the umpteenth proof of the extent to which the popular culture and the media are seduced by sport in general. For this reason an athlete is still a perfect brand endorser, because he represents an ideal to which anyone should aspire. The invasion of retro models, originals (or whatever
you like to call them), is really interesting from a lifestyle point of view. My hope is that fashion might help anyone to become more of a sportsman, not only to look like a sportsman. Today the people don’t do enough exercise, due to our lifestyle and work, and this isn’t good for our health”. Franco doesn’t speak by hearsay. Three years ago he risked his life for a pancreatitis. So he decided that he should stop his sedentary life from mining his health. After all, when you are a guy who spent his life on the run, it’s simply unnatural to pause. And this is true on many levels. As a seventy year-old guy Franco Arese set to himself another challenge: re-launching on the market a historic brand of the European running, that has dozens extraordinary models, almost forgotten in its archives. “Today my family owns the Finnish brand Karhu. We acquired the majority after a long negotiation. It’s my latest challenge, a very exciting adventure that promises to brighten up my old age”, says Franco with a smile. “And besides this, the whole project is about Finland. When I was young, during the Seventies, I would spend a few months in Finland every summer, because most of the important meetings (except Zurich and Berlin) used to take place in Scandinavia: Oslo, Stockholm, Goteborg. There I used to spend my summers training. The weather is cool, the people friendly, I really like the Northern countries. I still have many friends over there. Scandinavia represents nature, pure air and these values are appreciated everywhere. I feel very thrilled by the brand, and I really love this bear – it isn’t simply about the product quality, it’s a matter of values. Karhu was the brand who produced the shoes of the great Paavo Nurmi, one of the greatest athletes ever. And the very possibility to wear a pair of Kahru nowadays is something I am proud about”. Sneakersmagazine
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Chuck Taylor, Chuck Taylor,. Chuck Taylor Ancora una volta il protagonista dei cataloghi della casa della stella è lo storico e intramontabile modello dedicato al cestista americano che negli anni venti e trenta si fece ambasciatore nel mondo non solo del brand, ma soprattutto di questa sneaker, da lui messa a punto, contribuendo così a crearne il mito. Per la primavera-estate 2015, questo significa due cose: una nuova campagna di comunicazione mondiale dedicata alle Chuck e, soprattutto, nuovi modelli limited edition. Converse lancia, infatti, una grande campagna mondiale “Converse Made By You”: la Chuck Taylor come attrice principale, vista come simbolo di libertà e aggregazione ed al contempo icona indiscussa di un mondo dove arte, design, musica e moda viaggiano oramai senza confini, questo modello è L’Idea, la tela neutra sulla quale trasmettere la propria espressione creativa. Non è la prima volta che una delle silhouette più antiche della storia delle sneakers viene trasformata in una tela su cui esprimere la propria creatività, ma mai l’operazione era stata condotta su scala mondiale. Converse Italia da sempre attenta allo stile personale, che viene direttamente dalla gente e alle customizzazioni, ha messo a punto nuovi modelli della linea LTD edition che uniscono tutto il sapore del vintage e del vissuto ad una cura e attenzione tipica del made in Italy. Tantissime infatti le grafiche e le finiture che vanno ad arricchire il canvas trattato artigianalmente: colorazioni faded effetto vintage, modelli in stile biker con applicazioni in pelle e ancora, colate di vernice e schizzi multicolore, modelli jap inspiration rivestite di tessuto floreale stile giapponese e per finire, modelli unici dipinti a mano. Chuck Taylor, Chuck Taylor, Chuck Taylor. The protagonist of the starred company catalogues is once again the historical, everlasting model dedicated to the American basketball player who (between the Twenties and Thirties) operated as a global ambassador not only for the brand, but also for this model that he helped finishing (thus contributing to its becoming a legend). For the coming spring-summer 2015, this means two things: a new global media campaign dedicated to the Chuck, and more importantly, new models in limited edition. Converse launches indeed a huge world campaign called ‘Converse MADE BY YOU’. The Chuck Taylor takes a leading role, as a symbol of freedom and aggregation and at the same time as the undisputed icon of a world where art, design, music and fashion are by now limitless. This model is in fact THE IDEA, the neutral canvas on which to project one’s creative inspiration. It isn’t the first time that one of the oldest silhouettes in the history of sneakers gets transformed into a canvas over which the people can express their creativity – but never has this process been so grand-scale. Converse Italia has always paid attention to all personal styles stemming from the people and the customization process. For this purpose they designed new models in the LTD edition line that combine the flavor of vintage with the care and attention that’s typical of made in Italy. There are indeed a variety of graphics and finishes that embellish a handicrafted canvas. From faded colorings with a vintage effect to models in biker style with leather details or painted with a shower of multicolored varnish, jap inspiration models coated fabric floral Japanese style and to finish, unique patterns hand-painted. Sneakersmagazine magazine 72 Sneakers
