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NUMERO 340 12 giugno 2018

N.117 PAGINE

News: Yamaha Motocross 2019. Suzuki GSX-R 1000 BeeRacing. Il cruise control adattativo di KTM | Iniziativa: GS Rookie Team prima tappa | Medicina e MotoGP: La caduta di Pirro al Mugello | Restaurando: Ancillotti CRH 80 | Tecnica e Storia: Motori a 4 cilindri in linea | Intervista: Jan Witteveen e la tecnica del Cross | MotoGP: GP d'Italia e il nostro DopoGP | SBK: GP di Brno | MXGP: Herlings vince anche in Francia

YAMAHA NIKEN. MUTAZIONE DEL TERZO TIPO Pagine 2-15

APRILIA RSV4 FW. VOLO RADENTE

SUPERBIKE: GP DI BRNO

Il kit Aprilia Racing rinvigorisce la RSV4 e per prima propone le appendici alari su una sportiva di (piccola) serie. La nostra prova al Mugello

Rea domina Gara1 davanti a Melandri e Sykes. In Gara2 Rea cade dopo un contatto con Sykes, Melandri out. Lowes vince davanti a Vdmark e Davies

NICO CEREGHINI: "DI CHE COLORE È LORENZO?" Valentino è giallo e non ci piove. Marquez potrebbe essere rosso e Pedrosa di un profondo blu. Ma Jorge? Difficile da dipingere



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YAMAHA NIKEN: MUTAZIONE DEL TERZO TIPO, SPETTACOLO INASPETTATO di Maurizio Vettor L'ORA È GIUNTA. IL DIVERTIMENTO E IL PIACERE DI GUIDA ORA SI MUOVE ANCHE SU TRE RUOTE. YAMAHA NIKEN STUPISCE PER PRECISIONE IN CONDUZIONE E AGILITÀ. SI PUÒ ORDINARE SU INTERNET. IL MERCATO ITALIANO QUELLO PIÙ ATTESO... PREZZO: 14.990 EURO

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Anni di duro lavoro e impegno per tenere sempre più uniti i piedi, vincolati a quelle lunghe pertiche fatte per scivolare sulla bianca coltre. Poi un bel giorno ti svegli e tutti sciano con le gambe larghe e degli sci che sembrano dei mozziconi! Anni di duro lavoro e impegno per aumentare sempre di più l'angolo di piega in per4

fetto equilibrio sulle due ruote. Poi, sempre un bel giorno, ti svegli e tutti piegano come dannati su uno strano mezzo "ibrido", che di ruote ne ha tre! Proprio così. Ecco a voi la Yamaha Niken (naiken), la moto più rivoluzionara degli ultimi anni. Guidarla è stata una vera scoperta. Mai avremmo pensato che potesse regalare un piacere di guida così "motociclistico", un divertimento così palpabile, una confidenza 5


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così immediata. Ora vi raccontiamo un po' come è fatta, ma soprattutto come si guida, perché è questo quello che tutti noi, amanti delle due ruote, siamo curiosi di scoprire. UNA PICCOLA PREMESSA... Ci sono tante moto delle quali ci si chiede come vanno o per le quali c'è grande attesa. Ma Niken (nda: la Niken... al femminile, perché è una moto, tengono a precisare gli uomini Yamaha) è senza paura di smentita la moto più eccentrica, discussa, curiosa, affascinante del 2018. Sì perché incuriosisce il purista delle due ruote sportive, lo scooterista, l'automobilista, la moglie del motociclista, l'amante delle due ruote nel senso più ampio del termine. Per capire però come va e per dare il giusto peso alle parole che tra poco affolleranno questa pagina virtuale, pensiamo sia doveroso fare un piccolissimo balzo indietro. Un giorno di qualche mese fa, quando abbiamo ricevuto l'invito per partecipare alla prova della Niken (primi al mondo a farlo) ci è anche stata chiesta la misura di

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sci e scarponi. La prima reazione è stata, per forza di cose, è stata quella di sgranare gli occhi e domandarci stupiti il perché di quella domanda. Presto detto: nello sci la decisione di passare a delle forme sciancrate ha segnato una svolta epocale, cambiando il modo di sciare e curvare. Allo stesso modo, Yamaha vuole inaugurare un nuovo modo di guidare e condurre la curva. Per farlo ha dovuto e voluto cambiare, come ha fatto lo sci, la sua forma e costruzione, adottando due ruote anteriori

anziché una. Encomiabile, verrebbe da dire. Apprezzabile, verrebbe da pensare. Avere la forza e l'"arroganza" (in senso buono) di presentare la prima moto a tre ruote assegna alla casa dei tre diapason il titolo di Casa costruttrice più innovativa degli utlimi x anni. I più anziani di voi però si ricorderanno che Yamaha non è nuova a progetti "spinti". Basta ricordare la bellisisma GTS 1000 o il prototipo Morpho. Fatta questa piccola, siamo partiti alla volta di Kitzbuhel, desiderosi di provare le ul-

time novità Salomon assieme all'olimpionico Giorgio Rocca, ma soprattutto capire come poteva essere guidare una moto a tre ruote. Tanto doveroso fare questo piccolo cappello introduttivo, quanto dirvi, con tutta sincerità, che le attese annidate in noi non erano così "elettrizzanti". La moto è la moto, è naturale pensare. Come una due ruote c'è solo una due ruote. Se ami piegare e la libertà di movimento, come una moto vera e propria non c'è niente altro. Partendo da queste promesse, la scoperta che abbiamo fatto assume ancora più potenza e importanza. COME VA IN STRADA Che qualcosa non andasse come ci si sarebbe aspettati lo abbiamo capito non appena abbiamo percorso i primi metri. Sterzo leggero. Bilanciamento perfetto. Agile. Va bene che non ci sono, per forza 8

di cose, metri di paragone e che la nostra esperienza di tre ruote di ferma al Piaggio MP3 o allo Yamaha Tricity, ma una moto con un avantreno con due forcelle e due ruote, così maneggevole da ferma e alle basse velocità, certo non ce la saremmo aspettata. Questo è uno degli aspetti che più preoccupa chi pensa a una moto con tre ruote: sarà dura di sterzo? La sua architettura e il maggiore attrito al suolo preparano una risposta piuttosto certa, ma la Niken, vuoi per la distribuzione dei pesi, la posizione in sella, la geometria dell'avantreno, riesce a rovesciare ogni previsione. Niken si guida terribilmente bene, qualsiasi declinazione abbia la vostre guida: sportiva, turistica, cittadina. Andiamo con ordine. Gli sportivi apprezzeranno la sua precisione in inserimento in curva e il suo essere neu9


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trale in percorrenza di curva. Ci si aspetterebbe un filo di sottosterzo e invece evidentemente, grazie alla perfetta geometria del quadrilatero articolato e allo schema Ackermann che permette alla ruota esterna alla curva di piegare di più e curvare di più, rimanendo sempre alla stessa distanza da quella interna, la Niken fila veloce come su un binario. E anche se malauguratamente ci si imbatte in un'asperità solo con una delle due ruote, il comportamento rimane sincero. Yamaha dichiara una ripartizoione perfetta dei pesi, ovvero 50/50, ma la tendenza in uscita di curva a scaricare un po' il retrotreno, cosa che spesso si traduce in piacevolissime derapate, farebbe pensare a una ripartizione più sbilanciata sull'avantreno. C'è anche da dire che probabilmente questa tendenza, gestibile e inebriante, può anche essere dovuta alla somma con altri fattori come gli pneumatici (Battlax Adventure X41), un mono piuttosto rigido e un'inconscia propensione di chi è alla guida ad 10

aprire il gas prima del previsto e in maniera più decisa, rassicurato della tre ruote. Gli amanti dei viaggi scopriranno la Niken come una moto confortevole per via della seduta bassa e della perfetta triangolazione sella-manubrio-pedane. Solo la sella risulta scarsamente imbottita soprattutto nella parte anteriore, quella più vicina al serbatoio. La sensazione è quella di essere ben inseriti nel corpo macchina, con le gambe ben protette. Anche la protezione del busto dall'aria è buona nonostante un cupolino che apparentemente sembra troppo "minimal" e basso, ma funziona. Il manubrio è piuttosto basso e ampio (885 mm contro gli 850mm della Tracer 900) e la posizione di guida è piuttosto eretta con le braccia larghe e basse. Il motociclista urbano troverà nella Niken una moto ben bilanciata, che grazie a una sella bassa e piuttosto stretta permette di appoggiare saldamente i piedi a terra. Come detto sopra, la nuova tre ruote di Yamaha stupisce per la facilità di condu11


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zione alle basse velocità. Agile, maneggevole, poco affaticante. Anche lo slalom nel traffico risulta facile, grazie alla distribuzione dei pesi e a un baricentro basso. Attenzione però a buche e pavè: l'assetto è piutosto rigido, soprattutto quello del mono posteriore. Per chi userà la moto nel tragitto casaufficio, sappia che in caso di pioggia, le due ruote che sono in asse con le pedane, sparano acqua dritta dritta sulle estremità. Quindi, consigliabile, usare un paio di stivaletti o scarpe tecniche per poi cambiarsi in ufficio. In ogni caso, qualsiasi tipo di motociclista voi siate, la Niken sembra avere la ricetta giusta per voi. Noi che siamo "sportiveggianti" abbiamo percorso 300 km di montagna (comprese le soste per le riprese foto e video vedi le instagram stories di moto.it) con

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neve, grandine, pioggia, sole, davvero in "scioltezza". Quello che ci ha stregato, lo ripetiamo, è la precisione chirurgica in percorrenza di curva, la neutralità di comportamento. Tre ruote ovviamente offrono maggiore sicurezza in fase di frenata, anche con moto piegata. A proposito di frenata: uno dei pochi aspetti su cui interverremmo è proprio questo. L'impianto frenante con doppio disco da 298 mm fornisce una frenata piuttosto costante su tutto l'arco di intervento ma poco mordente soprattutto nella prima parte delle frenata, prestando il fianco a una piccola critica quando si va a stressarlo con forti frenate ripetute. Molto probabilmente, con una pompa o anche solo pastiglie differenti, i miglioramenti potrebbero essere apprezzabili. E arriviamo, per forza di cose a parlare anche del cuore pulsante, il motore.

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Lo abbiamo tenuto per ultimo perché è fondamentalmente l'unità più conosciutà. Anche se modificato, è quello ben conosciuto montato sulla Tracer 900 (847 cc, 3 cilindri, raffreddato a liquido, DOHC, nome CP3). Gli interventi hanno riguardato un albero motore diversamente bilanciato e appesantito (erogazione più fluida), una rapportatura primaria leggermente differente, una trasmissione finale pù corta (16/47 invece di 16/45). L'elettronica che gestisce la Niken è piuttosto semplice, ma ha tutto quello che serve al giorno d'oggi, senza perdersi in complicazioni: YCC-T (acceleratore elettronico), D-MODE con 3 modalità di mappatura, Cruise Control (entra in azione sopra i 50 km/h) e Traction Control System disinseribile con 2 modalità di setting. A completare il pacchetto anche la frizione antisaltellamento, e il Quick Shift System. Ecco: a proposito di quick shift: funziona solo oltre i 20 km/h o sopra i 4000

giri/min che non sono proprio pochissimi. Avremmo quindi preferito avere la possibilità di sfruttare il sistema anche a regimi più bassi. Il cambio dal canto suo si è dimostrato preciso negli innesti. DISPONIBILITÀ E COLORI I clienti che ordineranno NIKEN online su https://niken.yamaha-motor.eu possono aspettarsi la consegna della moto dal loro concessionario da settembre 2018 in avanti. Yamaha confermerà le date di consegna definitive in estate e naturalmente terrà i clienti costantemente informati. NIKEN sarà disponibile nella sola colorazione: Graphite. Chi però fosse curioso di provarla, sappia che ci saranno i Niken Demo Tour. Nel periodo giugno-ottobre 2018, Yamaha visiterà alcuni luoghi chiave della guida in Europa, permettendo a tutti di "Ride the Revolution". Ecco i primi appuntamenti: 29-30 giugno/1° luglio STELVIO - 6/7/8 luglio DOLOMITI RIDE

ABBIGLIAMENTO Casco Suomy Giacca-guanti Rev'it Scarpe Ixon Pantaloni Icon

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APRILIA RSV4 FW. VOLO RADENTE di Edoardo Licciardello IL KIT APRILIA RACING RINVIGORISCE LA RSV4 E PER PRIMA PROPONE LE APPENDICI ALARI SU UNA SPORTIVA DI (PICCOLA) SERIE. LA NOSTRA PROVA AL MUGELLO

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Si dice che le corse migliorino la razza. E’ un assioma nato in altri ambienti, nello specifico – leggenda vuole – quello dell’ippica, ma si applica con facilità a tantissimi altri ambiti, soprattutto quello degli sport motoristici. Da sempre le Case costruttrici sperimentano in gara le soluzioni che poi andranno a definire motori, ciclistiche ed estetiche delle moto di serie – pensate anche solo alle gestioni elettroniche ormai patrimonio di qualunque mezzo di alto livello, arrivate ad un livello di sofisticatezza difficilmente raggiungibile senza lo sviluppo in gara. Era solo questione di tempo prima che le appendici aerodinamiche fiorite sulle carenature di tutte le MotoGP arrivassero sulle moto a disposizione degli appassionati. Aprilia ha battuto tutti sul tempo, equipaggiando la sua RSV4 negli allestimenti Factory Works con gli stessi profili alari (o quasi) che campeggiano sulle RS-GP di Espargaro e Scott Redding. E per la nostra delizia, ci ha invitato sul circuito del Mugello per provarne una. 18

