PERIODICO della FIDAart N.11 - Novembre ANNO 2014
FIDAart
In copertina: Simone Turra, Francesco e il sonno, 2010, marmo h 180 cm
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FIDAart sommario
Novembre 2014, Anno 3 - N.11
Editoriale
FIDA Sezione Bolzano - Sektion Bozen
pag. 4
Politiche culturali
Uomini e animali
pag. 5
Intervista ad un artista
Simone Turra
Mercato dell’arte?
La Cina è vicina - parte 2
pag. 20-21
Street art
X-MAN
pag. 22-23
Storia e arte
Il corpo come scultura - 2°
pag. 24-25
L’arte del criptaggio
Enigma machine
pag. 6-19
pag. 26
News dal mondo ZHANG XIAOGANG
“Big family No. 3”, 1995
pag. 30-31
ZHANG XIAOGANG
“Big family No. 2”, 1993
pag. 32
ZHANG XIAOGANG
“Big family: Father and daughter”, 2000
pag. 33
“Redline: Boy without family”, 2014
pag. 34
Omaggio a ZHANG XIAOGANG
Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare
EDITORIALE FIDA, un’associazione esistente e consolidata da quasi sei decenni di esperienza, fosse la risposta migliore alla richiesta di costituire un forte gruppo di artisti, appassionati e liberi da limitazioni e vincoli dovuti a una rigida area di appartenenza. Gli artisti trentini e altoatesini dimostrano così di voler e poter superare gli steccati che, da troppo tempo, frenano un dialogo e un confronto culturale tra le due comunità. Campanilismi e provincialismi non fanno parte di quella concezione più alta e nobile alla quale l’Arte deve tendere e aspirare. La recente esperienza di una concreta collaborazione tra gli artisti delle due provincie limitrofe, concretizzatasi nelle due mostre “To build castles in the air” che si sono svolte in contemporanea alla Galleria Civica di Bolzano e a Castel Roncolo, è stata non solo entusiasmante e proficua nell’interesse di ogni singolo partecipante, ma anche premiata da una presenza di oltre 1.000 visitatori nella sola Civica e 25.000 al castello. Questa strada - ormai aperta - vuole proseguire anche in futuro per cercare di sviluppare il massimo delle potenzialità che l’idea contiene; l’obiettivo minimo, per ora, è quello di realizzare altri nuovi eventi artistici e culturali a livello regionale, ma senza porre limitazioni ad eventuali sviluppi verso diverse realtà territoriali. Ogni attività che sarà proposta offrirà una opportunità di partecipazione a tutti i soci, sia di Trento che della Sezione distaccata di Bolzano; le modalità di gestione e organizzazione saranno quelle previste dallo Statuto della FIDATrento.
FIDA SEZIONE BOLZANO - SEKTION BOZEN E’ con grande piacere che possiamo annunciare che si è costituita la FIDA (Federazione Italiana Degli Artisti) Sezione Bolzano, Sektion Bozen . Si tratta di una propaggine della FIDA-Trento della quale fa parte integralmente, sia in senso organizzativo che amministrativo. La decisione di creare una nuova realtà culturale sul territorio locale nasce dall’esigenza sentita da molti artisti di non avere confini all’interno del loro modo di agire e operare. L’Arte deve essere un’attività culturale libera, aperta e non sottoposta a qualsiasi forma di condizionamento, vuoi territoriale che etnico linguistico. Per questo motivo, e senza creare doppioni inutili, si è ritenuto che portare a Bolzano la
Per informazioni rivolgersi al coordinatore FIDA Sezione Bolzano: Enrico Farina - cell. 320 4651022, mail: ekyart@gmail.com 4
POLITICHE CULTURALI UOMINI E ANIMALI Dopo lo spiacevole “incidente” accaduto all’orsa Daniza, si sono avute varie reazioni nell’opinione pubblica: qualcuno ha detto chissene..., altri sono rimasti intimamente colpiti. Può essere interessante conoscere cosa hanno scritto alcuni pensatori sul complicato rapporto tra uomini e animali. “Coloro che uccidono gli animali e ne mangiano le carni saranno più inclini dei vegetariani a massacrare i propri simili”. Pitagora (570 a.C.-495 a.C.) filosofo “Nessuna cosa vivente deve essere uccisa, non il più piccolo animale o insetto, perché ogni vita è sacra”. Buddha Siddhārtha (566 a.C.- 486 a.C) monaco “La crudeltà verso gli animali è tirocinio della crudeltà contro gli uomini”. Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-17 d.C.) poeta “Verrà il tempo in cui l’uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l’uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto”. Leonardo da Vinci (1452-1519) artista “Il problema degli animali non è “Possono ragionare?”, nè “Possono parlare?”, ma “Possono soffrire?”. Jeremy Bentham (1748-1832) filosofo “Dall’uccidere gli animali all’uccidere gli uomini il passo è piccolo”. Lev Tolstoj (1828-1910) filosofo “Qui giacciono i miei cani”, stele posata nel parco del Vittoriale a Gardone Riviera. Probabilmente l’ultima poesia di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), scritta nel 1935 e dedicata ai suoi cani ma anche a sè stesso. Forse, il suo vero testamento spirituale e umano.
