FIDAart N.12 2014 Jacopo Mazzonelli

Page 1

PERIODICO della FIDAart N.12 - Dicembre ANNO 2014

FIDAart


In copertina: Jacopo Mazzonelli, Coro, 2011, stampa su cotone montata su telaio, 120x120 cm


12

FIDAart sommario

Dicembre 2014, Anno 3 - N.12

Editoriale

30 numeri di FIDAart, nonostante..

pag. 4

Politiche culturali

Copertine 2012-2013-2014

pag. 5

Lettera aperta

L’arte pubblica non interessa alla PAT

Intervista ad un artista

Jacopo Mazzonelli

pag. 8-21

Mercato dell’arte?

La Cina è vicina - 3

pag. 22-23

Australian linearism

Martin Doodley

pag. 24-25

Storia e arte

Corpo come scultura - 3° parte

pag. 26-27

Fotoreporters

Renè Burri e Alberto Korda

pag. 28-29

pag. 6-7

News dal mondo LIU YE

“Sword”, 2001

LIU YE

“Composition of Red, Yellow, Blue”, 1997

pag. 34

LIU YE

“Girl”, 1964

pag. 35

“Il cuore del Drago Rosso”, 2014

pag. 36

Omaggio a LIU YE

pag. 32-33

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE 30 NUMERI DI FIDAart, NONOSTANTE... Due anni e mezzo, dodici numeri mensili, in totale trenta numeri di FIDAart dedicati all’arte e agli artisti del Trentino. Un lavoro impegnativo ma anche gratificante, speriamo utile, investito nella valorizzazione degli artisti trentini contemporanei, messi a dialogare con quanto di meglio si produce nel mondo. Un patrimonio che andrebbe promosso maggiormente, prima che sia troppo tardi, anche se “l’aria che tira” non fa ben sperare. Spiace ricordare, infatti, che nel frattempo, sono scomparsi due artisti intervistati su questa rivista, Diego Mazzonelli (vedi FIDAart N.3 2012) e Rolando Trenti (vedi FIDAart N.4 2013). Il numero Zero, nato in modo informale nel 2012 come bollettino interno della FIDA con il numero successivo, dedicato a Renato Pancheri, si stava già trasformando nel progetto quasi definitivo di rivista culturale illustrata, rivolta a chiunque fosse interessato allo stato dell’arte nel nostro territorio. Dopo di allora l’idea originaria è andata poco a poco affinandosi e arricchendosi di nuove rubriche dedicate alla storia dell’arte, alla critica, al mercato, alle tendenze in atto ma anche ad altre discipline centrali nella società come l’architettura, il design, la fotografia, oppure alle mode della cultura e sottocultura di massa. Non articoli o saggi specialistici riservati a pochi ma il tentativo di contribuire ad diffondere anche tra i non addetti ai lavori idee e punti di vista diversi che siano in grado di incuriosire o stimolare l’interesse per il mondo delle forme e dei loro significati. Il nostro è un Paese che sta collassando anche perché etica ed estetica sono state messe al bando da un potere autoreferenziale e disinteressato ad ogni tipo di espressione che non sia quella codificata e istituzionalizzata o legata ad un sistema economico mercantile. Può anche essere che si debba dedurre che l’arte abbia ormai concluso il suo ciclo storico e non rivesta più alcun ruolo nelle società moderne e che, quindi, non valga più la pena di investire nella bellezza (vedi articolo a pag. 6-7) e si debba lasciare tutte le decisioni che interessano la società a quella logica economicista da contabili che oggi va per la maggiore nonostante sia responsabile di averci portato al disastro. Se è questo il futuro che si prospetta ai giovani artisti, allora sarà bene chiudere fin d’ora Istituti d’Arte, Accademie, Gallerie e Musei (il MART è già a buon punto), e puntare tutto sull’agricoltura. Almeno avremo sempre da mangiare e potremo accogliere i turisti cinesi negli agritur. Paolo Tomio 4


PERIODICO della FIDAart N. 12 - Dicembre ANNO 2014

POLITICHE CULTURALI

FIDAart


L’ARTE PUBBLICA NON INTERESSA ALLA P.A.T.

24/11/2014 - Dibattito in Quinta Commissione sugli articoli che riguardano cultura ARTE PER I LAVORI PUBBLICI, TETTO A 20 MILA EURO La Quinta Commissione ha discusso oggi degli articoli della Finanziaria che riguardano la scuola, la cultura e l'Europa. Uno dei punti più dibattuti è stato quello della modifica della legge 2 dell'83 sui lavori pubblici, la cosiddetta legge del 2% per le opere d'arte. OPERE D'ARTE, VIA IL 2% SI INTRODUCE LA TABELLA. Sull'articolo 44, che ha l'obiettivo di modificare la cosiddetta legge del 2% delle opere pubbliche da destinare a opere d'arte, c'è stato un ampio dibattito. Maestri, che ha votato contro l'articolo com'era stato scritto in Terza Commissione, ha espresso la sua preoccupazione affermando che il taglio sulle opere d'arte poteva essere interpretato come un messaggio negativo. Si rischiava di arrivare al paradosso di una Commissione cultura che condivideva l'idea che l'arte, in buona sostanza, non serve a nulla. Detomas (posizione condivisa da Bottamedi, per la quale la legge del 2% non è capita) ha ricordato che in Trentino abbiamo tre istituti d'arte e sarebbe meglio dare 500 euro ai giovani piuttosto che ad artisti affermati. Ma la finalità della legge del 2%, ha ricordato Lucia Maestri, è diversa da questo: era di difendere l'arte. Passamani (Upt) ha invece condiviso l'impostazione di Rossi perché effettivamente le spese per le opere d'arte sono troppo alte. Alle volte esagerate. Simoni ha ricordato che se in Italia siamo ricchi d'opere d'arte è perché la Chiesa e i principi hanno fatto un'opera di mecenatismo che oggi spetta al pubblico. Anche per questo, secondo il consigliere di Pt, va aperto un discorso sulla regia della Pat che, in base ad una logica e ad una scelta motivata, può decidere anche di investire un milione per comprare un'opera significativa. Quindi, ha aggiunto, non si possono disperdere soldi e energie, ma va fatto un piano in base al quale destinare risorse per le opere d'arte. Rossi, alla fine della discussione, trovando una formula di compromesso, ha fatto una proposta che mantiene la ratio della legge dell'83, cioè l'aiuto pubblico all'arte, ma d'altra parte va nel senso de contenimento delle risorse. L'idea, che diverrà un emendamento, è di scrivere una tabella che veda una quota da riservare alle opere d'arte di 10 mila euro per le realizzazioni pubbliche che vanno dall'uno ai tre milioni di euro; 15 mila per le opere sopra i 5 milioni; ventimila per quelle di 10 milioni. Con queste raccomandazioni l'articolo è stato votato con 5 sì e un'astensione LETTERA APERTA DELLA FIDA-Trento Apprendo con vivo stupore che la Quinta Commissione provinciale, nel corso della discussione degli articoli della Finanziaria, in una logica di un contenimento delle risorse, ha votato di abolire la percentuale dell’1% attualmente destinata alla realizzazione di opere d’arte per l’abbellimento di edifici pubblici e riservare - come “aiuto pubblico all'arte” (sic) - i seguenti importi: 10 mila euro lordi per le realizzazioni pubbliche che vanno dall'uno ai tre milioni di euro; 15 mila per le opere sopra i 5 milioni; 20 mila per quelle di 10 milioni. A parte l’imbarazzante limitatezza delle cifre lorde previste (cioè comprensive del materiale, delle spese e delle tasse) che permetterebbero l’acquisto di dipinti ma non certo di sculture, vorrei sottolineare che non si tratta di offensivi “aiuti pubblici” ma di regolari appalti-concorso rivolti a dei liberi professionisti per la fornitura e posa in opera di quadri, sculture, mosaici, affreschi, murales, installazioni ecc. che contribuiscano a valorizzare esteticamente ed economicamente gli spazi pubblici della collettività. Sull’utilità di questo sistema di incentivazione dell’attività artistica introdotto da una legge del 1949, cioè in un periodo postbellico particolarmente povero di risorse, vorrei ricordare che “tra i molti musei d'arte che il Trentino è orgoglioso di possedere, ne esiste uno che si dipana lungo la fitta rete di strade e di centri abitati, presentandosi in realtà come un unico, immenso "museo d'arte all'aria aperta". È la galleria di opere d'arte che si va via via arricchendo ogniqualvolta nasce una nuova opera pubblica, che s'impreziosisce grazie alla creatività di molti artisti e che regala a tutti, anche e soprattutto a coloro che hanno meno occasione di frequentare musei e gallerie, la possibilità di godere della bellezza che ci regalano le più diverse espressioni artistiche. 6