L’OPERAZIONE FACTORY WORKS Di cosa si tratta? In estrema sintesi, dell’allestimento di esemplari di RSV4 configurati per affrontare l’attività in circuito – le FW perdono l’omologazione per l’uso stradale – nel migliore dei modi, dalle semplici prove libere per gli appassionati più evoluti ai campionati Stock e Superbike di livello nazionale e oltre. Per chi poi non avesse problemi di disponibilità economica c’è anche il sogno proibito, la RSV4 R FW-GP, ovvero la base tecnica della RSV4 con un propulsore derivato molto strettamente dalla RSGP 2015. Ma qui, come capirete, siamo al di fuori del… mondo reale. A fianco di tutte queste versioni, a partire da quest’anno, arriva anche un kit speciale per le RSV4 RR e RF dal 2017 in avanti per chi volesse migliorare con uno step sensibile ma un po’ più abbordabile la propria RSV per l’uso in circuito rinvigorendo il motore, mettendo… a dieta la ciclistica e migliorando l’aerodinamica. Il tutto sfruttando un travaso tecnologico diretto da parte del reparto corse Aprilia Racing, e – cosa non da poco – mantenendo lo stesso livello di affidabilità ed equili19


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brio del progetto originale, dato che, come ci conferma Cristian Barelli, responsabile marketing di prodotto Aprilia, gli intervalli di manutenzione raccomandati dalla Casa madre restano invariati rispetto al modello standard. IL MOTORE Gli aggiornamenti al propulsore portano diversi benefici – fra cui quello, non trascurabile, di liberarsi dalle pastoie delle normative Euro-4. Si inizia dai pistoni, con unità monosegmento con trattamento superficiale per una miglior scorrevolezza all’interno delle canne e un relativo guadagno di 4 cavalli. Si prosegue con teste affinate attraverso lavorazione CNC dei condotti di aspirazio-

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ne e scarico; molle, valvole e piattelli vengono lavorati o sostituiti per una maggior efficacia, così come gli assi a camme che godono di un nuovo trattamento superficiale per ridurre gli attriti. Il tutto, assieme allo scarico Akrapovic dedicato, contribuiscono ad ottenere una potenza massima di 215cv all’albero anche grazie ad una centralina che viene fornita assieme alle teste – tutto il resto delle componenti non richiede alcun aggiustamento. Nessuna variazione invece per l’elettronica di supporto al pilota (ve ne abbiamo parlato in occasione dell’ultima prova di una RSV4, in questo caso della RR a Misano) che, del resto, è una delle implementazioni più raffinate del panorama attuale.

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LA CICLISTICA Nessuna variazione di rilievo per la ciclistica, che viene semplicemente sottoposta ad una sostanziosa dieta con l’adozione di componenti più raffinate. Si inizia con la batteria al litio, proseguendo con un serbatoio dalla stessa sagoma dell’originale ma realizzato con un diverso metodo produttivo che garantisce un risparmio di circa 1,5kg. Arriva anche la piastra di sterzo superiore ricavata dal pieno, che con l’ausilio di dettagli in fibra di carbonio e del già citato scarico completo Akrapovic contribuisce a ridurre di circa 10kg il peso complessivo. AERODINAMICA Ma se c’è un aspetto che rende semplice riconoscere la FW, si tratta naturalmente delle winglets, le appendici aerodinamiche (optional, come del resto avviene… in MotoGP) che sfruttano la pressione aerodinamica per modificare il comportamento 22

della moto in velocità, apportando benefici in termini di stabilità. Naturalmente, non vediamo l’ora di verificare con mano quanto siano efficaci tutte queste modifiche… IN SELLA Saliamo in sella e, non fosse per il magnifico colpo d’occhio della lavoratissima piastra di sterzo superiore, l’illusione di trovarsi su una “normale” RSV4 2018 sarebbe perfetta. La posizione di guida è naturalmente identica, e ovviamente, da fermi o a bassa velocità, non è facile notare il dimagrimento di 10kg di cui è stata oggetto la Superbike di Noale. ìQuello che invece appare immediatamente evidente è il marcato cambio di voce del V4 Aprilia, che già in configurazione di serie è dotato di uno dei rumori di scarico più gustosi del segmento. Ma oltre a una colonna sonora da salivazione compulsiva, il contributo dell’impianto completo Akrapovic si percepisce quasi su23


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bito, sotto forma di un’erogazione che, libera delle pastoie dell’Euro-4, diventa regolarissima e con una “schiena” da fare paura. La spinta è pulita e regolare a qualunque regime, la progressione talmente lineare da far pensare, di primo acchito, ad un motore quasi meno potente. Basta però iniziare a dare gas sul serio per rendersi conto di quanto la RSV4 con kit FW spinga più forte dell’originale. Sul lungo rettilineo del Mugello si arriva a cercare un’inesistente settima marcia, e i brevi rettilinei fra le curve vengono divorati con una rapidità sconosciuta alla moto di serie, costringendo la sospensione posteriore ad un lavoro extra, da coadiuvare con un po’ di messa a punto sulla base dello stile di guida. Ma veniamo all’aspetto probabilmente più interessante della Factory Works: le winglets. Lo ammettiamo, siamo stati fra gli scettici della prima ora in merito alla percettibilità degli effetti delle appendici aerodinamiche in uso sulle GP. Quanto ci sbagliavamo. Andiamo con ordine: l’alleggerimento gene-

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rale è più che sensibile in inserimento e nei cambi di direzione alla Materassi/Borgo San Lorenzo e poi alla Luco/Poggiosecco, dove la “FW” diventa ancora più agile della già eccellente versione Factory standard. Ma già nelle lunghe percorrenze veloci, come alle Arrabbiate, o alla Bucine, si percepisce un forte carico sull’avantreno che rende la Factory Works letteralmente incollata alla traiettoria. Sullo scollinamento del rettilineo principale, dove le mille attuali tendono ad alleggerirsi d’avantreno cercando di imitare le cugine MotoGP, la RSV4 FW resta precisa e stabile, e in staccata, dove l’Aprilia – corta e reattiva – è tradizionalmente un po’ nervosa, sembra un’altra moto e fila dritta e rassicurante. La contropartita, ovviamente, è una certa perdita di agilità nei cambi di direzione veloci: alle Biondetti, per capirci, serve un po’ di impegno fisico per convincere l’Aprilia a passare da una curva all’altra. E pur senza riscontri strumentali, l’impres-

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sione – da un confronto con le altre moto in pista – è che in fondo agli allunghi più veloci il carico aerodinamico penalizzi un po’ la spinta del motore. D’altra parte, come diceva un famoso tecnico della MotoGP qualche anno fa, un circuito di solito ha un solo rettilineo veloce e una media di quindici/sedici curve, quindi la scelta sembrerebbe scontata. Ma naturalmente, si tratta di una scelta personale: nulla vi impedisce di prendere solamente parte del kit, o magari di montare o smontare le appendici aerodinamiche a seconda di pista e gusti… L’OPINIONE DI CAPIROSSI Graditissima sorpresa, ai box, la presenza di Loris Capirossi, tre volte campione del mondo che con Aprilia ha vinto un titolo in 250 nel 1998, al Mugello per godersi qualche giro in sella a una RSV4RF. Piccolo inciso: Loris, che a tutt’oggi prova diverse MotoGP, è un appassionato di quelli

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veri. Basta guardarlo negli occhi e ascoltare il suo tono di voce nei commenti a caldo per capire che è uno che va in moto per divertirsi. Entusiasta, divertito, allegro, Loris naturalmente ha voluto provare anche la versione FW, dalla quale non voleva più scendere commentandone le prestazioni. “E’ veloce da fare paura per una moto di serie! Al primo giro mi sono attaccato ai freni ai 200 alla San Donato, e mi sono fermato ma di misura… Considerando che non frena come una MotoGP ma neanche tanto meno, vuol dire arrivare forte, ma tanto forte!” Loris, di cui potete ascoltare le impressioni nel nostro video, ha avuto solo belle parole per la RSV4, lodando il V4 per l’agilità e la connessione acceleratore-ruota posteriore, ma anche per l’efficacia dell’elettronica. Il primo commento, da pilota abituato alle moto da corsa, è stato un “è morbida” che ha suscitato più di un sorriso fra i presenti, ma poi Capirex si è dilungato ad esaminare le doti dell’Aprilia con competenza e – lasciatecelo dire – senza la minima traccia di quella supponenza un po’ snob di altri piloti quando scendono da moto di serie.

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I PREZZI Il kit, come dicevamo in apertura, è destinato ai modelli 2017 e 2018 delle Aprilia RSV4 RR ed RF. I prezzi delle singole componenti sono ancora in via di definizione, ma per darvi un’indicazione i pistoni costano circa 3.500 euro, le teste 5.900, lo scarico Akrapovic 3.500 e le alette 600 in versione grezza, che salgono a 750 se le si desidera verniciate. Naturalmente, sono previsti pacchetti che garantiranno un risparmio sostanzioso. I prezzi definitivi saranno rilasciati fra qualche giorno sul sito Aprilia Racing dedicato al progetto Factory Works. Una spesa sicuramente non per tutti, che però offre una soluzione “ufficiale” a chi

desidera migliorare la propria RSV per l’uso in circuito. Senza nulla togliere ai preparatori in grado di allestire mezzi efficacissimi, rivolgersi direttamente al reparto corse Aprilia ha evidenti benefici in termini di affidabilità, equilibrio delle prestazioni e assistenza – di fatto, una preparazione plug & play che elimina la necessità di messa a punto o sperimentazioni. Le prestazioni, come già detto, migliorano in maniera tangibile con oppure senza le winglets, e tutti i particolari possono venire adottati indipendentemente sulla base delle esigenze o preferenze del cliente. Il tutto potendo contare sull’esperienza e sullo sviluppo effettuato da Aprilia Racing. Scusate se è poco.

PIÙ INFORMAZIONI Meteo: Nuvolo, 20° Luogo: Circuito del Mugello Terreno: pista Foto: Milagro Video: Giulio Tosini

ABBIGLIAMENTO

Casco AGV Pista GP R Tuta Dainese D-Air Racing Misano Guanti Dainese Full Metal D1 Stivali Dainese R Axial Pro In

APRILIA RSV4 RF 23.319 EURO

PESO A SECCO 180 Kg CILINDRATA 999,6 cc TEMPI 4 CILINDRI 4 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 201 cv - 148 kw - 13.000 giri/min COPPIA 12 kgm - 115 nm - 10.500 giri/min EMISSIONI Euro 4 CAPACITÀ SERBATOIO 18,5 Lt ABS Sì PNEUMATICO ANTERIORE 120/70 ZR 17" PNEUMATICO POSTERIORE 200/55 ZR 17"

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NUOVE YAMAHA CROSS YZ250F E YZ85 2019 PRESENTATI I MODELLI MOTOCROSS 2019 DI YAMAHA. SPICCANO LE NOVITÀ QUATTRO TEMPI YZ250F E LA DUE TEMPI YZ 85. AGGIORNAMENTI ANCHE PER LA YZ450F E NUOVE GRAFICHE PER YZ125 E YZ250

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Le prestazioni delle Yamaha nel mondiale MXGP e MX2 in corso sono una buona promozione per le novità motocross e per l'intera gamma 2019 di Iwata, che è stata appena presentata. LA NUOVA YZ250F Si può parlare di un completo rinnovamento della 250 a quattro tempi, nel mo36

tore come nella parte ciclistica, al prezzo di 8.790 euro f.c. Il propulsore con cilindro “rovesciato” è stato ridisegnato gode dell'avviamento elettrico, mentre le novità relative a pistone, profilo dell'albero a camme, geometria del cilindro, frizione con diametro maggiorato e altro ancora, concorrono a una migliore erogazione di potenza soprattutto ai regimi medi e alti. La mappatura a due modalità consente di regolare il carattere dell'erogazione sem37


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plicemente premendo un pulsante. Il telaio a doppia trave è stato completamente rivisto, ottimizzando il punto di fissaggio del motore per migliorare il bilanciamento della rigidità della moto, con effetti positivi sulla percorrenza in curva e sulla trazione. Il nuovo design e l'ergonomia rivisitata danno una sensazione di maggior leggerezza e compattezza, per far sentire il pilota e la moto come un corpo unico. Le sospensioni racing Kayaba sono state aggiornate negli elementi interni, e offrono il miglior equilibrio tra comfort e prestazioni. Oltre a tutto questo, la nuova YZ250F monta di serie la Communication Control Unit (CCU) che permette ai piloti di connettersi in modalità wireless alla loro moto,

per metterla a punto in base alle loro preferenze individuali. Tutto quello che serve sono uno smartphone e l'App Yamaha Power Tuner. LA NUOVA YZ85 E' cambiato il due tempi di da 85 cc, con raffreddato a liquido, aspirazione a valvole lamellari e sistema Yamaha Power Valve System (YPVS) meccanico. Grazie al nuovo disegno di testa, cilindro, basamento, albero motore, biella, trasmissione, scarico e CDI, eroga la potenza in maniera più regolare senza perdere quella di picco. Il telaio a semi doppia culla in acciaio, il telaietto removibile e il nuovo disegno del forcellone in alluminio offrono una guida migliorata e una manutenzione facilitata.

