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L’arbitro salva la partita
from Stadium n. 11/2024
by Stadium
La figura dell’arbitro, spesso sottovalutata e talvolta oggetto di critiche, è fondamentale per il corretto svolgimento dello sport
IN UN PANORAMA SPORTIVO IN CUI LE AGGRESSIONI E LE CRITICHE VERSO I GIUDICI DI GARA AUMENTANO, DIVENTA URGENTE RIFLETTERE SUL FUTURO DI QUESTA NOBILE PROFESSIONE, CHE GARANTISCE IL RISPETTO DELLE REGOLE E TRASFORMA OGNI GARA IN UNA LEZIONE DI VITA
di Massimiliano Dilettuso
La “crisi di vocazione” degli arbitri e giudici di gara continua a preoccupare il mondo dello sport. Di anno in anno sono sempre meno i giovani che scelgono di prendere un fischietto in mano e di mettersi in gioco in campionati e competizioni sportive. E, in questo modo, la carenza di una delle figure principali e più nobili del panorama sportivo comincia a destare serie difficoltà tra gli addetti ai lavori e gli appassionati. Sarebbe assurdo, infatti, immaginare una gara ufficiale senza la partecipazione di un arbitro che detti le regole e le faccia rispettare, garantendo il corretto svolgimento di un match. Negli ottant’anni di storia del Centro Sportivo Italiano, gli arbitri hanno sempre ricoperto un ruolo fondamentale nell’attività quotidiana praticata sui campi, nelle palestre, nelle parrocchie e negli oratori arancioblu disseminati per tutta la Penisola. I direttori di gara, peraltro, sono i garanti di quello sport educativo che costituisce la principale mission del Centro Sportivo Italiano, perché – con il loro carisma e la loro passione – trasformano una gara in una palestra di vita dove mettersi in gioco, imparare e crescere. Ma la “crisi di vocazione” degli arbitri, di certo, parte da lontano e affonda le sue radici in tematiche che meriterebbero una riflessione più accurata. Sono sempre più, infatti, i casi di maltrattamenti e aggressioni ai danni dei direttori di gara. Specialmente nei campionati minori e in quelli giovanili, le cronache dei media locali ci raccontano troppo spesso di giovanissimi arbitri vittime di violenza fisica e verbale da parte – nella maggior parte dei casi – di genitori e sostenitori che, probabilmente, non hanno ben compreso quale sia lo scopo fondamentale dello sport. Questo clima di intolleranza è sintomo di una cultura sportiva che, a volte, ha perso di vista i veri valori dello sport: il rispetto, l’educazione e la crescita personale. E quella gavetta a cui sono costretti gli “apprendisti arbitri”, tante volte, si trasforma in una sfida troppo onerosa e poco gratificante persino per chi ha sempre sognato di tenere un fischietto tra le mani e di farne uso durante un match. Una realtà preoccupante che, oltre a creare difficoltà nella naturale organizzazione e nel corretto svolgimento delle varie competizioni sportive, dà adito a diverse perplessità per quello che sarà il futuro di questa categoria. E, siccome è impossibile immaginare lo sport senza i suoi direttori di gara, occorre una seria e attenta riflessione che cominci proprio dalle parrocchie, dagli oratori, dalle associazioni e dalle piccole realtà di quartiere. È da lì che bisogna iniziare il percorso di valorizzazione degli arbitri, educando i più giovani al rispetto e – soprattutto – alla gratitudine nei confronti di ragazze e ragazzi, donne e uomini che, nella maggior parte dei casi, in cambio di piccoli rimborsi spesa, dedicano il loro tempo libero ad arricchire lo sport con la propria presenza e professionalità. Incentivare la partecipazione degli arbitri significa educare alla tolleranza, alla comprensione degli errori umani e al rispetto delle figure che garantiscono l’integrità del gioco. Questo cammino deve cominciare subito, prima che sia troppo tardi e che questa “crisi di vocazione” porti ad effetti insanabili. Perché senza di loro, senza gli arbitri, lo sport non potrebbe esistere nel suo formato competitivo e organizzato. «Arbitri, se ci siete fateci un fischio!». E noi vi promettiamo che accetteremo quel “fischio” anche quando non saremo d’accordo, perché sappiamo quanto siete importanti per lo sport in tutte le sue forme e in tutti i suoi livelli.
Una nuova rubrica I motori dello sport

Nella nostra Associazione i ruoli dei direttori e dei giudici di gara sono spesso considerati marginali, di contorno. Allo stesso modo se ne parla raramente, se non quando sono “vincenti” e sono oggetto di cronache sportive o di altro genere affine.
Questo è un errore, perché proprio attraverso l’impegno di queste persone “speciali” –arbitri, direttori e giudici di gara, allenatori, accompagnatori, volontari, organizzatori, e tante altre – è possibile svolgere attività sportiva regolare, gestita nel rispetto delle norme fondamentali, senza smettere mai – e questo è un difficile esercizio di equilibrio umano e professionale – di avere come obiettivo l’offerta di uno sport sano, entusiasmante, ma che permetta a chi lo pratica di divertirsi, di trovarvi serenità e amicizie.
Con questo articolo comincia un nostro viaggio indagatore nei ruoli sopra citati, nella speranza di togliere un po’ di “polvere” dagli scaffali della memoria e soprattutto nella speranza che ciò sia di gradimento dei nostri affezionati lettori.
La “crisi di vocazione” continua a colpire questo ruolo, con sempre meno giovani disposti a scegliere il fischietto