LETTERA APERTA

Si tratta di un concetto moderno del mecenatismo, grazie al quale è l'intera collettività a farsi carico degli oneri per impreziosire edifici d'uso pubblico inserendovi testimonianze d'arte contemporanea, e in tutto ciò io individuo due aspetti importanti di vera e propria "educazione civica". Innanzitutto questi investimenti in arte contemporanea stanno a significare che la comunità trentina considera gli edifici destinati all'attività pubblica: case di riposo, centri sportivi o culturali o sociali, scuole di ogni ordine e grado, caserme, sedi comunali, ospedali, musei, ecc... come un importante patrimonio comune. Possiamo chiamarlo attaccamento alle istituzioni, oppure orgoglio di appartenenza identitaria, ma poter mostrare una bella "casa pubblica", per di più impreziosita da un'opera d'arte significativa, rafforza la coesione attorno a valori vissuti e condivisi. Il secondo aspetto riguarda più direttamente l'arte contemporanea, che per la legge del 2%, ma attraverso di essa anche per la comunità delle persone, è preziosa testimonianza di una cultura che adotta linguaggi sempre nuovi per comunicare emozioni ed idee. Ciò rientra in quella "educazione al bello" che deve essere preoccupazione centrale per qualsiasi gruppo civile, perché è attraverso questa formazione "estetica" che nasce e si rafforza il rispetto per la cosa pubblica. Se oggi il Trentino è ancora più bello e riesce ad accettare anche nel difficile mondo dell'arte contemporanea le sfide che vengono dall'esterno, lo dobbiamo anche a quel piccolo esercito di artisti che è stato coinvolto in questa fantastica esperienza dell'arte del 2 per cento”. Mi si scuserà per la lunga e appassionata perorazione a favore dell’ex legge del 2% (ridotta all’1% fin dal 2011) ma debbo purtroppo confessare che non è mia poiché il testo virgolettato è firmato da Franco Panizza, Assessore alla Cultura della Provincia di Trento, esponente del PATT e oggi, Senatore della Repubblica. Si tratta, infatti, della sua prefazione al corposo catalogo edito dalla PAT nel maggio 2012, “ll 2% per l’arte in provincia di Trento - Dal 2000 al 2010”, in cui sono pubblicate le oltre cento opere d’arte realizzate in un decennio nella nostra provincia. Poiché non saprei dire di più e meglio di quanto abbia scritto l’assessore nella sua presentazione, vorrei invitare i membri della Commissione e i Consiglieri provinciali a meditare le sue considerazioni culturali, economiche e politiche e a sfogliare il catalogo che potrà dimostrare la validità di quanto Panizza dichiara. Credo di poter affermare fin d’ora che, da parte delle associazioni trentine e anche dei molti singoli artisti, ci sarà una forte opposizione a questa proposta che arriva da una Provincia la quale, per l’ennesima volta e unica in Italia, rimette in discussione e depaupera il meccanismo dei concorsi pubblici per le opere d’arte che ha funzionato e funziona tuttora in modo encomiabile. Se, per ragioni di risparmio il Consiglio Provinciale intendesse proseguire con la politica dei tagli ai già modesti investimenti per l’arte pubblica, mi permetterei di consigliare di indirizzare questo zelo nei confronti dei noti vitalizi milionari, uno spreco socialmente deprecabile oltre che privo di alcun reale ritorno per la comunità. Paolo Tomio

7



Intervista a JACOPO MAZZONELLI E’ noto che tra musica e pittura ci siano delle forti affinità: entrambe lavorano con degli elementi immateriali e astratti come il suono e il colore i quali, combinati secondo formule alchemiche, cioè artistiche, si trasformano in emozioni e, in ultima analisi, in bellezza. L’artista Jacopo Mazzonelli “nasce” musicista, pianista e compositore, e questo lo si comprende quando si guardano le sue installazioni e le sue sculture. Non tanto perché vi sono in quasi tutte le sue opere espliciti riferimenti al mondo della musica e del suono: pianoforti, violini, archetti, ponticelli ecc. oppure a oggetti “sonori”: orologi, diapason, giradischi, televisioni, metronomi ecc., quanto per la sua rigorosa impostazione formale e compositiva. La metodologia di tipo analitico con cui affronta i temi che lo interessano rivela un approccio multidisciplinare in cui confluiscono le sue passioni: la musica, appunto; la sperimentazione artistica; la commistione dei generi e discipline; l’invenzione progettuale; la ricerca filosofica; la tecnologia applicata al suono, al movimento, all’immagine; e soprattutto la passione quasi morbosa per tutti quegli oggetti estetici, vecchi, vissuti, capaci di far scattare un corto circuito creativo nella sua fantasia. Il fulcro di ogni sua opera, infatti, è quasi sempre un’elaborazione concettuale e formale che prende l’avvio da “objects trouvé” (oggetti trovati) decontestualizzati e reinventati secondo la lezione delle avanguardie storiche o dell’arte povera. Jacopo li sceglie con cura e un’attenzione maniacale per tutti i dettagli, affascinato dalla loro storia, dalle loro forme, funzioni e materiali, per poi riassemblarli liberamente e costruire delle sculture o installazioni che raccontino tutt’altre storie, forme e significati. Si tratta di opere minimaliste e apparentemente semplici ma tali da necessitare spesso di una spiegazione per renderle decifrabili e concettualmente affascinanti. Paolo Tomio A sinistra: 9-Year-Old, 2012, scarpe, lucchetti, motore rotante, dim. variabili