La nuova YZ85 adotta la forcella KYB completamente regolabile con steli da 36 mm e molla elicoidale, foderi monoblocco e sezione conica per un bilanciamento della rigidità ottimale. COSA CAMBIA SULLA YZ450F La top di gamma Yamaha è stata profondamente rinnovata nell'edizione 2018 ma ora ha ricevuto altre numerose migliorie. All'avantreno le novità tecniche principali sono i supporti forcella del mozzo più larghi e i collari che hanno un nuovo disegno per aumentare la rigidità all'anteriore. L'avantreno più rigido migliora la maneggevolezza complessiva di YZ450F, grazie a un feedback più accurato e migliorando il livello di trazione della ruota anteriore, la sensibilità e il controllo. I modelli YFZ e YZ 2019 saranno disponibili presso i concessionari Yamaha a partire da luglio 2018, mentre l'MX Pro Tour sui diversi circuiti europei offrirà la possibilità di provare i modelli della gamma 2019. 38

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SUZUKI GSX-R 1000 BEERACING. SPECIAL REPLICABILE UN ESEMPLARE UNICO DELLA SUPER SPORTIVA GSX-R 1000, REPLICABILE CON GLI ACCESSORI ORIGINALI, PRESENTATO AL SALONE DELL'AUTO DI TORINO

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Al Parco Valentino va in scena fino a domenica 10 giugno il Salone dell'Auto di Torino. Suzuki è presente anche con un'area performance Yellow Power nella quale espone una speciale GSX-R 1000, denominata BeeRacing, accanto a un'altra sportiva di casa Suzuki ma a quattro ruote: la Swift Sport sempre in allestimento BeeRacing. La quattro cilindri iper sport GSX-R 1000 è un esemplare unico caratterizzato dalle grafiche della MotoGP del team uffi40

ciale Ecstar ma con colorazione nera e gialla al posto di quella blu/bianco delle moto guidate da Andrea Iannone e Alex Rins. Inoltre monta un silenziatore di scarico slipon in titanio e con fondello in fibra di carbonio realizzato appositamente SC Project (più leggero e soprattutto più piccolo del silenziatore originale), oltre che al codino coprisella passeggero. Questa versione BeeRacing non si trova nelle concessionarie Suzuki ma si può replicare facilmente con gli accessori e le decals originali disponibili per la GSX-R 1000. 41


News

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CRUISE CONTROL ADATTATIVO E RETROVISORI INTELLIGENTI DA KTM di Maurizio Gissi DA KTM NON SOLO RICERCA DELLE PRESTAZIONI, MA ANCHE SVILUPPI IN TEMA DI SICUREZZA. SONO IN FASE SVILUPPO IL CRUISE CONTROL ADATTATIVO (CHE INTERVIENE SU ACCELERATORE E FRENI) E I RETROVISORI CONTRO I PUNTI CIECHI E I RISCHI DI TAMPONAMENTO

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Adaptive Cruise Control (ACC) e Blind Spot Detection (BSD) sono due sistemi di sicurezza che KTM sta sviluppando e che ha mostrato in funzione su una 1290 Super Adventure S. L'ACC non è un dispositivo di frenatura di emergenza, ma semplifica la guida quando si attiva il cruise control sopra una determinata velocità. Grazie a rilevatori radar anteriori e posteriori, il sistema ACC misura la presenza di veicoli che precedono e modula la velocità intervenendo sull'acceleratore elettronico in modo che sia mantenuta una distanza minima equivalente al tempo di due secondi. Se è necessario, il sistema aziona anche il comando del freno anteriore. Nella definizione finale dell'Adaptive Cruise Control sarà data al pilota la possibilità di personalizzare velocità e distanza di intervento. Quanto al Blind Spot Detection, anche in questo caso è fondamentale l'esperienza dei sistemi ADAS automobilistici, ma qui si mira invece a sconfiggere i punti ciechi non coperti dal campo visivo dei retroviso42

ri: un aiuto ancora più importante che in automobile quindi, vista la minore visuale offerta dai due specchietti montati sul manubrio di una moto. Il radar posteriore collegato all'ACC avvisa il motociclista della potenziale collisione posteriore, per esempio mentre si cambia corsia, tramite dei led ad alta visibilità inseriti negli specchi retrovisori, attraverso un allarme acustico e un simbolo di pericolo sul cruscotto. Queste due soluzioni, visibili nel video in alto, faranno parte dei pacchetti elettronici offerti su alcuni modelli KTM che arriveranno in vendita nel 2021. Sebbene la marca austriaca punti molto sulle prestazioni motoristiche e dinamiche, non tralascia certamente l'attenzione alla sicurezza, come dimostrano l'introduzione del cornering ABS e dell'ABS a due canali su una 125 nel già "lontano" 2014. Altri dispositivi di sicurezza già disponibili su alcuni modelli KTM sono il Motion Stability Control (MSC), il Motor Slip Regulation (MSR), il controllo di trazione regolabile, le sospensioni semi-attive, l'Hill Hold Control (HHC), il Quickshifter e l'illuminazione cornering light. 43


Iniziativa

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GS ROOKIE TEAM: LE PAGELLE DOPO LA PRIMA TAPPA. PROMOSSI? di Andrea Perfetti IL NOSTRO TEAM HA CONCLUSO TRA MILLE PERIPEZIE IL PRIMO VIAGGIO OFFROAD DA PAVIA A SANREMO CON LA BMW G310GS. ISACCO, MARCO E STEFANIA SONO PROMOSSI? VE LO DICIAMO CON UN VIDEO...

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Il nostro team ha concluso tra mille peripezie il primo viaggio offroad da Pavia a Sanremo con la BMW G310GS. Isacco, Marco e Stefania, dopo essere stati selezionati da Moto.it, hanno preso parte al primo evento Hatadventure del 2018 e da Pavia hanno raggiunto la località ligure lungo meravigliosi sentieri di puro fuoristrada: ecco qui il loro primo video. In attesa della seconda spedizione del GS Rookie Team, è tempo di pagelle: sono stati promossi? Ve lo diciamo nel video sopra e vi invitiamo a darci il vostro parere sotto, nei commenti. 44

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Moto e Arte

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LE MOTO E L'ARTE: LA PITTURA di Camilla Colombo ULTIMA PUNTATA PER LA NOSTRA RASSEGNA, CON L'ARTE FIGURATIVA PIÙ NOBILE DI TUTTE: LA PITTURA

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Nel 2017, a Pontedera e precisamente al Museo Piaggio, sono stati celebrati i 100 anni del mito della velocità e dei suoi riflessi nelle arti figurative, in particolare nella corrente che più di tutte ha saputo, e voluto, celebrare la tecnica: il futurismo. Insieme all’automobile, la motocicletta è stata una grande fonte di ispirazione per gli artisti dei primi vent’anni del Novecento, 46

che nelle forme aerodinamiche dei motori hanno visto una delle massime espressioni della modernità dell’epoca. Le due ruote, in particolare, hanno scatenato l’immaginario futurista grazie alla prospettiva della fusione in un’unica entità del pilota e della motocicletta, come se quello che dovesse essere reso fosse semplicemente un unicum in continua evoluzione. Gerardo Dottori, Mario Sironi, Ugo Giannattasio, Fortunato Depero, Ivo Pannaggi, 47


Moto e Arte

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Guido Maria Dal Monte e Tato sono gli artisti che hanno reso meglio su tela la potenza dinamica delle "due ruote" tra cerchi concentrici, pennellate in movimento, linee veloci e cromatismi accesi e coinvolgenti. Sebbene l’occhio riesca sempre a cogliere in maniera netta le "due ruote" e la figura umana, i punti di contatto tra le parti in gioco sfumano costantemente in una simultaneità, in una compenetrazione di piani, in una creatura unica, protesa in velocità verso l'obbiettivo che deve conquistare. Se Dottori e Giannattasio danno spessore alle loro opere con potenti forme immerse nel colore, Sironi realizza un Uomo Nuovo sui toni del grigio, che richiama immediatamente i piloti di MotoGp, così incurvati sulle loro motociclette da risultare un prodotto innovativo, altamente tecnologico, 48

senza alcuna soluzione di continuità: insomma, un Uomo Nuovo. Anche Il motociclista di Depero è in bianco e nero, ed è talmente all’avanguardia, nella sua esplosione di dinamicità, da apparire quasi fantascientifico, come fosse a cavallo di una navicella spaziale, oltre che in sella a una moto. Dal Monte e Pannaggi, a loro volta, uniscono la linearità definita al colore vivace, immergendo i loro rider in ambienti che si moltiplicano o che si aprono con sensualità alle donne. La sensazione che si prova nel vedere questi motociclisti in città, su pista o in natura, è un connubio di estrema velocità nella resa ed elevata precisione nel disegno, uniti alla passione, a tratti quasi una venerazione, per i motori: esempio eccellente, secondo i futuristi, di una tecnica prodigiosa. 49


Epoca

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RESTAURANDO: ANCILLOTTI CRH 80 125 1980 di Umberto Mongiardini LA RUBRICA DI MOTO.IT IN COLLABORAZIONE CON LO SPECIALISTA SOIATTI MOTO CLASSICHE DI NOVARA. IL RESTAURO DI UNA BELVA CAPACE DI INCUTERE TIMORE AI PIÙ

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Prendete un appassionato di moto d'epoca, mettetegli davanti l'annuncio di messa in vendita di una moto simile a quella che aveva usato per divertirsi, anche in pista, all'inizio degli anni '80 e guardate cosa succede. La moto in questione è una Ancillotti CRH 80 125 del 1980, mentre il proprietario è Roberto Pederiva che, pur di riavere in garage la moto che lo ha accompagnato sulle piste da cross negli anni della gioventù, ha portato a casa una moto malconcia e l'ha messa nelle esperte mani di Daniele Soiatti. Facciamo un passo indietro però, correva l'anno 1979 quando Ancillotti, marchio italiano con sede Firenze e con stabilimento produttivo sito in Tavarnelle Val di Pesa, presentò sul mercato delle moto da cross un modello innovativo sia per l'estetica, all'avanguardia con il serbatoio ben raccordato ai fianchetti e nella tecnica, grazie ad il motore Hiro raffreddato ad acqua con il radiatore posto sotto al serbatoio e al forcellone in alluminio. Questo modello rima50

se in produzione solo fino al 1980 anno in cui Alberto Ancillotti decise di introdurre il Pull – Shock, un sistema di ammortizzazione singola posteriore inedito e poi “copiato” anche dalle rivali giapponesi. Nonostante le Ancillotti fossero tecnicamente all'avanguardia, con questo modello, non riuscirono mai ad ottenere risultati soddisfacenti a livello nazionale o europeo, prendendosi qualche soddisfazione solo a livello regionale. La moto acquistata da Roberto per i propri 16 anni non era una CRH 80 qualunque, bensì era una moto che era stata utilizzata in ambito agonistico e, di conseguenza, preparata. Oltre ad avere il motore elaborato e quindi nettamente più potente delle altre 125, al posteriore disponeva di una coppia di ammortizzatori ad aria Fox, molto di moda (e cari) in quegli anni, una vera e propria chicca. Quella moto però era già piena di acciacchi dovuti all'utilizzo intensivo da parte del precedente proprietario e così Roberto la tenne per soli due anni al termine dei quali la scambiò per una moto da trial, una Ossa 51


Epoca

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350 Yellow. Nonostante l'avesse tenuta per due soli anni, quell'Ancillotti era rimasta nel cuore di Roberto il quale, qualche anno fa, si è messo alla ricerca di una moto dello stesso modello. Una volta trovato l'annuncio di quella che si prospettava come la moto perfetta per i suoi piani, ha contattato il proprietario e, benchè al momento della consegna la moto non fosse tanto in ordine quanto si aspettasse, la acquistò lo stesso, ormai era troppo entusiasta. Alcune plastiche, così come altre componenti, mancavano ma, una volta portata la moto da Soiatti hanno iniziato a saltare fuori i primi problemi più seri: il filtro dell'aria era bucato, i cerchi storti e i mozzi non erano originali, per non parlare del telaio con la vernice scrostata, forcellone rovinato e motore da rivedere completamente. 52

Mentre Soiatti smontava la moto, Roberto, aiutato da Alfredo Gramitto Ricci del Registro Storico Ancillotti e da Mario Valsecchi, pilota e grande conoscitore del marchio, ha iniziato la ricerca dei componenti mancanti riuscendo a trovare sia le plastiche, sia gli ammortizzatori Posteriori Fox, portati poi a revisionare da uno specialista di Ferrara. Un grande contributo era arrivato da Valsecchi il quale l'ha aiutato con le grafiche e con il reperimento e il restauro della marmitta Marving. Alla fine il risultato del restauro è stato davvero eccellente tanto che, poco tempo dopo il termine dei lavori, questa Ancillotti CRH 80 125 ha vinto il premio come “Meglio Restaurata” al raduno del Registro Storico Ancillotti – Scara, una bella soddisfazione sia per il proprietario che, ovviamente, per chi l'ha restaurata. 53


Tecnica

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I MOTORI A QUATTRO CILINDRI IN LINEA, SECONDA PARTE di Massimo Clarke LA RIVOLUZIONE DEGLI ANNI OTTANTA: ARRIVANO IL RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO, LA CATENA DI DISTRIBUZIONE LATERALE E ALTRO ANCORA

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Nella storia della moto ci sono stati alcuni periodi di grande creatività, durante i quali si sono affermate soluzioni costruttive che hanno fatto epoca e che sono ben presto state adottate da tutti i costruttori per i vantaggi che comportavano. In diversi casi non si trattava di novità ma di qualco-

