Numero 15 28 Aprile 2019 MAGGIO 2019
L'economia raccontata dagli under 35
COPIA OMAGGIO the-newsroom.it
LA VERA SFIDA DEL FINTECH È IL CREDITO La cavalcata del settore in Italia
La rincorsa di Satispay, campione nazionale del Fintech Intervista
Intesa Sanpaolo e la nuova frontiera dei servizi e dei prodotti finanziari Top Ten
le dieci (prossime) startup italiane fintech
POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% S/CE/16/2018
Cover story
PROLOGO
La rivoluzione del fintech sta cambiando il modo in cui il denaro è gestito. La rivoluzione del fintech italiano è una pagina significativa della rincorsa al digitale che anche il nostro Paese sta compiendo. Il terzo numero del 2019 di The New’s Room indaga questo percorso: i nostri redattori non risparmiano critiche quando il sistema italiano deve ancora fare dei salti in avanti, ma scelgono anche le prossime 10 startup promettenti del settore. Tutte Made in Italy, segnale di un Paese che sta cambiando e che con The New’s Room abbiamo scelto di raccontare. Buona lettura. Pierangelo Fabiano, Fondatore
INDICE
EDITORIALE di Barbara Gasperini
I
l digitale sta rivoluzionando l’ecosistema finanziario italiano grazie alla nascita
2
Editoriale
4
Uno sguardo ai numeri
e allo sviluppo dei servizi fintech, utilizzati nel 2018 dal 25% della popolazione.
Numeri
La crescente ubiquità offerta da smartphone e accesso a Internet sta
6
determinando un momento cruciale per la digitalizzazione delle finanze in tutto il la crescente apertura alle partnership tra realtà fintech e i diversi settori industriali. Iniziative europee come la PSD2, infatti, auspicano parità di condizioni tra startup fintech e banche trainando pertanto l’esplosione del settore tra i più proficui per l’ecosistema dell’innovazione italiano. Il momento è ideale anche per la maturazione del mercato delle money app che, con lo sviluppo costante della tecnologia, diventeranno sempre più sofisticate offrendo maggiori livelli di personalizzazione in grado persino di comprendere e reagire alle esigenze individuali dei consumatori. Sempre più persone si rivolgeranno alle APP per tenere traccia delle proprie spese, cambiare prodotti finanziari più facilmente e visualizzare i propri conti bancari in un unico posto: lo smartphone. Le previsioni sull’evoluzione della finanza tecnologica
Presente/Futuro 8
più personali; il secondo è la crescita del Regtech (quella particolare area di servizi
Cover Story 10
il terzo è il perfezionamento della tecnologia a supporto dei pagamenti da mobile
Interviste 15
Verso il fintech e oltre: Intesa Sanpaolo e la nuova frontiera dei servizi e dei prodotti finanziari
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La rincorsa di Satispay campione nazionale del fintech
di Mariachiara Bo e Eugenio Giannetta
quali saranno nell’immediato futuro le maggiori sfide del settore, abbiamo indagato il meritato successo di una tra le startup italiane del momento, Satispay, ed evidenziato quali attività la banca Intesa San Paolo sta elaborando per gestire un fenomeno così dirompente. Ci si può ragionevolmente chiedere se assisteremo ad un’adozione di massa dei servizi fintech nel nostro prossimo futuro considerato anche il progressivo
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Reportage 22
Focus 26
E il palazzo che fa?
29
Proprietà immobiliari e criptovalute: compreremo casa online?
32
Saremo in grado di avere un customer care decente?
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Non è un gioco
di Francesco Malfetano di Barbara Polidori
di Salvatore Tancovi di Vittoria Patanè
Album 38
Lo storytelling del fintech di Giulia Lucchini
di adulti in tutto il mondo senza un conto bancario. Le innovazioni in questo settore pensati per questi individui, fornendo loro l’accesso a servizi finanziari nel modo più
No cash di Eugenio Giannetta, Pietro Mecarozzi, Laura Bonaiuti, Marco Bova
sviluppo su larga scala. Uno degli obiettivi più importanti dei “disruptor” del settore
offrono grandi opportunità per chi voglia creare servizi e prodotti specificamente
Le dieci (prossime) startup italiane fintech di Greta Ubbiali
ingresso dei colossi tecnologici globali nel settore che diventerà una leva decisiva dello fintech è la democratizzazione dei servizi finanziari. Ci sono attualmente 1,7 miliardi
di Danila Giancipoli
Top Ten
che si stanno incrementalmente avviando verso il dominio delle nostre transazioni quotidiane. In questo numero di The New’s Room abbiamo pertanto provato a capire
La vera sfida del fintech è il credito di Elena Pompei
finanziari chiamata continuous compliance) che facilita le attività di conformità alle normative finanziarie fornendo così soluzioni più semplici per le fintech; infine
I miti (da sfatare) del fintech e la vita nel 2029 a cura di Lorenzo Sassi
rilevano tre fattori di netta accelerazione: il primo è l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale che consentirà al settore di realizzare prodotti più intelligenti e sempre
Focus Bitcoin di Laura Bonaiuti
Numero 15 | Maggio 2019 the-newsroom.it
mondo. La combinazione di nuova tecnologia e legislazione sta, inoltre, facilitando
di Barbara Gasperini
Racconto 40
Il mondo prima del fintech di Roberto Moliterni
semplice mai realizzato prima.
Rubriche 43 46
La storia del post-it, oggetto immortale nato per sbaglio di Gian Luca Atzori
Libreria
di Roberto Rotunno
48
L'agenda del CEO
50
Il lavoro del futuro
di Barbara Gasperini di Sofia Gorgoni
6
NUMERI
NUMERI
7
L’ecommercE in Italia
uno sguard0 ai numeri
REMOTE ECOMMERCE EPAYMENT
ECOMMERCE
17,5
4,2
EPAYMENT
MILIARDI €
NEL 2021: 27/29 MLD €
MILIARDI €
+7%
+10%
175
150
125
100
I pagamenti diventano mobile 75
MOBILE REMOTE PAYMENT 1,2/1,6 MLD €
50
0,9
CAR/BIKE SHARING PARKING
MILIARDI €
+10%
POPOLAZIONE SERVITA DA SERVIZI DI MOBILITà
460
TPL TAXI
COMUNI
25
0 2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
NUMBER OF MOBILE PAYMENT USER FROM 2009 TO 2016
2016
La rincorsa degli investimenti fintech Europe
North America
Asia/Pacific
Middle East
Africa
Latin America
TOTAL INVESTMENT ACTIVITY (VC, PE AND M&A) IN FINTECH 2013-2018
17/20 MLD €
175
8,4
EDITORIA INFORMATICA
MILIARDI €
ARREDAMENTO FOOD
+40%
DEL TRANSATO ECOMMERCE
TURISMO ASSICURAZIONI
150
Fonte: Osservatorio Mobile Payment & Commerce - Politecnico di Milano (2019)
2,196
2,165 1,925
MOBILE REMOTE COMMERCE
ABBIGLIAMENTO
125
1,893
100 1,543
I pagamenti digitali di prossimità in Italia
75 494
1,132
50
PROXIMITY
25
0 2009 $18.9
$45.4
$67.1
$63.4
$50.8
$111.8
2013
2014
2015
2016
2017
2018
Capital invested
Deal count
2010
2011
2012
2013
North America
Asia/Pacific
144
Gli investimenti su blockchain
134
Middle East 159
494
$0.5
$0.6
$4.8
$4.5
2015
2016
2017
2018
Deal count
1,925
+100%
1,132
Capital invested
$0.5
$0.6
2015
$4.8
2016
$4.5
2017
2018
$18.9 13,5 mld €
+18%
2013 2013 Capital invested Proximity
Deal count
49,0 mld €
Fonte: Kpmg (2018)
1,2 mld €
0,3 mld €
0,04 mld €
$45.4 15,9 mld € 2014 2014
+18%
+570%
7,9 mld €
5/10 MLD €
CONTACTLESS PAYMENT
+210%
75/100 MLD €
+15%
+19%
+20%
MOBILE PROXIMITY PAYMENT
0,53 MILIARDI €
> 15 000 000
47
SONO CONTACTLESS OLTRE OLTRE 3 POS SU 4 1 CARTA SU 2
$67.1 18,9 mld €
$63.4 22,6 mld €
$50.8 27,0 mld €
$111.8 31,0 mld €
2015 2015
2016 2016
2017 2017
2018 2018
Deal count Remote
Fonte: Osservatorio Mobile Payment & Commerce - Politecnico di Milano (2019)
MOBILE POS 1,8/2,2 MLD €
MILIARDI €
+100%
160.000
DISPOSITIVI ATTIVI
0,04 mld €
0,3 mld €
1,2 mld €
+570%
7,9 mld €
Fonte: Osservatorio Mobile Payment & Commerce - Politecnico di Milano (2019)
+210%
+19%
+15%
UTENTI ATTIVI
+650%
+100% 24,4 mld €
> 1.000 000
500€
SPESA Media annua per utentE
DI TRANSAZIONI
49,0 mld €
1,893
24,4 mld €
159
134
2,196
2,165
1,543
69
2014
Latin America
$0.7
218
2013
Africa
2014
I PAGAMENTI DIGITALI IN ITALIA Capital invested
TOTAL INVESTMENT ACTIVITY (VC, PE AND M&A) IN BLOCKCHAIN & CRYPTOCURRENCY 2013-2018
$0.7
2016
69 Fonte: Statista $0.2
$0.2
2015 218
Europe
2013
144
2014
> 1 000 000 000
45€
SCONTRINO MEDIO
DI TRANSAZIONI
9.000€
IL TRANSATO MEDIO ANNUO DI OGNI MOBILE POS
8
NUMERI
NUMERI: FOCUS BITCOIN LA VALUTA VIRTUALE HA CATTURATO L'ATTENZIONE DEGLI INVESTITORI. MA È SOLO UNA PAGINA DELLA STORIA DEL FINTECH
di Laura Bonaiuti
T
utto è cominciato con il bitcoin: una moneta digitale che poteva circolare e si auto riproduceva al di fuori di banche, governi e società finanziarie. Al momento della sua emissione, nel 2009, occorrevano 5.000 bitcoin per acquistare una pizza che costava 5 dollari: il bitcoin valeva circa 0,1 centesimi di dollaro. Poi il suo valore è cresciuto fino a sfiorare i 20.000 dollari alla fine del 2017, mentre a marzo 2019 tale valore era intorno ai 4000 dollari. Per la sua elevata volatilità molti sostengono che il bitcoin non sia adatto come strumento a cui affidare i nostri sudati risparmi, ma in tanti lo domandano con intenti speculativi. La quantità di bitcoin nel mondo è oggi pari a 17 milioni di unità, anche se oltre la metà è immobilizzata nei portafogli digitali (wallet) di alcuni operatori, che hanno in questi conti l’equivalente di almeno 800.000 dollari ciascuno: sono le cosiddette “Balene” che hanno acquisito - probabilmente con la loro attività di mining - una grande quantità di nuovi bitcoin e se li tengono ben stretti. Ma lo schema del bitcoin ha dato impulso a una enormità di iniziative che hanno prodotto oltre mille criptovalute, monete che non esistono fisicamente e che non possono essere controllate dalle autorità di nessun paese. Si sono così sviluppate numerose applicazioni per i servizi finanziari: il cosiddetto fintech e l’insurtech, che riguardano l’ambito della finanza e delle assicurazioni. A livello globale, nel 2018 sono state censite 1210 startup del fintech e dell’insurtech, che hanno raccolto dal 2013 oltre 43 miliardi di dollari per le loro iniziative, con un incremento del 70 per cento rispetto all’anno scorso. Le start-up italiane censite nel registro imprese appartenenti al settore fintech nel maggio 2017 erano 235, la metà delle quali avviate con risorse autofinanziate e tutte con ottime prospettive di crescita, come dimostrato dal fatto che quasi il 90 per cento di esse pensa di espandere il proprio personale. Anche se l’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi europei, in un solo anno tra il 2017 ed il 2018 i new digital payments sono aumentati del 50 per cento, passando da 31 a 46 miliardi di euro, e questa tendenza sembra intensificarsi. Fatto 100 il totale dei servizi fintech utilizzati, la preferenza è andata ai Pagamenti digitali (16 per cento), alla gestione del proprio risparmio (15 per cento), all’invio di denaro (12 per cento), mentre l’investimento in prodotti finanziari per la gestione del risparmio, o l’attività di prestito ed in genere il reperimento di fondi on line, hanno per gli utenti una importanza minore (7-8 per cento del totale). Nei prossimi cinque anni oltre l’80 per cento degli operatori tradizionali (banche e assicurazioni) prevede di stabilire una relazione con le startup del fintech maggiormente affermate. In Italia è stato costituito da un paio di anni un Fintech district, nell’area milanese, dove le condizioni sembrano particolarmente favorevoli per sviluppare iniziative del genere, testimoniato dalle oltre cento realtà presenti.