“Auschwitz inizia quando si guarda a un mattatoio e si pensa: sono soltanto animali”. Theodor W. Adorno (1903-1969) filosofo “L’uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà”. Charlie Chaplin (1889-1977) comico 5
Intervista a SIMONE TURRA Simone Turra è uno scultore; disegna e dipinge - molto bene - ma, innanzitutto, è uno scultore. Perché, per un artista, prima di diventare una scelta professionale, quella di scolpire o modellare è una necessità, una spinta interna a trasformare e manipolare la materia che, sola, permette di affrontare il faticoso impegno richiesto. Il pittore “simula lo spazio” con i chiaroscuri per creare la percezione della profondità; lo scultore “costruisce lo spazio” attraverso il lavoro sulla materia vera, concreta. Turra scrive: “Amo la materia. Il legno va ascoltato, la roccia esplorata, la terra posseduta.” Egli è artista completo che conosce e pratica tutti i procedimenti, sia quelli basati sull’apporto di materiali plasmabili (creta, gesso e, poi, bronzo), sia quelli sulla sottrazione della materia superflua da un duro blocco (legno, pietra ecc.) in cui la forma finale deve essere “trovata”. Tante le tecniche artistiche padroneggiate nelle molte importanti opere fin qui realizzate con un unico intento: raggiungere la massima libertà espressiva. Dopo un passato di opere astratte e radicalmente concettuali, la sua ricerca si è avvicinata progressivamente ad una figurazione più attenta ai grandi temi della classicità e al recupero della tradizione popolare. Un ritorno alle forme archetipiche della scultura attraverso la riscoperta del corpo: corpi femminili sensuali, simbolo di tutte le emozioni e passioni umane e corpi maschili massicci, pesanti, piantati nella terra come alberi per sottolineare un rapporto inscindibile con la Natura. Diversi, invece, i gruppi scultorei monumentali, rappresentazioni teatrali metafisiche in cui i personaggi rappresentano attraverso la complessa articolazione delle relazioni spaziali e psicologiche, una incomunicabilità di fondo e la sostanziale impossibilità di dare un senso alla realtà. Paolo Tomio A sinistra: La Tentazione, 2012, legno patinato 200x200x230 cm
In basso: Sonno, 2009, marmo e granito L 201 cm
Torsi F-M, 1998, marmo, h 70 cm la scuola d’arte, avvicinandomi all’arte vera e propria giorno per giorno.
Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e alla scultura, in particolare?
Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato agli inizi?
Fin da bambino ho cominciato presto con piccoli intagli su legno e talvolta su dita! Come molti ragazzini mi impegnavo nella costruzione di piccoli marchingegni, forme semplici, e mi piaceva anche smontare orologi ed altri meccanismi per capire il loro funzionamento. Al momento di decidere il mio percorso di studi dopo la scuola media ho scelto con naturalezza
Diciamo che la consapevole emozione davanti a delle sculture, e sto parlando di quel fiorente periodo della scultura che è stato, fin dall’inizio, il ’900 europeo, ma soprattutto italiano, l’ho provata per la prima volta, e fin da subito, 8
a Milano. L’Accademia di Brera, dove ho conseguito il mio diploma in scultura nel 1992, è stato un luogo di studio e di scambio privilegiato: sono entrato in contatto con molti artisti miei coetanei, con i quali ancora oggi mantengo contatti molto stimolanti ed ho avuto modo anche di frequentare mostre ed inaugurazioni ai più alti livelli. Era un periodo in cui a Milano c’era grande fermento in tutti i campi. Anche in questo senso devo molto alla mia formazione milanese.
Hai conosciuto o frequentato molti artisti locali
o nazionali? Sì, certo, fin dai tempi degli studi di Brera ho conosciuto e frequentato studenti provenienti anche dall’Alto Adige, con alcuni di loro ho stretto amicizie profonde e durature e frequentandoli se ne sono aggiunti altri che hanno frequentato Accademie diverse, soprattutto Vienna, come per esempio Lois Anvidalfarei che è oggi famoso anche a livello internazionale. In alcune mostre collettive ho poi esposto le mie opere anche con quelle di artisti del calibro di Fausto
Torsi, 2009, bronzo, h 200 cm
Melotti, Mauro De Carli, Riccardo Sweizer, Ramus, Giancarlo Marchese, Fritz Wotruba e con alcuni nostri contemporanei come Gianni Rocca, Aron Demetz, Nada Pivetta, Markus Gasser, Giuliano Orsingher, Franz Pöhacker, Paolo Tait e altri ancora.