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Tinker Hatfield, Sergio Lozano, Tory Orzeck, Peter Fogg, Carl Blakeslee, Robert Mervar, Geoff Hollister: non sono nomi molto noti al grande pubblico, e - strano a dirsi - neppure a molti di quelli che si dichiarano appassionati, in questo ventunesimo secolo. Eppure sono nomi che hanno fatto la storia, o almeno una piccola parte che a noi interessa molto. Sono i designer responsabili di gran parte dei modelli usciti dagli stabilimenti Nike negli ultimi tre decenni, e in particolare nei Novanta, un periodo d’oro per la casa di Beaverton. Uomini uniti in particolare dal lavoro su una piccola nicchia rimasta sottotraccia all’interno della produzione Nike, capace però di raggiungere uno status di cult assoluto nel corso degli anni: la linea ACG. Per riassumere le basi, l’acronimo sta per All Conditions Gear, e da solo spiega molto: si tratta di una collezione specificamente pensata per lo sport in montagna (principalmente hiking, ma anche sci e arrampicata), e caratterizzata dall’ampio uso di tessuti tecnici waterproof e traspiranti, dal Gore-Tex in giù. Strano a dirsi, il culto del marchio ACG non nacque tra gli amanti della montagna, ma tra i ragazzi di città, attirati dalle combinazioni di colori neon e dalle strane silhouette, perfettamente in linea con lo stile degli anni Novanta e allo stesso tempo lievemente fuori fase, laterali, eccessive anche per l’epoca. Non tutti apprezzavano le sneakers brandizzate ACG, ma per alcuni è stato, a prima vista, amore eterno: oggi quei modelli rimangono classici, stabilmente nei ricordi di chi ormai ha superato i venticinque anni.
con la nuova linea ACG lanciata dalla casa di Beaverton alla fine del 2014, chiamata NikeLab ACG e destinata a dividere gli appassionati: l’idea è infatti proprio quella di portare il marchio dalle montagne alle strade delle città (oltre che sugli scaffali dei negozi NikeLab appunto), abbandonando allo stesso tempo le combinazioni di colori tipicamente nineties che da sempre lo caratterizzano. E se da una parte l’idea di vedere ancora più ragazzini abbigliati come ninja urbani non ci piace granché (ci sono già troppi jogger pants neri, davanti alle scuole superiori), dall’altra il nome del designer a cui è stato affidato il progetto dà fiducia. Si tratta infatti di Hugh Errolson, cino-jamaican-canadese-tedesco (tutto vero) che dagli anni Novanta disegna incredibili capi tecnici, prestando servizio presso marchi come Burton, United Arrows e Stone Island, oltre che per il brand iper-cult Acronym fondato in Germania nel 1994 con Michaela Sachenbacher. I primi prodotti del nuovo corso ACG non hanno deluso, anche se il legame con una storia tanto importante è labile, purtroppo: giacche, pantaloni e zaini della linea NikeLab ACG sono caratterizzati da una pressoché assoluta mancanza di colore, dall’estetica minimal che nasconde complicate architetture di tasche e contenitori utili a ospitare gadget tecnologici, dalla struttura a strati, dall’ingegnerizzazione totale alla ricerca di un fit perfetto. Pezzi notevoli, molto contemporanei, però di quella vitalità e di quei particolari eccentrici che rendevano davvero affascinante l’abbigliamento ACG dei Novanta.
Air Mowabb, Air Mowabb II, Baltoro High, Air Terra, Air Moc, Air Escape (da non confondere con le Escape Runner, precedenti all’introduzione del marchio All Conditions Gear), Wildwood, Air Mada, Air Revaderchi: sono i modelli che hanno fatto la storia della linea ACG nei Novanta. Ma anche il periodo post-Duemila è stato prodigo di sneakers ibride molto interessanti: le splendide Wildedge del 2007, certo, ma anche Okwahn II (2012), Zoom Talaria Boot (2007), Lunar MacLeay (2010), Ashiko Flywire Boot (2009), Lunar Wood (2009, originariamente nate da un progetto dello store danese Wood Wood) e soprattutto i leggendari boots da città Goadome (2007), con tomaia in pelle totale (anche in versione laminata Gore-Tex) e suola simile nel design a quella delle Air Max 95.
Discorso a parte meritano le scarpe, su cui si possono davvero concentrare molte critiche: le ACG Flyknit Trainer Chukka SFB in arrivo per questa primavera/estate 2015 sono una versione lievemente più resistente agli elementi delle “normali” Flyknit Trainer Chukka SFB, con un grosso logo stampato sul lato della tomaia che, più che un riferimento allo stile dei Novanta, sembra un tentativo di mascherare la mancanza di idee interessanti. Non vogliamo apparire nostalgici a tutti i costi, ma vorremmo rivedere lo “stile outdoor con un twist atletico ad alta tecnologia” citato sugli appunti di Hatfield e Losano nei Novanta. Di nero, in giro, ci sembra che ce ne sia già troppo... ma a smentirci c’è il sold out istantaneo delle Flyknit Trainer Chukka SFB, letteralmente volate via dal sito nike.com. Il prodotto che si vende è sempre quello giusto, certo. Eppure ci sembra che un po’ del fascino della linea ACG sia andato perso, nel corso dell’ultimo aggiornamento.
