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Olimpiadi e Paralimpiadi

Risultati e storie da Parigi 2024

Non solo record e medaglie: il racconto di uno sport che parte da ovunque ci sia passione e va oltre la competizione

di Alessio Franchina e Laura Politi

Dopo le particolarità, e soprattutto le difficoltà, legate alla pandemia da Covid-19 e che hanno condizionato l’organizzazione di Tokyo 2020, l’Europa è stata palcoscenico dei Giochi che hanno sancito il ritorno alla “normalità”, regalando un’edizione da ricordare. Parigi 2024, tappa olimpica europea dopo – tra le più recenti – Atene 2004 e Londra 2012, è divenuta palcoscenico di storie, record ed emozioni del mondo dello sport. Tante, anzi tantissime, di queste emozioni ci sono state raccontate da chi ha vissuto in prima persona le venues dei Giochi. Dal 26 luglio all’11 agosto, la capitale francese ha accolto 10.500 atlete ed atleti provenienti da 206 Comitati Olimpici Nazionali e dalla Squadra Olimpica dei Rifugiati. Se è vero che a volte i numeri appesantiscono la narrazione degli eventi, alcuni dati sono fondamentali per provare a comprendere l’imponenza di una rassegna come quella olimpica: per cercare di dare concretezza alla mole di informazioni, foto, video, articoli, reportage che hanno visto la luce tra la fine di luglio e la metà del mese di agosto, basti pensare che sono stati oltre 24.000 gli accrediti dei media convalidati ai Giochi Olimpici. Le Olimpiadi di Parigi hanno scritto una pagina di storia – per la verità non solo una – ben prima della cerimonia di apertura. Si è trattato non solo dei primi Giochi Olimpici con piena parità di genere, ma, secondo le stime, Parigi 2024 si candida ad essere la manifestazione sportiva più seguita di sempre, con oltre la metà della popolazione mondiale che avrebbe seguito i Giochi. Per avere un rapporto completo sul pubblico della rassegna, si dovrà aspettare la fine dell’anno olimpico, quando il CIO pubblicherà i dati sull’audience, ma i numeri della manifestazione sono già indicativi della grandezza dell’evento, che ha visto competere atleti in 48 diverse discipline, con 32 nuovi record mondiali e 125 record olimpici stabiliti. Dei 10 milioni di biglietti disponibili, ne sono stati venduti oltre 9,5. Di record si parla anche lato social e digital, con numeri mai raggiunti prima sui social utilizzati dal CIO per veicolare i contenuti delle Olimpiadi. E poi ancora ben 45.000 volontari – anche in questo caso per il 50% donne – e una doverosa attenzione ai diversi aspetti della sostenibilità: le sedi delle Olimpiadi erano per il 95% già esistenti oppure temporanee, e tutte accessibili con i mezzi pubblici.

Tanto la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici quanto quella dei Giochi Paralimpici si sono tenute in una location diversa da quella dello stadio, con la Senna a traghettare l’Italia Team verso l’inizio delle Olimpiadi e gli Champs-Élysées ad accogliere la parata di inizio delle Paralimpiadi, conclusasi in Place de la Concorde. In calendario dal 28 agosto all’8 settembre, questa 17ª edizione delle Paralimpiadi ha radunato 5.288 volontari, aiuto indispensabile nelle diverse giornate della rassegna, in cui si sono sfidati in 22 discipline ben 4.400 atleti di 185 delegazioni. La squadra paralimpica italiana si è presentata a Parigi composta da 141 atleti – 70 donne e 71 uomini – che hanno gareggiato in 17 diverse specialità. Dato interessante è che circa il 40% della delegazione era composta da esordienti, a conferma di un movimento che può e vuole crescere, come dimostra il bilancio finale dell’edizione, con un’Italia che ha registrato il miglior bottino della sua storia, con ben 71 medaglie e risultati incredibili, in modo particolare in vasca.

