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La Strada dei Parchi nei ricordi del Progettista

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Il Notiziario AIIT

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Alessandro Ranzo(1) strade&autostrade

LA STRADA DEI PARCHI

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NEI RICORDI DEL PROGETTISTA

A OLTRE 50 ANNI DALLA SUA IDEAZIONE

Queste pagine sono dedicate ai ricordi personali relativi a tempi passati abbastanza lontani, al periodo, credo unico, in cui mi fu offerta l’occasione di progettare - in modo particolare - un’autostrada. Questo breve ricordo fa astrazione dalle recenti e vivaci polemiche sulle attuali condizioni di manutenzione della rete autostradale italiana, con particolare riferimento a Strada dei Parchi, in quanto tratta aspetti puramente progettuali. Erano i tempi, per l’Italia, dell’importante ripresa economica: gli anni Sessanta, per capire. Infatti, il progetto di quell’autostrada fu iniziato all’incirca nel 1967 e i relativi lavori di costruzione iniziarono nel 1968 con la realizzazione di un primo tratto, esteso da Roma a Mandela (RM). Poi, in relativo poco tempo (cioè in due anni circa), fu possibile aprire al traffico un altro tronco e quindi l’intero collegamento da Roma sino all’Aquila. Naturalmente i miei ricordi localizzati in quel periodo temporale sono abbastanza vaghi, ma - per mia ventura - ebbi allora l’utile iniziativa di pubblicare su una rivista dell’ACI (Automobile Club Italiano) un articolo che conteneva gli elementi essenziali d’illustrazione del progetto, corredato da alcuni disegni, che ritengo ancora oggi molto efficaci. Certamente occorre chiarire che il progetto di cui si parla era in realtà una parte del progetto propriamente formulato: l’esecutivo. Infatti, il progetto esecutivo da sviluppare in seguito avrebbe contenuto il dettaglio di tutte le opere: in terra (scavi e rilevati), in sotterraneo (gallerie) e delle opere in calcestruzzo armato o di acciaio. Si trattava, difatti, di un progetto particolare che oggi definiremmo geometrico-funzionale. All’epoca, scrivere di geometria funzionale era effettivamente raro, giacché per geometria si intendeva l’aspetto del disegno dell’asse preso a riferimento, solitamente sistemato nella mezzeria della sezione trasversale. Il carattere di funzionalità sottintendeva, in più, la presa in conto del comportamento dell’utente, insieme a quello del rapporto meccanico tra il veicolo (gli pneumatici) e la strada (la pavimentazione superficiale). La prassi consolidata seguita all’epoca era d’iniziare il lavoro di progettazione predisponendo una cartografia dell’ambiente fisico da attraversare, operando sia con metodi tradizionali (ad

