11 minute read

Protezione delle armature dai fenomeni di corrosione

incontri&interviste Matteo Ferrario

PROTEZIONE DELLE ARMATURE

Advertisement

DAI FENOMENI DI CORROSIONE

LA REDAZIONE HA POSTO ALCUNE DOMANDE SUL TEMA DELLA PROTEZIONE CATODICA GALVANICA ALL’ING. FEDERICO LAINO DELLA BUILDING LINE DI MAPEI SPA, CHE CI HA PARLATO ANCHE DI UN CASO APPLICATIVO: QUELLO PER IL NUOVO CORDOLO DEL VIADOTTO MOLLERE SULL’AUTOSTRADA DEI FIORI, NEL TRONCO A6 TORINO-SAVONA. A OTTO ANNI DI DISTANZA, IL SISTEMA DI CONTROLLO INSTALLATO CONFERMA CHE LA STRUTTURA È ANCORA PROTETTA

Vista generale del viadotto Mollere sull’Autostrada dei Fiori, tronco A6 Torino-Savona

Il calcestruzzo, nel passato, è stato considerato un materiale indistruttibile e di durabilità pressoché illimitata ma, con l’avvento dei calcestruzzi moderni, queste considerazioni sono radicalmente cambiate, come sta a dimostrare la necessità, accresciuta in questi ultimi decenni, di ricorrere ad interventi di manutenzione ordinaria ma soprattutto straordinaria sulle strutture. Una delle principali cause di degrado del calcestruzzo è sicuramente l’ammaloramento dovuto alla corrosione delle armature metalliche (Figura 1) che, nel migliore dei casi, può creare l’espulsione del copriferro e l’esposizione diffusa delle barre superficiali mentre, nei casi peggiori, può portare alla perdita di sezione resistente, causa di problemi strutturali.

“Strade & Autostrade”: “Quali sono le cause principali del degrado delle strutture in calcestruzzo armato legato alla corrosione delle armature?”. “Federico Laino”: “Le cause principali legate a questo degrado sono due. La prima è l’ingresso dell’anidride carbonica, veicolata dall’umidità ambientale, all’interno dello spessore di copriferro. Questi due elementi, umidità e anidride carbonica, creano nel calcestruzzo il fenomeno della carbonatazione, dannoso nel momento in cui avviene in corrispondenza delle armature. In un calcestruzzo sano il pH della matrice cementizia è maggiore di 13 e, in questa condizione, sui ferri si crea un film di ossido passivo che li “impermeabilizza” al passaggio di ossigeno ed umidità. Con la carbonatazione, il pH si abbassa fino a valori anche inferiori a 9, creando così un ambiente troppo poco alcalino per le armature; infatti, con pH inferiori a 11 il film passivante viene neutralizzato lasciando i ferri esposti all’aggressione dell’ossigeno e dell’umidità presenti nell’aria che portano all’innesco del processo di corrosione. Sicuramente, però, la corrosione più problematica, anche a livello strutturale, è quella causata dalla presenza dei cloruri, in quanto può creare danni di tipo puntuale (Pitting) con perdite di sezione importanti dei ferri d’armatura fino alla rottura degli stessi. Principalmente, i cloruri possono entrare in contatto con una struttura a causa della vicinanza al mare oppure in presenza di sali disgelanti utilizzati per evitare la formazione del ghiaccio su tutte le tipologie di infrastruttura”.