Nel corso della tua attività, prima di dedicarti alla sola scultura, quali altre tecniche artistiche hai sperimentato? A dire il vero per me non esiste “la sola scultura” perché prima di arrivare alla completezza della tridimensionalità, o comunque in contemporaneità al lavoro di scultura, ho sempre necessità e piacere di accostarmi al disegno, lavorando talvolta molto intensamente anche alle tecniche dell’incisione. Credo proprio che il disegno sia fondamentale, per me è pari alla scultura, le mie mostre personali infatti sono sempre di sculture e disegni.
Hai praticato anche la pittura o ti sei orientato subito verso la scultura? Pur subendo il fascino del colore, che talvolta utilizzo anche sulla scultura, non ho mai praticato la pittura.
Quali sono, secondo te, le diversità tra le due discipline? Io sono sempre stato attratto dal volume, dalla materia che ha un peso, dall’interazione dei corpi tra loro e nello spazio e queste sono cose che trovo solo nella scultura, ciò non toglie che
Disegni, 2014, matita su carta, 100x70 cm 10
Mauro, 2012, bronzo, h 44 cm
mi possa anche commuovere davanti ad un quadro.
ticosa: quanto tempo impieghi a realizzare una delle tue grandi statue in pietra? Quali sono le tecniche che utilizzi maggiormente per le tue opere?
Il lavoro di scolpire, per come lo intendo io, richiede certamente tempi di lavorazione piuttosto lunghi. Alle volte il tempo è dettato dalla ricerca della forma e degli equilibri, altre volte dalla particolare ostilità del materiale che scelgo. Posso impiegare più mesi per lavorare una figura a grandezza naturale in porfido, con il marmo il lavoro va più veloce ma se non sono deciso sulla forma mi devo comunque prendere il tempo di risolvere i miei dubbi. Le opere più grandi richiedono ovviamente tempi lunghi, anche perché le lavoro normalmente in “gruppi”, nei quali ritengo fondamentale risolvere la reciproca relazione dinamica che va
Solitamente tolgo dalla materia (rocce dure), citando Michelangelo esercito “l’atto dello scolpire”, ma adoro anche il modellare, la velocità che mi permette l’argilla nel “metter su” una figura, la libertà di aggiungere a mio piacimento senza l’ineluttabilità del togliere. Un’altra tecnica a cui sono molto affezionato e di cui subisco il fascino è la fusione a cera persa in bronzo.
La scultura “a togliere” è molto laboriosa e fa11
Sospensione, 2012, terra, h 121 cm
Il tuo linguaggio, quindi, si sta muovendo dall’astrazione verso una maggior figurazione? E’ il contrario di quanto avviene per la maggioranza degli artisti.
quindi a complicare ulteriormente le decisioni! Il fare per me sta proprio in cosa ci metti, la tecnica e la velocità sono proprio relative.
Interessante pensare a un metodo, pensare ad una direzione ma personalmente preferisco associare il fare ad un bisogno. Non escludo assolutamente di non poter tornare a scarnificare. Inoltre metto spesso nei miei gruppi un elemento che c’è sempre stato, che agli inizi era magari da solo e che ora può essere la coperta di un dormiente o l’albero che accompagna una figura o un gruppo. In questo elemento mi ritaglio ancora un discreto spazio di astrazione!
Prima di approdare ad un linguaggio più figurativo hai frequentato anche forme di espressione astratta? All’inizio c’era il bisogno di fare chiarezza e le forme astratte mi hanno aiutato a ricercare una essenza primordiale, spinto da un desiderio di assoluto. Questo era l’atteggiamento di un giovane che cerca la propria dimensione, adesso questo bisogno non è cambiato ma la forma si è via via arricchita.
Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secon12
do te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile?
Cosa ti interessa rappresentare nelle tue sculture: concetti o emozioni?
Per me lo stile è una sorta di gabbia, è un vicolo cieco e cerco di starne alla larga. Ciò che mi rende riconoscibile lo vorrei sentire io da te!
Entrambi.
Chi ti interessa e cosa non ti piace della scultura contemporanea? Mi interessa tutto ciò che viene fatto al massimo delle proprie possibilità, tutto ciò che resta come traccia – cammino di un essere; non mi piace essere preso in giro da quelli che spacciano per arte cose prive di anima e fatte magari male, in modo superficiale.