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NUMERI
NUMERI
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PRESENTE FUTURO LA COMBINAZIONE DI FINANZA E TECNOLOGIA ALLONTANa IL CONCETTO DI IERI E DOMANI. L’EVOLUZIONE È ESPONENZIALE a cura di Lorenzo Sassi
I MITI (DA SFATARE) DEL FINTECH
LA VITA DEL 2029
Anche solo l’idea di voler sfatare un mito presuppone la conoscenza del mito stesso. Fintech. Un mare magnum semantico che, a cominciare dal nome (TecnoFinanza), sembra far presagire l’avvento di un’apocalisse robot. Su che cosa sia, e che cosa comprenda esattamente la categoria Fintech, ancora non c’è un netto perimetro. È quell’orizzonte in cui finanza e tecnologia si incontrano. Dove la prima si serve della seconda, così da fornire sempre più efficacemente prodotti e servizi. Questa etichetta comprende tutto ciò che va dalle transazioni finanziarie alle tecnologie della blockchain; fino alla semplice app della banca che molti hanno sul cellulare.
La Tech Review del Mit, rivista di settore che, a cadenza bimestrale, informa sullo stato degli investimenti e dello sviluppo tecnologico, ha stilato insieme a Bill Gates una classifica delle innovazioni che, da qui al prossimo futuro, potrebbero cambiare le nostre vite di tutti i giorni. Tra i punti più dickiani della classifica troviamo le sempre meno fantascientifiche protesi bioniche o l’assistente digitale (alle cui fondamenta si troverebbe un nuovo tipo di AI similare a quella di Her, il film di Spike Jonze); ma anche l’hamburger del futuro (costituito da verdure e carni ma che vanterebbe la capacità di ridurre le emissioni dell’industria di settore), vaccini antitumorali, sonde dalle dimensioni di una tic-tac in grado di scansionare l’apparato digerente e di eseguire biopsie.
L’app del cellulare non è proprio un’apocalisse robot, così come non lo sono i roboadvisor (i quali non hanno sembianze umanoidi: sono sofisticati algoritmi in g rado di gestire portafogli e fornire un abbozzo di consulenza finanziaria). All’apocalisse forse avevano pensato le banche quando è arrivata la blockchain: una tecnologia che, qualora fosse affinata e perfezionata, potrebbe non solo rivoluzionare l’odierno sistema dei pagamenti, ma addirittura l’esistenza stessa delle banche.
Oltre alla classifica della Tech Review, bisogna tenere conto anche di altre novità. Nei prossimi anni probabilmente vedremo il sistema dei pagamenti (e non solo) rivoluzionato dalle nuove frontiere del riconoscimento facciale e dell’iride, l’autopilota per le utilitarie e sempre più complessi, in grado di soddisfare qualsiasi richiesta del cliente.
Il blockchain è definito “libro mastro” condiviso, un registro, ovviamente informatico, che, abitando più luoghi della Terra e della rete simultaneamente (e ciò consente la pressoché impossibilità alla manomissione dei dati da parte di hacker o utenti del libro mastro), non fa altro che memorizzare qualsiasi tipo di transazione venga fatta al suo interno. Ciò consente trasparenza e sicurezza; perché chiunque è in possesso dello stesso registro e perché chiunque, indipendentemente dal fatto che sia venditore o acquirente di una data transazione, può vedere dove va cosa, quando, come e a chi.
Per quanto riguarda il sistema bancario, stando anche a un report di CeTIF pubblicato nel 2019, il futuro delle banche è data driven (cioè sempre più vicino alle esigenze del cliente) e vero e proprio hub di soluzioni finanziarie, assicurative e previdenziali (e questo anche grazie al supporto delle intelligenze artificiali, le quali disintermedieranno l’operatore fisico).
Il Bitcoin, che è una moneta virtuale (e come tale fa parte della categoria Fintech), si avvale, per il suo funzionamento, della blockchain. Ma la blockchain non è il Bitcoin. La blockchain si applica anche al campo delle criptovalute per la contabilità; però trova spazio anche in altri settori finanziari (e non solo): individuare contraffazioni dei prodotti per le aziende, gestione delle cartelle cliniche elettroniche, rafforzamento della privacy dei dati.
Poi c’è il discorso delle filiali, che saranno destinate a scomparire per essere sostituite da un network digitale sempre più efficiente. Queste diventeranno virtuali e in grado di offrire assistenza tecnica e consulenze per quanto riguarda la gestione dei portafogli.
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COVER STORY
La vera sfida del Fintech è sul credito di Elena Pompei
D
Se la sfida lanciata dal Fintech si è mossa prima sul profilo dei sistemi di pagamento, dove l’esperienza ha insegnato che una cooperazione tra tradizione e innovazione è possibile, ora si è ormai spostata, inarrestabile, in direzione dei finanziamenti, che costituiscono l’attività centrale degli istituti di credito. Il business del fintech si muove rapidamente, presenta vantaggi tangibili e offre servizi efficaci. Anche in Italia l’aria sta cambiando. La nostra realtà è senz’altro diversa da quella
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statunitense, ma è bene considerare che il settore dei finanziamenti – sia alle imprese, sia ai privati – ha dei nuovi protagonisti smart, innovativi ed altamente competitivi sul fronte dei costi, in Italia come oltreoceano. Il fintech americano ad oggi controlla l'otto per cento del mercato dei mutui, un esempio seguito anche in Europa, dove stanno nascendo e si stanno assestando fornitori di mutui online che offrono tassi di interesse molto più competitivi rispetto alle banche tradizionali. Precursore del mercato dei mutui nel Fintech, quello dei prestiti ai privati è un business in crescita esponenziale negli Stati Uniti, e non sorprende che sia proprio questo il settore dove l’Italia sta muovendo i primi passi.
Le innovazioni dirompenti e gli istituti tradizionali: una cooperazione possibile?
isruptive, dirompenti. Ecco l’aggettivo con cui ci si riferisce alle innovazioni tecnologiche che entrano nel mercato e ne cambiano le regole, un termine utilizzato spesso in riferimento a ciò che sta accadendo nel settore fintech, uno dei rami più in crescita dell’economia contemporanea. L’innovazione delle startup finanziarie dirompe, perché porta le imprese leader del mercato – nel nostro caso, le banche – a dover scegliere: entrare in crisi per la scarsa capacità di adattamento alle mutazioni o assecondare e comprendere l’innovazione. La sfida della tecnologia finanziaria ha più forme; essa interroga gli attori principali circa le attività tradizionalmente svolte dagli istituti bancari, partendo dal sistema dei pagamenti fino a giungere al cuore delle banche come le conosciamo: i sistemi di erogazione del credito.
