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Numero 45 23 Gennaio 2012
171 Pagine
NEWS
MOTOGP
DAKAR
Speciale Dakar 2012 Il racconto della 33esima edizione tappa per tappa
Honda CBR 1000RR Fireblade 2012
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SPORT
Speciale
Wrooom 2012 La 22esima edizione a Madonna di Campiglio
Mercato
Rivale, Strada, mini Panigale… | BMW R 1200 GS 2013, nuove foto spia
PROVE
Yamaha WR 450 F 2012 Bentornata tra noi!
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Triumph: i prezzi delle novità 2012 | Listino Suzuki: GSX-R1000 al prezzo di 13.500 Euro | Tutto sull’Area C SBK: Marco Melandri: “Amo il cross. Ci si può far male, ma non giochiamo a biliardo!” | SPORT: E’ morto Mika Ahola
Honda CBR1000RR Fireblade 2012
PREGI
Guidabilità
DIFETTI
Elettronica limitata
PREZZO € 14.500
Prova SUPERSPORTIVA
Equilibrio e potenza di Francesco Paolillo | 20 anni di onorata carriera per il fiore all’occhiello della gamma sportiva Honda, la CBR1000RR si rifà il trucco e riceve una serie di migliorie ciclistiche per il 2012
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Venti anni di storia Era il 1992 quando la presentazione della CBR 900RR FireBlade creò scompiglio nel mondo delle supersportive del tempo. Leggera, aggressiva e rabbiosa, la Cibierre Novecento si può e si deve considerare come una pietra miliare nel mondo delle due ruote. Sono passati venti anni, e la CBR ha visto crescere la cilindrata dagli originari 983 cc agli attuali 999 cc. Nel mezzo troviamo ben 6 modelli, con cilindrate crescenti (919 cc– 929 cc – 954 cc – 998 cc – 999 cc) tutti caratterizzati da prestazioni al top della categoria e dalla tipica guidabilità Honda. Ed eccoci al 2012, con l’ennesima versione pronta ad affrontare il mercato e la 4
SPORT
concorrenza delle sportive, in particolar modo quelle europee, che si è fatta sempre più agguerrita. Il momento poco felice e la crisi che attanaglia il mondo delle due ruote non giustifica ingenti investimenti in particolare nel settore delle moto sportive, e questo in parte ha influito sulla dotazione tecnica della rinnovata Cibierre. Niente controllo di trazione, niente selezioni delle mappature o quick shift per il cambio, in compenso è disponibile l’ottimo, ma anche troppo pesante (circa 10 kg) e ingombrante sistema C-ABS con un sovrapprezzo di 1.000 € rispetto ai 14.500 € richiesti per la versione base.
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Look dinamico L’estetica della CBR1000RR 2012 è stata modificata, senza stravolgimenti, con piccoli tocchi che hanno reso la linea più dinamica rispetto al modello precedente. La vista laterale mostra un maggior slancio rispetto alla “verticalità” che mostrava la progenitrice. Anche il cupolino appare più tagliente e mostra un maggior family feeling con le altre CBR, è anche vero che il naso della vecchia era più personale e la distingueva dalla massa. Era un naso alla Barbara Streisand... L’evoluzione ha riguardato anche il codino, sapientemente rimodellato, e le carene laterali. Tre le colorazioni disponibili, Graphite Black, Pearl Sunbeam White e Victory Red. Quello che non è cambiato, crisi o non crisi, tagli e costi di produzione vari, sono le finiture, sempre ottime. Plastiche di qualità, assemblaggi fatti a regola d’arte, materiali nobili almeno per i particolari in vista, sono una certezza su questa Honda. 5
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Nulla è più analogico Strumentazione totalmente nuova, e totalmente digitale, tutto è racchiuso in un display leggibile e con l’aggiunta del cronometro, dell’indicatore del rapporto inserito e di quattro differenti visualizzazioni del contagiri. Motore e ciclistica Nessun stravolgimento, diciamolo, ma un lavoro di affinamento e tante modifiche, più o meno profonde, che rendono ancora più piacevole e performante questa moto. Iniziamo dalla ciclistica, dove ritroviamo il telaio a doppio trave in alluminio, nel quale viene incastonato il quattro cilindri in linea 16 valvole DOHC. Le sospensioni prevedono due novità importanti, la prima è la forcella Showa BPF da 43 mm di diametro, già apprezzata in precedenza 6
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su alcune sportive Suzuki e Kawasaki per la grande sensibilità che consente un maggior controlo dell’avantreno, mentre la seconda riguarda l’ammortizzatore posteriore Showa BFRC (Balance Free Rear Cushion) dotato doppia camera, particolare che garantisce un passaggio più fluido e lineare dalla fase di compressione a quella di estensione, con miglioramenti sia della trazione che dello smorzamento. Anche i cerchi sono stati oggetto di studio, le razze ora sono dodici e non più tre, e la rigidità delle ruote in alluminio pressofuso è incrementata (maggiore è la rigidità, migliore è la precisione). L’impianto frenante prevede una terna di dischi, due da 320 mm anteriori con pinze radiali a 4 pistoncini, singolo posteriore da 220 mm con pinza a singolo pistoncino, e come precedentemente scritto, la possibilità di acquistare la versione dotata di C-ABS. Confermata la presenza dell’ammortizzatore di 7
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sterzo HESD (Honda electronic steering Damper), qui in versione seconda generazione, che garantisce lo smorzamento ottimale alle alte velocità, senza compromettere la maneggevolezza e la manovrabilità alle basse velocità. Il quattro cilindri non è stato oggetto di particolari modifiche, mentre è la sua gestione elettronica che è stata rivista con una diversa taratura dell’iniezione elttronica PGM-DSFI (Programmed Dual Sequential fuel Injection), per migliorare ulteriormente le caratteristiche di erogazione soprattutto nei transitori (chiudi/apri) e durante le piccole aperture del gas. Tutto questo per rendere ancora più sfruttabile e piacevole la CBR1000RR, oltre che più parsimoniosa quando si va dal benzinaio (-10% di consumo benzina). I cavalli sono sempre tanti, 178 quelli dichiarati ad un regime di 12.000 giri, mentre la coppia raggiunge i 112 Nm a 8.500 giri, numeri non da record, ma sempre di grande effetto.
Costantino Paolacci (Honda Italia): “La CBR 1000 RR è la nostra sportiva stradale, che si rinnova profondamente”
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Il motore dalla coppia esagerata ma erogata in maniera tanto lineare da non mettere mai in difficoltà il pilota, la ciclistica equilibrata, e gli ottimi freni, sono un mix perfetto per “scaldarsi” e riprendere confidenza con il saliscendi portoghese
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La prova a Portimao E di grande effetto è anche il contesto in cui abbiamo provato questa Honda, il Circuito Internazionale dell’Algarve a Portimao in Portogallo. Una pista che mette a dura prova moto e piloti, perfetta per saggiare le doti della CBR1000RR Fireblade 2012...e la nostra resistenza, non solo fisica ma anche psicologica. La mattina ci aspetta una serie di turni in sella alla Fireblade così come esce dal concessionario. Sospensioni standard, pneumatici di serie (le nuovissime Bridgestone S20) e pressioni stradali (i soliti 2,5/2,9 bar). La posizione di guida per i canoni attuali, e soprattutto per quel che offre la concorrenza, è da considerarsi ergonomicamente perfetta, e soprattutto poco costrittiva, particolare che sottolinea la propensione all’utilizzo stradale di questa sportiva. Certo è che i parametri di valutazione sono cambiati parecchio, e quello che una volta poteva sembrarci estremo e al limite della sopportabilità, ora ci sembra tutta un’altra cosa. Cosa intendo dire? Semplicemente è la constatazione, dopo esser montato in sella ad una Fireblade prima serie parcheggiata in uno dei box dell’autodromo, che oggi i motociclisti che guidano le sportive sono dei fachiri pronti al sacrificio. La prima CBR 900RR che per i tempi era considerata piccola, scomoda e sacrificata, oggi sarebbe paragonabile per confort ed abitabilità ad una gran turismo! Bando alle ciance, entriamo in pista e via. Assetto e pneumatici standard non sono certamente la configurazione ideale per affrontare il circuito di Portimao, un ottovolante sarebbe più adatto.Certo è che la facilità ed il comportamento della Fireblade danno una bella mano. Il motore dalla coppia esagerata ma erogata in maniera tanto lineare da non mettere mai in difficoltà il pilota, la ciclistica equilibrata, e
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3 1 Il cupolino appare più tagliente e mostra un maggior family feeling con le altre CBR. 2 Strumentazione totalmente nuova, e totalmente digitale, tutto è racchiuso in un display leggibile. 3 L’impianto frenante prevede due da 320 mm anteriori con pinze radiali a 4 pistoncini.
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gli ottimi freni, sono un mix perfetto per “scaldarsi” e riprendere confidenza con il saliscendi portoghese.Passano i giri, scendono i tempi, aumentano gli “ondeggiamenti”. Inizio a ricordarmi meglio pista, curve e traiettorie, di conseguenza inizio a trattare male la CBR, che non si scompone più di tanto, ma quel tanto che basta a farmi attendere trepidante i turni con la versione gommata in mescola e con l’assetto specifico. Frenando forte e inserendo di cattiveria in curva la CBR1000RR 2012, l’assetto che fino a questo momento era stato perfetto, diventa perfettibile, con
l’avantreno che affonda e perde precisione, e il posteriore che si alleggerisce troppo chiamando a un superlavoro l’antisaltellamento (peraltro encomiabile nell’intervento). In uscita di curva, a gas spalancato, le ottime Bridgestone iniziano a faticare e le perdite di trazione, seppur telefonate, iniziano a far suonare il campanello d’allarme nel casco. Meno male che adesso ci sono le Bridgestone R10 in mescola. Gomme in mescola. Un’altra storia Punto e a capo, ecco cosa succede con l’assetto pistaiolo, e le nuove scarpette (con la posteriore che abbandona il 190/50 per un panciuto 190/55). Così agghindata la CBR1000RR 2012 è davvero un piacere da guidare anche in pista, e il fatto che si senta a suo agio tra i cordoli, mette di conseguenza a suo agio anche il pilota. Lineare nelle reazioni, con una trazione in uscita di curva ed in percorrenza davvero ottima, ed un impegno fisico richiesto al pilota, limitato (sempre tenendo ben presente dove siamo ed in sella a quasi 180 cavalli di moto...). I freni, C-ABS compreso, sono perfettamente modulabili, e difficilmente richiamano all’ordine
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l’antibloccaggio (lo si deve cercare con il lanternino) che in questa versione ha visto modificare l’interazione tra la pinza posteriore e quelle anteriori. Cambio e trasmissione sono eccellenti, ma più di una volta mi sono trovato a desiderare ardentemente un quickshift che permetta di inserire i rapporti senza chiudere il gas, e soprattutto senza scomporre l’assetto, nel caso in cui ci si trovi a cambiare marcia nel bel mezzo di una curva. Il divertimento aumenta, e di conseguenza i tempi calano, si frena dopo e si apre il gas in anticipo rispetto al giro precedente, mentre le gomme iniziano, anzi terminano la loro vita utile. Ecco che in questi momenti sarebbe utile un bel traction control, che continui a farci divertire mettendo una pezza dove, e quando, serve. Inoltre renderebbe davvero perfetta la Fireblade anche nell’utilizzo quotidiano, su strade che sono ben lontane dalla perfezione della pista. Fine della giostra, fine della fiera, è tempo di tirare due somme. La rinnovata CBR1000RR 2012 si è dimostrata all’altezza delle precedenti versioni, guidabilità Honda, e qualità del prodotto non si discutono, ma la dotazione tecnica appare sottotono rispetto a una concorrenza davvero esagerata (anche nel prezzo però...) in una categoria che rappresenta la “vetrina tecnologica” di ogni costruttore.
Spetacolo puro Mamma Honda non delude mai... facile e alla portata “ quasi “ di tutti i manici grande moto gigass - 27/12/2011 Honda cbr 2012 ottimo compresso Ottima crescita, ottimo lavoro honda per questa cbr 2012. Ottimo compresso moto che si adatta a tutto, gite weekend e pista (con qualche modifica) a un prezzo abbordabile per una mille da quasi 180cv. luker4985 - 28/12/2011 Leggi e partecipa ai commenti »
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Yamaha WR 450 F 2012
PREGI
FruibilitĂ del motore
DIFETTI
Setting sospensioni standard
PREZZO â‚Ź 9050
Prova ENDURO
Bentornata tra noi! di Aimone Dal Pozzo | Torna finalmente sul mercato la WR 450 F. Arriva direttamente dal Giappone la nuova enduro della massima cilindrata, completamente ridisegnata. Moto.it la prova in esclusiva europea a Francavilla di Sicilia 14
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i siamo, i giornali ne parlano e le nuvole in cielo lo confermano. Dopo un autunno da incorniciare siamo arrivati all’inverno vero, dove il gelo si fa sentire e la moto da enduro, purtroppo, è pronta per essere messa sotto una coperta. Tutt’altra storia a 1.000 chilometri di distanza, nei pressi di Francavilla di Sicilia, dove hanno smesso di fare il bagno in mare da pochi giorni e gli unici indicatori di freddo sono le creste innevate dell’Etna. Ed eccoci proprio qui, a tre settimane dal Natale, a due passi da dove si sono svolte pochi mesi fa alcune delle giornate più impegnative dell’enduro Mondiale, all’anteprima europea della nuovissima WR450F, in maglietta e pantaloncini, ad accogliere con entusiasmo e grande interesse l’ultima nata in casa Yamaha.A presentarci il nuovo modello é Guglielmo Fontana-Rava direttamente da Yamaha Europe, con la supervisione del Project Leader, Masaki Kamimura, volato espressamente dal Giappone per stare vicino al debutto in società del “suo” gioiellino e sottolineare l’importanza di questo nuovo progetto e quanto loro stessi lo ritengono essenziale per il rilancio del mercato enduro vestito in blu. Il nuovo progetto si evolve profondamente rimanendo allo stesso tempo fedele alle doti dei passati modelli WR, da tempo ormai 16
conosciute e apprezzate. Da quelle stesse basi viene sviluppato e affinato ogni aspetto della moto, al fine di ottenere una Enduro da gara aggiornata e di alto livello, ma soprattutto che abbia elementi distintivi molto chiari. I grandi lavori portati avanti sul nuovo modello hanno visto come cardine la ricerca e la realizzazione di alcuni elementi chiave, come un motore facile da gestire, un telaio maneggevole e un’affidabilità e costanza di rendimento da riferimento. E come ci sono riusciti. Motore Nonostante Yamaha abbia in casa un motore già collaudato e vincente nel segmento cross, ha preferito dopo numerosi test
confermare il propulsore a cinque valvole DOHC della WR 2011, in quanto le caratteristiche di erogazione, unitamente all’affidabilità confermata da anni di gare, hanno dato ragione a quest ultimo. Inoltre sul cinque valvole era già presente l’avviamento elettrico e, le dimensioni ridotte di questa meccanica hanno consentito un impiego anche su un telaio differente. Sulla medesima base, sono poi stati inseriti importanti elementi di novità, come l’iniezione elettronica, alimentata da un nuovo statore Denso e controllata da un corpo farfallato Keihin che, interloquendo con una serie di sensori miniaturizzati che rilevano informazioni su posizione dell’acceleratore, pressione dell’aria in aspirazione, pressione dell’aria, numero di giri dell’albero motore e temperatura di 17
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raffreddamento, permettono alla centralina di adattare in tempo reale il volume ottimale dell’iniezione e l’anticipo d’accensione, alle specifiche necessità, al fine di garantire la perfetta efficienza nella combustione e le massime prestazioni del motore. Cambiano di conseguenza le misure del magnete di produzione dell’energia elettrica, dovendo ora alimentare tali funzioni, così come la pompa della benzina e viene introdotta una nuova ECU completamente configurabile tramite il Power Tuner, di grande rilevanza. 18
SPORT
Telaio Ecco la grande novità. Viene infatti preso quello delle WR 250F 2012, dal quale eredita le ergonomie, decisamente migliori ed attuali. La sella é diminuita drasticamente in larghezza ed ora vanta un piano d’appoggio molto piatto e lineare, che semplifica notevolmente gli spostamenti in azione. Anche la scelta del serbatoio é stata eseguita privilegiando la posizione in sella piuttosto che l’autonomia, montando un serbatoio da 7,2 litri snello e sottile, leggermente più grande della versione cross per migliorarne
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l’autonomia, ma decisamente meno ingombrante e spigoloso della passata edizione. Rimane il vantaggio della spia della riserva, che avvisa della necessità di rifornimento poco sotto i due litri di rimanenza. Sospensioni Anche il comparto sospensioni viene ereditato dalla 250. Arriva finalmente sulla WR l’ottima Kayaba a cartuccia separata con 20 click di regolazione in compressione e ritorno e 300mm di corsa 19
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Il nuovo progetto si evolve profondamente rimanendo allo stesso tempo fedele alle doti dei passati modelli WR, da tempo ormai
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conosciute e apprezzate
con molle interne specifiche per l’enduro, al fine di garantire un’ottima capacità di assorbimento e un’eccellente reattività a bassa velocità, combinate con una buona stabilità alle alte velocità. Anche il mono viene sostituito con il nuovo Kayaba a tre regolazioni e 299 mm di corsa, con un’impostazione standard più morbida per un maggiore controllo alle basse velocità. Design Partendo dal presupposto che per questo segmento di moto ciò che conta è l’efficienza e l’efficacia del prodotto piuttosto che l’aspetto estetico, Yamaha ha comunque voluto rinnovarsi anche sotto questo profilo, portando la nuova 450 in linea con le altre della gamma. Con il colore racing blu, i cerchi neri Excel e il paramotore in plastica nera, oltre che a implementare le dotazioni di 20
serie ha donato un nuovo look alla moto. Inoltre le nuove plastiche regalano un profilo più affilato e più adatto a rappresentare le sue caratteristiche oltre che ad essere una migliore presa per le ginocchia nella guida in piedi sulle pedane. I fianchetti dal nuovo design infatti, accentuano la sensazione di agilità della 450 mentre la nuova mascherina portafaro e il codino portatarga completano lo slancio stilistico del nuovo modello. Peccato per la mancanza di paramani di serie, che per una vera enduro come questa potrebbero già essere montati come prima fornitura. La nuova WR offre un’ulteriore grande particolarità nella versione 2012: arriverà infatti dal concessionario completamente omologata e il cliente potrà decidere se prendere la moto in tale configurazione o con il kit Competition (optional, ma compreso nel prezzo) che consente di portare la moto pronto gara in sole due ore di montaggio. 21
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infine le eventuali anomalie, facilitando la manutenzione. La prova Al primo impatto ho percepito la posizione in sella abbastanza contratta con pedane più alte da terra rispetto allo standard e il manubrio Pro Taper leggermente più basso, ma con una buona area di movimento e un’ottima ergonomia. Si percepisce in maniera evidente la differenza di ingombri rispetto alla precedente WR, a partire dalle dimensioni del serbatoio, che sebbene sia di buona capacità, non domina totalmente l’anteriore della moto, ma è sottile e sinuoso. I cambi di posizione in sella sono veramente semplici e rapidi, allo stesso modo lo sono le posizioni in piedi dove il grip con le nuove fiancatine termoformate e ricoperte di uno speciale materiale gommoso, è davvero ottimale. La plancia di comando è semplice ed essenziale, con un contachilometri/trip posizionato davanti al manubrio e la strumentazione ridotta all’osso. Rimane anche sulla 2012 il cavo contachilometri sul lato destro (opposto al tubo del freno) che è sempre un po’ delicato e pericoloso in caso di un utilizzo prettamente enduristico. Tutti i comandi sono ben posizionati e facili da gestire, anche se la frizione è sempre da
registrare, in quanto le diverse sollecitazioni le fanno cambiare continuamente il punto di stacco. Stabile e più maneggevole In ordine di marcia, già dai primi metri si percepisce la maggiore facilità di inserimento in curva e di agilità nelle zone strette, senza che questo però sia andato a compromettere la rinomata stabilità sul veloce che la 450 ha sempre avuto come punto di merito. La guida ora è molto più rapida e soprattutto richiede meno impegno da parte del pilota. Una volta impostata una curva, la moto segue con naturalezza la traiettoria definita ed
Il pacchetto è composto da 30 pezzi che comprendono, tra le altre cose, una nuova marmitta, il risuonatore e la corona con rapporto maggiorato. In più, sulle moto equipaggiate con il kit Competition il pilota potrà utilizzare il Power Tuner (optional con pagamento a parte), un semplice strumento elettronico portatile, per regolare con precisione il volume dell’iniezione e l’anticipo, al fine di modificare a piacimento, ed in modo millimetrico, l’erogazione del motore. Con il Power Tuner si possono impostare diverse mappature, dove ogni “step” rappresenta una variazione del 3% nel volume dell’iniezione, con un range che va dal -21% al +21% rispetto alla mappatura di serie. Allo stesso modo, con Power Tuner si possono selezionare 14 “step” diversi dell’anticipo, e ognuno di essi rappresenta una variazione dell’1%. In totale, il pilota ha a propria disposizione un range di variazione dell’anticipo da -9° a +4° rispetto alle impostazioni di serie. Ogni utente può quindi plasmare l’erogazione del motore in base alle proprie esigenze ed a quelle del terreno di quel determinato percorso. Un altro vantaggio del Power Tuner è la funzione monitor, che permette all’utente di visualizzare i dati provenienti dai diversi sensori così come le ore di funzionamento del motore. Un sistema di autodiagnosi segnala 22
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eventuali cambi improvvisi non sono certo un problema. Un motore eccellente Quanto al motore, i grandi cambiamenti sono l’avvento dell’iniezione che non risente più in alcun modo delle condizioni metereologiche o di altitudine, trasformando l’erogazione del classico cinque valvole in una curva lineare, diretta e assolutamente costante. Anche l’esitazione in atterraggio dai salti è sparita, così come la prima parte di schiena a volte “sporca”. Ne deriva una grande adattabilità alle condizioni meteo e di altitudine e laddove il setting di base non fosse sufficientemente apprezzabile (quasi impossibile) con il power tuner è possibile fare il resto, senza sporcarsi le mani ed in breve tempo. Avendo l’opportunità di interfacciarmi con i tecnici Yamaha, ho voluto provare diverse soluzioni 24
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elettroniche durante la giornata di test e, con i dovuti aggiustamenti, ho trovato una soluzione davvero azzeccata per la mia guida ed il terreno di prova, con l’importante conferma che è possibile cambiare radicalmente il carattere di questa modo agendo sulla sola centralina. Sospensioni morbide ma con buone possibilità di setting Per quanto concerne il pacchetto sospensioni, sebbene abbia trovato un notevole upgrade in termini di prodotto, ho potuto percepire un discreto sbilanciamento dei pesi sull’anteriore, in configurazione standard. La moto utilizzata per i test infatti, inizialmente era molto carica davanti, con poco neutro ed una forcella molto morbida, portando l’assetto decisamente in sottosterzo, già dall’ingresso curva. A seguito di due modifiche l’impostazione 25
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3 1 Yamaha ha preferito confermare il propulsore a cinque valvole DOHC della WR 2011. 2 Arriva finalmente sulla WR l’ottima Kayaba a cartuccia separata con 20 click di regolazione in compressione e ritorno. 3 Le nuove plastiche regalano un profilo più affilato.
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è tornata molto più neutra ed è stato possibile apprezzarne le ottime qualità. La nuova Kayaba da 48mm a cartuccia sigillata, lavora molto bene ed in modo progressivo, mantenendo queste doti, per tutto l’arco di utilizzo. Il mono, allo stesso tempo, forse per me un filo troppo morbido, copia bene tutte le asperità, garantendo una buona trazione anche sui terreni più accidentati. Cavalli e silenzio vanno a braccetto! Argomento importante è il rumore che, sulla nuova WR è
pressoché impercettibile (rispetto alle concorrenti). Yamaha infatti, ha voluto già mettersi in pari con i nuovo regolamenti e modalità di fonometrica (2 metre max) sviluppando di conseguenza un motore ed un’erogazione che sia idoneo ed in grado di sopportare la strozzatura di uno scarico molto chiuso come quello di serie (Kit competition). Il risultato è un propulsore davvero silenzioso, ma altrettanto performante, dove l’unico neo è la mancanza di un considerevole allungo nel fuorigiri. Il pacchetto freni si conferma di ottima qualità con l’aggiunta di nuovi dischi a margherita sia all’anteriore che al posteriore e di una pompa anteriore maggiorata per questioni di omologazione. Entrambi sono molto ben gestibili e modulari, consentendo al pilota di azionarli senza paure di reazioni strane. Ad accompagnare la presentazione stampa della nuova Yamaha era presente anche Paolo Brivio, Off-road Manager per la Metzeler, che ha presentato in maniera dettagliata il grande lavoro svolto dalla ditta, in termini di sviluppo, negli ultimi anni. Tutte le WR del test infatti erano dotate del Metzeler 6 Days Extreme, nato nel
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2005 e già ricco di successi in diversi ambiti e competizioni internazionali. L’ultimo modello si conferma un ottimo alleato per la guida in fuoristrada, dove è sempre più indispensabile una grande versatilità e durata di prestazioni. Le nuove WR 450 F saranno disponibili a partire da gennaio 2012, al prezzo di Euro 9.050, franco concessionario, Kit Racing incluso (aliquota iva 21%) presso tutta la rete dei concessionari Yamaha. Grazie a Belgarda, al momento dell’acquisto sarà inoltre possibile ricevere la Blu Card 2012 che darà diritto ad uno sconto del 25% su ricambi ed accessori dedicati alle famiglie di prodotto YZ e WR acquistati presso uno dei 41 Concessionari Ufficiali Yamaha Off-road sino al 31 luglio 2012, quando partirà il nuovo anno commerciale e la nuova campagna Yamaha BlueCard. Tutti i possessori di Yamaha, indipendentemente da modello, anno o numero di telaio, potranno anche accedere ai Challenge enduro e motocross in programma per la stafione agonistica 2012. Con un particolare algoritmo infatti, verranno estrapolati i primi venti piloti blu che parteciperanno, nelle varie zone d’Italia, alle gare regionali del calendario FMI, ed avranno accesso ad un ricco montepremi a fine anno che vede come primo premio addirittura una Yamaha 450.