“S&A”: “Quali sono i metodi per risanare situazioni di degrado già in atto su strutture esistenti?”. “FL”: “Il concetto di ripristino di una struttura degradata deve essere sempre considerato come un “sistema” composto da più operazioni e da più prodotti atti a ristabilire la condizione ottimale dell’elemento su cui si va ad intervenire. Detto questo, all’interno del ciclo di risanamento le metodologie disponibili per la protezione delle armature dalla corrosione sono diverse, alcune delle quali basate su una protezione passiva che si limita a bloccare l’agente aggressivo. Questa soluzione è valida solo se l’inquinante non ha ancora raggiunto i ferri d’armatura; al contrario, se l’agente è già penetrato in profondità rimangono solo due possibilità: eliminare tutto il calcestruzzo inquinato - ma non sempre è possibile - oppure utilizzare protezioni attive

1. Un tipico esempio di calcestruzzo armato degradato a causa della corrosione dei ferri d’armatura

PROTEZIONE ARMATURE

che bloccano il processo di degrado. Secondo il rapporto della Federal Highway Administration, la protezione catodica, a corrente impressa o galvanica, ha dimostrato di essere una delle tecniche più efficaci di riabilitazione per arrestare la corrosione in strutture di calcestruzzo armato contaminate da cloruri, indipendentemente dal loro contenuto [1].”

“S&A”: “Che cos’è la protezione catodica ed in che modo può essere applicata a una struttura in calcestruzzo armato?”. “FL”: “La protezione catodica può essere di due tipologie: a corrente impressa oppure galvanica con anodi sacrificali. Se correttamente progettati, è dimostrato che entrambi i sistemi possono controllare o mitigare la corrosione fornendo la protezione necessaria. La differenza principale tra i due sistemi consiste nel fatto che la corrente impressa necessita, per il suo funzionamento, di un alimentatore e di una fonte esterna di energia elettrica. Al contrario, il sistema galvanico si basa sull’uso di metalli differenti accoppiati in un ambiente comune, che creano energia elettrica simile a quella di una batteria. Uno dei principali vantaggi del sistema galvanico è che richiede una minima manutenzione e, non utilizzando fonti esterne di energia elettrica, il sistema è immune alle interruzioni di corrente o a guasti improvvisi dell’alimentatore. La protezione catodica galvanica utilizza tensioni naturali relativamente basse (differenza di potenziale naturale tra l’anodo sacrificale e l’acciaio da proteggere) che evitano possibili problemi legati all’infragilimento da idrogeno e alla corrosione da stress dell’acciaio precompresso, che invece può verificarsi nei casi di iper-protezione nei sistemi a corrente impressa. Con gli anodi sacrificali, la corrente si autoregola in base alla velocità di corrosione dell’armatura, senza rischi di sovraccarichi [2]”.

“S&A”: “Come si procede, invece, nel caso di interventi preventivi, volti a evitare che il fenomeno di corrosione si inneschi su strutture nuove?”. “FL”: “Fondamentalmente, il concetto di protezione contro la corrosione è il medesimo, sia per una struttura esistente già contaminata, sia per opere di nuova realizzazione che “vivranno” in un ambiente particolarmente aggressivo. L’obiettivo è sempre quello di trovare la miglior soluzione per evitare che i cloruri (e anche la carbonatazione) possano ridurre la vita utile delle strutture in calcestruzzo armato. Nelle nuove strutture, la protezione catodica galvanica (definita prevenzione in quanto eseguita su armature nuove) può essere applicata in modo semplice utilizzando una piccola quantità di anodi sufficienti a garantire una protezione di lunga durata a costi contenuti [3]”.

“S&A”: “Vuole parlarci di un caso applicativo che considera di particolare interesse fra quelli affrontati finora?”. “FL”: “Il caso pratico di cui mi piace portare testimonianza è la protezione delle armature del nuovo cordolo del viadotto Mollere sull’autostrada dei Fiori nel tronco A6 Torino-Savona, in provincia di Cuneo. Questo elemento strutturale era soggetto a corrosione dovuta ai cloruri provenienti dai sali disgelanti utilizzati nei mesi invernali per evitare la formazione di ghiaccio in carreggiata. L’intervento è stato realizzato nel Giugno 2010 attraverso l’utilizzo di Mapeshield I (Figura 2), anodi sacrificali di zinco puro rivestiti da una speciale pasta elettrolitica che li mantiene attivi a lungo nel tempo anche in ambienti alcalini o con scarsa umidità. Per poter controllare nel tempo il funzionamento del sistema e di conseguenza lo stato delle armature è stato installato, in una porzione del cordolo, un sistema di controllo che ha permesso di monitorare la situazione secondo ISO 12696”.