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duzione del rapporto corsa/alesaggio. Ogni tanto però hanno luogo degli autentici salti evolutivi di grande portata. Così, dopo il vero e proprio boom delle distribuzioni a quattro valvole per cilindro, per i motori a quattro tempi di serie è stata la volta del raffreddamento ad acqua. E siccome i più sollecitati erano i modelli di rilevante cilindrata e di alte prestazioni è logico che siano stati i quadricilindrici a procedere per primi con decisione in tale direzione. Questa autentica svolta è avvenuta nei primi anni Ottanta ed è stata rapidamente seguita da altri importanti miglioramenti. Una vera pietra miliare è stata la Kawasaki GPz 900 R, entrata in produzione nel 1984. Il motore di questa moto aveva il raffreddamento ad acqua e la catena di distribuzione disposta lateralmente, oltre a

un albero ausiliario di equilibratura; le prime due soluzioni in seguito sono state adottate universalmente e da tempo dominano la scena incontrastate, mentre la terza ha avuto ed ha tuttora una ampia diffusione. Quando è apparsa la GPz 900 R il raffreddamento a liquido veniva già impiegato da un paio di anni dalla Honda per le sue quadricilindriche della serie VF 750, che avevano però una architettura a V. Per i motori a quattro cilindri in linea costruiti in gran serie si trattava di una novità, che comportava enormi vantaggi. Non solo la migliore asportazione di calore si traduceva in minori temperature delle pareti del cilindro e della camera di combustione, ma la distribuzione delle temperature stesse diventava assai più uniforme tutto attorno ai cilindri e nella struttura della testa. Inoltre, il liquido refrigerante poteva arrivare

sa che era già apparso in precedenza senza riuscire però a “sfondare”. Che aveva avuto cioè solo impieghi sporadici su alcuni modelli di serie. Per quelli da corsa, però, la storia poteva talvolta essere diversa… (Chi si fosse perso la prima parte di questa storia può leggerla a questo link). In genere lo sviluppo tecnico avviene gradualmente; è il caso ad esempio della ri55


Tecnica

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in zone nelle quali non sarebbe stato possibile far passare l’aria, ovvero tra i condotti di scarico, in prossimità delle sedi delle valvole e del foro per la candela. Si potevano così adottare angoli molto ridotti tra i due piani sui quali giacevano le quattro valvole di ogni cilindro. Infine, era pure possibile diminuire, e non di poco, la distanza tra le canne dei cilindri e ciò era molto positivo ai fini del contenimento della larghezza del motore. Nei quadricilindrici raffreddati ad aria di 750 e di 1000 o 1100 cm3 la parete che separava le canne contigue aveva una larghezza dell’ordine di 20 – 25 mm. Passando alla refrigerazione ad acqua si è scesi dapprima attorno a 15 mm e successivamente al di sotto di 10 mm. Oggi tra le canne non ci sono passaggi per il liquido di raffreddamento e sono usuali valori dell’ordine di 5 – 6 mm. La GPz 900 R è stata la prima quadricilin-

drica in linea con la catena di distribuzione collocata lateralmente e non più in posizione centrale. La soluzione è vantaggiosa in quanto consente di ridurre la lunghezza dell’albero a gomiti che può quindi essere anche più rigido. Inoltre, permette di portare il numero dei cuscinetti di banco da sei a cinque, pur mantenendo due supporti immediatamente ai lati di ogni manovella. Questo comporta dei vantaggi per quanto riguarda non solo l’ingombro trasversale del basamento ma anche il rendimento meccanico (riducendo il numero dei supporti diminuiscono le perdite per attrito). La GPz era dotata anche, ed era la prima volta per un quadricilindrico in linea, di un albero ausiliario di equilibratura. Nei motori dotati di questo frazionamento e di questa architettura, lo schema usuale per l’albero a gomiti prevede che esso abbia le manovelle a 180°. In questo modo sono distanziate uniformemente le fasi utili e sono equilibra-

te le forze d’inerzia del primo ordine. Non lo sono invece quelle del secondo ordine. Durante la rotazione dell’albero infatti le bielle non rimangono parallele all’asse dei cilindri ma si inclinano ora da un lato e ora dall’altro, con un movimento pendolare fulcrato nello spinotto che vincola ciascuna di esse al relativo pistone. Le vibrazioni dovute a questo squilibrio sono di intensità piuttosto contenuta (e infatti molti quadricilindrici non impiegano alcun albero ausiliario di equilibratura) ma nei motori di grossa cilindrata che girano molto forte possono essere comunque tali da risultare moleste. Benché gli altri costruttori siano rapidamente passati tutti al raffreddamento ad acqua per i loro quadricilindrici di alte prestazioni, per i suoi modelli più sportivi la Suzuki ha optato per una soluzione “mista” aria-olio. La GSX-R 750 ha esordi56

to alla fine del 1984 e impiegava appunto questo sistema di raffreddamento, che ha continuato ad utilizzare nelle versioni successive, fino a che nel 1992 non è apparsa la GSX-R 750 WN. Il motore di questa moto era finalmente raffreddato ad acqua e aveva le punterie a bicchiere al posto dei precedenti bilancieri a dito, ma aveva ancora la catena di distribuzione collocata centralmente ed era ancora dotato di sei supporti di banco. Il passaggio ai cinque supporti e alla catena laterale per la 750 Suzuki è avvenuto nel 1996. La Honda CBR 600 è entrata in produzione nel 1987 con la catena di distribuzione collocata centralmente, sei supporti di banco e bilancieri a dito. Nella successiva versione (1991) è però passata alle punterie a bicchiere, ai cinque supporti e alla catena di distribuzione laterale. 57


Tecnica

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JAN WITTEVEEN: “CHE SPETTACOLO IL CROSS! KTM È IL RIFERIMENTO” di Nico Cereghini IL GRANDE TECNICO CI GUIDA TRA LE MOTO DEL CROSS AMERICANO ED EUROPEO, MOSTRANDOCI COME E DOVE SI EVOLVONO LE MOTO DI SERIE ED I PROTOTIPI. KTM È IL RIFERIMENTO NELLO SVILUPPO TECNICO

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Con Jan Witteveen, celebre ingegnere olandese, questa volta parliamo di motocross, dove il nostro progettista ha vinto a suo tempo cinque titoli mondiali con la Cagiva negli anni Ottanta. Aggiornato e appassionatissimo anche dell’offroad, Jan ci racconta cosa gli piace del Supercross USA e del MXGP mondiale, quali gli aspetti tecnici e regolamentari che lo interessano di più. Poi traccia per noi un quadro della situazione: se oggi KTM è il riferimento assoluto sia in America sia in Europa e le 58

quattro case giapponesi inseguono, quali sono i punti di forza delle moto austriache? E la Honda negli ultimi due anni ha davvero incrementato le sue risorse in campo? Cosa ci aspetta il prossimo futuro? Witteveen ha una grande fiducia nello sviluppo delle forcelle ad aria, anche se alcuni piloti faticano ad abituarsi al minor feeling, e condivide la filosofia di KTM anche sui motori. La sua esperienza a trecentosessanta gradi ci suggerisce, alla fine, di programmare il suo prossimo intervento su una serie di temi, che vedranno coinvolti anche i lettori. 59


Editoriale

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NICO CEREGHINI "DI CHE COLORE È LORENZO?" VALENTINO È GIALLO E NON CI PIOVE. MARQUEZ POTREBBE ESSERE ROSSO COME IL DRAPPO DEL TORERO O IL FUORIGIRI E PEDROSA DI UN PROFONDO BLU. MA JORGE? DIFFICILE DA DIPINGERE PERCHÉ TI SPIAZZA SEMPRE. CHI POTEVA IMMAGINARE IL SUO PASSAGGIO ALLA HONDA CON MARQUEZ?

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Ciao a tutti! Sembrava naturale ipotizzare Lorenzo sulla Yamaha dopo un biennio alla Ducati, seguendo un percorso già tracciato da Rossi. Semplicemente inimmaginabile vederlo alla HRC di fianco a Marquez. E del resto, chi ancora poteva pensare che Pedrosa potesse appendere domani il casco al chiodo come ormai insistentemente si dice? Va bene, giovedì prossimo magari Dani dichiarerà che sentiva il desiderio di cambiare dopo diciotto stagioni con la Honda (tredici in MotoGP senza il titolo) e ne correrà ancora altre diciotto, ma il punto è che da anni eravamo abituati ai magnifici quattro e adesso salta tutto. Rossi, Lorenzo, Pedrosa e poi Marquez in sostituzione di Stoner. Un quadro dai colo-

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ri precisi. Poi Lorenzo ha tentato la nuova avventura, si è affacciato Dovizioso e Valentino ha visto le stagioni passare senza titoli. Ma i quattro top rider erano sempre lì a fare da riferimento e orientare anche il mercato. È naturale che adesso ci si senta un po' spiazzati. Sono sincero: non credo affatto che Jorge Lorenzo, firmando a sorpresa per la Honda, voglia sfidare Marquez a pari moto. È una bella interpretazione, sarebbe una storia affascinante da scrivere, ma non ci credo. Lorenzo è intelligente, ha già sperimentato che gli occorre tanto tempo per adeguarsi a una moto diversa dalla Yamaha: ve lo vedete a guidare alla sua maniera, rotondo e veloce in percorrenza di curva, una moto corta e troppo reattiva come la Honda? E poi lui sa benissimo che Marquez

è un campione praticamente imbattibile, che il primo anno le prenderà di sicuro e che il secondo forse pure. A sfidarlo non ci pensa proprio, secondo me. Propendo per una seconda spiegazione, banale ma più concreta: Jorge non aveva alternative valide, tre o quattro milioni l'anno sono pur sempre un bel prendere, ha fatto i suoi conti. Che sono più o meno questi: Marc è il supertalento che fa gola a tutti, a cominciare dalla Ducati; Honda lo ha bloccato, bruciando i tempi, anche per il biennio 2019-2020, ma poi? Poi è facile pensare che il 93 cambierà squadra, per ambizione personale, per denaro, per "cercare nuove motivazioni". E in quel momento Lorenzo diventerà il pilota di punta della Honda e non sarà più un ragazzino d'accordo, ma ha pur sempre otto anni meno

di Rossi. Questa, credo, la sua strategia. Dovesse andar male, avrà corso due anni da ufficiale per una casa giapponese, con qualche buon risultato e un bell'ingaggio. Tornando al quadro dei magnifici quattro e ai loro colori. Valentino, si sa, è il giallo. Facile. Giallo come il sole, come il calore e l'ottimismo. Giallo come i fendinebbia che illuminano la strada quando il meteo è sfavorevole. Marquez per me è il rosso. Rosso come il drappo del toreador che non ha paura di provocare il toro e farsi sfiorare dalle sue corna appuntite, rosso come la zona del fuorigiri. Rosso, ahi ahi,

come il cartellino dell'espulsione dalla partita. Pedrosa? Io lo vedo blu: blu come la sua prima moto da corsa in 125 e anche come la profondità del mare. Ho sempre visto Dani come il più profondo tra i piloti in pista, uno riflessivo e capace di trovare le parole giuste anche nei momenti più difficili e dolorosi. Per Lorenzo non so e chiedo l'aiuto dei lettori. Grigio no, colore forse elegante ma piatto; verde magari, come la speranza e però anche come i dollari e non sarei così malevolo. Non so che colore prendere per terminare il quadro e vediamo se avete voi la soluzione.

SONO SINCERO: NON CREDO AFFATTO CHE JORGE LORENZO, FIRMANDO A SORPRESA PER LA HONDA, VOGLIA SFIDARE MARQUEZ A PARI MOTO. È UNA BELLA INTERPRETAZIONE, SAREBBE UNA STORIA AFFASCINANTE DA SCRIVERE, MA NON CI CREDO

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MOTOGP

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MotoGP

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CLINICA MOBILE. IL “VOLO” DI PIRRO AL MUGELLO di Michele Zasa PIRRO È VOLATO A TERRA A 300 KM/H. QUALI DANNI HA RIPORTATO IL PILOTA? CHE CONSEGUENZE CI SONO STATE?