Puoi spiegare meglio quale è l’idea che ti spinge e cosa vuoi esprimere quando decidi di iniziare una nuova scultura in pietra o in bronzo? Capisci che è un po’ diverso dal dipingere una tela Prima di iniziare un disegno, un’incisione, una scultura parto sempre da ciò che ho di fronte, dall’osservazione della quotidianità, del paesaggio, delle persone, delle situazioni, di me stesso. Mi porto dentro con gli occhi il mondo Particolare: Ermione, 2005, bronzo, h 205 cm
Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?
esterno e, quando lo sento mio, lo restituisco con le mani.
Bella domanda! Forse non manca nulla, il mercato lo apri se ti fai conoscere!
Come ti sembra il panorama degli artisti trentini d’oggi? Chi apprezzi a livello provinciale?
Segui la “politica culturale” trentina: pensi che si possa fare di più e meglio per il settore artistico?
Non mi interessa vedere il “panorama”, mi interessa scoprire e conoscere artisti che ci mettono impegno, che operano in modo pieno, assoluto, adesso. Della nostra terra ho sempre apprezzato molto la sua generosità nel generare talenti.
Non seguo molto la “politica culturale” trentina, certo che si può sempre fare di più e meglio.
Sonno M, 2013, marmo L 151 cm
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L’Alto Adige sa valorizzare meglio i suoi artisti (come tutte le sue specificità)? Possiamo imparare qualcosa? Condivido l’osservazione che fai nella maggiore capacità altoatesina di valorizzare i propri conterranei.
Cosa è per te l’arte? Per me arte è bellezza.
Paesaggio, 2009, arenaria, L 92 cm
o è subordinato ad altri valori? La bellezza per me è un valore che non si può non ricercare, anzi, sono convinto che l’essere umano si nutra di bellezza! Certo, non parlo di carrozzeria, di stereotipo, ma di ciò che giorno dopo giorno si ha bisogno di scoprire, del tassellino nuovo che si aggiunge e si porta con sé. Ventimila anni fa sulle pareti rupestri i nostri antenati hanno espresso il bi-
Allora cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi Angelo sdraiato, 2003, porfido, L 193 cm
Naturale-Innaturale, 2005, bronzo, h 56 cm E, per finire, chi è l’artista?
sogno di fermare il loro presente, quel momento del loro vivere e oggi noi ci emozioniamo davanti a questa semplicità, alla sua bellezza. Credo che la loro forza stia nel fatto che l’esecutore viveva totalmente quella situazione, la possedeva. Per me questa stessa magia si ripete ogni giorno del nostro presente e del nostro fare, quando non ci sono forzature, non c’è il bisogno di rincorrere chi “urla più forte”, quando riusciamo a vivere manifestando la nostra essenza.
L’artista è colui che rimane onesto con se stesso e con il tempo in cui vive, che con la sua sensibilità e abilità riesce a fermare la bellezza del suo quotidiano rendendola universale ed eterna.
A destra: Particolare Giovanni, 2008 bronzo, L 63 cm 16
2006 Galerie Maier Innsbruck - A 2004 Galerie im Kies Altach - A 2003 Rabalderhaus Schwaz - A OPERE PUBBLICHE 2008 Gruppo San Marco (verdello) Transacqua -TN 2006 Melusina (bronzo) San Martino di Castrozza -TN 2004 Adamo ed Eva (bronzo) Palazzo Someda Transacqua - TN 2003 “Omaggio a Luigi Negrelli”(stucco) Sala Civica sede Comunità di Valle Primiero -TN 2001 gruppo di tre figure (bronzo) Palazzetto dello Sport Caldonazzo -TN
MOSTRE COLLETTIVE 2013 Non si va mai così lontano – FIDATrento - , Trento 2012 SaveOurSkiers – Palazzo delle Miniere, Fiera di Primiero - TN 2012 Luci ed ombre del legno – Bagnara di Romagna - RA 2011 Montagna Immaginata - FIDATrento - in occasione della XII Borsa Internazionale Turismo Montano, Trento 2011 Premio di Vasto curato da Sandro Parmiggiani Vasto - Chieti 2011 Figura-Figuren, curata da Peter Weiermair e Carl Kraus – Fortezza - BZ 2010 Mitologia del Legno Castel Ivano – TN 2009 La forma e la figura Palazzo Libera Villa Lagarina -TN 2009 Menschen-Bilder Galerie Maier Innsbruck – A 2007 Hommage à Wotruba Galerie Maier Innsbruck - A 2006 Terra di verde e di porpora Palazzo Conti Martini Mezzocorona -TN 2006 Cittadella dei Musei Cagliari 2006 Bad Ragartz Triennale di Scultura
SIMONE TURRA nato a Transacqua (Trento) il 6 agosto 1969. Frequenta dal 1983 al 1988 l’Istituto d’Arte di Pozza di Fassa (Trento), Si diploma in scultura nel 1992 all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) Vive e lavora come scultore a Tonadico di Primiero (Trento).