Forse è proprio questo modello, che ricordiamo soprattutto nella colorazione total black che faceva risaltare la sua estetica minimale, a rappresentare l’ideale anello di congiunzione Sneakersmagazine magazine 76 Sneakers
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ACG then and now Tinker Hatfield, Sergio Lozano, Tory Orzeck, Peter Fogg, Carl Blakeslee, Robert Mervar, Geoff Hollister. These aren’t names that the general public is familiar with. Also many of those who in recent years declared themselves fans will ignore these names. But those people have made the history – or at least the part of it that we mostly care about. For they are the designers who helped create most of the models released by Nike over the last few decades – especially in the Nineties, a golden period for Beaverton. What those men had in common was a focus on a small niche of product that remained undercover within the company catalogues, but that over the years was capable of becoming a cult classic: the ACG line. To see why, keep in mind that the acronym stands for All Condition Gear and this is a clue by itself: it was a collection expressly designed for mountain sports (mostly hiking, but also ski and climbing) and characterized by a wide use of waterproof and transpiring technical fabrics (including Gore-Tex). Strangely enough, the cult of the brand ACG wasn’t born among the mountain lovers, but among some urban guys that were attracted by the neon colorings and the amazing silhouettes, in perfect keeping with the Nineties styles and at the same time slightly out of sorts, eccentric, excessive, even back then. Although the sneakers ACG weren’t appreciated by all, for some enthusiasts it was eternal love at first sight. Today such models are like classics: firmly rooted into the memories of all the fans older than 25. Air Mowabb, Air Mowabb II, Baltoro High, Air Terra, Air Moc, Air Escape (not to be confused with the Escape Runner coming before the introduction of the brand All Conditions Gear), Wildwood, Air Mada, and Air Revaderchi. These are the models who made the history of the ACG line during the Nineties. But also the period following the year 2000 was rich in very interesting hybrid sneakers. The marvelous Wildedge (2007), but also the Okwahn II (2012), the Zoom Talaria Boot (2007), the Lunar MacLeay (2010), the Ashiko Flywire Boot (2009), the Lunar Wood (2009, coming from a project by the Danish store Wood Wood) and more importantly the famous city boots Goadome (2007), featuring a total leather upper (also in rolled Gore-Tex) and a sole’s design reminiscent of the Air Max 95. Perhaps it’s exactly this model (that we remember in the total black version that emphasized its minimal aesthetic) to represent the ideal point of junction with the new ACG line launched by Beaverton in 2014. It was called NikeLab ACG and was doomed to divide the fans. This because the idea is exactly to move the brand from the mountains to the city streets (and the shelves of the NikeLab stores), dropping all those Nineties colorings that always characterized this model. And if, on the one hand, the risk to see more and more kids strolling about the streets like swarms of urban ninjas doesn’t seduce us very much (there already are too many black jogger pants out of the high schools), on the other hand the name of the designer to whom the project was entrusted gives us some hope. His name is Hugh Errolson, a Cino-Jamaican-Canadian-German guy (seriously) who’s been designing incredibly smart technical clothes since the Nineties, collaborating with brands like Burton, United Arrows, and Stone Island, not to mention the hyper-cult brand Acronym, founded in Germany in 1994 with Michaela Sachenbacher. The first products of the new ACG course didn’t frustrate the hopes, even if the connection to such an important history is weak, unfortunately. Jackets, pants, and backpacks from the ACG NikeLab line are characterized by an almost absolute absence of colors, by a minimal aesthetic hiding a complex system of pockets and boxes to host some technological gadgets, by a layered structure, and by a fully engineered approach in the search for a perfect fit. Remarkable, very modern items, and at the same time reviving the vividness and the amazing details that would render so intriguing the ACG clothing during the Nineties. A different comment may be made about the shoes, that elicit some criticisms: the ACG Flyknit Trainer Chukka SFB due out this spring summer 2015 is a version (perhaps more resistant) of the ‘standard’ Flyknit Trainer Chukka SFB and exhibits a huge logo printed on the upper’s side. Now this logo, more than a reference to the Nineties, seems to be a trick to hide a lack of good ideas. We don’t want to be nostalgic at all costs, but we’d like to see the “outdoor style with a high-technological athletic twist” mentioned in the notes that Hatfield and Losano exchanged during the Nineties. We have the impression that there is too much black around – but speaking against our opinion is the instant sold-out of the Flyknit Trainer Chukka SFB that literally flew out of the website nike.com. A (most) successful product is always right, of course. But we have the feeling that part of the ACG line’s appeal faded away during the last updating. Sneakersmagazine magazine 78 Sneakers
