NUMERO 365 22 gennaio 2018
N. 101 PAGINE
News: Honda CB 1000R+ Limited Edition. Trofeo Moto Guzzi Fast Endurance. Moto usate e Youngtimer a MBE Verona | Attualità: Basta con questi guardrail | Mercato: BMW e Honda piacciono di più in Italia. Le vendite BMW nel mondo | Special: Suzuki XF650 Scrambler | Iniziativa: Agnellotreffen con Moto.it | M. Clarke: La tecnica del nuovo BMW boxer 1250 | MotoGP: Presentazione Team Ducati. Lorenzo fratturato: salterà i test | SBK: Bastianelli nel mondiale 300 | Dakar: La vittoria di Toby Price e di KTM | SX USA: Round Anaheim
TRIUMPH SCRAMBLER 1200 XE XC: LA PRIMA COL 21 DAVANTI! Pagine 2-13
TEST KAWASAKI Z125 Abbiamo provato la nuova Kawasaki Z125: la piccola nuda di Akashi ha un look da vera "Z", e riesce a far divertire tra le curve e ad essere confortevole in città
LA PRESENTAZIONE DEL DUCATI TEAM MOTOGP 2019
NICO CEREGHINI: "DIECI ANNI DIETRO… AL DECIMO"
È stata svelata la nuova livrea della Ducati MotoGP 2019 con Andrea Dovizioso e Danilo Petrucci
L’ultimo titolo di Rossi è del 2009. Ormai ha è alla 24a stagione, ma il suo impegno resta altissimo. Però tutto è nelle mani di Yamaha
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TRIUMPH SCRAMBLER 1200 XE XC: LA PRIMA COL 21 DAVANTI di Andrea Perfetti TRIUMPH OSA E PRESENTA LA SUA NUOVA MAXI SCRAMBLER CON LA RUOTA ANTERIORE DA 21 POLLICI E UNA DOTAZIONE DA URLO: SOSPENSIONI SHOWA E OHLINS, FRENI BREMBO, STRUMENTAZIONE TFT, FARI A LED, CORNERING ABS E MOLTO ALTRO. STUPISCE IN FUORISTRADA, È GUSTOSA SULL'ASFALTO, MA IL COLLETTORE ALTO SCALDA A BASSA ANDATURA
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Dici Scrambler e pensi subito agli inglesi della Triumph. Sono state le Bonneville le prime stradali a infangarsi in fuoristrada negli anni 60. Dalle T-120C e TT, fino alla TR-6C guidata da quei fenomeni assoluti di Steve McQueen e Bud Ekins in La grande fuga. Moto di serie preparate per correre sulle piste sterrate o sabbiose di California e dintorni. La Casa di Hinckley ha recuperato con saggezza quella nobile stirpe nel 2006, quando lanciò la Scrambler basata sulla classica Bonneville. Affascinante, curata e bella da guardare quanto volete, ma non certo adatta a replicare le imprese dell'attore americano. Scarico alto, ruote un po' tassellate sono quanto basta per sognare la fuga. Non per farla. Oggi, all'alba del 2019, Triumph getta scompiglio nel mondo delle scrambler. Anzi, fa proprio un gran baccano! Sì, perché presenta la Scrambler 1200 con la ruota da 21" davanti e sospensioni che fanno invidia a quelle usate da Alex Puzar nel 1990. La nuova motona inglese nei bellicosi propositi d'Oltremanica in fuoristrada ci vuole andare davvero, tanto che ne esistono due versioni. La più pepata ha 25 cm 4
di escursione e gomme Pirelli giuste anche per affrontare pietre e fango. Ci aveva già pensato la Ducati con la Desert Sled - starete pensando giustamente - ma nessuno era arrivato a piazzare un cerchio da 21" su una Scrambler, per di più così grossa di cilindrata! XE E XC: DOTAZIONE ESAGERATA E DETTAGLI DA GIOELLERIA Come ormai tradizione per Triumph, la Scrambler 1200 viene proposta in due versioni, che condividono gran parte della base tecnica, ma si differenziano in alcuni importanti particolari. Una più versatile e tradizionale, denominata Scrambler 1200 XC, e una più votata al fuoristrada, la Scrambler 1200 XE. Hanno lo stesso propulsore bicilindrico High Power da 1200 cc con fasatura a 270°, portato al debutto dalla T120. In questa versione, nonostante l’ottimizzazione per l’uso in fuoristrada che avrebbe lasciato immaginare un sacrificio di potenza in favore dell’erogazione ai bassi e medi, eroga ben 90 cavalli a 7.400 giri contro gli 80 delle versioni stradali. Vanta 110 Nm di coppia massima a 3.900 giri. L’alimentazione è gestita da un sistema Ride by Wire e lo scarico è affidato all'impianto a doppio 5
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terminale con silenziatori alti. Ottimi gli intervalli di manutenzione, con 16.000km fra gli interventi. Iniziamo a pensare che a Hinckley i ragazzi del marketing non abbiano voglia o tempo di scrivere il listino accessori delle loro moto. Perché? Semplice, di serie c'è praticamente tutto. Le due moto costicchiano (14.500 euro la XC, 15.500 la XE), ma hanno di tutto e di più. La Scrambler 1200 è dotata di strumentazione TFT, con layout personalizzabile e integrazione via Bluetooth optional con Google Maps e con la GoPro. Tornando alle funzionalità legate alla guida, le due versioni hanno in comune cinque riding mode (Road, Rain, Off-Road, Sport e Rider, personalizzabile), poi la XE va oltre e offre in più la Off-Road Pro, che disabilita ABS e Traction Control per l’uso in fuoristrada. Sempre sulla XE la presenza della piattaforma inerziale consente l’implementazione di ABS Cornering e di un Traction Control più raffinato, che tiene in considerazione l’angolo di piega della moto. Entrambe le versioni hanno in comune il faro anteriore a LED con luce diurna, i comandi dei blocchetti retroilluminati, la frizione assistita, il cruise control, la presa di ricarica USB e l'avviamento keyless.
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Le manopole riscaldate, di serie sulla XE, sono optional sulla XC. CON QUESTE SOSPENSIONI VAI DAPPERTUTTO. NON È UN MODO DI DIRE Il telaio è tutto nuovo, sviluppato appositamente per la Scrambler 1200. Il comparto sospensioni vede una dotazione Öhlins al posteriore, con un doppio ammortizzatore completamente regolabile, mentre all’avantreno troviamo una forcella a steli rovesciati (da 45mm sulla XC, 47 sulla XE) Showa anch’essa completamente regolabile; l’escursione per la versione XC è di 200mm mentre per la XE si passa a ben 250. Il forcellone è in alluminio, allungato sulla XE per favorire la guida in fuoristrada che comporta un interasse che passa dai 1.530 ai 1.570mm. I freni sono Brembo, con un doppio disco anteriore da 320mm servito da pinze radiali M50 e un’unità singola al posteriore da 255mm; sulla XE troviamo il comando a 8
manubrio con pompa MCS. I cerchi sono a raggi tangenziali per accogliere pneumatici Tubeless (90/90-21 e 150/70-17). Troviamo le Pirelli Scorpion Rally sulla XE e le Metzeler Tourance sulla XC. Il serbatoio contiene 16 litri di benzina e la moto a secco pesa 205 kg (207 la XE). La sella dista 84 cm sulla XC, 87 sulla versione più specialistica. La Scrambler 1200 XC viene proposta in Jet Black/Matt Black e Khaki Green/Brooklands Green; la Scrambler 1200 XE offre invece Fusion White/Brooklands Green oppure Cobalt Blue e Jet Black. Il catalogo accessori conta oltre 80 proposte: parafanghi alti, barre paramotore in acciaio, griglie coprifaro, silenziatori, tabelle portanumero e via discorrendo. Agli amanti della personalizzazione Triumph dedica due allestimenti speciali, denominati Escape ed Extreme, che uniscono diverse combinazioni per rendere la Scrambler 1200 rispettivamente più turistica oppure fuoristradistica. 9
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LA NOSTRA PROVA SU STRADA E IN FUORISTRADA Abbiamo un orango sulla schiena da quanto siamo curiosi. Una Scrambler col 21? A cosa servirà mai? Beh, tutto sommato la moto - qualunque essa sia - deve essenzialmente farci divertire. E allora partiamo con la prova delle XE e XC, ci alterneremo alla guida di entrambe. Iniziamo col dirvi che le finiture e la componentistica di entrambe sono da fuori di testa. Ma nel senso buono. Ogni dettaglio è semplicemente perfetto: materiali, verniciature, comandi. Abbondano acciaio e alluminio (guardate i comandi di cambio e freno; o le pedane del passeggero, che si possono togliere), ovunque cada l'occhio troverà una qualità da leccarsi le dita, i baffi e il piatto. Bravi, era da tempo che non si vedeva anche un forcellone lasciato con la naturale finitura dell'alluminio (ormai la si trova praticamen-
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te solo sulle moto da cross giapponesi o poco più). L'ergonomia è molto valida, sopratutto da seduti. Nella guida in piedi non si sta male, ma non si raggiunge ovviamente la postura di una Tiger 800 XC (quella col 21 anteriore), che consente di guidare alzati per ore con la schiena più dritta e quindi con minore affaticamento. La strumentazione è bella e chiara, mentre i blocchetti richiedono un po' di chilometri per prenderci la mano. Sul manubrio compaiono un po' di vibrazioni superati i 5.000 giri, ma non danno mai realmente fastidio (anche perché in sesta a quel regime si è già ben oltre i limiti autostradali). Il bicilindrico parallelo frontemarcia spinge forte, con una gentilezza unica. Ha un suono pieno, ma non è mai cattivo. Riprende anche da 1.500 giri senza strappi e ha una coppia da torello tra i 3 e i 5.000 giri. Al-
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lunga fino a 7.500 giri, ma il bello sta nel cambiare prima, sfruttando l'ottimo cambio (appena lunghetto negli innesti). Nel misto è un gran bel motorone, anche perché la ciclistica è quanto di più sano si possa immaginare. La Triumph Scrambler 1200 non è svelta come la T120 nei cambi di direzione, dove accusa l'effetto giroscopico e l'inerzia della ruotona alta, ma resta facile e trasmette un ottimo feeling di guida. E questo vale sia per la XE, con le sue quote da offroad, sia per la XC, che tocca presto le pedane. Un'esagerazione? Nient'affatto, perché le sospensioni ottime e l'impianto frenante sportivo nel misto invitano e piegare e piegare e piegare. Abbiamo portato le due Scrambler anche in fuoristrada, dove abbiamo guidato per 2/3 del nostro test portoghese. Qui la 1200 XE è stata una grande sorpresa, perché le sospensioni a lunga escursione e la ruota da 21" le permettono di affrontare gli osta-
coli senza difficoltà e ansia da prestazione. Certo, bisogna fare attenzione al peso importante (prossimo ai 230 kg col pieno), ma le buche improvvise o in canali intercettati all'ultimo secondo non la mettono in crisi praticamente mai. La 1200 XC non è poi così distante: richiede un'andatura più ridotta e accorta, ma ripaga con un baricentro e una sella più bassi, che possono dare un aiuto mica da poco a chi ha meno esperienza. Triumph dichiara un consumo medio di 4,9 l/100km e quello reale non è poi così distante: noi ne abbiamo consumati 6,4 (sempre per 100 km), ma con un passo non certo adatto a calcolare correttamente questo valore. Chiudiamo con due note relative al confort: la Triumph Scrambler 1200 ha una sella comoda e pedane basse anche per il passeggero, mentre il collettore alto scalda la gamba destra del pilota quando le temperature esterne sono elevate e si procede in coda.