MOSTRE PERSONALI 2014 Galerie Maier Innsbruck - A 2012 Kunst in der Mill Tentuta Graf Pfeil – Merano - BZ 2012 Galleria del Carbone - Ferrara 2011 Galerie Maier Innsbruck - A 2009 Fondazione Mudima Milano 2009 Galerie Maier Innsbruck - A 2007 Studio Cinquantunoundici Cagliari 2007 Parco Tre Castagni Pergine Valsugana - TN
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- CH 2005 LocalitĂ Saronno -MI 2004 Viaggi e intemperie Spazio Pestalozzi Milano 2003 Situazioni Arti Trentine MART
Tutti i numeri 2012-2013-2014 della rivista FIDAart sono scaricabili da: www.fida-trento.com/books.html
Rivetta al PrĂ 18 38054 Tonadico TN tel. 3483632697 simoneturra@gmail.com www.simoneturra.com
Tutti i numeri 2012-2013-2014 della rivista FIDAart sono sfogliabili su: http://issuu.com/tomio2013
FIDAart copertina del N.11 2014 Periodico di arte e cultura della FIDAart Curatore e responsabile Paolo Tomio
PERIODICO della FIDAart N. 10 - Ottobre ANNO 2014
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MERCATO DELL’ARTE ?
ZHANG XIAOGANG (1958), BLOODLINE: BIG FAMILY No.3, 1995, olio su tela, 179x229 cm Sotheby’s Arte asiatica moderna e contemporanea - 5 aprile 2014, Hong Kong. Venduto a 94.200.000 HKD: 12.076.923 $ (9.470.800 Euro). Zhang, 47 anni, è oggi uno degli artisti più famosi della Cina anche se, per anni, le sue opere - come quelle di altri artisti d’avanguardia della sua generazione - non potevano essere esposte perché considerate troppo moderne o politicamente discutibili. Ispirato dalle foto di famiglia durante la Rivoluzione Culturale, il dipinto battuto da Sotheby è tra i più rari perché uno dei primi ritratti di famiglia - olii in bianco e nero con interventi occasionali di colore - che hanno dato inizio nel 1993 alla serie “Bloodline”. Da allora tutta la sua produzione verte su que-
sto tema che ha contribuito a rendere i dipinti dell’artista immediatamente individuabili. Terzo di quattro figli nati da funzionari del governo, nel 1966 aveva 8 anni quando, a causa della Grande Rivoluzione Culturale i suoi genitori furono mandati a lavorare in campagna, lasciando lui e i suoi tre fratelli alle cure di una zia per diversi anni. Questa esperienza deve averlo toccato profondamente se prima di raggiungere il successo, l’artista ha dovuto combattere la depressione e l’alcolismo e per sei anni ha dipinto quasi esclusivamente sulla morte. Zhang racconta che gli sono voluti dieci anni per trovare il proprio stile e che la svolta è avvenuta dopo l’apertura della Cina nel 1992 durante un viaggio in Germania quando scopre i “Photo bilder”, i dipinti in bianco e nero di Gerhard Richter. Decide di esprimere ciò che egli chiama 20
LA CINA E’ VICINA parte 2 “l’emozione cinese”: studia vecchie fotografie dei suoi genitori o di antiquariato, utilizza vecchi libri e riviste e cerca “di creare false fotografie” che suggeriscano la turbolenza e le emozioni represse sotto la superficie dei tipici ritratti formali da studio. Il linguaggio è figurativo e ripetitivo: sempre imposte secondo una visione frontale statica, le persone dipinte quasi sempre in bianco e nero, appaiono intrappolate nel tempo e nello spazio e i dipinti assumono la funzione di documentazione della sua storia personale e della Cina maoista. Figure eteree, sostanzialmente inespressive e incolori, ci raccontano di un mondo rigidamente controllato dove le emozioni non sono accettate, forse proibite. I personaggi sono bloccati fisicamente e psicologicamente, ma possiedono tuttavia il fascino discreto di un mondo lontano, “orientale”. Giostrando solo sulla gamma di colori grigi molto tenui e delicati con delle irruzioni di colori improbabili o simulazioni di vecchie macchie, Zhang riesce a trasmettere in modo impietoso la sottile inquietudine che deriva dall’entrare nel vissuto degli altri. Nel corso del tempo, i volti sono diventati sempre più simili, e ora tutte le persone - maschi e femmine - nei suoi Bllodline di famiglia hanno le stesse caratteristiche somatiche. Si tratta di una sola persona, un insieme delle immagini di sua madre e della propria immaginazione. Il ciclo “Bloodline” è diventata una sorta di autobiografia-terapia grazie alla quale il pittore ripercorre analiticamente, e un po’ ossessivamente, tutta la sua vita personale, vera o reinventata. Un diario della memoria che descrive, attraverso i passaggi della storia della sua famiglia, i mutamenti sociali, politici e culturali avvenuti in Cina.