In basso: Pavane for a dead child, 2009, legno, pianoforte giocattolo, sistema di illuminazione 26x100x47cm


Tu nasci musicista, quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte visiva? L’avvicinamento all’arte visiva è stato cammino graduale, ma quasi obbligato in relazione al mio percorso. Ho cominciato a suonare il violino molto piccolo, poi sono passato al pianoforte e allo studio della composizione, interessandomi fin da subito di musica contemporanea. Terminati gli studi in Conservatorio ho seguito i corsi di Antonio Ballista a Milano, incentrati prevalentemente sul repertorio cameristico del Novecento Storico e Contemporaneo. A quel punto, dopo aver partecipato a diversi concorsi

Organico, 2010, installazione audio-video, pianoforte verticale, motore con martello e contafili analogico, bicchiere e bacchetta, sistema di telecamere a circuito chiuso, 3 monitor

in duo con il pianista Marco Rinaudo, ci siamo orientati alla creazione di musiche per il cinema muto delle origini e delle Avanguardie Artistiche (Duchamp, Man Ray, Renè Clair, Germaine Dulac, Bunuel e Dalì, ...). Lavorando intensamente sul cinema d’arte, i miei interessi hanno cominciato a declinarsi in forme diverse, come la fotografia e la videoarte, fulcro delle primissime esposizioni, e successivamente attraverso la creazione di assemblaggi, sculture e installazioni. In questo senso parlo quindi di una consequenzialità obbligata nel mio percorso, di una certa forma di ricerca sinestesica tra i linguaggi del contemporaneo.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno condizionato di più?


I miei riferimenti sono solo in parte artistici: sono anche e soprattutto musicali e cinematografici. Per quanto riguarda l’arte sono stato fortemente influenzato da Malevic e dalle idee Suprematiste, successivamente dal senso metafisico ma umano delle creazioni di Robert Gober, quanto dalla meraviglia tecnica dei meccanismi innescati dalle sculture di Rebecca Horn. Per quanto riguarda la musica contemporanea ho approfondito gli approcci compositivi di Gyorgy Ligeti, di Alfred Schnittke e di Luciano Berio. Mentre nel cinema mi ha affascinato soprattutto la dimensione dilatata dei tempi e degli spazi nei film di Michelangelo Antonioni, quanto l’artificio inventivo e spiazzante di alcuni film di Federico Fellini.

In alto: Envelope, 2012, piombo, quadranti di orologio da taschino, serie - dimensioni variabili

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea? E’ difficile rispondere esaustivamente ad un domanda così complessa, proprio perché l’arte contemporanea è così complessa e ogni artista sostanzialmente procede autonomamente rispetto agli altri. Posso dire che di fronte ad un’opera cerco un senso di trasporto, o meglio di “sospensione”. Nel momento in cui l’opera è in grado di alterare per un attimo il senso del tempo, di portarti in un “altrove”, credo che l’opera funzioni. Se vogliamo però entrare nello specifico, tra le molte correnti del ‘900, l’Arte Povera e i suoi maestri sono il movimento a cui ho maggiormente fatto riferimento. L’utilizzo dei materiali al loro stato naturale, il ricorso all’installazione come metodologia espositiva e la ricerca spesso dell’archetipo - con i suoi segni, i suoi simboli, le sue evocazioni - sono temi molto vicini al mio fare artistico.

Inner, 2011, imbuti, candele, ferro, 85x17x17 cm

11


Taxa, 2013, Trasferimento di toner su vetro, mensole di alluminio, dim. variabili

ricerca della rappresentazione musicale stessa attraverso il disegno.

Hai praticato forme e tecniche di arte “tradizionale” come il disegno, la pittura o la scultura?

Come e perché ritieni che l’installazione sia il linguaggio più idoneo a comunicare le tue idee.

Da un paio di anni ho cominciato a disegnare, per ampliare un percorso intrapreso anni prima e rivolto alla rappresentazione e allo studio di alcuni oggetti meccanici musicali, come metronomi e carillon. Recentemente ho realizzato una serie di dieci studi a inchiostro e carbone (Prayers, 2013) associando la figura del carillon ad una serie di testi di preghiere provenienti da tutto il mondo. E’ stato un modo per lavorare sulla ripetitività magica della parola, sul mantra, ossia sull’aspetto musicale dei fonemi, fornendogli una veste iconografica volta alla

In realtà lavoro più sulla scultura, intesa come assemblaggio, che sull’installazione vera e propria. O meglio, ho sviluppato un approccio installativo rispetto alla scultura. Questo ha a che fare con la mia idea per cui il percorso di scoperta di un oggetto tridimensionale sia un percorso di conoscenza concettuale oltre che empirica. Concepisco i miei lavori come oggetti stratificati, che partono da un’intuizione, un rimando percepibile e quindi esteriore, e procedono gradualmente verso l’interno, cosicché 12


l’astante sia portato a mettere in dubbio, muovendosi intorno al lavoro, le diverse percezioni che si sono stratificate durante le osservazioni. Da qui l’uso spesso del vetro, degli specchi, degli inchiostri di neri differenti (in grado di rivelare l’immagine dopo che l’occhio si è abituato ai diversi toni di nero), del suono reiterato o del video che ripete incessantemente un’azione.

Come e quanto incide la tua formazione di musicista nell’approccio ai tuoi lavori? Ha inciso e incide tuttora moltissimo. Soprattutto lo studio della composizione è stato fondamentale. Alcune formule o equilibri e disequilibri formali e sintattici della musica sono molto simili a quelli dell’arte. Come non si discostano poi molto dall’architettura o dal teatro. E’ affascinante osservare come termini specifici appartenenti a discipline differenti ricorrano

seppur assumendo di volta in volta significati diversi. Penso al volume, alla simmetria, ai moti ascendenti e discendenti, alla ripetizione, al ritmo, all’armonia, alle legature e al timbro, e così via. Una terminologia ricorrente e profonda che evidenzia parallelismi concreti tra differenti discipline.