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PIERRE CARDIN La storia di Pierre Cardin è la storia della moda del Ventesimo secolo. Quindi, storia della moda tout court. Elsa Schiapparelli, Jeanne Paquin e Christian Dior sono solo i primi nomi tra quelli che hanno attraversato la carriera di questo stilista che oggi tutti pronunciano alla francese, ma che era solo Cardìn quando nacque in un piccolo paese del Veneto, nel lontano 1922. Fino al 2009 ha firmato personalmente le collezioni della sua casa di moda, e oggi che a Parigi perfino un museo lo celebra (aperto proprio alla fine dell’anno scorso), Pierre Cardin non sembra ancora essere un tipo che ama solo guardare al passato. Tantomeno il marchio che ha fondato, che senza paura si lancia anche nel mondo sneakers, per quanto quest’ultimo possa sembrare lontano, per sensibilità, dalla tradizione della maison. Invece, alla fine, tutto si tiene: per averne prova basta guardare i due modelli in arrivo per la primavera/estate 2015, grazie alla licenza acquisita dalla storica azienda italiana Sport Up di Piazzola sul Brenta. Da una parte abbiamo l’eleganza minimale delle mid-top in grigio totale, dall’altra l’esuberanza delle running retro con tomaia in suede e nylon a tinte fortemente contrastate. Su entrambe spicca la firma dell’uomo che, da quasi cent’anni, guarda al futuro della moda. The story of Pierre Cardin is the history of Twentieth century fashion. Which means the history of fashion at large. Elsa Schiapparelli, Jeanne Paquin, and Christian Dior were among the characters who met the great designer early in his career. His name bears ever since a French accent, but in fact it was pronounced as Cardìn when he was born in a Venetian small village in 1922. Until 2009 he personally signed all of his company collections and today there even is a museum in Paris celebrating his style (it was open until last December). But Pierre Cardin isn’t the kind of person who simply looks back. And since his brand possesses a similar character, it decided to enter the world of sneakers, no matter how far this might seem (in terms of taste) from the maison’s tradition. On the contrary, it’s a consistent decision. To see why just look at the two models due out this spring summer 2015, thanks to the license acquired by the historic Italian company Sport Up. On the one hand, we have the minimal elegance of a mid-top in total grey; on the other, the exuberance of a retro-style running with upper in highly contrasted suede and nylon. The signature of a man who’s been leading the fashion trends for a century embellishes both models.
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Ade Shoes, marchio italiano che seguiamo sin dalla sua creazione avvenuta solo poche stagioni fa, sta espandendo i suoi orizzonti nel settore footwear. Intendiamoci: questo non significa affatto abbandonare le radici skate, surf e bmx a cui i fondatori sono legatissimi. La loro esperienza negli action sports viene infatti messa al servizio della produzione di scarpe e abbigliamento che abbiano - sono parole loro - “stile, il giusto comfort, e la resistenza che serve”. Iniziamo dalla resistenza, garantita da una classica cupsole in molded rubber; continuiamo con il comfort, notevolmente migliorato grazie all’inserimento di solette interne antishock, in etilene vinilacetato e dotate di un cuscinetto in gel ammortizzante di 12 millimetri inserito sotto il tallone; infine c’è lo stile, e qui il discorso si fa davvero interessante. Le nuove Bent e Inward Mid in arrivo con la primavera/estate 2015 sono infatti caratterizzate da un notevole numero di varianti disponibili, tra le quali spiccano le Bent che sfoggiano sulla tomaia pannelli in tessuto “Distressed” per un istantaneo effetto vintage e le Inward Mid con stampa “Santiago”, che ricorda le coperte tipiche dell’artigianato cileno. 82
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ADE
BENT & INWARD MID Ade Shoes, an Italian brand that we follow since its inception (dating back to a few seasons ago), is expanding its colonies in the foot-wear sector. Let’s be clear, this doesn’t mean abandoning their skate, surf, and bmx roots – to whom the founders are attached. Their experience in the action sports is put in the service of the production of shoes and clothing that must have (as they say) ‘the proper comfort, style, and the needed resistance’. Let’s start from the resistance, which is granted by a classic cupsole in molded rubber. Then go on and focus on comfort, radically enhanced through the insertion of an anti-shock insole in ethylene vinyl acetate and endowed with a buffer in damping gel of 12 millimeters inserted under the heel. Now we can talk about style, and the story becomes intriguing. The new Bent and Inward Mid due out the coming spring-summer 2015 are characterized by a remarkable number of available versions, among which we point out a Bent featuring a upper partly covered by panels in ‘Distressed’ canvas to give an instant vintage effect, and an Inward Mid with Santiago print, quite reminiscent of the blankets produced by the handicraftsmen from Chile. Sneakersmagazine