Bottino da sogno anche per l’Italia Team sceso in campo, in pista, in vasca e non solo nelle venues dei Giochi Olimpici, e tornato a casa con 40 medaglie, eguagliando il numero di medaglie già da record della precedente edizione di Tokyo. La delegazione azzurra, la più numerosa della storia olimpica italiana, con 403 convocati (209 uomini e 194 donne al via), è riuscita a tenere incollato davanti allo schermo un pubblico pronto ad emozionarsi e stupirsi in ogni giornata di gare. Sono state 34 le discipline in cui sono scesi in campo gli Azzurri e le Azzurre e nelle quali, con impegno, caparbietà ed anche un po’ di testardaggine, hanno conquistato due ori in più di Tokyo. La kermesse giapponese riporta segnati nel medagliere 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi, ma a Parigi l’Italia Team si è superato, regalando al pubblico 12 inni nazionali, 13 medaglie bianche lucenti e 15 metalli color rame.

I Giochi non sono però solo numeri ma storie, percorsi di vita di atleti che prima di essere tali sono persone “comuni”: questo è un elemento che spesso viene dimenticato.

Il legame con lo sport di base e i “nati nel CSI”

Olimpiadi e Paralimpiadi da record e da sogno: dati e numeri che costellano il bilancio degli ultimi Giochi ci parlano in modo lampante della potenza motrice che questa rassegna è in grado di generare. Dietro i numeri si nasconde un mondo fatto di appassionati dello sport che non arrivano in televisione, ma che contribuiscono ai risultati – e non parliamo solo in fatto di share e audience – di questi grandi eventi. Quello che vogliamo chiederci è, quindi, qual è il legame tra lo sport professionistico e quello di base? Qual è il rapporto tra un Ente di Promozione Sportiva e i Giochi Olimpici e Paralimpici? Di primo impatto la risposta che risale spontanea la gola è molto spesso: “Nessuno”.

Si tende per lo più a pensare allo sport di alto o altissimo livello come una bolla a sé, che viaggia su una strada tutta sua, parallela a quella dello sport che siamo abituati a percepire vicino a noi, nelle palestre delle scuole e nei campetti parrocchiali. Cos’hanno allora in comune atleti professionisti e un’Associazione quale il CSI, che si pone l’obiettivo di andare incontro al bisogno di sport di tutti, in modo particolare di chi professionista non diventerà mai? La passione: è questa la risposta. Il responso appare quantomeno banale, perché parlare di passione risuona nelle orecchie con i contorni di un discorso “fumoso”, che non porta a nulla di tangibile o che è possibile esperire concretamente. La passione è però molto più tangibile e concreta di quanto non appaia. Non è intenzione di chi scrive fare retorica, ma la passione è quella che spinge un allenatore a rimanere fino a tardi in palestra per costruire anche un rapporto umano con i propri atleti, è la stessa che porta un arbitro a ritagliarsi più tempo libero per farsi trovare pronto sul campo, ed è sempre lei a portare giudici e tecnici in gara. In questi esempi lo sport al quale stiamo pensando è quello dell’associazionismo sportivo di base, ma non ha la stessa matrice la passione che fa rimanere in palestra, fino a che non si spengono le luci, tanto il ragazzo che troverà il suo ambiente lavorativo in qualità di legale, impiegato o medico quanto il ragazzo che farà di quelle ore di allenamento il suo lavoro? Lo slancio e l’amore per lo sport che trovano terreno fertile nei gesti di tecnici e allenatori dell’attività sportiva di base possono essere di ispirazione e fungere da stimolo ad un bambino o ad una bambina che indosserà la maglia azzurra. Ricordare che chi arriva ad alti livelli parte dalla base sembra superfluo e ridondante, ma aiuta a dare concretezza all’importanza della circolarità in un fenomeno come quello sportivo, dove la testa e la punta dell’iceberg hanno bisogno della coda e di fondamenta solide. Se i campioni fungono da stimolo e avvicinano allo sport tanti bambini e ragazzi, è vero che gli allenatori delle piccole società sportive possono diventare esempi e formare piccoli atleti che arriveranno sotto i riflettori del grande pubblico. Rimanendo però sul terreno dei Giochi, ci piacerebbe portare alla luce alcuni risultati che ben evidenziano come non sia aleatorio parlare di una passione che si alimenta in modo reciproco e circolare. Volendo tradurre il rapporto tra sport di alto livello e sport amatoriale focalizzandoci in particolare sul filo che lega Parigi 2024 e il Centro Sportivo Italiano, ci piacerebbe parlare di “nati nel CSI”, prendendo in prestito il titolo della rubrica che lo stesso Stadium ospita. Per dare un’idea numerica del legame che stiamo analizzando, sono 31 le atlete e gli atleti che hanno indossato la maglia italiana alle Olimpiadi e che sono “nati”, appunto, nel CSI; mentre 26 sono le Azzurre e gli Azzurri che hanno gareggiato alle Paralimpiadi e che hanno origini nell’Associazione. Molte medaglie e tanti record portano la firma di questi atleti, ed è bello sapere che, proprio tra le mura delle più o meno piccole società sportive che costellano il nostro Paese e che hanno scelto di affidarsi al CSI, hanno mosso i primi passi atleti che oggi calcano le piste dei più importanti eventi sportivi internazionali; ma soprattutto è bello pensare che questi atleti possano aver trovato, proprio tra i ranghi del Centro Sportivo Italiano, figure – allenatori, arbitri, dirigenti, volontari – in grado di incidere e lasciare un segno nel loro percorso educativo e sportivo.