MY DREAM: LITTLE GENERAL, 2005, olio su tela, 200x160 cm BLOODLINE: BIG FAMILY, PADRE E FIGLIO, 2001, olio su tela, 150x190 cm venduto da Christie’s Hong Kong, 2011, € 2.258.000
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X-MAN Le nuove frontiere della street art e dei writers (volgarmente detti graffitari) che la praticano si sono incontrate in un artista che, fino ad ora, è riuscito a rimanere anonimo e, soprattutto, sconosciuto alla polizia di Toronto. Il tipo di dipinti che realizza non sono i soliti graffiti eseguiti al volo in gran libertà con bombolette spry o quelle riprodotte mediante stencil appositamente predisposti. L’artista canadese, già noto alla stampa locale che lo aveva soprannominato “XMAN” per una ragione che si comprenderà facilmente, interviene in modi del tutto personali sia dal punto di vista artistico-espressivo che da quello tecnico-organizzativo. Le sue performances, infatti, basate su un linguaggio essenziale che viene sintetizzato in un unico puro segno a forma di “X” ripetuto in serie, sono assolutamente diverse dalle opere eseguite dai normali writers di strada. Si potrebbe dire che X-MAN è il primo graffitaro minimalista avendo lui tagliato radicalmente qualsiasi legame con il figurativismo o l’astrattismo geometrico e informale caratteristici dei suoi colleghi. Finora, la sua opera più celebre è quella realizzata nel corso di una sola notte sulla “Marilyn Tower”, uno dei simboli più noti di Missisauga, città satellite di Toronto. Nel 2005, l’amministrazione di Mississauga aveva bandito un concorso internazionale di progettazione per un grattacielo di 54 piani; nel 2007 lo studio cinese Yasong Ma aveva vinto con una interessante torre sinuosa a spirale in cui ogni piano di forma ellittica era ruotato rispetto a quello sottostante. L’edificio chiamato “Absolute Tower” era stata quasi subito ribattezzata “Marilyn”. Poiché tutti gli appartamenti erano stati venduti in pochi giorni, era stato dato subito il via a una seconda torre simile, sempre a spirale e asimmetrica, ma un po’ più 22
STREET ART “formosa” (vedi foto a sinistra). Mentre gli alloggi non erano ancora stati occupati a causa dei lavori in corso delle finiture esterne della torre, l’artista anonimo era riuscito ad introdursi nell’edificio e aveva dipinto nella notte il suo tipico logo ad “X” su ogni singola lastra di vetro dei parapetti continui che avvolgono tutti i piani (vedi foto a destra). Sia per la quantità delle superfici “graffite”, sia per il notevole sviluppo in verticale dell’intervento che lo hanno reso visibile a grande distanza trasformando la torre in una scultura di urban art assolutamente unica, questa performance dovrebbe essere la più imponente mai realizzata al mondo. Storicamente, infatti, i writers dipingono quasi sempre immagini bidimensionali al massimo su una o più pareti ma, soprattutto, ai livelli più bassi o sui tetti per comprensibili ragioni di facilità di esecuzione e velocità di fuga. Contrariamente alla pratica della street art eseguita normalmente con vernici indelebili spry, X-MAN ha utilizzato un metodo inusuale basato su economici colori lavabili (facilmente rimovibili con acqua) applicabili in un unico gesto con una semplice pennellessa. Il risultato finale è risultato decisamente eclatante anche a causa della regolare ripetitività modulare dei segni elementari ad “X” che ricordavano la trama di un tessuto o, più coerentemente con la cultura virtuale, i pixel del monitor. L’artista ha dichiarato che la calda gamma cromatica dei rosa-rossi-viola che si concludono ai piani alti con il giallo oro, sono un omaggio alla Marilyn Monroe fasciata dal vestito magenta del celebre film “Gli uomini preferiscono le bionde”. Ed, effettivamente, il morbido e sinuoso volume del grattacielo cambiava da qualsiasi punto lo si guardasse perché i colori facevano
vibrare come la seta le curve riflettenti. Avendo azzerato i danni alla struttura e alle vetrate dei parapetti (e il conseguente pericolo di denunce), l’intervento artistico ha contribuito a stimolare l’interesse dei mass media verso questa nuova forma d’arte alternativa e a garantire una campagna pubblicitaria completamente gratuita per le Torri Marylin. L’opera, durata purtroppo solo pochi giorni, ha riscosso la critica favorevole del pubblico e della critica che hanno apprezzato l’inserimento nel piatto paesaggio di Missisauga di questa mega scultura dalle mille sfumature che, al variare della luce del giorno, producevano suggestivi effetti optical.