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Le sneakers con il marchio New York Yankees - squadra più vincente della storia, e culto per eccellenza della Major League Baseball americana - sono diventate nel corso delle ultime stagioni un accessorio fondamentale per tutti gli amanti dello stile USA. Caratterizzate dall’iconico logo che sovrappone le iniziali NY - e che abbiamo visto di recente anche in una celebratissima collaborazione con i re Mida dello streetwear newyorchese di Supreme - le scarpe New York Yankees Footwear hanno fatto breccia, in pochi anni, anche sul mercato europeo. Il marchio MLB (Major League Baseball) è infatti cresciuto nel vecchio continente fino a diventare un vero e proprio simbolo dello sportswear per tutte le generazioni. Considerati come parte del più autentico stile di vita americano, i marchi delle squadre di Major League sono amati e indossati con orgoglio dalle star più famose. A iniziare proprio da New York Yankees, che a partire da una richiesta del regista Spike Lee ha presto raggiunto le celebrità della scena rap, hip hop e r’n’b. La collezione NYY Footwear è disegnata e prodotta da SFD Atelier, con notevole cura messa nella qualità dei materiali e della costruzione, ma soprattutto con un occhio attento allo stile urbano del Ventunesimo secolo. Caratteristiche che troviamo anche nelle Dacteon Man, ultima proposta - estremamente tecnica - del brand americano per la primavera/estate 2015. 84
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NEW YORK YANKEES footwear
DACTEON MAN
Over the last few seasons the sneakers by the brand New York Yankees (the most winning team in history and the most celebrated in the American Baseball Major League) have become a fundamental accessory for those who love the American style. Characterized by a very iconic logo that overlaps the letters N and Y (as we recently saw in a most celebrated collaboration with the kings of New York street-wear from Supreme), the New York Yankees Footwear shoes have rapidly found their way to the customers’ hearts in the European market. Indeed the brand MLB (Major League Baseball) grew up in the old continent to become a truly sportswear symbol for all generations. Seen as part of the most genuine American style of living, the brands of the Major League teams are appreciated and proudly exhibited by the most famous stars. And the brand New York Yankees is a case in point, for it’s in the wake of a request from director Spike Lee that the brand quickly achieved a great renown on the rap, hip hop and r’n’b scenes. The NYY Footwear collection was designed and produced by SFD Atelier, with an extreme care devoted to the quality of materials and construction, and more than that, with a heedful eye on the urban style marking the new century. The same features can also be found in the Dacteon Man, the latest proposal (fairly technical) by the American brand for the spring summer 2015. Sneakersmagazine
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DC SHOES
TONIK SP Un modello perfetto sia per le performance su tavola, sia per le performance della vita di tutti i giorni: ecco lo slogan più adatto alle Tonik SP, skate shoes dal design pulito, con collo leggermente imbottito e rinforzi vari nei punti più delicati per skateare con il massimo comfort. Un classico del catalogo DC Shoes, caratterizzato dalla suola in gomma vulcanizzata antiabrasiva che aumenta al massimo la sensibilità del piede sulla tavola senza sacrificare la resistenza. Si tratta di uno dei modelli più leggeri tra quelli proposti sul mercato dalla casa americana, e proprio per questo motivo senza dubbio tra i più amati dagli skater che prediligono uno stile ricco di trick aerei. Le Tonik SP tornano sugli scaffali per la primavera/estate 2015 in nuove varianti di materiali e colori: quella che potete ammirare un queste pagine è resa unica dal pattern geometrico stampato sulla tomaia.
A perfect model both in terms of performance on the board and in terms of performance in your everyday life. That’s a good way to describe the Tonik SP, a skate shoe with a neat design, a lightly padded neck and various reinforcements on the weakest parts to maximize comfort during your skating activity. A classic from the DC Shoes catalogue, marked by a sole in anti-abrasive vulcanized rubber that radically enhances the foot’s sensitivity on the board without jeopardizing resistance. It’s one of the lightest models released by the American brand, and for this reason is by all means among the most beloved by those skaters whose style is rich in aerial tricks. The Tonik SP will be back on the shelves by spring summer 2015 with new materials and colorings. The version in these pages is made unique by the geometric pattern printed on the upper. Sneakersmagazine magazine 86 Sneakers
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Sergio Tacchini è un marchio storico che nel 2016 compirà cinquant’anni di successi. Sergio Tacchini è un imprenditore, ma anche un grande innovatore: il primo a introdurre i colori in un mondo, quello tennistico, dominato dal bianco. Tra Novecento e Duemila ha cucito i suoi colori addosso ai più grandi campioni di tutti i tempi: ha accompagnato i rovesci di Jimmy Connors, i serve-and-volley di John McEnroe, gli smash di Pete Sampras, le volée di Martina Hingis, i dritti di Mats Wilander. Ma Sergio Tacchini, prima di essere un imprenditore e un innovatore, è stato soprattutto un tennista. Quindi non stupisce che il marchio da lui fondato sia tra i primi sponsor di uno dei più prestigiosi tornei tennistici d’Europa, quello di Monte Carlo. Il Rolex Masters che si svolgerà tra l’11 e il 19 aprile 2015 vedrà la presenza sui campi di molti atleti sponsorizzati Tacchini (come Tommy Robredo) e di top mondiali