Pensiamo a Simona Quadarella, che ha siglato il record italiano negli 800 metri stile libero, o a Sintayehu Vissa, che sulla pista violacea di Parigi ha messo la sua firma su un record che durava da oltre 40 anni, quello dei 1.500 metri femminili. Se su “Sinta” Vissa potete scoprire di più sfogliando le pagine della rivista che avete in mano (o sullo schermo), di Simone Barlaam abbiamo invece parlato tempo addietro, sempre su Stadium Quest’ultimo, cresciuto nel CSI con il Nuoto Club Magenta, ha emozionato più di una volta nella vasca parigina paralimpica, con un doppio oro individuale – nei 50 metri stile libero S9 (con tanto di record del mondo) e nei 100 farfalla S9 (con nuovo record europeo) – e con un argento arrivato già nella prima giornata di gare nei 400 metri stile libero S9, per poi chiudere con il metallo più prezioso, questa volta nella staffetta 4×100 mista stile libero, con un’ultima frazione eccezionale e il nuovo record del mondo.

Tanto nella rassegna olimpica quanto in quella paralimpica, sono tanti i nomi che potrebbero essere citati. Da Alice Sotero nel pentathlon moderno a Laura Rogora nell’arrampicata sportiva e ad Antilai Sandrini, unica rappresentante in maglia azzurra nel debutto olimpico della breaking; poi ancora in vasca Costanza Cocconcelli, Valentina Gottardi sulla sabbia del beach volley e Chiara Rebagliati nel tiro con l’arco. Sulle lunghe distanze e con origini nel CSI anche Riccardo Orsoni, nei 20 km di marcia, e Yeman Crippa, primatista italiano della maratona, così come le due medaglie conquistate rispettivamente nella vela e nella scherma. La prima ha la firma di Caterina Marianna Banti, che – in coppia con Ruggero Tita – è salita sul gradino più alto del podio nel Nacra 17; la seconda è invece a nome di Martina Favaretto, in passato atleta tesserata con la Polisportiva Sporting Club Noale e con la Scherma Brescia SSD, che a Parigi si è presa la medaglia d’argento nel fioretto a squadre, insieme alle compagne Arianna Errigo, Francesca Palumbo e Alice Volpi.

