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Lo sport, una medicina per il corpo e per lo spirito

Per il prof. Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, lo sport, inteso come esercizio fisico, è “un diritto di ogni bambino”, è “fondamentale nella vita di tutti”

di Francesca Boldreghini

Ora che i contagi e i ricoveri sono sensibilmente in calo, possiamo guardare al futuro con un certo ottimismo, seppure continuando a seguire le regole di prudenza nei contatti sociali e completando tutti il ciclo vaccinale, inclusi i bambini dai 5 agli 11 anni. Una questione di “cooperazione e di rispetto reciproco” per raggiungere il comune obiettivo della salute pubblica, due valori fondamentali che lo sport sa insegnare molto bene. Così il prof. Giuseppe Remuzzi, scienziato italiano di fama mondiale, che sottolinea come una seria e costante promozione dell’attività fisica, come quella svolta dal CSI, sia prioritaria come prevenzione primaria, oltre che secondaria.

Mentre il COVID-19 entra nel suo terzo anno, l’impatto sul benessere delle persone continua a farsi sentire. Vittime del rigoroso e duraturo isolamento sociale causato dalle misure restrittive a contenimento della pandemia, sono soprattutto i giovani, e gli adolescenti in particolare, perché colpiti nella fase della vita in cui il ruolo evolutivo della dimensione pubblica è stato fortemente ridimensionato. Quale ruolo può giocare lo sport nella “ricostruzione” di una normalità, che ci auspichiamo possa avvenire in un prossimo futuro e che passi prima di tutto dal benessere dei nostri bambini, dei nostri adolescenti, dei nostri giovani?

Il Covid-19 ha avuto certamente un forte impatto sulle vite di tutti noi, ed in particolare su quelle dei bambini e degli adolescenti. Le forti restrizioni dovute alla pandemia, dai lockdown alla chiusura dei centri sportivi, hanno sicuramente aggravato la situazione. Fortunatamente le palestre hanno riaperto e anche le attività agonistiche sono ricominciate. È innegabile, infatti, che lo sport, come anche la scuola, rappresenti un pilastro imprescindibile per la crescita e la formazione di ogni bambino. La stessa Carta dei Diritti dei Bambini dell’UNESCO fin dal 1992 afferma che è un diritto di ogni bambino fare attività fisica, divertendosi e giocando. In più, poi, gli adolescenti hanno fisiologicamente un grande bisogno di muoversi e lo sport, quindi, rappresenta una valvola di sfogo, oltre che un’occasione di socialità importante per la loro formazione.

Si dice che i giovani siano i grandi dimenticati della pandemia, denunciando il fatto che i Governi stanno investendo troppo poco su questo fronte. Il Centro Sportivo Italiano pone, invece, i giovani al centro della sua proposta fondata sullo sport cosiddetto minore, che include tutti, anche i meno performanti e, perciò, più facili alla marginalizzazione. Condivide la visione del CSI di uno sport che non alleni ma educhi, che non sia spettacolo ma cultura?

Lo sport, inteso semplicemente come esercizio fisico, è fondamentale nella vita di tutti per il nostro benessere fisico e psichico. Ma lo sport è anche “scuola” nel senso che in sé è un “luogo” in cui imparare a conoscere sé stessi, a superare i propri limiti, a mettersi in gioco davanti alle sfide oltre che a interagire con gli altri, ponendo le basi della cooperazione e del rispetto reciproco come valori fondamentali, se si vogliono raggiungere obiettivi comuni.

L’Italia ha tolto l’obbligo delle mascherine all’aperto e tutta l’Europa sta allentando le misure anti-Covid. Questi segnali ci raccontano di un ritorno alla normalità ormai imminente. Conferma questa speranza? Quali sono, ad oggi, i numeri della pandemia?

Ad oggi, i contagi e i ricoveri sono sensibilmente in calo. Siamo passati dai 220.000 nuovi casi a gennaio 2022 ai 17.000 circa di febbraio 2022. Resta ancora un po’ alto purtroppo il numero dei decessi, che colpiscono soprattutto la popolazione più fragile e i non vaccinati. Comunque possiamo azzardare un certo ottimismo considerato che l’ondata causata dalla variante omicron sta esaurendosi, per lo meno da noi (certo sarà importante arrivare a vaccinare anche i paesi che hanno per adesso una copertura molto piccola). Dobbiamo considerare però, come afferma Christopher Murray sulla previsione di qualche settimana fa, che il Sars- CoV-2 continuerà a circolare per un po’ e quindi sarà sempre prudente rispettare le semplici regole che ormai conosciamo bene. Indossare la mascherina e insistere perché tutti completino il proprio ciclo vaccinale, inclusi i bambini dai 5 agli 11 anni, per i quali siamo ancora molto indietro.

Spostiamoci ora dalla pandemia per allargare lo sguardo ad un contesto più generale. Praticare attività sportiva genera numerosi effetti benefici, a livello motorio, cognitivo e relazionale. In questo senso, lo sport può essere considerato come attività di prevenzione nonché di vera e propria cura di numerose patologie. Per questo motivo, le istituzioni dovrebbero abbattere ogni barriera a una pratica, la più diffusa e generalizzata possibile, dell’attività sportiva. Il risparmio di costi per il sistema sanitario sarebbe indubbio, e il guadagno si misurerebbe soprattutto in termini di benessere del singolo e di tutela della salute pubblica. Può dirci la sua opinione sul tema?