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IL CORPO COME SCULTURA - 2° parte Tra le categorie estetiche in cui si riconoscono, consciamente o inconsciamente, molte persone dai gusti “pop” (nel senso di popolari), non pochi sono quelli che derivano dai modelli acquisiti durante l’infanzia: le bambole, i fumetti e i cartoni animati. Se la maggioranza supera le infatuazioni infantili per rivolgere i propri interessi verso le persone reali, alcuni coltivano delle vere e proprie ossessioni maniacali verso i personaggi amati, al punto da volersi trasformare - a tutti i costi - in essi, o meglio, in una parodia di questi. E’ il caso della ventiduenne russa Valeria Lukyanova la quale ha sempre nutrito nei confronti di una icona mondiale, la mitica Barbie, una tale adorazione che, appena raggiunta la maggiore età, si è sottoposta ad ogni tipo di operazione plastica pur di diventare come il suo mini idolo. In questo caso, il modello non è né la solita attrice o cantante ma un bambolotto snodabile di plastica dal sorriso stampato. Pur partendo, ovviamente, da una certa somiglianza con la bambola più venduta al mondo (oltre un miliardo di copie), il risultato lascia sconcertati perché la ragazza è riuscita ad assumere un’espressione ancora più vacua e artificiale della Barbie vera. Solo dopo approfondita analisi, infatti, è possibile constatare la presenza di vita dietro quegli enormi occhi cerulei sgranati. (vedi a sinistra) Questo tipo di modificazione del corpo e delle fattezze è, ovviamente, destinato a scomparire con il passare del tempo e l’avanzare delle rughe e del grasso superfluo ma, nel frattempo, ha permesso alla bambolina di carne di raggiungere la “celebrità“ e godere dei vantaggi che la società dell’apparire riserva ai cosiddetti VIP. Un altro esempio di “ristrutturazione totale”, è il caso di Amanda Lepore, nota transessuale e modella statunitense quarantasetteenne, ap24
STORIA E ARTE parsa sulle riviste patinate di moda grazie alla sua immagine eccentrica. Nata Armand, già da bambino non si riconosce nel suo sesso e all’età di 15 anni comincia una lunga serie di interventi di chirurgia plastica al fine di modificare il proprio aspetto; diventata Amanda, prosegue negli anni sottoponendosi a tre interventi di protesi del seno, due blefaroplatiche, riduzione della fronte, modellamento di fianchi e glutei e iniezioni varie di silicone. Famose le sue labbra esagerate rigonfiate con iniezioni di silicone liquido. Osservando una sua recente fotografia (vedi a destra in alto) si fa molta fatica a comprendere se si tratti di un manichino pubblicitario in fibra di vetro o una persona in carne ed ossa. Il modello estetico e sessuale a cui si rifà Amanda è chiaramente la “vamp” platinata e maggiorata del cinema americano degli anni 60, Marilyn Monroe e Jane Mansfield, anche se è probabile che il giovane Armand lo abbia derivato anche da un cartoons del 1988, nella fattispecie la Sex Bomb Jessica Rabbit (vedi immagine in basso). Tralasciando i problemi psicologici di cui sicuramente soffre chi si sottopone a questi rifacimenti integrali, è lecito chiedersi se esista una deontologia professionale nei chirurghi plastici che si prestano a questi giochi: se è pur vero che ognuno possiede il libero arbitrio e può disporre a piacimento del proprio corpo, un dottore dovrebbe spiegare ai pazienti che il ridicolo ammazza più delle armi e che la lotta contro il tempo di queste donne (e uomini) famose, ex famose o pseudo famose, è una battaglia persa. Il patetico tentativo di esagerare a dismisura i propri caratteri sessuali (seni, sedere ecc.) e sensuali (labbra, guance, occhi) per tentare di rimanere-arrivare sul red carpet, crea solo dei mostri da museo delle cere al Luna Park. 25
ENIGMA MACHINE sti soldi? (vedi foto in basso) Chi ama la storia, la letteratura oppure i film di spy stories, sicuramente conoscerà Enigma, un dispositivo elettromeccanico portatile che, a partire dal 1929, le Forze armate tedesche e la gerarchia nazista usarono per cifrare e decifrare tutti i loro messaggi trasmessi via radio o via filo. Grazie alla sua presunta indecifrabilità e alla facilità d’uso, si stima che di queste macchine siano stati prodotti centomila esemplari. Il funzionamento di Enigma basava sull’unione di complicati sistemi, meccanici ed elettrici. Il primo composto da tre dischi in contatto tra di loro detti “rotori” (vedi in alto a destra) ognuno dei quali, ad ogni pressione di tasto, ruotavano di una lettera in modo indipendente tra di loro ottenendo delle lettere del tutto casuali. Inoltre, con i dieci spinotti del pannello elettrico era possibile scambiare ulteriormente fra loro i risultati in modi imprevedibili. Enigma funzionava nei due sensi: ogniqualvolta veniva premuto un tasto sulla tastiera si accendeva una lettera luminosa diversa, la sequenza delle lettere che si illuminavano dava il messaggio cifrato oppure, viceversa, quello in chiaro, se si batteva il testo cifrato. L’assetto di tutte le macchine veniva modificato ogni giorno secondo un cifrario-calendario, sia cambiando i tre rotori e i loro posizionamenti, sia i collegamenti degli spinotti elettrici in modo da rendere impossibile la decodifica dei messaggi anche nel caso che qualche macchina fosse caduta in mani nemiche. I primi che riuscirono a decifrare Enigma nel 1932 fu un gruppo di ingegneri e matematici dell’intelligence polacca che, per simulare il funzionamento del dispositivo, avevano realizzato un’apposita macchina chiamata “Bomba”, antesignana meccanica dei futuri calcolatori.