Yamaha
SCHEDA TECNICA
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WR 450 F Tempi: 4 € 9.050 Cilindri: 1 Cilindrata: 449 cc Raffreddamento: a liquido Avviamento: E/P Marce: 5 Freni: D-D Misure freni: 250-245 mm Misure cerchi (ant./post.): 21’’ / 18’’ Peso: 129 kg Lunghezza: 2315 mm Larghezza: 825 mm Altezza: 960 mm Capacità serbatoio: 7.2 l Segmento: Enduro
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di Maurizio Tanca | Indiscrezioni fluttuano nell’aria, sull’arrivo di nuovi modelli Made in Italy che potremmo vedere magari al prossimo Eicma
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i musicofili incalliti, la parola inglese “rumours” farà subito pensare a un celebre album dei Fleetwood Mac, uscito nel febbraio del 1977. Parola traducibile in “voci, bisbigli”. Voci che aleggiano nell’aria e si diffondono fino a creare quelle che solitamente chiamiamo 30
“indiscrezioni”. Tipo il fatto che MV Agusta avrebbe brevettato il nome “Rivale”, mentre il gruppo Piaggio avrebbe scelto il nome “Strada” (come del resto la stessa Husqvarna, per una sua nuova monocilindrica che però è stata presentata come “Concept Strada”) per un futuro modello Moto
Guzzi. Ma il sempre vivace e carezzevole vento del gossip parla anche di una versione in minor della Ducati Panigale… Ma procediamo con ordine. Attorno al suo nuovo, formidabile motore tricilindrico da 675 cc, come sappiamo, MV ha già realizzato due notevoli prodotti: la supersportiva F3 e la naked
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Rivale, Strada, mini-Panigale…
23 Gennaio
2012 Brutale 675, che molti amano definire affettuosamente “Brutalina”. Ovvio che costruire un motore rappresenti un investimento importante per un costruttore, in particolare in un periodo nefasto come questo che sembra non finire mai, e a maggior ragione se parliamo di MV Agusta, il cui blasone è arcinoto ma che certamente non è ancora in grado, purtroppo, di vantare numeri di produzione altisonanti. Ma con le due novità citate, proposte a prezzi decisamente competitivi a Schiranna sono certi di aver colpito nel segno, in particolare con la piccola Brutale. Ma quando si costruisce un motore nuovo, è logico che un costruttore pensi a piazzarlo su una gamma abbastanza allargata. E se le supersportive attualmente non sono più moto da grandi numeri (anzi, il mercato è un vero disastro per le velocissime carenate coi mezzi manubri), e le case le costruiscono ancora principalmente per motivi di prestigio, è logicamente con le moto più versatili – e meno costose - che si cerca di recuperare in fatturato. Come ci era stato fatto intendere in una intervista di qualche mese fa a Giovanni Castiglioni e Massimo Bordi (rispettivamente AD e vice-Presidente di MV Agusta), è dunque ovvio che il nuovo tricilindrico “piccolo” sarebbe andato a finire anche su altri modello che possano attirare un’utenza allargata. Che dire,
per esempio, di una motard tricilindrica, rivale (appunto: Rivale…) di Aprilia Dorsoduro 750 e Ducati Hypermotad 796 e 1100, ma con una buona manciata di cavalli in più? Moto Guzzi Strada: che moto potrebbe essere mai? Può venire in mente un ulteriore modello della gamma piccola, quella col V2 da 750 cc recentemente aggiornato, che abbiamo visto allo scorso Eicma, magari in configurazione GT, tipo una piccola Norge. Oppure i boss di Piaggio si son decisi a metter finalmente mano a uno dei tre gagliardissimi prototipi che Pierre Terblanche e Miguel Galluzzi hanno realizzato per il salone milanese del 2009? Ricordate? Erano la V12 LM (iniziali di LeMans), la “motardona” V12 X, ma, soprattutto, la bellissima naked V12 Strada, appunto, forse la più verosimile delle tre, anche perché dotata di sella biposto e, diciamolo, più vicina alla realtà. Sarebbe bello vederla prodotta, possibilmente il più fedele possibile alla concept originaria. Magari con il nuovo V2 1400 visto sul prototipo della futura California…Sarebbe bello, ma a che prezzo, coi tempi che corrono? Però Moto Guzzi dispone anche di una versione da 850 cc del suo tetragono V2: perché non usarlo anche qui? Ma non corriamo troppo, vedremo se e quando il prodotto verrà finalizzato. E passiamo a Ducati, che
ha creato un capolavoro assoluto come la Panigale 1199. Presentando, quasi contemporaneamente, la versione Evo della 848, il che farebbe legittimamente presumere che questo modello sia in via di pensionamento. Conoscendo gli amici bolognesi, è dunque logico pensare a una prossima versione in minor della nuova superbike Ducati, che potrebbe essere….una 899? O magari, come sostengono gli inglesi di Visordown, un 799, con cilindrata effettiva di 750 cc, più appetibile come prezzo e attraente per chi volesse magari correrci nel mondiale Supersport, dove anche la stessa MV dovrebbe entrare proprio quest’anno affidando la nuova F3 al team Alstare di Francesco Batta, pilota Luca Scassa. Sarebbe davvero bello rivitalizzare una classe un tempo appetitosissima e oggi davvero sottotono come la Supersport, con l’ingresso di due marchi italiani di prestigio, che magari stuzzicherebbero anche la stessa Triumph a ritornare in pista… Dai, abbiamo fantasticato un po’ perché tutti noi siamo innamorati di moto, e anche in un periodo così grigio come quello che tutti stiamo vivendo, la possibilità di sognare non ce la può comunque togliere nessuno. Compreso il fatto di sognare che il mondo si riprenda da questa tremenda stasi, e che, di conseguenza, anche il motociclismo in generale torni a rivivere tempi migliori. 31
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
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45
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BMW R 1200 GS 2013, nuove foto spia Sono state pubblicate nuove foto spia della BMW R1200GS 2013 su cui debutterà il primo motore boxer raffreddato a liquido! Ma non è l’unica novità
Triumph: i prezzi delle novità 2012 Triumph rende noti i prezzi delle principali novità presentate in occasione di Eicma 2011: la Tiger Explorer, la Speed Triple R e la Steve McQueen Edition
T I
l sito asphaltandrubber ha pubblicato nuove foto spia dell’erede di quella che oggi è una delle regine del mercato motociclistico mondiale, la BMW R1200 GS. Nei dintorni dello stabilimento di Monaco di Baviera è stata infatti avvistata una GS boxer che attira immediatamente l’attenzione per un dettaglio su tutti: i cilindri non presentano le marcate alette di raffreddamento necessarie su un motore raffreddato ad aria. 32
Il nuovo boxer bicilindrico sarà infatti raffreddato a liquido e avrà uno schema assai diverso dall’attuale. Manterrà la distribuzione bialbero introdotta sul modello 2010, ma l’iniettore sarà posto sopra il cilindro (ora è dietro), mentre lo scarico sarà sotto (ora è davanti al cilindro). Il monobraccio del cardano passa da destra a sinistra, esattamente come visto oggi sulla serie K. La potenza dovrebbe restare nell’ordine dei 110 cavalli, mentre dovrebbero calare le emissioni e i consumi di carburante in virtù della migliore efficienza garantita dal raffreddamento a liquido. Il telaio resta a traliccio in tubi di acciaio, così come l’estetica non pare subire grossi cambiamenti. Ovviamente la moto oggetto dello scoop è un prototipo, il modello definitivo dovrebbe essere presentato al pubblico verso la fine del 2012 per essere poi commercializzato nel 2013.
iger Explorer La Tiger Explorer è il primo modello Triumph che si affaccia nel settore delle Adventure Bikes di grossa cilindrata. È equipaggiata con un nuovissimo tre cilindri 1.215cc con prestazioni al top della categoria ed è dotata di ABS (disinseribile nella guida offroad), cruise control e traction control tutto di serie. La Tiger Explorer sarà venduta a partire da fine febbraio 2012 al prezzo di 15.290 Euro C.I.M. Speed Triple R La Speed Triple R rappresenta la quadratura del cerchio
per uno dei modelli più rappresentativi nella storia di Triumph. È equipaggiata con un pacchetto che va ad esaltare le caratteristiche tecniche ed estetiche della Speed: sospensioni Öhlins completamente regolabili, pinze radiali monoblocco Brembo e leggeri cerchi in alluminio forgiato. Si vanno poi ad aggiungere numerosi dettagli in carbonio e verniciature esclusive di alcuni particolari, come il telaietto reggisella verniciato di rosso. La Speed Triple R sarà venduta a partire da metà febbraio 2012 al prezzo di 14.495 Euro C.I.M. (15.095 Euro per la versione con ABS disinseribile). Steve McQueen Edition La Steve McQueen Edition è realizzata su base Bonneville T100, produzione limitata in 1100 esemplari, ricchezza di dettagli (come la sella rigorosamente monoposto, o l’autografo dell’attore sulla fiancatina) e finiture di pregio. Gli acquirenti riceveranno un certificato di autenticità che attesta l’unicità di questo modello. La McQueen Edition sarà venduta a partire da fine maggio al prezzo di 9.990 Euro C.I.M. 33
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23 Gennaio
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2012
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Listino Suzuki: arriva la GSX-R1000 al prezzo lancio di 13.500 Euro Il nuovo listino in vigore dal 1° gennaio prevede la riduzione del prezzo del Sixteen 150 e del Burgman 200 G. È stata introdotta, inoltre, la nuova GSX-R1000 al prezzo di lancio di € 13.500
I
l nuovo listino in vigore dal 1° gennaio 2012, prevede la riduzione del prezzo dello scooter a ruota alta Sixteen 150cc posizionandolo allo stesso livello del 125cc oltre che e una diminuzione del prezzo del Burgman 200 “G”, versione conparabrezza maggiorato. · Sixteen 125 e 150 € 3.070 · Burgman 200 “G” € 3.990 È stata introdotta, inoltre, la nuova GSX-R1000 al prezzo di lancio di € 13.500, offerta valida sino a fine marzo. Dal 1° aprile2012 il prezzo di listino sarà di € 15.100. Tutti i prezzi si intendono Franco Concessionario e IVA compresa. 34
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33ESIMA EDIZIONE
SPECIALE DAKAR 2012
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23 Gennaio
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2012
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Dakar 2012, 1a tappa: Lopez (Aprilia) primo a Santa Rosa de la Pampa di Piero Batini | Dakar 2012, 1a Tappa: Via da Mar Del Plata. Rumbo al Oeste. Francisco Lopez (Aprilia) è primo a Santa Rosa de la Pampa. Muore il pilota argentino Jorge Martinez Boero
S
anta Rosa de la Pampa, 1 gennaio 2012 Si comincia male, con un episodio funesto che taglia le gambe alla Dakar appena partita. Il Pilota argentino Jorge Martinez Boero è morto durante l’effettuazione dell’unica, corta speciale della prima giornata di gara, a due chilometri dal traguardo. Jorge Andrés Martinez Boero, figlio dell’omonimo ex campione argentino Turismo Strada del 1982, alla sua seconda partecipazione alla Dakar ed in sella ad una Beta 450, è deceduto per un arresto cardiaco, fatale, conseguenza di un forte traumatismo toracico. Inutile il seppur rapidissimo intervento dei medici dell’organizzazione ed trasporto in elicottero verso
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il vicino ospedale di Mar Del Plata. Jorge Martinez Boero, sposato e padre di una bambina di due anni, è il secondo pilota che perde la vita durante una delle edizioni della Dakar Sudamericana. Nel 2009 scomparve Pascal Terry, e nel 2010 e 2011 altri due tragici eventi segnarono la corsa organizzata da ASO: la morte di Natalia Sonia Gallardo e di Marcelo Reales, civili investiti durante una prova speciale e nel corso di un trasferimento. La Dakar riprende e, naturalmente, andrà avanti. Non si è mai fermata, neanche quando il 14 gennaio 1986 morì il suo inventore, Thierry Sabine, caduto con il suo elicottero insieme a Daniel Balavoine, François-Xavier Bagnoud, Nathalie Odent e Jean-Paul Lefur. E così via da Mar del Plata, in fretta, con una mèta lontana, Santa Rosa della Pampa. Dopo lunghi giorni di compressione, 178 motociclisti hanno scaricato fiumi di adrenalina sulla pista e sui lunghi, primi chilometri di trasferimento. La Dakar 2012 è partita, e con essa l’avventura della 33ma edizione La prima tappa è, sulla carta, facile. Un primo trasferimento da Mar del Plata a Necochea, da dove prende il via la prima prova speciale fino a Energia, cortissima per gli “standard” del Raid per definizione, quindi un interminabile collegamento finale alla volta di Santa
Rosa de la Pampa. 800 chilometri di trasferimenti, meno di 60 per il primo test cronometrato, facili. Ma la Dakar non è mai facile, e bisogna impararlo (o ricordarlo) subito. Le prime tappe devono essere obbligatoriamente prese “con mucha calma”. Quello che è facile può esserlo solo apparentemente, ed il fiume di adrenalina che scorre nelle vene dei partecipanti deve essere rilasciato lentamente, perchè non si trasformi in una trappola. Cento chilometri da Mar del Plata, ed ecco Necochea. Da qui parte la prima Speciale, solo 57 chilometri. Pista di terra, un passaggio centrale di
una quindicina di chilometri di terreno sabbioso, sullo sfondo l’Atlantico, e ancora terra fino al traguardo. Francisco “Chaleco” Lopez è partito per la sua sesta Dakar con qualche apprensione. Non ha avuto molto tempo per verificare le sue reali condizioni di forma dopo l’incidente
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DAKAR
Pos.
Nome
Marca
1
LOPEZ (CHL)
APRILIA
2
COMA (ESP)
KTM
3
PIZZOLITO (ARG)
HONDA
4
CODY (USA)
HONDA
5
PRZYGONSKI (POL)
KTM
6
BARREDA BORT (ESP)
HUSQVARNA
7
SUNDERLAND (GBR)
HONDA
8
FARIA (PRT)
KTM
9
CASTEU (FRA)
YAMAHA
10
STREET (USA)
YAMAHA
del Tunisia, che lo ha tenuto per molti mesi lontano dalle piste, fino al Pharaons Rally, ed alla vigilia della partenza il cileno aveva preferito mantenere un profillo piuttosto basso sul suo potenziale. Ma poi, evidentemente, lo “spiritu” del combattente ha ripreso il sopravvento e, complice l’impegno moderato imposto dallo sviluppo della prima Speciale, Lopez ha rotto gli indugi ed è andato a vincere con la sua Aprilia 40
RXV 4.5 davanti a Marc Coma (KTM) e Javier Pizzolito (Honda). Pochi secondi di vantaggio sugli inseguitori, ma questa è già una prima, confortante indicazione dell’impegno a cui il fortissimo pilota cileno non si sottrae. Non fa ancora molto caldo, quando i Piloti passano lungo la Speciale, ma il terreno è secco, e la polvere nasconde le insidie, tipicamente un percorso disseminato di avvallamenti e buche. Meglio prendersela con calma, è la considerazione di molti, ed è anche quella di Cyril Despres, uno dei principali favoriti per la vittoria finale, che termina la Speciale al tredicesimo posto, a quasi due minuti dal vincitore. Più decisa l’azione di Marc Coma, Campione in carica della Dakar, che chiude 14 secondi alle spalle di Lopez Migliore degli Italiani al termine della prima tappa e Alessandro Botturi, al debutto tra le file del neonato BordoneFerrari Racing Team.
Anno
Numero
02
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CLASSIFICA MOTO
23 Gennaio
2012
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Il “Giallo” dei Quad esclusi dalla classifica Una prima polemica ha imperversato sul “Villaggio della Dakar” di Mar Del Plata. 9 Quad, degli oltre trenta iscritti, sono stati “ricusati” alle verifiiche, perchè non ritenuti configurati nel rispetto del nuovo regolamento tecnico della Dakar. In particolare sono state messe in discussione la cilindrata (900cc invece degli ammessi 750cc) e gli allestimenti, che non amettono mezzi ibrii costruiti con telaio e motore di diversa provenienza, e che devono potersi riferire ad un veicolo di serie omologato, con esclusione, quindi, dei prototipi. Nell’insieme ai Quad di Josef Machacek, Lukasz Laskawiec, Christophe Declerck, Rafal Sonik, Antoine Lecomte, Norberto Cangani e Maciej Albinowski è stato concesso di accedere alla classifica dei veicoli T3, i leggeri UTV per intendersi. 41
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23 Gennaio
Anno
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2012
02
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SPORT
La Dakar e la parte oscura della nostra passione di Piero Batini | Negli ultimi anni mi è parso di assistere ad una crescente consapevolezza, da parte dei partecipanti alla Dakar, della presenza del rischio in questa corsa appassionante da cui mi sono allontanato per poi riavvicinarmi
N
on è mai facile affrontare la parte oscura della nostra passione. Troppo spesso questa è dipinta dei colori dell’entusiasmo, con quella positività intransigente che accende i toni più vividi e tende a cancellare le tonalità meno avvincenti. La Dakar è una lunga storia di passione e di entusiasmi, ma è anche la storia triste di decine di tristissime vicende. La morte è l’altra facciata di uno sport rischioso, è l’emblema del rischio nella sua forma più acuta ed esemplare, ed anche, spesso, la più trascurata poichè non valutata, sottovalutata o ritenuta un evento del tutto fortuito, quindi ingestibile. Dalla sua prima edizione la Dakar ha iniziato a contare i suoi morti. Nel 1979 fu Patrick Dodin, caduto mentre tentava di allacciarsi il casco per prendere il via della tappa Agadez - Tahoua. Il 1° gennaio 2012 è la volta di Jorge Andrés Martinez Boero, padre di una bambina di due anni, e figlio d’arte, del Campione nazionale 1982 Turismo-Strada. Per una 42
Dakar sono morti piloti, copiloti, meccanici, giornalisti, cantanti, spettatori. Miti, personaggi indimenticabili o ai quali si era legati da un affetto al di là della relazione di ruolo, come Fabrizio Meoni. Sono morti mentre pilotavano, colpiti dalla pallottola di una disputa dissennata, come Charles Cabanne, o saltati in aria, come Laurent Gueguén, su una vecchia mina depositata per uccidere, ma in un’altra epoca non potuta cancellare completamente, travolti da un auto o da una moto in corsa. Quando un fatto luttuoso colpisce un evento sportivo, e non solo sportivo, certo, il mondo pare dividersi in più fazioni. C’è chi aggiorna il triste record, chi si sente immediatamente in dovere di condannare, chi chiama in causa il destino, chi si riferisce a circostanze del tutto fortuite, quasi estranee all’evento, chi si preoccupa di ammantare quest’ultimo di fatalismo e chi di enfatizzarne luoghi ormai divenuti comuni, come il lapidario “lo spettacolo va avanti”. Il Sud America è più sicuro dell’Africa, si diceva e si dice, ma nel 2009 Pascal Terry fu trovato privo di vita tre giorni dopo essere scomparso, in Argentina. Una mostruosità incredibile, somma di circostanze paradossali, ma che ha prodotto lo stesso, infausto esito di un incidente di guida, di corsa. Ho dovuto passare in rassegna parecchi di questi eventi, sempre troppi quando sono più di zero, ed ogni volta ho reagito allo stesso modo, incapace di reagire, inebetito dalla mostruosità del contrasto passione-morte. Incapace anche di assumere una posizione al riguardo, di intraprendere un’azione diretta tesa a lenire la tristezza. Negli ultimi anni mi è parso di assistere ad una crescente consapevolezza, da parte dei partecipanti alla Dakar, della presenza del rischio in questa corsa appassionante. Prima capitava anche di pensare che ci fosse una sorta di rifiuto, soprattutto da parte dei piloti, di ritenere la disgrazia un fatto possibile, o una possibilità che diventasse un destino proprio. E d’altro canto non mi sono mai sentito di accusare nessuno, in nessun modo, di leggerezza o di abuso di coraggio. Non per superficialità, ma
semplicemente perchè emettere un verdetto così grave è di per sè un abuso, per gli uomini di questa Terra. Dalla Dakar mi sono allontanato, per poi tornarvi, spinto, respinto e di nuovo attratto dalla passione per questa avventura per molti versi straordinaria, e non solo perchè fuori dall’ordinario. Quando morì Richard Sainct, Fabrizio Meoni disse che il suo amico era morto mentre faceva quello che gli piaceva. Mi ci è voluto del tempo per pensare che non era una ragione, una spiegazione, ma semplicemente la definizione di una circostanza. Da allora continuo a farmi la stessa domanda, ogni volta che capita, e mi rispondo che, tra le mille ragioni che determinano un fatto come quello del 1° gennaio 2012, del quale si è riluttanti a parlare, l’unica vera è proprio quella circostanza, che non modifica la gravità dell’evento e non lo posiziona in altro luogo che in un’atmosfera di indesiderata ed insopportabile tragedia. La Dakar è ed è stata una corsa con un alto potenziale di rischio. Oggi lo è meno perchè si è cercato in tutti i modi di correre verso una sempre maggiore, seppure irraggiungibile sicurezza
assoluta. Deve essere accettata, da parte di chi la vive, anche a queste condizioni, purchè se ne sia consapevoli e non si ritenga il pericolo una cosa che non ci riguarda. O rifiutata, se non c’è ragione al mondo per accettare il fatto che porti in sé la possibilità di un rischio fatale. Non c’è ricerca di morale, in quello che scrivo, è solo un pensiero che non mi lascia da quando ho saputo, e che è rivolto a tutti i cari di Jorge André Martinez Boero, che non ho mai conosciuto ma che condivideva la nostra stessa passione. 43
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23 Gennaio
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2012
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Dakar 2012, 2a Tappa. Vince Coma (KTM), Despres e Barreda ai posti d’onore di Piero Batini | Ancora 800 chilometri, pochi meno, per la seconda tappa della Dakar 2012. Partenza da Santa Rosa de la Pampa ed arrivo a San Rafael
S
an Rafael, 2 gennaio 2012 I contrafforti delle Ande si ergono vertiginosi in lontananza, ad Ovest. Partenza della speciale non lontano da Algarrobo del Aguila, ed arrivo sulle sabbie vulcaniche grigiocenere di Nihuil. Ma prima, per cominciare, un lunghissimo trasferimento di 400 Km, con partenza da Santa Rosa che è ancora notte. Quindi i 295 chilometri cronometrati. Fondo duro e sassoso, veloce, nella prima parte, duro e rapidissimo nella parte finale prima di affontare il teatro delle dune di Nihuil, decisamente più lento e guidato. La prima parte della PS registra subito il ritorno, prevedibile, di Cyril Despres,
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che si porta al comando sfruttando l’ordine di partenza (13° al via questa mattina da Santa Rosa de la Pampa). Una tattica “normale”, che impone al francese di sostenere un ritmo elevato, pur con una minore necessità di dedicare troppa attenzione alla navigazione, e di effettuare un buon numero di sorpassi per portarsi a ridosso di Lopez e Coma, apripista della seconda PS. Nella seconda parte della Speciale Marc Coma riprende il sopravvento (ma stiamo parlando di qualche manciata di secondi, in più o in meno), con un ritmo infernale a velocità molto elevate (dell’ordine dei 160 KM/h). Lopez resta al terzo posto, con un ritardo che varia tra i trenta secondi ed il minuto. Scende Javier Pizzolito e salgono Quinn Cody (Honda) e Joan Barreda, alla guida di una delle cinque Husqvarna del Team tedesco SpeedBrain. Al passaggio all’ultimo waypoint della Speciale (meno di cinquanta KM dalla partenza) torna per un momento in testa Cyril Despres, davanti a Marc Coma e Francisco Lopez. L’ordine d’arrivo della seconda tappa diventa definitivo solo quando Marc Coma taglia il traguardo finale e vince davanti a Cyril Despres e Joan Barreda. Lopez scende al quarto posto, ma è un arrivo “logico”, che tiene conto del gran lavoro svolto dal cileno che si è incaricato del maggior impegno di navigazione. L’arrivo di San Rafael conferma anche l’autorità con cui i principali favoriti al successo finale interpretano la loro parte in queste primissime
fasi della corsa. Per buona pace di quegli incontentabili denigratori che volevano farci credere Coma e Despres al capolinea del loro epico ciclo di supremazia. Ancora una grande tappa di Alessandro Botturi, primo degli italiani nella Dakar dell’esordio del gigante di Lumezzane. Le prime dichiarazioni “Sta andando benino, dai - ha dichiarato Alessandro Botturi-.
Gara difficile, fa caldo e la pista era piuttosto bruttina. Ma la corsa è bella, la Dakar è la Dakar. Bisogna fare molta attenzione alla navigazione, ma mi aspetto maggiori difficoltà nella tappa di Fiambala”.
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KTM
2
DESPRES (FRA)
KTM
3
BARREDA BORT (ESP)
HUSQVARNA
4
LOPEZ (CHL)
APRILIA
5
PRZYGONSKI (POL)
KTM
6
CASTEU (FRA)
YAMAHA
7
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
8
PIZZOLITO (ARG)
HONDA
9
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
10
FARIA (PRT)
KTM
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23 Gennaio
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2012
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di Piero Batini | Ancora 800 chilometri, pochi meno, per la seconda tappa della Dakar 2012. Partenza da Santa Rosa de la Pampa ed arrivo a San Rafael
S
an Rafael, 2 gennaio 2012 Se fa male svegliarsi e scoprire dentro la Dakar il germe della tragedia (non è finita lì, ieri, per il capodanno della 33ma edizione: Luis Soldavini, 37 anni, ed il figlio Thomas, di 11, che sorvolavalano la corsa con un ultraleggero sono precipitati ed hanno perso la vita) fa, 48
invece, veramente bene ritrovare una Dakar intatta sotto il profilo delle aspettative agonistiche che si sono formate nei lunghi mesi della sua infinita istruttoria. A differenza di ogni altra corsa, la Dakar è un obiettivo singolo, unico. Di una stagione intera, a volte di una vita, e per questo i moventi che ispira sono tremendamente importanti. Chiaro: il proposito di tutti è centrare quell’obiettivo, sia esso uno qualsiasi, ma non è mai di bassa lega, o uno commisurato con il proprio potenziale umano e sportivo, già precedentemente espresso, ed in questo caso l’asticella viene posizionata un po’ più in alto, o in attesa di divenire manifesto. I Piloti della Dakar sono “animali da corsa”, gente con una marcia in più sotto molti
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02
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Dakar 2012, 2a Tappa. “Animali” da Corsa. Lopez, Botturi e Aubert
23 Gennaio
2012
aspetti. Sono caratterizzati da una resistenza fisica ed un potere di concentrazione fuori dal comune, hanno coraggio e quel livello di determinazione che vorremmo avere tutti. Credete, il tempo degli inscoscienti, estrosi ed un po’ fuori di testa, che si lanciavano allo sbaraglio, è finito. Oggi il Pilota che parte per una Dakar porta sulle spalle un bagaglio di doti umane, di talento e, naturalmente, psico-fisiche fuori dall’ordinario. Un bagaglio pesante ed esplosivo, la cui miccia è comune, per tutti: la passione per questo genere di corse, per questo Rally. Francisco Lopez Francisco Lopez, 36 anni, ha davvero rischiato la vita in Tunisia, neanche un anno fa, ed avrebbe potuto smettere di correre e dedicarsi a qualcos’altro o, in modo meno traumatico, “riciclarsi” come pilota di auto o di Camion. No. La sua passione è correre in moto alla Dakar. Sospeso per mesi tra il poter continuare a correre in moto ed essere obbligato a smettere, “Chaleco” ha perseverato nella preparazione per la Dakar, impegnandosi e sacrificandosi per un obiettivo tutt’altro che certo: riuscire a partire per la sesta volta. Non più obiettivi di gloria ma, semplicemente, come per molti amatori, riuscire ad essere al via. Pochi giorni prima della
partenza Francisco ha convocato una conferenza stampa, ed io ho temuto che in quell’occasione avrebbe dato l’annuncio della sua resa. Invece non è stato così. Lopez ha riassunto freddamente la sua situazione, definendola non ottimale. Il recupero non è completo, la preparazione fisica non sufficiente per “reggere” un’intera Dakar. Ma la decisione è stata ugualmente ferma: partire, e monitorare giorno per giorno le sue condizioni. Il primo giorno non contava molto, ma ha finito per essere fondamentale. Tornare a vincere, seppure in una corta speciale come quella della prima tappa, è il visto di ritorno del Pilota, la certificazione 49
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che tutto il suo talento è ancora a disposizione. La seconda tappa era, invece, “autentica”. Lunghissima, con una speciale velocissima e rischiosa, con un caldo asfissiante. Lopez ha aperto la pista per buona parte della giornata, ha concluso con un eccezionale quarto posto, è secondo in classifica generale. In tre parole: Lopez c’è. Alessando Botturi Alessando Botturi, 36 anni. Campione di Rugby, Campione di Enduro. Un fisico colossale, la passione per le gare “dure”, estreme, un carattere calmo, semplice e determinato. 50
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Johny Aubert Quello di Johnny Aubert, 31 anni, è il debutto di questa Dakar che preferisco. Posso avere simpatia per un pilota? Essere tifoso anche io? Bene: io tifo per Johnny Aubert. Aubert è stata una
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Il nuovo Team Bordone-Ferrari è nato anche, almeno un po’, attorno al Campione di Lumezzane, che non si capacita ancora della fortuna che ha avuto, entrare alla Dakar... dalla porta principale. Dopo due giorni di gara Botturi è il migliore degli italiani, sedicesimo assoluto, ed anche questo è un fatto a cui stenta a credere. Per due volte Alessandro ha dovuto imparare a fare qualcosa di importante, e per due volte è riuscito a farlo bene. Nessun dubbio che cercherà di fare altrettanto la terza volta che riparte da zero. Botturi è spinto da una passione spropositata per questa corsa, è ancora più sognante che “presente”, e si rammarica continuamente di non essere ancora pronto per questo genere di corse, di non essere ancora padrone delle necessarie tecniche di navigazione. Però è contento, attento, umile e determinato come non mai. Perchè la Dakar gli piace.