ABBIGLIAMENTO
PIÙ INFORMAZIONI
TRIUMPH SCRAMBLER 1200 XE
TRIUMPH SCRAMBLER 1200 XC
PESO A SECCO 207 Kg CILINDRATA 1200 cc TEMPI 4 CILINDRI 2 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 90 cv - 66 kw - 7.400 giri/min COPPIA 110 nm - 3.950 giri/min EMISSIONI Euro 4 CAPACITÀ SERBATOIO 16 Lt ABS Sì PNEUMATICO ANTERIORE 90/90-21" PNEUMATICO POSTERIORE 150/50 R17"
PESO A SECCO 205 Kg CILINDRATA 1200 cc TEMPI 4 CILINDRI 2 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 90 cv - 66 kw - 7.400 giri/min COPPIA 11 kgm - 110 nm - 3.950 giri/min EMISSIONI Euro 4 CAPACITÀ SERBATOIO 16 Lt ABS Sì PNEUMATICO ANTERIORE 90/90-21" PNEUMATICO POSTERIORE 150/50 R17"
Casco Acerbis Completo Ottano Stivali Acerbis
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Luogo: Faro, Portogallo Meteo: sole, da 5° a 20° Foto: Creative Kingdom
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KAWASAKI Z125, LA NAKED IN VERDE
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KAWASAKI Z125 M.Y. 2019, IL TEST DELLA NAKED IN VERDE di Luca Frigerio ABBIAMO PROVATO LA NUOVA KAWASAKI Z125: LA PICCOLA NUDA DI AKASHI HA UN LOOK DA VERA "Z", E RIESCE A FAR DIVERTIRE TRA LE CURVE E AD ESSERE CONFORTEVOLE IN CITTÀ. ECCO LA NOSTRA VIDEO PROVA IN SPAGNA
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Il mondo delle due ruote ha bisogno di riconquistare i sedicenni che, negli ultimi anni, sembrano meno interessati alle mitiche "125". Le Case motocicliste stanno investendo per far tornare in auge questo segmento e, ora come non mai nell’ultimo decennio, i giovani hanno una vasta scelta di modelli tra cui scegliere, non solo carenate, ma anche naked. KTM, con la Duke 125, è il Marchio che più ha avuto successo, ma adesso deve vedersela anche con Aprilia, Yamaha, Suzuki, Honda… ma non solo: quest’anno Kawasaki ha presentato la nuova Z125 (insieme alla Ninja 125). La piccola nuda di Akashi si fa notare per il suo look da vera "Z" (l’avrete già vista prima a Intermot e poi a EICMA 2018), ma è arrivato il momento di saltare in sella e raccontarvi come va. Leggetevi l’articolo, e guardate il video in copertina! COM’È Esteticamente, i tecnici Kawasaki hanno fatto un ottimo lavoro: la nuova Z125 è cu16
rata nei dettagli e le plastiche sono di buona qualità e hanno un buon accoppiamento. La parte frontale ospita un faro dalle linee appuntite in puro stile Z, e anche i fianchetti laterali le donano un tocco di aggressività. Il serbatoio (da 11 litri) e il codino sono condivisi con la sorella carenata, ma la sella è leggermente più alta: 815 mm contro i 785 della Ninja 125 (come optional è disponibile la sella ribassata di 25 mm). Ovviamente, sulla Z125 c’è il manubrio che offre una seduta più dritta e confortevole. La sella del passeggero è molto stretta, come una vera sportivetta, e sotto è presente un piccolo vano dove riporre, per esempio, il blocca-disco. Sopra al faro anteriore è stato posizionato un cruscotto totalmente digitale, con le informazioni fondamentali quando si è in marcia: numero di giri motore, velocità, livello carburante, trip e chilometri totali, orologio e le spie di servizio. Passando al lato tecnico, il propulsore è un monocilindrico (58,0 x 47,2 mm) a 4 tempi raffreddato a liquido con 4 valvole. Il corpo farfallato, con il sistema di iniezione, è 17
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da 28 mm e permette di raggiungere una potenza massima di 15 cv (come stabilito dalla legge) a 10.000 giri/min e una coppia massima di 11,7 Nm a 7.700 giri/min. Il motore è abbracciato da un telaio a traliccio in acciaio, con angolo del canotto di sterzo di 23,1°. La forcella è a steli tradizionali da 37 mm, e il monoammortizzatore è regolabile nel precarico su 5 posizioni. Per quanto riguarda l’impianto frenante, sia all’anteriore che al posteriore sono presenti pinze a due pistoncini, che mordono rispettivamente un disco da 290 e uno da 220 mm, con ABS di serie. Le gomme sono strette (100/80 e 130/70) per offrire più percorrenza e agilità, e sono montate su cerchi da 17” a 5 razze sdoppiate.
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COME VA Adesso, però, parliamo di come si comporta su strada la nuova Kawasaki Z125. Partiamo subito dalla posizione in sella: come vi abbiamo accennato, il manubrio permette di tenere la schiena dritta, e le pedane abbastanza avanzate offrono un buon comfort anche dopo diverse ore passate alla guida. Inoltre, nonostante le dimensioni compatte della moto, la seduta accoglie anche chi è un po’ più alto: chi scrive, che supera di poco il metro e ottanta, ha potuto apprezzare il generoso spazio per le gambe. I tecnici giapponesi hanno fatto un ottimo lavoro sulle plastiche e sul disegno del serbatoio, per accogliere motociclisti di tutte le taglie, dai più bassi (infatti si pog-
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giano i piedi per terra senza difficoltà) ai più alti. In città si riesce a muoversi nel traffico senza problemi: la frizione è molto morbida e sotto i 7.000 giri/min le vibrazioni sono quasi inesistenti (superata questa soglia si percepiscono leggermente sulla sella). Invece, Quando ci si trova davanti una strada tutta curve, invece, il divertimento è garantito: la piccola naked nipponica è rapida nei cambi di direzione e stabile in percorrenza. Rispetto alla Ninja 125, bisogna caricare bene l’anteriore in fase di inserimento che, a causa della posizione di guida più rialzata, tende ad essere un po’ più leggerino (e quindi meno reattivo). Un piccolo compromesso a cui bisogna abituarsi se si pre20
ferisce il manubrio alto ai semi-manubri. Ottima anche la taratura delle sospensioni: Kawasaki è riuscita a trovare un buon compromesso tra comfort - in un utilizzo cittadino, quando si incontrano i dossi o buche - e sportività, quando si vuole dare un po’ di gas. Veramente una sorpresa l’impianto frenante: nonostante la pompa e la pinza assiale, si dispone di una buona potenza e modulabilità, e inoltre l’ABS non è troppo invasivo. Per quanto riguarda il motore, la potenza è limitata: sotto i 6.000 giri/min la spinta non è molta, ma superata questa soglia si riesce ad allungare fino a 10.500 giri/min, dove interviene il limitatore. Bisogna farla girare in alto, insomma, proprio come una "vera" 125 degli anni d'oro. Ma il di21
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vertimento è anche questo: tante cose da pensare e da fare per iniziare a farla andare (marcia azzeccata, frizione in mano, mollare i freni quando serve). Nonostante si critichino tanto questi nuovi 125, a mio parare anche i 4 tempi riescono ad essere una buona scuola. E lo dice un "2 tempista"! PER CHI È La nuova Kawasaki Z125 sarà una moto da tenere d’occhio, perché (soprattutto nella colorazione bianca della moto in prova) è una naked veramente interessante e che fa divertire tanto. Sarà disponibile anche in blu o in verde (quest’ultimo più metallizzato che il classico fluo di Akashi. Per quanto riguarda i prezzi si parte da 4.590 euro per la tinta Candy Plasma Blue, e si sale a 4.690 euro per la Candy Lime Green e per la Pearl Flat Stardust White. La moto arriverà nelle concessionarie ufficiali Kawasaki nel corso del dicembre 2018, quindi sarà disponibile in tutta Italia dal gennaio 2019. Adesso ce ne sono di modelli tra cui scegliere in questa categoria, quindi, cari sedicenni, non avete più scuse: voi quale preferite? 22
ABBIGLIAMENTO
Casco: HJC RPHA 11 Quintain MC21SF Giaccia: Dainese Super Speed D1 Guanti: Dainese Full Metal 6 Stivali: Alpinestars SMX-1 R
KAWASAKI Z 125 4.590 EURO
CILINDRATA 125 cc TEMPI 4 CILINDRI 1 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 15 cv - 11 kw EMISSIONI Euro 4 ABS Sì PNEUMATICO ANTERIORE 100/80-17M/C 52S PNEUMATICO POSTERIORE 130/70-17M/C 62S
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MBE: HONDA CB 1000R+ LIMITED EDITION DEBUTTA A VERONA LA VERSIONE DEFINITIVA DELLA SUPERNAKED HONDA IN SERIE LIMITATA: 350 ESEMPLARI, 200 PER L'ITALIA
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Aveva debuttato sotto forma di concept a EICMA 2018, ed ora si presenta al Motor Bike Expo 2019 finalmente in forma definitiva di "serie limitata": la Honda CB 1000R+ Limited Edition (che abbiamo provato nella versione standard sia da sola, alla presentazione in Spagna, che in comparativa con due rivali) verrà infatti realizzata in soli 350 esemplari, 200 dei quali riservati all’Italia, e sarà disponibile in concessionaria da fine febbraio a 15.990 euro, con un aumento di prezzo di 900 euro rispetto alla versione di serie. 28
Cosa distingue questa Limited Edition dalla versione standard? Iniziamo dalla livrea tricolore con logo Honda anni 70, tutta ricoperta da un trattamento superficiale trasparente per valorizzare la colorazione. E poi diverse parti in fibra di carbonio,compreso il terminale di scarico SC-project a doppio silenziatore che sarà riservato a questa edizione, e non sarà quindi disponibile attraverso alcun canale aftermarket. Potrete ammirare la CB1000R+ Limited al Motor Bike Expo 2019 (trovate qui date e appuntamenti) allo stand Honda, al padiglione 5. E poi passateci a salutare, visto che siamo giusto lì di fronte... 29
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MOTO GUZZI FAST ENDURANCE, UN TROFEO PER TUTTI di Edoardo Licciardello CINQUE GARE IN SELLA ALLA V7-III, TANTO DIVERTIMENTO E ACCESSIBILITÀ, MOTO IDENTICHE PER TUTTI. UN KIT SVILUPPATO DA GUARESCHI
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Varano, Vallelunga, Magione, Adria e Misano. Una Moto Guzzi V7-III Stone con il kit realizzato da Guareschi Moto, la licenza velocità (o fuoristrada con estensione), un amico con la stessa passione e una manciata di euro. Basta questo per divertirsi davvero e vivere un'esperienza da piloti veri. Del trofeo Moto Guzzi Fast Endurance ve ne abbiamo già parlato, ma qui al Motor Bike Expo di Verona - alla presenza del presidente FMI Giovanni Copioli, la Casa di Mandello ha diffuso tutti i dettagli. E c'è da farsi venire l'acquolina in bocca. La ricetta è di quelle tanto semplici da chiedersi perché non ci si è pensato prima. Iniziamo dalla moto: facile e relativamente leggera, con un bel kit ben studiato da Vittoriano e Gianfranco Guareschi, che le bicilindriche Guzzi sanno come metterle in pista. Il motore viene rinvigorito un po' da scarichi e centralina, la ciclistica riceve due begli Ohlins al posteriore e un kit forcella lì davanti, manubri, pedane e carrozzeria dedicate, e sotto le scarpe giuste: gomme Pirelli Phantom Sportscomp RS in mescola dedicate, che valorizzino maneggevolezza e grip e facciano riscoprire una guida più pulita e scorrevole. Insomma, anche se si sarebbe potuto fare ancora meglio - originariamente si sarebbe voluto chiudere a Monza, nel Tempio della Velocità, dove Moto Guzzi ha corso la sua ul30
tima gara prima del ritiro - il punto di partenza ci sembra quello giusto. Perché di questo si tratta: di un punto di partenza, di un trofeo che vuole riavvicinare gli appassionati Moto Guzzi allo sport. Ma abbiamo anche detto che costa poco. Servono una Guzzi V7-III - se non ce l'avete, potete comprarla a prezzo scontato - il suddetto kit (3.300 euro più IVA e montaggio, che può essere effettuato in autonomia o presso la rete ufficiale) e l'iscrizione: 1250 euro se volete fare tutto il campionato, 350 per una gara sola, naturalmente per team. E il primo treno di gomme è compreso nel kit. E le gare? Intanto le date: Varano il 14 aprile, Vallelunga il 19 maggio, Magione il 23 giugno, Adria l'1 settembre e gran finale a Misano il 13 ottobre. Il formato prevede due turni di qualifica da 20 minuti il sabato (uno per pilota) con calcolo della media e posizionamento in griglia. Partenza stile Le Mans e poi un'ora di gara, con turni di massimo 15 minuti a pilota e quindi tre cambi in corsia box. Interessati? Pensateci e muovetevi, perché le iscrizioni chiudono il 31 marzo. Per partecipare al Trofeo è necessario essere tesserati FMI ed essere in possesso della licenza agonistica di tipo Velocità (o Fuoristrada con Estensione Velocità). Per qualsiasi tipo di informazione relativamente a tesseramento, richiesta della licenza e iscrizione al Trofeo è possibile contattare l’indirizzo e-mail epocasport@federmoto.it. 31
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MOTO USATE E YOUNGTIMER DA SOGNO A VERONA MBE NICO CEREGHINI E ANDREA PERFETTI CI RACCONTANO L'AREA DEDICATA ALL'USATO PRESSO VERONA MOTOR BIKE EXPO 2019
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Motor Bike Expo Verona 2019: cosa andare a visitare? Ovviamente l’area Moto.it dedicata all'usato! Andrea Perfetti, in compagnia di Nico Cereghini, è andato a fare un giro tra le moto proposte e inserzionate tra gli annunci dell’usato di Moto.it. Tantissime moto esclusive e stupende YoungTimer, partendo dalle Ducati Multistrada, fino ad arrivare ai particolarissimi Trike che, soventemente, si vedono solo nei film ambientati negli Stati Uniti. Siete pronti ad immergervi tra le moto in vendita e a fare un bell’affare in vista della prossima estate? Guardate nel video che moto hanno scovato!