“S&A”: “Quali sono i principali accorgimenti da adottare nella preparazione e nell’applicazione degli anodi?”. “FL”: “Innanzitutto, è bene sottolineare come un sistema di protezione di questo tipo debba essere progettato sulla base di alcuni dati oggettivi come la superficie di calcestruzzo esposta agli agenti aggressivi, la quantità di armatura da proteggere e la geometria dell’elemento strutturale. La distanza tra gli anodi si calcola rapportando la superficie di acciaio da proteggere con la superficie di calcestruzzo a diretto contatto con l’inquinante, dopodiché, una volta stabilita la spaziatura, si passa al posizionamento in cantiere. Nel caso del viadotto Mollere, il sistema di prevenzione catodica è stato applicato, essendo una nuova realizzazione, direttamente sulle gabbie d’armatura ancora libere dal calcestruzzo. In questa situazione, l’applicazione è molto facile in quanto gli anodi vengono fissati con delle semplici legature in filo di ferro alle barre in modo che l’anodo non si possa muovere o distaccare durante lo scarico del calcestruzzo (Figura 3 e Figura 4). Molto importante è che l’anodo dopo il getto sia completamente avvolto dal calcestruzzo, in quanto se ci fossero dei vuoti ne inficerebbero il funzionamento”.

2. Anodi Mapeshield I 30/20 collegati alle nuove armature del cordolo del viadotto

3. Particolare del collegamento degli anodi Mapeshield I 30/20 con le armature realizzati con legatura in filo di ferro 4. Particolare del getto di calcestruzzo per la realizzazione del nuovo cordolo

incontri &interviste

“S&A”: “In che modo è stato controllato nel tempo il funzionamento del sistema, e quali sono i requisiti minimi richiesti dalla Normativa?”. “FL”: “La Norma ISO 12696 “protezione catodica dell’acciaio nel calcestruzzo” [4], definisce che il criterio più comune per la valutazione delle prestazioni del sistema applicato ad una struttura è la misurazione della depolarizzazione partendo dal potenziale “Instant OFF”. In termini pratici, si deve misurare il potenziale delle armature, attraverso un elettrodo di riferimento (Figura 5), con gli anodi collegati, dopodiché si sconnettono dalle armature e si ripete la misurazione. Si assisterà al fenomeno della depolarizzazione, che consiste in una risalita del potenziale dell’armatura verso valori più positivi. La differenza di potenziale, secondo ISO 12696, deve essere di almeno 100 mV in un lasso di tempo massimo di 24 ore o almeno 150 mV per un periodo superiore. Nel caso del viadotto Mollere, il potenziale è stato controllato in diversi momenti a partire dall’applicazione realizzata nel 2010, e anche oggi, dopo circa otto anni dalla realizzazione dell’intervento si possono misurare valori che indicano che le armature sono ancora protette efficacemente dalla corrosione (Figura 6)”.

“S&A”: “Qual è la durata degli anodi sacrificali e da cosa dipende?”. “FL”: “La durata di vita degli anodi sacrificali dipende dalla corrente che si genera per passivare i ferri d’armatura. La prima legge di Faraday mette in relazione la corrente anodica e il consumo dell’anodo espresso come perdita di massa nel tempo e viene espressa secondo la seguente equazione: W = (ARC * CR * L)/(E * U) Dove: • ARC è la corrente media richiesta (tipicamente da 2 a 20 mA/m2 per vecchie strutture e da 0,2 a 2 mA/m2 per nuove strutture, secondo

ISO 12696); • CR è il tasso di consumo dell’anodo; • L è la durata prevista; • E è l’efficienza del metallo utilizzato; • U è il fattore di utilizzo dell’anodo usato. A titolo di esempio, se consideriamo un anodo di zinco di massa pari a 400 gr, applicato in una struttura nuova, che eroga una corrente di 1 mA costante per un anno, avremo un consumo di circa 12-14 g di materiale anodico il che corrisponde ad una vita utile di circa 30 anni”.