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esempio celerimetrici, con uso di teodoliti e livelli) sia con metodi diretti sfruttando l’aerofotogrammetria, una scienza ormai matura e supportata da apparecchiature adeguate, capaci di riprodurre su carta l’esatta conformazione del suolo, specialmente in termini di quote altimetriche (ovvero di curve di livello) e di contorni delle parti edificate. Pertanto, vi era una massiccia attività di Geometri (di campagna e di studio) che provvedevano alla redazione di carte topografiche in diversi livelli di scala. Sicché un progetto di strada o di autostrada era ritenuto per lo più un qualcosa di competenza dei Tecnici Geometri, mentre il progetto vero e proprio (almeno si riteneva tale) era costituito dall’insieme dei disegni delle opere in calcestruzzo armato o di acciaio, di esclusiva competenza degli Ingegneri, come pure le opere in sotterraneo erano ritenute di competenza dei Tecnici Geologhi e degli Ingegneri Geotecnici. Ne è testimonianza il progetto dell’Autostrada del Sole - estesa da Milano a Napoli, e concepita - come asse di via - dal Prof. Aimone Jelmoni del Politecnico di Milano; quell’autostrada, infatti, è un susseguirsi di lunghi rettifili, raccordati da brevi tratti curvilinei, di solito predisposti a curvatura concretamente accentuata, forse nell’intento di minimizzare lo sviluppo del tracciato. Ciò è da giustificare a proposito dell’unica esperienza acquisita, all’epoca, di opere simili all’autostrada: le linee ferroviarie. Diversamente in altri Paesi europei, e in particolare in Germania, il progetto geometrico dell’asse era stato già concepito come qualcosa che dovesse rispettare, mediandole, sia le caratteristiche meccaniche dei veicoli in movimento sia le peculiarità dell’ambiente attraversato, facendo affidamento a tratti curvilinei di piccola curvatura e ampio sviluppo. Di fondamentale importanza fu il riferimento alla pubblicazione del testo-manuale “Die Klotoide als trassierungelemente” di Lorenz, Kasper e Schurba, pubblicato in Germania, che conteneva tabelle di vario formato utili per il calcolo, il disegno e il tracciamento a terra di assi curvilinei di tipo clotoidico. In particolare, nella bibliografia del testo figurava un articolo pubblicato (a mia firma) sulla rivista “Autostrade”, particolarmente dedicato all’applicazione - effettivamente innovativa - di curve clotoidi come elemento di tracciato e non soltanto come elemento di raccordo tra cerchi e rettifili. Il succitato testo nella prima pagina riportava un’efficace fotografia aerea, di tipo prospettico, che ritraeva un tratto di tracciato autostradale, completamente articolato secondo una linea di flesso clotoidica (Figura 3). Inoltre, sempre sullo stesso argomento, è da segnalare il testo “Trassierung und gestaltung von Strassen und Autobahnen” di Hans Lorenz, pubblicato nel 1970, da considerare un vero manuale di progettazione. Nella Figura 2 (contenuta nel suddetto manuale) sono elencate le diverse possibilità di sfruttamento della curva clotoide per il disegno di tracciati stradali, che evidenzia l’abbandono dei vecchi strumenti di disegno, limitati alla riga e ai curvilinei a profilo circolare. Il supporto cartografico, necessario per sviluppare un progetto, doveva anche consentire di produrre copie su carta speciale (tipo “radex”), idonea a produrre duplicati di tipo trasparente.

2. Un tratto di autostrada tedesca a tracciato clotoidico

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4. Diversi modi di comporre un tracciato clotoidico 5A e 5B. L’evidenza del criterio compositivo dell’asse con combinazioni di cerchi clotoidi: la corografia di un tratto del secondo tronco (Mandela-Torano) della Roma-L’Aquila (5A) e la composizione geometrica (cerchi e clotoidi) della linea d’asse dello stesso tratto secondo i criteri moderni (5B)