L’arte visiva astratta è quella che si avvicina di più alla musica come hanno tentato di dimostrare molti artisti, in particolare per l’importanza del colore. Ti interessa questo discorso o è al di fuori delle tue corde? Ho collezionato libri, articoli e saggi sul rapporto tra arte e musica, in particolare su Paul Klee, o sul rapporto tra Schoenberg e Kandinsky, o ancora sull’utilizzo - nei quadri di Veronesi - di ispirazioni musicali. Anche tra i musicisti c’è Futures, 2014, chiavi grezze, legno smaltato, dim. variabili


stato spesso interesse per questa relazione. Mi viene subito in mente la ricerca di questa sinestesia in Skrjabin, che realizzò la “tastiera per luce” per il suo poema Prometeo. Credo che la ricerca di tale rapporto sia interessante, ma sostanzialmente speculativa. Ciò che è importante è come possa la musica guidare la mano dell’artista o il colore la penna del compositore.

persone quando si relazionano con la ricerca contemporanea), mi aprì gli occhi su un microcosmo sterminato di stimoli e idee nuove. Inoltre il contatto con la sua ricerca rigorosa sulla forma e il colore attraverso la pittura mi aveva fortemente segnato.

In quasi tutti i tuoi lavori il colore è assente: c’è una ragione? Non posso non chiedertelo, la presenza di tuo padre, professore di filosofia e storia e noto artista, recentemente scomparso? Mio padre mi regalò il primo album di musica contemporanea quando avevo dieci anni. Fu fondamentale. Dapprima ne ero intimorito, perché la musica tedesca del ‘900 storico e contemporaneo - ad un primissimo ascolto - risulta respingente e a tratti inquietante. Ma, superato il primo ostacolo attraverso l’allenamento ad un’apertura e una disponibilità all’ascolto incondizionato (vero ostacolo che incontrano le Toronto, 2013, legno, lame di pattini, plexiglass dim. complessive 100x395x12,5 cm

E’ una domanda che mi viene posta spesso. In realtà la risposta è molto semplice, e deriva più che altro dai materiali che utilizzo. Il vetro annulla il problema del colore, anche se può enfatizzarlo o cristallizzarlo, mentre il piombo, pur essendo grigio, riflette altri colori a seconda se la superficie venga trattata o meno dall’artista. I materiali che utilizzo sono praticamente tutti materiali che erano già presenti prima dell’introduzione della plastica. Quando il colore compare nei miei lavori, ha sempre un significato molto preciso. Penso per esempio ad “Oscuro”, dove una pila di lettere coperte di pigmento blu sostengono una lastra di vetro delle mie dimen-


Stein-way, 2009, lettere in bronzo dim. complessive 290x157cm

sioni. In questo caso il pigmento blu riporta al “cielo stellato” citato da Kant nella conclusione della Critica della Ragion Pratica.

seconda della disponibilità dello spettatore che è invitato ad “ascoltarlo”.

Ritieni di rappresentare nelle tue opere concetti o emozioni?

I tuoi lavori sono sempre diversi ed è difficile cogliere tra loro la continuità presente nella pittura o della scultura tradizionale. Come nascono le tue opere e che relazioni esistono, se esistono, tra di loro?

Attraverso la rappresentazione un oggetto, un pensiero o un’emozione subiscono dei cambiamenti, delle mutazioni, che sono presenti nel lavoro una volta che questo è completato. E’ molto difficile definirne esattamente il contenuto, come è impossibile definire il contenuto della musica strumentale, ossia assoluta. Quello che rimane, e che costituisce il centro del lavoro, è il suo eco. L’eco è, per definizione, un ripetizione, che subisce trasformazioni fino ad estinguersi gradualmente. In questo senso il concetto o l’emozione di cui mi domandi credo si comporti come questo. E’ dunque assolutamente presente, ma anche assente, a seconda di come viene modulato nel lavoro, ma anche a A destra: Noise, 2010, macchina da scrivere 44x31x13 cm

15


Der Tod und das Mädchen, 2011 ferro, legno, dim. complessive 139x470x29 cm

L’amore per gli oggetti è un impulso che ho sempre avuto. La differenza però tra il collezionista - che conserva per definizione - ed io, risiede nel fatto che una parte di essi verranno poi smontati, riassemblati, distrutti o manipolati in funzione dell’opera. La scelta di tali oggetti è perlopiù casuale, quindi romantica come suggerisci tu. Chi come me ne è attratto, riesce difficilmente a spiegare questo impulso a chi non lo sente.

Esistono nei miei lavori degli epicentri, dei motori nascosti che li regolano. Per questo, nonostante mi avvalga di materiali e tecniche sempre differenti, le mie opere risultano abbastanza riconoscibili. Le opere poi nascono dalla ricerca, attraverso la forma dell’intuizione. Mi spiego. Nel tempo ognuno di noi accumula informazioni attraverso letture, esperienze o ascolti. Questi dati vengono immagazzinati e con il passare del tempo riaffiorano - quando stimolati da nuove informazioni - solo i contenuti che abbiamo inconsciamente catalogato come sensibili. Se uniamo questo processo “chimico” alla raccolta dei materiali e al progetto di una mostra, spesso nasce un’intuizione. Da quel momento in avanti dovrebbe cominciare il lavoro di realizzazione.

Utilizzi anche molta tecnologia, sia quella meccanica legata al movimento che quella elettronica e digitale. Nonostante tu possa apparire molto concettuale, ti piace anche il lavoro manuale? Adoro il lavoro manuale ma non sono molto paziente, per questo mi avvalgo spesso di artigiani diversi per risolvere alcuni problemi tecnici che presentano le opere in fase di realizzazione. Mi piace molto girare per le botteghe dei fabbri, di chi lavora il rame, l’alluminio, il vetro. Riscontro anche una forma di genialità esecutiva in loro,

Mi parlavi del tuo amore per gli oggetti “vintage” che trovi e, poi, recuperi e usi per molte tue opere. E’ un rapporto estetico, romantico, concettuale, formale? 16


quando risolvono un problema per me insormontabile scegliendo la via più breve, mentre l’artista tende sempre a complicarla suo malgrado.

Le tue opere sono spesso molto grandi e complesse: esiste un mercato in grado di inserirle in ambienti privati? Esistono dei collezionisti che acquistano grandi installazioni o mostre intere. Non gli interessa tanto la possibilità di averle montate o esposte sulla parete, quanto il fatto di possederle, di aver contribuito a trovargli un sostegno economico. In questo senso tale collezionismo esprime la passione per l’arte come fatto puro, distaccandosi da una visione legata all’opera come elemento decorativo o di arredo.

Ma, storicamente, tutta l’arte non ha sempre svolto la funzione di essere esposta per procurare piacere o emozioni a chi la guardi? Certo, infatti mi riferivo perlopiù alle installazioni complesse che non troverebbero, al di là di spazi museali idonei, la possibilità di continuare ad esistere, e non andare distrutte in mancanza di una collocazione. Con il sovraffollamento dei lavori artistici di oggi, inoltre, sarebbe impensabile sia per un museo che per un collezionista privato esporre tutto in forma permanente.

Come ti sembra il panorama dei giovani artisti trentini d’oggi? Ci sono diversi validi artisti in Trentino apparIn affectionate memory of, 2010, materiali vari, 220x280x350 cm


tenenti a generazioni differenti. La mia è la più giovane e disponibile al movimento, essendo anche figlia di un tempo più globale, mentre quella precedente conta artisti molto seri che hanno fatto della ricerca – ad esempio pittorica – un elemento chiave a cui si dedicano da molti anni con costanza e intelligenza.

Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno? Si potrebbero creare più momenti di incontro e di sostegno per alcuni artisti che si sono dimostrati seri e motivati negli ultimi anni. Ad esempio destinare alcuni spazi per creare degli studi d’artista attraverso un bando, all’interno dei quali gli artisti possano sviluppare progetti più importanti altrimenti irrealizzabili, e organizzare studio-visit rivolte a critici e curatori che lavorano per alcuni periodi presso i musei d’arStoria breve dell'Eternità, 2011, cornice, orologio da polso su meccanismo rotante, proiettore dia con vetro di orologio da polso, 250x180x100 cm

te della regione.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori? La bellezza è un valore assoluto. Per essendo un termine estremamente inflazionato, rimane sempre e comunque un termine di riferimento per l’arte.

Chi è l’artista? Una persona che prende molto sul serio questioni inutili.

E, per finire, cosa è per te l’arte? La possibilità di dimenticare per alcuni istanti tutto il resto. A destra: Obtaining the history, 2013 pagine di album assemblate, 35x35x35 cm



2007 PARZIALE/8 (a cura di Marco Tomasini) Scirocco - Pergine Valsugana (TN) ASK THE DUST (con Piero Cavagna) Foyer del Centro S.Chiara - Trento 2006 [S]OGGETTO - NuovoSpazioArte L’OFFicina Trento MOSTRE COLLETTIVE SELEZIONATE 2014 VI° VAF PRIZE - POSIZIONI ATTUALI DELL’ARTE ITALIANA - Palazzo della Penna - Perugia LA GIOIA - Maison Particulière - Bruxelles DER BLITZ - L’ATALANTE (a cura di D. Isaia e Federico Mazzonelli) - Galleria Civica G.Segantini - Arco, TN VI° VAF PRIZE - POSIZIONI ATTUALI DELL’ARTE ITALIANA - Stadtgalerie - Kiel VI° VAF PRIZE - POSIZIONI ATTUALI DELL’ARTE ITALIANA - Schauwerk - Sindelfingen - STUTTGART CHIAMATA A RACCOLTA - COLLEZIONI PRIVATE IN MOSTRA - MART, Galleria Civica di Trento IL COLLASSO DELL’ENTROPIA (a cura di A.Zanchetta) - Galleria d’Arte Contemporanea di Lissone, MI 2013 BLUMM PRIZE (a cura di Martina Cavallarin) Embassy of Italy - Bruxelles BUILDING UTOPIA AND ABSTRACTION - Federico Bianchi Contemporary Art - Milano HOTEL (a cura di Roberta Pagani) - Castello di Rivara / Centro d’Arte Contemporanea - Torino 2012 LIMITS LINE (a cura di Sabine Gamper) Hofburg - Innsbruck PREMIO FRANCESCO FABBRI (a cura di Carlo Sala) Villa Brandolini - Pieve di Soligo (TV) PICCOLO FESTIVAL DELL’ARTE (a cura di Eva Fabbris e R.Pinto) - Facoltà di Lettere e Filosofia - Trento LIMITS LINE (a cura di Sabine Gamper) - Comittee of the Regions - Brussels STORYTELLERS. DI UNA POSSIBILE NARRAZIONE (a cura di Caterina Benvegnù) - Central Park - Padova FRAGILE PER SEMPRE (a cura di Claudio Libero Pisano) - Palazzo Incontri - Roma ON THE SPOT (a cura di Lara Pan) - Arte Fiera Art First - Bologna CLAIM (a cura di Manuel Wischnewski) - Neue Berliner Raume - Berlino 2011 LO STATO DELL’ARTE (a cura di Vittorio Sgarbi) Palazzo Trentini - Trento SLAM - Artverona 2011 - Verona FESTIVAL DELLE LETTERE - Spazio Oberdan / Teatro dal Verme - Milano HEAR ME OUT (a cura di C. Casorati e C. Libero Pisano) CIAC Castello Colonna Genazzano (ROMA)

JACOPO MAZZONELLI Nasce a Trento nel 1983. Nel 2002 si diploma in Pianoforte presso il Conservatorio F.A.Bonporti di Trento; nel 2006 si diploma in pianoforte e in musica contemporanea presso l’Accademia Internazionale TEMA di Milano con Antonio Ballista. Parallelamente agli studi musicali comincia a realizzare sculture e installazioni attraverso cui indaga spesso l’elemento sonoro (musica e rumore, ritmo e silenzio) pur non includendolo necessariamente come evento uditivo nell’opera. MOSTRE PERSONALI 2013 OBTAINING THE HISTORY (critical text Denis Isaia) - Paolo Maria Deanesi Gallery - Rovereto (TN) 2012 CORO (a cura di Marco Tagliafierro) - Federico Bianchi Contemporary Art - Milano PREMIO FRANCESCO FABBRI - con Simone Bergantini (a cura di Carlo Sala) - Palazzo Giacomelli - Treviso 2011 IN AFFECTIONATE MEMORY OF (a cura di Elena Lydia Scipioni) - Fondazione Galleria Civica di Trento 2010 CAMERA INVERSA / REVERSE ROOM (a cura di D. Capra) - Paolo Deanesi Gallery - Rovereto (TN) CAOS (con Gianni Pellegrini) (a cura di Daniele Capra, Marco Tomasini) - Villa de Gentili - Sanzeno (TN) DOUBLE SILENCE (a cura di Marco Nember) - L‘Ozio - Amsterdam ARCHETYPICAL (a cura di Silvia Conta & Ko.Ji.Ku) – Galleria Studio 44 - Genova 2009 INTERMISSION - NeroCubo Project / Room Project - Rovereto (TN) PLAYLIST: Ex Ignorantia Ad Sapientiam; E Luce Ad Tenebras (a cura di Alberto Zanchetta) Neon>Campobase - Bologna 2008 PARALLELS (a cura di Alberto Zanchetta) Numerouno artecontemporanea - Trento 40.208 - Installazione video site-specific - Festival dell’Economia - Trento ASCENSION - Performance audio/video (con S. Vebber) - Lavis / Merano (TN) 20