Tanti podi e inni nazionali della Parigi paralimpica vedono in controluce una firma con i colori del CSI. Nella vasca della Défense Arena, oltre al plurimedagliato Simone Barlaam, hanno portato in alto il tricolore Alessia Scortechini, con un bronzo conquistato nei 100 metri stile libero S10, Giulia Ghiretti, oro nei 100 metri rana SB4, e un inarrestabile Alberto Amodeo, d’oro nei 400 metri stile libero S8. Partito dalla Happy Sport Team di Varese, l’atleta azzurro è salito ancora due volte sul podio, prima reclamando il bronzo nei 100 metri stile libero S8 e poi prendendosi il suo secondo oro parigino nei 100 metri farfalla S8.

Grandi emozioni anche dal tennistavolo, con l’inno nazionale che è risuonato per l’ex atleta della Polisportiva San Giorgio Porcia, Giada Rossi (singolare classe 1-2), e i due bronzi conquistati da Federico Falco e Carlotta Ragazzini, con un passato rispettivamente tra gli atleti della Fondazione Bentegodi di Verona e tra le fila del Circolo CSI Reda. E poi ancora meraviglie dall’equitazione e dal ciclismo, con Sara Morganti in sella a Mariebelle – prima un bronzo e poi un argento per lei – e con Mirko Testa, che ha lasciato Parigi portando a casa un bronzo individuale e un argento di squadra nel ciclismo su strada. L’elenco di nomi potrebbe essere ancora lungo, da Giuliana Chiara Filippi, in pista con la delegazione dell’atletica e la più giovane della spedizione, fino a Paolo Dongdong Camanni, con un passato nell’Unità Pastorale Giovanni Paolo II di Foligno, e Antonio Fantin, incontenibile in vasca con il suo nome su un oro ed un argento e che speriamo di incontrare ancora a Lignano Sabbiadoro, dove è di casa ed è stato presente più di una volta per incoraggiare gli atleti CSI impegnati nelle finali nazionali di nuoto. Se è giusto ricordare i risultati delle Azzurre e degli Azzurri che hanno gareggiato a Parigi, è altrettanto importante richiamare gli uomini e le donne “dietro” agli atleti, con storie fatte di impegno, passione – che torna sempre – e umanità, che si sono resi protagonisti di azioni e gesti intrisi di valori olimpici, consentendo di comprendere come tanti di quei valori siano condivisibili e trasmutabili nel quotidiano, come siano cioè –almeno potenzialmente – punti di partenza, confronto o ispirazione per ognuno di noi.

I valori, le storie, l’umanità

Complicazioni, difficoltà organizzative, forse qualche errore: eventi di questa dimensione sono facilmente soggetti a critiche, proprio perché sarebbe difficile immaginare manifestazioni di questa portata dove tutto, fino al più piccolo dei dettagli, funziona come una perfetta macchina, dove ogni ingranaggio non si ferma mai e mantiene lo stesso identico ritmo dall’inizio alla fine.

Olimpiadi e Paralimpiadi costituiscono una rassegna sportiva alla quale difficilmente si possono trovare eguali e proprio per questo motivo pretendere la perfezione significa forse inseguire un’utopia. Siamo consapevoli che la possibilità di fermarsi ad analizzare le imperfezioni della manifestazione parigina esiste, perché è inutile negare che non ci siano stati confronti e polemiche – dall’impraticabilità della Senna alle difficoltà all’interno del Villaggio Olimpico –, ma in questa sede l’intenzione è un’altra.

Vogliamo puntare i riflettori sulle storie degli atleti, ma non sul percorso che li ha condotti su uno dei più grandi palcoscenici sportivi internazionali, bensì sull’importanza dei valori olimpici che proprio su quel palcoscenico sono riusciti a trasmettere al pubblico. Come per i risultati e i “nati nel CSI”, avremmo bisogno di più spazio per raccontare le emozioni, gli stimoli e gli insegnamenti di cui far tesoro che gli atleti sono stati capaci di comunicare, quindi ci teniamo, anche se superfluo, a sottolineare come un racconto di questo tipo non abbia alcuna pretesa di esaustività.