COVER STORY
In Italia i prestiti personali tra privati sono raddoppiati tra il 2017 e il 2018, una crescita notevole che costituisce un inizio in direzione di prestiti di medio e lungo periodo, in un percorso che culminerà con la possibilità di creare delle piattaforme di erogazione dei mutui. La ragione per cui l’Italia segue a fatica l’esempio atlantico e quello di alcuni suoi vicini europei è
Viene da chiedersi se questa sfida non possa diventare un’opportunità unica per gli istituti di credito senz’altro legato a due questioni: innanzitutto vige una certa sfiducia nei nuovi mezzi, e gli istituti tradizionali sono ancora considerati gli unici intermediari di questo tipo di attività. Tuttavia, il grande limite del mercato del credito fintech, in Italia, è quello delle normative vigenti, che ancora non permettono un sistema contrattuale agevole, e che coinvolgono un numero di attori tale da impedire lo sviluppo di piattaforme di erogazione di prestiti. Se quindi è certo che le startup finanziarie stanno scuotendo il sistema bancario, viene da chiedersi se questa sfida non possa diventare un’opportunità unica per gli istituti di credito. Le banche, i cui servizi legati a prestiti e mutui sono l’attività
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COVER STORY
COVER STORY
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primaria, devono cogliere la possibilità di entrare in gioco: il rischio di venire disintermediati a causa dei sistemi di nuova concezione è elevatissimo. Una cooperazione tra gli istituti tradizionali e l’innovazione finanziaria digitale non può che apportare grandi benefici a tutti gli attori coinvolti. Se le grandi realtà finanziarie possono servirsi delle innovazioni delle startup fintech per integrare e migliorare il rapporto con l’utenza e ridurre i costi, anche la controparte ha molto da guadagnare. Una startup che entri in collaborazione con istituti di grande calibro ed esperienza guadagna non soltanto in termini di esperienza internazionale e
I benefici di una cooperazione tra banche e fintech sono molteplici: nuovi prodotti e servizi, vantaggi economici, nuovo focus sulla security del cliente e, soprattutto, la possibilità di raggiungere i soggetti lontani dai servizi offerti dagli istituti tradizionali, i cosiddetti unbanked. Sono moltissime, infatti, le comunità che non hanno la possibilità di accedere fisicamente a una filiale, sia per depositare e prelevare moneta, sia per domandare un prestito. Una simile questione si pone con urgenza negli Stati Uniti e in altri paesi che presentano vaste aree rurali, eppure anche l’Italia gioverebbe enormemente di una simile innovazione.
competenze sul piano normativo, ma anche per l’accesso alla molteplicità di clienti che tali istituti garantiscono. Non c’è dubbio: il vantaggio è mutuale, e un’alleanza può generare molto più valore di una sfida a parti distinte, che probabilmente non presenterebbe alcun vincitore nel medio periodo. Pionieri in questa intuizione sono alcuni grandi colossi americani, prima fra tutti Goldman Sachs, che non si è fermata alla semplice collaborazione e ha investito nelle startup fintech quasi 40 miliardi in quattro anni (2013-2017, CB Insights), riconoscendo il bisogno di agevolare il cambiamento e di esserne parte, combinando la forza degli istituti tradizionali alle innovazioni portate dalla tecnologia finanziaria.
L'articolazione territoriale degli sportelli bancari operativi sul territorio mostra che il 57 per cento del totale è presente al Nord, ricorda Bankitalia, mentre il numero di sportelli nelle regioni del Sud e nelle Isole ammonta complessivamente al 22 per cento del totale nazionale. La provincia di Milano, con quasi 1.600 sportelli, ne conta da sola di più dell'intera Sicilia. Con la crescita degli investimenti nelle startup che forniscono prestiti online, il bisogno di trovare una filiale o di sedersi davanti ad un funzionario per chiedere un prestito diventerebbe superfluo. Va inoltre considerato che chi abita in zone non prossime ad una banca potrebbe anche non avere uno storico del credito sufficientemente attendibile, facendo sì che una banca tradizionale difficilmente potrà garantire un prestito. Il Fintech, tuttavia, agevolerebbe l’erogazione del credito utilizzando nuovi criteri nel controllo della credibilità del cliente, invece di basarsi unicamente sulla sua storia creditizia. Analizzando i guadagni, la stabilità del datore di lavoro, lo storico del conto bancario ed un numero di altri fattori, sarebbe senz’altro più semplice ottenere un prestito per chi altrimenti non ne avrebbe avuto la possibilità. È quindi il caso di dirlo: la sfida che il Fintech presenta alle banche può essere una mano tesa, e se ben stretta, non può che portare benefici a tutti gli attori coinvolti, primi fra tutti i consumatori.
Crowdfunding e PMI Dal gennaio 2018 è stata estesa da Consob a tutte le PMI italiane la possibilità di raccogliere capitali di rischio online grazie al crowdfunding, in un piano che mira alla patrimonializzazione delle piccole e medie imprese, in modo che esse possano ottenere più credito per i loro investimenti, slegandosi dal forte legame con il sistema bancario.
INTERVISTA
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Verso il Fintech e oltre: Intesa Sanpaolo e la nuova frontiera dei servizi e dei prodotti finanziari Intervista a Stefano Favale, Responsabile Direzione Global Transaction Banking - Divisione Corporate Investment Banking Intesa Sanpaolo
di Mariachiara Bo e Eugenio Giannetta
I bonifici istantanei di Intesa Sanpaolo stanno registrando numeri importanti dalla sua introduzione nel novembre 2017. Quanto è usato questo servizio e prevedete nuovi sviluppi?
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“In Intesa Sanpaolo gli instant payment sono ormai diventati parte della quotidianità dei nostri clienti, con oltre 4 milioni di operazioni per circa 4 miliardi di euro di controvalore. È uno strumento utile a tutti, siano essi privati o imprese a livello europeo grazie alla copertura su oltre 2.000 banche dell’area Sepa. È uno strumento semplice perché necessita esclusivamente di un conto corrente, raggiungibile attraverso app o i portali di internet e corporate banking. Nel frattempo ci stiamo muovendo su diversi fronti per rendere sempre più quotidiano l’utilizzo di questo strumento, dal punto di vista dei prodotti e dei servizi abilitati ma anche della rimozione di alcuni limiti come il controvalore massimo per operazione”. Gli italiani sono noti per essere affezionati al contante. Nonostante ciò Intesa Sanpaolo sta introducendo sempre più nuovi servizi di pagamento digitali, Bancomat Pay e il pagamento contactless dei biglietti della metro. Qual è la risposta dei clienti? “L’86 per cento delle transazioni in Italia è ancora in contanti ma siamo fiduciosi che nel futuro sarà più utilizzato grazie al mobile. Come Intesa
Sanpaolo stiamo puntando sulla digitalizzazione che è uno dei principali obiettivi del piano d’impresa al 2021 lanciato dal Ceo Carlo Messina: abbiamo previsto infatti 2,8 miliardi di investimenti per raggiungere il 70 per cento di digitalizzazione. A questo scopo servizi come quelli citati, che permettono una semplicità di utilizzo e risparmio di tempi e costi, ci supporteranno nel migliorare i nostri livelli di pagamenti digitali rispetto alla media europea: oltre 100 mila operazioni al giorno ai tornelli della metropolitana sono la conferma che quando il digitale riesce a rendere più facile la vita dei consumatori, si riescono a superare tutte le barriere culturali di abitudini consolidate. Sulla stessa linea di innovazione utile abbiamo abbracciato con grande entusiasmo anche l’iniziativa di Bancomat per la creazione di una modalità di pagamento da smartphone in grado di dare la definitiva accelerazione ai pagamenti da smartphone anche in Italia”. Il fenomeno del Bitcoin sembrerebbe essersi raffreddato. Tuttavia, la blockchain, o meglio la Distributed Ledger Technology, sta diventando il nuovo banco di prova per il settore finanziario. Voi come valutate questa innovazione? “Pensiamo che ci possano essere degli sviluppi, stiamo sperimentando diverse soluzioni. Siamo entrati in R3, società tecnologica in cui ci sono i principali player finanziari internazionali; in questo ambito abbiamo aderito al progetto Marco Polo (basato su Distributed Ledger Technology), che ha l’obiettivo di realizzare una piattaforma che consenta alla clientela che opera sui mercati internazionali di facilitare l’esecuzione di operazioni di trade finance (import ed export) in open account (ossia senza garanzia bancaria), rendendole più rapide, semplici e sicure”. La direttiva europea PSD2 potrebbe disintermediare banche e clienti. È una minaccia o una sfida avvincente? “Più che una minaccia deve essere vissuta come un’opportunità perché attraverso l’open banking sarà possibile prevedere servizi che permettono al cliente di ottenere la massima personalizzazione nei processi e nella user experience grazie all’integrazione tra i sistemi della banca e i clienti. Inoltre, sebbene l’introduzione della direttiva europea PSD2 chieda al sistema bancario uno sforzo importante, è vero anche che ci consente di avviare una riflessione più ampia per offrire prodotti e servizi sempre più rispondenti agli effettivi bisogno della gente. Dallo scorso novembre, infatti, come Direzione Global Transaction Banking della Divisione Corporate & Investment Banking guidata da Mauro Micillo abbiamo attivato il servizio Open Banking che offre nuovi servizi al cliente impresa quali l’informativa di conto, il bonifico istantaneo e la verifica dell’Iban. Inoltre, dal mese scorso, insieme ad altre banche italiane, abbiamo aderito alla soluzione CBI Globe, attraverso la quale le cosiddette parti terze della PSD2 potranno iniziare a sperimentare il mercato dei pagamenti digitali”.
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INTERVISTA
La rincorsa di Satispay. campione nazionale del Fintech Con il motto #doitsmart ha conquistato centinaia di migliaia di utenti di Danila Giancipoli
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copriamo Satispay, la piattaforma di mobile payment fondata nel 2013 in Italia, destinata a brillare di luce propria nel bel mezzo della rivoluzione fintech. Per capire il segreto della startup che sta tappezzando metro e strade, entrando nei telefoni di tutti - curiosi e scettici. Ne parliamo con Alberto Dalmasso, Ceo e co-founder di Satispay. Qual è stata la strategia vincente di Satispay come startup? “Separerei la domanda in due punti: da un lato la strategia di business in un settore in fortissima esplosione, dall’altro i fattori chiave nella gestione di una rapida crescita da start up a scale up. Abbiamo realizzato un modello capace di distinguersi, completamente indipendente dagli operatori e circuiti di pagamento tradizionali, basato su una tecnologia proprietaria. C’è stata poi l’esigenza di risolvere il problema che frena l’accettazione dei pagamenti elettronici, abbattendo le commissioni degli esercenti ed aprendo per loro un forte canale relazionale con i clienti. Il processo del pagamento, invece, è stato semplificato grazie ad un’interfaccia piacevole e intelligente. Come ripeto spesso: intuizioni, idee e persino strategie non bastano se non supportate dalla capacità di esecuzione. Così noi soci abbiamo rischiato i nostri primi soldi in una start up destinata a crescere, ci siamo licenziati dai precedenti lavori ed abbiamo così
convinto numerosi investitori. I valori su cui si fonda l’azienda sono stati trasferiti al nostro team, creando un metodo di lavoro che lascia spazio alla delega, al confronto, con priorità ben definite. Ecco, in Satispay - oggi scale up - si è creata l’alchimia perfetta tra una strategia di business di visione e una crescita aziendale armonica”. Come state contribuendo, alla luce di uno stile di vita "smart", alla digitalizzazione italiana? Quali sono per voi i limiti di applicazione tecnologica in Italia? “Ormai quasi 600.000 persone della community (esercenti e consumatori) aprono la nostra app per scegliere il bar convenzionato più vicino dove poter bere un caffè senza contanti; migliaia di negozi, grandi e piccoli, hanno visto entrare dalla loro porta un nuovo cliente portato da Satispay. Nell’ultimo anno, inoltre, abbiamo sviluppato numerosi servizi per migliorare la vita quotidiana, dai risparmi al bollo auto ai bollettini. Non vedo limiti allo sviluppo tecnologico in Italia: ci sono le capacità, ci sono le risorse finanziare, c’è la domanda”.
Cosa è cambiato, non solo in termini economici ma anche di diffusione, dopo gli investimenti esteri? “La forte crescita registrata in Italia, oggi l’unico mercato in cui è attivo il nostro servizio e che nel 2018 ci ha visto gestire oltre un terzo di tutti i pagamenti effettuati via smartphone nei negozi, è il frutto del lavoro fatto prima e non tanto dell’ingresso degli investitori esteri. La loro vicinanza è stata comunque molto preziosa per accrescere la nostra cultura e le nostre capacità di imprenditori, oltre che per prepararci adeguatamente all’ormai prossima internazionalizzazione. Di recente, preparandoci ai rischi Brexit per tempo e per tutelare così i nostri utenti da qualsiasi possibile disservizio, abbiamo ottenuto l’autorizzazione a operare come Istituto di Moneta Elettronica in Lussemburgo (prima la licenza era a Londra, ndr) e abbiamo avviato l’operatività per l’ingresso in altri mercati europei”. Come vedi Satispay tra dieci anni? “Il nostro obiettivo è diventare lo strumento di pagamento più usato in Europa…tra dieci anni saremo quindi molto più grandi!”.
TOP TEN
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Saranno famosi Le dieci (prossime) startup italiane fintech
di Greta Ubbiali
Chainside è una startup attiva nel settore delle criptovalute. Permette ai commercianti di accettare pagamenti in bitcoin sia sull’ecommerce sia nel proprio punto vendita attraverso un particolare pos. A mandare in pensione il vecchio assegno ci pensa Plick. Grazie al numero di cellulare o un'email il pagamento viene inviato al beneficiario che incasserà la somma di diritto inserendo il proprio Iban. Crowdfundme è una piattaforma di equity crwdfunding che fa incontrare pmi in cerca di fondi e investitori. È stato il primo portale a essere ammesso alle negoziazioni sul segmento Aim di Piazza Affari. Tasse e scadenze possono riservare sorprese non gradite. Nasce così Tassafacile, piattaforma di gestione che permette di accantonare automaticamente in un ewallet le cifre esatte da destinare al fisco. Anche OvalMoney funziona da salvadanaio digitale. Con il machine learning la app analizza comportamenti finanziari e stili di vita dell'utente e con i dati raccolti lo incoraggia a accumulare capitali. Per chi vuole investire, oltre che risparmiare, c'è Gimme5. La app consente di veicolare anche minimi importi, come cinque euro, in fondi comuni scelti in base al proprio profilo di rischio-rendimento. Growish punta a digitalizzare le collette di denaro tra amici. Dal 2011 a oggi ha raccolto finanziamenti per 950mila euro in due round di investimento, il primo da 500mila nel 2014 e 400mila nel 2017. Soisy è una piattaforma italiana di social lending. Attiva da quattro anni, prevede il finanziamento tra privati ed è specializzata in pagamenti rateali di prodotti e servizi su ecommerce e in negozio. Tra i circuiti di credito commerciale alternativi più sviluppati c'è Sardex, moneta complementare nata nel 2011 in Sardegna che si rivolge ad imprese che possono usarla tra loro come valuta di scambio. Axieme è il social delle assicurazioni. Riunisce i clienti in cerchie dentro cui ci si scambia informazioni su sinistri o polizze e in base ai comportamenti della propria cerchia si ottengono rimborsi.
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REPORTAGE
NO CASH ABBIAMO PROVATO A VIVERE UNA GIORNATA SENZA CONTANTI IN ITALIA. L’ESITO È ISTRUTTIVO
TORINO, ORE 8 EUGENIO GIANNETTA Svegliarsi, lavarsi, vestirsi, cambiare zaino e uscire, salvo scoprire che il portafoglio nello zaino non è quello di uso quotidiano, ma uno più vecchio, tenuto da parte per le situazioni di emergenza, ma senza contanti e con solo una carta di credito contactless di quelle ricaricabili al suo interno, utilizzata principalmente per effettuare pagamenti online. Vado a prelevare, ma lo sportello della banca è fuori uso per manutenzione, allora capisco immediatamente che la mattinata si potrà riassumere in due grosse condizioni: quello che potrò e che non potrò fare. Sì, perché la condanna del mattino è quella di essere fatto perlopiù di piccole spese, che rendono il pagamento con la carta spesso un problema. Faccio benzina senza complicazioni, ma alla seconda tappa della giornata, subito dopo aver fatto rifornimento, rinuncio ad acquistare un quotidiano e rinuncio mio malgrado al singolo caffè - non in uno, ma in due bar -, per poi al terzo optare per una colazione più sostanziosa, e poter pagare con il bancomat. Non ho problemi nella piccola libreria indipendente del quartiere, dove i due volumi ordinati sono finalmente disponibili, ma soprattutto dove è possibile pagare anche con Satispay. Non ho problemi nemmeno quando intorno a metà mattina decido di fare uno spuntino in panetteria e gentilmente mi viene concesso il pagamento con la carta. Decido poi di provare ancora a prendere un caffè, ma complice l'abitudinarietà di cliente, mi liquidano con un "portameli domani, non ti preoccupare".
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MILANO, ORE 11 PIETRO MECAROZZI C’è modo e modo di spezzare la mattinata a Milano. Non starò a elencare le schiscette dei colleghi milanesi, abitualmente dietetiche e poco licenziose. E non approfondire la questione idiomatica cornetto o brioche, significa salvaguardare la già esile unità del Paese. Oggi ho solo voglia di un buon espresso, degno di questo nome. Evado quindi dall’ufficio a metà mattinata, ma una volta al bancone mi rendo conto di aver lasciato le monete nella tasca della giacca, e la giacca appesa all’attaccapanni dell’ufficio. Fortunatamente ho con me la carta di credito e l’iPhone. Opto per l’ammissione di colpa, dopo aver preso il caffè, però. Chiedo di poter pagare con il contactless o con lo smartphone: il barista mi taglia con sufficienza, non devo essere il primo ad avanzare questa proposta. Mi spiega, con fare esperto, che le commissioni amputerebbero il suo margine di guadagno e che sotto un certo limite nel suo locale si paga in contanti. Milano è in lizza per essere incoronata capitale d’Europa e la metropoli commerciale, oltre a un trasporto pubblico ben collaudato in termini di e-cash, raramente alza barriere verso il pagamento elettronico. Ma resta il fatto che senza volerlo lascio il bar con una busta di patatine, una fetta di crostata, due bottigliette d’acqua, un panino con il crudo e qualche merendina sfusa. Prima di salire in ufficio con quello che involontariamente diventerà di lì a poco il mio pranzo, entro in un panificio dalla vetrina invitante. Ordino un pezzo di margherita e ingenuamente porgo la carta di credito alla signora che la guarda come si guarda un dollaro australiano per la prima volta. Non parliamo la stessa lingua e le opzioni a mia disposizione si esauriscono in un’improbabile fiducia cieca o in un aumento della posta in gioca. Morale della favola? Di fronte a un cartone di pizza mista e beni di conforto per un battaglione, mi chiedo se, in fondo, convenga veramente vivere cashless.
ROMA, ORE 14 LAURA BONAIUTI Un giorno senza contanti. Sfida accettata. La città più turistica per eccellenza, i commercianti con la sete delle banconote e in cerca di portafogli stranieri da sgonfiare, i prezzi che variano se vuoi la ricevuta o no, oppure se usi il bancomat o i contanti. Abito in un quartiere, tra San Giovanni e Re di Roma, in cui Via Appia Nuova è una riproduzione di via del Corso. Sono tornata tardi e non ho tempo di cucinare. Mi fermo da una pizza al taglio, già pregustando un pezzo di margherita fumante, quando mi viene detto: “No, qui solo contante, non abbiamo nemmeno il pos”. So che forse dovrei sedermi in un ristorante ma vorrei qualcosa da mangiare al volo. Altro negozio di street food, stessa risposta. Provo in una gelateria e stavolta almeno qualcosa cambia, vedo il pos accanto alla cassa. “Accettiamo il bancomat solo per una
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spesa superiore a 10 euro”. Mi guardo intorno con creatività in cerca di cose da comprare per arrivare alla cifra, ma poi desisto. Finalmente trovo una panineria. Posso pagare contactless. Ora avrei proprio bisogno di un caffè. Al terzo bar, dopo aver visto che nessuno ha il pos, faccio domande. “Non ci conviene per un euro, per le commissioni”. Niente da fare, devo salire in casa. Prendo la scatola del caffè e la moka in cucina. Seguo sempre tutte le indicazioni di nonna: fuoco lento, tanta polvere, mescolare ancora prima che sia pronto. Posso dire a mia nonna che, dopo ottant’anni, nonostante abbiamo internet, i droni e le basi spaziali, almeno il caffè si prende sempre allo stesso modo.
PALERMO, ORE 17
la nuova agenzia di Relazioni pubbliche e istituzionali la nuova agenzia di Relazioni Pubbliche e Istituzionali
MARCO BOVA Tanta fatica e percorsi quasi obbligati. Così un pomeriggio a Palermo può trasformarsi in un rimpianto a causa di quel prelievo al bancomat, rimandato e mai eseguito. Vivere la città senza denaro contante è dura. Per i momenti più curiosi e viscerali i pagamenti con le prepagate e le carte di credito sono completamente banditi. Ovviamente il centro storico, ormai quasi integralmente pedonalizzato, è a portata di carta prepagata. Le scelte però sono molto circoscritte. I taxi non sono forniti di sistemi di pagamento elettronici e soltanto recentemente alcuni hanno associato al loro smartphone dei lettori di pagamento portatili. Un gelato o i tipici “pezzi” di tavola calda (calzoni, cardinali, arancine e panelle) si possono pagare con le carte ma agli angoli delle strade è facile trovare bancarelle con il tradizionale sfincione o i panini con la milza fritta al momento, ovviamente soltanto in contanti. Per due pizze e due birre si paga anche con il contactless o con gli smartphone ma negli storici mercati rionali, carte e smartphone sono off limits. Da Ballarò alla Vucciria, senza contanti è meglio non andarci. Pub e griglie portatili aprono lo scenario dei luoghi più ammiccanti della città, dove tra una birra e un panino è possibile vivere l'essenza di Palermo. I mercatini del vintage, prodotti tipici e il pesce fresco, niente da fare: soltanto cash. Anche al tramonto, per una birra sul lungomare del Foro Italiano, tutto denaro alla mano. Per evitare un tramonto decisamente a bocca asciutta.
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E IL PALAZZO CHE FA? Le istituzioni si preparano all’ondata fintech
di Francesco Malfetano
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’Italia non è un Paese per il fintech. O quantomeno non lo è sulla carta. Al momento infatti, non esiste una legislazione dedicata che possa regolare e far crescere il settore. Vale a dire sviluppare definitivamente quel connubio tra servizi finanziari e le più avanzate tecnologie dell’informazione che, solo nel 2018, è stato utilizzato da circa 11 milioni di italiani. Un vuoto normativo che rende particolarmente difficoltoso muoversi sia agli attori affermati - come banche e grandi gruppi tecnologici - sia a chi prova a fare innovazione dal basso. “In passato molte società e startup nate in Italia - ha spiegato Giulio Centemero, deputato della Lega e membro della Commissione Finanze alla Camera dei Deputati - sono andate a Londra per crescere, come ad esempio Moneyfarm. In pratica in Italia la tecnologia va più veloce del nostro sistema di civil law”. Un ritardo netto soprattutto rispetto ad altri Paesi europei che secondo Vincenzo Aloe, Direttore Generale Credit Agricole Leasing Italia è facilmente spiegabile attraverso un’errata prospettiva iniziale: “Il fintech è stato visto come un concorrente per il settore bancario – ha commentato pochi giorni fa nel corso di un evento dedicato al tema – ma ora sappiamo che ne può diventare un partner offrendo le sue innovazioni tecnologiche agli operatori tradizionali”. Il superamento di questo tipo di paradigma ha dato nuovo impulso alla necessità di normalizzare e normare il settore. Un incarico che proprio Centemero ha deciso di prendersi, proponendo un disegno di legge o meglio una “regulatory sandbox per il fintech”. “Un recinto di sabbia” che allude agli spazi sicuri dedicati ai bambini nei parchi giochi. Una locuzione che è ormai stabilmente entrata nel gergo fintech per indicare uno spazio dove le startup possono sperimentare in sicurezza i loro prodotti per un periodo di tempo limitato e con un numero limitato di clienti, senza dover sottostare alle regole
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stringenti a cui sono sottoposti gli operatori tradizionali. Il disegno di legge 1673 (intitolato “Istituzione del Comitato interministeriale per l’economia digitale nel settore bancario, finanziario e amministrativo nonché disposizioni in materia di esercizio delle funzioni regolatorie) è stato presentato il 14 marzo 2019 e parrebbe ricalcare il testo dell’emendamento proposto a fine 2017 alla Legge di Bilancio sullo stesso tema da Sebastiano Barbanti, allora deputato Pd. La proposta - ancora non disponibile per intero - dovrebbe essere composta da soli 3 articoli. Il primo istituisce il Comitato interministeriale per l’economia digitale nel settore bancario e finanziario, che sarà presieduto dal presidente del Consiglio e composto dai ministri dell’Economia, dello Sviluppo economico, delle Politiche europee, degli Esteri e del Lavoro. Un folto gruppo governativo a cui si affiancheranno, senza però avere possibilità di votare, quindi solo come spettatori interessati: il governatore della Banca d’Italia, i presidenti della Consob, dell’Ivass, dell’A ntitrust, il garante della Privacy e il presidente dell’Agid. Il secondo articolo del ddl invece prevede l’adozione entro 180 giorni dall’entrata in vigore, di un regolamento per le imprese che hanno intenzione di operare nel fintech. Delle linee guida che da un lato stabiliscono alcuni requisiti per le aziende - per esempio per 36 mesi gli attori interessati dovranno presentare requisiti patrimoniali ridotti e adempimenti semplificati - dall’altro individuano obblighi informativi, forma societaria ammissibile, tempi per l’autorizzazione, profili di governo societario e di gestione dei rischi. L’ultima parte del ddl invece, stabilisce che Bankitalia e Consob, producano un’analisi sul settore finanziario, bancario e amministrativo con modalità innovative e tecnologiche. Una serie di provvedimenti e nuovi organi istituzionali che potrebbero, parafrasando Centemero, ammodernare il nostro sistema di civil law rendendo finalmente la Penisola adeguatamente accogliente per chi crede nel fintech.
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Proprietà immobiliari e criptovalute: compreremo casa online? UN SETTORE STRATEGICO INIZIA A CAPIRe IL SIGNIFICATO DELLA RIVOLUZIONE di Barbara Polidori
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asa dolce casa per il 73 per cento degli italiani, proprietario di almeno un immobile nel Belpaese. Investire nel mattone è una tradizione nostrana, ma le contrazioni del mercato immobiliare incidono sui vantaggi della compravendita online, soprattutto via criptovalute. Pregiudizi che concernono soprattutto i bitcoin, vista la loro volatilità economica e il rischio di bruciare gli investimenti sia dell’acquirente, sia del venditore. L’Italia, a dire il vero, si è affacciata da tempo alle transazioni con moneta virtuale: nel 2016 l’Agenzia delle Entrate ha di fatto riconosciuto i bitcoin come valuta straniera, rendendone possibile l’utilizzo in un atto notarile. La svolta è arrivata però solo due anni dopo, con l’acquisto del primo appartamento in bitcoin a Torino. La fluttuazione della valuta è stata aggirata in questo caso con un atto sui generis, con il prezzo dell’immobile in euro ma pagato nel corrispettivo bitcoin, mentre una parte residuale del prezzo, le imposte e la parcella del notaio sono state saldate in euro.
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Anche i gruppi immobiliari stanno accogliendo questa innovazione: ne è un esempio il Gruppo Barletta-Alchimia Investments, che nell’aprile 2017 permise di acquistare 123 appartamenti di un edificio riqualificato nel quartiere San Lorenzo a Roma. “Noi vendiamo in euro e il prezzo viene poi convertito in bitcoin sulla base del cambio, in maniera simile a quanto accade con le transazioni in dollari”, annunciò il gruppo. Comprare casa con le criptovalute, per quanta fiducia si abbia nella blockchain e nel progresso, comporta comunque dei rischi. Oltre all’inaffidibilità del bitcoin, cambiare le monete virtuali in una valuta tradizionale è piuttosto complesso in Italia, così come beneficiare di un finanziamento bancario, primo tra tutti il mutuo. Le criptovalute non fanno capo infatti a veri e propri istituti bancari, aumentando così il rischio di speculazioni finanziarie e la necessità di controlli anti-riciclaggio. L’approccio italiano colma le criticità con criptovalute immobiliari, come nel modello “Rent to buy” di Rocati, una startup italiana che permette di acquistare casa con dei token specifici, emessi solo nel momento in cui avviene una transazione immobiliare, così Comprare casa con da legarli solo agli immobili acquistati: la società acquista immobili le criptovalute, dai venditori e ne tramuta il valore in criptovaluta Rocati.
per quanta fiducia si abbia
Finanziare un progetto immobiliare online può avere anche dei nella blockchain e vantaggi però, come il decentramento, l’immediatezza e l’efficacia nel progresso, comporta con cui le criptovalute abbattono i costi d’intermediazione nella comunque dei rischi compravendita. Per questo motivo sempre più realtà supportano l’equity crowfunding, permettendo alle società di investire capitali nel proprio business immobiliare. “L’Italia è stato il primo paese nel mondo a creare una regolamentazione sul fenomeno dell’equity crowdfunding, ma l’ultima in termini di capitali raccolti”, afferma Giacomo Bertoldi, founder di Walliance, piattaforma di investimenti real estate: abbattendo le commissioni di accesso sulle operazioni, il sito permette di investire in progetti immobiliari e diventare soci delle società, sostenendo i rischi e i potenziali guadagni che ne derivano. Per comprendere il fenomeno criptovalute “bisogna guardare fuori dai confini, dove il mercato sta crescendo a doppia cifra mese su mese”, sostiene Bertoldi. Un mercato che vanta una capitalizzazione di 200 miliardi di dollari da impiegare nelle transazioni immobiliari. In Italia le criptovalute hanno ancora un peso marginale però, se non per fenomeni come quelli della Bitcoin Valley di Rovereto, col rischio che senza un ecosistema finanziario adeguato, l’innovazione sfumi prima del tempo.
IMPOSSIBLE EVERYDAY. che È quello che abbiamo sempre fatto e nde. continueremo a fare solo più in gra
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Saremo in grado di avere un customer care decente? Più della metà dei clienti delle nuove banche online preferisce l’assistenza via web a quella della filiale, in un rapporto con la finanza sempre più smarT e personalizzato
di Salvatore Tancovi
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’era una volta il vecchio contratto, un faldone da 30 e più pagine che offriva tutte le rassicurazioni del caso per l’apertura di un conto in banca. Rassicurazioni che, va detto, erano soprattutto per l’istituto di credito. I tempi sono cambiati e si sono evoluti in chiave smart, le azioni preliminari per l’apertura di un conto si sono ridotte a una manciata di clic e tutta l’esperienza che ruota intorno alla gestione del proprio denaro è diventata estremamente semplice. La miccia l’ha innescata la rivoluzione del fintech, nel momento esatto in cui il mondo della finanza ha incontrato quella della tecnologia il percorso era già segnato. Oggi l’offerta delle banche convenzionali insegue quella delle banche online, almeno in termini di semplificazione, e i primi a guadagnarci sono stati proprio i clienti. Nell’epoca delle app la personalizzazione del prodotto è divenuta un requisito chiave: dal marketing customizzato alla fruizione individualizzata, l’offerta deve avere un taglio sartoriale basato sulle misure del pubblico a cui è rivolto. Le banche hanno dovuto fare propria questa lezione e adeguarsi al tempo. Le ricerche di settore sottolineano questo aspetto come una delle chiavi del successo del modello fintech. Già due anni fa il Digital Banking Report segnalava la presa di coscienza: l’84 per cento degli intervistati, professionisti in servizi finanziari, riteneva di vitale importanza conoscere il cliente, ma ammetteva di non aver ancora adottato una strategia adatta a questa esigenza. Un dato da incrociare con quello del report più recente dove si afferma che meno di un terzo delle persone intervistate ritiene che le banche conoscano bene le proprie necessità finanziarie.
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In questa distanza il fintech ha operato la sua rivoluzione copernicana creando un modello customer first dove le preferenze e le abitudini del pubblico vengono addirittura anticipate. Basti pensare ai blog di queste aziende costruiti per rispondere alle domande più ricorrenti su Google: dove aprire un conto sicuro, come risparmiare dei soldi, prelevare all’estero gratis. Domande che non trovano risposta solo nei contenuti brandizzati, ma soprattutto nel funzionamento delle app. Accade così che insieme alla burocrazia anche il call center diventi un ricordo, al tempo delle app non è concesso far attendere un cliente al suono ripetuto di un jingle. Secondo il più recente sondaggio di Kpmg sul digital banking il canale di assistenza preferito per oltre la metà degli intervistati è il web (56 per cento) seguito dalla filiale (32 per cento). Quest’ultima continua a detenere lo scettro dell’affidabilità soprattutto riguardo quelle operazioni ritenute “delicate” come, ad esempio, la richiesta di un prestito. È curioso che il 58 per cento degli intervistati, cliente di banca tradizionale, gradirebbe la presenza di una filiale sul territorio per convincersi al passaggio definitivo verso una realtà digitale. Questa ibridazione algoritmo-uomo si è dimostrata particolarmente efficace nell’ambito della robo-advisory, ovvero la consulenza finanziaria gestita tramite un sistema automatizzato. In pratica il risparmiatore inserisce i propri dati delle linee guide alla macchina che deciderà come gestire il portafogli d’investimento. Il robo-advisor fa il grosso del lavoro ma è il tocco del consulente esperto, in questo caso, a dare quel senso di personalizzazione e cura del dettaglio che rassicura il cliente. Il tutto a costi decisamente più ridotti, per entrambe le parti, rispetto alla consulenza classica.
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Non è un gioco I V-Bucks, la moneta virtuale che ha decretato il successo di Fortnite
di Vittoria Patanè
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IL VERDE GRAFICA NAPPA CAMBIA IL CONCETTO DI TIPOGRAFIA: PIÙ TECNOLOGIA, PIÙ INNOVAZIONE.
E SOPRATTUTTO PIÙ ATTENZIONE ALL’AMBIENTE. Energia da pannelli solari, macchinari a impatto zero, inchiostri e carte ecocompatibili: queste sono le basi della nostra rivoluzione. Perché stiamo inaugurando una nuova dimensione tipografica: stampe speciali, cartotecnica d’avanguardia, packaging innovativo, nuovi sistemi di etichettatura come le In Mould Label. Tenendo sempre presente che il pianeta chiede responsabilità. E che i clienti chiedono servizi e prodotti diversi e innovativi.
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ado a shopparmi una skin, altrimenti tutti pensano che sia un nabbo”. “Sto fightando con un camperone e non riesco a pusharlo”. No, nemmeno Google Translate vi aiuterà a decriptare questo linguaggio a metà tra un “manager imbruttito” e una persona a cui Umberto Eco avrebbe dato volentieri due sberle. Il problema però è che in questo caso potreste essere voi dalla parte sbagliata della barricata, quella delle persone “antiche” o peggio ancora dei “looser”. Se non capite il significato di quelle frasi vuol dire che non sapete nulla del fenomeno sociale, finanziario e tecnologico del momento: Fortnite. Non solo, ancor più grave, vi sono estranei i videogiochi e potreste perdervi la novità che presto farà impallidire pure il re dei Battle Royale: gli eSport, un mondo popolato da 453 milioni di utenti, con un giro d’affari che nel 2019 sfonderà il miliardo di dollari e che nel 2022 secondo le stime supererà i 3 miliardi. Partiamo da Fortnite. I numeri sono impressionanti. La Epic Games, l’azienda che ha sviluppato il gioco, vale 15 miliardi di dollari (825 milioni nel 2012). Nel 2018 ha registrato 3 miliardi di utili, gran parte dei quali derivanti da Fortnite, uno sparatutto che ha conquistato 250 milioni di giocatori, rivoluzionando il mondo dei videogiochi. E pensare che nei mesi successivi al lancio, Fortnite fu un flop talmente grande da spingere gli sviluppatori a modificarne i meccanismi. Qui nasce la sua fortuna. Diventa un
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gioco con due modalità distinte: “Salva il mondo”, a pagamento, e “Battaglia reale”, gratuito. Quest’ultima decreta il suo successo planetario. A Fortnite si può giocare gratis, ma c’è un “ma”. Per progredire velocemente si devono acquistare Pass Battaglia o Bundle Battaglia. Non è questa però la sola chiave. Gli sviluppatori puntano sull’estetica, sul “personaggio” e inventano un Negozio Oggetti dove shoppare (comprare, pardon) costumi, armi ed Emote, cioè balletti che gli avatar eseguono in caso di vittoria. L’idea conquista tutti e su Fortnite si riversano miliardi. Fare un acquisto è facile grazie al fintech. Si usano i V-Bucks, monete virtuali. Ci sono solo due modi di ottenere questa valuta che per gli adolescenti di tutto il mondo ha sostituito il dollaro (quello vero) come bene rifugio. Il primo è giocare a più non posso a Fortnite. Il secondo è quello di comprarli con soldi veri nello Store del gioco, tramite PlayStation Network, Microsoft Store, Android, iOS, ecc. Praticamente ovunque. Apple dà anche la possibilità di regalarli. Con la sua moneta virtuale, Fortnite ha fatto il
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salto di qualità che gli mancava per spopolare nel mondo. Ma i record di Fortnite potrebbero essere presto battuti da un fenomeno parallelo, quello degli eSport, che si stanno trasformando in un’occasione di investimento per aziende e sportivi che decidono di continuare la loro carriera nel mondo virtuale. Qualche esempio? Fernando Alonso, pilota di Formula 1, ha lanciato una squadra FA Racing che parteciperà a tornei come iRacing e Gran Turismo. Per farlo ha ingaggiato Jamie Chadwick, prima donna a vincere la British GT Championship, che da un’auto vera si sposterà al volante di una virtuale. Anche in Italia qualcosa si muove. A breve partirà la Totti Championship, grazie ad un accordo tra l’ex capitano della Roma e Virtual Pro League. Sarà un torneo di FIFA 19 e i vincitori scenderanno in campo (quello reale) in una partita contro lo stesso Totti. Perché tanto fervore per dei videogiochi? Perché investire nel mondo virtuale fa fare soldi. Veri.
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LO STORYTELLING DEL FINTECH La nuova finanza secondo il cinema e le serie tv
di Giulia Lucchini
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BANKING ON BITCOIN (2016)
Prodotto da Netflix, è forse il documentario più conosciuto in Italia che tratta quest’argomento. Attraverso le interviste ad appassionati e a esperti vengono raccontate le origini del Bitcoin, il suo futuro e la tecnologia su cui si basa. Diretto da Christopher Cannucciari vi sono anche diverse interviste tra cui quella ai gemelli Winklevoss (legati anche alla nascita di Facebook).
START UP (2016)
Questa invece è una serie tv e il protagonista è un piccolo malvivente che vuole uscire dalla sua condizione di povertà per cui ha investito denaro sporco in un software rivoluzionario per una moneta digitale (GenCoin), indipendente da istituzioni e multinazionali e creato da una geniale informatica. I protagonisti sognano di poter dare una possibilità a tutte le persone che hanno necessità di credito a interessi bassissimi e aiutarli a cambiare la loro vita.
LIFE ON BITCOIN (2014) CRYPTO (2019)
Il titolo del film è piuttosto esplicito e le vere protagoniste saranno le criptovalute. Un agente dell’Fbi (Beau Knapp), la cui famiglia fatica ad arrivare a fine mese, indaga sul riciclaggio di denaro sporco e su un’intricata rete di frode. Nel corso dell’indagine scoprirà una serie di contabili corrotti e di ingenui fan delle criptovalute e si troverà invischiato nella pericolosa criminalità imbattendosi nella figura misteriosa di Alexis Bledel (Rory Gilmore in “Una mamma per amica” e poi fra i protagonisti di “Sin City”). Un mercante d’arte, fanatico delle criptovalute, diventato un investigatore informatico corrotto che lavora per clienti senza scrupoli. Il film, diretto da John Stalberg Jr, già autore di grido e regista affermato al Sundance Festival, è stato girato a New York e uscirà nelle sale nel 2019.
È un documentario che è stato girato quando le criptovalute erano ancora un fenomeno di nicchia. Protagonista del film è una coppia americana sposata da poco e fresca della luna di miele, che decide di vivere per cento giorni utilizzando esclusivamente Bitcoin per gli acquisti della loro quotidianità. L’obiettivo dell’opera è dimostrare che le criptovalute possono essere utilizzate nella vita di tutti i giorni come moneta digitale e sfatare il luogo comune che siano utilizzate solo per la speculazione.
I AM SATOSHI (2014)
Opera con taglio investigativo creata per indagare e divulgare il mondo delle criptovalute. Diretto dal regista Tomer Kantor, il film ha ottenuto una positiva accoglienza da parte della critica.
TRUST MACHINE: LA STORIA DELLA BLOCKCHAIN (2018)
Il film esplora l’evoluzione della tecnologia blockchain. Diretto dal pluripremiato regista e documentarista Alex Winter questo doc racconta di uno scienziato informatico accusato di aver rubato dati dal governo degli Stati Uniti, compresa l’agenzia per la difesa missilistica. Il regista ha deciso di realizzare questo film perché era affascinato dal potere che la tecnologia blockchain detiene in vari servizi e applicazioni industriali. Si parla anche del ruolo cruciale che la blockchain svolge nella risoluzione di problemi del mondo reale come la crisi dei rifugiati e la fame.
DOPE (2015)
Narra la storia di un gruppo di ragazzini che trova della droga e decide di rivenderla sul Dark Web per ottenere in cambio dei Bitcoin. Quest’opera descrive il lato oscuro delle criptovalute, cioè il loro utilizzo per attività illegali. Recentemente è diventato disponibile su Netflix.
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R ACCONTO
Il mondo prima del fintech Breve storia delle monete e delle banconote
di Roberto Moliterni
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l sogno tecnologico di questo tempo è la sparizione della materia: file al posto di libri e dischi, siti invece di negozi. La materia occupa spazio e richiede tempo - e quindi denaro - per essere trasportata. Anche il denaro, inteso come monete e banconote, sta sparendo: è quello a cui la fintech porterà a breve. Usiamo monete e banconote per fare economia da 2700 anni e attorno a questo modo di fare economia si è costruito anche un modo di fare società e politica: la loro sparizione è molto più di una rivoluzione pratica. Racconta, appunto, un cambiamento sociale e politico che non ha precedenti. Ci sono alcuni momenti della storia dell'economia monetale che vale la pena ripercorrere per leggere questo cambiamento odierno. Il momento in cui le monete appaiono per la prima volta nella storia dell’umanità è il VII secolo a. C., vengono ritrovate in un tempio di Artemide ad Efeso. Fino ad allora gli scambi avvenivano in beni e tra questi i metalli; i più preziosi l’oro e l’argento, dati a peso. Queste monete erano di elettro, una lega di oro e argento. La differenza fra l’uso di queste monete in elettro invece dei lingotti è che queste monete hanno, per la prima volta, un valore virtuale: dentro c’è una quantità di oro che è solo simbolica rispetto a quella che sarebbe dovuta. A stabilire questo valore, e a garantirlo, è un potere, quello dei re lidi che le emisero per pagare i mercenari, ci dicono
le cronache del tempo. Su alcune di esse c’è infatti il simbolo di un leone, tipico della regalità. In questa, così come nelle circostanze successive in cui verranno usate - sempre di più - le monete per gli scambi, il loro valore è, o sarà stabilito, dal prestigio - dalla quantità di potere - di chi le emette. Le monete di Lipari, per un periodo, valevano quanto il loro peso: praticamente dei sassi. Questo per equilibrare lo scarso potere politico della città. Era già successo, prima dell'uso delle monete, nel sistema del dono il quale è stato poi alla
R ACCONTO
base dell'economia monetale, che degli oggetti acquisissero valore in base a chi li deteneva. Nella Nuova Guinea era rito che si andasse in giro con barche a portare collane e bracciali in dono, che non avevano alcun valore commerciale o pratico. Succedeva però che, a seconda di quale gruppo o individuo avesse posseduto quelle collane o bracciali, aumentava o diminuiva il valore. Il rito del dono prevedeva che ci fosse qualcuno che lo portava e qualcun altro che lo accettava ed era “obbligato” - di qui obbligazioni - a ricambiare: non si poteva ricambiare una collana che era appartenuta a un certo tizio con molto prestigio con una che apparteneva invece a uno che di prestigio ne aveva poco. In qualche modo le monete e, più tardi, le banconote (un ulteriore passo verso la virtualizzazione del denaro, perché non è più necessario riferirsi ai metalli per confermarne il valore) è come se raccontassero in ogni epoca di chi era il potere e quanto, in base al loro valore, questo potere pesasse. Questo sistema ce lo siamo portati fino al '900: pochi mesi dopo il passaggio dalla monarchia alla repubblica in Italia furono coniate nuove monete: sparisce il re Vittorio Emanuele III, sul dritto appare un anonimo agricoltore che ara i campi. È come se quelle monete volessero dire: non sarà più il re a garantire la validità di queste monete ma saremo noi tutti - persino tu, contadino che ari i campi. E ancora, in giorni recentissimi, il passaggio all'euro: l'identità nazionale è relegata a uno solo dei lati delle monete dove ogni paese membro può personalizzarle con simboli locali. Il potere dell'Europa prevale su quello dei singoli stati. La smaterializzazione del denaro, la scomparsa di banconote e monete a cui assistiamo invece oggi con la fintech racconta perciò un fatto importantissimo: la smaterializzazione del potere. Il potere, economico e quindi politico, che ci governa si è fatto invisibile, abita in un altrove lontanissimo, che non è più locale ma globale, e che vagamente possiamo identificare con i grandi gruppi finanziari o con i colossi dell'informatica. La distanza fra noi e questi poteri senza effige la riscontriamo anche nella pratica quotidiana quando abbiamo qualche problema e vogliamo protestare: una fitta rete di call center, faq, chat bot fa da scudo fra noi e il potere invisibile. Era il 29 aprile 1993 quando crollò la prima Repubblica: il giorno dopo il famoso discorso in parlamento, Bettino Craxi, davanti all'Hotel Raphaël, fu sommerso, in segno di protesta, da un pioggia di monetine.
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La storia del Post-it, oggetto immortale nato per sbaglio
ROMANZO VINCITORE DEL PREMIO LETTERARIO
Come un ricercatore fallito ha trasformato la sua più grande crisi in un successo planetario senza tempo
ORGANIZZATO DA
di Gian Luca Atzori
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escritto come “la soluzione ad un problema di cui nessuno era a conoscenza” e in parte metafora dei nostri tempi. La colla del Post-it fu scoperta nel 1968 da Spencer SIlver, ricercatore della 3M, la stessa azienda del marchio Scotch. Silver voleva realizzare l'adesivo più potente al mondo, capace di essere impiegato in campo ingegneristico e aeronautico. Tuttavia, l'esperimento si rivelò un fallimento, a tal punto che diede vita a un collante così debole da non riuscire a tenere insieme neanche dei fogli di cartoncino.
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Per anni Silver fu afflitto dal fallimento e si domandò come potesse impiegare la sua scoperta. Fu solo nel 1974, che si ebbe la svolta. Un suo collega, Art Fry, cantava nel coro della chiesa e riscontrava spesso un problema: smarriva le note all’interno del libro dei canti. Quattro anni dopo il Post It veniva rilasciato nel mercato. Quarant’anni dopo è diffuso in oltre 150 paesi e utilizzato da milioni di persone in tutti i tipi di lavori. Ad oggi, ogni anno si stimano 50 miliardi di post it prodotti e un miliardo di dollari in vendite. La storia del post-it è una storia di resilienza, ovvero dimostra come sia possibile trasformare un fallimento in un successo, una crisi in un’opportunità. Al tempo stesso parla di serendipità, ovvero della capacità di scoprire cose nuove nel mentre che si cerca tutt'altro. La stessa caratteristica che si dice portò Isaac Newton a teorizzare la legge della gravità da una mela che gli cadde in testa, mentre leggeva all'ombra di un albero.
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10 cose che non sapevi Anche il famoso color evidenziatore dei post-it nacque accidentalmente, dato che le prime prove furono fatte su dei fogli gialli trovati per caso nei laboratori.
Nel 1978 la 3M lanciò il prodotto con il nome di “Press 'n Peel” in sole 4 città. Il successo fu garantito da una strategia di marketing, la “Boise Blitz”, che offriva campioni gratuiti agli impiegati.
Il 6 Aprile 1980, dopo aver sperimentato in 11 stati americani, venne rilasciato il Post-it® Notes. Un successo planetario che portò ad oltre $2 milioni di vendite nel solo primo anno.
La colla del post it si compone di microsfere che si rompono con una leggera pressione rilasciando la sostanza adesiva. Il riutilizzo deriva dal fatto che le sfere si rompono poco per volta.
I Post it hanno creato un nuovo modo di organizzare, attraverso i colori, le principali attività di studio e lavoro.
I post it si trovano di 27 dimensioni, 57 colori e 20 fragranze.
L’architetto giapponese Yo Shimada ha utilizzato 30mila post-it per realizzare una scultura 3d.
Il post it è entrato a pieno titolo nella cultura pop. Nel 2006, in un episodio di Sex and the City, Carrie Bradshaw viene scaricata dal ragazzo via post-it. Mentre nel 2009, in Grey’s Anatomy, Meredith e Derek scrivono i propri voti nuziali su dei post-it.
Nonostante l’avvento del digitale il fatturato dei Post it 3m è in continua crescita. E’ sempre presente in forma cartacea ma è sbarcato anche in formato digitale su pc, tablet e smartphone.
Nel 2016, l’inventore Alan Amron fece causa alla 3M per 400 milioni di dollari, affermando, come anche già fatto nel 1990, di aver inventato il post-it nel 1973 sotto il nome di “press-on-memo”, ispirato dall’attaccare note sul frigorifero con i chewing-gum.
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BANCA TECH. LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA NEL CREDITO VISTA DAI VERTICI DEL SISTEMA BANCARIO (Annalisa Caccavale – Stefano Righi; Guerini e associati, 176 pp, 18€) Ora che i soldi passano da una mano all'altra e i tassi dei prestiti sono vicini allo zero, come possono le banche sopravvivere? Annalisa Caccavale e Stefano Righi lo hanno chiesto a undici personalità che siedono ai vertici del sistema creditizio. Un settore che, con l'avvento del Fintech, comunque vada subirà una mutazione genetica.
Letture per capire l'economia di oggi
di Roberto Rotunno
“Possiamo decidere di chiudere gli occhi, come fanno molti, ma l'innovazione non chiede il permesso”. Questa frase sembra il manifesto dell'attività sindacale e politica di Marco Bentivogli, che dal 2014 è il segretario dei metalmeccanici della Cisl. Non è l'unico tra i suoi colleghi a prestare molta attenzione all'impatto che la tecnologia sta avendo e avrà sul mondo del lavoro, ma è certamente quello che più di tutti insiste affinché la si colga come un'opportunità e non la si viva come un pericolo. Non è quindi un caso che con quelle parole inizi l'introduzione del suo ultimo libro: Contrordine compagni – Manuale di resistenza alla tecnofobia per la riscossa del lavoro e dell'Italia (Rizzoli, 2019). Ma chi sono i tecnofobici? Quelli che si rifugiano nelle “visioni catastrofiste” che nonostante tutto restano “le più rassicuranti”. Quelli che seguono l'approccio “passivo, individualista e pessimista, che comporta l'essere travolti, guidati, sostituiti”. Questo saggio si inserisce in un dibattito con una precisa scelta di campo: stare dalla parte di chi non vuole cedere alla paura che l'attività umana possa essere rimpiazzata da quella delle macchine. Anche perché la trasformazione sarà più che una semplice robotizzazione. Il timore però è diffuso, quindi come si resiste? La formazione, sia scolastica sia in ambiente di lavoro,
è una via, ma non l'unica. Occorre il sindacato “smart” e una programmazione politica e sociale che veda protagoniste le forze progressiste. Queste avranno il compito di fornire l'alternativa alle risposte che, su questi temi, stanno dando i populisti.