CONTRACTIONS (a cura di Daniele Capra) complesso Sass Muss - Sospirolo (BL) REGIONI E TESTIMONIANZE D’ITALIA - Complesso del Vittoriano - Roma DRAWINGS WALL (a cura di Federico Mazzonelli) Paolo Maria Deanesi Gallery - Rovereto (TN) LINEA AL LIMITE (a cura di Sabine Gamper) Lanserhaus - Appiano (BZ) 2010 PREMIO MARIO RAZZANO - Museo di arte contemporanea del Sannio - Benevento WHIRLPOOL ART - Le Gallerie di Piedicastello - Trento SPECTATOR IS A WORKER (a cura di Daniele Capra) Festival TINA B. - Jób Gallery - Praga UNO SGUARDO SENZA PESO (a cura di D. Capra e C. Sala) - Pal. Piazzoni Parravicini - Vittorio Veneto (TV) ARTINGEGNA (a cura di Città dell’Arte - Fondazione Pistoletto) - Casa Depero - Rovereto (TN) OKAY, I HAVE HAD ENOUGH, WHAT ELSE CAN YOU SHOW ME? (a cura di Barbara Meneghel e Francesca di Nardo) - DOCVA - Milano PIRAMIDI IN MOVIMENTO (a cura di Città dell’Arte Fondazione Pistoletto) - Galleria Civica - Trento GEMINE MUSE (a cura di Silvia Conta e Federico Mazzonelli) - UpLoad Art Project - Trento VIDEODROME (a cura di Silvia Conta e Federico Mazzonelli) - UpLoad Art Project - Trento WHO WANT TO USE MY WINDOWS? (a cura di Silvia Conta) - Paolo Maria Deanesi Gallery - Rovereto (TN) 2009 VISIONE VIDEO (a cura di Maria Rosa Sossai) – Artverona - Verona DREAM ROOM PROJECT (a cura di Federica Bianconi) - Palazzo Dalla Rosa Prati - Parma 2008 AUGURI AD ARTE - Mart / Museo di arte moderna e contemporanea - Rovereto (TN) VIDEOARCH - citrac - Trento VIDEOART YEARBOOK 2008 (a cura di Renato Barilli) - Bologna RADAR.01 - Indagine biennale sulla giovane arte in Trentino - Riva del Garda PREMIO INTERNAZIONALE DELLA PERFORMANCE (a cura di Fabio Cavallucci) - Galleria Civica - Trento ALL LEVELS 2 - Officine Monzani - Trento 2007 WORK_SHOW IN PROGRESS - Galleria Civica di arte contemporanea di Trento ALL LEVELS - Officine Monzani - Trento EMOTIONAL MAPS - The Microsoft Research Centre - Povo (TN) VIDEO.IT - Accademia Albertina di Belle Arti - Torino 2006 ROTARYCONTAINERART- Trento

Tutti i numeri 2012-2013-2014 della rivista FIDAart sono scaricabili da: www.fida-trento.com/books.html Tutti i numeri 2012-2013-2014 della rivista FIDAart sono sfogliabili su: http://issuu.com/tomio2013

FIDAart copertina del N.12 2014 Periodico di arte e cultura della FIDAart Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della FIDAart N. 12 - Dicembre ANNO 2014

FIDAart

21


MERCATO DELL’ARTE ?

LIU YE (1964), “Sword”, 2001, olio e acrilico su tela, 180x360 cm, Sotheby’s ott. 2013 Hong Kong, venduto a 5.505.000 $ (€ 4.430.000) (vedi a pagina 32-33) Artista cinese di 50 anni, Liu è nato e cresciuto a Pechino. Il suo quadro “Sword” (Spada) è una

tela dalle dimensioni eccezionali in cui sono raffigurate due bambine uguali e simmetriche armate di spada, , che si fissano dai lati opposti di una sorta di burrone blu da cui fuoriescono le chiome degli alberi sottostanti. Le due bimbeguerriere si guardano con aria di sfida mentre una lacrima scende lungo le loro guancie. Sullo sfondo, composto da una grande campitura color vermiglio che copre gran parte del quadro, si intuisce la vaga ombra di lontane montagne. Non è facile comprendere perché “Sword” piaccia tanto ai collezionisti cinesi e quale sia la simbologia sottostante a questo dipinto piuttosto anomalo nel panorama dell’arte contemporanea. La prima impressione è di trovarsi di fronte a un gigantesco fumetto per bimbi, fatto che legittima qualche perplessità sul prezzo di 5 milioni e mezzo di dollari pagato per queste due bambolette dalla testa tonda. L’artista ha dichiarato: “Sono cresciuto in un LIU YE, Composition of Black, White and Gray, 2006, olio su tela,160x140 cm Sotheby’s nov. 2012, venduto a 1.247.000 $ 22


LA CINA E’ VICINA parte 3 mondo coperto di rosso, soli rossi, bandiere rosse, fazzoletti rossi; anche il verde dei pini, cipressi e girasoli, era rosso“ e, quindi, sembrerebbe di intuire una sottile quanto inoffensiva critica al passato sistema comunista. Allo sguardo smaliziato di un occidentale i dipinti dei Liu potrebbero sembrare infantili, una elegante grafica di libri per l’infanzia o di un cartone animato e, probabilmente, questa ipotesi non è così azzardata. La maggior parte delle sue opere descrive un malinconico mondo abitato da bambini solitari, immobili e privi di emozioni, da pupazzi e orsacchiotti di pezza o da piccoli marinai rappresentati con il suo tipico stile fiabesco. Nel repertorio storico di Liu esiste anche un filone con ragazzine un po’ più grandi ma sempre infelici, povere, perse nel freddo oppure in solitaria attesa. Un altro tema molto amato da Liu è quello di timide ragazzine in atteggiamenti vagamente ambigui (chiare citazioni del pittore Balthus) oppure di donnine, più o meno discinte e dotate di sottili bacchette o frustini che rimandano a un’immaginario sado-maso mol-

to diffuso in Oriente. Alcuni dipinti che hanno come titolo “La mia insegnante” si riferiscono esplicitamente al repressivo sistema educativo tradizionale cinese e ai suoi riflessi sull’erotismo del piccolo Ye. Il monumentale dittico “Internazional Blue”, lungo 4metri e 20, ispirato al pigmento “Internazional Klein Blue” (IKB) inventato da Yves Klein e impostato su uno sfondo completamente azzurro, è paradigmatico del lavoro di Liu Ye. La tela è divisa in due pannelli: quello di sinistra raffigura Miffy (un coniglietto del fumettista Dick Brown) che sta guardando un quadro giallo, mentre quello di destra mostra una tipica scolaretta cinese la quale, immobile, osserva l’animaletto. Anche in “International Blue” è riproposta l’atmosfera rarefatta e sospesa, vista in precedenza in Sword, all’interno della quale i piccoli personaggi sono soli, bloccati, distanti tra di loro a causa dell’impossibilità di avere una qualsiasi relazione. LIU YE (1964), International Blue, dittico, 2006, olio e acrilico su tela, 210x420 cm, Sotheby’s aprile 2013, Hong Kong, venduto: 1.358.974 $