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TONINELLI: "BASTA CON I GUARDRAIL ASSASSINI" di Alfonso Rago IL MINISTRO DEI TRASPORTI INCONTRA LA MAMMA DI ELENA AUBRY E PROMETTE DI FAR SUA LA BATTAGLIA PER INSTALLARE I DSM SUI GUARDRAIL
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La tenacia di Graziella Viviano, la mamma di Elena, che dal giorno della sua morte (ne abbiamo parlato qui) si è trasformata in paladina della sicurezza per i motociclisti, ha fatto breccia nei portoni della Politica: proprio a Porta Pia, dove nel 1870 fu aperta un’altra storica breccia, ha varcato la soglia del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per essere ricevuta dal titolare del dicastero, Danilo Tonelli. Grazie anche alla mobilitazione degli ultimi giorni su Facebook, Graziella ha portato sulla scrivania del Ministro la richiesta di poter vedere installati (e finalmente!) i DSM (Dispositivi Salva Motociclisti) nei tratti più pericolosi delle strade italiane per gli utenti delle due ruote. Accompagnata dai rappresentanti della MotorLab, l'associazione di motociclisti bolognesi che ha lanciato la campagna “Adotta un DR46“ (così si chiama il manufatto) per farne dono alle amministrazioni pubbliche, Graziella ha smosso la montagna e fatto comprendere che va superato lo stallo legislativo che impedisce di montare tali strumenti. «Ho chiesto a Toninelli - ci ha detto Graziella appena uscita dall’incontro con il 34
Ministro - di sbloccare la legge di attuazione della normativa europea. Leggendo il verbale dell’autopsia di mia figlia - circostanza che non auguro a nessuno - ho capito che non sono solo le buche ad uccidere le persone. Una buca ha buttato a terra Elena, ma se fosse finita su qualcosa di diverso mia figlia non sarebbe stata affettata in quel modo. Non è sufficiente lottare contro le buche e i dossi, bisogna anche fare in modo che i maledetti guardrail non diventino ghigliottine. MotorLab da anni conduce questa battaglia: raccolgono fondi per regalare all’amministrazione le protezioni che si aggiungono al guardrail già esistente, per fare in modo che i motociclisti non muoiano. Però, nonostante le regalino, l’amministrazione dice: “Non le possiamo mettere perché manca la legge di attuazione della normativa europea“. Un assurdo: ho chiesto a Toninelli di sbloccare questa situazione, perché è criminale non fare niente per risolverla». Ora, come si legge nella dichiarazione del Ministro, c’è il suo impegno ufficiale per cambiare le cose. Una bella giornata per tutti noi, che dobbiamo ringraziare la tenacia ed il coraggio di una donna forte.
La dichiarazione del Ministro Toninelli «È assurdo morire per colpa di un guardrail che dovrebbe proteggerti. Ancora più assurdo pensare che ciò accada non per un problema di soldi, ma soltanto perché manca una norma che obblighi chi gestisce le strade a installare una protezione adatta a scooteristi e motociclisti. Ecco perché oggi ho voluto accogliere al mio ministero ed ascoltare la testimonianza di Graziella, mamma di Elena, giovane motociclista morta il 7 maggio sulla via Ostiense, qui a Roma. Il suo dolore si è trasformato in una battaglia civile importantissima per la sicurezza di chi viaggia, tema centrale del mio mandato. Ho voluto confrontarmi con Graziella e raccontarle che sta finalmente arrivando quel decreto ministeriale tanto atteso da lei e da
molti cittadini. Una vecchia bozza era rimasta sepolta chissà sotto quali scartoffie. Ora un nuovo testo del mio dicastero, messo a punto l’ottobre scorso, è in visione all’Unione europea che potrà esprimere eventuali rilievi entro il prossimo 28 febbraio: se tutto filerà liscio come ci aspettiamo, la norma sarà presto in vigore e obbligherà i gestori delle nostre strade ad installare alla base dei guardrail i DSM nei tratti più pericolosi e con un’alta incidentalità accertata. Proteggere chi si sposta su due ruote è una battaglia storica del Movimento 5 Stelle, iniziata in Parlamento già nella scorsa legislatura: questa norma finalmente metterà l’Italia all’avanguardia in Unione europea, perché non esiste nulla di più importante della sicurezza e della salute di chi si muove».
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BASTA CON QUESTI GUARDRAIL! di Nico Cereghini RICORDERETE ELENA AUBRY, LA RAGAZZA CHE HA PERSO LA VITA A ROMA SETTE MESI FA SU UNA STRADA PERICOLOSA. LA MADRE, ARCHITETTO ROMANO, PORTA AVANTI UNA GRANDE BATTAGLIA CONTRO I GUARDAIL. ECCO COSA HA IN MENTE
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provocare la caduta di Elena e della sua moto furono le buche e le radici. Ma è stato il guardrail a causarne la morte. In una prima fase, la madre Graziella ha lanciato una grande campagna per rendere visibili le buche con la vernice gialla, una iniziativa alla quale molti motociclisti hanno aderito e che è arrivata anche fuori dall’Italia. Oggi il suo obiettivo è diventato il guardrail e la sua messa in sicurezza. Perché certe amministrazioni hanno montato la protezione omologata, almeno su alcune curve pericolose, e altre si rifiutano di farlo? 36
E’ vero che alcuni motoclub sono andati a offrire gratuitamente le protezioni DSM (i dispositivi salva motociclisti) ai gestori delle strade, però hanno ottenuto un rifiuto perché mancano i decreti attuativi di una legge europea? Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, si è impegnato direttamente con Graziella Viviano, la madre di Elena, ed entro il 28 febbraio otterrà l’impegno della Commissione Europea. Moto.it vi terrà informati e nei prossimi giorni pubblicherà l’intervista a MotorLab di Bologna che è tra le associazioni che si è battuta sul medesimo obiettivo. 37
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HONDA E BMW PIACCIONO DI PIÙ: VENDITE 2018 VS 2017 di Maurizio Gissi IL 2018 È STATO UN BUON ANNO, MA NON PER TUTTI. COLOSSI COME YAMAHA E H-D SONO ARRETRATI. HONDA E BMW NON SONO CRESCIUTI. HANNO INVECE GUADAGNATO PIAGGIO, KAWASAKI, KTM, SUZUKI, BENELLI. FRA LE MOTO È PRIMA BMW, MENTRE HONDA LO È FRA GLI SCOOTER E NELLE VENDITE TOTALI
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Il 2018 è stato un anno sicuramente positivo per le vendite di moto e scooter sopra i 50 cc e questo a conferma di una tendenza in atto in Italia dal 2014. Come abbiamo visto in dettaglio in quest’altro articolo, le immatricolazioni italiane totali sono state poco meno di 220.000 unità (219.465 per la precisione), in aumento del 7,4% rispetto all’anno precedente. Gli scooter detengono ancora la fetta più grande delle vendite anche se perdono quota in favore delle moto. Da gennaio a dicembre si sono venduti 126.474 scooter, ovvero +3,7% rispetto al 2017, mentre le moto vendute sono state 92.991, con una crescita pari al +12,7%. Un incremento superiore rispetto al periodo precedente (2017 comparato al 2016), quando il mercato complessivo era aumentato del 5,4% con gli scooter a +3,4% e le moto a +8,5%. Come spesso accade, anche nel 2018 ci sono state marche che hanno festeggiato più di altre nonostante l’andamento generalmente buono. Vediamo nelle classifiche che seguono quali case hanno guadagnato, quali hanno perso e quali sono stati i modelli più venduti di ciascuna marca. Per le Top 100, moto e scooter, del 2018 potente vedere invece 38
questo articolo. INIZIAMO DALLA CLASSIFICA MOTO. BMW si è confermata prima di categoria, pur perdendo una manciata di vendite nei confronti dell’anno precedente: -0,7% per 12.619 unità. Un paio di considerazioni vanno fatte; la prima è che le nuove GS 850 hanno effettivamente venduto meno della serie precedente, ma sono arrivate a stagione iniziata; la seconda è che il 2017 era andato particolarmente bene per BMW (con un eccellente +20,4%), tanto che quello era stato il migliore incremento assoluto fra le moto. Da notare che le due versioni R 1200 GS e Adventure valgono quasi la metà (il 47%) delle vendite moto BMW. Honda è salita dal terzo al secondo posto (11.615 unità accorpando le 193 marchiate Honda-Montesa) ottenendo un guadagno del 6% che migliora il +2,7% dell’anno precedente. Yamaha, era prima in classifica alla fine del 2016, è arretrata dal secondo al terzo posto. Peraltro ha ribaltato il -3,8% del 2017 in un +3,7% a fine 2018 (11.572 immatricolazioni): l’arrivo della rinnovata Tracer 900 e il consolidamento della serie MT i motivi principali di questa ripresa. Ducati si conferma in quarta posizione (9,184 39
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unità) incrementando le proprie vendite del 4,6%: un dato positivo ma non così importante come il +11,3% dell’anno precedente quando avevano tirato la Scrambler 800 e la Multistrada 950. Le prime quattro case in classifica crescono meno della media del mercato (+12,7%), e questo ha a che vedere con il diverso andamento delle differenti fasce di cilindrata che ha inciso meno positivamente nelle oltre 600 cc dove operano principalmente i marchi big e dove vende essenzialmente BMW. KTM con un +18,2% (6.923 unità) risale al quinto posto in classifica generale ai danni di Kawasaki e cresce meglio del mercato generale. La marca austriaca si confronta peraltro con un 2017 chiuso a -8,2%, mentre del 2016 aveva conquistato un notevole +33%. Un andamento altalenante nel quale l’anomalia è stato il risultato del 2017 se guardiamo a un periodo più ampio. Kawasaki arretra in classifica ma solo a causa dell’ottima prestazione KTM, perché in termini percentuali è cresciuta dell’11% nel 2018, facendo seguito a un
+20% del 2017. In questa progressione conta il successo delle naked della serie Z: quattro delle prime cinque Kawasaki più vendute sono fra queste. Harley-Davidson si conferma al settimo posto, ma con 5.119 unità accusa un -4,3%, patendo il calo delle custom registrato nelle cilindrate medio-alte. A fine 2017 Harley aveva invece sfiorato gli 11 punti di incremento percentuale. Si affaccia per la prima volta nel gruppo delle marche con oltre cinquemila immatricolazioni la Benelli, passata in un anno da 2.030 a 5.075 unità (+150%). Una super prestazione che segue il +91% del 2017 e che è motivata dal successo dell’accoppiata TRK 502-Leoncino 500, due modelli che da soli ottengono oltre il 70% delle vendite della marca sinopesarese. Passando alle altre marche, Triumph è stabile nelle vendite (+0,8%) ma arretra di una posizione in classifica; così come Suzuki (che però guadagna il 5,8%) e Moto Guzzi (stabile a +0,45% e con la serie V7 che regge da sola l'80% delle vendite), sempre per il superamento in classifica ad opera di Benelli. Husqvarna aveva perso quasi un quarto delle proprie vendite nel 2017, ma un anno dopo ha messo a segno un +63% grazie all’arrivo dei modelli stradali Svartpilen e Vitpilen 401 che si sono inserite fra le classiche enduro professionali. Mettono a referto incrementi consistenti anche Betamotor (+23,5%), Keeway (+38%), e TM Racing (+385%: l’uscita di scena della moto omologate Euro3 motiva questa aumento record), Aprilia (+25%) e Fantic Motor (+67%), che chiudono il gruppo delle over 1.000 moto vendute in un anno. MV Agusta replica fedelmente le unità vendute nel 2017 totalizzando 518 immatricolazioni e scendendo dalla ventesima alla 24esima posizione in classifica. Anche nel 2018 è Honda la marca numero uno nel segmento scooter (vale da sola il 31% del mercato): dopo un formidabile +25%
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del 2017 ha accusato però una flessione pari a -1,75% nel 2018 mettendo a segno 39.208 vendite. Ricordiamo che il segmento scooter nella sua interezza ha ottenuto un +3,7%. Gli scooter restano numericamente importantissimi in casa Honda, occupando otto delle prime dieci posizioni nella classifica di marca. Piaggio immatricola 33.772 scooter e conserva la seconda piazza, con un incremento pari a +8,2% dopo che nel 2017 non era andata oltre un modesto +0,6%. I modelli Beverly, Liberty e Vespa (con la costosa GTS 300 in quarta piazza) sono i preferiti. E ha fatto ancora meglio la taiwanese Kymco, sempre in terza posizione ma salita a 22.855 vendite, ovvero +15,5%, contando soprattutto sull’affermazione dei modelli a ruote alte quando invece nel 2017 aveva perso l’1,6%. Yamaha è appena giù dal podio (staccata a 15.982 unità), accusando una flessione dell’11,6% che si scontra con il dato positivo di +15,4% nel 2017. 41