6. Gli imbocchi della galleria a doppio fornice del Gran Sasso, lato Teramo

Su tale tipo di supporto era possibile disegnare o scrivere con penna a inchiostro indelebile, completando quindi il disegno cartografico con l’ingombro trasversale dell’infrastruttura (rilevato o scavo, ecc.), con le necessarie didascalie. Perciò, attraverso operazioni di campagna, impiegando strumenti ottici (livelli e teodoliti) o anche attraverso la carta predisposta con i dati altimetrici (evidenziati con curve a quota costante, ovvero con curve di livello) era possibile tracciare un profilo longitudinale relativo alla linea d’asse stradale, necessario per lo sviluppo del progetto. Tale profilo era disegnato in modo particolare, cioè alterando la scala delle quote di un fattore dieci, affinché fossero ben evidenziati ed esaltati i caratteri geometrici, essenziali, del terreno. Difatti, questo profilo consentiva di stabilire i tratti ove era indispensabile, o comunque conveniente, realizzare la carreggiata stradale su sede artificiale, vale a dire su viadotto o su ponte, oppure in sotterraneo (galleria). Una cosa, direi sorprendente, fu che la progettazione geometrica di un’autostrada (la Roma-L’Aquila) fosse affidata a un Ingegnere in pratica Neolaureato: il sottoscritto. Nella logica, anticipata, che quel tipo di attività fosse effettivamente privo di contenuti ingegneristici. Tornando al progetto di cui trattasi, appare utile fornire alcune informazioni specifiche necessarie per meglio comprendere la peculiarità dell’infrastruttura. Inoltre, con le Figure 4A e 4B sembra vantaggioso riportare un esempio di formazione di un tracciato - in questo caso proprio quello dell’A24 -, costituito da combinazioni di curve circolari e clotoidi. Detta figura era inserita nel succitato articolo del 1967. L’Autostrada A24 (storicamente Autostrada Roma-L’Aquila), meglio nota oggi come Strada dei Parchi, collega Roma a Teramo e oltre, transitando per la zona suburbana della città dell’Aquila, e si sviluppa su un territorio quasi completamente collinare e montano, dall’orografia decisamente complessa. Per questo motivo, il progetto dell’Autostrada A24 postulò l’adozione di originali soluzioni di ingegneria civile, con estesi tratti a mezza costa o in viadotto, e 42 gallerie (di cui quattro più lunghe di 4 km). Al riguardo, è da segnalare soprattutto il traforo a doppio fornice del Gran Sasso d’Italia, la cui lunghezza (10,174 km il tunnel settentrionale, 10,175 km quello meridionale) gli valse il primato di galleria stradale a doppio

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fornice più lunga d’Europa, oltre che più lunga d’Italia fra quelle presenti interamente in territorio nazionale. Il tracciato dell’Autostrada A24 ha una lunghezza complessiva di 166,5 km, di cui 159,2 dal Grande Raccordo Anulare di Roma a fine autostrada nei pressi di Teramo (prosecuzione sulla Superstrada S.S. 80 racc. fino a Giulianova), gli altri 7,3 km dal GRA fino all’immissione sulla tangenziale Est di Roma. Il chilometro zero è posto all’intersezione con l’Autostrada del GRA e le progressive chilometriche sono da qui calcolate, sia verso Teramo sia verso Roma. Assieme all’Autostrada A25 (diramazione dalla A24 verso Pescara), la A24 rispose all’esigenza di fornire un collegamento veloce e affidabile tra la capitale d’Italia e le regioni centro orientali della penisola; fino ad allora, la naturale suddivisione imposta dalle più alte vette dell’Appennino aveva reso gli spostamenti tra i due mari difficoltosi, lenti e insidiosi. L’Autostrada A24 pose dunque fine allo storico isolamento dell’Abruzzo dai territori costieri tirrenici e adriatici, risultando essere il collegamento viario più rapido e breve; fino al suo completamento, le comunicazioni avvenivano principalmente attraverso le Strade

Statali Via Tiburtina Valeria, Via Salaria e Via Flaminia. Si trattava quindi di un’infrastruttura (la A24) necessaria, definibile socialmente utile, giacché di scarsa o di nulla redditività, per l’effettiva scarsità di traffico, i cui costi (di finanziamento e di efficienza) erano da riportare all’intera comunità: utenti e non. All’attualità, i costi di finanziamento possono essere considerati risolti, mentre quelli di efficienza, peraltro molto vincolanti (per la presenza di molte opere d’arte a manutenzione programmata continua e di molti impianti tecnici d’esercizio, come - per esempio 7. Un tratto espressivo del tracciato d’asse: flessi clotoidici in prossimità dello svincolo di Assergi - l’illuminazione e la ventilazione delle gallerie), gravano totalmente sui pedaggi imposti agli utenti. Inoltre, non può esser dimenticato il contributo che le Autostrade A24 e A25 hanno portato sia alla conoscenza sia allo sviluppo di numerose aree turistiche, come le stazioni sportive invernali o come le località di soggiorno estivo. Senza l’autostrada, la pratica diffusa di sport invernali sarebbe, in effetti, molto difficoltosa se non impossibile. Infine, merita un cenno, la progettazione delle stazioni di esazione, a barriera, con porte reversibili, e particolarmente sistemate per essere ben viste e percorse dagli utenti. Esse, infatti, sono disposte in posizione di poco sollevata, rispetto alle livellette di accesso, al fine di essere correttamente visualizzate, e facilitare così le manovre di rallentamento o accelerazione dei veicoli in approccio o in uscita.