Le storie degli atleti arrivati da tutto il mondo a Parigi dimostrano con i fatti come lo sport vada oltre la conquista di una medaglia.

La mente va presto a Benedetta Pilato, la cui gara in vasca è stata sulla bocca di molti, appassionati di sport e non, complice soprattutto la viralità raggiunta sulle piattaforme social. La classe 2005 tarantina ha ottenuto l’accesso alla finale olimpica parigina, dopo una partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo a soli 15 anni e un primo podio mondiale conquistato da quattordicenne. «Sono lacrime di gioia, ve lo giuro. Sono troppo contenta. È stato il giorno più bello della mia vita»: questo è stato il commento di “Benny” dopo aver chiuso la finale dei 100 metri rana al quarto posto, ad un solo centesimo di secondo dal podio. L’aver sfiorato la medaglia olimpica non ha lasciato, al termine della gara, alcun velo di tristezza sul viso dell’atleta diciannovenne. Sono stati numerosi i commenti che hanno seguito la dichiarazione di Benedetta Pilato, alcuni meno felici di altri, e c’è stato chi ha posto l’attenzione sull’impossibilità di essere felici dopo essere arrivati così vicini ad una medaglia che può coronare una carriera. Ma questa carriera Benedetta Pilato la sta costruendo, il quarto posto olimpico non è un inizio e non è neanche una conclusione, e la sua è la dichiarazione di chi ha dato forza e la potenza del sogno olimpico. Emozioni in tinte azzurre sono arrivate da Giovanni Toti, il primo atleta uomo a conquistare un pass per i Giochi Olimpici nel badminton. Il suo debutto è stato di per sé storico, così come la sua vittoria contro l’atleta del Suriname Sören Opti, costretto al ritiro al secondo set. Il motivo però per cui Toti rimarrà nella storia dei Giochi è stata la sua reazione spontanea al termine del match, quando si è avvicinato per consolare l’avversario infortunato, rendendosi protagonista di un gesto in sé semplice, ma che ricorda e incarna i valori dello spirito olimpico e del fair play.

A fare il giro del web è stata anche l’immagine arrivata dalla ginnastica artistica, regalata dal podio della finale del corpo libero al femminile, con le statunitensi Simone Biles e Jordan Chiles inchinate a presentare la vincitrice, la brasiliana Rebeca Andrade. Il ricorso, successivamente accolto, ha visto Chiles scendere al quinto posto, lasciando il bronzo alla romena Ana Bărbosu e “cancellando” così il podio della foto, che rimane però rappresentativa dello spirito olimpico. Al di là dei risultati raggiunti, che da ormai un decennio parlano per lei, Simone Biles è arrivata alla rassegna a cinque cerchi già da vincitrice, dopo aver contribuito a portare sotto i riflettori sportivi internazionali l’importanza di prendersi cura della propria salute mentale. Prendiamo ora in prestito le parole di Rigivan Ganeshamoorthy, il giovane romano che ha compiuto un’impresa storica, trovando una strada tutta da percorrere nello sport: «Se c’è una cosa che mi ha insegnato la disabilità, è che dietro a ogni limite si nasconde l’opportunità di trovare una soluzione e che i limiti esistono per essere superati».

Dopo un primo approccio al basket in carrozzina, “Rigi” ha scoperto il suo elemento nell’atletica paralimpica, dove a Parigi ha conquistato l’oro.

Non è stata però la medaglia ottenuta nel lancio del disco F52 a catturare il pubblico e non è stata la sua capacità di stabilire per ben tre volte il record del mondo all’interno della stessa gara: la sua umiltà e la sua simpatia sono state le vere protagoniste nelle parole affidate ai microfoni parigini, di stimolo a scoprire le potenzialità dello sport e i valori di cui si fa portavoce, in primis l’amicizia.