come Djokovic, Federer e Nadal. Questo è il quinto anno consecutivo che il marchio Sergio Tacchini sponsorizza il torneo, e per il 2015 ha fatto davvero le cose in grande: una intera collezione-capsula con i colori del Rolex Masters dell’anno, cioè bianco, blu e rosso. Ne fa parte anche una variante custom delle Club, sneakers prodotte negli stabilimenti europei del marchio con materiali italiani, e destinate a una distribuzione limitata presso pochi, selezionati store in tutto il mondo. Le Club Limited Edition sono caratterizzate - oltre che dalla colorazione speciale - dal particolare custom dello stemma del torneo sull’etichetta. Per il resto, mantengono tutte le caratteristiche tecniche delle Club che conosciamo: gel memory foam all’interno della soletta estraibile per garantire ammortizzazione, tomaia in pelle e mesh con particolari riflettenti per la massima visibilità, intersuola in etilene vinilacetato per proteggere il piede, sockliner elasticizzato per permettere la calzata anche senza lacci. Invidiamo gli atleti partecipanti al master, che le riceveranno in regalo: non per usarle sui campi, ma più probabilmente per completare uno stile casual da sfoggiare nel corso delle aristocratiche feste che fanno da contorno al torneo che da sempre è sinonimo di lusso e tradizione.
Sergio Tacchini is a historic brand that in 2016 will celebrate its fiftieth anniversary. Sergio Tacchini is an entrepreneur, but also a great innovator. The first to introduce the colors in a world (tennis) which was dominated by white. Between twentieth and twenty-first century he tailored his colors to the greatest champions of all times. He accompanied Jimmy Connors’ backhands, John McEnroe’s serve-and-volley’s, Pete Sampras’ smashes, Martina Hingis’ volleys, Mats Wilander’s forehands. But even more than an entrepreneur and innovator, Sergio Tacchini was a tennis player. So it is no surprise that the brand he founded is one of the main sponsors of one of the most illustrious tennis tournaments in Europe, the one based in Monte Carlo. The Rolex Masters that will take place from the 11 and the 19 April 2015 will host a number of athletes sponsored by Taccchini (like Tommy Robredo) and world champions like Djokovic, Federer and Nadal. That’s the fifth year in a row that the brand Sergio Tacchini sponsors the tournament, and this time the brand did things in a big way. A whole capsule-collection with the colors of this year Rolex Masters, white,blue and red. Included in this collection is a custom version of the Club, a sneaker produced in the European factories of the brand with Italian materials, and designed to have a limited distribution including a few selected stores across the world. Besides the aforesaid special coloring, the Club Limited Edition is characterized by the detail of the tournament armorial on the tongue. On the other hand, the technical features of the Club that we already know are kept unchanged: gel memory foam within the insole to assure damping power, leather and mesh upper with reflecting details to enhance visibility, a midsole in ethylene vinyl-acetate to protect the foot, an elasticized sockliner to enable adherence without laces. We are brown of envy at those athletes enrolled in the master who will get these shoes as a gift. Likely, they may not use them on the fields, but perhaps they will wear them to complete their casual looks during the aristocratic parties that accompany a tournament that’s always synonymous with luxury and tradition since the beginning. 88
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sergio tacchini
CLUB ‘limited edition’
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Satorisan è un brand molto prolifico, che sta espandendo gli orizzonti delle sue collezioni anno dopo anno. C’è però un modello che ha accompagnato l’avventura del marchio spagnolo sin dall’inizio, e continua a macinare successi: si tratta delle Heisei. Il nome significa “calma”, “serenità” in giapponese, in perfetta linea con i valori fondanti di Satorisan: equilibrio e armonia. Si tratta di un modello sportivo dal design raffinato, con ispirazione retro. Silhouette semplice e dettagli sportivi in un mix perfetto per ogni occasione, che per la stagione primavera/estate 2015 si rinnova grazie a lavorazioni e finiture davvero notevoli. Ci sono ad esempio tinte pastello e colori sfumati su tomaia in cotone, tinta con un processo di dipping irregolare che rompe l’uniformità del colore. Oppure repliche di un pattern grafico proveniente dal Congo degli anni Sessanta, con effetto vintage washed. O ancora, suede di qualità prodotto in Spagna e microtraforato per agevolare la traspirazione. Il risultato? Una collezione di sneakers dalla silhouette riconoscibile e a suo modo tradizionale, ma con un attraente tocco bohémien. Tutte offrono un look sempre personale senza sacrificare qualità e comfort. Satorisan is a prolific brand that began designing, manufacturing and selling sneakers around the world and each year has grown. But if there has been a model that has accompanied them from the beginning and remains his most successful model, that’s the Heisei model. Heisei means calm, serenity and tranquility in Japanese. Maybe that’s why it is the darling of a brand whose core values are Balance and Harmony. The Heisei model is a refined sporty design with a retro inspiration. An exquisite balance between simple shapes and sporty details. In the new spring summer collection 2015 this model takes an unexpected force for the amazing finishes. We’ll see models with soft pastel, fruity, gradient colors on 100% cotton fabric with a coloring process based on irregular dipping the fabric due to mix tones and break the uniformity of color. Or replicas of a genuine 1960’s Congo Pattern fabric, with simulated stitches and seams plus a washing treatment to enhance the worn out effect. And also, Top quality washable Spanish cow suede leather, micro punched to assure the maximum transpiration. This model is built on a base of traditional sneaker design (that can please everyone, that goes with all styles) and adds an attractive bohemian touch playing with tones, colors and textures. 90