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Yamaha, a differenza della marche che la precedono, mette ai primi posti dei modelli di cilindrata medio alta e di impostazione molto diversa dai cittadini a ruote alte che costituiscono il cuore delle vendite scooter. Queste prime quattro marche monopolizzano il settore totalizzando ben l’88% delle vendite complessive (sono passate dalle 109.000 unità del 2017 alle quasi 112.000 del 2018), lasciando una piccola fetta che molti altri concorrenti si spartiscono. Fra questi si sono segnalati nel 2018 SYM (+31% e 6.502 unità) e Suzuki (+46%), che ha scavalcato BMW. Gli scooter tedeschi sono scesi a 1.188 unità (-15%), seguendo il dato negativo del 2017: -17,5%. D’altra parte sono proprio i maxi scooter oltre 500 ad aver sofferto maggiormente il calo delle vendite. Con numeri più piccoli ma crescite importanti si segnalano gli elettrici Askoll (+70%) e i multiruota Quadro (+145). Nel 2018 sono infine proseguite le perdite patite nel 2017 di Kawasaki (-30%), Keeway e LML. 42
Aprilia (già -80% nel 2017) ha smesso la produzione degli scooter, mantenendo in listino solamente due modelli Scarabeo ma nella cilindrata 50. La classifica assoluta per marche premia le case che vendono gli scooter, tanto che davanti troviamo le regine del comparto: Honda, Piaggio, Yamaha e Kymco. Honda replica il risultato del 2017 (è prima con 50.823 unità al posto di 50.860). Detiene il 23% della quota di mercato contro il 25% dell’anno precedente poiché non si è avvantaggiata della crescita media che, come ricordavamo all’inizio, è stata del 7,4%. Piaggio resta seconda (con un buon +8,2%, contro il +3,7% del segmento di appartenenza), grazie alle moto Yamaha contiene la perdita al 6,1%. Le prime otto posizioni in graduatoria sono le stesse dell’anno prima, con Suzuki che guadagna una posizione (è decima) mettendo a segno un +17,7%. LEGGI QUI TUTTE LE CLASSIFICHE 43
Attualità
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RECORD DI VENDITA BMW GRAZIE ALLE G 310 E AI MERCATI EMERGENTI di Maurizio Gissi ANCORA UN ANNO RECORD PER LE VENDITE BMW MOTORRAD NEL MONDO (+0,9% NEL 2018). LA GS 1200 E LA FAMIGLIA BOXER RESTANO IN CIMA ALLE PREFERENZE, MA SONO STATE LE PICCOLE G 310 A MANTENERE ALTI I RISULTATI. E SE I MERCATI OCCIDENTALI STAGNANO, QUELLI EMERGENTI CRESCONO
A
Monaco BMW Motorrad festeggia l’ottavo anno record consecutivo nelle vendite mondiali. Nel 2018 la marca tedesca ha consegnato ai clienti di tutto il mondo 165.566 nuove moto e scooter: un aumento dello 0,9% rispetto alle 164.153 unità dell’anno precedente. L’obbiettivo delle 200.000 unità a fine 2020, lanciato tre anni fa dall’allora presidente Stephan Schaller, si avvicina grazie a una intensa politica di rinnovamento e ampliamento della gamma. Nonostante la generale sofferenza di alcuni mercati, BMW conferma quanto fatto e conquista a fine 2018 un punto percentuale in più; nel 2017 era cresciuta di ben il 13,2%, dopo che a fine 2016 aveva messo a segno un +5,9 %. A guidare le vendite nel 2018 sono state ancora le R 1200 GS e Adventure: aggiungendo le versioni 1250 (distribuite negli ultimi mesi dell'anno) sono state consegnate in totale oltre 51.000 unità GS boxer contro le 50.000 unità dell’anno precedente. 44
Le serie boxer ha totalizzato 84.500 unità: in leggera flessione (sono state 86.090 nel 2017, un dato in crescita del 9,6% sull’annata precedente), ma una quota che rappresenta sempre oltre la metà delle vendite mondiali BMW. La serie “S” mille, con motore a quattro cilindri in linea, ha sommato 18.773 unità mettendo nell’ordine la supersportiva S 1000 RR, la naked S 1000 R e la crossover S 1000 RX. Rispetto al 2017 c’è stato perciò un calo del 13,7%, che ha seguito un altro -8% a fine 2016. Le cose dovrebbero cambiare con la nuova S 1000 RR, che costituisce la piattaforma iniziale della serie. Di contro hanno continuato a crescere le vendite delle sei cilindri K1600: da 6.719 sono salite a 8.306 unità consegnate, con un guadagno pari a un +25%. BMW non ha comunicato i numeri di vendite di altri modelli, come la serie bicilindrica F o la gamma scooter, ma è il successo dei modelli G310 a definire in ogni caso i contorni del mercato 2018, raccontando l’importanza dell’ingresso in una categoria inedita. Arrivate nelle concessionarie nel 2017, le 45
Attualità
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monocilindriche G 310 (costruite in India dalla TVS) hanno registrato alla fine di quell’anno 11.595 consegne nel mondo. Hanno così contribuito in maniera importante all’incremento del 13,2% delle vendite di marca. Nel 2018 le vendite della naked G 310R e dell’enduro stradale G 310GS sono più che raddoppiate, arrivando a 24.363 unità vendute (saldo +12.768), entrando per la prima volta nella Top Five BMW e tenendo alto il risultato di marca. Queste moto hanno contribuito all’espansione commerciale in Cina e Brasile, dove le moto e gli scooter BMW venduti sono saliti rispettivamente a 7.561 unità (+35%) e 7.361 (+11%). In India le 2.187 unità vendute hanno confermato il risultato del 2017. Passando ai mercati occidentali, a quelli tra-
dizionalmente forti per le grosse cilindrate, la Germania si pone ancora al primo posto con 23.824 unità, in calo però del 10,6% rispetto al 2017 quando si era registrato un +7,1% sull’anno precedente. La Francia si conferma il secondo mercato per BMW con 16.615 unità (confermando il risultato del 2017 quando la crescita fu del 24%), mentre l’Italia con 14.110 immatricolazioni (-2,2%) è risalita dal quarto al terzo posto. Il positivo contribuito delle G 310 nel computo totale italiano è stato di 969 unità (686 GS e 283 R, contro le 379 R vendute nel 2017 quando la GS ancora non c'era). Gli Stati Uniti hanno messo in archivio 13.842 vendite, la Spagna 11.124 (un risultato quasi identico al 2017 quando l’incremento registrato fu del 17,6%) e il Regno Unito 9.224 unità e una flessione del 3,4%
rispetto al +8,7 dell’anno precedente. Come dire che il nuovo anno record di BMW si regge in maniera solida sulla forte crescita commerciale delle nuove monocilindriche G 310, i modelli d’accesso alla gamma che hanno favorito la crescita nei paesi non occidentali dove le grosse cilindrate sono una rarità. L’Europa resta il mercato di riferimento di BMW ma nel 2018 non è progredito, quando non è arretrato. Va però osservato che l’andamento globale del 2018, in particolare nei segmenti dove opera BMW, è stato negativo in molti paesi e che le oltre 500 cc – in attesa dei dati ufficiali - non dovrebbero essersi vendute meglio a livello mondiale rispetto al recente 46
passato. Il 2019 è per Monaco potenzialmente competitivo, potrebbe rimescolare le carte e BMW, per voce del suo direttore commerciale Timo Resch, si attende una nuova crescita delle vendite grazie alla rinnovata gamma offerta. Fra le novità ci sono le nuove boxer forti del motore 1250 a fasatura variabile (le GS ma non solo e sappiamo quanto contino nel portafogli BMW), la nuova iper sportiva S 1000 RR, la F 850 GS Adventure che completa la serie rinnovata nel 2018, e l’ampliamento dell’offerta scooter verso il basso (dopo C400X c'è il nuovo C400GT). LEGGI QUI TUTTE LE CLASSIFICHE 47
Special
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SUZUKI XF650 FREEWIND, LA SCRAMBLER di Umberto Mongiardini UNA MOTO DAL DESIGN IMPERSONALE TRASFORMATA IN UNA SCRAMBLER CHE RICORDA LE MOTO DA FUORISTRADA DEGLI ANNI '80
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Partiamo da una premessa: questa volta chi ha trasformato una moto di serie in una scrambler, non ha fatto uno scempio a spese di una moto classica. Detto ciò, la Suzuki XF650 Freewind, prodotta dal 1997 al 2001 e, quantomeno in Italia, non ha avuto un gran successo, principalmente a causa di un design un po’ anonimo nonostante fosse una moto decisamente polivalente. La Freewind in questione è stata disegnata e realizzata a Eindhoven da Martin Schuurmans, un designer di mobili che, appassionato di due ruote, ha deciso di fare della propria passione anche il proprio lavoro. Lo scopo di Martin era quello di creare una moto che sapesse coniugare perfettamente design e comodità, cosa fonda48
mentale per chi le moto le usa davvero, anche tutti i giorni. E’ nata così questa scrambler, con le sovrastrutture ridotte all’osso, grazie alla rimozione della carenatura in plastica e all’adozione di un faro singolo, tondo, parafanghi in alluminio e serbatoio derivato da quello di un’altra giapponese, una Honda CB 350. Della moto originale rimane il motore, che però è stato elaborato, il bel telaio dalle curve sinuose, il forcellone e i due cerchi in alluminio a raggi da 19 e da 17 pollici. Il serbatoio presenta la classica colorazione Suzuki in giallo, nero e bianco con dettagli di diverse tonalità che, unito ad un immacolato scarico in alluminio Supertrapp e agli pneumatici Continental TKC 80 fa di questa moto un chiaro omaggio alla classica estetica "dirt bike" dei primi anni ‘80. 49
Iniziativa
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AGNELLOTREFFEN 2019: CON MOTO.IT PARTIRÀ MATTEO di Andrea Perfetti AMICI GRAZIE A TUTTI VOI CHE CI AVETE MANDATO LE VOSTRE FOTO: CI VEDIAMO ALL'AGNELLOTREFFEN, IL PIÙ ALTO RADUNO MOTOCICLISTICO CHE SI TIENE IN VAL VARAITA DAL 25 AL 27 GENNAIO! ABBIAMO SCELTO MATTEO (26 ANNI) CHE VIAGGERÀ CON NOI SULLA SUA V-STROM
A
Amici, grazie davvero e di cuore: l'iniziativa Vieni all'AgnelloTreffen 2019 con Moto.it è stata un successo e ci avete mandato tantissime mail e, come sempre quando si tratta di dover scegliere, è stata davve50
un servizio coi fiocchi, approfittiamone!). Manca infatti veramente poco al ritorno dell'Agnellotreffen, il più alto raduno motociclistico d'Europa che come tradizione si tiene in Val Varaita a 1.615 metri di dal 25 al 27 gennaio. Arriveranno motociclisti da tutta Europa e ci saremo anche noi di Moto.it, come nel 2018. Ci saremo il sottroscritto e il collega Guido, in sella a due fiammanti BMW R1250GS Adventure (una HP e una Exclusive) e ci sarà il lettore scelto dalla redazione, Matteo Mizzotti, di 26 anni, in sella alla sua Suzuki V-Strom 1000 (nella foto sotto con una Ducati Multistrada). Per la massima sicurezza di guida sull'asfalto freddo, doteremo tutte le moto della nostra spedizione di gomme Anlas Winter Grip Plus (le uniche con battistrada lamellare, che garantisce un comportamento sicuro anche con -15 gradi di temperatura). Rispondiamo qui a una domanda che ci avete fatto: il Codice della Strada vieta
l'uso della moto con la neve? E' vero, è vietato guidare la moto durante una nevicata o con la neve a terra. Ma confidiamo nella pulizia delle strade: nel 2018 abbiamo trovato parecchia neve a bordo strada e nello spiazzo del raduno, ma le strade erano pulite e perfettamente percorribili da tutte le moto. Anche quella della fiaccolata serale, davvero meravigliosa. Altro partner dell'iniziativa è Tucano Urbano, a cui ci affidiamo anche quest'anno per non... congelare in viaggio! Partiremo sabato 26 gennaio della redazione a Milano. LE NOVITÀ DEL 2019 Proseguono a spron battuto i preparativi per la sesta edizione del motoraduno invernale più temerario e alto d’Italia: l’Agnellotreffen! Il week-end da segnare in rosso sul calendario è quello del 25 - 27 gennaio 2019, la località è ovviamente la stessa di sempre, l’accogliente Val Varaita, e in particolare il paese di Pontechianale
ro dura selezionare un lettore a discapito degli altri! Pubblichiamo sotto le foto ricevute (tranne qualche file, che è giunto in redazione illeggibile) e, soprattutto, speriamo di incontrarvi tutti a Pontechianale. Per un saluto e un bevanda calda insieme (allo stand di Tucano Urbano ci hanno promesso 51
La Lettura
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(Cuneo). Moto Raid Experience - organizzatore dell’evento - sta lavorando per ultimare tutti i dettagli.
Giochi e sfide goliardiche Durante la giornata di sabato sarà possibile partecipare ad alcuni giochi di abilità e sfide goliardiche all’interno dell’area del raduno.
Nuova struttura ristorativa Tra le novità, una delle più apprezzate sarà sicuramente la presenza di una nuova tenso struttura riscaldata e attiva durante tutto il raduno.
L’immancabile Motoparata Come da tradizione, alle 18:00 di sabato si terrà la consueta Motoparata che idealmente collega il passo dell’Agnello con il raduno.
Area Expo Sempre nella piazza, nei pressi del tendone, sarà allestita un’area espositiva nella quale i motociclisti troveranno gli stand di Anlas, produttore di pneumatici leader nella costruzione di coperture invernali per motocicli, e la gamma di abbigliamento tecnico di Tucano Urbano, da sempre vicina alle esigenze di chi usa la moto in ogni condizione. Saranno presenti inoltre alcuni dei principali marchi motociclistici, grazie ai concessionari Honda Marino Moto e Suzuki Moto Zampieri.
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Premiazioni Nella piazza del paese, come da tradizione, gli organizzatori conferiranno dei riconoscimenti speciali ai motociclisti che hanno percorso più chilometri per raggiungere il raduno, al motociclista più anziano, al più giovane e al gruppo più numeroso. Le iscrizioni L’appuntamento con l’Agnellotreffen è quindi per venerdì 25 gennaio, a partire dalle ore 14, fino alla stessa ora di domenica 27 gennaio: Pagina Facebook ufficiale dell’Agnellotreffen
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Tecnica
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DENTRO IL NUOVO MOTORE BMW BOXER 1250 di Massimo Clarke LA BMW CI HA ABITUATI A IMPORTANTI INNOVAZIONI TECNICHE E ANCHE STAVOLTA NON HA SCHERZATO. VEDIAMO LE PARTICOLARITÀ DEL MOTORE A FASATURA VARIABILE INTRODOTTO QUEST’ANNO SULLE GS, R, RS E RT 1250
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Quando ha fatto la sua comparsa, il motore della R 1200 GS ha fatto scalpore. Pur mantenendo la classica architettura a cilindri contrapposti, sotto l’aspetto tecnico esso costituisce infatti una svolta importante per la casa bavarese. Tanto per cominciare, rompe sotto vari aspetti con la tradizione, adottando diversi schemi completamente diversi da quelli impiegati in precedenza e addirittura inediti per i boxer BMW. Basta un’occhiata per notare il passaggio al raffreddamento misto acqua/aria sull'ultima versione, l’adozione di cilindri incorporati di fusione nei due semicarter che costituiscono il basamento (realizzati per pressofusione in lega di alluminio contenente il 9% di silicio e il 3% di rame), l’impiego di una frizione in bagno d’olio e la trasmissione finale collocata sul lato sinistro (e non sul destro, come in tutti i boxer precedenti). Analizzando il motore con una maggiore attenzione spiccano altre importanti novità per i bicilindrici della casa tedesca, come la disposizione verticale dei condotti di aspirazione e di scarico, l’adozione di un cambio in blocco (lubrificato dallo stesso
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olio del motore) e il passaggio a una distribuzione bialbero di schema convenzionale, con un albero a camme di aspirazione e uno di scarico in ogni testa (nei precedenti boxer bialbero con raffreddamento aria/ olio ciascun albero aveva una camma di aspirazione e una di scarico). Effettuando un esame ancora più accurato, si possono notare diverse soluzioni costruttive di particolare raffinatezza, a cominciare dai cilindri (del tipo open deck) con canna integrale e rivestimento superficiale applicato con una tecnologia molto evoluta, denominata LDS. Per fondere il materiale di riporto, costituito in questo caso da una lega ferro-carbonio, si fa ricorso a un arco elettrico. Le goccioline spruzzate ad alta velocità contro le pareti del cilindro formano un deposito compatto e ben aderente, dal ridotto coefficiente di attrito. Dopo le lavorazioni lo spessore dello strato è dell’ordine di 0,15 mm. Di elevata efficienza e di grande raffinatezza tecnica è il sistema di raffreddamento, con l’acqua che asporta calore da punti più critici scorrendo anche entro passaggi di ridotta sezione (e quindi con elevata velocità) realizzati all’insegna del “precision cooling”, come lo chiamano anche i tecnici
italiani. Di grande interesse è pure il sistema impiegato per comandare la distribuzione, con due catene che passano in vani ricavati nella parte posteriore dei cilindri e che prendono il moto rispettivamente dall’albero a gomiti e dall’albero ausiliario, posto nella parte inferiore della camera di manovella e azionato dalla corona della trasmissione primaria (avente come ovvio un rapporto 1:1). Le catene arrivano alle teste dove ciascuna di esse muove i due alberi a camme per mezzo di una terna di ingranaggi. Il nuovo motore differisce dal 1200, del quale costituisce una importante evoluzione, per le misure caratteristiche e per la distribuzione, nella quale spicca l’impiego alla aspirazione del sistema ShiftCam, che consente di variare sia l’alzata delle valvole che la fasatura. Oltre ai pistoni, sempre forgiati, sono nuovi
l’albero a gomiti e le bielle. Ci sono inoltre la pompa dell’olio a doppio stadio (con regolazione che si effettua agendo sulla aspirazione), nuovi iniettori a doppio cono e due sensori di detonazione (knock sensors). Le catene della distribuzione non sono più a rulli ma tipo Morse. La cilindrata è passata da 1170 a 1254 cm3 grazie a un aumento sia dell’alesaggio (da 101 a 102,5 mm) che della corsa (da 73 a 76 mm). La potenza ha subito un incremento del 9%, raggiungendo i 136 cavalli, e la coppia addirittura del 14%, arrivando a ben 143 Nm. Sono aumentate anche la velocità media del pistone, ora di 19,6 m/s, e la pressione madia effettiva, che ha subito un incremento del 4%, arrivando a 12,4 bar, a testimonianza delle eccellenti doti respiratorie di questo motore. I risultati ottenuti in termini prestazionali
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Tecnica
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sono dunque superiori a quelli che sarebbe stato logico attendersi da un semplice aumento di cilindrata, a dimostrazione dell’eccellente lavoro di sviluppo svolto dai tecnici della casa bavarese. E per quanto riguarda la novità più eclatante, denominata ShiftCam, si tratta di molto più di un semplice sistema di fasatura variabile! A venire cambiata non è solo la durata della aspirazione, ma anche l’alzata delle valvole. A differenza degli altri sistemi di fasatura variabile, però, in questo caso rimane invariata la durata dell’incrocio. Lo abbiamo provato sulla R 1250 GS e R 1250 GS Adventure. Il sistema prevede un albero a camme dotato di quattro eccentrici, ossia due per ogni valvola. Quelli che forniscono l’alzata maggiore e la fasatura più spinta sono eguali tra loro, mentre gli altri due (ossia le camme “tranquille”) sono diversi uno dall’altro! In pratica si vengono ad avere non due ma tre leggi del moto, ovvero una spinta, egua-
le per entrambe le valvole di aspirazione, e due tranquille (differenti per le due valvole!). A gestire la situazione è la centralina elettronica, che agisce in base alle richieste del pilota (cioè al grado di apertura della manopola del gas), tenendo conto del regime di rotazione, e stabilisce se devono lavorare le camme spinte o quelle tranquille. In questo secondo caso una valvola di aspirazione si solleva in misura superiore rispetto all’altra e si chiude con un maggiore ritardo. Questa soluzione consente di ottimizzare la turbolenza ai bassi carichi (ridotte aperture delle valvole a farfalla) e a regimi contenuti. Il movimento più vigoroso impartito alla carica consente di ottenere una combustione più rapida e più completa, con significativi vantaggi in termini di erogazione e di contenimento dei consumi. Quando le valvole a farfalla, il cui movimento viene controllato dalla centralina, sono completamente spalancate o comun-
que molto aperte, le valvole vengono azionate dalle camme “spinte”. Al di sotto dei 5000 giri/min però, ai carichi parziali a comandare le valvole provvedono le camme “tranquille”. Per passare da una situazione all’altra l’albero a camme viene spostato assialmente da un attuatore elettromagnetico tramite un sistema a perno di guida ed elemento con cava sagomata. Quest’ultimo, vincolato all’albero stesso, ne varia così il posizionamento. La “transizione” è particolarmente dolce (in pratica risulta inavvertibile) e l’erogazione risulta sempre fluida e corposa. 56
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Editoriale
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NICO CEREGHINI "DIECI ANNI DIETRO… AL DECIMO" L’ULTIMO TITOLO DI VALENTINO ROSSI RISALE AL 2009: TROPPO TEMPO È PASSATO. ORMAI HA QUARANT’ANNI, È ALLA VENTIQUATTRESIMA STAGIONE, MA IL SUO IMPEGNO RESTA ALTISSIMO E VANTA UNA ESPERIENZA UNICA. IO CI CREDO. PERÒ TUTTO È NELLE MANI DI YAMAHA
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Ciao a tutti! Brutta tegola per Jorge Lorenzo, l’anno non parte bene per il pilota che lancia la sfida più diretta al campione Marquez. Mi dispiace per lui, mi dispiace un po’ anche per noi se perdiamo un po’ dello spettacolo promesso; poi guardo il calendario e c’è un conteggio che mi spiazza: questa stagione 2019, che per la MotoGP scatterà ufficialmente già il 6 febbraio a Sepang con i primi test, ha un suono amaro per il nostro pilota di punta: l’ultimo titolo mondiale di Valentino Rossi, il nono della carriera, risale addirittura al 2009. Insomma, per il 46 giallo è già il decimo anno di caccia al… decimo. I l gioco di parole è scontato, ma ciò che conta veramente è che per lui sono passati
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ormai troppi anni senza titoli. E mentre il tempo passa gli diventerà sempre più difficile fare cifra tonda. In quel 2009, tanto per ricapitolare, Rossi ebbe la meglio proprio su Lorenzo, il suo compagno di squadra in Yamaha: sei vittorie a quattro, cinque a cinque per i secondi posti in gara, punteggio finale 306 a 261, con Valentino soltanto due volte a secco e Jorge di più, ben quattro volte a zero. Dall’anno successivo la musica sarebbe cambiata e il maiorchino, conquistato il suo primo titolo della MotoGP nel 2010, in realtà non ha più dovuto subire lo scomodo Dottore: che prima passò alla Ducati per un biennio e poi, tornato nel 2013 in Yamaha, si rivelò meno sicuro e consistente. Rossi in carriera è stato anche fortunato, bisogna ammetterlo, ma a parer mio
non lo è stato di sicuro nelle ultime sei stagioni: una volta sceso dalla Desmosedici ha stentato a ritrovare la competitività in sella alla M1 come era forse inevitabile, troppo diverse le due moto e lo abbiamo sperimentato anche di recente; poi ha pagato a caro prezzo il movimentato finale del 2015, proprio nell’anno in cui aveva saputo tornare fortissimo. A distanza di tre anni da quei fatti, immagino che lui stesso si sia mangiato un po’ le dita: con maggior pazienza e diplomazia avrebbe potuto gestire meglio le cose, forse addirittura spegnere il risentimento di Marc Marquez poi sfociato in quegli episodi plateali e antisportivi. Ma insomma, nessuno è perfetto, neanche un Dottore esperto come Rossi. Che poi nelle ultime tre stagioni ha dovuto subire anche
il pesante regresso della Yamaha rispetto alla concorrenza, le inaspettate problematiche tecniche di una moto mangia gomme, la lentezza di Iwata nel correre ai ripari. Tutta roba imprevedibile. Ancora oggi, purtroppo, il destino di Valentino e del suo sospirato e sempre più difficile decimo titolo sembra soprattutto nelle mani di Yamaha. Il dubbio è: i tecnici giapponesi sapranno combinare al meglio il nuovo motore dalla curva meno acuta e l’inedita elettronica con la piattaforma inerziale unica? Speriamo di sì, e voglio credere che tutti i veri sportivi, che siano sostenitori di Rossi oppure no, pensino che il Dottore come minimo si meriti di poter inseguire il suo obiettivo in condizioni di pa-
rità tecnica, cioè senza handicap aggiunti. Visto e considerato che la sua parte, lui, continua a farla: che sia ancora lì, sempre ben preparato e profondamente motivato, quasi come ai tempi migliori se non proprio esattamente come, è stupefacente. Dieci giorni dopo la prima giornata dei test di Sepang farà cifra tonda, compirà i quarant’anni, e affronterà la ventiquattresima stagione mondiale. Per avere un chiaro ricordo del suo esordio in 125, nel lontanissimo 1996, bisogna avere almeno trent’anni di età. Rossi è un esempio quasi unico di longevità e di impegno nello sport, e allora il nostro augurio è questo: “Forza Valentino, giocatela bene e che la Yamaha sia con te!”
ROSSI È UN ESEMPIO QUASI UNICO DI LONGEVITÀ E DI IMPEGNO NELLO SPORT, E ALLORA IL NOSTRO AUGURIO È QUESTO: “FORZA VALENTINO, GIOCATELA BENE E CHE LA YAMAHA SIA CON TE!"
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LA PRESENTAZIONE DEL DUCATI TEAM MOTOGP 2019 di Giovanni Zamagni ECCO SVELATA LA NUOVA LIVREA DELLA DUCATI MOTOGP 2019 CON DOVIZIOSO E PETRUCCI
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Mai così rossa. La Ducati rinnova la grafica per il 2019 e la presenta ufficialmente in una conferenza stampa inedita per la località – non più nello stabilimento di Borgo Panigale, ma in Svizzera, a Neuchatel, in caso dello sponsor, che deve lanciare il suo nuovo marchio “MISSION WINNOW” – ma scontata nelle dichiarazioni. Come peraltro avviene sempre in questi casi. La novità è rappresentata dall’invito sul palco agli ingegneri Davide Barana ed Edoardo Lenoci, rispettivamente responsabili dello sviluppo del motore e dell’aerodinamica, da anni punti forti della DesmosediciGP. Interessanti le loro spiegazioni, le tracce generali di come si porta avanti il lavoro, mentre il capo di Ducati Corse, Gigi Dall’Igna, e l’amministratore delegato Claudio Domenicali, non vanno al di là di normali dichiarazioni di circostanza. L’obiettivo è ormai lo stesso da anni: vincere il titolo mondiale, sfiorato in qualche modo negli ultimi due anni sempre con Andrea Dovizioso, ormai al suo settimo anno in Ducati. Anche Dovi, poco amante (eufemismo) di questi eventi, dice pochissime parole, mentre Danilo Petrucci ne dice qualcuna in più con il suo solito modo di fare molto alla mano, piacevole e schietto. «Io e Dovi abbiamo obbiettivi diversi: il mio è stare tanti anni nel team
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ufficiale Ducati» sottolinea Danilo, che sa benissimo di doversi guadagnare il rinnovo sul campo, avendo un solo anno di contratto: con Dovizioso e tutti gli altri “grandi” sotto contratto fino al 2020, Petrux se la dovrà vedere con Jack Miller e Pecco Bagnaia, che sognano di sostituirlo proprio lì, nel posto in cui Petrucci ha faticato tanto per arrivare. LAVORO CONTINUO In questi mesi si è lavorato tanto a Borgo Panigale, come avviene ormai da un sacco di anni, con Dall’Igna asfissiante nel chiedere ai suoi uomini di migliorare ogni particolare, per rendere sempre più efficace una moto che negli ultimi anni ha ottenuto grandi risultati, soprattutto grazie a Dovizioso. Sulla competitività della Desmosedici in versione 2019 ci sono pochi dubbi – anche se ancora non si è scesi in pista -, mentre bisogna verificare se, ed eventualmente quanto, peserà l’assenza di Jorge Lorenzo. Senza più lo spagnolo in squadra, Dovizioso è a tutti gli effetti il numero uno, ruolo che però Andrea ha di fatto ricoperto anche con Jorge al suo fianco: in questi due anni, è stato di gran lunga il Dovi a portare a casa i risultati migliori, è stato Andrea a salvare la Ducati nel 2017 – se non ci fosse stato lui con i suoi risultati, la situazione sarebbe stata molto critica an-
che per lo stesso Dall’Igna - , mentre nel 2018 è stato bravissimo a reagire al momento d’oro di Lorenzo. Insomma, Dovizioso sembra avere raggiunto la maturità del fuoriclasse, mentre per Petrucci il compito sarà più difficile, perché dovrà provare a vincere il suo primo GP iridato e dovrà essere più costante di quanto fatto in passato. In ogni caso, la squadra tutta italiana ha le possibilità di essere grande protagonista per il terzo anno consecutivo. A dare il benvenuto è stato Miroslaw Zielinski, Presidente della Divisione Scienza ed Innovazione di PMI: "La filosofia di Mission Winnow si traduce nella ricerca continua di scelte migliori per operare un cambiamento positivo. Ducati è una delle realtà più iconiche e resilienti in MotoGP, con 70 anni di competizioni nella sua storia. La determinazione della squadra a migliorarsi gara dopo gara, a pensare sempre in maniera innovativa ed a ricercare costantemen-
te nuovi confini nella tecnologia sono un esempio perfetto di cosa significhi Mission Winnow". Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati Motor Holding, ha poi affermato: "Le corse fanno parte da sempre del DNA di Ducati. Le soluzioni e le competenze acquisite in pista rappresentano per noi un patrimonio legato a doppio filo alla produzione, ed il progetto MotoGP è fondamentale anche per sviluppare prodotti di serie sempre più performanti, entusiasmanti e sicuri, per i nostri appassionati. Guardiamo con soddisfazione ai risultati raccolti nella scorsa stagione in pista, dove la nostra Desmosedici GP è stata una delle moto più competitive in assoluto, ma non possiamo certamente accontentarci per cui vogliamo fare un altro e decisivo passo in avanti. Sono convinto che le competenze e lo spirito che animano il gruppo di lavoro 61
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di Ducati Corse rappresentino il vero valore aggiunto rispetto ai nostri avversari. Colgo l'occasione per ringraziare anche tutti i partner che ci hanno voluto supportare in questa nuova sfida in MotoGP – tra i quali Audi Sport che, da questa stagione diventa nostro main sponsor – e per fare un grande in bocca al lupo a tutto il team Mission Winnow Ducati per un 2019 da protagonisti.” Luigi Dall’Igna, Direttore Generale di Ducati Corse, ha aggiunto: "Anche il 2018 è stata un anno molto importante per noi in MotoGP, nel quale siamo riusciti a crescere e migliorare ulteriormente – sia dal punto di vista tecnico che sportivo – per il quarto anno consecutivo. Siamo stati molto competitivi anche su tracciati storicamente difficili per noi, ed
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abbiamo ottenuto più vittorie e podi complessivamente rispetto al 2017. Tuttavia, anche i nostri avversari sono migliorati e quindi dobbiamo rimboccarci le maniche e fare ancora di più, portando in pista idee nuove ed evoluzioni efficaci sotto tutti gli aspetti. Con Andrea e Danilo siamo convinti di avere la squadra giusta per ottimizzare le risorse nello sviluppo della moto e la gestione generale dei weekend di gara. Il nostro obiettivo non può che essere ambizioso, come sempre, ed è quello di riportare a Borgo Panigale il titolo mondiale MotoGP". Andrea Dovizioso (#04, Mission Winnow Ducati): "Il 2018 è stata una stagione molto positiva per me. Siamo partiti con una vittoria e, anche se abbiamo avuto alcuni alti e bassi, le difficoltà ci hanno spinto a cer-
care nuove direzioni e verso metà stagione abbiamo fatto un grande passo avanti. Sono molto contento del lavoro svolto con la squadra, abbiamo lottato per la vittoria in tutta la seconda parte dell'anno e penso che miglioreremo ancora nei prossimi test per iniziare il nuovo campionato nel migliore dei modi. Le aspettative per la stagione alle porte sono alte, ho una grande intesa con la moto e con la squadra e possiamo contare su ancora una maggiore esperienza. Sono felice di avere Danilo al mio fianco nel box, ci conosciamo bene e penso che potremo lottare in pista ma anche lavorare insieme per lo sviluppo". Danilo Petrucci (#9, Mission Winnow Ducati): "La scorsa stagione è stata molto importante per me, la mia migliore di
sempre a livello di punti ottenuti. Anche se ho mancato di poco il mio obiettivo di classificarmi primo tra i piloti indipendenti, ho comunque chiuso il 2018 su una nota indubbiamente positiva. Correre con i colori ufficiali è motivo di grande soddisfazione per me e non vedo l'ora di cominciare: mi trovo molto bene con la mia nuova squadra, dove il livello tecnico è davvero altissimo. Per quanto mi riguarda so dove posso ancora migliorare ed ho anche cambiato il mio metodo di preparazione per arrivare alla prima gara nelle migliori condizioni di sempre. Sono molto felice di affiancare Andrea: oltre che un grandissimo pilota, è una persona splendida. Ci conosciamo da tanto tempo ed abbiamo anche iniziato ad allenarci insieme con l’obiettivo di fare entrambi una grande stagione".
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INFORTUNIO ALLA MANO PER JORGE LORENZO, SALTERÀ I TEST DI SEPANG UNA CADUTA DURANTE UN'ESCURSIONE. PRIMI ACCERTAMENTI A PESCHIERA, ORA LO SPAGNOLO SAREBBE IN VIAGGIO VERSO BARCELLONA
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Jorge Lorenzo, cinque volte campione del mondo di cui tre in MotoGP e neoacquisto del team ufficiale Honda ha passato qualche ora al pronto soccorso di Peschiera del Garda a causa di un brutto infortunio a una mano, a quanto pare durante un'escursione. Nel momento in cui scriviamo, secondo le nostre fonti, Lorenzo sarebbe in viaggio per Barcellona, presumibilmente per la clinica Dexeus dove opera il dottor Xavier Mir, chirurgo ortopedico di fiducia dei piloti spagnoli. Lo spagnolo, atteso la prossima settimana (mercoledì 23 per la precisione) alla presentazione ufficiale del team, in cui lo vedremo per la prima volta nei colori ufficiali Repsol a fianco del compagno di squadra Marc Marquez, sembra aver riportato una frattura allo scafoide, ossicino interno al polso che collega il radio con le altre ossa della mano. Una frattura abbastanza tipica per i piloti soprattutto in passato (quando evidentemente i guanti non proteggeva64
no come ora) causata dall'atterraggio sul polso da cadute in high-side, dimostratasi spesso non troppo penalizzante ma piuttosto lunga nella guarigione in quanto l'osso si trova in una zona poco irrorata dai vasi sanguigni, e quindi piuttosto lento a risaldarsi. Il comunicato ufficiale Honda conferma l'ipotesi iniziale: Jorge Lorenzo ha riportato la frattura dello scafoide, anche se il frangente non è stato quello di una banale escursione, come si ipotizzava inizialmente, ma un allenamento in moto pare in fuoristrada - nei pressi di Verona. Avendo scelto di operarsi, Lorenzo ha subito l'inserimento di una vite in titanio attraverso una tecnica molto poco invasiva. Il cinque volte iridato resterà in osservazione in ospedale ancora per 24 ore, ma dovrebbero bastare solo quattro giorni per guarire e iniziare la fisioterapia. Come si temeva, però, Lorenzo sarà costretto a saltare i test di Sepang per concentrarsi su un recupero completo e un rientro in tempo per i test del Qatar, dal 23 al 25 febbraio. 65
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MANUEL BASTIANELLI È PRONTO PER IL MONDIALE WSSP300 di Carlo Baldi MANUEL BASTIANELLI, CAMPIONE ITALIANO SS300 NEL 2018, DISPUTERÀ IL CAMPIONATO MONDIALE SUPERSPORT 300
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Sabato 19 Gennaio allo stand del Moto Club Spoleto presso la Fiera MBE di Verona è stato presentato alla stampa il team Kawasaki Prodina Ircos, con il quale Manuel Bastianelli, Campione Italiano SS300 nel 2018, disputerà il campionato mondiale Supersport 300. Di fronte ad un numeroso pubblico, agli addetti ai lavori ed ai giornalisti, Filippo Mingardi di AutomotoTv (media partner di Manuel Bastianelli nel 2019) ha illustrato i programmi della squadra ed ha intervistato i piloti e lo staff manageriale del team (Kawasaki supported) e oltre a partecipare al mondiale WSSP300 con Bastianelli e con il francese Joseph Foray, schiererà anche due piloti nel CIV SS300. Oltre a Manuel Bastianelli ed al suo manager Domenico Fiori, Direttore Sportivo del team Kawasaki Prodina Ircos, erano presenti all’evento anche il Presidente della Federazione Motociclistica Italiana Avvocato Giovanni Coppioli ed il Coordinatore del settore Velocità della FMI Simone Folgori, a testimonianza di come le massime autorità della Federazione seguano da vicino la crescita e l’attività
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Sono pronto a dare il massimo per onorare questo impegno nel migliore dei modi. Mi attende un compito difficile perché la 300 è la categoria più competitiva e numerosa in tutto il panorama dei campionati mondiali, ma so di avere le possibilità di fare bene, anche grazie all’aiuto del team Kawasaki Prodina Ircos che ringrazio per aver confermato di credere in me”. E così iniziata ufficialmente la stagione agonistica a2019 di Manuel, che effettuerà alcuni test in preparazione al campionato mondiale Supersport 300, prima di disputare il primo round sul circuito del Motorland Aragon in Spagna il 7 Aprile.
di uno dei giovani piloti italiani più promettenti. “E’ uno degli obiettivi della nostra Federazione – ha dichiarato il Presidente Coppioli – lanciare i giovani piloti verso i palcoscenici internazionali ed è quindi un motivo d’orgoglio vedere questo team e Manuel Bastianelli competere nel mondiale Supersport 300. A loro va il mio grande in bocca al lupo” “A noi spetta il compito di formare i giovani piloti – ha ribadito Simone Folgori ai microfoni di AutomotoTV – Per fare questo abbiamo creato un sistema ed una filiera che va dalle minimoto ai campionati mondiali. Manuel l’ha percorsa interamente e gli auguriamo di ottenere grandi successi anche sul palcoscenico mondiale”. Ormai abituato alle premiazioni ed agli eventi importanti, Manuel Bastianelli non si è fatto tradire dall’emozione ed ha dichiarato: “Voglio innanzitutto ringraziare il Presidente della Federazione Coppioli ed il Responsabile del CIV Folgori per la loro presenza qui a Verona. Sono fiero di rappresentare non solo il mio team ma anche il mio Paese e la mia Federazione nel mondiale Supersport 300.
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DAKAR 2019 100%: ULTIMA TAPPA, CONSACRAZIONE E DRAMMA di Piero Batini TOBY PRICE E NASSER AL ATTIYAH CAMPIONI, MA FIATO SOSPESO FINO ALL’ULTIMO. INTOCCABILE L’EQUIPAGGIO TOYOTA, LA GARA DELLE MOTO ACCENDE IL DUELLO CRUCIALE TRA PRICE E QUINTANILLA, IL CILENO IN RITARDO DI UN MINUTO APPENA…
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Non c’è niente da dire, niente da aggiungere nel momento in cui ci si rende conto che è stata una delle Dakar più dure e difficili dell’ultimo lustro. Corta, compatta e… cattiva. Un massacro che ha ridotto la carovana partita da Lima il 7 di quasi il 50%. 334 veicoli all’andata, appena 179 al ritorno. Sul podio di Lima, dopo dieci giorni di inferno, sono in poco più della metà, 75 Moto, 15 quad, 56 Auto e 20 Side by Side, e 13 Camion. La selezione più dura, solo il 32% al traguardo, ha infierito in modo particolare su questi ultimi, solitamente ritenuti invulnerabili, e questo sta a dimostrare che la prova è stata non solo difficilissima ma quotidianamente interminabile. Era stato detto, che non c’era da fidarsi della Dakar “corta”, ma non ci si crede mai. È stata una Dakar davvero dura, interminabile, ma anche bella e inesauribile sotto il profilo delle emozioni. Di più se si parla della Gara delle Moto, vinta all’ultimo tuffo da Toby Price per la 18ma volta consecutiva di KTM, e un po’ meno, ma per un’emo-
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zione globale inedita, per quanto riguarda la Gara delle Auto, vinta da Nasser al Attiyah e Matthieu Baumel per la prima volta di Toyota. L’ultimo giorno di gara viveva sulle dita incrociate per la corsa perfetta di Al Attiyah e della Toyota. Non un errore, non una sbavatura, gli attacchi portati a colpi di fioretto nei momenti e al bersaglio giusti, accuratamente e implacabilmente selettivi, elegantemente impietosi. Solo un enorme colpo di scena, insopportabile, poteva cambiare la faccia della trionfale sfilata finale della Toyota numero 303, e proprio per questo non si poteva congratularsi con l’ultimo dei meccanici neanche gli ultimi cinque minuti, la nuvola della Hilux Gazoo Racing Team già in vista in fondo alla spianata di Pisco dove finiva l’ultima Speciale. Finale interminabile, lento, il 12°, decisamente inconsueto piazzamento e una decina di minuti tolti al bottino di quasi un’ora e restituiti agli avversari sconfitti, primo fra tutti quel Carlos Sainz che era il Campione uscente e a cui era stato sottratto il testimone. La Dakar 2018 delle Moto ha vissuto, invece sul dramma finale di Pablo Quintanilla, 71
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salire sul primo gradino del Podio Francisco “Chaleco” Lopez, mitico Pilota motociclistico finalmente vincitore della Dakar, questa volta al primo tentativo con un Side By Side CanAm. I Camion solitamente non muovono particolari, tenere sensazioni, si tratta di gente solida, dura, avvezza alle difficoltà. Ma se si pensa alla durezza della loro Gara la nuova vittoria del Kamaz di Nikolaev, Iakivlev e Rybakov diventa emozionante anche quella. Di sicuro mi ha fatto tornare con la mente alla bellezza delle Dakar di una volta l’arrivo dei nostri Eroi più puri, i “Privatoni” Maurizio Gerini, un “veterano”, Mirko Pavan un debuttante, e Gabriele Minelli, un recidivo con un conto in sospeso.
che si giocava obbligatoriamente il tutto per tutto per recuperare quel minuto che lo separava dalla testa del Rally e dal suo leader, Toby Price. Un duello nominalmente fratricida, la continuità di KTM da una parte, l’inserzione possibile di un’alternativa, Husqvarna, dall’altra. 10 chilometri, poco più, tanto dura il tentativo di fuga del generoso Pilota cileno, e come spesso accade non si riesce a stabilire con precisione quanto costa l’errore e quanto la sfortuna. Per il Pilota, comunque, non c’era tempo per scegliere. Quintanilla si avventa sull’ennesima cresta di dune, solo che questa è una duna tagliata, un muro in discesa da cui vola la Husqvarna numero 6. La moto atterra sulle ruote, ma l’impatto è troppo forte. Quintanilla sbatte violentemente la faccia contro la strumentazione e, se in un primo tempo era riuscito a mantenere la traiettoria, cade sbalzato poco più avanti. 72
Viene soccorso immediatamente, il peggio è alla caviglia sinistra, probabilmente fratturata. Passano i minuti, passa per primo Price, che va a vincere la sua prima Tappa e la seconda Dakar della sua folgorante carriera. “Quintafondo” viene aiutato a risalire in sella, riparte e chiude la speciale portando a termine il Rally in un triste calvario. Non conserverà neanche il terzo posto sul podio di Lima, su cui salirà, oltre a Mathias Walkner, anche Sam Sunderland dopo che gli verrà restituito il tempo “sottratto” con un verdetto partorito da processo troppo sommaria. È una pagina di antologia dell’ultima storia di dominio di KTM, sul podio di Lima i vincitori delle ultime tre Dakar più il bis di Toby Price. 100% Perù, 100% KTM! È emozionante il podio dei Quad, più che altro per gli argentini che piazzano Cavigliasso, Gonzales Ferioli e Gallego, e per Yamaha che monopolizza la categoria. Fa un certo effetto rivedere, dopo sei anni, 73
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IL TIRO MANCINO DI TOBY PRICE di Piero Batini SINCERAMENTE, CHI DIREBBE CHE UN PILOTA CON IL POLSO DESTRO FUORI POSTO POSSA VINCERE LA DAKAR? NESSUNO O POCHI, A NON CONOSCERE TOBY PRICE. L’AUSTRALIANO NE VINCE, OGGI, DUE, PIÙ UNA COLOSSALE SFIDA CONTRO IL TEMPO E LA CONVALESCENZA. BUON PER CHI HA AVUTO FIDUCIA IN LUI
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Toby Price, 31 anni, dal Nuovo Galles del Sud, ha vinto la Dakar 2019, secondo successo dopo quello ottenuto al termine dell’Edizione 2016 al secondo anno di esperienza. L’australiano è stato il primo non-europeo, e quindi non-francese a vincere una Dakar in Moto. Un cataclisma. Oggi è uno dei pochissimi, tutte le categorie insieme, ad averlo fatto almeno due volte. Alla Dakar è arrivato nel 2015, tra le file di KTM che lo aveva scoperto anni prima e lasciato crescere a casa sua, per poi lanciarlo negli Stati Uniti nel GNCC. Un chiaro esempio di talento motociclistico, diremmo un fuoriclasse, uno di quei giganti che vengono da lontano per andare lontano. Un gigante buono. Per chi si è chiesto come si possa vincere una Dakar dopo essere stato operato al polso destro infortunato in allenamento, onestamente è la domanda che ci siamo fatti, ci vengono in aiuto alcuni episodi della sua carriera. Conoscemmo Price per questa storia. Nel 76
2013, aprile, partecipando a una Gara AMA Hare and Hound National in California, Price fu coinvolto in un incidente che gli costò la frattura di tre vertebre cervicali. Operato, la convalescenza fu un lungo tormento di futuro incerto. Toby aveva rischiato di rimanere paralizzato e il suo domani motociclistico era gravemente messo in dubbio. A dicembre era tornato in sella, e l’anno successivo, nonostante un altro incidente a inizio di stagione, Price vinse l’AORC australiano per la quarta volta, la Finke Desert Race per la terza, la Sei Giorni Internazionale di Enduro in Argentina nella Classe E3. A ottobre KTM lo fece esordire al Rally del Marocco, dove finì ottavo, e tre mesi dopo alla Dakar, che concluse al terzo posto con una vittoria di Tappa. Siamo al 2016. È la prima vittoria alla Dakar, memorabile. È il primo anno della nuova era di KTM, non c’è più Marc Coma, che è passato dall’altra parte della barricata diventando il direttore sportivo della Dakar, e non c’è fretta, non si è in cerca di un erede ma di 77
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un sistema per ottimizzare in altro modo il rendimento della Squadra. Quell’anno, oltre alla Dakar, Price vince in modo singolare la sua quinta Finke partecipando contemporaneamente in Auto e in Moto. Come? Semplice, disputando la Speciale del giorno in auto, tornando al via in aereo e ripartendi con la Moto. Non gli andò benissimo: vinse solo la Gara delle Moto, solo secondo con le quattro ruote. Rimase praticamente fermo per tutto l’anno per la frattura del femore durante la Dakar 2017, e tornò giusto per l’edizione successiva che concluse ancora al terzo posto. Questo e altro nella storia di Toby Price, un palmares incredibile.
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Davvero non ci si credeva, ci sembrava impossibile che ce la potesse fare, soprattutto per la stonatura tra le notizie ufficiali, che davano dell’operazione al polso un profilo rassicurante, e l’evidente stato di forma del polso sin dalle prime battute del Rally. Il dolore è atroce e persistente, appena mitigato dalle iniezioni prima della partenza. Chissà quanto può durare l’effetto, e quanto resta in ogni giorno di Gara da correre con un simile handicap. L’arma di Price alla Dakar 100% Perù diventa così la stessa di KTM, collaudata e vincente. Basso profilo all’inizio, solo qualche sortita se e quando se ne presenti l’occasione d’oro, per uscire allo scoperto nel finale.
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L’occasione non si presenta, ma il gruppo dei papabili intanto si sfoltisce. Barreda, poi Brabec, Van Beveren. Price spinge poco, soffre molto, ma la sua Gara diventa di una regolarità eccezionale. Verso la fine, a due tappe dal termine, Price va in testa e uno soltanto resiste al tornado, è l’alter ego cileno Pablo Quintanilla, che torna in corsa con una stupenda frazione di recupero, quattro posizioni e un solo minuto di ritardo dal leader. La penultima Tappa “non vale”, partono tutti insieme e non è possibile fare alcuna differenza, resta l’ultima, che diventa l’ormai famoso duello. Quintanilla, che naturalmente si gioca il tutto per tutto, cade, Price vince la sua
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seconda Dakar. Due sere prima ha firmato un contratto con Laia Sanz. Se lei arriva nei quindici lui si taglia i capelli, se lui va a podio la bacia. A lungo. Ora sono tutti e due al party di fine Dakar, chissà chi per primo ha tenuto fede alla promessa, e quanto è lungo un bacio della vittoria. Ma si era partiti chiedendoci come si fa a correre una Dakar con un polso fratturato. Forse bastava scavare ancora nella storia del Campione Australiano, per scoprire che già nel 2003, a quindici anni, Toby Price vinse ben due categorie del Campionato australiano di Motocross, poche settimane dopo essersi fratturato entrambi i polsi!
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KTM, OGGI UN “SISTEMA” IMBATTIBILE di Piero Batini JORDI VILADOMS È IL TEAM MANAGER KTM CHE HA CAMBIATO LA STORIA TATTICA DELLA SQUADRA. DOPO DIECI ANNI DI DUOPOLIO COMA-DESPRES, NEGLI ULTIMI QUATTRO ANNI KTM HA VINTO CON TRE DIFFERENTI PILOTI. PUÒ ANCORA ESSERE CONSIDERATO UN CASO?