Un’incredibile forza di volontà ha poi portato fino alla medaglia l’arciera Jodie Grinham, la prima atleta incinta – di ben sette mesi – a salire su un podio paralimpico, regalando alla Gran Bretagna prima un bronzo nel compound individuale e poi un oro nel misto a squadre.

La Parigi paralimpica ha presentato in diretta televisiva un movimento la cui portata, anche numerica, cresce sempre più, come dimostrato dai risultati ottenuti da atleti e delegazioni presenti. Tra tutti, meritano sicuramente una menzione quelle nazioni che per la prima volta sono state rappresentante nella rassegna o hanno conquistato la prima medaglia, come nel caso dell’Eritrea, al debutto paralimpico con Sibhatu Kesete Weldemariam sulla pista di atletica, e del Nepal, che per la prima volta è salito sul podio con Palesha Goverdhan, l’atleta che si è regalata un bronzo nel parataekwondo, conquistando la prima medaglia in assoluto – olimpica e paralimpica – ai Giochi per il suo Paese. Concludendo, siamo abituati a sentir parlare di sindrome di Stendhal (manifestazione psicosomatica che provoca reazioni emotive sproporzionate) davanti ad opere storico-artistiche di straordinaria bellezza, ma forse anche tanti gesti e traguardi di Olimpiadi e Paralimpiadi sono in grado di portarci altrove, di sradicarci dalle nostre abitudini di vita, mostrando un potere creativo dello sport tanto potente quanto quello dell’arte e della parola.

Progetto OlympicKids: un’avventura olimpica per i giovani

Il progetto OlympicKids, finanziato dall’Unione Europea grazie al programma Erasmus+, ha regalato un’esperienza indimenticabile ad alcuni ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 14 anni, portandoli a Parigi durante i Giochi Paralimpici 2024. Questo progetto, nato per promuovere lo sport come veicolo di educazione ai principi di solidarietà, equità e sostenibilità, ha coinvolto giovani provenienti da contesti vulnerabili, trasmettendo loro lo spirito olimpico e la storia dei Giochi fin dall’antichità. Dopo una miniolimpiade ad Atene nel maggio 2024, OlympicKids ha accompagnato i giovani atleti a Parigi per vivere da vicino l’emozione delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi. Per l’Italia e il Centro Sportivo Italiano, hanno partecipato due società sportive di Reggio Emilia: ASD Atletica Castelnovo ne’ Monti e Atletica Reggio. Dal 27 al 29 agosto, le delegazioni dei sette Paesi partner del progetto si sono riunite a Parigi, condividendo l’entusiasmo della cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici 2024, svoltasi lungo gli ChampsÉlysées fino a Place de la Concorde. I partecipanti italiani, Elena, Simone, Mariastella, Gaia Yole, Alessandro, Simone e Allegra, con i loro allenatori Barbara e Vehid e gli altri giovani tra i 7 ed i 14 anni provenienti da Spagna, Turchia, Grecia, Moldavia, Bosnia ed Erzegovina, Slovenia, hanno poi tifato per gli atleti durante le gare di qualificazione del nuoto paralimpico alla Défense Arena il 29 agosto.

Il CSI a Parigi per raccontare i valori olimpici

Durante i Giochi Olimpici tanti amici del CSI, amanti dello sport, hanno voluto passare alcuni giorni nella capitale francese per seguire la manifestazione. Tra questi, anche Alessio Franchina e Giuseppe Basso, dirigenti della Presidenza nazionale, che insieme ad Angelica e Federico, due giovani della nostra Associazione, hanno raccontato le OIimpiadi da un punto di vista diverso, scegliendo di non parlare solo di gare e risultati (per quello c’erano già tantissimi media presenti), ma dando spazio, per farli conoscere, ai valori olimpici, ossia rispetto, fratellanza, lealtà, promozione della pace, comprensione, solidarietà e fair play. Potete trovare i video dei loro racconti sui canali Instagram e TikTok del Centro Sportivo Italiano. Un grande successo, se consideriamo che i contenuti hanno superato il milione di visualizzazioni.

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