ENIGMA MACHINE Nel 2011 è stata battuta all’asta di Christie’s una “Enigma”, macchina a tre rotori del 1939 per il prezzo record di 133.250 sterline, pari a 208.100 $. Perché uno scatolotto di legno (34x28x15 cm) contenente un complicato sistema di tasti, lucine, rotori, spinotti e cavi elettrici, vale tutti que-
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L’ARTE DEL CRIPTAGGIO Nel frattempo, però, i tedeschi avevano introdotto un nuovo sistema a cinque rotori dei quali ne venivano usati sempre solo tre ma diversi ogni giorno, moltiplicando in questo modo per sessanta le combinazioni possibili, cosicchè la “Bomba” polacca non era in grado di affrontare un tale incremento di complessità. Nel 1939, gli inglesi che avevano organizzato un grande centro di intercettazione e decifrazione delle comunicazioni radio tedesche, con l’aiuto di un team di matematici, scienziati e tecnici, riprogettarono la Bomba riuscendo finalmente a forzare le chiavi di codifica di Enigma e a conoscere in anticipo le mosse dell’esercito nemico. Perché è importante Enigma? Perché è una di quelle macchine che hanno cambiato il mondo, direttamente e indirettamente. Innanzitutto, la decriptazione dei suoi messaggi ha fornito alle forze alleate importantissime informazioni che hanno permesso di anticipare di anni la fine della seconda guerra mondiale e salvare milioni di vite umane. In secondo luogo, ha obbligato l’Occidente a sviluppare gli studi sulla elaborazione dati da cui ha preso l’avvio quel-
la rivoluzione della matematica teorica e della tecnologia che sarebbe approdata nei decenni successivi al computer e alla nascita dell’informatica che oggi conosciamo. Purtroppo, le guerre sono sempre state il motore del “progresso tecnologico” perché tutti i governi dirottano verso il settore degli armamenti flussi immensi di risorse. Padre Zanotelli ha dichiarato che l’Italia, forse memore del motto latino “Si vis pacem, para bellum”, spende per il bilancio della Difesa 3 milioni di euro ogni ora. Vale a dire 76 milioni ogni giorno.
novembre 2014, Anno 3 - N.11
News dal mondo ZHANG XIAOGANG
“Big family N. 3”, 1995
pag. 30-31
ZHANG XIAOGANG
“Big family N. 2”, 1993
pag. 32
ZHANG XIAOGANG
“Big family: Father and daughter”, 2000
pag. 33
“Redline: Boy without family”, 2014
pag. 34
Omaggio a ZHANG XIAOGANG
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CHU TEH-CHUN, Ms, 17
olio su tela, 6x0 cm, venduto a $ 622.908 Sotheby’s, ott. 2013
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CHU TEH-CHUN, L, 12,
olio su tela, 2x5 cm, Venduto a 23.260.000 $, Sotheby’s, ottobre 2013
pag 31-32 ZHANG XIAOGANG (1958), BLOODLINE: BIG FAMILY No.3, 1995, olio su tela, 179x229 cm
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ZHANG XIAOGANG (1958), BLOODLINE BIG FAMILY: Family No.2, 1993, olio su tela, 110x130 cm
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ZHANG XIAOGANG (1958), BLOODLINE BIG FAMILY: Father and daughter, 2000, olio su tela, 100x80 cm
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PAOLO TOMIO, Omaggio a ZHANG XIAOGANG Redline: “Boy without family”, 2014 fotografia in bianco e nero, 42x60 cm