THE AGE OF SURVEILLANCE CAPITALISM: THE FIGHT FOR A HUMAN FUTURE AT THE NEW FRONTIER OF POWER (Shoshana Zuboff; Profile Books, 705 pp, 24,28$) “Gli anni del capitalismo della sorveglianza” è l'espressione che Shoshana Zuboff usa per descrivere il momento storico che viviamo. L'ordine economico minaccia l'agire delle persone e nemmeno le leggi sulla privacy o contro le concentrazioni di potere riescono a limitarlo. L'autrice e studiosa statunitense dedica le sue ricerche agli effetti sui comportamenti umani della rivoluzione digitale.
VERSO LA SECESSIONE DEI RICCHI? AUTONOMIE REGIONALI E UNITÀ NAZIONALE (Gianfranco Viesti; Editori Laterza, 53 pp, scaricabile gratuitamente) Che succede se a regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna concediamo la maggiore autonomia che richiedono? Il decentramento favorirà la convergenza tra diversi territori. Per Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata all'Università di Bari, l'autonomia differenziata sarà una “secessione dei ricchi”: porterà più risorse nelle aree benestanti del Paese a scapito di quelle più povere.
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Come ti comporti con i dipendenti che non sono d'accordo con te?
L'AGENDa del ceo
Amo la capacità della nostra azienda di promuovere il dialogo con tutte le nostre persone, a cominciare da chi lavora con me. Rispetto molto i diversi punti di vista ma nel ruolo che ho ad un certo punto bisogna decidere: questo è uno dei tratti distintivi del lavoro di un team manageriale. A volte si rimane un po’ soli ma fa parte del ruolo. In che modo “alleni” il carattere per il tuo ruolo?
INTERVISTA AD AGOSTINO SANTONI, CEO CISCO ITALY "Il contatto con le persone" di Barbara Gasperini
Ci sono tre aspetti che ritengo straordinariamente positivi per il mio sviluppo. Il primo è la curiosità che mi permette di imparare tanto vivendo le esperienze: dal dialogo con una startup ad una giornata-evento, dalle riunioni con i nostri talenti ad una conversazione con le istituzioni. E’ la curiosità che mi consente di approfondire temi e relazioni. Il secondo aspetto è dedicare tempo di qualità a se stessi inteso come tempo per raggiungere il benessere fisico che considero uno strumento di competitività. E il terzo è dedicare tempo di qualità al pensiero identificando alcuni momenti di libertà per riflettere su come costruire il prossimo piano, il rapporto con le persone o, nel mio caso specifico, la digitalizzazione del Paese. Come affronti il fallimento degli obiettivi aziendali?
A che ora inizia la tua giornata di lavoro? Prevalentemente molto presto: tra le sei e le sei e trenta. Penso che l’inizio della mattinata sia un momento magico che, secondo le mia attività, si traduce in tre possibili scenari. Per prima cosa, gli aerei e i treni si prendono presto. Inoltre, l’inizio della mattinata è un’occasione di grandissima qualità professionale per fare il punto della situazione. Ho imparato anche a sfruttare questi momenti per mantenermi in forma quindi amo utilizzare una parte di questo tempo per correre o per nuotare. Quanto lavori con lo smartphone e quanto con altri dispositivi? Io amo lo smartphone! Sono prossimo al cento per cento di utilizzo come sistema di connessione a 360 gradi: call, condivisione dati e anche per le mie attività social. L’altro strumento che mi consente di essere estremamente agile è la telepresenza ossia video ad alta definizione. E’ una tecnologia implementata da Cisco per abilitare lo smart working tra colleghi, con clienti e partner e che, avvicinando le persone, ne facilita la produttività. Piena espressione della nostra mission. Qual è il tuo stile di gestione? Per prima cosa conta saper costruire visione e strategia cioè come sviluppare le attività all’interno di un’organizzazione e, insieme al proprio team, nel mercato di riferimento. L’empatia è il secondo aspetto fondamentale e anche un po’ la mia cifra. Noi siamo per il quarto anno di fila nella classifica “Great Place To Work” e l’idea di lavorare sull’empatia e creare un posto di lavoro che evochi i concetti di “bello e benessere” è un’azione connessa al mio ideale di leadership. La terza caratteristica è l’inclusione. Tramite queste tre frequenze si genera energia all’interno di un’organizzazione che rende i progetti di business, e non solo, davvero unici.
I momenti più difficili e i fallimenti sono le occasioni in cui si impara di più. Nessuno si augura di avere dei fallimenti ovviamente, ma ho imparato a guardare ai momenti critici con ottimismo pensando che si può apprendere una maggiore capacità di fronteggiare il problema quando si presenterà di nuovo. Una delle caratteristiche del leader manageriale che ho in mente è proprio saper riconoscere e capire velocemente una situazione critica, accettare il fallimento o il momento di debolezza e guardarlo con uno spirito costruttivo per prevenire errori futuri. Qual è la parte più difficile del tuo lavoro? Le persone e l’inclusività. Trovare energia, motivazione e resilienza nell’organizzazione aziendale. Avere una visione di insieme. Il mio modello di leader è colui che ha la capacità di saper gestire le persone e di raggiungere i propri obiettivi attraverso il coinvolgimento e l’inclusività delle stesse. Un consiglio chiave per una buona gestione? Consiglio di avere resilienza e curiosità. La prima perché bisogna lavorare sempre tanto e la curiosità perché è necessario continuare ad investire sulle competenze, sulla formazione, sulla generazione di nuove relazioni, sulla comprensione di nuovi modelli di business, sulla rielaborazione dei processi di impresa e perché bisogna saper guardare i risultati con occhi diversi. Si dovrebbe sempre essere centrati nell’innovazione che sta avvenendo e andarla a scoprire. Se avessi la bacchetta magica, cosa cambieresti subito nella tua realtà aziendale? Vorrei vedere la mia azienda, un’azienda globale, essere ancora più agile e veloce come una startup.
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IL LAVORO DEL FUTURO SCOPRIAMO UNA PROFESSIONE CHE DIVENTERÁ NORMALE TRA POCHI ANNI
di Sofia Gorgoni
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a blockchain è una tecnologia trasversale come internet. Viene spesso associata alle criptovalute eppure dal mondo bancario a quello delle assicurazioni fino alla sanità, per motivi di velocità, costi più bassi e sicurezza dei dati, la blockchain cresce. Questa particolare tecnologia di registro distribuito, strutturato come una catena di blocchi è in grado di registrare scambi e informazioni in modo sicuro e permanente. Alcune stime prevedono che già da quest’anno la figura dello sviluppatore e del consulente Blockchain saranno il primo e il secondo ruolo più richiesto nel mondo del lavoro. “È un’affermazione forte - spiega Gianluca Comandini, esperto e membro della Task Force del Ministero dello Sviluppo Economico su Blockchain - penso che altri due anni di assestamento ci vogliano”.
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Ci sono due tipi di professioni nella blockchain: il programmatore puro che si occupa della parte tecnica e il consulente che ha un ruolo più manageriale. Se quest’ultimo può spiegare alle aziende come la blockchain può migliorare i loro processi, il programmatore può metterla in pratica. I tecnici sono i più richiesti e strapagati, perché fanno ancora parte della prima generazione, così definita, che ha conosciuto questa tecnologia prima del 2013: “siamo davvero pochi – spiega Comandini – chi ha intercettato le criptovalute a pochi euro, oggi è milionario e non ha bisogno di lavoro. I programmatori di seconda generazione, invece, hanno iniziato a studiarla nel 2016 e iniziano ad essere preparati oggi, ma spesso cercano di sfruttare questa loro anticipazione sul mercato per progetti imprenditoriali propri. Chi decide di lavorare per qualcun altro prende stipendi da capogiro”. I consulenti vivono il problema opposto: “Chi non ha competenze tecniche, spesso si improvvisa consulente Blockchain”. Il mercato del lavoro cambierà, ma bisognerà vedere chi avrà le competenze per rimanere all’interno.
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domande COME SI DIVENTA ESPERTO BLOCKCHAIN? Non c’è ancora una linea chiara che possa definire la competenza. Nelle università iniziano a nascere i primi corsi riconosciuti, fino a oggi si diventava consulente o programmatore da autodidatta, spesso studiando su libri americani.
QUANTI ESPERTI DI BLOCKCHAIN CI SONO OGGI? L’80 per cento di richiesta è sui programmatori e il 20 per cento sui consulenti. I programmatori esperti oggi sono pochi e hanno stipendi da 150/200 mila dollari l’anno negli Stati Uniti. A Londra arrivano fino a 90 mila dollari all’anno.
QUANTI POSTI DI LAVORO CREERÀ LA BLOCKCHAIN? L’Italia ha ancora numeri ridotti, ma i tassi di crescita della tecnologia rispecchiano i trend mondiali ed europei, passando dai 16 milioni di euro del 2017 ai 92 milioni previsti nel 2020 (secondo un report di Cefriel e Ibm Italia). Il settore finanziario fa da traino, con investimenti che nel 2018 hanno toccato i 2,85 miliardi di dollari con una crescita annua del 316 per cento e che nel 2022 potrebbe arrivare a 12,4 miliardi, con l’Europa che dovrebbe superare i 3 miliardi. “IBM, in una recente conferenza a Milano ha annunciato di avere 5mila posti di lavoro in ambito Blockchain – racconta Comandini – sembra un numero folle, ma anche Barilla che sembra lontana dal settore sta aprendo fondi da 40/50 milioni di euro e uffici da 100/200 posti di lavoro. È settore esponenziale e tutti accelerano”.
L'economia raccontata dagli under 35.
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