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Per oltre dieci ani siamo stati abituati a veder spartita la torta delle vittorie della Dakar in Moto tra Marc Coma e Cyril Despres. 5 volte il catalano, cinque il francese. Dopo il successo nell’edizione 2015, a sorpresa Coma si annunciò il suo ritiro (e poco dopo ancora più a sorpresa avrebbe annunciato di essere diventato il Direttore sportivo della Dakar) e subito venne da chiedersi: “E ora, chi eredita lo scettro condiviso per così tanto tempo?” Ragionevolmente, si temeva che dopo 15 anni di dominio assoluto e incontrastato, KTM potesse perdere il trono conquistato per la prima volta da Fabrizio Meoni. Come abbiamo ben visto non è andata così e in successione, hanno vinto, tra il 2016 e oggi, Toby Price, Sam Sunderland, Matthias Walkner e ancora Price l’edizione appena conclusa. Sono cambiati i Piloti, la Dakar in tutti i modi, è evoluta la Moto, ma non il risultato. Certamente è cambiato lo schema tattico generale di impegno della squadra, il “sistema”, adesso sostanzialmente diverso dallo schema generale e dal profilo tattico 82
adottati in precedenza. Vediamo con il “Responsabile” di questo cambiamento vincente come e cosa è cambiato. Jordi Viladoms, 39 anni, catalano di Igualada, ha iniziato con la Bicicross, è passato dal Motocross dall’Enduro, ed è approdato alla Dakar nel 2006 (a SX nella foto d'apertura, con la felpa KTM assieme al suo meccanico) come Pilota “ombra” di Marc Coma nel Team KTM Repsol. Ha partecipato a tutte le Dakar dal 2006 fino al 2015, ottenendo nel 2014 il secondo posto, suo miglior risultato, e ha vinto un Sardegna Rally Race Mondiale. Tra le sue qualità migliori l’eleganza, di carattere e di guida, e l’equilibrio tattico caratteristico di una grande intelligenza. Con la fuoriuscita di Marc Coma dalla Squadra KTM, Viladoms ne è diventato il Manager Sportivo e, da quest’anno, il Team Manager. Il filo conduttore della carriera “d’ufficio” di Viladoms è la risposta ai timori degli appassionati sul futuro di KTM nelle Dakar del dopo-Coma: 4 edizioni, 4 successi. Dopo l’ultima di Coma si pensava che sarebbe finita lì. Invece è cominciata da lì, continuando a vincere ma con un diverso 83
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schema di squadra. Quale? «Sostanzialmente è cambiata la struttura tattica della Squadra. Non abbiamo più giocato tutto su uno o due Piloti bensì untiamo su un numero maggiore, tutti forti. A ogni Pilota diamo tutto quello che è meglio per lui, per esempio il Meccanico con cui ha feeling migliore o un programma personalizzato di gare e di allenamenti, in modo che possa prima di tutto migliorare e riuscire a ottenere il massimo da sé stesso. In questo modo riusciamo a schierare un numero maggiore di potenziali vincitori, con caratteristiche diverse che si adattano alle diverse gare o alla piega tattica che può prendere ogni Corsa. Oggi abbiamo la fortuna di avere almeno tre Piloti, come abbiamo visto, che possono vincere e che hanno vinto la Dakar».
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Strategia di Dakar. Si direbbe che state zitti e nascosti nella prima settimana e uscite allo scoperto solo nella seconda parte. È così? «Sì, in un certo senso la strategia che adottiamo è proprio questa. Ma è una scelta indiretta. Sappiamo che la prima settimana i Piloti sono tutti forti e molto veloci. Tutti danno il massimo, ma la questione centrale è che tutti i piloti hanno un proprio ritmo di gara, e che se si supera quel ritmo non si può farlo tutti i giorni. Arriva un giorno in cui non ce la fai e sbagli, e finisce lì. Alla Dakar bisogna, invece, avere un ritmo costante e dentro i limiti del proprio. Così arriva il giorno che chi ha esagerato commette l’errore e chi è stato nella propria misura emerge. Non si tratta di “nascon-
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dersi”, di solito sono gli errori degli altri a mettere inevidenza chi è più costante e misurato». Quale lo schema tattico caratteristico di questa Dakar? «All’inizio nessuna tattica. Siamo andati avanti con tutti i Piloti, talvolta cambiando le strategie perché non riuscivamo a capire quale poteva essere quella buona. C’è sempre una strategia teorica, ma non sempre questa ha un buon riscontro e questa Dakar è stata davvero molto imprevedibile, e molto difficile per chi si trovava a dover aprire la pista. Più che uno schema direi che abbiamo adottato il criterio di una grande attenzione all’evoluzione della Corsa, cercando di adattarci meglio e il più velocemente possibile». 86
Che pensi dei ritiri di Barreda, Brabec, Van Beveren? «Non molto. Tutti loro, e anche altri, hanno dimostrato di essere molto competitivi. Tutti ci hanno dimostrato che ogni anno è più difficile vincere questa Corsa, e che hanno corso dei rischi che potevamo correre anche noi. Posso solo felicitarmi con loro e fare loro i nostri complimenti». La penalizzazione di Sunderland, poi ritirata sulla base di un vostro reclamo. Puoi chiarire come è andata? «Si, mi piacerebbe chiarire, perché non è stato affatto un reclamo della Squadra. Quando è successo, abbiamo subito detto che se Sunderland aveva fatto qualcosa di scorretto non ci saremmo mai opposti a una sanzione. È molto diverso da una protesta. 87
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Dopo aver parlato con Sunderland e con gli altri è stato fatto un rapporto che dimostrava che non si trattava di un guasto “intenzionale”. Direi che il caso è stato gestito male dalla giuria. Prima ha fatto intendere che avessimo reclamato e poi, non avendo niente per dimostrare l’accusa, è tornata sulla propria decisione. Capisco che siamo situazioni che sollevano dei dubbi, ma il rapporto di Marlin ha verificato che si è trattato di un fusibile bruciato che ha interrotto l’alimentazione dell’Iritrack. È sempre sotto tensione e non è la prima volta che succede. Abbiamo anche parlato con Sam e concluso che non l’ha fatto apposta, un presupposto per stare dalla sua parte».
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È possibile un’”alternativa” a KTM? E se fosse stato Quintanilla, sarebbe cambiato qualcosa? «No, in nessun modo e quando Quintanilla è diventato una “minaccia” non abbiamo pensato ad alcuna particolare, o mirata strategia. Non abbiamo chiesto niente ai nostri Piloti e la Gara è solo diventata più aperta. Quintanilla ha provato e in tutti i modi a vincere, ed è un peccato che abbia avuto quel brutto incidente. Ci dispiace molto, è un Pilota che merita un risultato alla Dakar. Ha lottato, è stato per tutta la durata della Gara in condizioni di vincerla, fino a cento chilometri dalla fine. Nulla cambia nel Gruppo. Quintanilla è un Pilota forte, ha vinto due Mondiali e merita tutto il sostegno».
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WEBB ALLA PRIMA IN 450 AD ANAHEIM di Massimo Zanzani L’ANGEL STADIUM HA INCORONATO L’UFFICIALE KTM CHE HA VINTO LA SUA PRIMA GARA NELLA CLASSE REGINA DAVANTI AL COMPAGNO DI SQUADRA MUSQUIN E A TOMAC; A MCELRATH LA 250
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Tre prove, tre vincitori diversi. Dopo l’affermazione di Justin Barcia e l’inaspettato successo di Blake Baggett, sul gradino più alto del podio della seconda puntata disputata ad Anaheim, è salito per la prima volta Cooper Webb nella giornata che ha dato lustro alla KTM grazie anche al posto d’onore conquistato da Marvin Musquin. Un risultato che conferma il livello raggiunto dalla stagione 2019, caratterizzato dalla grande competitività dimostrata dai contendenti al titolo ed il grado di livellamento che aunenta la spettacolarità grazie anche all’ottimo lavoro fatto quest’anno nella realizzazione dai circuiti. «Sarà una stagione molto intensa - ha spiegato Roger de Coster a Moto.it - ci sono almeno quattro o cinque atleti molto simili nelle performance, ed anche il livello tecnico ha alzato ulteriormente l’asticella da parte di tutte le Case. Piloti come Roczen, Tomac, Marvin e Cooper hanno iniziato la stagione convinti di poter vincere il titolo e hanno dato subito il massimo per cui il grado di agonismo è stato altissimo e probabilmente continuerà così 94
finché il campionato non si assesterà. Peccato che noi della KTM siamo partiti un po’ in ritardo a causa del problema al ginocchio accusato da Marvin un paio di settimane prima dell’inizio che lo ha costretto ad un intervento chirurgico per via del quale non ha più spendere molte ore sulla moto, ed è solo ora che comincia a riprendersi. Il risultato di oggi ci ha dato molto entusiasmo perché è arrivato con due piloti sul podio al termine di una giornata non facile a causa delle tre finali talmente ravvicinati che lasciavano ai piloto solo una ventina di minuti per prepararsi a quella successiva, addirittura a Cooper ancora meno perché dopo ogni vittoria di manche è dovuto stare quasi una decina di minuti in pista per l’intervista TV. Non so ai piloti, ma ai team questo formato non piace perché è molto stressante, i piloti con più partenze hanno maggiore possibilità di cadere, sono costretti a preparare moto di scorta che non serve quando c’è una finale sola, e la somma del punteggio lascia aperto il risultato conclusivo fino all’ultimo». Webb ha mandato in posto una giornata quasi perfetta, che lo ha visto strappare a denti stretti la prima affermazione a Ken 95
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Roczen all’ultima curva, fare il bis in quella successiva dopo aver controllato perfettamente la gara una volta scavalcato il compagno di squadra francese alla prima curva con una mossa al limite della correttezza che ha poi ripianato scusandosi con lui al termine della conferenza stampa, e chiudere la giornata 3° dopo essere stato scavalcato da Musquin. Ottima gara quindi anche del transalpino, che ha trovato grande soddisfazione nella consapevolezza di essere sulla strada del ritorno ai vertici prima del previsto e di avere comunque già un ottimo passo come ha confermato il tempo migliore in assoluto spiccato nelle qualifiche davanti a Tomac e Roczen. Quest’ultimo ha butta-
to all’aria una posizione da podio causa la caduta nella seconda manche dopo aver perso il controllo della sua Honda sulla tosta serie di whoops, dovendosi accontentare del 4° posto finale con un 2-4-3 dietro all’ufficiale numero 3 della Kawasaki che dopo due quarti posti ha controllato alla perfezione la 3ª manche per tutta la durata della gara. Una pesante caduta che non gli ha permesso di chiudere la frazione finale ha condizionato anche la giornata di Justin Barcia, rimasto comunque al disotto delle aspettative nelle manche precedenti concluse con un 7-3 così come il protagonista della prova precedente Baggett che ha chiuso con un mesto 15° posto.
Soddisfazione invece per Angelo Pellegrini, che dopo essersi sudato l’ammissione alla finale grazie al posto d’onore ottenuto nella last chance ha avuto al soddisfazione di chiudere l’evento 19°, che in mezzo ai mostri sacri del cross artificiale a stelle e strisce è davvero tanta roba. Combattutissima anche la 250, che ha visto tre vincitori diversi: Colt Nichols, il compagno di squadra Dylan Ferrandis e Shane McElrath che si è aggiudicato la gara con un 3-2-1 davanti al francese e al leader del campionato. Solo 5° invece Adam Cianciarulo solo 14° nella seconda frazione per una caduta alla quale ha sommato un 4-2. 96
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KEN ROCZEN “LA CADUTA MI È COSTATA IL PODIO” di Massimo Zanzani IL TEDESCO LEADER SUPERCROSS 450 HA PERSO LA POSSIBILITÀ DI AGGIUDICARSI IL SUO TERZO PODIO STAGIONALE A CAUSA DELLA CADUTA SULLE WHOOPS NELLA SECONDA MANCHE CHE MOTO.IT HA COLTO IN DIRETTA PROPONENDOVI LA SEQUENZA COMPLETA
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Arrivato alla terza tappa con la tabella rossa di leader della classe 450, questa volta Ken Roczen ha mancato seppur di poco il podio. A fargli sfuggire l'obiettivo è stata la caduta nelle prime battute della seconda finale, per fortuna innocua - ma piuttosto spettacolare - dopo la serie di whoops che noi di Moto.it siamo in grado di farvi vedere per intero. «Tutto sommato non è andata male - ci ha detto a fine gara facendo il bilancio della sua gara - considerato tra l’altro che io non sono un amante del Triple Crown in quanto invece che tre preferisco la finale unica. Ho fatto due belle gare, la prima e l’ultima manche, mentre in quella intermedia pur avendo una buona velocità nell’affrontare la serie di whoops ho perso il controllo dell’avantreno, la moto mi è sfuggita di mano e non ce l’ho fatta a tenerla più stretta volando a terra. Purtroppo sono terminato 4° e questo piazzamento non è bastato per farmi salire sul podio, ma nel complesso sono soddisfatto anche perché mi sono mantenuto in testa al campionato»
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