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Il collaudatore della Ducati, wildcard durante il GP di casa al Mugello, è stato protagonista di una violenta caduta durante la FP2. Alla staccata della San Donato Michele ha perso il controllo della sua Desmosedici, ed è letteralmente volato sulla ghiaia a più di 300 km/h. La dinamica della caduta e l’impatto a terra 64

L’emergenza in pista è stata gestita dagli ottimi colleghi del servizio medico del Circuito del Mugello, che hanno lavorato molto bene. Una volta arrivato al centro medico, abbiamo potuto seguire le fasi successive e mi ha confortato subito il fatto che quando è sceso dall’ambulanza Michele mi abbia riconosciuto immediatamente. Abbiamo poi seguito il pilota in ospedale e ci siamo tenuti in contatto anche una volta dimesso nei giorni successivi. Per quanto riguarda il trauma cranico commotivo, l’esito della TAC in questo caso è stato negativo, per cui il cervello non ha subito danni a livello anatomico. Tuttavia, come facciamo sempre nei casi di concussione cerebrale, abbiamo raccomandato a Michele di prendersi un adeguato periodo di riposo assoluto anche a casa. Un trauma cranico non va mai sottovalutato, bisogna prestare attenzione ad eventuali altri sintomi, riposare il più possibile il cervello e recuperarsi completamente, in quanto si tratta dell’organo più delicato del nostro corpo. Sulla base degli studi scientifici emersi negli ultimi dieci anni, nel Motomondiale a

livello medico stiamo ponendo sempre più attenzione ai traumi cranici e alle concussioni cerebrali, che sono di fatto dei pericoli silenti. Sebbene spesso sembri che il paziente abbia recuperato, esistono dei potenziali rischi a riprendere l'attività in pista, e dei sintomi da non sottovalutare, sia perché il cervello può essere ancora in sofferenza, sia perché c’è il rischio di subire un secondo colpo (la cosiddetta sindrome da secondo impatto). Per noi di Clinica Mobile la concussione è dunque un tema importantissimo, che continuiamo a studiare e approfondire mantenendo un contatto costante con degli esperti di neurochirurgia. Per chi volesse iniziare ad approfondire questo tema e saperne di più di come gli studi scientifici degli ultimi anni abbiano sensibilizzato il mondo dello sport sulla concussione cerebrale, consigliamo il film “Concussion” (2015, “Zona d’ombra – Game brain” il titolo in italiano), con Will Smith, che parla della storia vera della lotta del neuropatologo Omalu Bennet per sensibilizzare la NFL sul tema della concussione cerebrale nei giocatori di football americano.

hanno portato il pilota a rotolare sulla ghiaia già privo di coscienza. Dopo alcuni minuti Pirro ha ripreso conoscenza, ed è stato trasportato al centro medico, dove abbiamo riscontrato un trauma cranico commotivo, una lussazione della spalla destra e un trauma minore al polso. Michele è stato poi trasportato a Firenze in ospedale per una diagnosi completa, dove è stato tenuto in osservazione per 48 ore. 65


MotoGP

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IL GP D’ITALIA DA 0 A 10 di Giovanni Zamagni NUMERI, STATISTICHE E VOTI SUL GP D’ITALIA, UN MODO PER RIPERCORRERE QUANTO ACCADUTO AL MUGELLO, NON SOLO IN PISTA E NON SOLO IN MOTOGP

Da zero a dieci: numeri, statistiche e voti sul GP d’Italia, un modo per ripercorrere quanto accaduto al Mugello, non solo in pista e non solo in MotoGP.

in testa dal primo all’ultimo giro: l’altro ad esserci riuscito è Marc Márquez, ad Austin. DUE, COME I PILOTI IN TESTA DAL PRIMO ALL’ULTIMO GIRO

A BOCCA ASCIUTTA Dopo il trionfale 2017, con Andrea Migno primo in Moto3, Mattia Pasini in Moto2 e Andrea Dovizioso in MotoGP, nel 2018 nessun italiano è riuscito a passare per primo sotto la bandiera a scacchi. Nelle cilindrate minori il successo è sfuggito per pochi millesimi: 19 in Moto3, 184 in Moto2. In ogni caso, non è andata proprio male per i nostri piloti: Bezzecchi 2° e Di Giannantonio 3° in Moto3; Baldassarri 2° in Moto2; Dovizioso 2° e Rossi 3° in MotoGP. ZERO, COME LE VITTORIE ITALIANE

LORENZO COME DOVIZIOSO E STONER Jorge Lorenzo è il terzo pilota ad aver vinto almeno un GP con la Ducati e con un’altra Casa: in passato ci sono riusciti Andrea Dovizioso e Casey Stoner, entrambi trionfatori anche con la Honda. Lorenzo, ovviamente, ha invece vinto anche con la Yamaha. TRE, COME I PILOTI CAPACI DI VINCERE CON LA DUCATI E CON UN’ALTRA CASA

OLIVEIRA INTERROMPE LA STRISCIA A proposito di piloti italiani, per la prima volta in questa stagione non è stato un nostro pilota a salire sul gradino più alto del podio in Moto2: Miguel Oliveira ha infatti ottenuto la sua quarta vittoria in questa categoria. UNO, COME LE VITTORIE NON ITALIANE IN MOTO2 NEL 2018 LORENZO COME MÁRQUEZ Jorge Lorenzo è il secondo pilota in questa stagione ad aver vinto un GP rimanendo 66

UNA GRANDE OCCASIONE PERSA Cadendo al 14° giro mentre era al comando, Mattia Pasini ha sprecato l’occasione di replicare il meraviglioso successo del 2017. Sul suo profilo twitter ha scritto: “Voto 4 per me. Scusate, un grande errore”. Purtroppo, è così. VOTO 4 A MATTIA PASINI MOTO2: PIU’ DIFFICILE STARE AL COMANDO Miguel Oliveira è il quinto pilota ad aver fatto almeno un giro al comando in Moto2: al Mugello lo è stato per otto giri, compreso l’ultimo naturalmente. Gli altri piloti sono: Bagnaia (51 giri); Pasini (30); Baldassarri (26); Márquez (15). 67


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La Moto2 si conferma la categoria con meno piloti capaci di stare davanti a tutti: in Moto3 hanno fatto almeno un giro in testa 8 piloti, e 7 in MotoGP. CINQUE, COME I PILOTI IN TESTA PER ALMENO UN GIRO IN MOTO2 LORENZO TRIONFA DOPO 24 GP Conquistando il GP d’Italia, Lorenzo è il sesto pilota a vincere con la Ducati. Prima di lui ci sono riusciti, nell’ordine: Capirossi (7 vittorie totali con la Rossa); Bayliss (1); Stoner (23); Iannone (1), Dovizioso (7). Da notare, che solo Capirossi (vinse alla sesta gara) e Stoner (successo al debutto) hanno trionfato prima di quanto abbia fatto Lorenzo, vincente al 24esimo tentativo. SEI, COME I PILOTI VINCENTI CON LA DUCATI

PRIMATI A RIPETIZIONE Valentino Rossi è tornato in pole position al Mugello dopo due anni (2016) e, in generale, dopo 26 GP dall’ultima pole ottenuta, al GP Giappone 2016. A 39 anni e 106 giorni, Rossi è diventato il secondo pilota più anziano a conquistare la pole della classe regina: il primato infatti spetta a Jack Findlay partito davanti a tutti a 39 anni e 121 giorni. Per Rossi questa è la settima pole al Mugello, una in più di Mick Doohan, precedente primatista (a pari merito con Valentino, ovviamente). Tra l’altro, il suo 1’46”208, è il giro più veloce mai realizzato da una moto sulla pista toscana. SETTE, COME LE POLE DI ROSSI AL MUGELLO

UNA MEDIA DI 1,33 SCIVOLATE A GP Con due cadute (una in prova e una in gara), Marc Márquez ha raggiunto quota 8 scivolate dall’inizio dell’anno: diviso per i sei GP fino a oggi disputati, vuol dire che è caduto mediamente 1,33 volte per ogni fine settimana. E’ il pilota che è caduto di più in MotoGP, assieme a Thomas Luthi. Nelle tre classi, quello che è caduto di più è Sam Lowes (Moto2): 12 scivolate. OTTO, COME LE CADUTE DI MÁRQUEZ UN VOLO TERRIFICANTE Quella di Michele Pirro, volato via a circa 270 km/h, è stata una delle cadute più terrificanti che io abbia mai visto. Nonostante questo, come tutti i piloti, Pirro avrebbe voluto correre domenica, e soltanto quando i medici gli hanno fatto vedere la sua faccia, piena di ematomi, si è rassegnato: ma domenica era comunque al box al Mugello, sorridente come sempre. 68

VOTO NOVE A MICHELE PIRRO UN “BRAVO” E UNA STRETTA DI MANO SINCERA Nella conferenza stampa ufficiale, Jorge Lorenzo e Valentino Rossi, seduti ovviamente uno di fianco all’altro, hanno dato vita a un bellissimo botta e risposta: «Adesso ti toccherà andare a Venezia prima di ogni gara» ha scherzato Valentino, commentando l’abito da gondoliere che Jorge aveva messo nel manichino sotto il suo casco, per ricordare la gita a Venezia fatta prima del fine settimana al Mugello. «Ci vado volentieri, magari con una bella ragazza» ha replicato Jorge. «Bravo» gli ha detto Rossi, riferendosi alla vittoria. Poi i due si sono stretti la mano, con grande sincerità, suscitando l’applauso di tutta la sala stampa. Bravi entrambi. VOTO DIECI A ROSSI E LORENZO 69


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JORGE LORENZO IN HONDA HRC CON MÁRQUEZ. E' UFFICIALE di Maurizio Gissi IL PILOTA SPAGNOLO, FRESCO VINCITORE DEL GP D'ITALIA, LASCIA LA DUCATI PER APPRODARE AL TEAM HONDA HRC NEL 2019 E 2020 A FIANCO DI MARC MÁRQUEZ

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Poche ore fa, l'arrivo del comunicato che annunciava la fine del rapporto fra Dani Pedrosa e la Honda HRC, al termine del campionato 2018, dava credito alle prime indiscrezioni che annunciavano l'arrivo di Jorge Lorenzo quale compagno di squadra di Marc Márquez a partire dal campionato 2019. La conferma è arrivata mercoledì mattina, con un breve comunicato stampa che riporta: "Honda Racing Corporation è lieta di annunciare l'accordo con Jorge Lorenzo, tre volte campione del mondo MotoGP. Il pilota spagnolo si unirà al Team Repsol Honda Team per i prossimi due anni. Dal 2019, Lorenzo diventerà compagno di squadra del quattro volte campione del mondo della MotoGP Marc Márquez: due grandi campioni con un grande talento e con grandi speranze, che renderanno la squadra più forte e contribuiranno allo sviluppo della HRC". Sky Sport, tra le prime fonti a scriverne, anticipa anche la cifra dell'ingaggio e la durata dell'accordo: un biennale e 4 milioni di euro a stagione per i campionati 2019 e 2020. Se confermata, la cifra sa70

rebbe un deciso passo indietro rispetto ai 12 milioni di ingaggio che Ducati ha pagato l'anno scorso e che darà quest'anno al cinque volte campione del mondo. Il pilota sul quale soprattutto Gigi Dall'Igna puntava molto per la conquista del titolo e che proprio domenica scorsa al Mugello ha trovato la sua prima vittoria sulla Desmosedici. Honda aveva un'opzione sullo spagnolo Joan Mir, ma non l'ha esercitata una volta che il campione Moto3 del 2017 - ora in Moto2 - ha ricevuto l'offerta di Suzuki: andrà dunque ad affiancare il riconfermato Alex Rins. Sono stati più d'uno i piloti che negli ultimi mesi si sono offerti alla HRC, compreso Jonathan Rea, dominatore delle ultime stagioni Superbike e già nel passato in orbita Honda; così come ci sono stati altri piloti che non hanno trovato l'accordo (Dovizioso, Zarco e Miller). L'opzione Lorenzo era evidentemente contemplata da tempo, e la presenza al Mugello di Yoshishige Nomura, presidente HRC, durante lo scorso fine settimana è probabilmente servita a definire meglio l'operazione. E' tramontata quindi l'ipotesi di un ritorno in Yamaha (team per il quale Lorenzo ha corso le sue prime nove stagioni in Mo-

toGP vincendo i tre titoli mondiali), che gli avrebbe affidato una moto ufficiale, ma in un secondo team, dato che Rossi e Viñales sono già sotto contratto fino al 2020. L'ipotesi Yamaha pareva la più accreditata. Jorge Lorenzo lascerà quindi la Ducati dopo due stagioni finora avare di risultati per debuttare su un'altra quattro cilindri a V estremamente competitiva, e in una squadra di assoluto riferimento. Del resto lui stesso aveva detto poco tempo fa che avrebbe corso i prossimi due anni con una moto vincente. Marc Márquez nelle prossime due stagioni avrà dunque come compagno di squadra un altro campione MotoGP, il solo che lo ha battuto nella corsa al titolo da quando corre nella top class, e insieme formeranno un super team. Con i vantaggi e i problemi che questo facilmente può comportare. 71


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PETRUCCI CORRERÀ PER IL TEAM DUCATI UFFICIALE CHIUSO IL RAPPORTO CON JORGE LORENZO, PASSATO IN HONDA, DAL 2019 NEL TEAM DUCATI ASSIEME AD ANDREA DOVIZIOSO CI SARÀ DANILO PETRUCCI

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Mossa una prima pedina importante (ieri è stato comunicato che Dani Pedrosa lascerà la Honda HRC alla fine del 2018), nel giro di poche ore è stata la volta di altre mosse altrettanto importanti: la Honda HRC ha infatti comunicato l'accordo con Jorge Lorenzo per le prossime due stagioni al fianco di Marc Márquez, e stamani è arrivata la conferma del passaggio di Danilo Petrucci dal Team Pramac a quello Ducati ufficiale. Ducati Corse annuncia di aver raggiunto un accordo con Danilo Petrucci, grazie al quale il pilota italiano entrerà a far parte del Ducati Team per la stagione 2019. Petrucci passa alla squadra ufficiale, dopo quattro stagioni sulla Ducati del Pramac Racing Team, affiancando il connazionale Andrea Dovizioso recentemente confermato per altre due stagioni. “Entrare a far parte della squadra ufficiale è un sogno che si realizza” ha dichiarato Danilo Petrucci. “E’ un grande onore diventare pilota del Ducati Team, soprattutto per uno come me, che ha iniziato la sua carriera in Ducati come collaudatore di moto di serie. Prima di tutto vorrei ringraziare Paolo Campinoti e Francesco Guidotti, grazie 72

titolo mondiale insieme al suo compagno di squadra Andrea Dovizioso, adesso che finalmente riesce a sfruttare tutto il potenziale della nostra Desmosedici. Non dimentichiamoci che siamo solo a un terzo di stagione e il campionato è totalmente aperto. Desidero dare un caloroso benvenuto a Danilo, che non vediamo l'ora di vedere in sella alla Desmosedici GP del Ducati Team insieme ad Andrea, e che sicuramente continuerà la sua rapida ascesa verso il successo con i colori del team ufficiale. Onesto, grande lavoratore e velocissimo, Danilo interpreta al meglio lo spirito del Ducatista. Gli vogliamo davvero bene.”

ai quali quattro anni fa ho iniziato a correre con la Ducati nel Pramac Racing Team. Senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile. Ringrazio anche i dirigenti di Ducati e Ducati Corse – Claudio Domenicali, Gigi Dall’Igna e Paolo Ciabatti – che mi hanno sempre apprezzato, prima come persona e poi come pilota, e non vedo l’ora di iniziare questa nuova avventura nel team ufficiale. Adesso il mio unico obiettivo è cercare di finire la stagione fra i primi cinque in classifica e poi cominciare la nuova avventura con il Ducati Team.” Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati Motor Holding, ha aggiunto: “Vorrei innanzitutto ringraziare Jorge Lorenzo per l'impegno che ha profuso come pilota Ducati, e in particolare per l'eccezionale vittoria di domenica scorsa al Mugello, che passerà alla storia come uno dei trionfi più leggendari della nostra azienda. Jorge è un grande campione, anche se da un pilota del suo valore ci saremmo aspettati la capacità di fornire in tempi più rapidi indicazioni chiare e precise ai nostri tecnici per migliorare il suo feeling con la nostra moto: quindi mi auguro che possa non solo ottenere altre vittorie nelle restanti gare della stagione, ma addirittura lottare per il 73


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DOPOGP CON NICO E ZAM IL GP D’ITALIA GRAN FESTA AL MUGELLO, CON IL SUCCESSO DI JORGE LORENZO ALLA SUA VENTIQUATTRESIMA GARA SULLA ROSSA. SUPER DUCATI, DOVIZIOSO E ROSSI SUL PODIO, BENE LE SUZUKI E A TERRA MÁRQUEZ, POI SEDICESIMO. IL CAMPIONATO SI RIAPRE?