23 Gennaio
2012
grandissim promessa, mancata, del Motocross francese, ed ha buttato via una carriera, anche per colpa sua. Nell’Enduro è arrivato grazie a Filippo “Pippo” Lamotte, che dice di averlo messo “in riga”. Ma Pippo scherza, perché non è vero. Johnny si è messo in riga da solo, è diventato due volte Campione del Mondo ed è uno dei più forti Piloti, in assoluto, oggi in circolazione. Talento a parte, in Aubert confluiscono due caratteristiche difficili da miscelare: una calma prossima alla freddezza e l’entusiasmo travolgente. Riuscire a dare a questa miscela esplosiva un equilibrio controllato diventa una forza (talento a parte, ancora). Sin da bambino Aubert ha coltivato un sogno, messogli in testa dal padre: correre alla Dakar. Per oltre un anno si è avvicinato con circospezione al sogno, trasformandolo pian piano in una realtà praticabile. Finalmente, chiuso il Mondiale 2011, Johny è partito per Mattighofem deciso: o lo lasciavano partecipare alla Dakar o smetteva. Ed eccolo, anche lui, “dentro” attraverso la porta principale, ufficiale KTM (anche se con un profilo più basso). Nella prima tappa Aubert si è “incartato” un paio di volte con il trip che non funzionava, nella seconda è caduto, ha piegato il manubrio ed è rimasto fermo per aggiustare
la moto, perdendo una diecina di posizioni. All’inizio si è innervosito, perchè sentiva addosso la pressione del tempo perso, come il Pilota di Enduro. Poi ci ha sorriso sù e, come un Campione consumato, ha imparato la lezione della pazienza, della calma necessaria per affrontare quindici giorni di inferno con i nervi saldi. Ha capito anche quanto sia diverso correre contro il tempo ad una velocità relativamente bassa e passare, invece, un’intera giornata sempre, o quasi, lanciato come un missile. La Dakar si vince prima di tutto dentro la testa. 51
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
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2012
02
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Dakar 2012, 3a Tappa. Vince Cyril Despres (KTM) di Piero Batini | Secondo posto all’olandese Frans Verhoeven (Sherco) e 3° Paulo Gonçalves (Husqvarna). Marc Coma (KTM) si perde e regala all’avversario “storico” la leadership. 10 minuti da recuperare per lo spagnolo
S
an Juan, 3 gennaio 2012 Poco meno di 300 chilometri di trasferimento, e 270 di Prova Speciale, con partenza dalla cittadina di Uspallata. La terza tappa della Dakar 2012 scorre l’allineamento della Cordillera verso Nord e collega San Rafael a San Juan con sensibili escursioni altimetriche, tre volte ai tre mila metri s.l.m ed una “picchiata giù fino ai mille metri per il rifornimento di metà Speciale. La prova cronometrata è dura, su terreni pietrosi ed insidiosi, con passaggi molto tecnici e guidati in un contesto paesaggistico a tratti sontuoso, a tratti difficile tale da richiamare
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il massimo impegno di concentrazione nella guida. Il primo test espressamente “dedicato” alla robustezza della meccanica, della ciclistica e dell’allestimento delle macchine da “guerra” della Dakar. Cyril Despres deve andare all’attacco del “nemico”, sin dai primi chilometri della Speciale, se vuole erodere la distanza, quasi 3 minuti nella generale a San Rafael, che lo separa dal leader della provvisoria, Marc Coma. Il francese parte a testa bassa, sfruttando l’ordine di partenza, due minuti di intervallo tra un concorrente e l’altro. Al primo Controllo di Passaggio, attorno al 40° KM, Despres recupera una ventina di secondi. Cyril mette pressione a Coma, la sua strategia è chiara e senza alternative: sfruttare le partenze posticipate rispetto ai battistrada, ed evitare di aprire la pista e di correre “navigando” per gli altri. Niente di “moralmente” scorretto. Una volta che un concorrente passa a comando, gli altri possono “sfruttare” il suo lavoro. Al rifornento, però Marc Coma ha già reagito all’attacco del “collega”, e torna in testa con 15 secondi di vantaggio su Despres. L’olandese Frans Verhoeven ed il portoghese Goncalves si lanciano alla conquista di un podio, e si contendono la terza piazza provvisoria, due minuti più in basso degli inarrivabili Coma e Despres. Ancor più indietro, a partire da
tre minuti (e stiamo parlando dei primi cento Km della Speciale!) Lopez, che si è perso per alcuni chilometri, Rodrigues, i “portatori d’acqua” di Coma e Despres, Marc Pedrero e Ruben Faria. Si delinea abbastanza chiaramente, così, anche un altro spartiacque tattico, non nuovo alla Dakar da ormai diversi anni: se Coma e Despres hanno rotto gli indugi e lanciato la loro sfida personale uno contro l’altro e contro la Dakar, agli altri piloti non resta che optare per una tattica più attendista, quasi in un atto di sottomissione ai
due iper-Campioni. Lopez, Rodriguez, Pain, Casteu, tutti hanno scelto questa strada. Ed è a questo punto che si mettono in mostra quelli che vivono la Dakar giorno per giorno, andando alla ricerca di un momento di gloria, come Verhoeven,
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
CASTEU (FRA)
YAMAHA
4
LOPEZ (CHL)
APRILIA
5
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
6
GONCALVES (PRT)
HUSQVARNA
7
PIZZOLITO (ARG)
HONDA
8
VILADOMS (ESP)
KTM
9
GARCIA (ESP)
KTM
10
FARRES GUELL (ESP)
KTM
Goncalves, appunto, o Przygonski. A meno di 80 chilometri dal traguardo il colpo di scena che da una nuova forma alla tappa e alla corsa. Marc Coma, che è passato dal CP 3 con soltanto due secondi di vantaggio, parte su una pista nella direzione sbagliata, e copre un “extra” percorso di una diecina di chilometri, perdendo il comando della tappa e la leadership della corsa. Un errore di navigazione, importante, che costa allo spagnolo un ritardo 54
vistoso. Il momento è particolarmente proprizio per Cyril Despres, che può rallentare e controllare il finale della sua tappa, consapevole di aver ricevuto un regalo importante, e sinceramente “inedito” ed insperabile, proprio dal suo avversario “storico”. Al traguardo Cyril è molto stanco, provato dalla durezza della tappa e dal caldo sofferto, ma la sua classifica diventa il miglior ristoro per il nuovo leader della generale, oltre dieci minuti davanti a Coma. Forti distacchi alle spalle del vincitore della terza tappa, Verhoeven e Goncalves e otto minuti, Helder Rodrigues a dieci, Alain Duclos e David Casteu a undici. Marc Coma taglia il traguardo in settima posizione, 13 minuti alle spalle di Despres. Cade ed è costretto al ritiro l’americano Quinn Cody, soccorso dall’assitente veloce di Marc Coma, Marc Pedrero. Dakar dura? Sì, Dakar durissima, sin dalle prime battute. Nel corso della seconda tappa si è ritirato Alex Zanotti, fermato da un problema di mousse (i “salsicciotti” usati al
posto delle camere d’aria) e di motore a causa di un rifornimento con carburante “sporco”. Alex è rimasto a lungo fermo nel deserto, sotto il sole, tentando di aggiustare, e non ha esitato a chiamare i soccorsi quando ha avvertito i primi sintomi di un colpo di calore. Fa molto caldo, oltre 40 gradi all’ombra al bivacco disposto nell’autodromo El Zonda di San Juan. Peggio è andata al francese Sebastien Coue, trovato privo di conoscenza nelle dune di Nihuil per una crisi ipertermica, e trasportato all’ospedale di San Rafael ormai in coma. Ora Sebastien sta meglio, la crisi è superata. Sta meglio anche Bruno da Costa, il simpatico francese che ha avuto un terrificante incidente andando a collidere con una... mucca (la sua moto è andata a fuoco) lungo il percorso della seconda Speciale, ed è ripartito l’argentino Sergio Cerdera, che ha investito un cavallo durante il trasferimento. 55
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DAKAR
di Piero Batini | Come è possibile che uno come Marc Coma sbagli strada? E quanto può contare un errore come questo? Tipi di errore
S
an Juan, 3 gennaio 2012. La modalità dell’errore di Coma è stata chiarita. Marc ha sbagliato strada al chilometro 162, là dove sulla pista si presentava un bivio di non secondaria importanza. Il percorso della terza tappa, infatti, prevedeva due tracciati diversi per le moto e per le auto, con una prima parte, fino al KM 162, appunto, in comune. Le piste prendevano direzioni diverse per poi ricongiungersi in prossimità dell’arrivo di tappa a San Juan. Caldo infernale, piste dannate disseminate di sassi e trabocchetti, navigazione, guarda caso, “appuntita”, andatura decisamente sostenuta, nessuna traccia sulla pista, poichè nessun altro pilota era passato prima di lui, ed il compito ingrato di decifrare in perfetta solitudine le note del road book aprendo la strada ai piloti che lo seguivano, primo fra tutti Cyril Despres con “il dento avvelenato”. Questo è lo scenario in cui si è trovato Marc. La nota “incriminata” era stata evidenziata sul road book di Coma, come tutte quelle che rappresentano un potenziale di errore che può 56
essere determinante (o che riferiscono di una situazione potenzialmente pericolosa), ma in quel punto Marc, pensando ad un CP che gli organizzatori avevano inizialmente previsto, e che poi era stato cancellato, si è confuso, quel tanto che basta per sbagliare e lanciarsi ignaro sulla pista riservata alle auto. Sfortuna vuole che la nota successiva fosse posizionata sei chilometri più avanti, e così solo dopo aver percorso quel tratto Coma ha potuto rendersi conto che si trovava sulla pista sbagliata. Sei KM ad andare, sei a tornare per riprendere la direzione corretta, ed ecco che dieci minuti si erano aggiunti alle fatiche, non poche, della giornata, e venivano offerti su un vassoio d’argento al vincitore della terza tappa e nuovo leader della corsa, Cyril Despres. Coma ha provato a forzare l’andatura per limitare i danni, ma la pista era in quel tratto particolarmente insidiosa, e prendere dei rischi per recuperare una piccola parte del tempo perduto avrebbe potuto rapresentare un errore ben più grave. Un “semplice” errore, dunque, un attimo di confusione, che molti hanno definito clamoroso, condannando allo stesso tempo la corsa di Coma. Non è vera né l’una né l’altra cosa. Innanzitutto di errori come questo i Piloti ne fanno più di uno durante una corsa lunga come la Dakar, quello che cambia è la “gravità”, in termini di conseguenze, dell’errore, ed in questo caso è comprensibile che dieci minuti “regalati” all’avversario siano da considerare “clamorosi”. E non è vero che la corsa di Coma è condannata. Non è certo come in quel venerdì nero del gennaio 2007 quando Marc Coma, proprio lui, largarmente in testa alla corsa ad una tappa dalla fine, sbagliò strada e, preso dal panico, andò ad urtare il ramo di un albero, cadde e rimase per qualche attimo privo di conoscenza, a sei chilometri dalla pista giusta, e fu costretto al ritiro. Cyril Despres, fino a quel momento anni luce dietro al campione catalano, ebbe in “regalo”, come ieri la terza tappa della 33ma edizione, la vittoria della Dakar. Gli errori di navigazione L’errore di navigazione è un elemento chiave nello svolgimento dei Rally, ed è la dimostrazione pratica di quanto sia importante la
Anno
Numero
02
45
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Dakar 2012, 3a Tappa. Anche i campioni sbagliano
23 Gennaio
2012
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navigazione e complessa la disciplina, specialmente per i motociclisti che devono fare tutto da soli. L’errore di navigazione è fondamentalmente di tre tipi. C’è quello legato alla cattiva interpretazione della nota del road book, quando cioè in presenza di una cambio di direzione lo sbaglio è totale, quello dello scambio di note per il non perfetto allineamento delle note con il tripmaster (il conta chilometri delle “navi” del deserto della dakar), ed in questo caso succede che uno interpreta correttamente la nota del road book... salvo che la nota giusta non è quella, ma lo è quella subito prima o subito dopo, e quello derivante da una disattenzione, anche di un solo, brevissimo attimo, nel quale il pilota per un motivo o per un altro pensa ad altro o non presta sufficiente attenzione alla navigazione. Marc Coma ha commesso quest’ultimo tipo di errore, come detto abbastanza comune e solo più raro in un Campione come il catalano. Un errore che dovremmo considerare banale, non fosse che è stato punito con una “sanzione” rilevante, esemplare. Le conseguenze Lo scenario che si presenta adesso è tutt’altro che deludente. Mancano “solo” undici tappe alla fine. Il che vuol dire che Marc Coma deve recuperare meno di un minuto al giorno, in media, all’avversario, per recuperare l’errore della terza tappa e ri-allinearsi al pronostico che lo vuole principale favorito. Credo che Coma
tenterà di compiere “l’operazione” in un numero minore di tappe, diciamo tre non consecutive, scatenando un altro tipo di inferno di cui solo lui è capace, avendolo già dimostrato in passato. Questo non vuol dire fare i conti senza l’oste, ovvero considerare Despres alla stregua di uno sparring partner. A Despres è data l’occasione di amministrare la corsa con un vantaggio vistoso, e di gestirla rintuzzando gli attacchi del nemico utilizzando tutto il talento di cui il francese è depositario. Despres non ha ancora vinto, e Coma non ha ancora perso. La corsa si accenderà di un nuovo, stimolante interesse, ed a farne le spese, probabilmente, saranno “the others”, che si vedranno ulteriormente rubata un’altra fetta di scena. 57
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DAKAR
di Piero Batini | Affare a due. Marc Coma (KTM) vince e recupera due minuti a Cyril Despres (KTM), secondo al traguardo di Chilecito. Helder Rodrigues (Yamaha) è terzo
C
hilecito, 4 gennaio 2012 La Prova Speciale della quarta tappa è lunga 326 chilometri e parte dalla cittadina di Guandacol, ma prima e dopo la prova cronometrata i concorrenti devono “subire” ancora due lunghi trasferimenti, di 270 KM prima della PS e di 150 dopo, per un totale di oltre 400 KM. Cresce la lunghezza delle prove e si mantiene elevato il chilometraggio dei trasferimenti. Grande fatica. Attraverso la provincia della Rioja i terreni sono ancora una volta “scassamacchine”, duri, con molti torrenti in secca, polvere e pietre ovunque. Impossibile fissare un ritmo decente e “respirare”. Come nella tappa
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precedente, la navigazione gioca un ruolo chiave, e siamo ancora ben lontani dalle lunghe tirate “al Cap” per diecine di chilometri. Molti bivi, cambi di direzione e piste che partono per le più disparate direzioni. Neanche a dirlo, il caldo e la fatica accumulati nelle prime giornate di gara cominciano a lasciare il segno, e la “roulette” dei colpi di scena è sempre in agguato. I paesaggi maestosi della Cordillera scorrono ad Ovest, quasi i piloti stessero cercando un varco per passare dall’altra parte, in Cile, dove la Dakar si distenderà nel deserto di Atacama. Giornata difficile per lanciare un attacco, più che mai opportuna per fare attenzione alle meccaniche e ridurre al minimo i rischi. Navigazione e ritmo sono un incubo. Meno di cento chilometri e Paulo Goncalves, terzo a traguardo di San Juan, è già perso verso Ovest mentre tutti gli altri seguono la pista giusta verso Nord Est. La media generale della corsa cala, Despres, costretto ad aprire la strada, non ha nessun interesse a forzare l’andatura, e si lascia avvicinare da Frans Verhoeven, il funambolico olandese della Husqvarna. Marc Coma spinge più forte, è obbligato, ed anche se il terreno non è l’ideale il Campione in carica deve sfruttare il vantaggio di partire cinque posizioni alle spalle di Despres. Il recupero inizia già nella parte più alta della Speciale, a più di 3.000 metri di altitudine, quando lo spagnolo erode oltre due minuti al leader della corsa, conducendo davanti all’idolo
Anno
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02
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Dakar 2012, 4a Tappa. Bis di Coma, che vince e recupera su Despres, secondo
23 Gennaio
2012
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sudamericano Francisco Lopez. Despres si riprende ed aumenta la propria andatura, e riduce a meno di due minuti lo svantaggio poco prima della sosta per il rifornimento, circa 140 KM dalla partenza. La distanza tra i due Super Campioni cresce progressivamente e si accorcia, un “elastico” riservato solo ai due Assi. Helder Rodrigues, il portoghese Campione del Mondo protagonista di una gara molto accorta, si unisce per la prima volta in questa Dakar ai “colleghi”, e ricompone il “trittico” che ha guidato la Dakar e
l’intera stagione 2011. Dopo il rifornimento Marc Coma, partito in Speciale dieci minuti dopo Despres, decide che è arrivato il momento di provarci. Alza il ritmo ad un limite insostenibile per Despres, e recupera rapidamente, chilometro
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DAKAR
SPORT
CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
LOPEZ (CHL)
APRILIA
5
CASTEU (FRA)
YAMAHA
6
GONCALVES (PRT)
HUSQVARNA
7
VERHOEVEN (NLD)
SHERCO
8
GARCIA (ESP)
KTM
9
VILADOMS (ESP)
KTM
10
FARRES GUELL (ESP)
KTM
dopo chilometro, un minuto circa ogni 50, 60 chilometri. Il suo vantaggio cresce di conseguenza e sale fino a toccare un massimo di quasi quattro minuti a circa cento chilometri dalla fine della Speciale. Helder Rodrigues, Joan Barreda, Paulo Goncalves, Francisco Lopez sono sempre più indietro, tra i sei ed i dieci minuti. Nel finale Coma cala un poco, ed a Condado, dove è posizionato il traguardo, Cyril Despres, che si è incaricato di “navigare” per 60
23 Gennaio
Anno
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2012
02
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oltre 300 chilometri, transita per primo, quattro ore e diciotto minuti dopo essersi lanciato in Speciale. Il francese si ferma e comincia contare. I minuti passano. Cyril ne conta otto prima che anche Coma passi sotto lo striscione. Lo spagnolo, che vince la tappa davanti a Despres, Verhoeven e Rodrigues, ha recuperato poco più di due minuti. La Dakar è solo iniziata! Una preoccupazione incombe da ieri sulla Dakar. Al Passo San Frasisco, transito verso la regione di Atacama, in Cile, della carovana della Dakar previsto per venerdì, intanto, imperversa una tempesta di neve, e l’accesso dalla parte argentina è bloccato. Le previsioni non sono rassicuranti, e stride un po’ pensare ai contrasti termici ai quali saranno sottoposti i partecipanti della Dakar 2012. La logistica dell’intera corsa è appesa al filo di decisioni da prendere all’ultimo momento in funzione dell’evoluzione del meteo. 61
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MOTOGP
DAKAR
di Piero Batini | Secondo successo anche per Despres, che precede Coma sul traguardo di Fiambala. Terzo Barreda. Rimaneggiata la tappa argentina più temibile: speciale ridotta a 186 km
F
iambala, 5 gennaio 2012 Per Marc Coma non è la tappa ideale per recuperare, non lo è affatto. Lo spagnolo deve aprire la pista, quindi correre i maggiori rischi legati alla navigazione, ed in ogni caso lascia sulla pista le chiare tracce del suo passaggio. Come dire: “Seguitemi!” agli altri. Il chilometraggio totale della prova, inoltre, accorciata in conseguenza delle pessime condizioni atmosferiche che hanno devastato la parte finale della Speciale inizialmente prevista, è ridotto a 186 chilometri, e non è su una distanza così corta che lo spagnolo può pensare di fare una differenza significativa. E così, al primo waypoint, Despres è in
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testa, poco meno di un minuto di vantaggio sullo spagnolo. Intanto Frans Verhoeven, il Pilota Sherco terzo al traguardo della 4a tappa, si ferma ad una quindicina di chilometri dal via, riesce a ripartire dieci minuti dopo, ma l’olandese è costretto a nuove soste e quindi a rientrare al bivacco di partenza. Anche Francisco Lopez procede più lentamente nei primi chilometri della Speciale, e così Alain Duclos, il francese che presta i sui servizi al pilota cileno dell’Aprilia. Marc Coma gioca la carta di portare Despres fuori strada, e prende una direzione più a Nord rispetto al road book, ma il francese non abbocca ed i “duellanti” rientrano presto sulla pista giusta. Il vantaggio di Despres su Coma si mantiene perfettamente costante anche al primo controllo di passaggio, due terzi della Speciale. Al CP del KM 128 resta comunque inesorabile il “gap” imposto da Marc e Cyril ai Piloti inseguitori, nell’ordine Helder Rodrigues, Joan Barreda, il 29enne slovacco Stefan Svitko ed il primo “ufficiale” Yamaha, David Casteu. L’Aprilia di Francisco Lopez è decima, dieci minuti di ritardo dalla testa della corsa. L’ultimo terzo della Speciale è perfettamente ininfluente Despres, incollato alla ruota di Marc Coma, allunga ancora, leggermente, sullo spagnolo, e chiude con il secondo successo personale in questa Dakar, un minuto e quarantuno secondi di vantaggio
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Dakar 2012, 5a Tappa: successo per Despres, che precede Coma e Barreda
23 Gennaio
2012
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su Coma. Tutto da rifare per lo spagnolo, che torna a dieci minuti dal francese nella generale provvisoria. Al terzo posto chiude lo spagnolo Joan Barreda, con la Husqvarna-SpeedBrain, al quarto Stefan Svitko (KTM) ed al quinto Jordi Viladoms (KTM). Finale con piccolo colpo di scena, invece, per il portoghese Helder Rodrigues, terzo fino al Controllo di Passaggio, che si è perso nell’ultimo tratto della Speciale ed ha chiuso con oltre venti minuti di ritardo. Alessandro Botturi, primo degli italiani, è sedicesimo.
La tappa “riformattata” Una giornata relativamente corta, con un trasferimento iniziale di soli 150 chilometri, e la Prova Speciale di 265. Questo il programma originale, sulla carta, della 5a tappa della Dakar 2012, per le moto. Le auto,
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DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
LOPEZ (CHL)
APRILIA
5
GONCALVES (PRT)
HUSQVARNA
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VILADOMS (ESP)
KTM
7
CASTEU (FRA)
YAMAHA
8
FARRES GUELL (ESP)
KTM
9
SVITKO (SVK)
KTM
10
GARCIA (ESP)
KTM
infatti, sono inviate su un altro tracciato, più a ovest, e non interferiscono con la gara della moto. Quello che la “carta” non dice è che la Speciale delle dune di Fiambala, un “catino” di sabbia incastrato tra il Cierro Morado e le cordillere di San Buenaventura e della Ande, è un autentico inferno, ormai inserito nell’antologia della Dakar sudamericana come un vero spauracchio, un passaggio cruciale sulla via di Lima. Dopo venti chilometri di pista, 64
che diventa strettissima su uno strapiombo da paura, i concorrenti incontrano la sabbia, e lì la Dakar cambia totalmente faccia per circa 75, micidiali chilometri. Sabbia bianchissima, soffice ed impalpabile a causa del calore insopportabile che caratterizza questa fornace protetta dalle montagne, assenza quasi totale di piste e di riferimenti, fuoripista totale per chilometri e chilometri. La navigazione cambia fisionomia e diventa cruciale, perchè prendere una direzione sbagliata può voler dire andarsi ad infilare in un incubo, così come rimanere intrappolati nella sabbia e sputare sangue per tirare fuori la moto e farla ripartire. Quest’anno, però, qualcosa è cambiato. Ha piovuto molto, e le piste in terra della seconda parte della Speciale sono distrutte, troppo anche per la “cinica” mente dell’organizzatore di una Dakar. Così è stata eliminata la parte finale della PS, ed i concorrenti hanno fermato il cronometro al chilometro 186, in corrispondenza con
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Numero
02
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CLASSIFICA MOTO
23 Gennaio
2012
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la zona di rifornimento previsto inizialmente. La pioggia e l’abbassamento delle temperature, inoltre, hanno reso più “consistente” la sabbia, rendendo i passaggi meno critici. la “riformattazione” ha reso l’Inferno di Fiambala solo una tappa di avvicinamento all’insolito inverno delle Ande che attende i concorrenti al confine con il Cile. Domani è Copiapo, Cile, Passo San Francisco, 4.748 m s.l.m, permettendo. 65
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
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2012
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Dakar 2012. Annullata la sesta tappa per il maltempo sulla Cordillera di Piero Batini | A causa del maltempo sulla Cordillera delle Ande, la sesta tappa della Dakar 2012 è stata annullata dall’organizzazione. La gara riprenderà sabato 7 con l’anello di Copiapo
L
a sesta tappa della Dakar, programmata tra Fiambala e Copiapo era sospesa ad un filo... metereologico. Purtroppo il filo si è spezzato, e la tappa è annullata. I concorrenti avrebbero dovuto transitare in trasferimento attraverso il Passo San Francisco, un luogo di una bellezza da capogiro, a 4.748 metri sul livello del mare, prima di affacciarsi sulla Laguna Verde e, da lì, scendere fino alla partenza della sesta Prova Speciale, su 66
un tracciato previsto di 247 chilometri fino alla città di Copiapo. Un primo tratto di terreno duro e quattro sezioni di dune nel Deserto di Atacama, definito “il più arido del Mondo”. la tappa sarà completata, invece, in trasferimento, tutti i mezzi in convoglio. Ecco la traduzione del comunicato dell’Organizzazione, diramato in serata: “Tenuto conto del continuo aggravarsi delle condizioni meteo sulla Cordillera delle Ande (pioggia e neve), le autorità cilene sono state costrette a chiudere per questa sera la frontiera al Passo San Francisco, che culmina a 4.700 metri. Per la settima volta la Dakar si appresta a passare la Cordillera delle Ande, e tenuto conto delle condizioni molto sfavorevoli, che si aggiungono al degrado del percorso battuto in queste ultime ore dalla pioggia e dalla neve, preoccupati di garantire la sicurezza dei concorrenti e degli accompagnatori, gli organizzatori hanno deciso di far
passare in convoglio l’insieme dei veicoli domani.” Il convoglio, dunque, percorrerà in trasferimento il tratto compreso tra Fiambala ed il Passo San Francisco e, dopo aver passato la frontiera cilena, proseguirà sulla strada in direzione della località Diego de Almagro, vicina alla città di Copiapo. Tra i commenti circolati ce n’è uno che suona più o meno così: “Sospendere la Dakar per il maltempo è come uscire tutti dal cinema perchè il film horror fa paura!”. In realtà il Passo San Francisco era chiuso da due giorni, e la decisione degli organizzatori, seppure “tirata” è senza dubbio assennata e sostenuta da motivazioni responsabili. La Gara riprenderà sabato 7 con l’anello di Copiapo, un circuito con partenza ed arrivo nella città del Nord del Cile. 154 chilometri di trasferimento e ben 419 di Prova Speciale. Durante la Dakar del 2009 la tappa tra Copiapo e Fiambala, la stessa
prevista per oggi ma da disputarsi in senso inverso, fu ugualmente annullata poichè le previsioni meteo avevano annunciato nebbia al mattino sulla città cilena. Aggiornamento del bollettino della sfortuna degli italiani. Dopo i ritiri di Alex Zanotti, Maurizio Frigerio e Franco Panigalli, sono fuori fuori gara anche Andrea Gallo (frattura dello sterno), Andrea Fesani e Federico Ghitti. 67
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MOTOGP
DAKAR
di Piero Batini | La giornata di “riposo” obbligata determinata dall’annullamento della sesta tappa concede ai Piloti un’occasione insperata per tirare il fiato. Un break utile, forse antipatico al solo Coma...
L
a giornata di “riposo” obbligata determinata dall’annullamento della sesta tappa concede ai Piloti un’occasione insperata per tirare il fiato. Non è una vera e propria giornata di riposo, come lo sarà domenica 8 gennaio, ma è comunque un break utile, forse antipatico al solo Marc Coma che ha di fatto una 68
giornata di gara in meno per ristabilire l’equilibrio agonistico e rilanciare le proprie azioni per il successo finale. Ma questa è la vita, sempre abbondantemente imprevedibile, alla Dakar. Una vita che non è uguale per tutti, in pista come al bivacco. Per un pilota ufficiale che corre per vincere, o almeno per ottenere un buon piazzamento, la responsabilità è notevole. Giocarsi tutto in una sola gara, e quindi centrare o mancare un obiettivo che si ripresenterà solo un anno dopo, è un bagaglio senz’altro pesante, ed è giusto che tutto attorno al pilota ruoti come un orologio perchè non gli resti che... dare il gas. Per il Coma o per il Despres, cosi come per un ridotto numero di concorrenti che si sono guadagnati una
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Dakar 2012. Vita da ufficiali e vita da soldati nelle retrovie
23 Gennaio
2012
buona reputazione e sono sostenuti da investimenti adeguati, la vita della Dakar è tutto sommato buona. Innanzitutto, salvo imprevisti, essendo i più veloci e partendo sempre tra i primi, arrivano di buon’ora al bivacco di fine tappa. Diciamo, quando le tappe non sono eccezionalmente lunghe o difficili (o tutt’e due) nel primo pomeriggio, ad ora di pranzo come nel caso della accorciata tappa di Fiambala. Al bivacco trovano la propria organizzazione, il camion o il furgone ufficiale, i mezzi di assistenza (da quando le assistenze sono tutte “terrestri”, i più “ricchi” in Sud America possono permettersi anche un camper al seguito, che diventa l’albergo quotidiano e che sostituisce la tenda di africana memoria). Consegnano la moto al meccanico e non ci pensano più sino al mattino dopo, a meno che non sia richiesto loro di collaudare una regolazione o un’importante pezzo sostituito. Si ripuliscono e si rifocillano (un team che si rispetti ha sempre un piatto di pasta pronto per il Pilota, e se non è questo la tavola è comunque imbandita) e possono passare in branda per il riposino pomeridiano, in attesa che il sole smetta di dardeggiare sul bivacco). Poi si passa alle operazioni di “routine”: la lettura critica del roadbook della tappa successiva, un po’ di strategia con la Squadra e, prima di andare a cena, magari anche le cure del massaggatore o del fisioterapista.