“S&A”: “Quanto viene aumentata dalla protezione catodica la vita utile di una nuova struttura?”. “FL”: “In linea teorica si potrebbe progettare un sistema di protezione o di prevenzione di qualunque durata, in quanto direttamente correlata alla massa di materiale sacrificale utilizzato. In termini pratici, la necessità di standardizzare i prodotti porta a fare delle scelte di durabilità, che può variare da una a svariate decine di anni a seconda del prodotto scelto per la protezione. Gli anodi sacrificali, oltre ad una protezione attiva contro la corrosione, hanno anche altri due benefici. Il primo è che, grazie alla corrente che si genera dall’accoppiamento tra zinco e armature all’interno del calcestruzzo, si innesca un flusso che richiama i cloruri verso il materiale anodico allontanandoli dal catodo, cioè dalle armature. Il secondo è che, grazie allo sviluppo di ioni ossidrile sulle armature c’è un ripristino, seppur parziale, dell’alcalinità della pasta cementizia attorno ai ferri. È bene quindi sottolineare che la durata del sistema di protezione non coincide con la durabilità dell’opera, in quanto dopo il consumo totale dello zinco le armature saranno ancora passive. Da quel momento ci sono due diverse possibilità: la prima è riproporre un nuovo sistema di protezione, mentre la seconda è non intervenire sulla struttura. In quest’ultimo caso potranno innescarsi i fenomeni di degrado, che però impiegheranno anni prima di mostrare i propri effetti. Quello che è auspicabile è che oltre alla protezione con anodi sacrificali venga realizzata anche una protezione superficiale esterna attraverso un coating marcato in accordo alla Normativa EN 1504-2, al fine di impedire l’ingresso di nuovi agenti aggressivi nel copriferro. L’utilizzo in abbinamento di questi due sistemi aumenta notevolmente la durabilità delle strutture, che è l’obiettivo che tutti gli operatori del settore si pongono”. n

5. Elettrodo di riferimento in Ag/AgCl annegato all’interno del calcestruzzo per la misurazione del potenziale delle armature

POTENZIALE ON

Test 1 –0,196 Test 2 –0,483 Test 3 –0,105

POTENZIALE OFF A 1 ORA

–0,049 –0,337 –0,038

DEPOLARIZZAZIONE A 1 ORA

147 mV

146 mV

143 mV

6. Test di depolarizzazione realizzato a distanza di 8 anni dall’applicazione del sistema di protezione con anodi sacrificali sul viadotto Mollere. Nella tabella si può leggere nella prima colonna il Potenziale On, cioè il potenziale delle armature collegate al sistema di protezione. Nella seconda colonna si legge il Potenziale Off ad 1 ora, e cioè il potenziale delle armature dopo un’ora dallo scollegamento del sistema di protezione. Nella terza colonna la differenza tra potenziale On e potenziale Off e cioè il valore di depolarizzazione a 1 ora. Come si può notare, la depolarizzazione dopo un’ora è già ben oltre i 100 mV richiesti dalla Normativa ISO 12696. Test 1, 2 e 3 indicano tre differenti elettrodi di riferimento posizionati in tre punti differenti dell’elemento monitorato

Bibliografia

[1]. C.F. Scheffy - “Bridge deck deterioration - A 1981 perspective”, FHWA Memorandum, Federal Highway Administration Office of Research, 1981. [2]. Item No. 24224 - “Sacrificial cathodic protection of reinforced concrete elements”, Houston, TX: NACE

International, 2005. [3]. P. Pedeferri - “Cathodic protection and cathodic prevention”, Construction and building materials, 10(5), 391-402, 1996. [4]. ISO, B. 12696 -2016 - “Cathodic protection of steel in concrete”.

This article is from: