FIDAart N.10 2015 Luca Coser

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PERIODICO della FIDAart N.10 - Ottobre ANNO 2015

FIDAart


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FIDAart sommario

Ottobre 2015, Anno 4 - N.10

Editoriale

Quiz d’autunno

pag. 4

Politiche culturali

4° Biennale FIDA-Trento

pag. 5

Intervista ad un artista

Luca Coser

Mercato dell’arte?

Keith Haring

pag. 20-21

Mond-Tone

La geometria dello spirito

pag. 22-23

Storia dell’arte

La Rossa in Vaticano

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo KEITH HARING

Untitled (September 14), 1986

pag. 28-29

KEITH HARING

Untitiled (Dancing Dogs), 1981

pag. 30

KEITH HARING

Untitled, 1988

pag. 31

La lunga marcia verso il sol dell’Avvenire

pag. 32

Omaggio a KEITH HARING

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

In copertina: Luca Coser, Untitled, 2009, tecnica mista su carta su legno, 40x40 cm


EDITORIALE

POLITICHE CULTURALI

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IL QUIZ D’AUTUNNO: VERA O FALSA? Visto il successo di pubblico riscosso dal primo Quiz Estivo, apprezzato dal colto e dall’inclito, può risultare stimolante proporre anche delle opere meno conosciute in modo da rendere l’individuazione degli autori più complicata. I lettori più preparati e competenti possono mettersi alla prova cercando di individuare, sulla base di un’analisi stilistica e comparativa, anche il nome dell’autore, oppure limitarsi affidarsi alla sola intuizione, l’ultima spiaggia quando ci si trova di fronte a delle opere particolarmente ostiche. Sicuramente l’arte contemporanea non fornisce grandi certezze per orientarsi al suo interno, spesso più simile a un labirinto, a un negozio da rigattiere o alla fiera delle vanità. Distinguere l’alto dal basso, il buono dal cattivo, il bello dal brutto, non è facile per i non addetti ai lavori e - molto spesso - anche per questi ultimi. Come avvicinarsi, dunque, all’arte d’oggi, come dotarsi in tempi brevi di quella capacità di discernimento evitando di dover compulsare grossi tomi critici o frequentare quotidianamente musei, gallerie e aste? Un sistema empirico è quello di mettersi alla prova di fronte a dei casi reali, a delle opere che riassumano le problematiche che attraversano il dibattito artistico contemporaneo. Insomma, per distinguere le “vere” opere d’arte da quelle “false”, osservare con attenzione gli oggetti proposti nel quiz e, lasciandosi condurre solo dalla propria sensibilità estetica, cercare intuire il backgroud che si nasconde dietro ognuno.

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Sono tutte opere “false” di creatori ignoti: 1. bandiera antica Wyoming; 2. scafandro palombaro; 3. pillole 3D; 4. insegna bar; 5. maschera; 6. cavatappi; 7. papillon; 8. intonaco gonfiato; 9. quadrato magico; 10. mazzetta feltro; 11. lampade stradali; 12. forma per guanti 4

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Intervista a LUCA COSER Nel corso dell’intervista, Luca Coser si definisce “artista molto mentale”. Questa è una delle chiavi di lettura per tentare di comprendere quelle caratteristiche che rendono il suo linguaggio artistico del tutto particolare. L’altra chiave è l’immediata impressione di omogeneità e coerenza che si percepisce di fronte al corpus delle sue opere: tutto si tiene come in una sorta di complicato diario disegnato in cui si svolge senza soluzione di continuità una narrazione che parla del suo mondo fantasmatico. Un mondo che, come si comprende dalle figure sfumate o solo accennate che affiorano da sfondi incerti oppure dalle scritte esplicite, rimanda ai film dei Maestri della incomunicabilità, da sempre il grande riferimento stilistico e psicologico dell’artista. A questa sensazione di narrazione per scene concorre anche la scelta della sapiente gamma cromatica ristretta a pochi colori freddi, quasi monocromatica, che contribuisce a comunicare un senso di assenza e di vuoto legati a un pessimismo esistenziale ineluttabile. La poetica di Coser è complessa, concettuale, fatta di continui rimandi colti e, anche se lui dichiara: “non “invento nulla” e “racconto di me attraverso immagini rubate”, le sue operazioni con e sulle immagini che dipinge, più che a delle citazioni da cinefilo, appaiono più simili a un’autoanalisi svolta attraverso un procedimento teso a impadronirsi delle vite altrui. La sua è una pittura figurativa di grande qualità in cui le figure si decompongono e rimane la loro sagoma incerta, solo accennata bloccata nel vuoto di un fondo piatto e indeterminato, come in un gioco di ombre cinesi dove anche gli oggetti raccontano della solitudine dell’uomo. Il suo approccio può essere definito un “metalinguaggio”, vale a dire un’azione che il linguaggio artistico svolge sopra un altro linguaggio, quello cinematografico: in questo modo una finzione (l’arte), trae linfa da un’altra finzione (il cinema). E’ l’artificio mentale con cui Luca mette in moto ricordi, pensieri, impressioni che, poi, con tecnica raffinata trasferisce su piccole carte o su tele monumentali. Le immagini vengono estrapolate dalla narrazione filmica, manipolate per cancellare il superfluo, reinterpretate o reinventate per ridurle all’essenza e per arrivare sempre a riscrivere “ossessivamente” una nuova storia personale. Paolo Tomio A sinistra: Only-Connect, tecnica mista su carta, misure-variabili

In basso: Untitled, 2009, tecnica mista su carta su legno, cm 30x30 (x3)


Hai conosciuto o frequentato artisti locali o nazionali che hanno contribuito alla tua formazione?

Untitled, 2010, tecnica mista su alluminio, 190x190 cm

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato?

Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte?

All’Istituto d’Arte il primo amore è stata la Parigi di inizio secolo con Picasso e tutto il suo giro, la sua leggenda. Con le stesse dinamiche, in Accademia mi sono innamorato degli anni ‘50 newyorchesi, trovavo tutto molto geniale e romantico. Poi ho iniziato con forza a cercare una mia strada guardando in parte la Storia e in parte quello che mi accadeva intorno. Ma non mi ha influenzato solo l’arte visiva, di grande importanza sono stati il cinema, la letteratura e la musica. Oggi non saprei dire chi mi ha influenzato maggiormente tra i tanti artisti che amo e ho amato.

Ero un ragazzino dei quartieri popolari e dal carattere difficile. Nella pagella finale delle scuole medie, per gli alunni meno dotati compariva la dicitura: “si consiglia l’inserimento in una scuola professionale o nel mondo del lavoro”, per me la commissione cancellò la prima opzione. Mia madre capì in fretta che stavo tranquillo quando disegnavo, l’unica cosa che mi veniva bene. Quindi, Medie d’Arte poi Istituto d’Arte poi Accademia di Belle Arti. E non ho mai smesso.

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In Accademia, a Venezia, ho studiato per due anni, prima di litigarci ed andarmene, con Emilio Vedova, un vulcano di energia e narcisismo, che mi ha molto influenzato sui “modi” di fare arte. Non ho mai imitato lo stile pittorico di Vedova, ma ne ho intuito gli equilibri, l’energia, gli intenti etici, la visione del mondo. Per lui fare arte era davvero qualcosa di radicale, lontanissimo dalle logiche della moda e dell’intrattenimento. Nello stesso periodo a Trento ho frequentato, come aiutante tuttofare, Palazzo Pompeati, la bella dimora di Ines Fedrizzi e di suo marito Gualtiero, personaggi molto significativi per l’arte del territorio. Ines con il suo carattere difficile mi aveva preso in grande simpatia, durante l’estate arrivavo a palazzo la mattina presto e me ne andavo la sera dopo cena, aiutavo Gualtiero nelle faccende infinite che richiedeva una struttura antica e grande come la loro. Dalla grande cucina di Ines e Gualtiero ho visto passare gran parte del mondo dell’arte e della cultura locali, e non solo; Ines mi diceva di fare attenzione e di ascoltare, rubare notizie, impressioni. E ho imparato molto. Più avanti e fino ad oggi mi è successo di incontrare molte persone significative per il mio lavoro, alcune molto famose altre meno, e con tutti ho applicato la regola suggeritami da Ines. Recentemente a New York mi è capitato, per una coincidenza fortuita, di cenare con Barbara Castelli, l’ultima moglie di Leo, e a fine serata, dopo esserci salutati all’uscita del Carlyle, ero stordito da tutte le cose “sentite” come un ragazzino alle prime armi.

Vicino ma non qui 1, 2014, collages, 30x30 cm Vicino ma non qui 2, 2014, collages, 30x30 cm

Nel corso della tua attività, oltre alla pittura, hai sperimentato altre tecniche artistiche?

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La metà alta, 2014, tecnica mista e carta su legno 30x20 cm circa

figurativo hai frequentato anche forme più classiche di espressione?

Si, non ho mai vissuto la pittura come un legame assoluto. Ho lavorato e lavoro ancora, anche se limitatamente, con la scultura, con l’installazione, con il video, la fotografia... Anche se, sempre, la mia analisi visiva trae origine dalla pittura.

venuta addirittura una necessità e il colore, di conseguenza, un elemento determinante. Utilizzo una tavolozza pacata, colori non puri che emergono da una lieve base grigia.

giare, a cancellarsi nell’attimo stesso in cui si materializza. Affronto in ogni caso il problema della forma e del volume, per forza, è un problema insito nel fare arte.

Tu lavori sul tema del vuoto, dell’assenza, della figura bidimensionale. Hai affrontato anche il problema del “pieno”, cioè della forma e del volume?

Come definiresti il tuo linguaggio? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Il mio, come quello di molti artisti contemporanei, è un linguaggio formato dalla somma di più linguaggi. Sono attratto da un’architettura dell’immagine semplice e piatta, che contrappone rigore e precisione a una superficie informale, a volte appena accennata, rovinata, can-

Non sono arrivato alle figure attuali per esclusione, ci sono arrivato da una pittura estremamente minimale, monocroma e bicroma. Quindi sono le uniche che ho sviluppato, figure che non intendono imitare la realtà retinica ma che si propongono come proiezioni di un pensiero, di una memoria rarefatta che tende a indietreg-

Untitled, 2012, tecnica mista su alluminio 190x190 cm

A scuola ho avuto un insegnamento tradizionale, ma in Accademia ho subito aderito ad alcune tipiche forme frammentate del pensiero moderno, più avanti ho cercato un linguaggio personale ma coerente con il mio tempo, con il mondo che mi sta intorno. L’astrazione assoluta non mi appartiene così come non sento mio un certo realismo; un po’ me ne frego, ricorro a immagini riconoscibili ma secondo logiche antinaturalistiche. Quello che inseguo è una “temperatura” particolare, uno spleen, un’atmosfera rarefatta...