AUSTRALIAN LINEARISM Potrà sembrare incredibile ma i pittori australiani riportati su Wikipedia, sono quattordici; di questi, dieci sono scomparsi e quasi tutti sono poco (o per nulla) conosciuti nel resto del mondo. Per questa ragione non si può che salutare con soddisfazione l’apparizione nel panorama artistico di quel continente di un giovane pittore che frequenti l’arte contemporanea. Il linguaggio delle sue eleganti opere non è certamente una novità assoluta ma, almeno, le motivazioni che hanno portato l’artista ad adottarlo, sembrano essere ragionevolmente fondate e convincenti. Martin Doodley è nato e vissuto fino a venticinque anni in una farm dove si praticava l’allevamento intensivo di ovini, posta al confine tra il bush, la prateria e la boscaglia australiane, e l’outback, cioè le aree interne più remote e semi-desertiche dell’Australia. Vale a dire tra lo spazio immenso e sconfinato in cui si sviluppa la vegetazione e il “centro rosso” del continente (the Red Centre) dal terreno ricco di ferro e quindi del tipico colore. Dopo gli inizi nel campo di una figurazione tradizionale dei tipici caratteri del suo territorio, Doodley si è trasferito a Melbourne dove la sua ricerca si è progressivamente spostata su un linguaggio geometrico riduzionista sempre più essenziale e con una specifica attenzione per la linea orizzontale. Tutti i suoi dipinti di grandi dimensioni eseguiti nel corso dell’ultimo decennio sono stati realizzati utilizzando linee orizzontali che coprono l’intera superficie e variano solo nel numero, spessore e colore. Modificando il rapporto tra queste tre variabili i risultati ottenibili sono pra-

Sopra: “At midnight”, 2010, acrilico su tela 360x315 cm

A sinistra: “Lights of the morning”, 2009 acrilico su tela, 360x315 cm 24


MARTIN DOODLEY ticamente infiniti e, come si può vedere, anche molto piacevoli. L’artista ha spiegato che la scelta dell’orizzontalità è naturale per un australiano e, ancor più per chi ha sempre vissuto nelle immense estensioni dell’outback dove l’orizzonte è piatto all’infinito. Anche se potrebbero apparire elementari figure geometriche sovrapposte, nelle intenzioni di Doodley le linee rappresentano le sensazioni che egli prova ancor oggi quando si trova nella farm dove ha passato gran parte della vita. Come si evince anche dai titoli, si avverte una sorta di malinconica nostalgia per quei luoghi all’apparenza poco ospitali ma che, secondo l’artista, permettono ancora di vivere a contatto con una natura unica al mondo. Questo suo approccio minimalista ha riscosso un buon successo di pubblico ed è stato apprezzato anche dall’enclave dei critici di Melbourne i quali hanno coniato un neologismo per indicare il suo tipo di pittura: “Australian Linearism”. In realtà, questo tipo di pittura geometrica elementare non è particolarmente originale poiché eseguita in verticale fin dagli anni ‘60 da Barnett Newman, oppure da Bridget Riley, e più recentemente, da Gerhard Richter. Possono delle “linee” esprimere dei sentimenti così intimi e complessi, oppure le interpretazioni psicologiche sono delle forzature di una critica abile a trovare ragioni profonde e complesse anche nei fatti apparentemente più banali? Per ora si può affermare che le tele di Martin Doodley sono quel tipo di quadri piacevolmente eleganti che, anche a causa delle loro enormi dimensioni, trovano il loro giusto inserimento nei grandi spazi moderni.

Sopra: “The red centre”, 2008 acrilico su tela, 360x315 cm

A destra: “On the horizon”, 2009 acrilico su tela, 360x315 cm

25


IL CORPO COME SCULTURA - 3° parte BODYMOD - BODY MODIFICATION La scoperta di Ötzi sulle Alpi italo-austriache ha permesso di dimostrare l’uso di tatuaggi già durante il Neolitico dando definitiva dignità storica a questo tipo di pratica. Così come le mummie egiziane tatuate o scarificate hanno dato la stura alle spiegazioni pseudo intellettuali del tipo: se l’uomo lo ha sempre fatto significa che fa parte della nostra natura. Da qui la riscoperta di riti e culture tribali e di pratiche estreme invasive, dolorose e pure inguardabili. Il tatuaggio e il piercing sono ormai entrati nel vocabolario comune grazie alle mode prodotte da movimenti e sottoculture giovanili di nicchia. Come diceva Warhol “Tutti hanno diritto a cinque minuti di notorietà”; ottenuta a qualsiasi costo si dovrebbe aggiungere. Infatti, questi “neo mostri”, oggi sono fotografati e intervistati dai mass media e domani entreranno nei libri di estetica e antropologia culturale. In ogni caso il tatuaggio, nella sua presunta unicità, è un segno distintivo e ciò, nelle nostre società di massa omologate, è molto apprezzato dalle masse. Sulle riviste femminili si trovano articoli e rubriche dedicate a tutto il settore delle modificazioni: tatoo, piercing, scarification, implants, via via fino alle pratiche più estreme. D’altronde, oggi le donne che si sottopongono alla mastoplastica con l’inserzione di protesi mammarie al silicone oppure si sottopongono a dei lifting, procedimento chirurgico tramite il quale viene tirata la pelle del volto, sono decine di milioni. Sono ormai lontani i tempi in cui a tatuarsi erano solo i detenuti, le prostitute o i marinai; oggi i tatuaggi sono pratica diffusissima a tutti i livelli sociali e alla moda, come si può constatare tra stars e Vip. L’unico limite che si pone ai neo-mostri del26


STORIA E ARTE la bodymod è la loro fantasia. La caratteristica che si nota in quasi tutti, infatti, è una pulsione inarrestabile ad esagerare e ad allargare gli interventi a parti sempre più ampie del corpo. Così vale per il tatuaggio, per il piercing come per altre pratiche più invasive. In pratica, si può intervenire su tutte - ma proprio tutte - le zone del corpo modificandole in qualsiasi modo una fantasia malata possa partorire (e certe, è meglio non le veda chi è troppo sensibile!). I quattro “personaggi” presentati nelle immagini mostrano alcuni esempi di bodymod - abbastanza estrema - di creativi che hanno utilizzato la chirurgia plastica per trasformare il proprio corpo in un sogno artistico o in un incubo da fumettone. Orlan (in alto a sin.), nota e stimata artista francese, ex bella che ha spostato l’interesse dal suo corpo (nudo) al viso. Grazie a continue operazioni oggi ha il mento della Venere di Botticelli, le labbra dell’Europa di François Boucher, la fronte della Mona Lisa di Leonardo da Vinci, il naso della Psiche di Jean-Léon Gérôme e gli occhi di Diana di un dipinto del 16° secolo della Scuola di Fontainebleu. La Donna Vampiro (in basso a sin.), una casalinga messicana abusata dal marito che ha dato forma ai suoi sogni di vendetta modificandosi in un essere sovrumano pauroso e penoso. L’Uomo Gatto (morto suicida) Si era fatto limare le ossa del viso (tatuato da gatto tigrato) per cambiargli la forma in modo da assumere i caratteri più sensuali dei felini come gli occhi, i denti e il mento appuntiti (in alto a destra). L’Uomo Lucertola la cui lingua è tagliata (tongue splitting) per ricordare la lingua biforcuta dei rettili, il viso e il corpo sono tatuati di squame verdi, qualche piercing e un impianto sotto la pelle di sfere di silicone. (in basso a destra) 27