Possiamo arrivare a definire lo sport come “medicina per il corpo e per lo spirito”? Assolutamente si. Basti pensare, ad esempio, che in un rapporto sulle politiche a favore dell’attività fisica per la salute cardiovascolare dello European Heart Network, in collaborazione con l’Ufficio Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie non Trasmissibili dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si legge che l’inattività fisica aumenta di oltre il 20% il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, che causano ogni anno 3,9 milioni di morti in Europa. Non solo, anche nelle persone più fragili, come ad esempio i pazienti oncologici, l’attività fisica riduce, migliora e previene gli effetti collaterali, anche a lungo termine, delle terapie oncologiche. Inoltre, riduce anche il rischio di sviluppare recidive di malattia. Per questo motivo, una seria e costante promozione dello sport, inteso come attività fisica, è prioritaria come prevenzione primaria, oltre che secondaria.

Una domanda più personale. Lei pratica sport o ha dei trascorsi sportivi da raccontarci? Magari, come tesserato del CSI…

Ero imbattibile sui 100 metri alle scuole medie o meglio il mio compagno di banco arrivava qualche millimetro prima di me ma non sempre. Giocavo a pallavolo al liceo ma in una squadra di “brocchi” per cui non sono mai riuscito ad emergere anche se mi piaceva molto. Adesso scio soltanto se c’è la neve e se sono in Italia, cioè quasi mai.

Lei ha pubblicato diversi libri di particolare valore divulgativo che hanno riscosso il successo di un vasto pubblico. Tra i tanti titoli, ce ne indica tre come suggerimento di lettura per il mondo del Centro Sportivo Italiano? “Quando i medici sbagliano” che uscirà per Laterza il giorno 17 marzo, “Le impronte del signor Neanderthal” per Solferino che è arrivato alla quarta edizione, “La salute non è in vendita” per Laterza.

Il Prof. Remuzzi e la moglie sulle piste da sci

Chi è il prof. Giuseppe Remuzzi

Giuseppe Remuzzi è un medico italiano, nato a Bergamo il 3 aprile 1949. Dal 1 luglio 2018 il prof. Giuseppe Remuzzi è Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Dal 1999 è Direttore dell’U.O. di Nefrologia e Dialisi e, dal 2011, Direttore del Dipartimento di Medicina dell’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII (ex Ospedali Riuniti) di Bergamo. Fin dall’inizio della sua attività il prof. Remuzzi ha affiancato al lavoro clinico in Ospedale un’intensa attività didattica e di ricerca. Da quando l’Istituto Mario Negri ha aperto la sua sede a Bergamo, coordina tutte le attività di ricerca e dal 1992 del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare ‘Aldo e Cele Daccò’ a Ranica (BG). E’ l’unico italiano ad essere membro del Comitato di redazione delle riviste “The Lancet” e “New England Journal of Medicine” (1998-giugno 2013); è stato uno dei vicedirettori della rivista “American Journal of Kidney Diseases” e fa parte del comitato editoriale di “American Journal of Transplantation, Kidney International e Clinical Journal of the American Society of Nephrology”. E’ stato nominato membro dell’ “American Association of Physicians” di Washington e del “Royal College of Physicians” di Londra. E’ stato insignito di “Jean Hamburger Award” (2005, Singapore) da parte della Società Internazionale di Nefrologia. Nel 2003 è stato nominato Professore Onorario presso l’Università di Maastricht e Professore Aggiunto dello Scripps Research Institute di La Jolla, Stati Uniti e nel 2008 Professore Onorario presso l’università di Cordoba, Argentina. E’ membro del “Gruppo 2003”, scienziati italiani più citati al mondo della letteratura scientifica (Institue for Scientific Information, Philadelphia). Ha ricevuto nel 2006 il riconoscimento di Commendatore della Repubblica ed è stato insignito dalla Società Americana di Nefrologia (ASN) del più prestigioso premio nel campo della nefrologia, il “John P. Peters Award” (novembre 2007). Ad aprile 2011 ha ricevuto l’ISN AMGEN Award durante il Congresso Mondiale di Nefrologia a Vancouver. A novembre 2011 è stato il vincitore della terza edizione del premio internazionale per la nefrologia “Luis Hernando” assegnato dalla Iñigo Alvarez de Toledo Renal Foundation (FRIAT) a Madrid. Dal giugno 2013 è stato presidente della International Society of Nephrology (ISN) 2013-2015. E’ ideatore del progetto chiamato “0 by 25”: zero morti per insufficienza renale acuta non curata entro il 2025 nei paesi poveri. La speranza è che l’ISN contribuisca nel corso del decennio prossimo a far sì che si possa ridurre il tasso di mortalità dell’insufficienza renale acuta a livello globale . A giugno 2015 è stato nominato “chiara fama” Professore di Nefrologia del Dipartimento Scienze Biomediche e Cliniche dell’Università degli Studi di Milano. È autore di più di 1500 pubblicazioni su Riviste Internazionali e di 19 libri ed è editorialista del Corriere della Sera.

La salute non è in vendita “Prima di sparare a zero sul SSN fermatevi un attimo e pensate all’ultima persona cara che ha ricevuto le cure per il cancro, o fatto un trapianto di cuore o fegato. È stata curata senza spendere nulla. A noi italiani sembra normale. Ma non è così”

Le impronte del signor Neanderthal “Lo studio del Dna, associato ad altre discipline, consente di capire molto non solo del nostro passato ma di come siamo oggi, di come ci difendiamo da malattie ed epidemie. E di far luce sempre di più sul futuro che ci attende”

Quando i medici sbagliano “La medicina non ha da offrire verità assolute: si nutre del confronto e trae forza dal dubbio”

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