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea? Mi interessa quello che si conferma della modernità: la libertà, l’ironia, una certa colta e feroce leggerezza, la possibilità di mescolare le carte. Non mi piace l’asservimento alle logiche dello spettacolo, dell’intrattenimento, dell’industria della moda. Sono consapevole che le dinamiche del mercato siano tra le maggiori garanzie nella selezione della qualità, ma trovo umiliante che l’aspetto culturale venga meno rispetto a quello economico.

Nelle tue opere le gamme dei colori sono molto particolari. Cosa rappresenta per te il colore? L’inizio del mio percorso è stato molto concettuale, negavo le possibilità del colore perché lo vedevo come “narrativo” rispetto a un’idea di “vuoto” e “assenza” che invece ricercavo, e che per molti versi ricerco ancora oggi. Con gli anni le cose sono cambiate, la narrazione è di-

Prima di approdare al tuo specifico linguaggio

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cellata. Questo elemento stilistico, sommato a una tavolozza particolare di cromatismi che affiorano appena dal grigio, credo aiutino il mio lavoro ad essere facilmente riconoscibile.

to il momento di scendere, le piazze si erano svuotate e in molti hanno scelto il valore opposto: l’introversione, una forma di fuga dalla cronaca che per me ha significato immergersi nel cinema, nella musica, nella letteratura. E oggi faccio questo: racconto di me e della mia visione del mondo attraverso immagini rubate dall’arte, dalla musica, dal cinema e dalla letteratura. Non “invento” nulla, ed entro in studio in modo molto professionale, non credo a quelli che dipingono dopo essersi fatti “ispirare” da un fiore, da una cascata, da un amore... L’arte è un interrogativo che parte da lontano al quale si cerca di rispondere con un lavoro quotidiano, emotivamente pericoloso, meraviglioso ma che può essere anche noioso.

Cosa ti spinge ad iniziare un quadro: un’idea, un’emozione, un tema, una teoria, una tecnica nuova? Credo in una pittura frutto di “ossessione”, non di idee. Faccio sempre le stesse cose, con le stesse dinamiche, le stesse motivazioni. Sono parte di una generazione che aspettava di scendere in piazza nella condivisione di valori sociali, politici e culturali, poi quando è arriva-

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti

Hippies, 2012, tecnica mista su alluminio 190x190 cm

Untitled, 2009, tecnica mista su carta su legno cm 30x30 (x18)

o emozioni? Sei interessato ad un “messaggio” nell’opera?

Cosa manca al Trentino e agli artisti trentini per poter essere più presenti sul mercato esterno?

Credo di essere un artista molto mentale, più di quanto vorrei essere, è la mia natura. Sono affascinato da un aspetto della modernità che sento intimamente mio, quello della frammentazione del senso, della rarefazione data dalla serialità, dalla moltiplicazione. Cerco di dipingere quadri che comunichino questo senso di “verità” tratta dall’incertezza, affermazioni sospese, avvenimenti vicini al manifestarsi ma non ancora, immagini che si affermano nel nascondersi, nell’allontanarsi, nell’essere “vicine ma non qui”. Nessun messaggio, se non quello poetico, che credo il più radicale, costruttivo e difficile che si possa ricercare.

Non manca nulla, la presenza sul mercato esterno dipende dalla qualità del lavoro e dalle strategie di comunicazione, e spesso le due cose vanno insieme. Si deve lavorare bene ma anche muoversi, studiare, viaggiare, frequentare i luoghi che possono interessarsi al tuo lavoro, e stabilire relazioni.

Segui la “politica culturale” trentina: pensi che si possa fare di più e meglio per il settore artistico? Credo sia una questione di numeri. Il Trentino è poco popolato, e gli artisti vanno in proporzione. Per il resto, le politiche culturali sono varie, attive e qualitativamente superiori rispetto alla maggior parte delle altre regioni italiane. Forse mancano quei “conflitti” sociali che spesso motivano le ricerche più radicali e significative, ma questo è un lusso e non certo un elemento negativo.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Apprezzi qualcuno a livello provinciale? Buono. Nomi non ne faccio, ma mi pare che quelli che hanno qualcosa da dire sono anche quelli che sanno farsi valere fuori dai confini regionali. 12

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Insegnando all’Accademia di Roma, vedi un approccio differente all’arte in questi giovani che hanno accesso a tecnologie in passato inesistenti o irraggiungibili? Si, l’approccio è molto differente rispetto a quello del passato anche recente, e questo per via della loro educazione, dei modi della loro conoscenza del mondo. Anche quando sembra che ripetano le strade fatte dai loro docenti, in realtà mostrano un approccio, una visione diversa e compatibile con la loro età e il momento storico in cui sono cresciuti. Non è facile farsi capire, è necessario mettere in scena delle strategie utili non tanto a “spiegare” quanto a “farsi seguire in modo che poi smettano di seguirti”.

gna averle, ovvio, ma se osserviamo l’opera dei grandi artisti del passato ci accorgiamo che nella loro vita hanno avuto pochissime idee e hanno lavorato attorno a poche e ossessive intuizioni. Nell’industria della comunicazione, pubblicità, moda, intrattenimento eccetera è diverso, se non sviluppi velocemente un’idea sull’altra vali poco. Non mi considero un cosiddetto creativo, anzi, mi sento sempre un poco a disagio rispetto alla velocità della creatività contemporanea.

subordinato ad altri valori? Non saprei. Nel passato è stata ordine armonia e proporzione, oggi credo non esistano regole precise per definirla. Ho letto quello che su questo tema hanno scritto molti filosofi, e da ragazzino mi hanno insegnato che compito della bellezza è rendere visibile il buono, ma definire un’idea di bellezza ancora non mi riesce, e poi non mi interessa.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è

Untitled, 2010, tecnica mista su carta su legno 40x40 cm

Segui anche altre discipline oltre l’arte visiva: cinema, fotografia, design, architettura ecc.? E. quali differenze vedi tra queste attività creative?

Vicino ma non qui 3, 2014, collages, 30x30 cm

Vicino ma non qui 4, 2014, collages, 30x30 cm

Con gli anni ho capito che so fare solo il mio lavoro di artista e insegnante, e so muovermi in questo mondo, mi capita di organizzare eventi o di mercanteggiare con opere non mie. Tutte le altre discipline le vivo, alcune le amo profondamente, da cultore, da appassionato, con la curiosità caratteristica degli artisti e per gli interessi connessi al mio lavoro di insegnante. Mi succede di collaborare con architetti, con l’editoria, con svariati professionisti, ma il mio ambito rimane legato al settore artistico.

Cos’è la creatività? E’ parte del talento artistico o è cosa diversa e non indispensabile? Non saprei, l’essere creativi oggi è qualcosa che non mi riguarda, richiede l’avere un sacco di idee. Come dicevo, credo in un’arte frutto di ossessione e non di idee. Buone idee biso-

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Untitled, 2010, tecnica mista su carta su legno 40x40 cm

Personalmente nel mio lavoro ricerco un equilibrio rispetto a quello che sono, alle cose che sento vicine per affinità, soprattutto quando queste mi arrivano dal profondo in modo perturbante. Ne esce certo un’idea di bellezza, ma che riconduco a un valore soggettivo e non certo universale.

come ho già detto mi interessa sempre meno rispondere a domande importanti come queste. Vivo l’arte come un modo di essere, dal punto di vista spirituale così come da quello pratico. Questo significa che nel mio quotidiano, nei miei momenti migliori così come in quelli peggiori, ci guadagno del denaro ma riesco anche a contemplare qualcosa che mi trascende. Forse un giorno scoprirò che quello che pensavo arte era altro, e di aver vissuto un’altra vita.

E, per finire, cosa è per te l’arte? E chi è l’artista? Anche su questo tema ho letto molto e potrei scriverne, ma in fin dei conti, invecchiando,

Standard Punct 2, 2015, tecnica mista su tela di lino, 200x130 cm


2009, Arte nello Studio, Studio Reina Spena Zanolini Ziglio,

Gallery NY Hong Kong; Kips Gallery NY Chicago; Chelsea West

Trento; 2008, Heidi’s Shop, Atelier Forum, Museion, Bolzano;

Gallery NY New York; 2010 Silpakorn University, Bangkok; CIAC

Comedians, KreiS Fur Kunst Und Kultur, Ortisei Bz; 2007, Two,

Genazzano, Roma; Upload Art Project, Trento; Kips Gallery

Le Carceri, Caldaro Bz; 2006, Goethe2, Bolzano; Microsoft

New York, Seoul, Korea; 2009 Galleria D406, Modena; Bottini

Research University of Trento, Trento; 2005, Kunstforum,

dell’Olio, Livorno; Nerocubo Project, Rovereto; Andrea Arte

Egna; Istituto Arcivescovile, Trento; Borsa Art Café, Mantova;

Contemp. Vicenza; Sassuolo; 2008 Manifesta7 Trento; Lab 610

2004, Vivere Modern Living, Trento; Galleria Ristori, Albenga;

XL Sovramonte; Paolo Maria Deanesi Gallery Rovereto; Arte

2002, Andrea Pronto Arte Contemporanea, Crespano;

Fiera Verona; 2007 MART Rovereto; Cantine Longo Lucera;

Crushsite, progetto web, Trento; Castello di Belgioioso; 2001,

Torre Bruciata Teramo; Miart, Arte Fiera Verona, Paolo Maria

Cima Gallery, Palm Beach, Florida USA; Magazzino Raffaelli,

Danesi Gallery; 2006 Galleria Civica Arte Contemp. Trento; Arte

Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015

Trento (con Stefano Cagol); Südtiroler Künstlerbund, Galleria

Fiera Bolzano, Goethe2; Galleria Civica Arte Contemp. Trento;

Prisma, Bolzano; 2000, Galleria Civica d’Arte Contemporanea,

2005 Goethe2, Bolzano; Arte Fiera Bolzano; 2004 Arte Fiera

della rivista FIDAart

Trento; Galleria Ristori, Albenga; 1998, Lattuada Studio,

Zurigo; Arte Fiera Bologna, Arte Fiera Bolzano; Sesto Senso,

sono sfogliabili su:

LUCA COSER

Milano; Galerie Orms, Innsbruck; Galleria Cenacolo, Trento;

Bologna; Sarnonico; Galleria Civica Arte Contemp. Trento; 2003

Nasce a Trento nel 1965. Studia all’Accademia di Belle

Galleria Ristori, Albenga; Galleria Il Campo delle Fragole,

Mart, Rovereto; Galleria Goethe2, Bolzano; Palazzo Trentini,

http://issuu.com/tomio2013

Arti di Venezia al corso di Emilio Vedova, termina gli studi

Bologna; 1995, Galleria Cenacolo, Trento; 1994, Galleria Peter

Trento; Arte Contemp.; Sudtiroler Kunstlerbund Bolzano;

all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Tiene la sua prima

Lindner, Vienna; Galleria Ponte Pietra, Verona; 1993, Spazio

Traklhaus, Salzburg; Arte Fiera Ginevra, Arte Fiera Bologna;

esposizione collettiva significativa nel 1985, a cura di

Conciapelli, Bolzano; 1992, Gall.Spatia, Bolzano; Casa Veneta,

2002 Kunstverein Aschersleber; Centro Servizi S.Chiara Trento;

Danilo Eccher, e la sua prima esposizione personale nel

Muggia; 1991, Galleria Cenacolo, Trento; 1990, Galerie Orms,

Pio Monti Roma; Film Festival Internazionale Montagna

1989 negli spazi della galleria Ponte Pietra di Verona, a

Innsbruck;1989, Galleria Ponte Pietra, Verona;

Trento; Studio Tommaseo Trieste; ex Chiesa Anglicana Alassio;

cura di Luigi Meneghelli. Ha esposto in gallerie pubbliche

Volumi monografici: Tecnicamente dolce, text by Claudio

Castello di Aci Acicastello; Cimana Arte Villa Lagarina; Paraxo

e private in Italia e all’estero. Nel 2010 ha vinto il Premio

Libero Pisano, Francesca Baboni e Stefano Taddei; 1+1=1,

Associazione Culturale Savona; 2001 Fabriano; Venezia;

Combat Prize con un’opera facente parte del progetto

text by Nicola Angerame; First & Second, text by Stefano

ex area Michelin, Trento; 2000 Biennale d’Arte Contemp.

“1+1=1”, progetto esposto tra il 2010 e il 2011 a Napoli,

Taddei, Francesca Referza; Your Names, My Games, text by

Andora; Numero Civico Rovereto; Palazzo Trentini Trento;

Milano, New York, Modena, Torino, Livorno, Bari, Seul,

Danilo Fenner; Da Trentatre a Lunatico, text by D.Eccher,

Arte Contemp. Crespano; 1999 Museo d’Arte Contemp.

Hong Kong, Chicago, Miami. Del progetto è stato realizzato

V.Coen, G.Belli, L.Scacco, L.Meneghelli, E.Krum, J.Schneider;

Sassari; Galleria d’Arte Contemp.San Marino; Palazzo Sarcinelli

un volume, per le edizioni D406, intitolato “Tecnicamente

Altreversioni, text by Federico Mazzonelli; Untitled Love

Conegliano Veneto; 1998 Biennale d’Arte Contemp. Andora;

dolce”, da cui Vittorio Sgarbi ha selezionato l’opera per la

Story, text by Federico Mazzonelli, Giacomo Sartori; Luca

Museo d’Arte Moderna Gazoldo degli Ippoliti; Galerie Orms

54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia Trentino A.Adige.

Coser, text by Vittoria Coen, Riccarda Turrina,

Jurgen

Innsbruck; Galleria Orti Sauli Genova; Nuovi Studi Vicenza;

La sua ultima partecipazione nel 2015, nella collettiva “Il

Schneider; Trentatre, text by Danilo Fenneri; P-Aura, text

Palazzo Libera Villa Lagarina; 1997 Galerie Orms Innsbruck;

Sosia”, alla Galleria Civica MART, a Trento. Vive a Trento e

by Luigi Serravalli; Luca Coser, Text by Francesco Dal Bosco,

Galleria Comunale d’Arte Contemp. Castel S.Pietro; 1996

Roma, dove insegna Elementi di Morfologia e Dinamiche

Dominga Azzini

Galleria Ponte Pietra; Biblioteca Classense Ravenna - Breracult,

della Forma all’Accademia di Belle Arti.

Principali esposizioni collettive

Milano; Museo di S. Agostino Genova; Pieve di S. Zeno

Gallerie d’Arte di riferimento: D406 Modena; Effearte

2015 Galleria Civica-MART Trento; ArpNy e bcs Gallery

Lonato; Galleria Il Campo Delle Fragole Bologna; 1995 Galleria

Milano; Kips Gallery New York; and.n Gallery Seoul

New York; 2014 And.n Gallery Seoul; Galleria Civica Arte

Cenacolo Trento; Castel Ivano Ivano Fracena; Galleria Civica

Esposizioni personali

Contemp. Trento; Fondazione Michetti Francavilla; Museo

d’Arte Contemp. Trento; Galleria Ponte Pietra Verona; Arte

2014, Vicino ma non qui, Effearte Arte Contemporanea,

Arte Contemp. Lissone; Temple University Gallery Roma;

Fiera Bologna; 1994 Galerie Peter Lindner Vienna; Gallerie de

Milano; Dentro, Palazzo Libera, Villa Lagarina; 2013,

Museo Civico L.Varoli Cotignola; Galleria Porta Latina Roma;

Peperbusse Ostende; Galleria Grigoletti Pordenone; Galleria

History of white, ARPNY Bcs Gallery, New York; Il dorso

Kips Gallery NY, Busan, Korea; Castello 925 Gallery Venezia;

Cenacolo Trento; 1993 Arte Fiera Bologna; Galerie Orms

delle cose, Kunsthalle Eurocenter, Merano; 2012,

Gallery Modena Bologna; 2013 Gallery Molly Krom New

Innsbruck; 1992 Arte Fiera Bologna; Arte Fiera Roma; Galleria

Qualcuno deve gridare che costruiremo le piramidi,

York; Effearte Gallery Milano, Torino; Mag Museo Alto Garda;

Civica d’Arte Contemp.Trento; Palazzo dei Diamanti, Ferrara;

Effearte Gallery, Milano; Non succede mai niente,

Gallery Modena Verona; Spazio 23 Roma; Casa Saraceni

Galleria Barbierato Asiago; 1991 Fortezza di Bard; 3° Biennale

UploadArtProject, Trento; 2011, I cosiddetti sani e i

Bologna; Archivio Mart; Kips Gallery NY Seul, Korea; Villa

Giovani Padova; Arte Fiera Bologna; Traklhaus Salisburgo;

cosiddetti ammalati, video-performance nel concerto

La Vedetta Firenze; 2012 Innsbruck; arte contemp. Milano;

stabilimento Michelin, Trento; 1990 Fabbrica del Vapore

J.Futura, musiche A.Pärt e A.Schnittke, Trento Teatro

Galleria Rubin Milano; Fies Factory Dro; Accademia Belle Arti

Milano; Arte Fiera Bologna; Galleria 2E Suzzara; 1988 Museo

Cuminetti, Padova Auditorium Pollini; Tecnicamente

Foggia; Modena, Parigi; 2011 54°Biennale d’Arte Venezia;

Casa Bianca Malo; 2° Biennale Giovani, Padova; 1987 Galleria

dolce, D406 Arte Contemporanea, Modena; 1+1=1,

Contaminate New York; Kips Gallery NY Miami; P.zzo Arnone

Upupa Firenze; Sala Medioevale S. Jacopo, Prato; Bevilacqua

mostra personale del vincitore Combat Prize 2010, a cura

Gall. Nazionale, Cosenza/ Complesso del Vittoriano Roma;

La Masa, Venezia; 1986 Castello di Avio, Avio; 1° Biennale

di F. Baboni e S. Taddei, BlobArt, Livorno; Legame, Lato

Ninni Esposito Arte Bari; Castello Svevo Barletta; UfoFabrik

Giovani, Padova; Fortezza Nuova, Livorno; 1985 Castello di

Arte Architettura, Prato; 2010; 1+1=1, Whitelabs Milano

Arte Contemp. Torino; Whitelabs Arte Contemp. Milano;

Stenico, Stenico; Bevilacqua La Masa, Venezia; 1984 Palazzo

e Overfoto , Napoli; 1+1=1, Kip’s Gallery, New York;

MondoBizzarro Roma; UfoFabrik Arte Contemp.Moena; Kips

della Tromba, Trento; Bevilacqua La Masa, Venezia.

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Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015 della rivista FIDAart sono scaricabili da: www.fida-trento.com/books.html

FIDAart

copertina del N.10 2015 Periodico di arte e cultura della FIDAart Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della FIDAart N.10 - Ottobre ANNO 2015

FIDAart

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MERCATO DELL’ARTE ?

KEITH HARING (1958-1990), Untitled (September 14, 1986), 1986, acrilico e smalto su tela con vernice, 241x488 cm, Sotheby’s New York 2014, stimato dai 2 ai 3milioni di dollari, venduto a $ 4.869.000 (€ 3.549.000). Smilzo “nerd” occhialuto, (tipo Woody Allen), gay dichiarato, Keith Haring muore di Aids nel 1990 a soli 32 anni, al culmine di una carriera tragicamente breve ma intensamente vissuta. Una meteora nel mondo dell’arte americana che, a partire dagli anni 80, ha creato un linguaggio visivo personale inconfondibile caratterizzato da una visione bidimensionale e popolato da sagome stilizzate costitute da contorni netti e continui, segni semplici e pochi colori brillantissimi. Nato in Pennsylvania, dopo aver ottenuto il diploma di scuola superiore, si iscrive alla Scuola d’Arte professionale a Pittsburgh, un istituto per grafica pubblicitaria che, però, abbandona dopo sei mesi. Nel 1978 si trasferisce a New York per iscriversi alla School of Visual Arts dove trova una fiorente comunità artistica alternativa che

si sta sviluppando nelle vie del centro, le metropolitane e gli spazi nei club. E’ subito attratto dalla scena dei writers (“sono diventato ossessionato dal lavoro di Jean-Michel Basquiat”, dirà) una nuova forma d’espressione artistica giovanile, spontanea e ribelle. Comincia a diventare noto grazie ai graffiti realizzati a gessetto sui tabelloni nelle stazioni della metropolitana: inizialmente la sua tag (firma) è un animale simile a un cane, poi inventa un bambino che va a quattro zampe chiamato “The radiant Baby”. Contrariamente ai suoi colleghi di street art, anche se privilegia linguaggi e tecniche non convenzionali, Keith è un artista preparato e colto. Il suo debutto avviene nel 1982 con una mostra personale molto popolare, presso la Tony Shafrazi Gallery; gli anni successivi sono densi di successi crescenti con mostre in tutto il mondo. Artista anomalo rispetto al mondo dell’arte americana ufficiale in cui prevale una ricerca individualista, nei suoi dipinti mostra sempre una grande attenzione ai temi sociali, politici e culturali. Per mezzo delle sue figure infantili e 20

KEITH HARING dei disegnini decorativi o divertenti, Haring manifesta liberamente e quotidianamente la sua visione della vita e le proprie idee sul mondo in cui vive, prendendo posizione contro la droga, la violenza, il razzismo, le ingiustizie sociali, il potere ma anche a favore della difesa della natura, della libertà e, sempre, della fantasia. Una caratteristica dell’artista è la grande velocità e facilità di esecuzione nel dipingere opere anche di grandi dimensioni grazie alla tecnica acquisita come writer. Nella scelta dei supporti (teloni di pvc, lamiera, muri, pannelli rigidi) e nel segno irregolare con gocciolature di colore, si riconosce la libertà espressiva legata a un linguaggio stilizzato in cui prevalga una comunicazione di immediata comprensione. Non c’è separazione tra la sua arte e la sua vita da lui testimoniate in ogni quadro: il sesso è presente ossessivamente nel suo lavoro, perché parte della sua esperienza e perché simbolo di quegli anni di contestazione libertaria e liberazione sessuale. Ancor più quando, rendendosi conto che a causa dell’HIV il suo tempo a disposizione sta riducendosi, si impegna in battaglie contro il silenzio sul “cancro dei gay” (vedi il triangolo rosa “Silence=Death, il Silenzio è eguale a Morte) e contro l’omofobia. Nel 1986 è ormai un artista affermato in tutto il mondo capace di opere sempre più complesse e monumentali come “September 14, 1986” (vedi a pag.28). L’opera di Haring è fortemente politica anche perché con lui l’arte torna a uscire dalle gallerie e dai musei quando decide di riprendere la sua attività negli spazi pubblici realizzando grandi murales caratterizzati dall’im-

KEITH HARING, Silence=Death, 1988 acrilico su tela, 274x305x274 cm,

pegno sociale. Scrive: “... l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”. Quando, nel 1988, gli viene diagnosticato l’Aids, coraggiosamente rivela lui stesso la sua malattia in un’intervista-testamento al settimanale Rolling Stone. Morirà due anni dopo.

KEITH HARING, Untitled, 1988, acrilico su tela, 245x241 cm, Sotheby’ New York 2014, venduto a $ 2741000 (€ 2.144.000)

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MOND-TONE Mondrian conosce il pittore Theo van Doesburg, principale fondatore del gruppo De Stijl e della rivista omonima; tra i principali esponenti vi sono anche gli architetti Pieter Oud e Gerrit Rietveld (sua la famosa sedia rosso-blu), il manifesto del “Neoplasticismo”, pubblicato da De Stijl nel 1918, pone le basi teoriche di una nuova estetica che si propone di trasformare il mondo e che influenzerà artisti che operano anche in molti altri campi come l’architettura, la grafica, l’arredamento e il design. Assieme al Suprematismo di Malevich, l’astrattismo di Mondrian è la corrente artistica del ‘900 che, grazie al suo approccio scientista e razionale interamente fondato sulla geometria, anticipa - nel bene e nel male - la cultura vincente della modernità. Le opere di Mondrian conosciute da tutti consistono nelle composizioni di rettangoli e quadrati eseguiti nei tre colori primari, rosso, giallo e blu, e nei tre non-colori, nero, grigio e bianco (la tela), separati da un reticolo di linee nere rigorosamente verticali e orizzontali, “costruite con coscienza, ma non con calcolo”. L’artista, infatti, nonostante imposti sempre le proprie composizioni su una griglia ordinatrice ortogonale, nega ogni simmetria che renda il dipinto statico e bloccato: al contrario, si sforza di realizzare un’armonia generale e un ritmo ottenuti solo tramite il gioco dei pieni e dei vuoti, il contrasto tra i “pesi” dei diversi colori e un equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici. E’ prevista a breve l’uscita di una app, un’applicazione software, sia ludica che di utilità, per dispositivi smartphone e tablet, il cui nome “Mond-Tone” deriva dall’unione di due nomi: “Mondrian”, per l’appunto, e “Pantone”, il sistema standard internazionale di catalogazione e di identificazione dei colori. Si tratta di un programmino di progettazione digitale su

Cento anni fa uno strano pittore-filosofo creava un nuovo linguaggio artistico, uno stile talmente radicale e moderno da essere penetrato ormai definitivamente nell’immaginario collettivo della cultura. Si tratta del pittore olandese Piet Mondrian, fondatore del Neoplasticismo e del gruppo De Stijl attivo tra il 1917 e il 1932, il quale ha dato un contributo fondamentale alla formulazione dell’Astrattismo geometrico.

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LA GEOMETRIA DELLO SPIRITO monitor touchscreen che permette a chiunque di “costruire” in pochi minuti decine di quadri “alla Mondrian”. E’ sufficiente impostare, inizialmente, una griglia ordinatrice a maglia ortogonale regolare e passo variabile, sulla quale posizionare gli oggetti posti a disposizione dalla biblioteca: linee di spessore e lunghezza a piacere, figure geometriche e un abaco di centinaia di colori. Con un semplice copia e incolla è possibile decidere la forma degli elementi prescelti e variarne la posizione, le dimensioni e i colori. Una via di mezzo tra il gioco intelligente da utilizzare nelle scuole per sviluppare il senso estetico mediante lo studio di composizioni astratto bidimensionali infinite e il giochino divertente a disposizione di tutti. A questo programma digitalmente perfetto manca, inevitabilmente, l’austero ascetismo che animava Mondrian il quale, convinto che la pittura non dovesse esprimere sentimenti, cercava di fondere la sua visione artistica con i suoi studi teosofici in una ricerca dell’assoluto. Dal punto di vista espressivo, le campiture colorate realizzate con l’app sono troppo piatte e uniformi al contrario di quelle dei quadri di Mondrian che erano trattate con leggere pennellate irregolari per dare il senso della profondità. Oltre alle composizioni appartenenti al primo periodo di Mondrian, “Mond-Tone” consente di riprodurre anche quelle eseguite dal pittore dopo il 1921 quando inizia la serie delle “losanghe”, tele quadrate appese inclinate di 45° in modo da assumere la forma di un rombo che tagli in diagonale la struttura (vedi fig. a destra). Questa rotazione dà vita a figure triangolari e trapezioidali fino a quel momento bandite dai suoi quadri e sulle quali il dibattito all’interno del gruppo De Stijl aveva portato alla rottura tra van Doesburg e lo stesso Mondrian. 23