FOTOREPORTERS su Picasso, e successivamente su Giacometti e Le Corbusier. La sua immagine più celebre rimane però quella del “comandante” Che Guevara mentre sta fumando un sigaro durante un’intervista: è del gennaio del 1963 (vedi immagine di sinistra) Il ritratto si vende ancora oggi in milioni di esemplari su poster, cartoline, magliette ma chi la compra, tuttavia, quasi mai ne conosce l’autore. Nel 1982 Burri diventa presidente della Magnum Photos l’agenzia fotografica per la quale ha lavorato per tutta la sua vita. Del suo libro “Reminiscenze Impossible”, pubblicato da Phaidon nel 2013, è stato scritto che “dimostra come lui sia un maestro del colore e in bianco e nero, e una delle grandi figure della fotografia del 20° secolo“. Con René Burri il mondo della fotografia perde uno dei suoi più potenti artisti, un vero umanista che ha abilmente documentato da dietro le quinte la sofferenza e la gioia del genere umano. Vale la pena di ricordare che anche un’altra fotografia di Che Guevara è entrata nell’immaginario collettivo, come e più di quella di di Renè Burri. Si tratta della celebre immagine intitolata “Guerrillero Heroico” (vedi immagine di destra) eseguita nel 1960 dal fotografo cubano, Alberto Díaz Gutiérrez, meglio conosciuto come Alberto Korda. La storia di questa immagine del Che diventata un simbolo mondiale della rivoluzione e della ribellione è interessante perché riguarda le strade misteriose e imprevedibili che percorrono la nascita dei miti e delle loro icone. Korda, titolare di un importante studio cubano di moda e diventato fotografo del quotidiano Revolución con l’avvento del Castrismo, aveva realizzato questa immagine di Che Guevara grazie a due scatti (uno orizzontale e uno verticale) fatti il 5 marzo 1960 durante una cerimonia fu-

Il mese scorso è stata annunciata la scomparsa, all’età di 81 anni, del celebre René Burri fotografo dell’altrettanto famosa agenzia di fotoreporter Magnum Photos. Nato a Zurigo nel 1933, è stato definito uno dei più grandi fotografi del Novecento. Dopo aver iniziato a lavorare alla Magnum nel 1955 portato dal suo amico Werner Bischof (altro noto fotografo) è diventato membro a pieno titolo nel 1959. Inizia la sua intensa attività come fotografo di reportage in giro per il mondo, dall’Italia alla Cecoslovacchia, dalla Turchia all’Egitto. Oltre al suo lavoro in America Latina, Burri, che ha vissuto e lavorato tra Zurigo e Parigi, viaggiato in tutta Europa e in Medio Oriente realizza anche altri importanti reportage, come quelli indimenticabili del 1957 28


RENE’ BURRI E ALBERTO KORDA nebre all’Avana. La foto del “Guerrillero” è diventata famosa in tutto il mondo solo nel 1967 quando l’editore Giangiacomo Feltrinelli, a cui Korda aveva regalato i due scatti, aveva fatto stampare un poster con la foto del Che e poi, l’anno seguente anche la copertina del “Diario dalla Bolivia”. Ad un’analisi più attenta si scopre che la foto pubblicata da Feltrinelli, è stata ritagliata dal fotogramma originale orizzontale (vedi in basso) e ruotata leggermente per portare la testa dritta in verticale così da dare un’espressione più marziale al Che il cui vigile sguardo è rivolto all’orizzonte. Trucchi del fotoritocco. E’ indubbio che il Che, sempre fotogenico, in questo scatto è perfetto: ripreso dal basso si staglia nel cielo come un monumento; la folta capigliatura dai lunghi riccioli e la nera barba (i rivoluzionari cubani erano chiamati appunto “barbudos”) incorniciano il volto assorto come quello di un Cristo. Perfetti anche il baffo crudele da bandito e la curva del basco, militare ma informale, quasi un’aureola con stella in mezzo, ed anche lo strano giubbotto spaziale, lucido corazza moderna. A parte il bianco e nero e la bassa definizione, l’immagine sembra scattata in una seduta in studio. L’ironia della storia è che, nonostante l’altissimo numero di copie vendute, non avendo Fidel Castro mai riconosciuto la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, il cubano Korda non ha mai ricevuto alcuna royalty per questa sua immagine. Fondamentale il consiglio di Korda per chi è sempre alla ricerca dell’ultimo modello: “Dimenticare la macchina fotografica, dimenticare la lente, dimenticare tutto questo. Con qualsiasi macchina fotografica da quattro dollari, è possibile catturare l’immagine migliore.” 29



dicembre 2014, Anno 3 - N.12

News dal mondo LIU YE

“Sword”, 2001

LIU YE

“Composition of Red, Yellow, Blue”, 1997

pag. 34

LIU YE

“Girl”, 1964

pag. 35

“Il cuore del Drago Rosso”, 2014

pag. 36

Omaggio a LIU YE

31

pag. 32-33


32


33

LIU YE, Sword, 2001, olio e acrilico su tela 180x360 cm, Sotheby’s ottobre 2013, Venduto a 5.505.000 $


LIU YE, Composition of Red, Yellow and Blue, 1997 olio su tela, 141x129 cm

34


35

LIU YE, Girl, 1964, olio e acrilico su tela, 60x45 cm Christie’s mag. 2008, Venduto a 340.863 $



MEMORANDUM INDIRIZZO FIDA-Trento C/o arch. Paolo Tomio Via Cernidor 43 - 38123 Trento Tel. 0461 934276 INDIRIZZO MAIL Indirizzo Mail di FIDA-Trento è: info@fida-trento.com SITO FIDA-Trento Sito di FIDA-Trento è: www.fida-trento.com FIDA-Trento su FACEBOOK FIDA-Trento è presente con un sua pagina: www.facebook.com/fida.trento?ref=tn_tnmn

IMPORTANTE Per ragioni fiscali e contabili, TUTTI i versamenti (ad es. l’iscrizione, la quota annuale, partecipazioni a mostre o eventi FIDA ecc.) dovranno essere effettuati sul conto corrente della FIDA-Trento: Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige - Piazza Lodron 31 38100 Trento IBAN: IT47 B058 5601 8010 8357 1214 752 NB! INSERIRE SEMPRE LA CAUSALE (es. iscrizione 2014) Poiché questo Conto Corrente dovrà essere utilizzato sempre, si consiglia di stamparlo e di tenerlo sul computer in una cartella FIDA Segretario-tesoriere: Nadia Cultrera - nadia.cultrera@alice.it

QUOTA DI ISCRIZIONE PER L’ANNO 2014 E’ stata mantenuta la quota d’iscrizione di euro 50.00 Il versamento dovrà essere effettuato con la causale: ISCRIZIONE ANNO 2014

PAOLO TOMIO, Omaggio a LIU YE “Il cuore del Drago Rosso”, 2014 fine art, 120x84 cm



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.