GLI ASPETTI STORIOGRAFICI

La storia dell’Autostrada A24 ebbe inizio nel 1960, quando fu costituita la Società Autostrada Roma-Civitavecchia (S.A.R.C.). Nel 1961, il nome mutò in Società Autostrade Romane SpA; nel 1963, la S.A.R. ottenne dall’ANAS la delibera relativa alla costruzione di un’autostrada tra Roma e la costa adriatica, provvedendo quindi al collegamento trasversale tra l’Autostrada del Sole e quella Adriatica. Per la sua realizzazione, furono valutati vari percorsi. Nelle intenzioni originali, era previsto un singolo attraversamento degli Appennini per la via più semplice, ovvero via Torano, Avezzano, Popoli e la valle del fiume Aterno-Pescara (quella che poi divenne la A25). Un’altra ipotesi propendeva sempre per un singolo tracciato via Torano, L’Aquila e infine Pescara, con una diramazione per Avezzano. Il collegamento con Teramo sarebbe stato realizzato con una superstrada che da L’Aquila avrebbe percorso un tracciato parallelo alla Strada Statale 80, con galleria di valico presso il Passo delle Capannelle. Alla fine, si scelse di costruire due diramazioni, realizzando cioè una biforcazione a Torano, mediante svincolo direzionale, ciò che costituisce una reale diramazione dall’A24, definita in 8. La barriera di esazione di Roma, vista lato Est Autostrada A25.

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9. La barriera di esazione di Roma

10. Lo svincolo direzionale di Tivoli (1) Già Professore Ordinario di Costruzioni stradali alla Facoltà di Ingegneria della Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Da più parti giunsero forti critiche e pertanto si esaminò la concreta necessità di costruire due rami pseudo paralleli a una distanza ambientale di circa 35/40 km. La stampa dell’epoca evidenziò come tale scelta si prospettasse avventata, sia per gli altissimi costi correlati, sia perché l’atteso volume di traffico non giustificava due tracciati di tale vicinanza, e accolse tale scelta, almeno in forma di cronaca, come una sorta di “compromesso” accettato da parte delle due correnti politicamente avverse, che partecipavano al governo della Regione Abruzzo. In particolare, il ramo settentrionale prevedeva un percorso più diretto di quello che si ipotizzava ricalcasse la S.S. 80, ma ambizioso e particolarmente complesso dal punto di vista costruttivo. Infatti, per consentire l’attraversamento dell’Appennino, furono necessari numerosissimi viadotti e gallerie, e nello specifico il traforo a doppio fornice del Gran Sasso. Si trattava di un’opera complessa, costosa e controversa. I lavori, approvati nel 1964 e iniziati nel 1967, richiesero sedici anni per realizzare il primo fornice (più altri nove per il secondo), costarono molto più delle stime originarie e furono funestati da numerosi imprevisti e incidenti fatali, con 11 morti tra le Maestranze addette ai lavori. La denominazione della Concessionaria cambiò nuovamente nel 1965 in Società Autostrade Romane ed Abruzzesi (S.A.R.A.), mantenuta fino al 2000 quando assunse la denominazione corrente di Strada dei Parchi SpA (titolazione forse formalmente più coerente con la funzione dei Parchi naturali, generalmente eccentrici rispetto alle autostrade, sinonimo di traffico, d’inquinamento e di rischio d’incidenti) che da tale anno la gestisce, unitamente alla A25. Più di recente sono state realizzate, nel tratto di penetrazione urbana di Roma (dalla barriera di esazione sino al GRA) due carreggiate laterali, utili per la preselezione del traffico convergente/divergente verso il GRA. n

11. Lo svincolo direzionale di Torano

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