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NIKE
LE VILLAGE M ade in Tai wan - 198 0
Forse si tratta di una delle Nike più difficili da trovare in condizioni deadstock. Le Nike Le Village sono rimaste nei cataloghi dell’azienda di Beaverton lungo tutto l’arco degli anni Settanta, e anche se non sappiamo bene perché l’ufficio marketing della casa dello Swoosh abbia deciso di dar loro un nome francese, siamo certi che si tratti in effetti di una versione lusso delle classicissime Cortez. Indossate da Ralph Macchio / Daniel LaRusso nel primo Karate Kid - fate attenzione al famoso allenamento “Dai la cera, togli la cera” a casa del maestro Miyagi - sono particolarmente amate dai collezionisti giapponesi, che le venerano come reliquie sacre, forse perché parte della produzione (a nostro giudizio, le varianti più belle) era portata a termine negli stabilimenti nipponici di Nike. La versione che potete ammirare in queste pagine è Made in Taiwan e risale al 1980, uno degli ultimi anni di produzione di questo modello storico, ed è resa speciale soprattutto dalle ottime condizioni di conservazione. Il valore sul mercato del vintage può variare dai duecento fino ai cinquecento dollari per i modelli più rari e ricercati, come la versione in marrone tono su tono del 1973.
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NIKE LE VILLAGE This Nike may be one of the hardest to find out in deadstock conditions. The Nike Le Village remained in the catalogues of Beaverton during the whole Seventies, and although we don’t quite know why the marketing office of the Swoosh decided to give it a French name, we are certain that in fact it’s a luxury version of the very classic Cortez. Worn by Ralph Macchio / Daniel LaRusso in the first episode of Karate Kid (take a look at the ‘Wax on, vax off’ scene at the house of Mister Miyagi), it’s particularly appreciated by Japanese collectors, who keep it like a holy relic, perhaps because part of the production (in our opinion, the most beautiful versions) was finished in Nike’s Japanese factories. The version you can admire in these pages was made in Taiwan and dates back to 1980, one of the latest years of production of this historic model, and it exhibits an excellent state of conservation. On the vintage market this model may cost from a minimum of 200 to a maximum of 500 dollars for the rarest and most sought after versions (like the 1973 tone-sur-tone brown version).
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NIKE
AIR ICARUS M ade in kore a - 1992
Anche nel mondo del vintage esistono gli underdog: le Air Icarus del 1992 di Nike, ad esempio, sono state tra i modelli più sottovalutati della storia. Queste classiche running sono state infatti letteralmente snobbate dagli appassionati per almeno un paio di decenni. Poi, la moda del running nineties è diventata uno dei trend tra i collezionisti (forse perché agli stessi collezionisti si sono aggiunti molti che ricordano quel decennio come quello della loro adolescenza). Dunque, nel breve volgere di pochi mesi molte Icarus del 1992 sono ricomparse, su pressoché tutti i siti di aste online del mondo. Non costano molto: un paio deadstock vale dai cento ai duecento dollari, a seconda della colorazione: quella che vi mostriamo in queste pagine è particolarmente desiderabile, e grida sport anni Novanta da ogni cucitura. Avvertenza: non confondetele con le Air Analog, running lanciate dalla casa dello Swoosh nello stesso anno, e che noi continuiamo a preferire alle Icarus. A quando un remake?
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NIKE air icarus
There are underdogs even in the world of vintage. The 1992 Air Icarus by Nike, for example, was one of the most undervalued models in history. Indeed this classic running shoe was literally ignored by the fans for at least a couple decades. Subsequently, the onset of Nineties running obsession became even a trend among collectors (perhaps because the pure collectors were joined by those who associate that decade to their youth). Therefore, within a few months many pairs of 1992 Icarus have reappeared on basically all online auction websites around the
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world. Its price isn’t too high, a deadstock pair can cost you from 100 to 200 dollars depending on the coloring. The pair we show you in these pages is fairly intriguing and every single detail of its construction is quintessentially sporty and quintessentially Nineties. Warning: do not conflate this model with the Air Analog, a running launched by the Swoosh in the same year, and that we still prefer to the Icarus. Are we about to see a remake?