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L’ingegner Bernardelle ci aiuta a capire se Lorenzo ha ragione, se davvero non l’hanno supportato abbastanza. Il “serbatoio”, le gomme, il passo gara più lento dell’anno scorso: come nascono questa prima vittoria del 99 e la doppietta dei piloti ufficiali (e il quasi podio con Petrucci rallentato nel finale). Rossi salva il bilancio Yamaha con una gara magistrale dopo la sua straordinaria pole position, mentre Márquez prova a battersi in una pista da sempre poco adatta alla Honda e sbaglia. Parliamo di pneumatici e di aerodinamica: si sono viste le carenature e le ali studiate per le piste veloci come il Mugello e Bar-

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cellona; poi di Suzuki, che ottiene un’ottima prestazione di squadra, di KTM e Aprilia che preparano grandi cambiamenti in vista del 2019. Iannone finirà sull’Aprilia? E davvero, notizia di oggi, Lorenzo potrebbe affiancare Márquez in HRC? Per chiudere, Moto2 e Moto3, due bellissime corse con gli italiani protagonisti: Bagnaia e Bezzecchi sempre leader delle due classi. E poi il pubblico caldissimo del Mugello, oltre novantamila spettatori solo la domenica. E’ lecito fischiare i piloti antipatici? Cerchiamo di affrontare con obiettività anche questo tema. Prossima gara GP di Cataluña a Barcellona il 17 giugno: la pista è molto simile al Mugello, il risultato cambierà? 75


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REA SI IMPONE IN GARA-1 di Carlo Baldi REA DOMINA LA GARA E PORTA A SESSANTA LE SUE VITTORIE IN SUPERBIKE. SECONDO POSTO PER MELANDRI, DAVANTI A SYKES ED ALLE DUE YAMAHA DI VDMARK E LOWES. SETTIMO SAVADORI

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Rea domina gara1 a Brno e scrive un’altra pagina nella storia della Superbike, portando a sessanta le sue vittorie e superando Fogarty nella classifica dei piloti più vincenti. Ci sono volute due partenze e…mezza, per dare il via a questo settimo round. Dopo il primo via al terzo giro Rinaldi cadeva alla curva cinque e la sua moto danneggiava un air fence. Bandiera rossa e gara ridotta da 18 a 17 giri.

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Nella seconda partenza il semaforo rosso veniva acceso quando la griglia non era ancora regolarmente composta e retava acceso per troppi secondi per cui le moto di alcuni piloti si spegnevano ed i piloti alzavano la mano. Tutto da rifare. Finalmente al terzo tentativo la gara aveva inizio, ridotta nel frattempo a 16 giri. Le due Kawasaki partivano forte, ma la resistenza di Sykes durava un solo giro. Una volta passato in testa Rea spingeva forte e faceva segnare il giro veloce della gara,

staccando i suoi avversari. Dietro di lui c’era un gruppetto composto da Sykes, Lowes e Melandri. Il pilota della Ducati aveva un passo superiore rispetto a quello dei suoi compagni di fuga, ma gli sono serviti tre giri per portarsi alle spalle del tre volte campione del mondo, che nel frattempo aveva accumulato un vantaggio superiore ai due secondi. Marco girava sullo stesso passo di Johnny per alcuni giri, ma in seguito il pilota della Kawasaki guadagnava decimi preziosi ad ogni giri, sino a fiaccare la resistenza del ravennate che non poteva far altro che mantenere un ottimo secondo posto, che da morale a lui ed alla sua squadra. Una volta superato da Melandri, Sykes ha mantenuto la sua posizione senza infamia e senza lode, conquistando l’ennesimo podio. I due piloti Yamaha hanno dato vita ad una bella lotta, fatta di sorpassi e staccate al limite, ma è apparso subito chiaro che

sia Vdmark che Lowes (che hanno chiuso nell’ordine a quarto e quinto posto) non sarebbero riusciti ad impensierire i primi tre. Dopo la coppia Yamaha ecco la coppia Aprilia. Laverty ha fatto forse la sua miglior gara della stagione. E’ apparso costante e grintoso soprattutto nei confronti di Davies che ha chiuso con un mesto ottavo posto dietro alle due RSV4. Il gallese della Ducati non è riuscito ad adattare la sua Panigale a questa pista ed è inoltre apparso deluso se non addirittura demotivato. Buona la gara di Camier nono, davanti al giovane Razgatliuoglu che ha rimediato un decimo posto dopo prove alquanto deludenti. Rinaldi, caduto nella prima gara, è riuscito a ripartire nella seconda anche se dalla corsia dei box, ma con una moto sistemata in pochi minuti non ha potuto fare meglio del decimo posto, preceduto da un irriconoscibili Xavo Fores, che non riesce proprio a digerire il tracciato ceco. 79


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LOWES VINCE GARA-2 A BRNO di Carlo Baldi REA CADE DOPO UN CONTATTO CON SYKES, MELANDRI VA IN TESTA MA ESCE NELLA SABBIA E LASCIA VIA LIBERA ALLE YAMAHA. LOWES VINCE DAVANTI A VDMARK E DAVIES. QUINTO SAVADORI E SESTO RINALDI

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venne il giorno di Alex Lowes. Dopo 118 gare disputate nel mondiale Superbike, l’inglese della Yamaha ha vinto una gara incredibile, approfittando degli errori e dei problemi dei suoi principali avversari. E’ stata una corsa che nei primi giri ci ha regalato molti colpi di scena, il più clamoroso dei quali al terzo passaggio, quando Rea, che era in settima posizione ed in evidente difficoltà, con una moto che si muoveva molto in ogni curva, ha superato Sykes, ma in uscita di curva i due si sono toccati e Rea è finito nella sabbia della via di fuga senza vere la possibilità di rientrare in pista. Non succedeva dallo scorso anno quando a Donington il tre volte campione del mondo cadde per colpa di una foratura allo pneumatico posteriore. Con Rea out a quel punto i riflettori erano puntati su Melandri, che aveva un passo molto veloce ed aveva recuperato posizioni sino a passare al comando all’inizio del quinto giro. Appena il tempo di annotare la leadership del ravennate che dopo poche curve Marco arrivava lungo ed usciva sulla sabbia. Un’uscita di pista che è sembrata causata da problemi ai freni, visto che il pilota della Ducati è sembrato dover pinzare più volte prima di rallentare la sua Panigale, ma nel 82

frattempo la pista era finita. Melandri era bravissimo a rientrare e gettarsi a capofitto in una rimonta che lo portava però a chiudere solo al quindicesimo posto. A quel punto in testa si portava Lowes, seguito da VdMark, Laverty e Sykes che però scivolava nel corso del sesto giro. Anche Tom rientrava per poi terminare sedicesimo, alle spalle di Melandri. Da qui in poi è stata una cavalcata trionfale per le due R1 ufficiali. Lowes non ha commesso errori mentre alle sue spalle VdMark non ha mai abbozzato un accenno di sorpasso. I due hanno chiuso nell’ordine, precedendo Chaz Davies, che torna così su quel podio sul quale non saliva da Imola gara2. Oltre alle due Yamaha anche le Aprilia hanno saputo approfittare delle cadute e degli errori degli avversari. Laverty quarto ha raccolto il suo miglior risultato stagionale precedendo il solito generoso Savadori. Sesta posizione per Rinaldi che a metà gara aveva dato l’impressione di poter prevalere nel duello con le due RSV4, ma ha poi ceduto portando comunque a casa un buon risultato. Camier, Fores, Razgatliuoglu e Ramos hanno completato la top ten. In classifica comanda sempre Rea con 65 punti di vantaggio su Davies e 74 su VdMark. 83


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REA E SYKES: RICOMINCIA LA GUERRA FREDDA di Carlo Baldi L’INCIDENTE DI BRNO IN GARA2 CHE HA COINVOLTO I DUE PILOTI DELLA KAWASAKI HA RIACCESO RIVALITÀ ED ANTIPATIE MAI SOPITE. UNA CONVIVENZA FORZATA, ARRIVATA ORMAI AL CAPOLINEA

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Che tra Rea e Sykes non scorresse buon sangue lo si sapeva. La loro convivenza è stata sempre difficile e solo il grande gesto di Rea a Losail nel 2016 aveva portato un po' di pace tra i due. Ma il “sacrificio” di Johnny che aveva regalato il secondo posto a Sykes sia in gara che in campionato, è

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probabilmente la miglior moto del lotto, lui stia pensando di lasciare la Kawasaki. La risposta è stata che nel suo team si sono dimenticati che è stato lui ad aver sviluppato da zero ed aver reso vincente la Ninja. E in effetti il dinoccolato pilota inglese era stato la prima guida della casa di Akashi sino al 2015, anno dell’arrivo di Rea nel team KRT. Prima di quella stagione Tom non solo aveva reso competitiva la ZX-10RR ma l’aveva anche portata a vincere un titolo mondiale nel 2013, dopo averlo sfiorato l’anno precedente, quando Biaggi prevalse per mezzo punto. Ma Rea ha subito e drasticamente spostato l’ago della bilancia a proprio favore e Sykes si è di colpo trovato ad essere una seconda guida. Inizialmente ha cercato di riprendersi lo scettro di miglior pilota Kawasaki, ma la superiorità di Johnny è sempre stata schiacciante.

Quando Tom ha potuto contendere la vittoria al suo scomodo compagno di squadra lo ha fatto in modo aggressivo, quasi rabbioso. Come a Buriram in gara2 nel 2017 o nel 2016 a Donington, quando Sykes replicò a tutti gli attacchi di Rea sino a convincerlo ad alzare bandiera bianca e a non rischiare una caduta che per il nordirlandese avrebbe potuto avere conseguenze nella lotta per il titolo. Lotta dalla quale Sykes è stato quasi sempre escluso. A Losail i due hanno firmato un armistizio che è però durato molto poco. I due non si piacciono e non si stimano e a stento si scambiano un cenno di saluto. Che la situazione non fosse idilliaca era emerso anche in questa stagione, ma quanto accaduto oggi a Brno è stata come una scintilla che ha riacceso un fuoco in realtà mai spento.

stato ben presto dimenticato e l’atmosfera nel box della Kawasaki è tornato ad essere teso già l’anno successivo. Certo per Tom non deve essere stato facile ritrovarsi in casa questo “cannibale” che non solo gli ha portato via tante vittorie, ma anche la leadership nella squadra. Venerdì abbiamo chiesto a Sykes come mai pur avendo a disposizione quella che è 89


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nella curva successiva lui replica subito ed in modo molto aggressivo. Chiunque abbia un poco di sale in zucca può capire come sono andate le cose. Io l’ avevo superato, ma lui è arrivato da dietro, mi ha colpito e buttato fuori. Sono cose che nelle corse possono capitare, ma non accetto che si dica che è colpa mia. Dalla sua camera on board si vede benissimo cosa sia effettivamente successo”. E’ l’inizio di una nuova guerra fredda, fatta di battute sarcastiche, velate accuse e qualche scorrettezza in pista. Difficile entrare nel merito e capire chi abbia torto e chi ragione. Da parte mia li conosco e li intervisto da quasi dieci anni, da quando arrivarono in Superbike provenienti dal BSB. Hanno due caratteri completamente diversi.