LA ROSSA IN VATICANO piega meno di 10 secondi per passare da 0 a 200 km/h e, anche se la velocità massima non è indicata dalla casa, è sicuramente superiore ai 350 km/h. Si sapeva che Woitila fosse sportivo, ma non fino a quel punto; infatti, il papa ha ringraziato e cortesemente rifiutato il dono invitando la Ferrari a mettere la vettura all’asta e destinare il ricavato alla beneficenza per le vittime dello tsunami. Un bel gesto che, probabilmente, Luca aveva già previsto dato che sembrava improbabile che Giovanni Paolo II potesse uscire dal Vaticano a bordo di un mostro rombante da 6.000 cc di cilindrata e 660 cavalli nel cofano. Che le Ferrari siano l’oggetto oscuro del desiderio di appassionati e collezionisti (milionari) è noto, ma acquistare una Enzo era un privilegio riservato a pochi poiché è la Ferrari stessa a contattare e selezionare il compratore tra alcuni VIP o i clienti che avessero già posseduto almeno cinque modelli della acsa di Maranello. I fortunati prescelti potevano personalizzare il proprio esemplare e versare un assegno da 665mila euro. Neanche tanto se si pensa che, appena acquistate, le Ferrari cominciano ad aumentare il loro valore dimostrandosi un buon investimento. Per godere di questi privilegi, il

Chissà per quale brillante ragione di marketing, Luca di Montezemolo, nel 2004, quando era ancora l’amministratore delegato, ha pensato di regalare una Ferrari a Papa Woitila. Ma non una Ferrari qualsiasi (ammesso che si possa definire così una vettura di questa casa) ma la “Enzo Finale”, e per di più, del caratteristico colore Rosso Scuderia. Una Ferrari unica al mondo perché l’ultimo dei 400 esemplari prodotti di quel modello. La Ferrari “Enzo” è una specie di prototipo da corsa che può viaggiare al minimo anche su strada, visti i limiti di velocità consentiti dal Codice e considerato che può raggiungere i 130 km/h già in seconda. In pratica, il bolide im-

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STORIA DELL’ARTE cliente deve rinunciare (ovviamente) ai vetri elettrici e, purtroppo, anche all’impianto stereo, probabilmente inutile a certe velocità. La linea della carrozzeria interamente realizzatia in fibra di carbonio (come anche il telaio) e dovuta alla matita di Pininfarina, è nata sulla base dell’esperienza acquisita in Formula 1, si presenta particolarmente sportiva ma, allo stesso tempo, elegante. La 400esima Enzo è rimasta nello stabilimento di Maranello in attesa dell’asta tenutasi l’anno successivo nel corso della quale è stata venduta, non si sa a chi, per 950 mila euro. Montezemolo ha onorato la promessa fatta a Giovanni Paolo II ed è tornato nel 2005 in Vaticano per consegnare al suo successore, Papa Ratzinger, l’importo ricavato dalla vendita. Dopo di allora, la macchina è rimasta in un’autorimessa per quasi 10 anni senza mai girare su strada e sottoposta solo alla normale manutenzione meccanica (ha percorso in totale 180 chilometri), fino al giugno di quest’anno quando è tornata in asta. Stimata dagli esperti di RM Sotheby’s dai 4 ai 6.000.000 di dollari è stata assegnata ad un acquirente anonimo che ha offerto poco più di 6 milioni di dollari (5.295.000 €) con un incremento, a parità di valuta, del 540% rispetto al prezzo di listino del 2004. Per dire, una Ferrari Enzo “normale” del 2002 è stata venduta quest’anno da Sotheby’s a 1.260.000 dollari. Un bel colpo per il nuovo proprietario che, ad un prezzo molto inferiore a un “Taglio” di Fontana, si ritroverà in soggiorno un pezzo unico al mondo appartenuto addirittura a un Pontefice. Un gioiello tecnico, nuovo fiammante ma inutilizzabile, elevato al rango di scultura moderna che potrà essere solo ammirata o toccata con la massima cura. 25


Ottobre 2015, Anno 4 - N.10

News dal mondo KEITH HARING

Untitled (September 14), 1986

pag. 28-29

KEITH HARING

Untitiled (Dancing Dogs), 1981

pag. 30

KEITH HARING

Untitled, 1988

pag. 31

La lunga marcia verso il sol dell’Avvenire

pag. 32

Omaggio a KEITH HARING

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KEITH HARING, Untitled (September 14), 1986, acrilico e smalto su tela, 241x488 cm, Sotheby’ New York 2014 stimato $ 2-3milioni venduto a $ 4.869.000 (€ 3.549.000)


KEITH HARING, Untitiled (Dancing dogs) 1981, inchiostro sumi e acrilico su carta, 274x191 cm, Sotheby’s N.Y. 2014 stima $ 3-4milioni, venduto a $ 4.589.000 (€ 3.345.000)

KEITH HARING, Untitled, 1988, olio su tela, 30

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274x143 cm, Sotheby’ New York 2014

venduto a $ 3.077.000 (€ 2.733.000)


PAOLO TOMIO, Omaggio a KEITH HARING La lunga marcia verso il sol dell’Avvenire, 2015 digital art su poliestere, 580x420 cm



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