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ASICS
TIGON 2 ST M ade in Kore a - 1989-90
Come un fulmine a ciel sereno: abbiamo scoperto su internet queste classiche running firmate Asics, superleggere e in condizioni perfette. Non abbiamo molte notizie riguardo a questo modello, ma possiamo iniziare a formulare delle ipotesi interessanti: nonostante il design richiami da vicino le scarpe da corsa dei primi anni Ottanta, siamo portati a credere che queste particolari sneakers siano uscite intorno alla fine del decennio, perché la scatola è proprio quella che si usava a cavallo tra Ottanta e Novanta. Senza dubbio si tratta di una chicca dimenticata della casa giapponese, che potrebbe interessare anche ai consumatori di oggi. Non è semplice trovarne un paio, ma il valore sul mercato del vintage rimane bassino: 80 dollari, 100 al massimo.
Like a bolt from the blue. We discovered this classic running by Asics on the internet, it’s ultra-light and in perfect conditions. We don’t know much about this model but we could start outlining some plausible hypotheses. Although its design makes a clear reference to some early Eighties running models, we are led to believe that these sneakers were released by the end of that decade, because the box is exactly the one that was used between the Eighties and Nineties. It’s by all means a gem that the Japanese company seems to have forgotten – a model that might seduce today’s fans. Although it’s not easy to find a pair, its quotations on the vintage market remain quite low: 80 dollars, at best 100.
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NEW BALANCE 660
M ade in c hi na - 1992
A volte sono i particolari che fanno la differenza: nel caso di queste New Balance, evoluzione delle 660 prodotte negli Stati Uniti nel corso degli anni Ottanta, è l’etichetta sulla linguetta, così diversa da ogni altra vista sulle sneakers del marchio americano in quel periodo. Solo per quell’etichetta, varrebbe la pena di produrre un remake di questo modello running dal design tipico della sua epoca. Davvero notevole la qualità della costruzione della tomaia, e il piazzamento del logo NB, simile a quello delle arcinote - e ancora oggi vendutissime - 1500. Il valore si aggira sui 250 dollari per un paio in deadstcok condition. E abbiamo scovato anche delle colorazioni da donna davvero notevoli...
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new balance 660
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Sometimes there’s a detail that makes all the difference. In the case of this New Balance (an evolution of the 660 produced in the Us during the Eighties) the label on the tongue is our detail. For it’s so different from any other tongues we’ve ever seen on the sneakers produced by the American brand in those years. That label alone would be worth releasing a remake of this running model featuring a design that’s typical of that time. Really remarkable the constructive quality of the upper and the location of the NB logo, quite reminiscent of the most famous (and still successful) 1500. Its price floats around 250 dollars for a deadstock pair. And we also unearthed some really impressive female colorings! Sneakersmagazine
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REEBOK PB
M ade in Kore a - 1987
PB è un acronimo che sta per Personal Best, cioè il record personale di un atleta. L’idea era quella di fornire un paio di scarpe capaci di portare ogni corridore al suo limite estremo (anche se questo, magari, rimaneva lontano dai 100 metri corsi in 9 secondi e 75 centesimi da Usain Bolt: non si può avere tutto dalla vita), grazie a una serie di accorgimenti tecnici piuttosto avanzati per l’epoca. Quello che però fa ancora impazzire i collezionisti del 2015, sono alcuni elementi di design che rendono davvero uniche le PB: primo tra tutti, il pattern della suola, completamente diverso dalle altre Reebok, con il logo “Goodyear” in bella mostra; ma anche la silhouette affusolata e sfuggente; il sistema di allacciatura Ghillie, visto anche su altri modellli coevi come GL 1600, LC 1500, 1600 e 3000, CL 1500; il pannello rosso che rinforzava la tomaia proprio dietro il tallone. Davvero un modello running stupendo, tra i più belli del decennio: non è un caso che la quotazione, anche grazie all’assoluta assenza di remake, superi spesso i duecento dollari.
PB is an acronym for Personal Best, that is, an athlete’s personal record. The idea was to provide a pair of shoes that could be capable of leading any runner to his maximum level (which of course might be different from the 9.75 seconds that it takes Usain Bolt to run the 100 meters – but we can’t have it all). And this thanks to a series of cutting-edge technical devices the PB adopted. What still drives the collectors mad in 2015 is some design elements that render the PB really unique. First of all, the pattern of the sole, which is entirely different from any other Reebok, with the Goodyear logo clearly visible; but also the thin and tapering silhouette; the lacing system Ghillie that we saw on other coeval models like the GL 1600, the LC 1500, 1600 and 3000, and the CL 1500; the red panel that reinforces the upper just behind the heel. Really a sumptuous running model, one of the best of that decade. No wonder if its quotation (also thanks to the fact that no remake was ever made) goes often above the threshold of 200 dollars.
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