I FATTI Siamo al terzo giro di gara2. In testa alla gara c’è Alex Lowes, alle sue spalle VdMark, Sykes, Laverty e Rea. Il campione del mondo, contrariamente a quanto fa di solito, non si è gettato all’attacco sin dal primo giro (l’assurda inversione della griglia lo ha fatto partire dalla nona posizione) tanto da far pensare che la sua moto potesse avere qualche problema. Ma non è così, la sua Ninja va benissimo è l’arma letale di sempre. Come lui stesso affermerà nel dopo gara, Johnny aveva aspettato un po troppo ad attaccare, ma nel terzo giro decide e che è venuto il momento di farlo. Super Laverty e alla curva 12 passa all’esterno di Sykes. Tom se ne accorge, ma ovviamente non chiude il gas. Percorre la sua curva e cerca 90

Tom è all’apparenza più bonaccione e tollerante, ma se attaccato reagisce con rabbia ed in modo a volte scomposto. Rea è più intelligente, più furbo, a volte quasi subdolo e sa approfittare delle debolezze del suo “avversario”. Non potranno mai andare d’accordo e questo lo hanno capito anche i vertici del team KRT, per cui difficilmente il prossimo anno rivedremo i due nello stesso box. Che Sykes stia trattando con la Yamaha è cosa certa, ma come abbiamo scritto non è il solo e quindi non esiste la matematica sicurezza di vederlo il prossimo anno su una R1. Per quanto riguarda Rea, sabato ha affermato che tra pochi giorni conosceremo quale sarà il suo futuro. Nel frattempo i due continueranno sino a fine campionato da separati... nel box.

di resistere al sorpasso, con il risultato che le traiettorie si incrociano ed avere la peggio è Johnny, che cade nella sabbia della via di fuga. Un normale incidente, come ne capitano spesso nelle gare motociclistiche. Ma questo coinvolge Rea e Sykes e quest’ultimo coglie l’occasione per riaccendere una rivalità mai sopita. “Qualcuno nel team mi ha accusato di aver fatto cadere Johnny – ci ha dichiarato dopo la gara – ma è molto chiaro che invece è stato lui a sbagliare. Io ho fatto la mia curva come sempre, è lui che è venuto addosso”. L’interpretazione di Tom fa strabuzzare gli occhi a Rea: “Quel ragazzo a volte proprio non lo capisco – è la sua risposta –. Chiunque lo può superare senza che lui accenni ad una reazione, ma se lo faccio io 91


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TUTTI VOGLIONO LA YAMAHA di Carlo Baldi IL MERCATO PILOTI ENTRA NEL VIVO E SONO IN MOLTI A VOLERSI ACCAPARRARE UNA DELLE QUATTRO R1 CHE LA CASA DI IWATA SCHIERERÀ NEL 2019, AD INIZIARE DAI DUE PILOTI DELLA DUCATI

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Dopo che si è sparsa la notizia che la Yamaha il prossimo anno schiererà ben quattro moto in Superbike, qui a Brno chi vuole parlare con i responsabili di Yamaha Racing deve prendere il numerino ed attendere pazientemente il proprio turno fuori dall’hospitality del team Pata. A parte gli scherzi il mercato piloti Superbike è ormai entrato nel vivo e a breve i comunicati ufficiali prenderanno il posto delle numerose voci, più o meno attendibili, che attualmente circolano nel paddock. Tutto sembra comunque girare attorno alle decisioni che prenderà la casa dei tre diapason che è in scadenza di contratto sia con Lowes che con VdMark e che quindi, in teoria, ha ben quattro moto libere (in linea teorica in quanto VdMark sembra molto vicino al rinnovo del suo contratto). Chi sono i pretendenti alle R1 ufficiali? Oltre a Sykes, che anche ieri non ha negato la sua volontà di abbandonare la Kawasaki, e che sembra essere quello più avanti nella trattativa con la Yamaha, hanno preso un numerino alla porta dell’hospitality anche i manager di Melandri, Savadori e Davies. Il team Aruba Ducati vorrebbe rinnovare con entrambi i suoi piloti, ma per motivi 92

diversi sia Davies che Melandri hanno chiesto ai rispettivi manager di proporsi per una delle R1 2019. Il gallese è da tempo scontento di non poter avere la possibilità di lottare per il titolo ed il pensiero di perdere come minimo un altro anno, per sviluppare una moto che ancora non si sa quanto possa poi essere vincente, non lo esalta di certo. Meglio sarebbe diventare il numero uno della Yamaha e sfruttare la competitività di una moto che VdMark ha dimostrato essere già in grado di lottare e battere le Kawasaki. A Melandri non dispiacerebbe restare dov’è, ma non può trattare con i vertici di Aruba e di Ducati senza poter mettere sul tavolo delle trattative almeno un’alternativa. E l’unica plausibile e credibile potrebbe essere proprio quella della Yamaha. Savadori da parte sua non può continuare ad attendere le decisioni dell’Aprilia perché se, come sembra, il prossimo anno la casa di Noale non sarà presente nel campionato delle derivate, Lorenzo potrebbe retare a piedi o dover accettare proposte non all’altezza delle sue capacità. A Yamaha piacciono i giovani ed un giovane italiano nel team che ha come sponsor le patatine made in Italy sarebbe proprio la classica ciliegina sulla torta. 93


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LE PAGELLE DEL GP DI BRNO di Carlo Baldi SOLO SUFFICIENZE PER I PROTAGONISTI DI BRNO. I VOTI PIÙ ALTI AI VINCITORI REA E LOWES, IL PIÙ BASSO A DAVIES, CHE SEMBRA AVER PERSO LA SUA PROVERBIALE GRINTA

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Non si può proprio dire che quest’anno le gare della Superbike siano scontate o noiose. Dopo essere andata a vincere a Donington, nella tana della Kawasaki, la Yamaha ha piazzato un incredibile uno-due anche in gara2 a Brno, complice la lotta fratricida nel team KRT ed i problemi alla leva del freno della moto di Melandri. Rea a terra. Non succedeva dal 1 Ottobre 2017 quando a Magny Cours, con il titolo già conquistato matematicamente, Rea colpì la moto di Laverty che gli era caduto proprio davanti. Zero punti per Johnny che però ne ha ancora 65 di vantaggio su Davies, 74 su VdMark e 91 su Sykes. Il tre volte campione del mondo ha perso una battaglia ma non certo la guerra. Con il cannibale fuori gioco, avrebbe potuto essere il giorno di Melandri, ma ancora una volta (come a Jerez lo scorso anno) la sfortuna si è accanita contro il pilota della Ducati e così a festeggiare è stata ancora la Yamaha, questa volta con Lowes che non sbaglia più e vince la sua prima gara in Superbike. La Kawasaki è ancora la moto da battere ma alle sue spalle non c’è più la Panigale bensì la R1. Con le Kawasaki nella sabbia, le due Aprilia hanno sfiorato il podio. I problemi delle RSV4 rimangono, ma la moto sembra più facile da guidare tanto che sia Laverty che

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Savadori riescono ad andare più forte senza finire per terra. I primi sono ancora lontani, ma la strada sembra quella giusta. Stesso discorso per la Honda. Camier ora sta bene, ma il lavoro da fare è ancora molto se si vuole dar fastidio ai primi della classe. Per quanto Baz e la sua squadra si diano da fare la BMW non decolla, ancorata al suolo a causa dell’elettronica. Peccato perché il team ed il francese meriterebbero di più. Notte fonda in casa MV, dove anziché parlare di Moto2 (una MV con motore Triumph……) farebbero bene a dare una mano ai tecnici che per anni hanno sfruttato al massimo la vetusta F4 che sembra ormai alle corde. Più gente del solito a Brno, roccaforte della MotoGP, dove nonostante un clima variabile e la pioggia di domenica sono accorsi in oltre 50.000 nei tre giorni. Un buon segnale per la Superbike che ora volerà a Laguna Seca, per poi tornare un Italia, in riva all’Adriatico. PAGELLE Alex Lowes – voto 9 – Doveroso iniziare dall’inglese della Yamaha che ha finalmente festeggiato la sua prima vittoria in Superbike. Dopo 118 gare disputate e 8 podi, a Brno Alex ha trovato l’equilibrio giusto con la sua R1. Quarto in Superpole e quinto il sabato, in gara2 Lowes ha saputo cogliere al volo l’occasione offertagli dai piloti 95


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Kawasaki e da Melandri, che questa volta sono andati nella sabbia al posto suo. Che sia l’inizio di una rinascita? Michael van der Mark – voto 8 – Desideroso di confermare che la doppietta di Donington non è arrivata per caso, l’olandesino della Yamaha sfiora il podio in gara1 e lo centra in gara2, perdendo per una volta il duello in famiglia con Lowes. Ma va bene così. Ora è terzo in classifica a nove punti da Davies e con la ferma intenzione di strappargli il titolo di primo degli umani. Jonathan Rea – voto 9 – Dopo essere stato in testa a tutte le prove (eccetto il primo turno sul bagnato) e secondo in Superpole, Johnny ha dominato la gara di sabato e si

apprestava a fare un sol boccone dei suoi avversati anche la domenica, quando è successo il patatrac con Sykes. Un semplice incidente di percorso per lui, che inizia a parlare del suo quarto titolo consecutivo. Tom Sykes – voto 7,5 – Sabato conquista la sua quarantacinquesima Superpole in carriera e sale sul terzo gradino del podio. Domenica prima viene coinvolto nella caduta di Rea e poi cade da solo, buttando al vento un altro possibile podio e dando l’addio alle residue speranze di conquistare il titolo mondiale. Tira fuori le unghie solo quando deve resistere a Rea? Marco Melandri – voto 8 – Sembra aver finalmente fatto pace con la sua Panigale e

a Brno è stato il …. meno lontano da Rea, sia in prova che in gara1, dove è arrivato secondo. Domenica poteva essere la sua giornata, ma per la terza volta (era già successo a Buriram e ad Aragon) viene tradito dalla leva del freno posteriore. Leva o non leva però Marco sembra essere ormai uscito dalla spirale negativa nella quale era caduto e potrebbe essere da ora in poi l’avversario più tosto per le Kawasaki. Chaz Davies – voto 6 – Nono in Superpole e ottavo in gara1. La cadute ed i problemi del suo compagno di squadra gli regalano un podio insperato ed immeritato. Dove è finito il “Cuor di leone” della Ducati? Eugene Laverty – Lorenzo Savadori - voto 7 – Da due anni si dannano l’anima per domare le loro RSV4 e la loro tenacia ha fatto si che ora le Aprilia riescano a stare a ridosso dei primi. Manca ancora molto 96

per poter lottare con i primi della classe, ma loro non demordono e chissà che prima della fine del campionato non riescano a salire almeno una volta sul podio? Michael Ruben Rinaldi – voto 6,5 – Non brilla in prova anche perché arrostisce un motore e perde un turno. Dopo un inizio brillante il pupillo di Aruba e della Ducati in gara2 porta a casa il suo miglior risultato stagionale. E’ al debutto in Superbike e meriterebbe di rimanerci per completare la sua crescita. Toprak Razgatlioglu - voto 6,5 – A Donington ci aveva confidato di non amare i lunghi curvoni veloci, che sono proprio la caratteristica principale del tracciato di Brno. Ma il turchino impara in fretta e dopo aver sofferto in prova, in gara è entrato per due volte nella top ten. Chissà cosa combinerà sul cavatappi? 97


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MXGP POST GP DEL REGNO UNITO: I RETROSCENA DEL MONDIALE di Massimo Zanzani LA STAGIONE DI JED BEATON È FINITA, MA LUI HA GIÀ UN CONTRATTO PER LA MX2. BRAD ANDERSON HA CONQUISTATO IL RED PLATE IN CIRCOSTANZE DRAMMATICHE. DEAN WILSON NON GAREGGERÀ PER LA GRAN BRETAGNA AL NAZIONI

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La stagione di Jed Beaton è finita, ma l'australiano ha già un contratto per correre in MX2 l'anno prossimo con Husqvarna Factory. Il ventenne della Tasmania, caduto in Inghilterra domenica durante la seconda manche fratturandosi tibia e perone della gamba sinistra, caviglia destra e svariate costole, è già stato operato lunedì. Beaton era stato valutato da KTM Factory per rimpiazzare Pauls Jonass nella MX2, visto che il lèttone passerà obbligatoriamente in MXGP il prossimo anno: ma Jacky Martens li ha battuti sul tempo, assicurandosi l'australiano in Husqvarna, dove prenderà il posto di Thomas Covington, che sta tornando negli Stati Uniti per sostituire Zach Osborne a Rockstar Husqvarna, ora che corre con le 450. Brad Anderson, campione europeo in carica della classe 300, ha conquistato il red plate nel suo GP di casa in circostanze drammatiche: «Che fine settimana! Nelle prove cronometrate ho provato a 102

team manager di ACU, Mark Chamberlain, insiste nel volere lo scozzese nella squadra che correrà a Red Bud (Michigan) in ottobre: «Sfortunatamente Dean è fuori per il resto della stagione, ma credo che possa comunque giocare un ruolo chiave: ha terminato all'interno della top ten ogni volta che ha corso per la Gran Bretagna, ed è stato l'elemento chiave nel costruire lo spirito di squadra lo scorso anno; inoltre conosce anche Red Bud, e sicuramente può dare consigli ai ragazzi». Husqvarna è intervenuta per salvare le stagioni 2018 di Iker Larranaga e Brent Van Doninck, dopo la chiusura della squa-

dra 8Biano: ora i due sono in forza al team belga Procross, che già schiera Dylan Walsh e Caleb Grothues in EMX250. Il GP di Francia sarà probabilmente l'ultima gara di Darian Sanayei nel 2018. L'americano è stato protagonista di un fantastico ritorno durante il GP d'Inghilterra, mancando il giro più veloce nelle qualifiche della MX2 per un solo millesimo di secondo: ma il suo ginocchio non era abbastanza forte per riuscire a correre. Il team manager Steve Dixon ha dichiarato: «Darian ha bisogno di un'operazione, ma prima vuole ottenere qualche risultato e vuole provare ancora a St Jean».