Vita da ufficiali Per quelli che ufficiali non lo sono, quelli che hanno risparmiato sino all’ultimo euro per partecipare e che non hanno potuto permettersi nessun extra (ed a volte neanche certi “must” come un mecanico al seguito) spesso la vita al bivacco inizia proprio a questo punto, quando la giornata volge al termine, e c’è quella successiva da organizzare pensando all’obbligatorietà di concedersi almeno qualche ora di sonno. Per questi la vita della Dakar è davvero dura. Bravi o no, spesso hanno trascorso in sella un tempo anche doppio rispetto ai “VIP”, la moto devono cercare di tenerla insieme facendo tutto da soli, e la 69
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pastasciutta, quando c’è perchè è stata preparata da un volontario gentile, è fredda ed incollata da ore. E talvolta può capitare che rimarrà fredda per tutta la notte, aspettando invano il Pilota che è rimasto nel deserto accanto alla moto guasta, o è sul camion scopa che arriverà all’alba successiva. Al “Privatone” toccano tutte insieme anche quelle mansioni delegate, nei grandi team, a persone diverse. Preparare la moto per la giornata seguente è sempre una operazione lenta e lunga, perchè richiede meticolosità doppia quando si è stanchi e doloranti. Andare a cercare un 70
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DAKAR
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Numero
02
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pezzo o un ricambio, portare gomme e cerchi al camion del “gommista” per il cambio, ripristinare il pieno di carburante e la dotazione di acqua (obbligatoria), allestire il giaciglio per la notte (e re-impacchettarlo al buio prima dell’alba successiva), ricomporre il puzzle di ricambi ed attrezzi stipato nella cassa regolamentare, che poi dovrà essere riconsegnata al mezzo che la trasporta da un bivacco all’altro, anche andare a mangiare sotto il tendone del bivacco, sono tutte operazioni che portano via un sacco di tempo, quando si preferirebbe, perchè se ne ha bisogno, riposare, e le poche ore a disposizione prima della partenza si volatilizzano alla velocità della luce. Per tutto questo, responsabilità agonistica a parte, come dicevamo all’inizio, i “privati” sono gli eroi della Dakar. Per “sopravvivere”, i privati si ingegnano, e spesso danno vita a delle piccole alleanze, sodalizi cruciali per andare avanti e risparmiare un po’ di fatica (e di denaro). Spesso tali alleanze sono già state stabilite a casa, prima di partire, ma molte volte nascono spontanee durante la corsa, sulla base della complemetarietà delle necessità. Si può partire condividendo il meccanico prima della partenza,
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ma se ne possono anche “affittare” i servigi di quello rimasto improvvisamente disoccupato per il ritiro del Pilota assistito. Si può partecipare alla spesa di un camion di assistenza, ma si può scambiare lo spazio disponibile su una vettura in gara con una qualsiasi forma di aiuto anche solo promesso, decidendo sulla banchina dell’imbarco o alle verifiche preliminari. Un Pilota può essere un bravo meccanico, e l’altro un esperto elettro... moto, uno bravo a navigare e l’altro disporre di un buon intuito, uno avere più esperienza nello scovare i passaggi giusti e l’altro un fisico della madonna, utile a tirare su o far uscire una moto caduta o ficcata nella sabbia fino alle orecchie. O semplicemente due Piloti possomo decidere che l’uno andrà a fare la fila per prendere due vassoi con la cena mentre l’altro finisce di rimontare serbatoi e carene dele mot di entrambi. A volte per far brillare la scintilla della solidarietà lunga tutta una Dakar basta che uno abbia la leva del freno e l’altro quella della frizione nel marsupio. I motivi per darsi una mano non mancano alla Dakar, ed intendersi non è una questione di lingua, ma di disponibilità. E intelligenza. 71
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DAKAR
di Piero Batini | Despres, secondo “tiene” il comando della Generale. Gonçalves terzo, Helder Rodrigues è terzo. Salgono Gonçalves, Casteu e Viladoms, scende Francisco Lopez, cha all’arrivo annuncia il suo ritiro
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l Gran premio di Copiapo Dopo l’annullamento della sesta tappa, la Dakar riprende con quello che molti hanno definito il “Gran Premio di Copiapo”, un circuito ad anello con partenza ed arrivo nella capitale della Regione di Atacama. 154 chilometri di trasferimento verso la città di Vallenar, a Sud di Copiapo, ed una Prova Speciale di 419 chilometri con un settore neutralizzato di 68, prima del rifornimento del KM 201. La prova, come è tradizione, è l’ultima fatica prima della giornata di riposo della Dakar, e per questo è la più dura della prima parte della corsa, con un crescendo di difficoltà il cui culmine è l’ultimo tratto di dune, le omonime dune di Copiapo,
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Dakar 2012 7a Tappa. Terzo successo per Marc Coma
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che hanno già reso famosa questa zona dove piove, in media, per 12mm all’anno. Le difficoltà della tappa sono legate alla natura del terreno, alla navigazione (sebbene la presenza del pubblico faciliti molto le cose) ed allo stress a cui sono sottoposti i mezzi, certamente non ideali nell’ultima configurazione regolamentare della Dakar che impone un limite di cilindrata di 450cc. Per tutti questi motivi, e per tradizione, il Controllo di fine tappa di Copiapo resterà aperto fino alle ore 18 di domenica, giornata di riposo dell Dakar, per dare ai ritardatari un’opportunità in più per non uscire, eventualmente, di scena. Al via 128 delle 178 moto verificate ed autorizzate a prendere la partenza da Mar del Plata, il 1° gennaio. Una bella selezione! Gara d’attacco per Marc Coma Non c’è più scelta. L’annullamento della sesta speciale ha proporzialmente ridotto le chances del Pilota spagnolo, che è costretto dare l’assalto a Cyril Despres, primo con oltre nove minuti di vantaggio. La lunga e difficile Prova Speciale si presta perfettamente allo scopo, pur portando con sé qualche rischio, soprattutto per la meccanica. Nella prima parte della speciale il “programma” è rispettato, ed il vantaggio di Coma sull’avversario cresce costantemente fino a raggiungere il suo massimo, un minuto e 46 secondi,
in corrispondenza del CP dove ha inizio la neutralizzazione, al KM 143. La volata di Coma trascina anche l’altro spagnolo, Joan Barreda, che ottiene un parziale migliore di quello di Despres. I concorrenti ripartono dopo la neutralizzazione ed il rifornimento. Il cronometraggio è stato sospeso, ed è un po’ come ricominciare da capo. Messi in cascina i quasi due minuti accumulati nella prima parte, Marc Coma riparte con immutata motivazione all’attacco. Ma la situazione diventa decisamente critica poichè Cyril Despres, fattosi
raggiungere, si incolla alla ruota del “nemico” e lo segue a vista, 300 metri indietro per non essere danneggiato dalla polvere sollevata dalle ruote dello spagnolo. Il vantaggio dello spagnolo sul francese si stabilizza, e cambia
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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SPORT
CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
GONCALVES (PRT)
HUSQVARNA
5
CASTEU (FRA)
YAMAHA
6
VILADOMS (ESP)
KTM
7
FARRES GUELL (ESP)
YAMAHA
8
SVITKO (SVK)
KTM
9
LOPEZ (CHL)
APRILIA
10
GARCIA (ESP)
KTM
solo il nome del terzo incomodo tra i due duellanti. La Speciale si appiattisce Joan Barreda, terzo nella Speciale di Fiambala, si perde e lascia sulla pista quasi otto minuti, ed al suo posto, si inserisce il “collega” di Marca (Husqvarna) Paulo Gonçalves. La gara, in un certo senso, si appiattisce, e gli attesi colpi di scena non arrivano. I concorrenti scendono dal Massicio del Melanoso, ed 74
affrontano la parte finale delle dune senza che sia successo niente di importante. La chiave tattica della corsa, impostata sul “catenaccio” di Despres, non lascia spazio ad ulteriori sorprese. Al traguardo lo spagnolo ed il francese transitano nell’ordine. Coma ha vinto la Speciale, Despres, secondo, ha contenuto i danni e resta saldamente in testa alla corsa. Il suo vantaggio scende da dieci a otto minuti, ma con un’altra tappa in archivio sulla strada, ancora lunga certamente, di Lima. La crisi di Francisco Lopez Nella tappa di casa era molto atteso, ovviamente, Francisco Lopez. L’eroe nazionale prende l’iniziativa nelle prime battute della Speciale e transita al secondo posto al primo waypoint di passaggio. Forse un po’ troppo veloce, “Chaleco” cade e, pur riprendendo la
corsa immediatamente, deve calare vistosamente il ritmo a causa di una dolorosa contusione ad un piede. Dai pochi secondi alle spalle di Coma all’inizio, il suo svantaggio cresce inesorabilmente. Nove minuti al passaggio successivo, tredici alla neutralizzazione, mezz’ora alla fine della Speciale. Per il beniamino dei cileni è la resa, almeno dal punto di vista agonistico. In fumo la quarta posizione nella generale provvisoria, Lopez scende fino al nono posto, alle spalle di Despres, Coma, Rodrigues, Gonçalves Casteu, Viladoms, Farres e Svitko. All’arrivo Cheleco” Lopez annuncia il proprio ritiro dalla Dakar. Nello stesso annuncio il proposito, fermo, di iniziare subito la preparazione per la prossima edizione. Grande cuore, comunque, considerate le condizioni generali nelle quali Lopez ha affrontato questa Dakar. Adesso si va alla giornata di riposo, si fa per dire. 75
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DAKAR
di Piero Batini | Per un attimo abbiamo pensato che la decisione di Lopez alla fine della settima Speciale fosse stata presa troppo a caldo, invece anche i medici dicono che non è il caso di continuare
P
er un attimo abbiamo pensato che la decisione annunciata da Francisco Lopez alla fine della settima Speciale fosse non vera, esagerata, presa troppo a caldo. Le notizie successive, forse alimentate dalle speranze dell’entourage del Campione cileno, parevano aprire uno spiraglio. Invece i medici del Pilota cileno, chiamati a consulto, hanno messo in chiaro che non era il caso di continuare, che era
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meglio che la Dakar di Francisco si chiudesse lì. Poi la conferma ufficiale, arrivata in tarda serata, del ritiro di “Chaleco”, per una distorsione di secondo grado del ginocchio destro. Un trauma che ricade su una vecchia lesione aggravando la situazione e non lasciando troppa scelta. In bocca al lupo Rey. La Speciale che doveva essere la più dura La Copiapo-Copiapo doveva essere la Speciale più dura della Dakar. Ma non è stato così. Molti fattori hanno influenzato questo esito, per certi versi inaspettato. Innanzitutto la Dakar è sempre sorprendente, nel bene e nel male. Basta ricordare che la prima Speciale, di soli 57 chilometri, ha certamente mietuto più vittime del previsto, e che quella demonizzata di Fiambala, al contrario, non è stata certo trascendentale. Ora, se le cose fossero
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Numero
02
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Ritiro di Lopez: è proprio vero
23 Gennaio
2012 andate come si poteva ragionevolmente prevedere, i concorrenti sarebbero arrivati a Fiambala con la “lingua in terra”, avrebbero affrontato l’attraversamento della frontiera in trasferimento (prendendosi comunque il loro bel “sottozero”), e si sarebbero immersi nella prima Speciale in territorio dell’Atacama, con fatica, tensione e stress meccanico ragionevolmente più elevati. Invece, spegni l’inferno di Fiambala, annulla la prima in Cile, ed ecco che il Gran Premio di Copiapo è diventato non dico una passeggiata, ma non certo quel mostro annunciato dagli organizzatori. Motori risparmiati, fatica risparmiata, un giorno in più, fuori programma e quindi di valore doppio, senza tensione agonistica. Il resto è venuto per caso o per fortuna, e non c’è da recriminare. Altra cosa è pensare che gli organizzatori francesi l’abbiano fatto apposta, per proteggere la carovana già notevolmente decimata (restano in gara circa 110 dei 178 partenti), che ai giorni nostri non è una bella publicità o, peggio, per proteggere la gara del pilota connazionale, in vantaggio di dieci minuti sull’avverario storico. Ma questa, serpeggiata al bivacco, è un’illazione bella e buona, e non ci sono elementi sufficienti nemmemo per aprire un’inchiesta. La ragione dell’annullamento è matematicamente assennata. Nel reale, di conseguenza, il Pilota maggiormente sacrificato è proprio Marc Coma, che si vede tolta la terra sotto i piedi e comincia a pensare
che recuperare i dieci minuti di quell’errore non sia una cosa proprio da ridere. Il valzer dei quindici minuti Sino all’anno scorso era consentito cambiare un solo motore alla propria moto, dal secondo scattavano le penalità. Quest’anno il regolamento è più semplice, e a mio avviso più corretto. Il primo motore cambiato costa 15 minuti di penalizzazione, il secondo 45, il terzo ed i seguenti due ore. Normalmente la giornata di riposo era anche la giornata dei cambi di motore, per tutti quelli che se lo potevano permettere. Quest’anno, sotto questo aspetto, la pausa assomiglierà un po’ di più al pit stop della
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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SPORT
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formula uno, per il cambio gomme o il pieno. Qualcuno userà di certo una sua “strategia”. Prima della gara c’era chi diceva di voler fare tutta la gara con un solo propulsore, e tra questi anche Helder Rodrigues. Il portoghese, che di solito è piuttosto irruento, quest’anno è stato particolarmente occulato, sin qui. La tesi quindi è plausibile. Detto anche che attualmente si trova in terza posizione nella generale, ma a una manciata di minuti dall’inseguitore, se questi cambiasse il propulsore e lui no, Helder si troverebbe con un vantaggio accessorio di altri 15 minuti. Ma, certamente, andrebbe incontro a maggiori rischi (che poi non è detto: è già successo che un motore appena cambiato durasse appena 78
un giorno). Anche Coma potrebbe decidere di tenere il proprio “vecchio” motore, sperando che Despres lo cambi, e la partita sarebbe matematicamente riaperta. Ma qui c’è da pensare che il cambio sia già stato deciso, a tavolino, da KTM prima della partenza. Per ora è impossibile dire come andranno le cose. Lo sapremo alla partenza della ottava tappa, tra Copiapo ed Antofagasta, con la Speciale più lunga), poichè per decidere c’è tempo sino al pomeriggio avanzato della giornata di riposo, poiché il controllo di arrivo della settima taopa chiude alle 18:00. “Operazione Guillaumet” Nell’edizione dell’anno 2000, la Dakar venne sospesa per cinque giorni, poichè si temeva che la Corsa potesse subire un attacco di matrice terroristica. Fermata a Namey, in Niger, l’azione riprese da Sabha, in Libia, e per trasportare tutti i mezzi, e gli uomini, venne allestito un gigantesco ponte aereo che per cinque giorni, utilizzando i giganteschi cargo russi Antonov An-124, collegò via aerea le due località trasportando mezzi e uomini (compresi gli elicotteri). La Dakar si concluse felicemente alle piramidi di Giza, al Cairo, e vinse Richard Sainct, ma i media si scatenarono sull’”esodo”, che divenne la principale cassa di risonanza del Rally, quell’anno. Annunciata all’improvviso, al briefing serale da Hubert Auriol, in realtà l’operazione era stata preparata sin dall’inizio, non appena
individuati gli estremi del pericolo potenziale, e la sorpresa non fece altro che gonfiare l’effetto mediatico dell’evento straordinario, spargendone le notizie anche al di fuori dei canali specializzati convenzionalmente coinvolti. L’emergenza neve che ha portato all’annullamento della sesta tappa della Dakar di quest’anno non ha niente a che vedere, per portata, con l’episodio ricordato, ma agli organizzatori della Dakar è sempre piaciuto dare un tono di epicità alle loro scelte, soprattutto a quelle legate ad un problema globale. Così è stato lo stesso Etienne Lavigne, direttore della Dakar sul campo, a denominare “Operazione Guillaumet” il convoglio che ha consentito di trasferire, via strada, la carovana della corsa dall’Argentina al Cile attraverso il Passo San Francisco bloccato da una tempesta di neve dei giorni scorsi. Henri Guillaumet, un pioniere dell’aeropostale degli anni trenta, fu costretto ad un atterraggio di emergenza sulle Ande, e rimase disperso per cinque giorni e quattro notti, tanti gli furono necessari per raggiungere, vestito del solo giubbotto da pilota e semiassiderato, il centro abitato della salvezza. L’operazione ha preso l’avvio alle sei di mattina da Fiambala, con il convoglio aperto da un camion 6x6 dell’organizzazione con a bordo medici e ossigeno, e due aerei che sorvolavano il Passo per garantire i collegamenti radio, e si è conclusa attorno alla mezzanotte a Copiapo, con l’arrivo dell’ultimo dei 750 mezzi coinvolti. 79
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DAKAR
di Piero Batini | Colpo di scena. Marc Coma vince per la quarta volta e torna al comando. Despres intrappolato nel fango. Ruben Faria (KTM) e Joan Barreda (Husqvarna) sul podio di Antofagasta
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a Dakar riprende dopo la giornata di riposo e corre rapida nel Nord del Cile verso il Perù. Il chilometraggio delle Prove Speciali continua ad aumentare. Nel menù di oggi 137 KM di trasferimento iniziali, il settore cronometrato di 477, ed il collegamento finale con il bivacco di Antofagasta, poco più di cento. La Speciale, che è la più lunga no-stop del Rally, si sviluppa su terreni prevalentemente duri e veloci, con scorci panoramici notevoli e più di una insidia. Sono i terreni tipici del Nord del Cile, e la tappa che porta la carovana nella regione di Antofagasta è verosimilmente ideale per un collaudo generale alla ripresa delle ostilità. Ma... come sempre, i “se” ed i
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“ma” sono in agguato, e non è un fatto inedito che le indicazioni preliminari “teoriche” risultino inifluenti o addirittura fuorvianti. Una tappa veloce, dunque, e come tale sempre un po’ pericolosa, questo è certo, ma ben presto risvegliata dai colpi di scena. Non era successo niente nella temuta settima tappa conclusa a Copiapo, e si apre con un clamoroso colpo di scena la “tranquilla” Copiapo-Antofagasta. Se era rimasto qualche dubbio, teorico, sulla possibilità che Francisco Lopez potesse riprendere la gara (il cileno era ancora, per regolamento, nell’ordine di partenza), di fatto “Chaleco”, come aveva dichiarato, non prende il via del trasferimento. Discorso chiuso. Riprendono la corsa, invece, Alain Duclos e Manuel Lucchese, protagonisti tra gli altri di un rocambolesco, prolungato e sofferto finale a Copiapo. La tappa si “sveglia” poco dopo le otto, ora locale, con un sensazionale colpo di scena, e l’intera corsa è rilanciata su una nuova direttrice agonistica. Attorno al decimo chilometro Cyril Despres, partito alle spalle di Coma e davanti a Paulo Gonçalves, si “impantana” in una fangaia, effetto fuori stagione del clima eccentrico di questa Dakar, ed insieme al portoghese resta invischiato per una diecina di minuti prima di riuscire a riprendersi, dallo shock e dall’imprevisto. Sensazionale, come dicevamo, questa Dakar “umanizza” i suoi Marziani. Marc Coma ha sbagliato, facendo una figura da “cadetto”, nella terza tappa, ed
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02
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Dakar 2012, 8a Tappa. Coma vince e torna al comando
23 Gennaio
2012
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ora Cyril Despres rimane al palo nel primo passaggio “enduristico” della Speciale. Pari e patta. Al primo waypoint di controllo il francese accusa un ritardo di quasi dodici minuti. Il Rally si rovescia ancora una volta, e Coma è nuovamente leader, al momento con più di quattro minuti di vantaggio sull’avversario. Il duro tratto iniziale della Prova esalta gli specialisti del “duro”, come Johnny Aubert, sinora nascosto da un profilo deliberatamente bassissimo, o come Alessandro Botturi, il Gigante italiano che passa con il terzo
tempo. Andiamo avanti, ormai con il cuore in gola. Al primo rifornimento previsto per oggi, attorno al KM 120, la situazione si stabilizza. Coma incrementa il proprio vantaggio di un altro prezioso minuto, lo seguono Joan Barreda (Husqvarna) e
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23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
COMA (ESP)
KTM
2
DESPRES (FRA)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
CASTEU (FRA)
YAMAHA
5
VILADOMS (ESP)
KTM
6
FARRES GUELL (ESP)
KTM
7
SVITKO (SVK)
KTM
8
GARCIA (ESP)
KTM
9
ULLEVALSETER (NOR)
APRILIA
10
PAIN (FRA)
YAMAHA
Stefan Svitko (KTM), e Cyril Despres è lontano oltre la 30ma posizione insieme al compagno di sventura Paulo Gonçalves. Marc Coma varca il confine geografico ed entra nella regione di Antofagasta, largamente al comando, “tallonato” da Barreda e Svitko. Il suo vantaggio su Despres sale e sfiora i 15 minuti a metà, circa, della 82
Speciale, nella parte più alta lungo la Cordillera. La fuga solitaria dello spagnolo non si ferma e non contempla particolari cali di ritmo. Gli avversari diretti di giornata, e tra questi Helder Rodrigues ed i “portatori d’acqua” ufficiali KTM Ruben Faria e Joan Pedrero sono 4, 5, sei minuti indietro, ed al secondo rifornimento, al KM 316, con il vantaggio salito a quasi sedici minuti, la situazione di classifica generale tra i due principali avversari delle ultime sette Dakar diventa speculare rispetto alla tappa precedente: Marc Coma era indietro di quasi otto minuti, ora è avanti di oltre otto. 150 chilometri all’arrivo, e la volata di Coma assume i toni del trionfo. La velocità resta elevata, la guida sulle piste sinuose più un espediente per
contenere l’entusiasmo e rimanere concentrato che per imporre la propria supremazia sugli avversari. Marc taglia il traguardo di Antofagasta cinque ore dopo aver lasciato Copiapò e vince la sua quarta Speciale in questa Dakar. Cyril Despres arriva oltre diciassette minuti dopo. Il francese è provato. Coma adesso torna al comando della corsa, con un margine importante: 9’ 32”. “Era lo scopo di questa mattina. Recuperare. Non così tanto, ma questa è la Dakar, lo dicevo anche al termine della 3a tappa. Quando finisce così, certo, è meglio. Questa è una grande tappa, e questo è un Rally “tanto”!” - Conclude Marc. 83
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23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
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8a Tappa: Tempi rivisti e corretti. Pitstop motori e incidente a Pizzolito di Piero Batini | Una bella giornata di gara, imprevedibile, combattuta, avvincente e ricca di colpi di scena, è stata rovinata a tavolino. E dal brutto incidente di Pizzolito, che si frattura femore sinistro e polso destro
Q
uesta è una di quelle storie che faccio fatica a digerire. Ieri abbia mo seguito una tappa straordinaria, da Dakar “autentica”, fatta di capacità e di cuore, di forza ed intelligenza, di fortuna (e di sfortuna), di grinta e determinazione. Marc Coma è volato per 477 chilometri, Cyril Despres è rimasto per un po’ nel fango, come un albatros intrappolato nella marea nera, ed è ripartito grazie all’aiuto di Paulo Gonçalves, “compagno di sventura” del francese, poi rimasto lì come un babbeo. Tra Coma e Despres si è creato, e poi si è allargato man mano che i chilometri passavano, il grande fossato della circostanza casuale, ma non solo di quella. Marc ha spinto sull’acceleratore, ed ha raddoppiato sulla pista il regalo avuto da Cyril, rovesciando completamente la situazione da egli stesso creata con l’errore di navigazione, madornale, della terza tappa. Mezz’ora scarsa di felicità, poi sono intervenuti i commissari sportivi a rimescolare le carte “naturali” della partita. 84
Cita il comunicato ufficiale. “I tempi dei primi motociclisti in Speciale sono stati aggiustati dagli ufficiali: molti di loro sono stati fermati dal fango verso il chilometro 10 della Speciale. Essendo stato modificato il percorso del giorno dopo il passaggio della 7a moto, per non bloccare la carovana in quel fiume fangoso, la Direzione di Corsa ha deciso di scontare il tempo di fermata di Coma (che invece è passato, ndr), Despres, Gonçalves, Rodrigues, Farres, Ullevalseter e Casteu”. Despres è stato sfortunato, certo, e non meritava la “batosta” rimediata. Ma neanche Coma, allora, meritava tanta “punizione” per un errore di navigazione che non è certo nelle sue corde. Nel punto dove Marc ha sbagliato doveva esserci un controllo, poi cancellato, e gli organizzatori avrebbero potuto “scontare” quei sei chilometri ad andare ed i sei a tornare dello spagnolo. Ma non l’hanno fatto. Magari lo faranno il giorno che un Pilota si lamenterà per essere rimasto insabbiato nelle dune. E comunque si vedano le cose il pilota che ha superato l’ostacolo non è stato premiato, e lo sono stati quelli che sono rimasti lì. Oggi Despres sarebbe dovuto partire 15° con 9 minuti di ritardo da recuperare, invece parte sesto con 1 minuto e mezzo, e l’operazione iniziata con il vizio di ieri, quindi, si conclude oggi. Un commentatore scrive: “Lavigne (Direttore della Prova) salva Despres”, facendosi interprete di un tipo di malumore non nuovo alla Dakar. Io sento un profondo disagio. Una bella giornata di gara, imprevedibile, combattuta, avvincente e ricca di colpi di scena, è stata rovinata a tavolino. Sconti a parte, resta in ogni caso un grande risultato: in un solo giorno Coma ha recuperato tutto lo svantaggio e ci ha messo il carico da undici, rifilando all’avversario nove minuti ed una lezione memorabile. Partire o abbandonare per protesta? Sapremo se Marc è della partita prima di pranzo. In ogni caso Coma ha già apposto la sua firma agonistica incontestabile a questa Dakar. Pitstop motori rimandato Il Valzer dei 15 minuti ha segnato il passo. In un certo senso ce lo
potevamo aspettare. Con l’annullamento della sesta tappa, il giro di boa di metà Dakar si è spostato più avanti, a partire dalla fine della ottava tappa. Ma c’è anche un fatto di “marketing” che sicuramente ha influenzato le decisioni prese dai Piloti e dai Team più in vista in occasiojne della giornata di riposo. Come si sa, la Dakar è sinonimo di durezza, e continuare con lo stesso propulsore da una mano all’immagine di affidabilità e robustezza della Marca dei mezzi impegnati nella infernale maratona sudamericana. Ha cominiciato KTM, annunciando che nessun motore sarebbe stato cambiato durante la giornata di riposo, e di seguito hanno risposto analogamente David Casteu e Husqvarna. Il rischio in più può dirsi calcolato, ma non può tenere conto degli imprevisti, come per esempio lo stress accessorio imposto da Despres alla propria meccanica per uscire dalla trappola di fango dei primi KM della Speciale. E difatti Marc Coma, all’arrivo dell’ottava tappa, ha lamentato un rumore anomalo proveniente dal motore, il che cosiglierà la sua Squadra a correre ai ripari. In ogni caso l’affidabilità dei propulsori ha fatto notevoli passi avanti. Basta considerare che
lo scorso anno più di un motore era già andato arrosto prima ancora della giornata di riposo. Javier Pizzolito Brutto incidente dopo il terzo controllo di passaggio dell’ottava tappa. Ne ha fatte le spese l’argentino Pizzolito, uno dei protagonisti della prima parte della Dakar, che è caduto in velocità riportando la frattura del femore sinistro e del polso destro. Il Pilota è stato trasportato all’ospedale di Antofagasta, e sta bene (relativamente alle sue condizioni). 85
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DAKAR
Anno
Numero
02
45
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SPORT
“
“
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23 Gennaio
2012
Il motociclista paga un prezzo molto alto, se le cose vanno male, e ne è consapevole
“La Dakar come il TT: rischio eccessivo?” di Nico Cereghini | La discussione è sempre aperta, ma partendo da una realtà indubitabile: chi ci corre con la moto è mosso solo dalla passione e sa che potrà pagare un prezzo alto. Invece certi altri…
C
iao a tutti! Guardo la Dakar, mi appassiono alla gara di Coma e Despres, tifo Peterhansel tra le auto perché quando Stephane era sulla moto dava spettacolo. E del resto mi viene in mente che quando seguivo il Rally in Africa ero sempre entusiasta dei motociclisti; ogni giorno c’erano bellissime pagine da 86
raccontare: smanettate, faticacce, smarrimenti, piccoli e grandi eroismi. Sono passati circa vent’anni, ma l’immagine dei protagonisti di allora, da Orioli a Picco a De Petri e tutti gli altri, sono ancora fotografate nella mia mente, con l’impronta bianca della mascherina sulle facce marroni per la polvere. Eravamo i primi ad intervistarli, noi di Italia 1, e la complicità tra loro e noi è sempre stata grande. Ero invece deluso dagli automobilisti, e perplesso sulla formula della corsa. C’era pericolo, sulle piste, nei villaggi, tra le dune e persino sugli aerei che trasportavano stampa e assistenze. E sì, c’era anche chi con questo pericolo ci giocava troppo. Ma non era mai su una moto. Il motociclista paga un prezzo molto alto, se
le cose vanno male, e ne è consapevole. E se qualche volta esagera lo fa soltanto per passione, per l’intimo piacere della guida veloce; e anche per la sana competizione, naturalmente. Invece alla ParigiDakar ho conosciuto gente -e parlo di francesi, che erano in grande maggioranza- che sulle quattro ruote (enormi) delle auto e dei camion si sentiva fortissimo, sicuro, indistruttibile. Gente che era in gara con lo spirito del colonialista, del prevaricatore. Che trattava i locali con prepotenza, che attraversava i villaggi a grande velocità con il preciso intento di terrorizzare i neri; ho visto addirittura chi lanciava gli adesivi ai bambini per guardarli azzuffarsi in mezzo alla pista, sfiorati dai concorrenti che seguivano. Qualcuno di questi concorrenti si è preso anche qualche fucilata; ma lasciamo perdere, che è meglio. Dico tutto questo per sottolineare che una corsa spettacolare come la Dakar attirava anche molti frustrati. Non so se ancora ne attira, spero di no, ma nel caso sono sicuro che non guidano una moto. E’ un po’ lo stesso discorso del Tourist Trophy. Alla Dakar o al TT il rischio è alto, molto alto, più alto di quello che si corre in pista, nel CIV o in MotoGP. E penso che si possa anche discutere se sia accettabile, se sia etico quando potenzialmente mette a repentaglio anche la sicurezza degli altri, ci si può domandare persino –nel caso del TT- se la sopravvivenza della gara non sia il frutto di una cultura eroica che forse appartiene al passato. Ma non si può mai dubitare di una cosa: chi si getta in queste avventure con la moto non lo fa per calcolo o per scatenare istinti repressi. E’ profondamente innamorato del suo mezzo, è un appassionato autentico, alla fine è mosso dall’amore per la vita. Discutiamone, se volete, ma partendo da qui. 87
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DAKAR
di Piero Batini | Il copione era già scritto a Copiapo. Marc Coma secondo e Joan Barreda (Husqvarna) terzo al traguardo di Iquique
N
ove chilometri di trasferimento dal bivacco di Antofagasta, e la Dakar entra nella Prova Speciale della nona tappa, 556 chilometri con una neutralizzazione di 126 tra i KM 340 e 466, e due soste, anche queste neutralizzate, per i rifornimenti. I terreni ricalcano quelli della tappa precedente, con una parte centrale più veloce ed il finale sabbioso che culmina con la ormai famosa “picchiata” sul Pacifico, giù verso Iquique. Pericolo fesh-fesh (la sabbia-borotalco che, in presenza di pioggia può diventare fango-colla) nella prima parte in direzione della grande regione mineraria di Calama e Chuquicamata, e navigazione più delicata nella seconda
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parte della giornata, con piste difficili da individuare e pochi punti di riferimento. Pitstop motori utilizzato solo da una parte dei concorrenti, una quarantina, e disertato dai “big”, se si fa eccezione per i nomi di Frans Verhoeven, Paolo Ceci, Felipe Zanol e Laia Sanz (e quello della Campionessa del Mondo Camelia Liparoti tra i Quad). Classifica della tappa precedente ancora rimaneggiata, con l’”aggiustamento” del tempo di Pal Anders Ullevalseter, il norvegese rimasto infangato insieme a Despres, Gonçalves e gli altri, e classificato “definitivamente” al secondo posto della ottava tappa. Marc Coma parte per primo, e difende un vantaggio di appena un minuto e ventisei secondi, tanto è rimasto tra le dita dello spagnolo degli oltre diciassette minuti “sanzionati” dalla pista al termine della “revisione” della classifica di ieri. Dopo appena 2 KM dalla partenza si ferma e resta sulla pista per nove minuti Ruben Faria, assistente veloce di Cyril Despres. Forse un picolo problema, ma più verosimilmente il portoghese, partito terzo, ha atteso il passaggio del suo “protetto”, al via con il settimo tempo, per proteggerne le spalle. “Il figlio del vento”, così hanno ri-battezzato da ieri Marc Coma in Cile, ha ingoiato il rospo, e corre da solo contro il tempo aprendo la pista. Despres, partito dodici minuti dopo, si lascia guidare dagli altri concorrenti partiti prima di lui, e non fa fatica a recuperare terreno e tempo. Sette secondi al primo CP, mezzo minuto al
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Dakar 2012, 9a Tappa. Despres vince e torna al comando
23 Gennaio
2012
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passaggio del secondo waypoint, un minuto e 12 al secondo Controllo di Passaggio, dove Despres passa davanti a Joan Barreda ed allo spagnolo. Quando i concorrenti transitano in prossimità di Pedro de Valdivia, al passaggio dal terzo waypoint, il recupero di Despres si concretizza in un vantaggio di un minuto e mezzo sul rivale, ed a questo punto Coma e Despres sono di nuovo perfettamente appaiati sulla via di Lima. Ma naturalmente la strada è ancora lunga, ed al rifornimento la situazione, rispetto al mattino,
è già messa sotto sopra. Despres, che passa davanti a Barreda e Coma, è avanti di quasi quattro minuti e torna in testa alla Generale. Storia tutt’altro che avvincente. Credo che neanche Despres, che pur ha “subito” un grande favore, possa
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23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
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CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
VILADOMS (ESP)
KTM
5
FARRES GUELL (ESP)
KTM
6
SVITKO (SVK)
KTM
7
GARCIA (ESP)
KTM
8
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
9
PAIN (FRA)
YAMAHA
10
BOTTURI (ITA)
KTM
essere particolarmente felice. Coma corre a testa bassa, e riduce lo svantaggio di mezzo minuto alla fine della prima parte della Speciale, che riprende dopo il rifornimento ed il tratto neutralizzato che i concorrenti percorrono sulla Nazionale 5. Si entra nella Pampa del Tamarugal per l’ultima fatica di una giornata abbastanza frustrante. Marc Coma, che ha guidato la Speciale dal primo all’ultimo 90
chilometro per oltre cinque ore di gara, è il primo a scendere lungo lo “scivolo” di sabbia che si affaccia sull’Oceano, ma i giochi sono ormai fatti. Cyril Despres, pago del lavoro di oggi, vince la sua terza Speciale di questa Dakar, recupera poco meno di 4 minuti all’avversario, e torna in testa alla corsa con un margine di due minuti e ventotto secondi. Helder Rodrigues (4° oggi e terzo in generale), si conferma tra i grandi se non per velocità almeno per rendimento ed affidabilità, ancora un Rally semplicemente impeccabile per il portoghese Campione del Mondo, ma la grande sorpresa di questa Dakar, possiamo cominciare a dirlo, è Joan Barreda (3° a Iquique), classe 1983, che con la Husqvarna del Team SpeedBrain è protagonista di una gara davvero stupefacente. Soltanto lo spagnolo, oggi, è
riuscito a mantenere in qualche modo aperto il “contatto” con gli inarrivabili fuggitivi. Tra gli italiani, a parte Botturi e Ceci che, con il loro grande Team, sono una solida certezza, più indietro in classifica ecco i veri eroi di questa Dakar: i “certosini” Filippo Ciotti e Claudio Pederzoli, l’”insospettabile”, giovanissimo Nicola Tonetti, il “preciso” GianErnesto Astori, ed il “dolorante” (ma gli fa un baffo), eterno Franco Picco. Ancora in gara (ha sostituito il motore) anche Manuel Lucchese, e Grande giornata di Roberto Tonetti (il papà di Nicola) e dell’inossidabile Camelia Liparotti, nella piccola carovana dei Quad guidata dai fratelli Alejandro e Marcos Patronelli, una vittoria alla Dakar ciascuno. Intanto, mentre scriviamo, David Casteu è fermo in pista a 60 KM dall’arrivo, apparentemente con un problema meccanico. 91
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23 Gennaio
Anno
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2012
02
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Dakar 2012, 9a Tappa: Casteu. Tre classifiche di Piero Batini | David Casteu alla fine giunge al traguardo dopo tre ore di “bricolage”. Tanti i cambi di motore, anche tra i protagonisti che come gli altri vengono penalizzati da 15 minuti
I
quique, 10 gennaio 2012 Ci eravamo fermati, ieri, in apprensione per David Casteu, che era fermo sulla pista a cinquanta chilometri da Iquique. L’ufficiale Yamaha stava facendo del “bricolage” per far ripartire la moto in panne. Oggi possiamo dire che non è andata a finire malissimo, ma solo nel senso che poteva finire peggio, ovvero con l’abbandono. Invece David è riuscito a far ripartire la sua moto, dopo ben tre ore di lavoro, ed è arrivato al bivacco, visibilmente stanco e contrariato, tre ore e mezza dopo il passaggio del vincitore della Speciale, Cyril Despres. Casteu non aveva cambiato il suo motore prima, e lo ha fatto ieri sera, ma forse la panne è solo una circostanza casuale niente affatto legata alla strategia dei cambi. Per lo sfortunato, e simpaticissimo, francese, tutto questo vuol dire un salto indietro nella generale, dal quarto al 23° posto, e l’addio ad un podio che era ancora perfettamente alla sua portata. Valzer dei 15 minuti - Bis Si gira più forte al valzer dei 92
motori, ad Iquique. Qui Piloti e Team hanno cominciato a fare sul serio, e le nuove unità sono finite dentro i telai di Despres, Coma, Barreda, Gonçalves, Ullevalseter, Faria, Rodrigues Filho, Aubert, Gomez, Bianchi Prata e Lesely. Meno cambi rispetto alla giornata precedente, ma con una maggiore densità di nomi di prestigio. Restano con il propulsore “originale”, al momento, e sempre parlando di pezzi da 90, Helder Rodrigues, Svitko, Viladoms, Farres, Pedrero, Pain, Botturi e Duclos (che i suoi guai li ha già passati prima di arrivare al bivacco ed ha giurato di arrivare a Lima senza più toccare un bullone della sua Aprilia). Tre classifiche, un po’ di matematica Dicevamo del pitstop motori e lo facevamo somigliare a quella fase tattica introdotta nella Formula 1 con rifornimenti e cambio gomme. Il soggetto ha preso proprio questa piega, e complica un tantino le cose quando si tratta di stilare le classifiche. Il dovere di cronaca già salta lo “scratch”, vale a dire l’ordine di arrivo in tempo reale sotto lo striscione del traguardo, e si va direttamente ai tempi corretti in funzione dell’ordine di partenza. Solitamente è “attendibile”. Volendo essere tempestivi ecco che le eventuali penalità sfuggono obbligatoriamente al conteggio di classifica. Il caso più eclatante, tanto per tornarci sopra, è quello del tempo restituito a Despres & Co. l’altro giorno. La decisione è arrivata alla sera, a giornali chiusi, ed in quel caso è ben valsa la pena di un ritorno specifico sull’argomento, altrimenti sarebbe morta lì. Adesso entra in ballo la questione dei motori cambiati e delle conseguenti penalità comminate. L’ esempio è a portata di mano. Leggiamo la classifica fornita al termine della Speciale: Despres, Coma, Barreda, Rodrigues, Gonçalves, Ullevalseter. Ma, come abbiamo visto, Despres, Coma, Barreda, Gonçalves e Ullevalseter hanno cambiato motore, ed hanno ricevuto i 15 minuti. Morale: la classifica della nona tappa è la seguente: Rodrigues (che vince la tappa), Despres, Svitko, Viladoms, Verhoeven, Coma, Farres, Zanol e Barreda (con quest’ultimo che era terzo e piomba al decimo posto). La generale
risente meno della prospettiva 15 minuti perchè Despres e Coma mantengono la distanza di 2 minuti e mezzo, e Rodrigues guadagna un quarto d’ora ma gliene mancano sempre tre, di quarti, per raggiungere la testa della corsa. L’ordine di partenza della Speciale odierna, invece, fa riferimento alla classifica della Speciale di ieri, poichè la penalità per il cambio del motore si applica alla tappa ma on può essere considerata acquisita durante lo svolgomento della Speciale. Di fatto: Despres parte per primo, Coma per secondo, Barreda terzo,e così via... 93
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DAKAR
di Piero Batini | Marc Coma (2°) recupera due minuti a Despres (3°), primo nella generale con un margine di soli 21 secondi
3
77 chilometri di Prova Speciale in programma per la decima tappa della Dakar 2012, l’ultima interamente in territorio cileno. Prima, un trasferimento iniziale di 68 KM verso Sud. Dopo, il trasferimento finale più lungo, 250 KM, fino alla città-porto più a Nord del Cile. In Speciale, fino al rifornimento posizionato poco oltre il 200° KM, il terreno è prevalentemente duro e pietroso, sulla falsariga della tappa precedente disputata nella stessa area geografica. Solo l’inizio della Prova è più sinuoso su terreno misto. Dopo lo stop benzina i concorrenti affrontano un settore di cordoni di dune da superare, come gli organizzatori annunciano, “surfando tra le
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onde di sabbia”. Gli ultimi cento chilometri sono di nuovo più scorrevoli, ma attenzione alla presenza di tratti di fesh-fesh. I numerosi cambi di motore, operati alla vigilia, hanno modificato la classifica generale. Per Despres e Coma non cambia nulla, Paulo Gonçalves retrocede dalla 4a alla 7a posizione, Pal Anders Ullevalseter scende di una posizione. Rodrigues, Viladoms, Farres e Svitko, gli unici della top ten che non hanno cambiato, sono momentaneamente favoriti dalla circostanza. David Casteu, molto indietro per un problema meccanico ieri, è autorizzato dal regolamento a partire in dodicesima posizione, essendo inserito nella lista élite della Dakar, ovvero dei “big”. Ma per il francese non è una Dakar fortunata: dopo appena tre chilometri dalla partenza in Speciale, Casteu è di nuovo fermo in pista, ancora con un problema, questa volta di natura elettrica, che lo trattiene per una buona mezz’ora. Motori freschi da rodare (in verità anche i propulsori di ricambio sono stati fatti girare prima di essere riposti negli appositi contenitori “da viaggio” sul camion dell’assistenza ufficiale KTM), Cyril Despres e Marc Coma, distanziati di due minuti e mezzo scarsi nella classifica generale provvisoria, aprono la decima Speciale. Obiettivo iniziale per lo spagnolo è colmare il gap dei due minuti e raggiungre l’avversario partito per primo. A Despres, per contro, l’onere di aprire la pista e curare la navigazione anche per lo spagnolo, che può seguirne le
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Dakar 2012, 10a Tappa: Primo successo per lo spagnolo Joan Barreda
23 Gennaio
2012
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tracce. Partono forte anche le due Husqvarna di Paulo Gonçalves, che passa per primo al primo waypoint di passaggio, e Joan Barreda. Marc Coma prende rapidamente il controllo della situazione ed inizia a recuperare il ritardo. Un minuto dopo 50 chilometri, un minuto e mezzo dopo cento circa. Al passaggio del primo CP, poco prima del rifornimento, i più veloci in assoluto sono Gonçalves e Barreda, ma Coma ha ormai Despres nel mirino. Ha praticamente azzerato il margine di ritardo della partenza e corre con il francese
a vista: un minuto e cinquanta il suo margine a metà tappa circa, uno e quaranta al rifornimento. Tempi alla mano, il portoghese Paulo Gonçalves è semre il più veloce, venti secondi di vantaggio sul compagno di squadra Joan Barreda. Despres
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23 Gennaio
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2012
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CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
VILADOMS (ESP)
KTM
5
SVITKO (SVK)
KTM
6
FARRES GUELL (ESP)
KTM
7
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
8
BOTTURI (ITA)
KTM
9
PAIN (FRA)
YAMAHA
10
FARIA (PRT)
KTM
e Coma entrano nel tratto di dune, una cinquantina di chilometri, perfettamente appaiati. Lo spagnolo ha colmato il gap ed inizia una nuova, difficilissima fase tattica. La situazione migliore, a questo punto, è nella mani di Despres che, sacrificati i due minuti “logici”, non deve far altro che controllare l’avversario. Il francese lascia andare avanti Coma e lo tallona “ 96
discretamente” seguendone ogni cambio di direzione. I due entrano nel tratto finale più veloce, ed ormai resta solo una passeggiata fino all’arrivo. Si ferma Paulo Gonçalves, che riparte dopo 15 minuti ma perde il primato che il portoghese aveva mantenuto fino a metà tappa, e subentra al comando Joan Barreda, che si è attaccato al treno Marc Coma ed ottiene il primo successo personale alla Dakar. Coma, che ancora una volta è il primo a tagliare “fisicamente” il traguardo della Speciale, chiude al secondo posto, due minuti e sette secondi davati a Despres, terzo. Despres resta primo in classifica generale, con un margine incredibilmente sottile, appena 21 secondi. Coma si complimenta con Barreda e con l’avversario, descrive il finale delle quattro tappe peruviane, con la tappa maraton,
come molto difficile e delicato, ma promette di essere lì, per fare tutto il possibile per vincere. La strategia delle tappe chiave della Dakar è questa, e non è la prima volta che Coma e Despres corrono per migliaia di chilometri raccolti in un fazzoletto. Non sempre è eccitante, ed inevitabilente la sfida istintiva si converte in una ragionata, ed a volte noiosa, gestione di ogni dettaglio di corsa che possa rappresentare anche solo una manciata di secondi. La tensione di ciascuno dei contendenti, per contro, sale alle stelle, l’uno alla ricerca del momento proprizio per sferrare l’attacco decisivo, l’altro concentrato a disinnescare ogni pur minimo segnale di sortita. Il gioco del gatto e del topo, insomma. Sinchè non succede qualcosa che rompe l’equilibrio del surplace. Ma non accade oggi. 97
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23 Gennaio
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2012
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Dakar 2012, 10a Tappa: Peterhansel investe Ciotti, è polemica di Piero Batini | Le storie di Despres e di Peterhansel, entrambi con il successo di questa edizione della Dakar in gioco, hanno fatto un giro del mondo e mezzo, scatenando ondate di sdegno e crociate di assoluzione
C
yril Despres si è fatto aiutare da Paulo Gonçalves per uscire dal fango, e una volta fuori, ciao! Stephane Peterhansel ha toccato Filippo Ciotti durante il contemporaneo attraversamento di un guado, e l’italiano è rotolato nell’acqua insieme alla sua Rieju. Le storie di Cyril Despres e di Stephane Peterhansel, entrambi con il successo di questa edizione della Dakar in gioco, hanno fatto un giro del mondo e mezzo, scatenando ondate di sdegno e crociate di assoluzione. Questo dimostra, sul piano oggettivo, soltanto una cosa... che tra l’atto e la sua spiegazione può succedere di tutto. Questione di riflessi, di tempo e di spazio, e chiunque ci può mettere dentro la sua. I due episodi hanno in comune soltanto la loro fase reale, per così dire dimostrabile, filmati e foto, di gran lunga più “realistica” di qualsiasi interpretazione. Mi sono soffermato a lungo sulle dinamiche, molti hanno saltato analisi e retorica e sono andati direttamente al giudizio... universale, ed alla fine dico la mia. Innanzitutto si tratta di due 98
episodi di natura profondamente diversa. L’affaire Despres matura dopo vari minuti di “azione”, mentre il fatto “Peter” è questione di un attimo. Il primo è riconducibile ad una attitudine comportamentale, conseguenza di una situazione critica, il secondo, seccamente, ad un’esecuzione sbagliata. Il primo porta via tempo, da tempo, per riflettere, e lascia tutto il tempo che si vuole per offrire, se non una mano, almeno un segno di gratitudine. Il secondo è come un’istantanea, si risolve maldestramente in un momento e, conoscendo bene Peterhansel, ci puoi mettere la mano sul fuoco che non ha pensato male neanche per un attimo. Condanna e assoluzione? Non sta a me, non sono ne dio ne organizzatore. Però la storia di Despres mi lascia almeno perplesso, e quella di Peter-Ciotti riesce anche a farmi sorridere. Ma siccome tra piloti in corsa l’istinto può correre più veloce della razionalità, e correndo forte può anche sbagliare strada di tanto in tanto, tutto sommato tenderei a smorzare i toni. Sarei più intransigente, invece, con l’organizzazione, che pur con mezzi, esperienza e tempo ha gestito la faccenda dei paperi nel fango con essenziale superficialità, stravolgendo il concetto di base della corsa e prendendosi gioco dell’impegno di Coma che, passato indenne oltre la trappola e scatenato il suo inferno di tappa, ha infine visto vanificato il risultato dei propri sforzi, ereditandone il carico di tensioni. Gli organizzatori hanno strombazzato ai quattro venti la loro emozione il giorno che il brasiliano Guilherme Spinelli, le lacrime agli occhi, è andato dai commissari ed ha cofessato: “Scusate io mi ritiro. Ho usufruito dell’assistenza illegale di uno spettatore, è vietato. Non posso concepire di concludere la Dakar avendo imbrogliato, l’onestà è la mia priorità e la mia motivazione!” E giù con lo spirito della Dakar, della prima volta nella vita di quel commissario, dei valori umani che la Dakar rappresenta in esclusiva. Via così. A quegli stessi commissari, ancora con la pelle d’oca per l’emozione di aver visto in faccia lo Spirito della Dakar, dovevano prudere le dita nell’impazienza di prendere per le orecchie Despres. Poi, preso in considerazione l’aspetto regolamentare, avrebbero potuto “graziarlo” per il fango
in cui si è impastato e “punirlo” rigettandolo nel fango di cui si è macchiato. Avrebbero fatto giustizia e un figurone con il Mondo. Perchè Despres, tra tutte le cose che poteva fare si è dimenticato dell’unica che gli sarebbe costata zero: alzare una mano in segno di gratitudine ed una spalla per fare capire a Gonçalves che era meglio se ripartiva il più in fretta possibile. Anche se la sia testa, verisimilmente, si è immediatamente riempita dell’immagine dell’avversario in fuga. Così, invece, gli organizzatori hanno, in un colpo solo, restituito a Despres i termini quantificabili della sua sfortuna, preso a calci il talento di Coma, e perso un’occasione. Il figurone l’ha fatto Paulo Gonçalves. Ha detto che sono cose che succedono a causa dell’adrenalina della gara, che per lui era tutto a posto e che sperava che lo fosse anche per tutti gli altri, invitando se stesso e gli altri a pensare ad altro e ad andare avanti. Per la verità, credo che Paulo abbia ragione, e capisco che, limitatamente alle circostanze, il frangente era di quelli da far perdere la testa a
chiunque. La questione di Peterhansel, che ha mezzo “affogato” Filippo Ciotti, secondo me non è neanche paragonabile. Anche in questo caso “Peter” avrebbe potuto aprire uno sportello e tirare fuori una mano, ma per come ho visto che sono andate le cose la faccenda è molto meno drammatica e, come detto, è l’istantanea di un momento sfortunato, privo di qualsiasi “premeditazione”, non ce n’era il tempo, evoluzione indesiderata di un momento della 99
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23 Gennaio
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2012
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corsa. Peterhansel potrebbe anche non aver avuto modo di rendersi conto pienamente degli effetti del contatto. E bisogna aggiungere che Stefane si è precipitato da Ciotti, al bivacco, per scusarsi. L’episodio di Spinelli mi ha fatto pensare anche a quelle circostanze, abbastanza comuni nella Dakar, in cui il sapersi arrangiare vola allo stato dell’arte. Non me ne vogliano gli eroi della Dakar, quelli che hanno tentato con tutti i mezzi di non soccombere alla Dakar. La loro è la Storia stessa della Dakar, che non esisterebbe senza i loro episodi. Alex Zanotti, che ha lavorato come un cane sotto il sole per far ripartire la moto, Manuel Lucchese, che ha smontato e rimontato in mezzo alle dune, Alain Duclos che, in circostanze analoghe, si è ritrovato addirittura senza sella e serbatoio. Tutti loro, ma questo succede a quasi tutti quelli che hanno storie 100
incredibili e simili da raccontare nella Dakar del Sud America, hanno accettato, o addirittura richiesto, un aiuto da parte degli spettatori, cuore pulsante della Dakar risorta dopo l’Africa, finendo però per infrangere il regolamento. Beninteso, io farei lo stesso, e non come Spinelli, idolo di una Dakar un po’ troppo ideale. Ma, in fondo, queste sono quisquilie. Che dire, allora, di espiritu e di regolamenti, quando ci si sofferma sulla notizia del giorno e si scopre che l’Hummer di Robby Gordon, scatenato mostro a quattro ruote alla caccia del primato fino ad ora nella mani di Stephane Peterhansel, sarebbe tecnicamente non conforme, e quindi squalificato? Ma no, non ricominciamo a scandalizzarci. Diciamo che gli organizzatori farebbero meglio a curare con più attenzione una parte del loro lavoro. 101
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di Piero Batini | Nuovo successo di Cyril Despres, che porta a due minuti e 22” il vantaggio su Coma, oggi terzo. Secondo posto per Gerard Farres al traguardo di Arequipa, prima tappa in Perù
P
rove Speciali (di fatto una, con due settori cronometrati intervallati da un tratto neutralizzato di circa 130 chilometri, sulla Panamericana) per ben 534 KM. Un trasferimento iniziale per prendere il via della PS ed uno finale fino al bivacco tendato di Camana. Questo il programma originale della 11ma Tappa della dakar 2012. Ma abbiamo già visto che le condizioni meteo non sono particolarmente indulgenti con la carovana della corsa, quest’anno, cosicché in questo caso la tappa è stata abbondantemente rimaneggiata. In particolare i concorrenti moto sono stati inviati sul percorso inizialmente previsto per le auto (in origine diverso da
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quello delle moto), per tagliare fuori vasta zona di fiumi in secca che... asciutti non lo sono più, ed hanno la Speciale ridotta di una cinquantina di KM. Resta invariato l’aspetto più importante del programma originale che caratterizza la Tappa odierna. Si tratta, in effetti, di una Tappa Marathon, vale a dire collegata direttamente alla prossima, 12ma tappa, senza la possibilità, per i concorrenti, di far ricorso alle assistenze. I veicoli e gli assistenti sono stati mandati direttamente al termine della tappa successiva, ed i concorrenti dovranno intervenire personalmente sulle proprie moto per il “tagliando”. Essendo di fatto escluse le riparazioni più importanti, come la sostituzione del motore, i Piloti hanno l’obbligo di aministrare la meccanica per essere sicuri di affrontare anche la tappa successiva nelle migliori condizioni possibili. Nei primi 170 chilometri di trasferimento, la carovana passa la frontiera ed entra, per la prima volta nella storia della Dakar, in Perù, dove verranno disputate le ultime quattro tappe dell’edizione 2012 (e da dove, si dice, potrebbe partire il Rally nel 2013), ed entra nella prima parte della Speciale, di 195 KM. Joan Barreda, Marc Coma e Cyril Despres, si perdono quasi subito, sbagliando una nota del road book e prendendo una pista sbagliata. Ne traggono vantaggio quegli inseguitori che non commettono l’errore e possono approfittare dell’anomalia della situazione. Rallentamenti vistosi per Olivier Pain, in difficoltà
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Dakar 2012, 11a Tappa: nuovo successo di Despres
23 Gennaio
2012
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nella prima zona di dunette del KM 120, e per l’assistente di Despres Ruben Faria. Joan Pedrero, “portatore d’acqua” di Coma, intanto, si è ritirato ieri per un problema meccanico, ed è rimasto sette ore tra le dune in attesa di essere recuperato. Al primo waypoint della PS, circa 40 KM dalla partenza, è in testa Gerard Farres, che si è agganciato ai veloci battistrada nel momento in cui questi sono tornati sulla pista giusta, seguito da Johnny Aubert, Pal Anders Ullevalseter ed il brasiliano Felipe Zanol. Lo spagnolo del team
Bordone-Ferrari tiene la testa del gruppo fino alla fine del primo settore cronometrato ed i leader, che accusano un ritardo tra i due ed i cinque minuti, fanno fatica a recuperare il tempo perso. Il più penalizzato è, manco a dirlo, Marc Coma, partito
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CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
SVITKO (SVK)
KTM
5
VILADOMS (ESP)
KTM
6
FARRES GUELL (ESP)
KTM
7
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
8
PAIN (FRA)
YAMAHA
9
BOTTURI (ITA)
KTM
10
ZANOL (BRA)
KTM
da Arica alle spalle di Barreda. Ad aprire la pista è, a questo punto, Cyril Despres, Coma accusa un ritardo di 1’ e 47”. Ci vogliono oltre due ore per coprire il lungo trasferimento neutralizzato, e quasi altrettante ai concorrenti per completare la seconda parte cronometrata della Prova Speciale n° 11. Giornata lunghissima. Despres, che ha ripreso Coma nelle prime fasi della corsa quando il gruppetto dei battistrada ha sbagliato strada, ha preso la testa della PS e lo spagnolo lo tallona a vista, consapevole che non potrà cambiare la situazione. I due contendenti procedono appaiati e la partita, per oggi, è chiusa. Vince Cyril Despres, e Coma perde i due minuti “stabiliti” dall’ordine di partenza. Tra i due si inserisce, al traguardo di 104
Arequipa, Gerard Farres, ed alle spalle di Coma ecco il suo nuovo “portatore d’acqua”, Johnny Aubert, che ha rotto gli indugi dopo aver condotto, sino ad oggi, in sordina la sua prima Dakar. Migliore degli italiani, Alessandro Botturi entra stabilmente nella top ten. Oggi ha chiuso al 12° posto, che vale al bresciano l’8° in generale. Ma questo accadeva già ieri sera, quando Paulo Gonçalves veniva penalizzato di sei ore per aver raggiunto il bivacco di Copiapo al traino di un’altro veicolo (che, solo in questo caso il regolamento o consente, non era quello di un Pilota in gara). Il portoghese, due volte sul podio e protagonista dell’episodio del “Fango” insieme a Despres, aveva occupato la quarta posizione della Generale. 105
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DAKAR
di Piero Batini | La tappa marathon è una delle situazioni più affascinanti della Dakar. C’è un’atmosfera di maggiore intimità, e ogni pilota tira fuori la lista delle operazioni per il tagliando, preparata dal meccanico che per un giorno non c’è
I
l bivacco della tappa marathon e le “Casse” La tappa marathon è una delle situazioni più affascinanti della Dakar. I piloti sono arrivati alla spicciolata, hanno preso possesso del loro fazzoletto di terra al bivacco, ed hanno cominciato a pensare alle loro 106
cose come accadeva una volta: da soli. Non ci sono i mezzi di assistenza, gli assistenti, e i decibel di rumore generati dai gruppi elettrogeni sono crollati. C’è un’atmosfera di maggiore intimità, e ciascuno dei piloti tira fuori dalla giacca la propria lista delle operazioni per il tagliando, preparata dal meccanico che per un giorno non c’è. Ma i “privati” il meccanico spesso non ce l’hanno neanche gli altri giorni, ed al bivacco della tappa marathon anche i più “privatoni” fanno un passo avanti, perchè gli ufficiali si rendono conto “da vicino” di che vita fanno i “barboni”. Qualcuno, beninteso, è
Anno
Numero
02
45
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Dakar 2012. La vita dei privati al bivacco
23 Gennaio
2012
“clochard”, è “privato” per scelta e non per necessità, ed intende la Dakar solo in questo modo: lui, la sua moto, il suo marsupio. E la sua Cassa. Da 17 anni, alla Dakar, gli organizzatori trasportano una “cassa”, dove il Pilota stipa un picolo campionario di essenzialità: lo spazzolino da denti, la felpa, mutande, 100 grammi di piume dentro un sacco a pelo, un pistone, la centralina, la pomata di Fissan, le leve, fasci di fascette, lampadine, viti e bulloni, 125cc di grappa o di olio degli ulivi di casa sua. All’esterno il numero di gara, all’interno del coperchio è incollata la lista delle centinaia di cose, scelte con cura e pensate, sopravissute tra mille all’esclusione perchè ritenute necessarie. Il contenuto deve stare tutto in una cassa delle dimensioni di 80 per 40 centimetri, alte non ricordo più quanto, che i piloti privati senza assistenza trovano ogni sera insieme ad una coppia di ruote. Le casse sono trasportate da un camion, una volta addirittura da un aereo, l’”aereo delle casse”, autentico epicentro della notte del bivacco. Attorno al camion della casse, o all’aereo della casse, sono state scritte intere epopee della Dakar. Al culmine della sua parabola c’erano elettricità, enormi punti luce, caffè, compressori ed utensili, bottiglie di Pastis, la pressa, sigarette, tecnici geniali capaci di tagliare, piegare, saldare, disponibili tutta la notte, perchè non si dormiva mai al camion (o l’aereo) della Casse. C’erano persino sponsor per quell’aereo, che vedevano lì l’anima della Dakar, quella vera. E naturalmente
Piloti per tutta la notte, al lavoro fino all’alba, anche fino a cinque minuti prima di partire per la tappa. Qualche lustro fa dal ventre dell’aereo scendevano, per risalire al mattino dopo, miracolosamente richiuse e coscienziosamente radunate ai suoi piedi, centinaia di casse e di ruote. Oggi i “privatoni”, e conseguentemente le Casse, sono sulla via dell’estinzione, si contano sulle dita di un paio di mani, ed attorno a quelle Casse non c’è più la stessa atmosfera.Gli organizzatori pensano addrittura di abolirle, perchè sono un costo e perchè, dicono, i privati ormai preferiscono spendere qualche soldo di più ed avere, o condividere, un’assistenza propriamente detta. 107
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DAKAR
di Piero Batini | Tocca a Despres, bravissimo fino a 3/4, seguire nella Generale a 1’ e 35”. Podio per Joan Barreda e Jordi Viladom
D
odicesima tappa, tre alla fine. 196 chilometri (in origine dovevano essere 246) di Prova Speciale, con un trasferimento di circa 300 KM per raggiungere la partenza. I 106 Piloti ancora in gara (erano 178 a Mar del Plata) affrontano una Speciale molto impegnativa, con tre settori di sabbia e dune, rispettivamente di 50 (che diventano 30), 25 e 40 chilometri, i primi due nella prima parte, l’ultimo poco prima dell’arrivo posizionato nei pressi della città di Nazca. Il tratto centrale, il più corto, è annunciato come una delle possibili “svolte” di questa Dakar. Ce n’è abbastanza per stressare a fondo le meccaniche e le doti di guida e di navigazione in
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fuoripista dei concorrenti, per “spremerne” tutte le migliori qualità e metterne a nudo i limiti. Dopo undici giorni di gara, poche cose possono dirsi acquisite, ed è come se il Rally cominciasse di nuovo, per l’ennesima infernale quotidianità nella quale talento e tenacia sono appesi al filo della fortuna. I concorrenti sono reduci dalla notte al bivacco senza assistenze di Camana, e la Tappa odierna è l’ideale continuazione della precedente Arica-Arequipa. Solo il traguardo chiuderà la due giorni dell’unica tappa marathon di questa edizione. I concorrenti passano non lontano dalle Linee di Nazca, uno dei più affascinanti misteri del Mondo attribuiti all’omonima civiltà ma, tranquilli, non c’è pericolo che le tracce delle ruote della Dakar vadano ad incrociare quelle della Storia dell’altipiano. Si è concluso il “valzer dei motori”. Quasi tutti i concorrenti hanno cambiato. Gli ultimi sono stati i Piloti del Team Bordone-Ferrari, Viladoms, Farres e Botturi, e prima di loro è stata la volta di Helder Rodrigues e di Olivier Pain. Non si sa se era già nei loro piani, ma il grido di allarme di David Casteu deve aver sortito l’effetto. Restano con gli “originali” lo slovacco Stefan Svitko ed il Polacco Jacek Czachor. Per effetto dell’applicazione delle relative penalità, Svitko e Pain si sostituiscono a Viladoms e Botturi al 4° ed 8° posto della classifica generale. Piccole scosse di assestamento alla verifica del 12mo giorno della Dakar. Si va alla partenza della Speciale, nella
Anno
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02
45
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Dakar 2012, 12a Tappa: Coma, un quinto successo che vale oro
23 Gennaio
2012
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Pampa Blanca, con una mezz’ora di ritardo, poichè i primi 50 chilometri sono stati tolti, sempre per colpa del maltempo. Sparisce così anche la prima parte del primo tratto di dune, e Marc Coma è chiamato a “compattare” i tempi della sua missione, riacciuffare Cyril Despres partito per primo. Venti minuti dopo, al primo waypoint di passaggio, Coma ha già ripreso Farres, che partiva due minuti prima di lui, ma ha guadagnato solo cinque secondi su Despres. Cyril “apre” la pista e mantiene un ritmo elevatissimo, e le
prime dune sono superate in un soffio. Nel successivo tratto più veloce Marc prende il sopravvento, ed al Controllo di Passaggio (circa 70 KM dal via) ha guadagnato 30 secondi. Farres non regge il ritmo e resta indietro, “tengono” Viladoms, che si
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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SPORT
CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
COMA (ESP)
KTM
2
DESPRES (FRA)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
VILADOMS (ESP)
KTM
5
SVITKO (SVK)
KTM
6
FARRES GUELL (ESP)
KTM
7
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
8
BOTTURI (ITA)
KTM
9
PAIN (FRA)
YAMAHA
10
ZANOL (BRA)
KTM
inserisce tra Coma e Despres, Zanol, Barreda e Rodrigues, ma il più veloce di tutti, in questo primo tratto, è lo slovacco Stefan Svitko. Poco dopo si ferma Olivier Pain. Cinque minuti e riparte. C’era da aspettarsi l’attacco di Coma, ma la verità è che i denti li ha tirati fuori Despres. La Tappa è più corta, e non certo più difficile del previsto, ma in ogni caso Despres compie un piccolo capolavoro, 110
correndo contro il tempo ed il road book. Senza commettere il più piccolo errore riesce a mantenere a debita distanza l’avversario. La parte centrale della Tappa è nettamente a suo favore, e quando mancano 70 chilometri all’arrivo Despres ha perso soltanto 40 secondi. Niente in considerazione della posta in palio. Despres ha fatto esattamente quello che ci si aspettava da Coma. Si fermano Johnny Aubert e Felipe Zanol, tra le dune della parte centrale della Tappa. Poi ripartono anche loro. Ultima parte della PS, si entra nei 40 chilometri di dune che preludono al finale. Il tentativo di fuga di Coma è stato sin qui rintuzzato, adesso tocca alla navigazione ed alla concentrazione sulla scelta dei passaggi sulle onde di sabbia. Momento delicatissimo. D’improvviso lo scenario cambia totalmente, perchè Coma si è lanciato nell’ultimo, feroce tentativo:
agganciare Despres nei pochi chilometri che restano. I metri scorrono più lentamente, ma molto di più per Despres. Coma divora la sabbia e si avvicina inesorabilmente, senza sbagliare una duna. La sua progressione è irresistibile, momento magico in cui l’esecuzione di ogni ogni passaggio riesce alla perfezione. Al traguardo di Nazca, deserto “bruto” spazzato dal vento, Marc arriva per primo. Despres è lì poco dopo. Per Marc, missione compiuta. Lo spagnolo vince la tappa e tiene dietro Despres di 3 minuti e 57 secondi. Non è ancora finita ma, oggettivamente, non ci si poteva aspettare di più. Tappa bellissima. Tra Coma e Despres, al traguardo finale di tappa, si interpongono Joan Barreda e Jordi Viladoms, nell’ordine alle spalle di Coma, che a Nazca torna in testa la Dakar. Un solo minuto, e 35 secondi, di vantaggio, avvincente. 111
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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Dakar 2012, 12a Tappa: Fermi tutti, per un momento di Piero Batini | Quello che hanno fatto Cyril Despres e Marc Coma nella 12ma tappa è una di quelle cose che meritano un momento di riverente riflessione
I
l grande cinema della Dakar Quello che hanno fatto Cyril Despres e Marc Coma nella 12ma tappa è una di quelle cose che meritano di essere riviste, registrate e messe in biblioteca per essere ammirate ancora, ogni volta che viene in mente di godersi un grande spettacolo. Una di quelle cose che meritano un momento di riverente riflessione. I due grandi Rivali avevano davanti a loro una tappa relativamente corta, con una parte tecnicamente davvero difficile, ed un carico di responsabilità tattica insostenibile per qualsiasi comune... Pilota. Ma il difficile, per quei due, consiste nel fatto che ogni volta che abbassano la maschera sugli occhi, hanno già alzato l’asticella di un tanto. E che sia l’uno o l’altro ad avere avuto l’idea di alzarla, magari per fare un dispetto all’avversario, l’altro lo segue, e non ci inciampa. Despres è partito davanti, l’ombra di Coma già nella testa prima che dietro le spalle. Doveva proteggere un vantaggio risicato, ed è andato avanti come una saetta. Coma, quattro minuti più indietro, aveva un 112
obiettivo intermedio, Farres, che avrebbe potuto aiutarlo a colmare il gap. Ma il collega spagnolo gli è stato di ben poco aiuto, ed in quattro e quattr’otto era già archiviato. A quel punto Despres e Coma hanno mandato in scena un “parallelo” da brivido. Ciascuno aveva la sua pista da scoprire davanti alle ruote, l’obbligo di forzare il ritmo ed il dovere di non sbagliare. Qui diventa difficile: riuscire a fare bene tutte le cose, e senza commette errori. Te ne basta uno, e sei cotto, hai buttato una Dakar e undici giorni. Per cento chilometri è andata avanti così. Media elevatissima, e massimo rendimento. Senza errori. Dopo cento chilometri, trenta secondi ripresi da Coma. Niente. Coma magnifico, Despres superlativo. Poi sono venuti i trenta-quaranta chilometri più difficili. Le dune, un serpente di curve disegnate sulla sabbia: Coma ha spinto forte, fortissimo, ed in quel relativamente breve tratto ha centrato il suo obiettivo, agganciando l’avversario per passarlo poco prima della linea d’arrivo. Sulle dune Despres era preda un po’ più facile, bisogna ammetterlo, specialmente con il sole alto che cancella i rilievi. Oggi le parti sono invertite. In tutti i sensi. Di classifica, di margine da recuperare, di ordine di partenza (Coma ha ancora più lavoro, secondo una logica elementare, di quello che ha avuto Despres ieri). Di certo l’asticella sarà posizionata ancora più in alto, e non vale la pena di pronosticare o di avventurarsi in una soluzione teorica. Ce lo faranno vedere loro, i due Super Campioni, come risolveranno una questione che è strettamente personale. Loro due. Ecco il momento di riflessione. Loro due sono la Dakar. La migliore espressione pubblicitaria della corsa di ASO, tanto certa che proprio gli organizzatori ci hanno prov(oc)ato, con una campagna che paventava la fine della loro era. Immaginate per un attimo una Dakar senza uno dei due. Poca cosa, siamo d’accordo? Una passeggiata dell’unico presente, a fare il bello ed il brutto tempo tra gli aspiranti all’Olimpo dei Rally, il risultato già inciso sulla targa del trofeo. Coma, o Despres, contro i pur bravi Rodrigues, Viladoms, i Barreda o gli Svitko, o i Botturi, speriamo, che verranno. Qualsiasi ambizione “dakariana”, così pure come ogni sogno, passa ancora
attraverso quel Binomio, o vi si infrange. Non c’è storia, oggi. Domani, forse, dopo domani, certamente, ma non oggi e finché i due Leoni restano in circolazione e seminano il panico nella foresta. Era bello quando Francisco Lopez era a posto, come due anni fa, o come l’anno scorso. Il cileno è stato l’unico a mettere un po’ di sale nel dialogo a due che dura da sette Dakar, dicendo la sua. Si può avere simpatia per l’uno e non soffrire l’altro (anche tra di loro è corso sangue non troppo buono, del resto), ritenere alternativamente l’uno e l’altro più forte, più grintoso, più astuto. Sostenere da una parte l’estetica della guida o dall’altra la “sporca” brutalità dell’efficienza. Si può forzare una “grading list”, corta, eh? e preferire l’uno o l’altro, ma questa è personalizzazione del giudizio, variabile retorica di opinione. Basta invertite l’indirizzo del giudizio, e trovare che la “classifica” regge lo stesso. La verità è che entrambi sono in grado di fare cose grandi, come nessun altro. La Dakar di oggi è di quei due là, che si scannano per un minuto con un’ora di vantaggio sul resto del peloton, e che ogni volta che non vincono, perchè capita che commettano un errore e sbaglino strada, o che si tuffino inoportunamente in una piscina di fango, per qualcun altro è arrivata l’ora dell’exploit, dell’evento, del fatto inedito, dell’eccezione. Dopodomani uno dei due passerà in vantaggio sull’avversario, per un anno. La Dakar viene una volta all’anno,
e questa che si chiude a Lima è la bella che si giocano Coma e Despres dopo aver ottenuto tre vittorie ciscuno ed aver chiuso ogni porta d’ingresso al regno della Dakar dal 2005. Domenica si romperà un equilibrio perfetto, ecco perchè è bello, a due giorni di distanza, fermarsi un attimo e riflettere sulla grandezza di quella coppia di Assi, presi nell’ultimo momento in cui sono ancora perfettamente alla pari. Un momento emblematico, perchè fissa il valore atletico di due individui sensazionali, e di un’epoca che, una volta che sarà finita, passerà direttamente alla leggenda. Domani sarà il giorno di Coma o di Despres, oggi è il giorno di Coma e Despres. 113
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DAKAR
di Piero Batini | Tappa Cruciale densa di colpi di scena. Coma avvicina l’avversario, poi deve cedere. A Pisco vince Helder Rodrigues, Viladoms terzo dietro a Despres
P
isco, 14 gennaio 2012. Penultima Tappa della dakar 2012 Cento partenti e cento chilometri scarsi di trasferimento dal bivacco di Nazca, poi dentro nella Speciale, 275 KM, tracciata tra la Pampa di Huayury e l’altopiano del Gran Tablazo de Ica, un “accidente” morfologico coperto di dune di sabbia. La Speciale costeggia l’Oceano Pacifico, passa non lontano da Punta Infiernillo (un altro nome evocativo della natura ambientale “sinistra” della Prova) e dalla citta di Ica, e si conclude in prossimità del bivacco posizionato poco a Sud di Pisco. Rifornimento e neutralizzazione al KM 120. Solo un terzo della Speciale corre su
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terreni più duri, il resto è sabbia, cordoni di dune isolati e in sequenza. Oltre alla tecnica pura, necessaria per non soccombere tra le “pieghe” del mare di sabbia, sono ancora una volta chiamati in causa l’istinto e l’esperienza dei “navigatori”, che devono rispettare ben 35 waypoint sulla loro rotta. Come ieri, ma molto più difficile di ieri. Marc Coma ha vinto a Nazca, e parte per primo, Cyril Despres, che ha chiuso alle spalle anche di Joan Barreda e Jordi Viladoms, sei minuti dopo. L’impostazione tattica della Tappa è simile a quella della della giornata precedente, ma con ruoli invertiti per i due Piloti di testa, attesi ad un nuovo, avvincente duello, forse l’ultimo di questa Dakar. Coma fuggitivo, con un compito difficilissimo davanti a sè, Despres inseguitore, e ulteriormente favorito dall’ordine di partenza. 50 chilometri di Speciale, ed ecco il primo waypoint di passaggio. Joan Barreda ha raggiunto Marc Coma, e lo segue da vicino, ma è Cyril Despres che prende l’iniziativa. Il francese passa con il miglior tempo, davanti ai portoghesi Helder Rodrigues e Paulo Gonçalves. Marc Coma è staccato, oltre tre minuti e mezzo, indietro in decima posizione. Despres torna virtualmente in testa al Rally. La situazione diventa ancor più cruda al CP, al rifornimento, quando il ritardo di Coma rispetto a Despres sale a più di cinque minuti. Despres è sempre il più veloce, e più rapido di Barreda, Rodrigues e Gonçalves. Non fosse una tappa
Anno
Numero
02
45
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Dakar 2012, 13a Tappa: Secondo posto per Despres, che prende il volo
23 Gennaio
2012
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con moltissima e difficile navigazione, sarebbe da rimanere sconcertati. La verità è che Despres, che corre lungo i solchi delle ruote di Coma, sta sfruttando alla perfezione una situazione logica, ed il rebus della vigilia compone pian piano, ma sempre più chiaramente, il suo nome nella soluzione finale. Quando mancano 120 chilometri circa all’arrivo, la pista piega ad Est. Sbaglia Barreda che prosegue verso Nord, ma non Coma, né Despres, che restano sulla pista giusta, il francese navigando ormai a vista. Poi Despres
rallenta per un paio di piccoli errori di navigazione, Coma riparte istataneamente all’attacco, e la Dakar torna sul filo del rasoio dei secondi. Prima di entrare nell’ultimo, difficilissimo tratto di dune del “Tablazo”, il suo ritardo da Despres scende
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23 Gennaio
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2012
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CLASSIFICA MOTO Pos.
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1
DESPRES (FRA)
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2
COMA (ESP)
KTM
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RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
VILADOMS (ESP)
KTM
5
SVITKO (SVK)
KTM
6
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
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FARRES GUELL (ESP)
KTM
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BOTTURI (ITA)
KTM
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PAIN (FRA)
YAMAHA
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ZANOL (BRA)
KTM
a poco più di due minuti. Il miglior tempo parziale è quello di Helder Rodrigues. Le dune peruviane del gran finale, nessun rimpianto per quelle africane, ed ecco il colpo di scena, che arriva quando mancano 70 chilometri al traguardo. Marc Coma parte su una direttrice sbagliata e si allontana dalla rotta ideale per un problema al 116
cambio, quindi rientra sul tracciato del road book, ma lascia sulla pista dieci minuti, fatali. Despres, a quel punto primo davanti a Rodrigues e Ullevalseter, ha la Dakar offerta su un vassoio d’argento: il suo vantaggio nella generale sale a più di undici minuti. Finale. Coma tira i remi in barca. Ci ha provato, ma non ci è riuscito. Helder Rodrigues taglia per primo il traguardo di Pisco. Alle spalle del Campione del Mondo portoghese Cyril Despres, quindi Viladoms e Barreda, Alessandro Botturi stratosferico al 7° posto. Coma è molto indietro, 13 minuti e mezzo dal vincitore della penultima Tappa. Di più, lo spagnolo è ora a undici minuti dal leader della Corsa, definitivamente (ora è possibile dirlo) Cyril Despres. 117
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
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Dakar 2012, 13a Tappa: Verso la fine di Piero Batini | Gli ultimi 29 chilometri separano i cento concorrenti in moto dal poter accarezzare il sogno di concludere la Dakar
D
ita incrociate Pensare che gli ultimi 29 chilometri (tanti ne restano di settore selettivo nell’ultima tappa della Dakar 2012, dopo oltre 4.000 chilometri di prove speciali, ed il doppio in totale) possano essere fatali anche ad uno solo dei cento concorrenti in moto che stanno per accarezzare il sogno di concludere la Dakar, è un abbrutimento, e pertanto non bisogna neanche parlarne. Lasciamo che sia un colpo di scena malefico ad intervenire, eventualmente, come è successo lo scorso anno a Francisco Lopez (ne abbiamo già parlato, quindi resta quello il riferimento dell’incertezza per definizione che caratterizza la regina delle maratone), ma speriamo che non succeda ed incrociamo le dita, un po’ come fanno tutti da ieri sera al bivacco di Pisco. No, non succederà niente di anomalo, e per questo, poiché abbiamo le dita incrociate anche noi, viene ben poco da scrivere. Un bilancio sarebbe prematuro, come uscire dal cinema prima della parola “fine”, e non c’è niente da ipotizzare su una tappa così corta. No, non resta che aspettare, un po’ a malincuore, 118
l’epilogo festoso e un po’ triste, sì perchè alla Dakar ci si sta attaccati quasi giorno e notte, e di chiudere a Plaza de Armas, centro storico di Lima, dove è tutto pronto. La chiave della 13ma Torniamo sull’utima Tappa, la sconvolgente penultima tra Nazca e Pisco, solo per un attimo, per chiarire meglio la dinamica, abbastanza stridente, che ha frenato Marc Coma nella sua disperata rincorsa alla testa della corsa. Lo spagnolo non aveva niente da perdere, e tutto da guadagnare, e quindi non aveva scelta: attaccare, dal primo all’ultimo dei 275 chilometri della Speciale. Non sarebbe stato comunque facile, anzi, ma se la ciambella fosse riuscita con il buco la Dakar sarebbe stata incredibilmente avvincente anche oggi, con la passerella finale trasformata in una manche di motocross. Marc è partito non troppo convinto di riuscire nell’impresa, ma non di meno ha messo in campo tutte le risorse che aveva a disposizione. All’inizio ha avuto un problema al cambio, che gli ha impedito di inserire la seconda e la terza marcia, ed il fatto che sia riuscito, nella parte centrale della tappa, a mantenere il contatto, dimostra che non si è mai dato per vinto. Poi è uscito dalla pista principale, quella corretta, perchè aveva paura di non riuscire a superare una duna, che richiedeva un rapporto inferiore e probabilmente uno di quelli di cui non poteva disporre. Invece di rischiare ha preferito deviare per contornare la duna malefica, ma così facendo si è infilato in una lunga, troppo lunga digressione, ed ha lasciato lì le ultime speranze di risolvere a suo favore la questione. Coma ha dichiarato che sono cose che possono succedere quando si stressa la meccanica oltre il limite, che sono cose della corsa, che la Dakar è anche questa. Sempre estremamente gentile con tutti, anche quando ha il magone, lo spagnolo! Tutta Francia Due francesi stanno per vincere la Dakar. Cyril Despres e Stephane Peterhansel. Due francesi, il Rally che è francese. Non, non sto per fare polemica. Niente fanghi, piloti che si perdono, assistenze selvagge. Troppo tardi o inutile o, peggio, irrispettoso dopo 8.000 chilometri e tredici giorni per quei cento che stanno per farcela.
Volevo dire della Francia, dove è nata la specialità e dove l’interesse travolgente che ha animato quel popolo è scemato scendendo fino a livelli disarmanti. Ero in Francia nei giorni immediatamente precedenti la partenza, come altre volte, e come le altre volte sono andato a cercare notizie, giornali, riviste, libri, speciali. Niente. Una pagina scarsa con una foto gigantesca e dieci righe, sull’Equipe, la “Gazzetta” di là dalle Alpi, di proprietà di ASO. Una volta, anche quando la Dakar non partiva già più da Parigi, la Francia intera si risvegliava e si preparava per seguire il “loro” Rally. Le strade erano tappezzate di cartelloni pubblicitari. Francesi, anche sconosciuti, erano testomonial di benzine, supermercati, pneumatici. Scendevi nella metropolitana e ci trovavi Despres grande come un treno associato ad una carta di credito. Ogni concessionario di moto tirava fuori i cimeli delle edizioni precedenti ed allestiva la propria mostra-storia sui marciapiedi davanti alla vetrina. Oggi non è più così: della Dakar, in Francia, quasi ci si vergogna. Eccessivo, lo so, ma è propio questa la sensazione che si ricava. Basta domandare, ed i più fanno finta di non ricordare, o alla fine ti dicono che è una cosa passata, c’era una volta. Della Dakar parla la “media borghesia culturale”, per citare questa o quella disgrazia, per fare dell’ironia o per ricordare la vittoria ambientalista e l’ambiance intellettuale che ha avuto ragione di quella cosa. Forse la
duplice vittoria francese farà bene alla Francia degli appassionati, e riporterà un po’ di popolarità alla corsa a casa sua. O forse farà bene per portare un maggior numero di francesi a correre, così come fecero bene gli anni d’oro italiani o i più recenti anni d’oro spagnoli. Far bene all’Europa fa bene ad una corsa che rischia, ogni anno di più, di diventare un fenomeno prettamente sudamericano. Che poi non ci sarebbe niente di male. In Sud America sta saltando fuori qualche archeologo indignato, qualche ambientalista come sempre contrario, ma l’entusiasmo per la Dakar, laggiù, è inimmaginabile. Pura passione popolare, cosa d’altri, ma altri davvero, tempi. 119
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DAKAR
23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
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SPORT
Cyril Despres vince la sua 4a Dakar
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di Piero Batini | A Lima, dopo 14 giorni di gara, il francese batte Marc Coma e Helder Rodrigues. Alessandro Botturi, ottavo, il migliore dei Piloti italiani. KTM imbattibile dal 2001
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E
finalmente è Lima, ultima tappa della Dakar, edizione 2012. L’atmosfera è quella della grande festa, ed anche la cortissima Prova Speciale è ormai, finalmente, soltanto una formalità prima dell’apoteosi sul Podio della Plaza de Armas, nel centro storico di Lima. 8.000 chilonetri in totale, e di questi oltre 4.000 di prove Speciali. 14 tappe, una giornata di riposo a Copiapo, una tappa annullata all’ingresso della corsa in Cile, tre grandi Paesi attraversati, oltre al Cile l’Argentina, che ha ospitato la partenza del Rally da Mar del Plata e, per la prima volta, il Perù con quattro tappe inedite e sontuose e l’arrivo della corsa nella sua Capitale. Questa è la Dakar 2012 nella sua sintesi geografica. La corsa, la
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maratona per definizione, l’evento motoristico e sportivo più duro del Mondo è stato, invece, una montagna di emozioni. Come sempre, più di altre volte. Gli ultimi 29 chilometri dell’ultima Prova Speciale non cambiano la fisionomia agonistica della corsa, ed è arrivato il momento di tirare un profondo sospiro di sollievo e di incominciare a crederci, per i cento Piloti “sopravissuti” alla durezza della corsa, di essere consapevoli di essere riusciti nell’impresa. Una di quelle che segnano la carriera sportiva di un atleta, non solo perchè è un paragrafo importante del suo curriuculum agonistico. Disputare, e finire una Dakar è un’esperienza di vita. L’ultimo “strappo” cronometrato non dice nulla di nuovo, è una liberazione. E nonostante esista una tradizione di paura scaramantica nei confronti dell’ultima Prova, i Piloti non si risparmiano, scaricando l’adrenalina residua sulla pista dell’epilogo. Il migior tempo lo “stacca” Pal Anders Ullevalseter (la prima Speciale, in Argentina, due settimane fa, la vinse, passato remoto, Francisco Lopez), Marc Coma è immediatamente alle spalle del norvegese, e terzo è il sorprendente slovacco Stefan Svirko. Cyril Despres se l’è presa un po’ più comoda, solo il decimo tempo finale, distratto dall’evento che va pian piano mettendosi a fuoco, e di cui è egli stesso il protagonista. Dopo i successi del 2005, del 2007 e del 2010, Despres si aggiudica anche la trentatreesima edizione della Dakar. Cyril ha vinto tre tappe, è andato i testa alla corsa al temine della terza e ha ceduto la leadership in due sole occasioni, nella ottava e nella
12ma, riprendendo il comando delle operazioni immediatamente, il giorno successivo. Despres ha firmato una superlativa 13a tappa, ed ha congelato il risultato nella penultima giornata di gara, quando il suo vantaggio sull’avversario “storico” è salito a oltre undici minuti. Insieme a Despres ha vinto anche KTM. La Marca austriaca si è aggiudicata tutte le edizioni della Dakar a partire dal 2001, anno del primo successo di Fabrizio Meoni. Il secondo posto va a Marc Coma, co-protagonista eccezionale di un’avventura
agonistica impareggiabile, ed il terzo, così come era stato lo scorso anno, va al Campione del Mondo 2011 Cross Country Rally, il portoghese Helder Rodrigues. Alessandro Botturi, 5° all’ultimo traguardo e debuttante in questa edizione, è
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DAKAR
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23 Gennaio
Anno
Numero
2012
02
45
»»» Sport
CLASSIFICA MOTO Pos.
Nome
Marca
1
DESPRES (FRA)
KTM
2
COMA (ESP)
KTM
3
RODRIGUES (PRT)
YAMAHA
4
VILADOMS (ESP)
KTM
5
SVITKO (SVK)
KTM
6
ULLEVALSETER (NOR)
KTM
7
FARRES GUELL (ESP)
KTM
8
BOTTURI (ITA)
KTM
9
PAIN (FRA)
YAMAHA
10
ZANOL (BRA)
KTM
il migliore degli italiani. Ottavo assoluto, il bresciano “strappato” all’Enduro, è ormai una autentica promessa, ed il primo italiano a tornare nella top ten “dai tempi” di Giovanni Sala. Oltre il traguardo finale anche Paolo Ceci, Franco Picco, Filippo Ciotti, Claudio Paderzoli, Nicola Tonetti e GianEernesto Astori. Questi i magnifici sette italiani 122
all’arrivo di Lima. Alejandro Patronelli ha vinto il Rally dei Quad. L’argentino, Campione in carica, ha battuto il fratello Marcos, che si era aggiudicato l’edizione 2010, e Tomas Maffei, per un podio totalmente argentino, ma tra i non molti che sono riusciti ad avere ragione di questa difficilissima Dakar con l’impegnativo “4 ruote” ci sono anche Roberto “Checco” Tonetti e la Campionessa del Mondo Camelia Liparoti. Un altro “motociclista”, infine, ha vinto la Dakar: Stephane Peterhansel si è imposto nella gara delle auto, regalando così il primo successo alla Mini. Peterhansel ha infranto il proprio record assoluto di nove vittorie alla Dakar, aggiungendo il suo quarto successo in auto ai sei ottenuti in sella ad una Yamaha. 123
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Numero
2012
02
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Dakar 2012: Le tante storie di questa fantastica edizione di Piero Batini | Cyril Despres ha vinto la sua quarta Dakar. 2005, bruttissima edizione, 2007, 2010, ed ora 2012. Marc Coma ha perso la sua
C
yril Despres ha vinto la sua quarta Dakar. 2005, bruttissima edizione, 2007, 2010, ed ora 2012. Marc Coma ha perso la sua, combattuta contro più avversari, di natura diversa, e gli restano, per il momento quelle vinte nel 2006, 2009, e quella dello scorso anno. Ancora un bel duello. forte, tra i due migliori Piloti del Mondo. Rally perfettamente gestito dal francese, in salita per lo spagnolo sin dalla terza tappa, quando Coma ha sbagliato strada ed ha percorso dodici chilometri più del necessario. Poi c’è stata la storia dell’ottava tappa, dei minuti persi da Despres nel fango e restituiti dagli organizzatori, due tappe bellissime, la 11ma e la dodicesima, con un botta e risposta di grandissima classe, e la brutta tredicesima, viziata da un guaio di troppo, questa volta meccanico, che è costata a Coma la gara ed altri tre quarti d’ora per la nuova sostituzione del motore. Il problema del tempo restituito a Despres non è andato giù a nessuno, e più si raffredda l’emotività più la risoluzione 124
dell’organizzazione appare debole. Questo non vuol dire che Despres non abbia meritato la vittoria. L’organizzazione, sì, non ha meritato Despres, e nemmeno Coma la sconfitta, se quella è la ragione. Ma quando la Dakar è chiusa l’archivio della sua storia fagocita voracemente le storie che hanno acceso gli animi durante i giorni della gara. La corsa va agli atti, giusta o no, e resta così. Fa parte della sua natura, a volte costruita su decisioni sbagliate, anche deliberatamente. Chi ne ha tratto vantaggio gode del risultato e finirà per non ricordarsi delle ragioni, e chi le ha subìte finirà per metterle in un file da lasciare alla polvere. Robby Gordon in corsa sub judice Robby Gordon, per esempio, squalificato, è rimasto in corsa sub judice. Il suo appello, e le sue eventuali ragioni, potranno richiedere anni di burocrazia. Tutti, l’americano compreso, alla fine si ricorderanno delle sue tappe vinte, dei suoi salti e dei suoi cappottoni. E per le stesse ragioni Robby tornerà alla Dakar prima di averle risolte. Anche per questo Cyril ha meritato pienamente la vittoria, e per l’inutilità di quella infinità di sé e di ma che è impossibile mettere in colonna per cercare un risultato matematico. Despres si è preparato meticolosamente per questa Dakar, anche cambiando metodo di preparazione; è andato meno in moto e ha fatto gare diverse, visto terre e terreni diversi per tutta la stagione. Poi è arrivato alla Dakar in forma olimpica, fisicamente e, soprattutto, di testa. Ha sbagliato pochissimo, probabilmente meno di tutti gli altri, ad ha amministrato ogni sua più piccola risorsa senza rinunciare ad una sola di esse. Si può discutere sul fatto increscioso che è calato sulla Dakar come un bivio improvviso sul road book, e in questo caso bisogna chiamare in causa la saggezza degli organizzatori, ma non si può discutere il valore che un Campione come il francese ha dato alla sua performance globale. Le belle sorprese non sono mancate. Sono quelle che costituiscono, tutte insieme, la storia degli
outsider. Bello vedere al traguardo “Checco” Tonetti, classe ‘55, sesto nei quad, o suo figlio Nicola, 22 anni, in moto. Bello ritrovare all’arrivo Camelia Liparoti o Claudio Pederzoli “inossidati” da una Dakar durissima, e bello contare fino a sette, tanti sono i magnifici magnifici italiani al traguardo, e ritrovare un mito senza età come Franco Picco o ossi davvero duri come Filippo Ciotti o Gianernesto Astori. Alessandro Botturi, rookie of the year Ma la più bella sorpresa, e soddisfazione, per noi, è incontestabilmente la “scoperta” di Alessandro Botturi, ottavo assoluto e rookie of the year. Botturi è arrivato al Rally partendo da lontano, da un desiderio passionale coltivato per anni, ma poi si è fiondato dentro la “materia” in pochi mesi, ed ha letteralmente bruciato le tappe. Ha dalla sua un fisico indistruttibile, ma alla fine ha lamentato una stanchezza crescente, segno che non è il fisico l’”arma” del Pilota di Lumezzane ex campione di Rugby. Buon segno, un fisico si può sempre mettere in ordine ed allineare anche alle esigenze di una corsa massacrante come la Dakar, la testa no: ce l’hai
o non ce l’hai. Botturi la testa ce l’ha. Così come ha la forza di tenere duro, di non cosiderarsi mai arrivato, altro difetto di mille rampanti alla Dakar, arrivati, esplosi in un giorno e spariti, frantumati dall’insostenibile peso emotivo dell’evento. Essere nei primi dieci al debutto è un traguardo da sogno, la migliore promessa che un Pilota possa fare all’inizio della sua storia “dakariana”. Bordone-Ferrari, un team tutto italiano La bella sorpresa Botturi è figlia dell’altra bella realtà scoperta alla Dakar di quest’anno: 125
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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb
il suo Team, il Bordone-Ferrari, tutto italiano. La Squadra milanese è nata e cresciuta nello stesso, brevissimo tempo, ed ha centrato un obiettivo che, all’inizio, era qualcosa di più che ambizioso. Alla resa dei conti il Team ha “piazzato” tre piloti nei primi dieci, quattro nei venti, e portato al traguardo il 100% dei suoi Piloti. Nell’ordine Jordi Viladoms, Gerard Farres, Alessandro Botturi e Paolo Ceci. Insieme al rispetto sacro della promessa, proprio nei giorni della Dakar sono uscite clamorosamente allo scoperto le altre ambizioni, non meno grandi, nate dalla stessa costola dell’appassionato progetto: la costruzione di una moto da Rally, una moto intera, con la quale riuscire a competere ad armi pari con i “mostri” che dettano legge da dodici anni, e quella di una moto da enduro da mettere nella mani di Thomas Oldrati, Edoardo D’Ambrosio e Jonathan Manzi. Ma non basta, il Progetto contempla anche la realizzazione, questa volta su scala industriale, di una moto italiana, una “originale” che rappresenti l’eredità di passione di Nicolò Bordone, 126
industriale milanese che costruì una gran bella moto prima della seconda guerra mondiale, rianimata nel sogno della nipote Nicoletta Altieri Bordone e di Renato Ferrari, ormai ex-architetto con un grande, non più contenibile amore per le moto. La moto Bordone-Ferrari sarà una moto con soluzioni costruttive e di design allo stato dell’arte, con interpretazioni tecniche ultra moderne ed una estetica evocativamente “vintage”, impreziosita da particolari degni di una religiosa vocazione artigianale nell’uso dei materiali. D’un tratto è finita... Non è vero, non pare possibile. Il ritmo sostenuto per 14 giorni è “contagioso”, “autoreggente”. La Dakar è così, si parte stanchi, perchè le ultime settimane, gli ultimi giorni, fino alle ultimissime ore, sono senza tregua. Le cose da fare, invece di diminuire, sembrano aumentare, pare quasi che non ci sarà più il tempo di completarle tutte. Ma poi arriva il giorno, e si parte. La nave, l’aereo, le verifiche, il podio, la partenza. Partiti. Già stanchi morti. Non sembra possibile poter reggere al ritmo delle cose che succedono ogni giorno durante la gara. La sveglia antelucana, chiudere il sacco a pelo e gli occhi, spesso, pochi quarti d’ora prima. Dormire vigilanti, con il generatore a pochi passi dalle orecchie. Per molti, la Dakar vuol dire dormire un’ora per notte, anche meno, e tutti i cinque, dieci minuti della giornata che passano a tiro. Dipende dalle mansioni, dai ruoli. I Piloti ufficiali hanno le loro ore di sonno prescritte, sono abituati ad infilarsi nel sacco quando è il momento, ed a risvegliarsi quando è stato stabilito. Per tutti gli altri quelle ore di sonno sacro tendono ad assottigilarsi inesorabilmente. E la fatica ad accumularsi. Quelli destinati al maggior sacrificio di sonno sono i meccanici, ancor più se lavorano ai mezzi da gara e poi, prima dell’alba del giorno dopo, ripartono guidando il camion, il furgone, il pickup. Per loro la fortuna è arrivare al bivacco successivo ad un’ora decente, piantare l’accampamento e fiondarsi all’ombra di un differenziale, chiudere gli occhi e aspettare i propri assistiti. La Dakar è interessante, curiosa, affascinante, e capita di rinunciare al proprio sonno per mille motivi. Perchè è una bella notte piena di stelle, perchè c’è
da fare quattro chiacchiere, per dare una mano al meccanico amico sfortunatamente con più lavoro del normale (ma qual’è il carico di lavoro “normale”, alla Dakar?), per un bicchierino quando tutto è finito ed il telo è andato sulla moto, per aspettare un concorrente che tarda, per sapere da lui come sta andando all’altro Pilota che è ancora più indietro, per andare a scoprire le Storie della Dakar che fioriscono di notte, quando solo apparentemente, per quel giorno, tutto è finito. Man mano che i giorni passano, ci si fa l’abitudine, ed è sorprendente scoprire come energie insospettabili vengono richiamate all’ordine. La mancanza di sonno diventa un’abitudine alla quale si sopperisce approfittamdo delle occasioni, anche quelle meno, normalmente, indicate. Una volta mi sono addormentato fuori dal portellone dell’elicottero, legato all’imbracatura mentre ci si accivinava in volo al concorrente da fotografare. Pochi attimi, un minuto, forse, ma è così. Un minuto, e via avanti per altre ore. Solo alla fine della Dakar, quando tutto è davvero finito, il sonno prende la sua rivincita, e può capitare di dormire 24 ore di fila, alzarsi per fare colazione e tornare in branda, per altre dodici ore. Quando tutto finisce, dopo il podio, lì ci si accorge che ci mancherà qualcosa, che le giornate sono lunghe e, in rapporto con quelle, vuote. Anche per questo si resta attaccati alla Dakar per una vita. 127
22ESIMA EDIZIONE
SPECIALE WROOOM 2012
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Rossi: “Nel primo test difficilmente saremo già competitivi” di Giovanni Zamagni | C’è molta differenza tra il Valentino visto qui l’anno scorso e quello del 2012: il campione di Tavullia è molto più sereno, fisicamente integro, ma anche perfettamente conscio delle difficoltà che lo aspettano
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ome ormai accade da 22 anni, è il Wroom di Madonna di Campiglio ad aprire ufficialmente la stagione dei motori, con le conferenze stampa dei piloti Ducati e Ferrari, organizzate dallo sponsor tabaccaio. Oggi è toccato a Valentino Rossi e Nicky Hayden, domani ci saranno Filippo Preziosi, direttore tecnico di Ducati, e Stefano Domenicali, direttore sportivo Ferrari, mentre giovedì ci saranno Fernando Alonso e Felipe Massa, i due piloti della scuderia di Maranello. C’è molta differenza tra il Valentino visto qui l’anno scorso e quello del 2012: il campione di Tavullia è molto più sereno, fisicamente integro, ma anche perfettamente conscio delle difficoltà che lo aspettano. 130
Ecco la trascrizione integrale della conferenza stampa. Nel 2011 sei venuto a Campiglio per la prima volta: cosa è cambiato da allora e come affronti il 2012? “Nel 2011 ero arrivato qui in condizioni fisiche peggiori e l’umore era sicuramente meno positivo. Adesso sono più in forma, pronto per il primo test di Sepang (31 gennaio, 1 e 2 febbraio, nda). Essere qui è bello, così come lavorare in Ducati, anche se i risultati, purtroppo, sono stati al di sotto delle aspettative”. Si torna alle 1000: pensi che saranno più divertenti? “Sì, anche se non saranno come le 1000 del 2006, ma saranno più simili alle 800
dell’anno scorso, perché ci sono molto più aiuti elettronici e anche le gomme sono cambiate parecchio. Sono però più potenti: sicuramente ci si può divertire di più”. La Ducati ti potrà dare una moto competitiva per Sepang? “Il primo test sarà molto importante, con una moto completamente differente e riprogettata rispetto al 2011: difficilmente saremo già competitivi nel primo test, ma raccoglieremo informazioni importanti per la prima gara”. Ripercorriamo come avete lavorato quest’inverno e che moto ti aspetti di trovare in Malesia? “Tornando al 2011, abbiamo 131
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cercato di accorciare i tempi usando la GP12 il prima possibile, perché con la vecchia facevamo troppa fatica. Purtroppo, abbiamo avuto tanti problemi anche con quella e alla fine della stagione la moto era un ibrido tra le due versioni, mentre per il 2012 Filippo (Preziosi, nda) ha progettato una moto completamente nuova, cercando ovviamente di risolvere i problemi che avevamo. In Ducati hanno lavorato 132
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durissimo: sono stato al reparto corse e ho visto la nuova Desmosedici sul computer. Sembra molto bella, adesso sono curioso di provarla per vedere se abbiamo effettivamente fatto un passo in avanti”. Sei convinto di poter arrivare a 10 mondiali? In altre parole: hai ancora fame? “Dire che siamo pronti per vincere è difficile, perché nel 2011 c’era una grande differenza:
Nel 2011 non eri in forma fisicamente, oggi come ti senti? “Nel 2011 ho dovuto lottare con la mia spalla per la prima parte della stagione e solo da Barcellona in poi ero a posto. Oggi sto molto meglio, non ho dolore
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l’obiettivo principale è risolvere i problemi passo dopo passo e avvicinarsi a Yamaha e Honda. Poi, si potrà lavorare sui dettagli per provare a vincere. Comunque sì, ho ancora fame”.
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e mi sono allenato: si può dire che sono al 100%”. Hai detto di non puntare al titolo ma di essere più vicino a Honda e Yamaha, quasi a dire che sarai pronto per il 2013: questo accelererà la trattativa per il rinnovo del contratto? “Per la verità, non vorrei togliermi dai giochi prima di iniziare… Ma bisogna anche essere realisti: abbiamo finito
la passata stagione con 1”5 da recuperare. Per quanto riguarda il contratto, ne parleremo durante l’anno, ma non vorrei farlo troppo presto, perché si rischia di perdere la concentrazione sul campionato in corso”. Le 1000 saranno un vantaggio per i piloti più alti come te? “I motori 1000 non saranno più facili, ma saranno probabilmente più divertenti e, effettivamente, spero che diano una
mano ai piloti più alti come me: con le 800, rispetto ai più piccoli, perdevamo tanto”. Paolo Simoncelli, papà del povero Marco, avrebbe detto che non ti sente dal giorno del funerale: è vero? “Sono in buonissimi rapporti con il babbo del Sic, con la sua fidanzata, la Kate, che lavorerà per la VR46, con i suoi amici e insieme a Mauro Sanchini, amico mio e del Sic, stiamo 133
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sul giro non sia troppo elevata. Dall’altra parte, senza le CRT saremmo stati in 12 in pista e questo non è accettabile per un campionato del mondo”.
preparando un dvd con tutti i filmati inediti di me e Marco alla cava. Insomma, non è vero”. Pensiamo nuovamente al 2013: se con la Ducati andrà bene, è chiaro che non ci saranno problemi per il rinnovo del contratto. Ma se i risultati non dovessero arrivare, come vedi il futuro? Credi ci sia la possibilità di tornare su una moto giapponese o pensi a qualcosa di diverso, tipo i rally? “Sicuramente quest’anno, con 134
tutti i contratti in scadenza, si farà interessante. Per quanto mi riguarda, mi piacerebbe cercare di far andare forte la Ducati, vincere qualcosa, togliersi delle soddisfazioni e poi smettere. Diciamo che vorrei fare almeno un altro contratto (quindi altri due anni, fino al 2014, nda), mentre non credo di poter mai tornare su una moto giapponese”. La prossima, sarà la prima Desmosedici sviluppata seguendo le tue indicazioni e sarà
molto differente dalla precedente: ti preoccupa ripartire da zero? “Per andare forte è fondamentale far lavorare le gomme Bridgestone: nel 2011 abbiamo sofferto per quello e assieme a Preziosi abbiamo pensato a come sfruttare al meglio gli pneumatici. Ho visto la moto, sembra bella, adesso aspettiamo di provarla. Non sono preoccupato anche se so che al primo test non saremo troppo competitivi: nel 2011 abbiamo cambiato a stagione in corso,
il 2012 è stato pianificato meglio”. Al Rally di Monza hai battuto due volte Sebestien Loeb: pensi a un futuro nei rally? “I rally sono la mia passione e la battaglia con Loeb è stata divertente ed eccitante. Quando smetterò con le moto mi piacerebbe partecipare a qualche gara, ma non a tutto il campionato”. Ti sei allenato con Antonio Cairoli, ma anche Andrea
Dovizioso recentemente si è fatto male facendo motocross: credi che non ci si potrà più allenare in fuoristrada? “Guidare una moto è fondamentale per capire lo stile di guida, per affinare la tecnica e qualsiasi moto è pericolosa. Sicuramente le moto da cross sono le più pericolose, ma per noi è importante allenarsi anche con quelle”. Cosa pensi delle CRT? “Sarà importante vederne il potenziale: spero che la differenza
Nel 2011, molti si aspettavano che tu vincessi la prima gara, così come avevi fatto nel 2004 al debutto con la Yamaha, ma è andata male; per il 2012 senti più o meno pressione? “Nel 2011 avevamo capito fin dai primi test che la stagione sarebbe stata difficile: dopo soli tre giri ci eravamo resi conto che non avremmo potuto ripetere l’impresa di Welkom. Quest’anno la situazione è migliore: è chiaro che sogno di vincere la prima gara, ma nella realtà siamo un po’ lontani. Ma forse la moto nuovo sarà un miracolo…”. Secondo Kevin Schwantz avresti detto che le gomme Bridgestone sono pericolose: lo hai effettivamente dichiarato? “Speravo che Kevin non lo dicesse alla stampa… E’ chiaro, comunque, che bisogna lavorare sulle gomme e serve l’aiuto della Bridgestone, che vuole 135
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costruire i migliori pneumatici del mondo, come faceva nel 2007: deve venire incontro alle esigenze dei piloti, migliorando le prestazioni nei primi giri. Adesso c’è Loris Capirossi che lavora per la Dorna: lui è un pilota a tutti gli effetti, potrà dare una mano alla Bridgestone”. Con la Yamaha hai vinto 9, 10, perfino 11 gare in una stagione: si può fare lo stesso con la Ducati? “Perché no? Se riusciremo a risolvere i problemi si può tornare a essere competitivi. Ma è chiaro che è anche un 136
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problema mio, non solo della moto: i miei avversari adesso sono più forti, più giovani e diventa difficile oggi vincere 10 gare in una stagione”. Si è detto e si è scritto che l’incidente di Simoncelli abbia unito i piloti: ne sei veramente convinto? “Non credo. Nel 2011 abbiamo avuto tante occasioni per parlare tutti insieme, ma non si è arrivati a granché. Secondo me i rapporti non sono cambiati tanto e, per quanto mi riguarda, avevo buone relazioni con alcuni anche prima della
Ti senti ancora veloce? “Sì, anche se io appartengo a un’altra era rispetto ai piloti di oggi: per quanto mi riguarda mi sento competitivo”. Ti sei tolto dai giochi: sarà una sfida Stoner/Lorenzo o credi che la Honda abbia posto le basi per un lungo dominio? “Nel 2011 la Honda ha deciso di vincere e ha messo sul piatto una quantità di soldi che gli
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tragedia di Simoncelli. Sicuramente però il Sic era amico di tutti e la sua morte ha shokkato l’ambiente”.
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altri non hanno, costruendo una moto incredibile, con una tecnologia che sarà sicuramente vincente anche con le 1000. Ma spero che la Yamaha e, soprattutto, la Ducati siano più competitivi per un campionato più equilibrato”. Hai provato la Mercedes AMG: farai qualche gara? “L’avevo già provata nel 2006 ed è una delle macchine più divertenti che abbia mai guidato, ma per il 2012 ho in programma solo il rally di Monza. Mi piacerebbe, però, fare un giro al vecchio Nurburgring”. 137
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Hayden: “La mia vita con Stoner e Rossi” di Giovanni Zamagni | Il 2011, uno dei suoi anni peggiori, è finito con la frattura della scapola, conseguenza di una caduta mentre si allenava con la moto da Flat Track: facile ipotizzare che Nicky Hayden si aspetti un 2012 decisamente meno negativo
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l 2011, uno dei suoi anni peggiori in MotoGP, è finito con la frattura della scapola sinistra e di tre costole, conseguenza di una caduta mentre si allenava con la moto da Flat Track: facile ipotizzare che Nicky Hayden si aspetti un 2012 decisamente meno negativo. “Sto meglio – racconta il pilota americano della Ducati -. Tutto è accaduto due settimane fa: adesso posso rimuovere il tutore e cominciare la riabilitazione. L’obiettivo, naturalmente, è quello di essere in Malesia, anche perché ho già perso i test a Valencia e non voglio saltare anche questo. Nonostante la frattura, abbiamo deciso di non intervenire chirurgicamente, perché in quella zona ci sono tante fasce muscolari e tanti tessuti molli”. 138
Quanto sarà differente la Desmosedici rispetto a quella di Valencia? “Ho parlato con Preziosi e sarà lui domani a spiegare nel dettaglio le caratteristiche tecniche. Io faccio il pilota, lascio a lui il compito dello sviluppo”. Hai fatto delle richieste specifiche? “Abbiamo isolato i problemi e abbiamo un’idea chiara che vogliamo seguire, ma non c’è un aspetto singolo sul quale lavorare. Sono curioso di provare il nuovo telaio e la moto inedita”. Franco Battaini, dice che il suo stile di guida è più vicino a quello di Valentino che al tuo; avendo anche saltato il test di Valencia, temi di trovare una Desmosedici sviluppata solo per Rossi?
“Naturalmente voglio essere coinvolto nello sviluppo, ma non sono per niente preoccupato: se la moto sarà migliorata per Vale, lo sarà anche per me. La Ducati sta facendo un grande sforzo, facendo girare anche Checa oltre che Battaini: con due squadre differenti, vengono raddoppiate le informazioni e la raccolta dati. L’obiettivo è chiaro per tutti: rendere la moto più facile”. Torniamo al 2011: perché tante volte le tue prestazioni sono state inferiori a quelle del 2010? “L’ultima stagione è stata difficile per me: sia io sia la squadra avevamo altre aspettative. Purtroppo abbiamo un po’ perso la strada, provando troppe cose: Stoner e la Honda hanno alzato l’asticella e abbiamo fatto di 139
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tutto per ridurre il divario, decisamente più grande rispetto a quello del 2010. Non è proprio vero che nel 2010 ero sempre andato più veloce e, comunque, è difficile fare paragoni tra un anno e l’altro”. Le aspettative della Ducati e degli appassionati sono tutte per Rossi: accetti questo ruolo? “Abbiamo una squadra forte, l’unica con due campioni del mondo. Purtroppo nel 2011 i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative, ma in Ducati hanno continuato a lavorare dandoci tutte le informazioni possibili. Insomma, io qui sto benissimo: non ho nulla da recriminare per quanto riguarda 140
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responsabile la Bridgestone per le nostre prestazioni”.
Concordi che le prestazioni delle Bridgestone abbiano penalizzato lo spettacolo nel 2011 e, in particolare, abbiano rappresentato un limite per la Ducati? “E’ difficile rispondere a questa domanda. Noi piloti vogliamo gomme con grandi prestazioni, ma è vero che, a volte, erano troppo dure e faticavano a entrare in temperatura. La Bridgestone ci ha ascoltato, ci ha dato pneumatici più morbidi, ma non è una cosa semplice da fare a stagione in corso, va pianificata con attenzione. Per quanto riguarda la Ducati, non credo sia giusto considerare
MotoGP e CRT: cosa ne pensi, anche per la sicurezza? “Sono a favore delle CRT, è positivo avere più moto sulla griglia di partenza, anche se io preferirei che fossero tutte moto ufficiali. Bisognerà vedere come sarà: mi auguro che il divario non sarà così elevato come è adesso e spero che ci siano piloti di livello per sfruttare l’occasione” Sai qualcosa della pista che stanno costruendo in Texas? “Ho solo visto i disegni su internet, ma non so esattamente cosa stia succedendo. Hanno avuto problemi di soldi che,
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il mio ruolo all’interno della squadra”.
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forse, adesso hanno superato: sulla carta il circuito sembra fantastico e sarebbe veramente bello avere tre GP negli USA”. Cosa ti aspetti dalla Ducati per Sepang? “Sono molto ottimista, anche se non sarà facile raggiungere la Honda: mi auguro di essere più vicino rispetto a Valencia. Credo nella Ducati e in questo progetto, le mie aspettative sono alte”. Hai vinto il titolo nell’ultimo anno delle 1000: pensi che tornare a quella cilindrata ti possa favorire? “In questi anni non è cambiato solo il motore, ma c’è stata una
evoluzione pazzesca di elettronica e gomme: non aspettatevi, quindi, di vedere le moto in derapata come nel 2006. Credo che le nuove 1000 saranno molto vicine alle 800 come stile di guida, con traiettorie simili, ma con più coppia e più cavalli. L’importante, come sempre, sarà trovare il giusto bilanciamento tra prestazioni e guida”. Nessuno meglio di te può dire chi è più forte tra Stoner e Rossi… “Non si può rispondere a questa domanda. Stoner è talento puro, un pilota velocissimo, ma i numeri e i primati di Rossi sono impressionanti: sono due grandissimi piloti”. 141
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Gabriele Del Torchio: “Anno da record” Il presidente della Motor Holding di Borgo Panigale, ha illustrato dati “molto buoni” a margine del Meeting Wrooom che insieme alla Ferrari apre a Madonna di Campiglio la stagione motoristica 2012
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a Ducati ha guardato al mondo in anni duri per il mercato interno e facendo così ha chiuso un 2011 da record e nel 2012 conferma i risultati. Gabriele Del Torchio, presidente della Motor Holding di Borgo Panigale (Bologna), ha illustrato dati “molto buoni” a margine del Meeting Wrooom che insieme alla Ferrari apre a Madonna di Campiglio la stagione motoristica 2012. “Siamo cresciuti del 21,%, sono i dati consolidati di fine anno, essendo andati bene in tutto il mondo come fatturato e come vendite - ha detto Del Torchio - abbiamo immatricolato 42.200 moto, il migliore anno dela storia in cui siamo cresciuti molto, +80%, ovunque. Il primo mercato sono gli Usa, seconda è l’Italia, il terzo è la Germania, con un +31%. In Francia abbiamo venduto 4.100 moto, bel risultato, abbiamo registrato un +84% in estremo oriente, e non abbiamo fatto nemmeno un’ora di cassa integrazione. Nel 2008 e nel 2009 abbiamo avuto il coraggio di non tagliare gli investimenti ma al contrario di investire di più su nuove moto, alleanze strategiche. Capito che in Italia le cose non andavano bene e che era meglio girare nel mondo. E’ ciò quello che fatto chiudere un 2011 molto buono e di avere grandi prospettive per il 2012”. 142
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Filippo Preziosi: “Scelte coraggiose, ma non impossibili” di Giovanni Zamagni | “Visivamente non sarà molto differente da quella dei test di Valencia, anche se cambia radicalmente: rispetto alla precedente versione, di fatto, è rimasto invariato solo l’avantreno e il posteriore” afferma l’ingegnere
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a “giapponesizzazione” della Ducati, iniziata la scorsa estate con un lavoro incessante, sta per essere completata, ma solo il 31 gennaio, nei test in Malesia, si potrà vedere la nuova Desmosedici. “Visivamente non sarà molto differente da quella dei test di Valencia, anche se cambia radicalmente: rispetto alla precedente versione, di fatto, è rimasto invariato solo l’avantreno e il posteriore” afferma l’ingegnere Filippo Preziosi, anche lui sotto l’effetto “giapponesizzazione”: molte meno informazioni rispetto al passato, massima attenzione a non svelare nessun segreto. “E’ stato un anno molto impegnativo, ma durante il 2011 abbiamo raccolto tante informazioni, seguendo un programma 144
coerente di test conclusosi a Valencia con il debutto di quelli che molti hanno definito come GP0. Quelli in Spagna sono stati giorni molto importanti per definire la moto che, proprio in questi giorni, stiamo assemblando a Borgo Panigale: debutterà in Malesia, dove, naturalmente, ci sarà anche la Desmosedici di Valencia, che in questo momento è la nostra moto di riferimento e servirà ai piloti per fare dei paragoni. La nuova Ducati è stata definita per avere un range di regolazioni ciclistiche che pensiamo ideali, perché le prove fatte nel 2011 ci hanno spinto verso regolazioni al limite ed eravamo arrivati a utilizzare la moto nella parte più estrema delle sue regolazioni, senza la possibilità di soddisfare i piloti. I test di
Valencia sono stati fondamentali: i piloti partiranno con regolazioni mediane rispetto alle possibilità. Adesso, naturalmente, viene il difficile, perché una moto da corsa ha infinite possibilità di regolazioni, ma una sola è quella vincente. E’ una sfida molto impegnativa: generalmente, da quando si comincia a progettare un prototipo, alla realizzazione per la prima gara, passano due anni. Noi abbiamo forzato i tempi, percorrendo un percorso che si può svolgere con successo. Sono state fatte scelte coraggiose, ma non impossibili. La Ducati ha dimostrato con i fatti di vincere le sfide impossibili: abbiamo corso e vinto con i due cilindri, quando sembrava che i quattro cilindri fossero i motori ideali per le competizioni, 145
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abbiamo sfidato i giapponesi in MotoGP, nonostante siamo una piccola Casa europea. Sappiamo benissimo che quello che stiamo per fare è difficile, ma abbiamo una squadra forte, con due campioni del mondo e siamo flessibili: arrivare in Malesia con una moto completamente nuova lo può fare solo un’azienda piccola e snella come la nostra. E’ chiaro che i giapponesi utilizzano da 30 anni la tecnologia del telaio perimetrale e, quindi, è una sfida difficile. Inoltre loro partono da 146
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un buon vantaggio e stanno lavorando per aumentarlo: sono colossi, ma anche noi non ci fermiamo. I nostri progettisti hanno appena finito la nuova Desmosedici, ma stanno già pensando agli sviluppi futuri: i primi arriveranno nei test di Jerez di marzo, gli altri subito dopo. L’obiettivo è definire nei test una base solida per utilizzare le gare in modo appropriato, sfruttando anche il nuovo regolamento che ci consente di fare qualche test in più durante l’anno con i piloti ufficiali, senza
La Ferrari ha ingaggiato un tecnico solo per interfacciarsi con il costruttore di gomme: sarebbe importante averlo anche in Ducati? “In un campionato monomarca, la gomma diventa ancora
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dover sacrificare la domenica, come invece è accaduto nel 2011. Personalmente sono abituato a vedere il lato bello delle cose: quello del 2011 è stata l’unità del gruppo, pur con prestazioni agli antipodi da quelle che ci si aspettava”.
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più importante di prima e stravolge la progettazione: adesso bisogna costruire la moto attorno allo pneumatico. Le Bridgestone sono particolari, perché devono resistere a sollecitazioni mostruose, ma Carmelo Ezpeleta (numero uno della Dorna, nda) ha fatto una scelta corretta, ingaggiando un pilota come Capirossi che conosce perfettamente il comportamento di una MotoGP e delle Bridgestone. Già si vedono i primi effetti e Loris sta spingendo il costruttore
giapponese verso una direzione consona, con una reazione da parte della Bridgestone nuova rispetto al passato: già in Malesia ci saranno delle nuove coperture”. A Sepang vedremo una moto laboratorio o la versione definitiva? Che Desmosedici avranno i team satelliti? “No, non sarà una moto laboratorio. Per svilupparla abbiamo analizzato i dati, i commenti dei piloti, i set up utilizzati durante l’anno per capire la migliore
configurazione possibile da realizzare. Abbiamo fatto una serie di prove per capire i parametri medi: è cambiato il telaio, il serbatoio, il supporto, il motore, nel senso che abbiamo fatto degli adattamenti per poterlo sistemare all’interno del telaio nella posizione più opportuna. Su questa moto introdurremo delle novità, che però non stravolgeranno il concetto. Per quanto riguarda i team satelliti, la filosofia della Ducati è quella di fornire l’ultima moto provata, quindi quella dei test 147
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di Valencia, leggermente modificata”. Si è sempre detto che nelle moto è il pilota a far la differenza, quindi si poteva pensare che bastasse ingaggiare Rossi per vincere. Così non è stato: significa che, anche nelle moto, non è il pilota a fare la differenza? “Credo che il motociclismo sia lo sport motoristico dove il pilota ha l’impatto più grande: Stoner ed Elias guidavano più o meno la stessa moto, ma c’era una differenza di tre secondi al giro. Il pilota fa la differenza a 360°: noi non abbiamo fatto di tutto per ingaggiare Valentino perché pensavamo che salendo sulla moto avrebbe risolto tutti i problemi, ma, viceversa, perché eravamo convinti che con la sua esperienza, con le sue capacità di vittoria, con il suo gruppo ci desse le informazioni per realizzare una moto più competitiva e prestazionale. Comunque andrà a finire questa sfida, c’è già un aspetto positivo: la Ducati partecipa alle gare per aumentare le sue conoscenze per la produzione e adesso ne abbiamo di più. I risultati purtroppo negativi del 2011 con un pilota di così grande talento ci hanno spinto a una serie di scelte coraggiose e interessanti tecnicamente: quindi oggi la Ducati vale più del 2011 e, paradossalmente, abbiamo conoscenze che le Case giapponesi non hanno”. 148
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Ma la famosa L a 90° Ducati è cambiata? “Questa è una domanda ricorrente, alla quale risponderò solamente quando Shuhey Nakamoto (vicepresidente di HRC, nda) dirà quanto è l’angolo del quattro cilindri Honda… La Ducati non ha punti tecnici di orgoglio e, di volta in volta, sceglie quella che è la soluzione migliore per essere competitivi”. La cilindrata sarà più vicina a 900 o a 1000 cc? “Rispondo come facevano i tecnici della Rolls Royce quando veniva chiesta la potenza delle loro vetture: sarà sufficiente! In ogni caso, già la potenza delle 800 era elevata e in molti circuiti con le 1000 non si userà mai il gas completamente spalancato”. Come si prepara la Ducati a convivere con l’idea che questa sarà la moto di Rossi? “Io non credo che questa sarà la moto di Rossi: lui ha detto ai progettisti come si comportava la Desmosedici, non come costruire quella nuova. La moto che correrà nel 2012 sarà una Ducati a tutti gli effetti, quella che noi riteniamo più giusta per provare a vincere, esattamente come accadeva in passato”. Nel 2011 la differenza con Honda e Yamaha era molto grande: quando pensi di riuscire a colmare il divario?
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“Sicuramente nel 2011 il gap era importante anche perché siamo stati costretti a utilizzare i week end di gare come test e non in funzione della prestazione. E’ però impossibile rispondere a questa domanda: noi abbiamo lavorato duro ma, sicuramente, lo hanno fatto anche gli altri e molto dipenderà dalla qualità del lavoro svolto. Dare però per scontato che durante l’inverno siamo stati più bravi di Honda e Yamaha sarebbe da presuntuosi…”. Da mesi in Ducati lavorate giorno e notte, senza pausa, senza giorni di ferie: non c’è il rischio che la mancanza di risultati immediati porti a uno scoraggiamento generale? “Sicuramente i risultati sono un grande collante, ma non ci aspettiamo che i risultati siano subito buoni. Siamo abituati a soffrire, il 2011, sotto questo aspetto, ci ha temprato: l’esempio da seguire è quello di Nicky Hayden, un campione del mondo che nonostante tante volte si sia ritrovate in posizioni che non gli competono, ha sempre continuato a lavorare con grande professionalità e dedizione”. Ezpeleta ha detto che vede un futuro con moto CRT al massimo da un milione di euro: cosa ne pensi? “Dipenderà dal regolamento. E’ una sfida difficile: da una parte è indispensabile ridurre i costi,
dall’altra le Case devono giustificare un investimento importante con un ritorno tecnico adeguato. Bisogna trovare un giusto compromesso”. Dai Filippo. Dicci che moto vedremo in Malesia… “Visivamente non sarà molto diversa da quella dei test di Valencia: il telaio sarà perimetrale in alluminio, il forcellone in carbonio con capriata rovesciata, la carenatura del tutto simile. Ma, in realtà, è stato fatto un lavoro incredibile e si può parlare di una Desmosedici completamente differente: le sole componenti uguali a quelle della
GP0 sono l’avantreno e il gruppo della ruota posteriore, tutto il resto è stato riprogettato. Il telaio, come avveniva in passato, è stato completamente sviluppato e disegnato all’interno del reparto corse, poi realizzato da fornitori esterni”. Settimana prossima la Ducati proverà tre giorni a Jerez: con che moto? E con quali piloti? “Ci saranno Franco Battaini e Carlos Checa: proveranno la moto più interessante da provare”. “Domo arigato” Nakamotosan, pardon: molte grazie, ingegner Preziosi! 149
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Carmelo Ezpeleta: “Il 2012 sarà un campionato di transizione” di Giovanni Zamagni | Il numero uno della Dorna, ha le idee chiare sul futuro del motomondiale: bisogna limitare i costi e, soprattutto, lo strapotere della Case, concesso loro negli anni dallo stesso Ezpeleta
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desso si cambia rotta e le tanto criticate CRT servono proprio a questo: avere una alternativa per combattere le moto super ufficiali. Come al solito presente a Madonna di Campiglio, Ezpeleta ha fatto il punto della situazione, dicendo parecchie cose interessanti. “Il 2012 sarà un campionato di transizione, con 21 moto in pista: 12 ufficiali e 9 CRT, che potranno disporre di gomme sviluppate appositamente dalla Bridgestone. Per quello che si è visto, le prestazioni delle CRT non sembrano troppo lontane da quelle delle ultime moto del 2011, ma è chiaro che bisogna cercare di avere il minor divario possibile con le ufficiali, che devono essere limitate nello sviluppo tecnologico e nei costi. Al momento ci sono tre Case costruttrici: sto parlando con loro e ho delle idee per allestire un campionato competitivo e spettacolare. In un momento di crisi come 150
questo, bisogna tagliare la tecnologia: entro il mese di maggio bisogna trovare la soluzione per il regolamento del campionato 2013”. Insomma, saranno mesi di trattativa e discussioni. “Lo sviluppo tecnologico – continua Carmelo – porta due problemi: 1) Il costo del leasing è diventato insostenibile; 2) le moto ufficiali sono troppo competitive e creano problemi per lo spettacolo. Possiamo risolverli entrambi, ma bisogna stabilire nuove regole: il mondiale 2013 sarà completamente differente dall’attuale!”. Ezpeleta non ha dubbi, ma le Case non sembrano altrettanto propense. In ogni caso la strada è stata imboccata e secondo il capo del motomondiale nel 2012 non ci saranno problemi di sicurezza, come invece ipotizzato da molti a causa della grande differenza delle prestazioni delle moto in pista. “E’ chiaro che per arrivare a 21 moto, 4 dovevano essere completamente nuove, così come i piloti: ci sono però gli strumenti per intervenire e fermare chi rappresenta un problema per la sicurezza. In ogni caso, sono convinto che la differenza tra il primo e l’ultimo in MotoGP sarà inferiore a quella esistente tra il primo e l’ultimo in F1”. Ecco comunque come Ezpeleta pensa di intervenire per il futuro. “Le moto per i team non ufficiali non dovranno costare più di un milione di euro: questo è l’obiettivo. E’ chiaro che le Case devono arrivare a costruire delle CRT da mettere in vendita e per farlo ci sono diversi metodi. Per esempio, si può limitare al massimo a due le moto ufficiali per ogni Casa e, soprattutto, si può vietare, per regolamento, il leasing (adesso i team che pagano una moto ufficiale la devono restituire a fine stagione, nda). Attualmente, un team di MotoGP riesce a raccogliere 2-2,5 milioni di euro: se la moto costa un milione, ce la può fare, ma se ne costa 3, come adesso, è costretto a chiudere”. Ma riuscirà Ezpeleta a convincere i costruttori? “Ne sono convinto”. 151
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Wrooom 2012: vis à vis con Stefano Domenicali di Giovanni Zamagni | Il Direttore Sportivo della Ferrari ci parla della nuova macchina, della crisi economica e di alcune analogie tra MotoGP e F1
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’ tutto più formale a Madonna di Campiglio quando le moto e la Ducati lasciano spazio alle auto e alla Ferrari, ma Stefano Domenicali, Direttore Sportivo della squadra di Maranello, può tranquillamente essere definito “uno di noi”, un motociclista prestato all’automobilismo. Insomma, è interessante sentirlo parlare, analizzare con precisione e chiarezza problematiche e speranze per il 2012. «Non ho nessuna ansia – premette - non serve per fare bene. E’ chiaro che siamo la Ferrari e ci sono aspettative che vanno gestite nel miglior modo possibile e in una squadra come la nostra l’aspetto emotivo è importante. La nuova auto verrà presentata il 3 febbraio a Maranello e, compatibilmente con le condizioni 152
meteo, scenderà subito in pista, per poi trasferirsi a Jerez per i primi test della stagione. Ma, come era già accaduto nel 2011, soltanto il sabato delle qualifiche del primo GP a Melbourne si scoprirà la reale competitività delle varie vetture.» «La nuova Ferrari sarà diversa, bruttina e speriamo veloce. Dal punto di vista meccanico rappresenta una rottura con il passato: dovremmo aver fatto passi in avanti importanti e con la nuova regola sugli scarichi ci dovrebbe essere un livellamento delle prestazioni. Nel passato ci sono state delle soluzioni tecniche che hanno dato grandi vantaggi a un costruttore piuttosto che un altro: non dovrebbe accadere nel 2012.» Come è successo alla Ducati in MotoGP, anche la Ferrari ha particolarmente sofferto nel 2011 per le gomme, faticando a mandare in temperatura le Pirelli: per questo a Maranello è stato deciso di ingaggiare Hirohide Hamashima, 59 anni, ex responsabile dello sviluppo per la Bridgestone. «Il suo ruolo sarà quello di far andare d’accordo lo sviluppo della macchina con quello delle gomme. Con lui, con Pat Fry (capo progettista, nda) Steve Clark e tutti gli altri tecnici non voglio dire che non ci sono più alibi, perché non bisogna mettere ulteriore pressione alla gente che lavora, ma è chiaro che adesso abbiamo le carte in regola per fare un ottimo lavoro.» PILOTI Domenicali elogia apertamente Fernando Alonso e sprona Felipe Massa. «E’ difficile fare più di quello che ha fatto Fernando nel 2011 con quella Ferrari: quest’anno mi basterebbe che
ripetesse quelle prestazioni. E’ perfettamente integrato nella squadra e nel 2011 si è spinto oltre il limite e, come è giusto che sia, chiede sempre di più. Sono a Maranello da 20 anni, ma non avevo mai visto uno così dedito alla causa: lui crede in noi e faremo di tutto per metterlo nelle condizioni di vincere. Per quanto riguarda Felipe il 2012 sarà un anno cruciale per il suo futuro e noi faremo di tutto per metterlo a suo agio. Sappiamo che dà il meglio quando è sotto pressione: le aspettative nostre e sue sono elevate.» CRISI ECONOMICA Per chi lavora nel motociclismo, la F.1 sembra un’isola felice, con tanti soldi a disposizione. Ma Domenicali assicura che la crisi si sente, eccome, anche nel più esasperato sport motoristico. «La F.1 risente di una situazione generale difficile: bisogna essere sempre al limite dello sviluppo, ma in condizioni economiche differenti. Insomma, anche la F.1 si deve ridimensionare, trovando un giusto equilibrio tra le grandi squadre che possono spendere e quelle di seconda e terza fascia che hanno meno soldi. Non si può impoverire il campionato e il nostro sport lo deve capire.» 153
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Il video di Valentino Rossi sulla neve di Madonna di Campiglio Mentre Filippo Preziosi spiegava alla stampa come cambierà la nuova Desmosedici, i piloti della Ducati andavano alla scoperta delle favolose piste da sci della nota località delle Alpi. Ecco il video!
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entre Filippo Preziosi spiegava alla stampa come cambierà la nuova Desmosedici, i piloti della Ducati andavano alla scoperta delle favolose piste da sci della nota località delle Alpi. Ecco il video di Rossi e Hayden sulla neve di Madonna di Campiglio. 154
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Wrooom 2012: Rossi in sella alla Desmosedici sulla neve! In occasione della 22esima edizione del Wrooom, a Madonna di Campiglio i piloti Ducati in una veste insolita. Da piloti a sciatori, sempre veloci in pista, ma questa volta quella da sci
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Auto e moto. Tutto sull’Area C Auto, moto, scooter. Costi, abbonamenti, esenzioni, furgoni, residenti, sanzioni. Tutto quello che dovete sapere sul criticato ticket milanese, finalmente spiegato in maniera completa e chiara
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he cos’è Da lunedì 16 gennaio entrerà in vigore AreaC, il nuovo regolamento per la circolazione all’interno della cerchia dei Bastioni a Milano. Le restrizioni verranno applicate dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30 in una zona a traffico limitato (ZTL) delimitata da 43 varchi elettronici muniti di telecamera, di cui 7 accessi per il trasporto pubblico. Vie e civici perimetrali (scarica il PDF). 158
Quali obiettivi persegue Oltre al nome e alle novità regolamentari è cambiato l’approccio al problema. Infatti non si tratterà più di una pollution charge (una tassa per “risarcire” la città dell’inquinamento che portiamo in centro) ma diventerà una congestion charge, un pedaggio per alleggerire i problemi derivanti dal traffico. L’istituzione dell’Area C ha l’obiettivo di “migliorare le condizioni di vita per chi vive, lavora, studia e visita la città”. Quattro sono gli obbiettivi che spera di raggiungere: - Ridurre il traffico nella Cerchia dei Bastioni - Favorire lo sviluppo delle reti di trasporto pubblico - Reperire risorse da destinare alla “mobilità dolce”: piste ciclabili, aree pedonali... - Migliorare la qualità urbana attraverso la riduzione di incidenti, la sosta selvaggia, l’inquinamento acustico e atmosferico.
Chi entra, chi paga, chi non entra Residenti Veicoli di servizio Tariffe e modalità di pagamento 159
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AreaC, rimosso il divieto agli Euro 0 4 tempi Accogliamo con grande favore la nuova ordinanza con cui l’Assessore Maran rimuove il precedente divieto d’accesso all’AreaC ai motocicli e ciclomotori Euro 0 a 4 tempi
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reso atto della incongruenza dell’Ordinanza 6722 del 2011 che permetteva l’accesso ai motocicli e ciclomotori Euro 1 e 2 a due tempi mentre negava l’accesso ai meno inquinanti 4 tempi Euro 0, l’Assessore Maran ha provveduto con una nuova Ordinanza a mettere a posto le 160
cose, in un’ottica coerente con l’intento principale del provvedimento AreaC e cioè di migliorare la qualità della vita dei cittadini grazie alla diminuzione dei problemi derivati dal traffico. Moto.it mercoledì mattina aveva scritto personalmente all’Assessore segnalando la questione e così ha fatto anche Ancma il pomeriggio del giorno stesso. Fortunatamente la risposta non si è fatta attendere e ha accolto le motivazione delle tante proteste che si erano sollevate anche attraverso i vostri commenti all’articolo che evidenziava il problema. Ordinanza 67282 - integrazione (PDF) 161
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Marco Melandri: “Amo il cross. Ci si può far male, ma non giochiamo a biliardo!” di Massimo Zanzani | La velocità è il suo mestiere, il motocross la grande passione. Lo abbiamo incontrato a Cremona, al debutto sulla Husqvarna TC 250. Non parliamo di Superbike ma di passioni, affetti, famiglia e motori
Marco, è più divertente una giornata di motocross o in un circuito di asfalto? «Quella di oggi è puro divertimento e anche allenamento, non c’è la pressione che c’è in gara visto che negli autodromi perlopiù ci siamo solo per correre. Quando vado a fare cross sono sempre con amici e mi piace molto, mi serve anche 162
proprio per rilassare la mente». Hai anche raggiunto un buon livello come hai dimostrato vincendo la prima edizione di RideForLife davanti ad Andrea Dovizioso, come ci sei arrivato a questo livello? «La passione del motocross ce l’ho fin da bambino, quando ho potuto l’ho sempre praticato spesso assieme ad amici più veloci di me, come è stato oggi con Alex Salvini o a volte con Antonio Cairoli. Da piloti del genere c’è sempre di imparare, e quando siamo assieme cerco di capire come si fa. Non giro costantemente per poter migliorarmi sempre, ma ho una gran passione e seguo anche le gare sui giornali». Tra l’altro hai anche corso nel minicross con David Philippaerts? «Eravamo nella stessa categoria, io facevo solo qualche gara all’anno ma spesso andavamo via insieme per contenere le spese. Nella nostra zona infatti non c’erano molti ragazzi che correvano e tra noi si faceva
gruppo, poi lui ha continuato a migliorare invece io mi sono un po’ perso per strada». Beh, tu sei migliorato sull’asfalto... «Per fortuna sì». Nel 2010 hai vinto la gara a Faenza tra velocisti, lo scorso novembre invece ti sei dovuto accontentare di correre con le pitbike. «Mi sarebbe piaciuto partecipare anche alla seconda edizione ma ero già sotto contratto con la BMW e allo stesso tempo non ero ancora svincolato dalla Yamaha quindi sarebbe stato come fare un dispetto a uno dei due. Ho preferito quindi evitare, anche perché sarei dovuto partire per una sessione di test la settimana dopo, e non volevo correre rischi». Dal primo gennaio invece sei libero di girare in sella all’Husqvarna TC 250, te ne hanno data una uguale a quella di Lupino? «A dire il vero non so come sia quella ufficiale, ma credo che
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Quando vado a fare cross sono sempre con amici e mi piace molto, mi serve anche proprio per
rilassare la mente
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a velocità è il suo mestiere, ma il motocross è il suo amore neanche tanto segreto. Anche Marco Melandri, come molti dei suoi colleghi della Superbike e della MotoGP, approfittano della lunga pausa invernale passa intere giornate in sella alla moto da cross per tenere allenato fisico, mente e colpo d’occhio. Col ravennate numero due della stagione SBK 2011 siamo andati sul circuito di Cremona, dove definitivamente libero dai vincoli che lo legavano alla Yamaha ha fatto il suoi debutto in sella alla TC 250 Husqvarna, Casa dì proprietà della BMW con la quale quest’anno punta ai vertici della Superbike.
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la mia sia una moto di serie e devo dire che dopo averla messa a punto mi diverte un sacco, anche se la 310 che ho provato mi è sembrata la moto perfetta». Fai un allenamento specifico per il motocross? «No, lo faccio così per divertimento, quando le condizioni consentono faccio delle 164
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manche abbastanza lunghe per stare di più in moto, ma sempre senza correre rischi, mi serve per completare la preparazione in palestra». Effettivamente l’incidente è sempre dietro l’angolo come ha ribadito la recente caduta di Dovizioso in Sardegna, non ti ha fatto riflettere? «Sappiamo tutti che il
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motocross è pericoloso, però correndo in moto e non avendo possibilità di allenarci in pista con la moto da strada quella da cross è l’unica moto che ci permette di stare un po’ in sella, avere le stesse sensazioni ed esercitarci a mantenere la concentrazione. Capita di farsi male, però noi corriamo in moto, non giochiamo a biliardo».
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C’è anche qualche similitudine con la Superbike visto che alcune manche sono tirate quanto una gara di cross. «Effettivamente ci sono tanti piloti che possono lottare per vincere nella singola gara, e ancora di più quelli che non possono vincere ma giocano la carta della gomma morbida per essere veloci i primi giri e c’è sempre un bel po’ di
agonismo in pista. Nel motocross mi piace la formula delle due gare in una giornata, perché nella seconda manche vedi chi è più preparato fisicamente e nel caso ti vada male la prima puoi rifarti in quella successiva».
Ravenna e Forlì, e mi segue a casa perché non gli piace venire alle gare. Riguardo il motocross mi lascia molto libero, non fa parte integrante del mio allenamento ma serve, lui mi dice di prenderla come giornata di svago».
Hai un preparatore atletico? «Lavoro con Riccardo Mazzoni, è di Santo Stefano, tra
Passando dalle due alle quattro ruote, alcuni tuoi colleghi tra cui Rossi e Dovi fanno 165
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E’ presto per allargare la famiglia? «Adesso abbiamo altri pensieri, ogni cosa al suo momento». Prima o poi però un pilotino in casa ci vorrà… «Vedremo, per ora devo pensare alle corse. E poi abbiamo due conigli da accudire, e già quelli sono abbastanza impegnativi». Cosa fai nel tempo libero, oltre al motocross? «Sono molto appassionato del volo con ultraleggero, mi andarci assieme agli amici. Anche quello è un momento di piacevole relax, oltre ad avere modo di godere di un punto di vista del mondo completamente diverso dal solito». Dove c’è adrenalina ci sei anche tu, in poche parole. «Non riesco a fare cose troppo tranquille, ci provo ma non mi appassiono».
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molto perché ero in squadra con Frenzen, l’ex pilota di Formula 1, e c’erano Alesi, Liuzzi, Herbert, piloti che filavano un bel po’». In garage hai anche una bella Lotus Exite che però è ferma in garage da un pezzo. «Sì, la sto trasformando e a
breve dovrebbe arrivarmi un nuovo telaio.». Tu e la tua fidanzata Manuela siete inseparabili, sul suo look niente da dire, ma com’è dietro le quinte? «E’ spettacolare, proprio così così come la si vede. E’ solare, sempre allegra e in più cucina
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da dio, cosa vuoi di più dalla vita?».
anche i rally mentre non tu se non sbaglio non ne hai mai fatti. «No, è una specialità che non mi fa impazzire, preferisco le auto da pista. Ho fatto un paio gare del campionato Speedcar con macchine tipo Nascar, che si svolgeva tra Dubai, Qatar e Bahrein, mi sono divertito
23 Gennaio
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Quindi immagino che anche il computer non ti tiene attaccato alla scrivania per troppo tempo… «Infatti preferisco usare Twitter (@Marcomelandri33) che trovo più comodo perché non è molto impegnativo, in pratica è come mandare un SMS. Purtroppo, o per fortuna, al giorno d’oggi la gente comunica più in chat, lo vedo sia da parte dei
tifosi, che dagli amici che anche dai giornalisti, e avere Twitter è quasi indispensabile». Dall’anno scorso sei entrato nel business creando la bevanda energetica Speedrace, è una iniziativa che è nata pensando al tuo futuro? «E’ nata praticamente per gioco, sognando di avere un giorno un profitto tale da poter aiutare giovani piloti che non hanno possibilità economiche. Quest’anno io sarò solo il testimonial mentre la gestione viene curata da un esterno, non da me perché è troppo impegnativa. E’ infatti un mercato difficilissimo, ma come ho detto abbiamo iniziato per gioco e vediamo se riusciamo a crescere».
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Non riesco a fare cose troppo tranquille, ci provo ma non mi
appassiono
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Il 2011 è stato indiscutibilmente l’anno di Checa: quando arriverà il tuo, dove tutto ti filerà liscio dall’inizio alla fine? «Non lo so proprio. Ogni anno è una storia nuova, e questa stagione si prospetta per me una sfida decisamente interessante e difficile. L’idea di riuscire a portare ai vertici la BMW è molto stimolante, ma tutti vogliono vincere, quindi anche noi faremo del nostro meglio. Quello che posso dire ora è che era da tanto che non ero sereno, tranquillo e motivato come lo sono adesso, non vedo proprio l’ora di iniziare». Bene, allora grazie e in bocca al lupo Marco33. 167
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DAKAR
di Andrea Perfetti | Il campione del mondo finlandese è scomparso in seguito all’aggravarsi delle conseguenze dell’incidente in moto di tre settimane fa. Chi era. Il ricordo di Sandro Tramelli, Gio Sala, Fabio Farioli e Michele Berera
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iao Mika Solo pochi giorni fa parlavamo del suo improvviso ritiro dalle corse. Oggi siamo invece a darvi la triste notizia della scomparsa di Mika. E’ difficile trovare le parole in un 168
momento del genere: il campione finlandese era un pilota fenomenale, ma soprattutto una persona pulita e solare che negli anni ha dato tanto all’enduro e agli appassionati di questo sport. Mika Ahola è stato stroncato a 37 anni da un improvviso aggravarsi delle sue condizioni di salute. La notte del 15 gennaio è stato ricoverato presso l’Ospedale di Barcellona, il decesso è dovuto alle conseguenze di un’infezione e di lesioni agli organi interni, determinate
Anno
Numero
02
45
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E’ morto Mika Ahola. Lo ricordiamo così
23 Gennaio
2012
da un incidente in moto in allenamento occorso tre settimane fa. Ci uniamo al cordoglio dei suoi familiari e dei tanti colleghi e amici che hanno lavorato con lui e hanno imparato ad apprezzarne le grandi doti umane. Il ricordo di Ahola nelle parole dei protagonisti del Mondiale di Enduro Alessandro Tramelli (responsabile con Franco Mayr del Team Honda HM Zanardo - Jolly Racing in cui ha corso Mika Ahola negli ultimi anni): “Parlo anche a nome di Franco Mayr che ora si trova negli Stati Uniti. Non riusciamo ancora a credere a quanto è successo. Scoprire ieri che Mika non era più tra noi ci ha tolto il fiato. Era diventato uno di famiglia, una persona a cui volevamo molto bene. In tanti anni al suo fianco avevamo apprezzato le sue qualità, a partire dalla trasparenza e dalla correttezza. Un ragazzo
eccezionale. Oggi rimane il ricordo di questi anni meravigliosi vissuti insieme, in cui abbiamo dato e ricevuto tanto. Il vuoto che lascia è incolmabile, il nostro pensiero va ora a Marika. Siamo commossi dalla vicinanza che gli appassionati stanno manifestando a Mika. Vuol dire che in tanti hanno apprezzato le sue qualità, umane oltre che sportive”. Michele Berera (Team Honda HM Zanardo): “Mika è stato un pilota fantastico. Ma, a 169
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- Intervista a Mika Ahola. Il campione finlandese si racconta a Moto.it - Mika Ahola. I perché del suo ritiro da campione del mondo in carica
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Era un amico e una persona squisita. Vi racconto un aneddoto. Nel ‘99 me lo trovai a fianco alla partenza della finale di motocross della Sei Giorni. Allo scendere del cancelletto, modulò male la frizione e si ribaltò. E io vinsi. Ricordo le risate nel dopo gara, quanto lo presi in giro. Avevamo un bel rapporto di amicizia. In questo triste momento il mio pensiero va anche a Marika, sua moglie. Con Mika formavano davvero una coppia speciale”.
prescindere dalle corse, è stato incredibile quello che ha saputo creare all’interno della squadra. Ci ha trascinati nella vittoria di questi cinque titoli mondiali ed è stato capace di coinvolgere Honda Europa nell’enduro. E’ davvero grazie a lui se siamo diventati così grandi: si poneva sempre nuove sfide e le voleva vincere. Si voleva confrontare solo coi più forti. Una grande persona, un grande trascinatore, che lascia un vuoto in tutti noi che lo abbiamo avuto in squadra in questi anni”.
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Fabio Farioli (Team manager del Team KTM Farioli): “Quando una persona manca all’affetto dei suoi cari, si fa presto a dire che era il migliore, il più buono di tutti. Ma Mika era davvero speciale, si era guadagnato il rispetto e la stima di tutti noi, suoi avversari. Era un grande campione, sicuramente uno dei più forti dei nostri tempi. Da quando aveva trovato il feeling giusto con la squadra, era diventato quasi imbattibile. Si faceva voler bene da tutti, sempre sorridente e disponibile. Ma anche temuto non appena scattava la gara. Sono davvero addolorato per questa perdita: Mika ci ha fatto perdere tanti mondiali (Fabio Farioli è responsabile di una squadra avversaria. Nda), ma lo stimavamo moltissimo”. Gio Sala (sei volte campione del mondo di enduro): “Mika era una gran persona, il più “mediterraneo” tra i piloti finlandesi. Era sempre garbato e gentile, anche quando le cose in gara giravano male. Un esempio di correttezza per tutti noi. Ho conosciuto bene Ahola perché era della vecchia guardia, con lui ho corso tanti anni.
Chi è Ahola. La sua storia Mika Ahola ha 37 anni e all’attivo ben 5 titoli mondiali di enduro, conquistati in tutte le classi. La sua è una storia particolare, che l’ha visto protagonista del mondiale quando era avanti negli anni: Mika ha conquistato i risultati più prestigiosi dopo i 30 anni di età, quando di solito un pilota “normale” inizia la sua parabola discendente. Nel 1991 Ahola ottiene il suo primo titolo nazionale finlandese nella categoria Junior, ma è dal 1993 che sbarca sulla scena internazionale in sella alla Husqvarna, con cui conquista due titoli nazionali finlandesi. Nel 1996 vince la prestigiosa Sei Giorni con il team finlandese. Nel 1997 inizia la sua avventura nel nostro Paese, corre infatti con la TM ed è vice campione del mondo. Nel 1998 e 1999 la nazionale finlandese è ancora leader nella Sei Giorni di Enduro e tra le sue fila non manca il giovane Mika. Dal 1998 Ahola è sempre più italiano, si trasferisce infatti a vivere nel piacentino accompagnato dalla fidanzata. Nel 2001 passa alla VOR, nel 2004 è la volta di Husqvarna. In questi anni Mika è sempre tra i primi, ma la vera svolta avviene nel 2006, quando il pilota finlandese approda nel team Honda HM. E da qui parte la leggenda di uno dei più forti piloti nella storia dell’enduro moderno. Dal 2007 al 2011, in sella alla moto italo-giapponese gestita dal team di Franco Mayr, Mika conquista cinque titoli mondiali nelle tre classi. Palmares - Mondiale Enduro Argento Mondiale 125 2T 1997 Bronzo Mondiale 250 2T 1999 Argento Mondiale 250 2T 2000 Argento Mondiale 500 2T 2001 Argento Mondiale 500 2T 2002 Argento Mondiale E2 2006 Oro Mondiale E2 2007 Oro Mondiale E1 2008 Oro Mondiale E1 2009 Oro Mondiale E2 2010 Oro Mondiale E3 2011
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