fare un giro veloce e mi sono slogato il ginocchio, ho sentito un “crac” e non pensavo sarei stato in grado di correre, ma mi sono fatto vedere da un fisioterapista che me lo ha sistemato. Durante il giro di prova ho sofferto molto, ma comunque ho chiuso in seconda posizione passando poi Iacopi e prendendo il comando della gara: l'adrenalina ha fatto il resto. Ero così contento!: infatti non pensavo che sarei riuscito a finire, non mi importava vincere, la pista era bagnata nella seconda gara, non riuscivo a mettere giù la gamba nelle curve a destra, ma ho ottenuto comunque il red plate». Il papà di Max Anstie, Mervyn, è stato ricoverato in ospedale dopo essere caduto durante la Veteran World Cup: si è rotto sei costole, una clavicola e ha riportato emorragie interne ai polmoni e alla testa. Dean Wilson non gareggerà per la Gran Bretagna al Nazioni di quest'anno, dopo essersi rotto un legamento crociato mentre si allenava per gli Stati Uniti: ma il 103


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gara a se con un ritmo veloce ma prudente che gli ha permesso di tagliare il traguardo con cinque secondi di vantaggio su Clement Desalle. In quella successiva ha mantenuto la stessa tattica ma non ha considerato che il terreno era andato progressivamente ad indurirsi e in fondo al rettilineo questa volta si è ritrovato 10°; da li in poi è stato un continuo crescendo, con tempi sul giro da vertigine sino a metà gara quando si è portato in seconda posizione. A quel punto è iniziato l’inseguimento a testa bassa di Cairoli, sfoderando una velocità superiore anche più di due secondi al giro che in sole cinque tornate lo ha portato a ruota del messinese che, calato fisicamente, non ha potuto fare altro che lasciare la vittoria al leader MXGP. Se non altro Tonino, giunto in Francia sen-

za essersi potuto allenare in settimana per la botta al ginocchio riportata in Gran Bretagna, ha fatto l’ennesimo miracolo considerando quanto il suo infortunio abbia pesato non solo a livello fisico ma anche psicologico visto l’handicap che aveva nelle curve a sinistra, rendendosi addirittura protagonista del miglior tempo sul giro registrato nella manche d’apertura dove si è piazzato 3°. Malgrado una scivolata nella frazione iniziale, Tim Gajser si è assicurato il 3° gradino del podio affiancando un 4° ed un 3° posto grazie a cui l’ha spuntata di un punto su Clement Desalle e sul pilota di casa Romain Febvre, portandosi così in campionato ad una sola lunghezza da Gautier Paulin che ha mantenuto la 5ª posizione iridata pur non riuscendo a fare meglio della 7ª posizione di fronte ai suoi tanti tifosi; 13°

HERLINGS E PRADO VINCONO IL GP DI FRANCIA L’OLANDESE AZZECCA LA SUA QUARTA DOPPIETTA CONSECUTIVA CON UNA SECONDA MANCHE AL FULMICOTONE E PRECEDE CAIROLI E GAJSER; A PRADO LA MX2 E A GUADAGNINI LA EMX125

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L’acquazzone abbattutosi sabato sera sul circuito di Saint Jean d’Angely che lo ha reso più tecnico per via del fondo infido e ricoperto di carreggiate sembrava poter favorire la risposta decisa di Tony Cairoli, ed invece nonostante non fosse il suo terreno di caccia ideale Jeffrey Herlings

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l’ha fatta ancora una volta da padrone. E lo ha fatto alla sua maniera, decisa e impossibile da contenere. Nella prima manche ha studiato perfettamente il rettilineo di partenza giocandosi il jolly del posto tutto esterno rispetto alla prima curva e non si è sbagliato: è partito in testa ed è andato via in poco tempo infischiandosene degli inseguitori facendo 105


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Alex Lupino, che ha sommato un 12° ed un 17° posto, mentre Ivo Monticelli dopo essere caduto in Gara1 nella successiva ha chiuso 10°. La MX2 questa volta ha invece dato ragione a Jorge Prado che ha approfittato della giornata storta del capoclassifica Pauls Jonass per centrate la sua 4ª vittoria stagionale piazzandosi prima 3° e poi 1°; il podio è stato completato dal tandem Husqvarna Thomas Covington e Thomas Olsen, seguito dall’emergente belga della Yamaha Kemea Jago Geerts e da Jonass che dopo il giro di boa del campionato ha un vantaggio

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sul compagno di scuderia spagnolo di 16 punti. Bene anche Michele Cervellin, 7° assoluto con due ottavi posti, e di tutton rispetto anche il 13° di Simone Furlotti. Grande Italia nell’Europeo 125 che ha visto il pupillo della Husqvarna Maddii Racing Mattia Guadagnini aggiudicarsi la vittoria assoluta spuntandola sui transalpini Thibault Benistant e Florian Miot, mentre nella 250 il migliore risultato tricolore è stato l’11° di Alberto Forato dopo il forfait di Gianluca Facchetti dovuto ad un forte stato influenzale.

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ENDURO WEISS-18 ERZBERGRODEO

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Enduro

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WEISS-18: ERZBERGRODEO RED BULL HARE SCRAMBLE. MAGNIFICO JARVIS di Piero Batini L’INGLESE PILOTA UFFICIALE HUSQVARNA VINCE PER LA QUARTA VOLTA LA GARA AUSTRIACA, OGGI 2A PROVA DEL WESS, AL TERMINE DI UN AUTENTICO SCONTRO TRA I TITANI DELL’ESTREMO. SUL PODIO JONNY WALKER E MANUEL LETTENBICHLER. IN 23 SOLTANTO AL TRAGUARDO DELLA MONTAGNA DI FERRO

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Eisenerz, Austria, 3 Giugno 2018. Forse il WESS, World Enduro Super Series, servirà proprio a questo, a mettere in ordine secondo una graduatoria di merito attendibile, alla fine della prima stagione del Torneo, i magnifici, impareggiabili Fuoriclasse dell’Estremo. In questo modo si porrà anche fine, almeno per un anno, al più avvincente dei contenziosi sullo sfondo del Motorsport e del Fuoristrada. Chi è il Re dell’Enduro? Chi lo è dell’Estremo? Chi l’”Assoluto”? A vederla oggi, al termine della ventiquattresima edizione del Erzbergrodeo Hare Scramble, il candidato numero 1 è e resta Graham Jarvis, l’indomabile quarantatreenne inglese che ha vinto per la quarta volta la più famosa, per certi versi più dura e in ogni caso iconica, Gara di Enduro Estremo dei tempi moderni. Alle spalle del Pilota Rockstar Energy Husqvarna Factory Racing, il Pilota Red Bull KTM Factory Racing Jonny Walker, se110

condo, e Manuel Lettenbichler, KTM Germany, terzo. Questo è il verdetto emesso dalla Montagna di Ferro al termine di una gara che ha incendiato l’entusiasmo di una folla record, accorsa tra le pieghe della miniera di Eisenerz per assistere alla doppia occasione di un’edizione memorabile della Corsa inventata da Karl Katoch. Sono le 14:30, Stephane Peterhansel ha da poco terminato il suo secondo show con la Peugeot vincitrice della 40ma Edizione della Dakar. Sulla spianata alla base della Miniera di Eisenerz 500 Piloti sono schierati in dieci file con le loro armi da guerra. La scena è perfetta per scatenare il delirio. Le Moto sono spente, e l’armata silenziosa, da quasi due ore in attesa sotto un sole rovente, aspetta solo che il suo Generale scateni l’inferno. Karl Katoch, Presidente dell’Associazione Motorsport Austria e fondatore della Corsa, viene raggiunto da Monsieur Dakar e scatena quell’inferno dando il via alla ventiquattresima edizione dell’Erzbergorodeo Red Bull Hare Scramble. È proprio l’infer111


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no, e dalla nuvola di polvere che avvolge la vallata artificiale della Montagna “grattata” a colpi di ruspa e di escavatori, il primo a emergere è Taddy Blasuziak, il Pilota Eroe dell’Estremo che ha vinto l’Erzbergrodeo per cinque volte. Il polacco vola sugli ostacoli, si avventa sulle salite verticali che separano le “balze” della Miniera e si fionda impavido sulle picchiate vertiginose dei “gironi”. L’azione di Blasuziak è tanto leggera quanto efficace, potentissima, e partendo da quello show di irresistibile bravura è facile evocare il Campione dei Campioni dell’Estremo e intravedere un’evoluzione a senso unico delle quattro ore dell’inferno austriaco. Ma non sarà così, e la stotria si interrompe “drammaticamente” quando la forza dell’azione di Blasuziak si traduce in un brutale impatto dalle conseguenze importanti. Caduto violentemente Blasuziak 112

danneggia lo scarico della sua KTM e retrocede fino alla quinta posizione, minando così definitivamente una Gara iniziata perfettamente e che si chiuderà con un comunque eccellente ottavo posto. Non siamo neanche alla mezz’ora di Gara, in testa sale Manuel Lettenbichler e contemporaneamente avanzano di una posizione Billy Bolt, vincitore della XL Lagares portoghese, prova inaugurale della prima stagione del WESS, Jonny Walker, vincitore delle edizioni 2012, 2014 e 2015 e Wade Young. La situazione si stabilizza ma i distacchi restano ridotti, e in ogni caso la Montagna è pronta a tirar fuori gli artigli in qualsiasi momento cosicché, visto quello che è successo a Blasuziak, la Gara rimane aperta, incerta e tiratissima. Pochi controlli più avanti, tuttavia, il vantaggio della coppia in fuga raggiunge il minuto. È allo scoccare dell’ora di Corsa che Jarvis, 113


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sino a quel momento trasparente alla lotta di testa, come ha già fatto molte altre volte inizia a spingere e ad alzare il ritmo. Protagonista di una partenza non perfetta, anzi disastrosa “intruppato” sulla prima salita, Jarvis è solito attendere che il “nemico” scarichi le sue armi per contrattaccare, ma è un altro colpo di scena che cambia pe carte in tavola. Sia Lettenbichler che Bolt rimangono intrappolati nella scalata a un pendio della parte boscosa della Montagna. Al 21° dei 25 controlli di passaggio che compongono la “geografia” della Corsa, un passaggio che porta il nome romantico di Verde Collina ma che si rivela traditore, Jarvis sale al secondo posto scavalcando Bolt e Lettenbichler e preparandosi all’attacco finale della Montagna in compagnia di Jonny Walker, che aveva seguito le sue orme e che in quel momento è al comando.

Ancora un Check Point, ne mancano solo tre all’arrivo e siamo allo scadere delle due ore di Gara, e l’assalto alla Montagna di Ferro trova la sua fisionomia definitiva. Jarvis passa a condurre e il suo vantaggio su Walker è di ormai un minuto. Lettenbichler non deve più temere il ritorno di Young ormai staccato. Oltre l’ultimo controllo/finish sulla vetta agonistica dell’Erzberg, Jarvis conquista la quarta vittoria al Red Bull Hare Scramble, Walker resta a quota tre ma passa al comando della classifica del WESS dopo la seconda prova. Lettenbichler è abile e determinato a riprendersi dopo la “sconfitta” della Verde Collina, Young si conferma uno dei più forti specialisti dell’Estremo e Billy Bolt chiude la top five dell’eccellenza. Allo scadere delle 4 ore, tempo massimo per sconfiggere l’Erzbergrodeo Red Bull Hare Scramble, dei 1543 Piloti partiti a scaglio-

ni di 50 in dieci file di combattenti, solo 23 riescono a superare il traguardo della vetta dell’Estremo secondo Karl Katoch. Ad attenderli Heinz Kinigadner, mito assoluto del Fuoristrada austriaco, e non solo. Michele Bosi, fermato al 23° controllo, non a caso denominato “Dynamite”, è il primo degli italiani classificato al 26° posto assoluto, lo seguono Andreas Pfeiffer, Ivan Franzi, Luca Spinelli. L’Evento è semplicemente stratosferico, o di un altro pianeta. Bisogna assistervi per percepire, ancor prima di capire, la magia che emana dall’atmosfera della Miniera in questo contesto. Senz’altro Karl Katoch è 114

stato abuilissimo a ideare una formula risultata poi magica, ma gran parte del “sefreto” dell’Erzbergrodeo risiede oggi nella cura maniacale e con cui l’Evento viene fatto crescere ogni anno, migliorando anche i dettagli meno appariscenti al fine di completare sempre meglio il puzzle di una manifestazione davvero eccellente, unica. Non passerà, adesso, una settimana, e il World Enduro Super Series trasferirà il suo potenziale di spettacolo all’Enduro del Trefle Lozerien francese, in programma nel week end 8-10 Giugno. Dopo due Estreme, il WESS affronta il suo primo appuntamento di tipo “classico”. 115


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EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 RESPONSABILE EDITORIALE Ippolito Fassati RESPONSABILE SVILUPPO EDITORIALE: Andrea Perfetti CAPO REDATTORE: Edoardo Licciardello REDAZIONE Maurizio Gissi Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Quattrini Aimone Dal Pozzo Umberto Mongiardini Francesco Paolillo COLLABORATORI Nico Cereghini Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Piero Batini Antonio Gola Enrico De Vita Antonio Privitera Alfonso Rago Massimo Clarke Max Morri Andrea Buschi Pietro Ambrosioni Luca Frigerio Alberto Capra Alex Hodgkinson PROGETTO GRAFICO: Camilla Pellegatta VIDEO: Luca Catasta, Fabrizio Partel, Antonio Mulas, Camilla Pellegatta COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. MOTO.IT Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: staffmoto@moto.it

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